FR A N C E S C O
dere affari. Proprio mentre era in
Provenza, occupato nella sua professione,
nacque il figlio, colui che doveva diventare
uno dei maggiori fari di luce del mondo. La
madre scelse il nome di Giovanni che fu
subito cambiato in Francesco quando
tornò Pietro di Bernardone. La fanciullezza
trascorse felice sotto gli occhi vigili di
Monna Pica e sotto le attenzioni del padre
che vedeva in lui il proseguimento dell’attività di mercante. Studiò il latino, il volgare,
Nacque nell’inverno del 1182 da
Pietro di Bernardone e Madonna Pica, una
delle famiglie più agiate di Assisi. Il padre
commerciava in spezie e stoffe e sovente
restava lontano dalla sua città per conclu-
V I T A DI
1
il provenzale. Studiò anche musica; le sue
note insieme alle sue poesie, furono sempre apprezzate nelle feste della città.
Divenne l’amico di tutti, sempre presente
ai convivi. Ma l’educazione precisa che gli
era stata impartita e la sana impostazione
morale davano a tutto quello che faceva, il
senso dell’equilibrio. Tuttavia durante il
periodo di spensierata gioventù, non mancarono episodi di intolleranza. Ma fu proprio in una di queste occasioni che spuntò
il seme della mutazione futura. Era intento
nel fondaco paterno a riassettare la merce
quando alla porta si presentò un mendicante: chiedeva elemosina in nome di Dio
e Francesco lo scacciò in malo modo. Poi,
però, pentito si mise sui suoi passi e raggiuntolo vi si intrattenne,scusandosi ed
elargendogli dei denari. Appena ventenne
partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia.
Fu fatto prigioniero. Quel periodo plasmò
l’animo del giovane e tanto più il corpo si
indeboliva tanto più cominciava a subentrare in lui il senso della carità e del bene
verso gli altri. Tornò a casa profondamente
ammalato. Le cure della madre ed il tempo
lo ristabilirono, ma la vita spensierata, che
nel frattempo aveva riassunto, gli sembrò
vuota. Spinto da idee battagliere decise di
seguire un condottiero in Puglia, ma quando fu a Spoleto una notte gli apparve il
Signore ordinandogli di tornare indietro.
Dear students, welcome to Assisi. Here there are some informations about places we are going to visit, their history and important figures who went through here. You will find here liturgical songs and
Sacred readings too. Have a good staying in Assisi! (Pax et bonum)
Cari studenti, benvenuti ad Assisi. Ecco alcune notizie sui luoghi che stiamo per visitare, sulla storia ed i grandi personaggi che vi hanno vissuto.
Troverete anche i testi delle letture ed i canti liturgici. Pace e Bene !
2
Le parole di Dio suonarono in lui come un richiamo. Sarà l’inizio di una graduale conversione. Da quel momento la sua vita sarà densa di episodi premonitori.
Durante una breve permanenza a Roma si spogliò dei suoi abiti e dei denari, più tardi
in Assisi davanti ad un lebbroso non fuggì come facevano tutti, ma gli si avvicinò e lo
baciò. Tutto questo tra lo scherno e la derisione degli amici e la delusione del padre.
Solo in Madonna Pica trovava conforto. Ma la strada era ormai spianata: quel lebbroso
era Cristo! Scelse il silenzio e la meditazione tra le campagne e le colline di Assisi,
facendo spesso tappa nella Chiesetta di San Damiano a pochi chilometri dalla città. E
il crocifisso che era nella cappellina gli parlò: “Va, ripara la mia casa che cade in rovina”. Allora prese le stoffe dalla bottega paterna, le vendette a Foligno e portò i denari al
sacerdote di San Damiano. Ma l’intervento di Pietro di Bemardone ruppe l’incantesimo
e Francesco fu costretto a nascondersi per sfuggire alle ire del padre. Più tardi la diatriba con il padre ebbe una svolta con l’intervento del Vescovo di Assisi: Francesco
rinuncerò ai beni paterni e inizierà un periodo contrassegnato da meditazioni e grandi
rinunce. Le gesta di questo “uomo” non passarono inosservate e dopo qualche tempo
a lui si affiancarono i primi seguaci: Bernardo da Quintavalle, Pietro Cattani, e di lì a
poco Egidio e Filippo Longo. Le prime esperienze con i compagni si ebbero
nella piana di Assisi, nel Tugurio di Rivotorto e alla Porziuncola.
