L’armonia tra sinodalità e autorità Pr. Prof. Assoc. Irimie MARGA Abstract: The word patriarch has the meaning of forefather and was used symbolically in the second half of the fourth century by St. Gregory of Nazianzus, and the meaning of leader of a patriarchy was used ever since the Fourth Ecumenical Council (451). The first church historian who speaks of the institution of patriarchy is Socrates (Sec. V). Patriarchies initially wanted to organize themselves in prefectures of the Roman Empire, which did not allow circumstances and events. Basically this unit was established as a upper church unit, organized in a diocese, or including in its jurisdiction several dioceses. Historical development of the entire organization of the Church ends with the emergence of the patriarch dignity, as the highest step in establishing ecclesiastical hierarchy. The Patriarch of Constantinople, like that of Rome, were awarded the title of ecumenical, because of their residence in the capitals of the Roman Empire. The ecumenical Patriarch privileges, under certain historical conditions, do not entitle him to consider those privileges jurisdictional rights. Keywords: Church Forefather, metropolitan, archbishop, patriarch ecumenical patriarch, diocese, privileges, hierarchy, jurisdiction. Sinodalità delle Chiese La sinodalità è caratterestica fondamentale delle Chiese Ortodosse. Nel diritto canonico lo si trova con l’espressione principio sinodale, principio definito Pr. Dottore di Ricerca Irimie Marga, Professore Associato presso la Facoltà di Teologia Ortodossa Andrea Şaguna, Università Lucian Blaga di Sibiu. E-mail: [email protected]. * RT, 95 (2013), nr. 4, p. 138-145 L’armonia tra sinodalità e autorità Pr.Prof.Dr. Liviu Stan, Chiesa e diritto. Studi di diritto canonico ortodosso, vol.III „I principi del diritto canonico ortodosso”, Edizione Andreiana, Sibiu, 2012, p .19. 2 Ibidem, p. 20. 3 Pr.Prof.Dr. Dumitru Stăniloae, „Fondamenti teologici della gerarchia e della sua sinodalità”, in ST, nr. 3-4/1970, p.165. 4 Idem, Teologia Dogmatica Ortodossa, vol .2, Bucarest, 1978, p. 208. 1 139 Articles come modo proprio (tipicon) di guidare la Chiesa attraverso i sinodi, tanto con i sinodi episcopali quanto con i sinodi misti1 (plenario - generali). L’insegnamento e la pratica delle Chiese ha messo sempre in evidenza la superiorità della sinodalità in quanto voluta da Cristo Redentore e istituita dai santi Apostoli. La forza che sostiene la Chiesa intera è e resta la sinodalità, come l’espressione più evidente della comunione, sia ai livelli supremo attraverso il sinodo ecumenico, sia a livello locale, sempre integrato con quello generale, attraverso diversi sinodi locali, plenario o episcopale2. Il principio della comunione lo troviamo a tutti i livelli dell’esistenza, dal Dio trino, fino all’ultima creatura che non può sopravvivere da solo3. Il modello e la sorgente per eccellenza della comunione è la Santissima Trinità, cioé la perfetta comunione tra le tre divine Persone nell’infinito amore reciproco, vissuto in Se e effusa ininterrottamente su tutta la creazione. L’uomo, creato sul modello della comunione trinitaria, è destinato a vivere nella comunione. L’unico elemento capace di rompere il dinamismo comunitario è il peccato, perciò la redenzione deve essere compresa come ricoposizione della comunione, tra noi uomini e tra l’uomo e Dio. La Chiesa fondata da Cristo è chiamata a ricostruire la piena comunione perduta a causa del peccato. Per questa ragione la Chiesa è comunità in comunione e “elemento di unità con tutto l’esistente, cioé finalizzata a unire tutto ciò che esiste: Dio e la creazione”4. La massima espressione dell’unità è la Divina Liturgia. Attraverso la partecipazione stessa comunione alla Santa Liturgia si realizza la Chiesa Una, come unico nutrimento che ci unisce con Cristo Risorto. Così scopriamo il fondamento dogmatico della sinodalità: Chiesa - Comunione – Eucarestia. La Sinodalità costituisce perciò l’espressione concreta della vita della Chiesa