Porziuncola Nuovi compagni si unirono ai primi; come Francesco erano vestiti di un saio e di stracci. La data
ufficiale della nascita dell’Ordine dei Frati Minori è il 1210 quando Francesco ed i compagni vengono ricevuti dal papa Innocenzo III che verbalmente approva la Regola. Il
Papa, in sogno, ebbe la visione della Basilica Lateranense in rovina ed un uomo che la
sorreggeva per evitarne la distruzione. Quell’uomo era Francesco! Intanto la sede dell’ordine veniva spostata da Rivotorto alla Porziuncola. Iniziano i contatti con Chiara
d’Assisi: è la genesi del ramo femminile del movimento, la nascita dell’Ordine delle
Povere Dame, le future Clarisse. Nel 1213 Francesco riceve dal Conte Orlando di
Chiusi il Monte della Verna. Inizia la predicazione a più lungo raggio. Vuole raggiungere il Marocco, ma una malattia lo ferma in Spagna.Nel 1216 ottiene da Onorio III l’indulgenza della Porziuncola, Il Perdono di Assisi, la più importante della cristia nità dopo quella di Terra Santa . I seguaci del Santo si cimentano in nuove predicazioni in Europa e in Oriente. Nel 1219 Francesco parte per Acri e Damietta al seguito della crociata e giunge in Egitto e poi prosegue per la Palestina. Intanto l’Ordine ha i
suoi primi martiri, uccisi in Marocco. Nel 1220 il Poverello torna in Assisi. Ma i suoi
ideali di povertà, di carità, di semplicità hanno fatto presa già su molti. Inizia un
nuovo ciclo di predicazioni nell’Italia Centrale e quindi nuovi viaggi al sud e al nord della
penisola. A Fontecolombo, nei pressi di Rieti, redige una nuova Regola ispirato direttamente dal Signore, approvata poi da Onorio III. A Greccio, in dicembre, istituisce il
Presepio, una tradizione cara alla cristianità. Nel 1224 sul Monte della Verna riceve le
stimmate, il segno di Cristo e della santità. Ma ormai è stanco ed ammalato. Le predicazioni l’hanno provato fuori misura. È sofferente e viene curato a San Damiano,
ospite di Chiara e delle Sorelle.
Compone qui il Cantico delle Creature
di alta religiosità e lirismo dove sono
contenuti in forma raccolta tutti gli ideali della umiltà e della grandezza francescana. Sentendo prossima la fine terrena
ordina
di essere trasportato alla
Porziuncola, in Santa Maria degli Angeli,
luogo di irradiazione del suo messaggio,
dove muore al tramonto della giornata del 3
ottobre 1226.
3
Si trova a pochi chilometri da Assisi, in pianura, al centro della Valle Umbra. E’ uno
dei maggiori templi della cristianità, ed è
sorta con un duplice scopo: anzitutto,
custodire e proteggere la Porziuncola
- la culla preziosa dell’Ordine france scano - la piccola chiesetta-oratorio che
ospitò Francesco e i suoi frati all’inizio
della loro missione; in secondo luogo,
accogliere l’enorme folla dei pellegrini
attratta ogni anno dalla Festa del Perdono
(il Perdono d’Assisi è un’indulgenza
istituit a dal Santo e confermat a poi da
Pap a Onorio III).
III Il tempio, imponente
nelle linee architettoniche, ma austero
nella decorazione, fu eretto tra il 1569 e il
1679. L'attuale facciata neo-rinascimentale, con il portico, fu aggiunta tra il 1924 e il
1930. Nel 1930 venne pure collocata la
statua aurea della Madonna degli Angeli.
Sulla grandiosa mole
della chiesa si libra la
bella cupola - completata nel 1680 - che
domina l'intero paesaggio. L’impianto, a
tre navate, comprende varie cappelle
laterali. Nel com plesso, l’interno è
semplice ed ele gante; pochi i fregi,
poche le decora zioni, anche perché
- al tempo della costruzione - si era
nel periodo della Controriforma.
Controriforma Più
tardi si passò ad appesantire con qualche
stucco le cappelle laterali, con la partecipazione delle famiglie nobili d’Assisi. Alla
fine degli anni Sessanta venne rifatta la
Basilica di Sant a Maria degli Angeli
La bella Basilica di Santa Chiara sorge sull’omonima
piazza ed è stata edificata sopra la preesistente chiesa
di San Giorgio, tanto cara ai due Santi d’Assisi. In essa
Francesco fu sepolto, dopo la morte avvenuta alla
Porziuncola; in essa egli fu canonizzato. Le sue spoglie
restarono qui per quattro anni prima della traslazione
nella grande Basilica che porta il suo nome. La chiesa
di San Giorgio era prediletta anche da Chiara, che vi fu
sepolta. Edificata tra il 1257 ed il 1265, su progetto di fra’ Filippo da Campello, la
Basilica è in stile gotico-italiano, detto anche "francescano": fu consacrata nel 1265. La
facciata, molto semplice, è costituita da pietra bianca e rosa, assemblata a strisce orizzontali. La pietra rossa proviene dalle cave del Monte Subasio ed è particolarmente
luminosa. Nella parte mediana è il bellissimo rosone a cerchi concentrici con colonnine.
La parte superiore, a triangolo, ha un’apertura circolare. L'interno evidenzia tutta la
severa semplicità dell’Ordine Francescano. L’impianto è a unica navata, in stile gotico,
con volte a crociera. La navata si presenta spoglia, anche se sulla parete sinistra dell'ingresso vi sono tracce d’affreschi. Fra i molti capolavori d’arte che la Basilica contiene, si citano:
La Cappella di San Giorgio
Vi rimangono i resti della preesistente chiesa di San Giorgio, quindi essa rappresenta
la zona più antica dell’edificio. E’ divisa in 2 ambienti:
1) la Cappella del SS. Sacramento, con affreschi di Pace di Bartolo (Annunciazione,
San Giorgio, Presepio, Epifania), il meraviglioso “Madonna col Bambino in trono e santi”
di Puccio Capanna ed altri;
2) l’Oratorio del Crocefisso. L’Oratorio contiene il Crocefisso dipinto su t avola che,
secondo la tradizione, avrebbe invit ato San Francesco nella chiesa di San
Damiano a “rifondare la Chiesa”.
Chiesa” Il Crocefisso fu trasferito qui dalle Clarisse.
Basilica di Sant a Chiara
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È il Diploma di fr. Teobaldo, vescovo di Assisi, uno dei documenti più diffusi, a riferirlo.
S. Francesco, in una imprecisata notte del luglio 1216, mentre se ne stava in ginocchio
innanzi al piccolo altare della Porziuncola, immerso in preghiera, vide all'improvviso uno
sfolgorante chiarore rischiarare le pareti dell'umile chiesa.
Seduti in trono, circondati da uno stuolo di angeli, apparvero, in una luce sfavillante, Gesù e Maria. Il
Redentore chiese al suo Servo quale grazia desiderasse per il bene degli uomini. S.
Francesco umilmente rispose: "Poiché è un misero peccatore che Ti parla, o Dio misericordioso, egli Ti domanda pietà per i suoi fratelli peccatori; e tutti coloro i quali, pentiti, varcheranno le soglie di questo luogo, abbiano da te o Signore, che vedi i loro tormenti, il perdono delle colpe commesse". "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è
grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai.
ANCORA IN TALE SANTO LUOGO, IL SANTO D'ASSISI EBBE LA DIVINA ISPIRAZIONE DI CHIEDERE AL PAPA L'INDULGENZA CHE FU POI DETTA, APPUNTO, DELLA
PORZIUNCOLA O GRANDE PERDONO, LA CUI FESTA SI CELEBRA IL 2 AGOSTO.
Il santo pontefice Pio X ha elevato la Chiesa di S. Maria degli Angeli alla dignità di
Basilica Patriarcale, con Cappella Papale e le ha confermato il titolo di "Capo e Madre
di tutto l'Ordine dei Frati Minori". E non poteva essere diversamente, visto il grande
affetto che Francesco nutriva per questo posto. Il Santo fissò "qui la sua dimora - dice
S. Bonaventura nella "Legenda Major" - per la riverenza che aveva verso gli Angeli e
per il grande amore alla Madre di Cristo", cui la chiesina era dedicata (Leg Maj III, 1).
Lo stesso Poverello - racconta il suo biografo Tommaso da Celano - raccomandava ai
suoi frati: "Guardatevi dal non abbandonare mai questo luogo. Se ne foste scacciati
da una parte, rientratevi dall'altra, perché questo è luogo santo e abitazione di Dio. Qui,
quando eravamo pochi, l'Altissimo ci ha moltiplicato; qui ha illuminato con la sua sapienza i cuori dei suoi poverelli; qui ha acceso il fuoco del suo amore nelle nostre volontà.
Qui, chi pregherà con devozione, otterrà ciò che ha chiesto, e chi lo profanerà sarà
maggiormente punito. Perciò, figli miei, stimate degno di ogni onore questo luogo, dimora di Dio, e con tutto il vostro cuore, con voce esultante, qui, inneggiate al Signore" (1
Cel. 106:503). In questa umile chiesa, già appartenuta ai monaci benedettini di Subasio
e restaurata dallo stesso Poverello, fu fondato l'Ordine dei Frati Minori (nel 1209). Qui,
nella notte tra il 27 e 28 marzo 1211, Chiara di Favarone di Offreduccio ricevette dal
Santo l'abito religioso, dando origine all'ordine della Clarisse. Nella Porziuncola, nell'anno 1221, si riunì il famoso "Capitolo delle stuoie", al quale presero parte ben cinquemila frati, provenienti da ogni parte d'Europa, per pregare, ragionare della salute dell'anima e per discutere la nuova Regola francescana. Sempre qui Francesco piamente
spirò, steso sulla nuda terra, al tramonto del 3 ottobre 1226.
Indulgenza della Porziuncola - Perdono di Assisi
pavimentazione e costruita la cripta sotto il coro e l'altare. Il patrimonio artistico è
immenso. Queste le opere e gli ambienti più importanti: Il Roseto: la Cappella delle
Rose fu fatta costruire sul luogo ove sorgeva il giaciglio di San Francesco. La cappella
è stata recentemente restaurata ed il colore è riemerso. Prima del roseto è una piccola
statua di Francesco sulla quale nidificano le tortorelle tanto care al Poverello. Nei pressi è anche un monumento con il Santo che si rivolge ad una pecorella. Per giungere alla
Cappella delle Rose si passa a fianco del Roseto. Sono rose senza spine. La Cappella
del Transito: vi morì il Poverello, la sera del 3 ottobre 1226, attorniato dai suoi confratelli più cari. Altempo del primo insediamento francescano, pur nella ristrettezza delle
misure, essa serviva dainfermeria. Sembra che la porticina che si apre lateralmente sia
originaria, risalente al tempo di San Francesco.