nella reale storia della salvezza, inquanto riflesso della comunione Eucaristica. La Sinodalità ha dunque alla sua base il medesimo principio della comunione eucaristica, nell’unità della fede, inquanto solo “l’unità nella comunione si concilia con la dignità personale tra coloro che si uniscono, è la sola nella quale nessuna persona è sttoposta all’altro e la sola nella quale l’istituzione non è vista cone extra personale o sopra personle, minacciando così la persona. In altre pa- Pr. Prof. Assoc. Irimie Marga role la sinodalità è la sola che non schiaccia la dignità personale di ogni membro della Chiesa”5. La Sinodalità dei vescovi La sinodalità dei vescovi rappresenta una forma superiore di comunione tra le persone investite di un servizio speciale all’interno della Chiesa, in forza della loro Ordinazione, con la quale viene assicurata la successione apostolica, per grazia e nella fede. Per questo “la sinodalità dei vescovi si concretizza tanto nel principio della comunione, quanto la stessa origine trascendentale delle azioni sensibile della Chiesa”6. In altre parole la sinodalità episcopale si distingue dalla sinodalità generale della Chiesa in quanto alla sua base c’è la comunione eucaristica inaugurata, continuata e compiuta da Cristo, nello Spirito Santo, più precisamente attraverso l’istituzione sacerdotale in quanto atto sacramentale che non viene dal basso, dagli uomini, ma che scende dall’alto, nella grazia. Per questa ragione la sinodalità si conserva solo lì dove esiste l’ordinazione e al contrario lì dov’è l’ordinazione deve essere conservata la sinodalità. Questo è il senso del Canone 1 apostolico il quale prevede che l’ordinazione di un vescovo non può essere celebrata se non ci sono minimo 2 o 3 vescovi, affinché la sinodalità sia manifesta sin dall’ordinazione stessa7. La sinodalità episcopale non può essere staccata dal popolo ortodosso così come l’ordinazione non può essere separata dal popolo. L’Ordinato (consacrato) ha nella Chiesa una missione speciale, non fine a se stesso, ma finalizzata al gregge a lui affidato, perciò Dio effonde i Suoi doni sui vescovi, e attraverso questi sull’intero Suo popolo8. Il vescovo è, come dice padre Staniloae, “pars in toto, non pars pro toto”9. L’Ordinazione, d’altra parte, non può produrre squilibri tra i membri della Chiesa, ma unità nella diversità, che non annienta la uguaglianza. San Giovanni Crisostomo afferma: L’onore dell’uguaglianza delle membra viene da lì dove esse attendono all’unica opera, vale a dire che le piccole compiono alcune cose grandi, insieme a le grandi,; l’onore dell’uguaglianza viene lì dov’è l’unità dell’opera Pr.Prof.Dr. Dumitru Stăniloae, “Fondamenti...”, p.167. Ibidem, p. 171. 7 Dr. Nicodim Milaş, I canoni della Chiesa Ortodossa e commenti, vol.I, p. I, Arad 1930, p.179-182. 8 La Liturgia San Giovanni Crisostomo, prima di sollevare il Santo Agnello, si dice la preghiera „E rendici degni, con la Tua mano potente, a ricevere il Tuo preziosissimo Corpo e il Tuo prezioso Sangue e, attraverso noi, a tutto il popolo” , cf. Liturghier, Edizione Instituto Biblico e Missione Ortodossa, Bucaresti, 2012, p. 185. 9 Pr.Prof.Dr. Dumitru Stăniloae, Natura della sinodalità, in ST, nr. 9-10/1977, p. 613. 5 6 140 L’armonia tra sinodalità e autorità 10 11 12 13 Idem, “Fondamenti...”, p. 175; e “Natura della sinodalità...”, p. 609, n. 7. Ibidem, p. 178. Idem, “Natura della sinodalità...”, p. 613. Ibidem, p. 614. 