5
Paolo VI, nel riordinare le indulgenze, nella Costituzione Apostolica "Indulgentiarum
doctrina" del 1° gennaio 1967, chiariva che "l'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio
della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la
quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro
delle soddisfazioni di Cristo e dei santi" (Norme n. 1). Prescriveva, ancora, che "l'indulgenza plenaria può essere acquistata una sola volta al giorno … Per acquistare l'indul-
Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da
parte mia, questa indulgenza". Era l'Indulgenza del Perdono.
Alle prime luci dell'alba, quindi, il Santo d'Assisi, prendendo con sé solo frate Masseo
di Marignano, si diresse verso Perugia, dove allora si trovava il Papa. Sedeva sul soglio
di Pietro, dopo la morte del grande Innocenzo III, papa Onorio III, uomo anziano ma
molto buono e pio, che aveva dato ciò che aveva ai poveri. Il Pontefice, ascoltato il racconto della visione dalla bocca del Poverello di Assisi, chiese per quanti anni domandasse quest'indulgenza. Francesco rispose che egli chiedeva "non anni, ma anime" e
che voleva "che chiunque verrà a questa chiesa confessato e contrito, sia assolto da
tutti i suoi peccati, da colpa e da pena, in cielo e in terra, dal dì del battesimo infino al
dì e all'ora ch'entrerà nella detta chiesa". Si trattava di una richiesta inusitata, visto che
una tale indulgenza si era soliti concederla soltanto per coloro che prendevano la Croce
per la liberazione del Santo Sepolcro, divenendo crociati. Il papa, infatti, fece notare al
Poverello che "Non è usanza della corte romana accordare un'indulgenza simile".
Francesco ribatté: "Quello che io domando, non è da parte mia, ma da parte di Colui
che mi ha mandato, cioè il Signore nostro Gesù Cristo". Nonostante, quindi, l'opposizione della Curia, il pontefice gli accordò quanto richiedeva ("Piace a Noi che tu l'abbia").
Sul punto di accomiatarsi, il pontefice chiese a Francesco - felice per la concessione
ottenuta - dove andasse "senza un documento" che attestasse quanto ottenuto. "Santo
Padre, - rispose il Santo - a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di
Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni".
L'indulgenza fu ottenuta, quindi, "vivae vocis oraculo". Il 2 agosto 1216, dinanzi una
grande folla, S. Francesco, alla presenza dei vescovi dell'Umbria (Assisi, Perugina,
Todi, Spoleto, Nocera, Gubbio e Foligno), con l'animo colmo di gioia, promulgò il
Grande Perdono, per ogni anno, in quella data, per chi, pellegrino e pentito, avesse varcato le soglie del tempietto francescano. Tale indulgenza è lucrabile, per sé o per le
anime del Purgatorio, da tutti i fedeli quotidianamente, per una sola volta al giorno, per
tutto l'anno in quel santo luogo e, per una volta sola, dal mezzogiorno del 1° agosto alla
mezzanotte del giorno seguente, oppure, con il consenso dell'Ordinario del luogo, nella
domenica precedente o successiva (a decorrere dal mezzogiorno del sabato sino alla
mezzanotte della domenica), visitando una qualsiasi altra chiesa francescana o basilica minore o chiesa cattedrale o parrocchiale.
Nel 1279, il frate Pietro di Giovanni Olivi scriveva che "essa indulgenza è di grande utilità al popolo che è spinto così alla confessione, contrizione ed emendazione dei peccati, proprio nel luogo dove, attraverso san Francesco e Santa Chiara, fu rivelato lo
stato di vita evangelica adatto a questi tempi".
Nel 1303, Perugia, città che aveva avuto l'onore di ospitare in più occasioni la curia
papale, ricevette dal pontefice Benedetto XI (1302-1304), ancora solo "vivae vocis oracolo", un'indulgenza "ad instar Portiuncule", cioè plenaria come quella della
Porziuncola. La diffusione del movimento francescano contribuì anche all'espansione
dell'indulgenza legata al Perdono di Assisi, tanto che divenne una pratica consolidata in
tutta la cristianità.
6
Porziuncola, also called Portiuncula (in Latin), is a small church in the frazione of Santa
Maria degli Angeli, situated about 4 kilometers from Assisi. It is the place from where the
Franciscan movement started.
The name Porziuncola (meaning "small portion of land") was first mentioned in a document from 1045, now in the archives of the Cathedral of San Rufino, Assisi.
According to a legend, the existence of which can be traced back with certainty only to
1645, the little chapel of Porziuncola was erected under Pope Liberius (352-66) by hermits from the Valley of Josaphat, who had brought thither relics from the grave of the
Blessed Virgin. The same legend relates that the chapel passed into the possession of
St. Benedict in 516. It was known as Our Lady of the Valley of Josaphat or of the Angels
- the latter title referring, according to some, to Our Lady's ascent into heaven accompanied by angels (Assumption B.M.V.); a better founded opinion attributes the name to
the singing of angels which had been frequently heard there.
This little church was given around 1208 to St. Francis by the Abbot of St. Benedict of
Monte Subasio, on condition of making it the mother house of his religious family. It was
in bad condition, laying abandoned in a wood of oak trees. He restored it with his own
hands.
After a pilgrimage to Rome, where he begged at the church doors for the poor, he said
he had had a mystical vision of Jesus Christ in the Church of San Damiano just outside of Assisi, in which the Icon of Christ Crucified came alive and said to him three times,
"Francis, Francis, go and repair My house which, as you can see, is falling into ruins".
Porziuncola indulgence
genza plenaria è necessario eseguire l'opera indulgenziata ed adempiere tre condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni
del sommo pontefice (almeno un Padre nostro, un Ave ed un Gloria al Padre, ndr). Si
richiede inoltre che sia escluso qualsiasi affetto al peccato anche veniale" (Norme nn.
6 e 7). Ed, infine, stabiliva che "nelle chiese parrocchiali si può lucrare inoltre l'indulgenza plenaria due volte all'anno, cioè nella festa del santo titolare e il 2 agosto, in cui ricorre l'indulgenza della Porziuncola, oppure in altro giorno opportunamente stabilito dall'ordinario. Le predette indulgenze si possono acquistare o nei giorni sopra stabiliti, oppure, col consenso dell'ordinario, la domenica antecedente o successiva" (Norme n. 15) e
che "l'opera prescritta per lucrare l'indulgenza plenaria annessa a una chiesa o a un
oratorio consiste nella devota visita di questi luoghi sacri, recitando in essi un Pater e
un Credo" (Norme n. 16). La Sacra Penitenzieria Apostolica il 29 giugno 1968 pubblicava l'"Enchiridion indulgentiarum" o "Manuale delle indulgenze" il cui par. 65, intitolato
"Visitatio ecclesiae paroecialis", statuiva che l'indulgenza plenaria al fedele che piamente visita la chiesa parrocchiale nella festa del Titolare od il giorno 2 agosto, in cui ricorre l'indulgenza della "Porziuncola", può essere acquistata "o nel giorno sopra indicato,
oppure in un altro giorno da stabilirsi dall'Ordinario secondo l'utilità dei fedeli. La chiesa
cattedrale e, eventualmente, la chiesa concattedrale, anche se non sono parrocchiali,
ed inoltre le chiese quasi-parrocchiali, godono delle medesime indulgenze. Nella pia
visita, in conformità alla Norma 16 della Costituzione Apostolica (Indulgentiarum doctrina, ndr), il fedele deve recitare un Padre Nostro e un Credo". Tale disposizione è stata
sostanzialmente mantenuta inalterata anche nell'attuale edizione (la quarta)
dell'"Enchiridion indulgentiarum - Normae et concessiones" pubblicato il 16 luglio 1999
dalla Paenitentiaria Apostolica (conc. 33, par. 1, nn. 2°, 3°, 5°).
Nel santuario della Porziuncola, ad Assisi, invece, grazie anche ad uno speciale decreto della Penitenzeria Apostolica datato 15 luglio 1988 (Portiuncolae sacrae aedes) si
può lucrare, alle medesime condizioni, durante tutto l‚anno, una sola volta al giorno.
7
The buildings which had been gradually added to the shrine were taken down by order
of Pius V (1566-1572), except the cell in which St. Francis had died, and were replaced
by a large basilica in contemporary style. The new edifice was erected over the cell just
mentioned and over the Portiuncula chapel, which is situated immediately under the
cupola. The basilica, which has three naves and a circle of chapels extending along the
entire length of the aisles, was completed (1569-78) according to the plans of Jacopo
Barozzi, best known as Vignola, assisted by Galeazzo Alessi.
In the night of 15 March 1832, the arch of the three naves and of the choir fell in, in consequence of an earthquake, the cupola sporting a big crack. Gregory XVI had all restored in 1836-1840), and on 8 September 1840, the basilica was reconsecrated by
Cardinal Lambruschini. By Brief of 11 April 1909, Pius X raised it to a "patriarchal basilica and papal chapel". The high altar was therefore immediately rebuilt at the expense
of the Franciscan province of the Holy Cross (also known as the Saxon province), and
a papal throne added. Under the bay of the choir, resting against the columns of the
cupola, is still preserved the cell in which St. Francis died, while, a little behind the sacristy, is the spot where the saint, during a temptation, is said to have rolled in a briar-bush,
which was then changed into thornless roses. During this same night the saint received
the Porziuncola Indulgence.
The Indulgence could at first be gained only in the Porziuncola chapel between the
afternoon of 1 August and sunset on 2 August. On 5 August 1480 (or 1481), Pope Sixtus
Basilica of Santa Maria degli Angeli
However this may be, here or in this neighbourhood was the cradle of the Franciscan
Order. After the death of Francis, the spiritual value and the charisma of the Porziuncola
became even greater. St. Francis himself pointed out the Portiuncola as a primary source of inspiration and a model for all his followers. Today it still continues to be the most
authentic testimony to the life and message of St. Francis.
He thought this to mean the ruined church in which he was presently praying, and so
sold his horse and some cloth from his father's store, to assist the priest there for this
purpose.[2][8]
His father Pietro, highly indignant, attempted to change his mind, first with threats and
then with beatings. After a final interview in the presence of the bishop, Francis renounced his father and his patrimony, laying aside even the garments he had received from
him. For the next couple of months he lived as a beggar in the region of Assisi.