141 Articles comune, che è compiuta in comunione, irradia come una luce su tutto ciò in cui esse hanno operato, così come in un corpo non si può dire che le membra piccole compiono cose piccole: se queste funzioni dovessero mancare, quelle grandi sarebbero ferite”10. La sinodalità esercitata dai vescovi è frutto della complementarietà tra il servizio dei vescovi con tutti gli altri servizi nella Chiesa, unite nella comunione eucaristica. I vescovi quando sono riuniti nel sinodo “rappresentano il punto di unione tra la trascendenza divina e il popolo ecclesiale. La gerarchia è il polmone dell’organismo che riceve ossigeno celeste per tutto l’organismo, ed anche per se stessa”11. Dalla sinodalità dei vescovi, in quanto frutto della comunione totale della Chiesa, si sviluppo il frutto più alto dell’unità della Chiesa e cioè il Sinodo Ecumenico. Il Sinodo Ecumenico è l’espressione e la forma più alta della sinodalità nella Chiesa. Così come i frutti di alcune piante non crescono sempre e comunque, così i sinodi ecumenici rappresentano il raccolto della Chiesa intera, i quali non sono apparsi per caso o programmati nella Chiesa, ma solo quando se ne ha avuto bisogno. I vescovi presenti ai sinodi ecumenici non rappresentavano se stessi, ma le loro Chiese, per le quali furono Ordinati, durante la Santa Liturgia, alla presenza del popolo adunato in preghiera12. Allo stesso tempo, la comunione dei vescovi radunati al Sinodo Ecumenico a significato anche il legame con il trascendente, con Dio dal quale hanno ricevuto la grazia sacerdotale. Questa duplice legame ha definito e deve definire anche ai nostri giorni il senso della comunione dei vescovi nel sinodo ecumenico. Per questo “i vescovi sottoscrivendo le definizioni alle quali sono giunti attraverso il lavoro sinodale, potevano sostenere, in primis: sottoscrivo perché questo crede la mia Chiesa, ma anche: abbiamo deciso lo Spirito Santo e noi”13. “Se il presbitero riceve per la grazia dell’Ordinazione sacerdotale il potere di accogliere in se, come fosse una sua preghiera, la preghiera di tutti i suoi fedeli, e questa fa si che scenda la grazia e l’aiuto divino chiesto su ciascuno e su tutti, il vescovo riceve attraverso la sua ordinazione una grazia maggiore che, tra le altre capacità del suo servizio, gli permette di vedere, sempre nello Spirito Santo, in modo sincronico ciò che vedono i suoi fedeli, ma con tutti i vescovi radunati in un luogo, nel sinodo, la capacità di vedere in modo sincronico ed equilibrato ciò Pr. Prof. Assoc. Irimie Marga che vedono tutte le loro Chiesa, tutta la Chiesa nella sua interezza, illuminata dal Santo Spirito”14. Sinodalità e autorità La sinodalità, sotto ogni sua forma, non può essere compresa senza uno stretto legame con una autorità che la renda concretamente funzionale. L’idea di queste autorità, che sincronia tra i vescovi, o meglio, il legame tra i vescovi e il popolo, è nata da questioni pratiche. La sua funzione non è stata quella di decidere in nome del sinodo locale, generale o episcopale, nemmeno di dominare o minare l’autorità dei vescovi o dei sinodi locali, ma per fa sì che i sinodi funzionino, inquanto l’atto di convocazione di un sinodo richiede implicitamente il riconoscimento della sua autorità e quindi l’obbedienza canonica. Così è nata la nozione di “protos” (maggiore), le cui tracce le riscontriamo nel III secolo, e il canone 34° apostolico definisce e prevede che: “E’ doveroso che i vescovi di ogni popolo riconosca chi è primo tra di loro (protos) e considerarlo capo e niente di ciò che è rilevante sia fatto senza la sua approvazione; e ciascuno faccia solo ciò che riguarda la sua parrocchia (diocesi) e i villaggi posti sotto la sua giurisdizione. Ma neanche questi (Protos) non faccia nulla senza l’approvazione degli altri, perché solo così ci sarà comprensione tra di essi e sarà glorificato Dio, nel Signore, nello Spirito Santo: Padre, Figlio e Spirito Santo”15. Il fondamento di questo canone ha un carattere dossologico, legato alle tre Persone divine, alla loro comunione nell’amore, che deve concretizzarsi (attualizzarsi) nella Chiesa. L’obbedienza a questa autorità episcopale maggiore deve essere fatta con amore, poiché contro l’amore non v’è legge (Gal 5, 23), per questa ragione il canone non prevede sanzioni. Allo stesso modo neanche il “Protos” può imporsi in modo despotico, poiché da ciò avrebbe fine la comprensione, e la glorificazione della Santa Trinità diverrebbe impossibile. Il “Protos” mai si è posto al di sopra del Sinodo che ha convocato ed ha presieduto, ma egli stesso si è sottoposto come uno che fa parte di esso. Ma nessun Sinodo ha ignorato il ruolo del “protos” in funzione della comunione, poiché senza lui non si può fare nulla. Così come il capo coordina i movimenti del corpo intero, conservandone l’unità, l’uguaglianza, e la diversità delle sue membra, allo stesso modo il Protos, con tutti i suoi vescovi, non al di sopra, ne inferiore ad essi, ma con uno specifico Ibidem. Dr. Nicodim Milaş, I canoni della Chiesa Ortodossa e commenti, vol. I, p. I, Arad, 1930, p. 236-240. 