Returning to the town for two years this time, he restored several ruined churches,
among them the Porziuncola, little chapel of St Mary of the Angels, just outside the town,
which later became his favorite abode.
St. Francis obeyed the call of Jesus to live in absolute poverty according to the
Missionary Discourse in the Gospel of Matthew 10, 5-15.
This little church became the home of St. Francis, and soon of his first disciples. In this
church St. Francis founded the Order of Friars Minor, and from that moment it has never
been abandoned by the friars.
On Palm Sunday 1211 St. Francis received in this church Clare of Assisi and dedicated
her to the Lord.
The General Chapters, the annual meetings of the friars, were held in this church usually during Pentecost (months of May - June).
Feeling his end approaching, St. Francis asked to brought back to the Porziuncola in
September 1226. On his death-bed St. Francis recommended the chapel to the faithful
protection and care of his brethren. He died, in his cell, not fifteen yards from the church,
at sunset on Saturday, 3 October 1226.
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IV extended it to all churches of the first and second orders of St. Francis for
Franciscans. On 4 July 1622, this privilege was further extended by Gregory XV to all
the faithful, who, after confession and the reception of Holy Communion, visited such
churches on the appointed day. On 12 October 1622, Gregory XV granted the same privilege to all the churches of the Capuchins. Pope Urban VIII granted it for all churches
of the regular Third Order on 13 January 1643, and Clement X for all churches of the
Conventuals on 3 October 1670. Later popes extended the privilege to all churches pertaining in any way to the Franciscan Order, even to churches in which the Third Order
held its meetings (even parish churches, etc.), provided that there was no Franciscan
church in the district, and that such a church was distant over an Italian mile (1000
paces). Some districts and countries have been granted special privileges.
While the declarations of the popes have rendered the Porziuncola Indulgence certain
and indisputable from the juridico-canonistic standpoint, its historical authenticity (sc.
origin from St. Francis) is still a subject of dispute. The controversy arises from the fact
that none of the old legends of St. Francis mentions the Indulgence, and no contemporary document or mention of it has down to us. The oldest document dealing with the
Indulgence is a notary's deed of 31 October 1277, in which Blessed Benedict of Arezzo,
whom St. Francis himself received into the order, testifies that he had been informed by
Brother Masseo, a companion of St. Francis, of the granting of the Indulgence by Pope
Honorius III at Perugia. Then follow other testimonies, for example, those of Jacob
Cappoli concerning Brother Leo, of Oddo of Acquasparta, Peter Zalfani, Peter John Olivi
(who wrote a scholastic tract in defence of this indulgence about 1279), John of
Laverna, Ubertino da Casale, Francis of Fabriano, whose testimony goes back to the
year 1268, and others.
The norms and grants of indulgences were completely reformed by Pope Paul VI after
the Second Vatican Council
in his Apostolic Constitution
"Indulgentiarum Doctrina"
(1967), and the Portiuncula
Indulgence was again confirmed at that time.
According
to
the
Enchiridion Indulgentiarum,
the Catholic faithful may
gain a plenary indulgence
on
2
August
(the
Portiuncula) or on such
other day as designated by
the local ordinary for the
advantage of the faithful,
under the usual conditions
(sacramental Confession,
Holy Communion, and prayer for the intentions of the
Supreme
Pontiff),
by
devoutly visiting the parish
church, and there reciting at least the Lord's Prayer and the Creed. The Indulgence
applies to the cathedral church of the diocese, and to the co-cathedral church (if there
is one), even if they are not parochial, and also to quasi-parochial churches. To gain this,
as any plenary indulgence, the faithful must be free from any attachment to sin, even
venial sin. Where this entire detachment is wanting, the indulgence is partial.
9
Francesco morì il 3 ottobre 1226 e, appena due anni dopo, fu canonizzato. Subito
Papa Gregorio IX incaricò frate Elia di
Bombarone di“ provvedere alla costruzione di una chiesa da riporvi il sacro corpo e
d’un convento per i frati che avevano a
custodirla, nonché d’un palazzo per la persona sua e per i pontefici successori suoi”.
Il luogo della costruzione fu individuato
nella parte del colle, ad occidente d’Assisi,
che declina verso il torrente Teschio e che
era stato donato all’Ordine. Il luogo che
veniva allora chiamato "Colle dell'inferno",
perché vi erano eseguite le sentenze capitali dei malfattori, prese il nome di "Colle
del Paradiso", perché avrebbe custodito
nei secoli i resti mortali del Santo. Non si
sa chi abbia progettato l’opera. Secondo il
Vasari, potrebbe trattarsi di un maestro
tedesco, ma non sembra che l’edificio presenti caratteristiche gotiche e straniere:
anzi, la basilica è stata definita il primo
esemplare d'una nuova architettura nazionale. E’ possibile che l’architetto sia stato
frate Elia. In ogni modo, i lavori iniziarono
nel 1228 e la Chiesa Inferiore fu completata in soli due anni. Il 25 maggio 1230 vi fu
infatti traslata la salma del Santo, dalla sua
provvisoria sepoltura nella Chiesa di San
Giorgio. Durante la traslazione della
salma, gli assisani si impadronirono del
corpo di San Francesco e lo occultarono,
forse per timore di vederselo sottrarre
dalla città vicine, specie da Perugia. Fatta
dunque la Basilica, splendidamente ornata, venerata, ampliata ecc., rimaneva il
mistero di dove fosse sepolto il Santo. Che
fosse nel recinto della chiesa era indubitato; ma dove?
Passarono i secoli; venne l'alba del 1818.
In quell'anno, le ricerche fino allora tentate
inutilmente furono riprese con alacrità, per
segreto ordine del pontefice ; e si giunse al
ritrovamento del corpo. Era sepolto sotto
l'altar maggiore della Chiesa Inferiore,
nella viva roccia. Il feretro non fu toccato.
Solo, sotto la Chiesa Inferiore già esistente, se ne scavò una terza intorno al masso
che custodiva la salma. Così si giunse
all'assetto definitivo della Basilica
attuale, che cont a tre chiese; la
Chiesa Inferiore, la Cript a del Santo e
la Chiesa Superiore con accesso indipendente.
LA CHIESA INFERIORE
Entrando nella Chiesa Inferiore, dopo aver
attraversato un cortile a portici e varcate le
belle porte di quercia scolpite da Niccolò
da Gubbio (1550), si è avvolti dalla suggestiva penombra di una delle più belle e
caratteristiche chiese medievali. La
visione è incantevole, solenne: la
volta bassa, le cappelle laterali protette da alte inferriate,
l'altare in fondo, nel
mezzo del transetto
affrescato, i marmi
dei monumenti, la
luce spiovente non
sai di dove; tutto è
d'una
bellezza
incomparabile, indimenticabile.
Di
fronte alla porta
d’entrata, in fondo
alla navata, v’è la
cappella di Santa
BASILICA DI SAN FRANCESCO
10
LA CHIESA SUPERIORE
La facciata è divisa in tre parti: nella zona più bassa è il bellissimo portale che richiama
la fattezza di quello inferiore: arco a sesto acuto, due ingressi in legno, una serie di slanciate colonnine culminanti con archi anch'essi a sesto acuto. Tra i due archetti è il rosone a più cerchi e ai quattro lati i simboli degli Evangelisti. Ai lati del cornicione che divide la parte inferiore da quella mediana della facciata sono due aquile. La parte superiore è a forma di triangolo; nelle estremità, sono due torrette circolari. Nella parte sinistra
è una loggia terminante con una cupola semisferica costruita all'inizio del Seicento.
L'interno è formato da un'unica ampia navat a, senza cappelle. Siamo di fronte
ad uno degli esempi più belli di gotico it aliano.
aliano Ciò che subito viene posto in evidenza è la luce che filtra attraverso le artistiche vetrate; al contrario della Chiesa
Inferiore in cui la luce è notevolmente minore. La navata si compone di quattro campate con pilastri composti da colonne sottili e slanciate che contribuiscono notevolmente
a dare un senso ascensionale al tempio. Le volte sono a crociera e affrescate con un
cielo stellato. Le pareti delle navate sono divise da un lungo passaggio. La parte superiore è ricoperta di affreschi (alcuni dei quali andati perduti) che narrano del Vecchio e
Nuovo testamento, la cui attribuzione è ancora incerta dopo la tesi che voleva affidare
la paternità a Giotto e a Cimabue. Le pareti inferiori sono invece opera di Giotto e della
sua scuola. E’ questo il ciclo pittorico più import ante ed interessante dell’icono grafia francescana.
LA CRIPTA
Dalla Chiesa Inferiore si può scendere alla cripta, scendendo per una delle due scale
che si trovano a metà della navata centrale. L’ambiente è austero e disadorno,
come si addice alla tomba del Poverello. Qui, infatti, riposa il Santo,
Santo qui fu
nascosto dagli assisani, quasi certamente anche da frate Elia, il giorno della traslazione della salma. La cripta fu scavata, nel 1822, dopo il rinvenimento del corpo di San
Francesco, e fu sistemata nel 1932, su disegno di Ugo Tarchi. Questo sotterraneo è
opera interessantissima, poiché è stato ricavato interamente lasciando intatto il masso
calcareo che conteneva il sarcofago del Santo. Nelle nicchie sono le tombe di quattro
discepoli di San Francesco (fra’ Leone, fra’ Masseo, fra’ Rulino e fra’ Angelo).
Caterina, costruita dal famoso cardinale Albornoz, che vi è sepolto. Entrando poi nella
navata principale, le cappelle laterali sono tutte ornate di opere di Giovanni da Cosma,
di Taddeo Gaddi ecc. Anche la volta della navata è tutta un'opera d’arte, con affreschi
meravigliosi, dovuti a diversi artisti; ma specialmente a Simone Martini, a Giotto ed alla
di lui scuola.
In fondo alla navata v'è l'alt ar maggiore, eretto sopra la tomba di San Francesco.