14 15 142 L’armonia tra sinodalità e autorità 143 Articles servizio in mezzo ad essi, in unione con il popolo che essi servono, coordina la vita della Chiesa alla cui testa è stato posto. L’istituzione del Protos nella Chiesa primitiva si è manifestata in diversi modi, dal presidente della Divina Liturgia (vescovo), poi con l’arcivescovo, il metropolita, il patriarca, il patriarca ecumenico e il papa di Roma, quest’ultimo solo fino al 1054. Il modello principale di Protos deve rimanere il Presidente della Santa Liturgia, il quale guida il servizio eucaristico insieme con tutti i celebranti e con il popolo, uniti nella preghiera, nell’uguaglianza della grazia e la diversità dei carismi. Purtroppo, l’allontanamento da questo equilibrio in questo rapporto gracile tra sinodalità e protos (autorità), ha portato al grande scisma della Chiesa primitiva ed a diverse incomprensioni nel seno stesso delle Chiese Ortodosse, fino ad oggi. Allor quando la Chiesa si trova nella prova, quando l’amore è stato tentato a causa di interessi personali, ma soprattutto quando si dovevano prendere decisioni fondamentali per la Chiesa, l’autorità del Primus dei vescovi è stata salvata dall’autorità del Primus (protos) del popolo, cioè dall’imperatore. Per suo ordine sono stati convocati tutti i sinodi ecumenici, non come normalità, ma come eccezionalità ordinata a ristabilire la pace e la verità rivelata. La teologia ortodossa sottolinea sempre l’importanza del popolo di Dio nella Chiesa, della preghiera liturgica, nella vita comunitaria, nelle questioni, la Chiesa non ha ignorato il ruolo dell’autorità civile nella vita ecclesiale. L’ingerenza dell’imperatore nei problemi della Chiesa non sono stati sempre benefici, esempio triste è costituito dall’iconoclastia, ma quando gli imperatori si sono limitati alla convocazione dei sinodi ecumenici, alla difesa delle sue decisioni, e non si sono immischiati nelle discussioni interne, il loro gesto si è manifestato salvatore. Per questo la Chiesa ha istituito uno speciale ufficio liturgico per l’unzione degli imperatori, affinché il loro rapporto con la vita ecclesiale fosse in spirito di verità e servizio cristiano. D’altra parte bisogna dire che la Chiesa ha visto l’intervento dell’imperatore come eccezionale, cioè allor quando l’autorità ecclesiale non è stata in grado di affermare la sinodalità, a causa delle debolezze umane. Purtroppo la crisi dell’autorità panortodossa, causata dallo scadere della comprensione e dalla nozione pratica di Protos (presidente), dal trasformarsi di alcuni privilegi in pretesi diritti, e imposti come tali, continua fino ad oggi. La scomparsa di una società civile come quella dell’imperatore bizantino, il quale si appropriava del ruolo affievolito o sminuito del Protos della Chiesa primitiva, ha acutizzato questa crisi. Potremmo dire che la mancanza di un Protos concreto sia nella Chiesa e nel popolo, così come li abbiamo avuti nel primo millennio cristiano, a posto la sinodalità come una slitta sulla sabbia. Pr. Prof. Assoc. Irimie Marga Da ciò si spiega il perché la sinodalità ortodossa oggi è sofferente, inquanto non è mai riuscita a manifestarsi pienamente nel secondo millennio, e che anche oggi cerca di superare tutti gli ostacoli che sono sul suo cammino. Rivitalizzare la sinodalità ortodossa è una delle grandi e difficile missione delle Chiese Ortodosse contemporanee. Ciò sarà possibile solo se si rivaluta e si ridefinisce il rapporto tra autorità e sinodalità, tra umiltà e servizio, tra guidare e obbedire, tra protos e l’ultimo dei fedeli, come è contemplato nel canone 34 apostolico: solo così ci sarà comprensione e si darà gloria a Dio, nel Signore, nel Santo spirito: Padre, Figlio e Spirito Santo”. Sant’ Andrea Şaguna Metropolita e il principio organico della Chiesa Il santo Metropolita Andrei Şaguna è giunto alla guida della Chiesa di Transilvania in un momento di crisi ecclesiale. Ll’inizio egli ha avuto piena coscienza che lo stato di crisi ecclesiale non può essere superato se non attraverso il rinnovamento delle autorità ecclesiastiche e nella rinascita della sinodalità nella vita della ecclesiale16. Così è giunto alla geniale idea di riscoprire il Principio Organiconella Chiesa, cioé al principio secondo il quale la Chiesa funziona come un organismo unitario, attraverso la collaborazione armonica di tutte le sue parti. L’idea di Şaguna è partito dalla conclusione che se nella Chiesa si accentuasse in modo unilaterale l’autorità (cioé il principio gerarchico – vescovile) si cadrebbe nel clericalismo, se si accentuasse il principio della sinodalità, si cadrebbe nel parlamentarismo. Ora, il Metropolita Andrei Şaguna non voleva ripetere gli errori del cattolicesimo o dei protestanti. Solo il principio organico evita di cadere nei due estremi. Così è nato lo “Statuto Organico della Metropolia di Ardel” preparato da Şaguna e promulgato l’anno 186917. In base a questo Statuto l’autorità nella Chiesa era tenuta dal clero (metropolita, vescovo, protopopa, sacerdote - presbitero), i quali, però, decidevano insieme con i loro sinodi (sinodo metropolitano, sinodo diocesano, sinodo protopopiale, adunanza parrocchiale)18. L’intenzione del Metropolita Şaguna è quello di ridare vita o vigore ai sinodi misti o generali in modo proporzionale, e cioé: 1/3 (un terzo) chierici e 2/3 (dueterProf. Dr. Iorgu D. Ivan, “Statuto şaguniano – cento anni di applicazione”, in MA, nr.46/1969, p. 330. 17 Lo statuto organico şaguniano ha ricevuto l’approvazione del re il 28 maggio 1869, cf. Pr. Prof. Dr. Mircea Păcurariu, Storia della Chiesa Ortodossa Romena, vol. 3, Bucarest, 1981, p.96. 18 Vedere anche Johann Schneider, Ecclesiologia organica del metropolita Andrei Şaguna e i suoi fondamenti bibblici, canonici e moderni, Deisis, Sibiu 2008, 305p. 16 144 L’armonia tra sinodalità e autorità 19 Sul ruolo dei laici nella Chiesa è un’intuizione magistrale, dimostrando e proseguendo il suo carattere canonico nella visione şaguniana, quasi un secolo più tardi, Pr. Prof. Liviu Stan, I laici nella Chiesa, Sibiu 1943, 816p. 20 Vedi anche K. Hitchins, Ortodossia e nazionalità. Andrei Şaguna e i romeni di Transilvania, 1846-1873, Bucarest, 1995, p. 343. 145 Articles zi) laici19. In questo modo la sinodalità e l’autorità hanno raggiunto un’armonia nella vita ecclesiale di Transilvania, alla quale ha fatto seguito una esistenza ecclesiale, culturale e nazionale fiorente, senza precedenti nella storia della Transilvania20. Nello stesso tempo, al fine di eliminare il soggettivismo o l’abuso di potere, lo Statuto Organico ha stabilito e separato i poteri deliberativi, esecutivi e giudicanti nella Chiesa, in modo che questi fossero esercitati da organismi differenti, senza compromettere l’unità dei poteri ecclesiali, la quale era garantita dal Protos, in differenti modi. L’abuso di potere si manifesta lì dove l’autorità ecclesiastica si sgancia dalla vita sinodale della Chiesa. D’altra parte, l’abuso di sinodalità, cioé il riscio di scadere in atteggiamenti parlamentaristici, possono essere evitati solo sotto il controllo dell’autorita episcopale competente, la quale determina e guida l’intyera vita ecclesiale della diocesi. Per questo lo Statuto şaguniano resta esemplare. Il Sinodo Panortodosso d’oggi si trova in uno stato di crisi simile a quello che il Metropolita Andrei Şaguna trovò in Transilvania. Egli ha salvato la Chiesa da questo stato di crisi ponendo in armonia Autorità e Sinodo attraverso il Principio Organico. Ci domandiamo: il suo esempio ci può aiutare ad uscire dell’empàsse panortodosso attuale?