Francesco
E’ decorato tutto intorno da piccoli archi gotici con mosaici. La tavola d’un sol pezzo di
marmo roseo fu donata dall’Imperatore d'Oriente. Sopra l’alt are, nelle quattro vele
della crociera, quattro grandi af freschi, in cui Giotto glorifica le tre virtù fonda ment ali della Regola francescana: Povertà, Obbedienza e Castità.
Castità In basso la
Purità lava una figura ignuda, a cui il Valore presenta uno stendardo. A sinistra la
Penitenza, armata di flagello, scaccia la Voluttà, e la Morte sua compagna. Dal lato
opposto San Francesco esorta il Frate Minore, la Clarissa ed il Terziario a salire il Sacro
Monte. Nella Sagrestia Segreta sono conservate reliquie importanti: la bolla d’Onorio III
che approva l'Ordine; oggetti personali di Francesco e Chiara; la benedizione scritta di
pugno del Serafico, per il diletto fra’ Leone ecc. Sopra l'ingresso è il più antico ritratto di
Francesco, dipinto da ignoto dopo la morte. Prima di abbandonare la Chiesa Inferiore,
si noti la tomba di Giacomina (Jacopa) de’ Settesecoli, tenera e pia amica di Francesco.
11
Le notizie sulla giovinezza e
la formazione di Giotto sono
molto poche, sappiamo che
nacque da una famiglia di
contadini, nel 1267 circa, a
Colle di Vespignano non lontano da Firenze.
E' noto che il suo maestro fu
Cimabue, con il quale Giotto
collaborò in alcune sue
opere, anche se il racconto,
secondo cui, Cimabue si
accorse dell'abilità di Giotto
vedendolo disegnare su un
sasso una delle pecore che
portava al pascolo, è inverosimile.
Altrettanto importante per la
sua formazione fu il viaggio a Roma che
intraprese prima di entrare a far parte del
cantiere di Assisi. A Roma si sviluppava a
quel tempo un'importante scuola pittorica,
quella di cui facevano parte Pietro
Cavallini, Jacopo Torriti e Filippo Rusuti, i
quali rappresentano in pittura la tipica
monumentalità dell'arte classica.
Dopo quest'esperienza Giotto lavorò al
cantiere di Assisi.
La basilica di San Francesco d'Assisi è
costituita da 2 chiese sovrapposte. La
basilica inferiore ha una pianta articolata e
presenta una serie di cappelle affrescate
da diversi artisti, mentre la chiesa superiore ha un programma iconografico unitario
e chiaramente leggibile: le Storie dell'antico e del nuovo testamento, che sono collegate dalle illustrazioni della vita di San
Francesco secondo il racconto di San
Bonaventura composto nel 1260 circa.
Tra il 1277-80 Cimabue iniziò la decorazione del transetto sinistro della chiesa superiore, successivamente l'esecuzione degli
affreschi passa ai suoi collaboratori, tra i
quali Jacopo Torriti e Duccio da
Boninsegna, iniziando a decorare gli spazi
tra le finestre della navata con storie dell'antico e del nuovo testamento; alcuni di
questi episodi sono attribuiti alla mano di
Giotto avvertibile soprattutto nelle due
Storie di Isacco e nella frammentaria Deposizione nel
sepolcro.
Nelle decorazioni del registro inferiore, al di sotto delle
finestre, lungo le pareti della
navata, invece Giotto è il
protagonista assoluto. Il
ciclo decorativo su compone
di 28 affreschi rettangolari
delle misure di 270x230 cm,
e rappresenta Scene della
vita di San Francesco nelle
quali Giotto ci presenta il
santo rappresentato per la
prima volta come un uomo,
fra la gente, nella natura, in
spazi architettonici, in luoghi
riconoscibili e concreti, si
vedano ad esempio gli affreschi della
Rinuncia dei beni in cui il santo è rappresentato parzialmente nudo, la Morte del
cavaliere di Celano, l'Omaggio di un semplice e il Presepe di Greccio in anticipo
sulle ricerche della prospettiva. Con la rappresentazione di queste scene, Giotto
chiude in maniera definitiva con lo stile
bizantino e le rappresentazioni bidimensionali e frontali delle scene sacre, immettendole invece in un mondo che diventa reale.
Nell'affresco di San Francesco che dona il
mantello al povero - uno dei primi dell'intero ciclo - sono presenti gli elementi tipici
dell'arte giottesca e cioè il gioco di chiaroscuri con il quale dare volume alle cose, la
loro rappresentazione prospettica e interesse verso una composizione armoniosa
ma non statica.
Giotto ritornerà più tardi al cantiere di
Assisi curando la decorazione della volta
della basilica inferiore con Allegorie francescane e la decorazione della cappella
della Maddalena.
L'epoca di Giotto
Nel Duecento una sinergia di fattori economici politici e sociali determinò la fortuna
della città di Firenze. Nel contempo, le
mutazioni sociali identificarono una nuova
classe: il popolo, che di lì a poco sarebbe
divenuto la borghesia. Furono queste alcu-
GIOTTO
12
ne delle caratteristiche dell'epoca in cui si
formò e iniziò la sua attività artistica Giotto
di Bondone. A ciò si aggiunga l'ascesa
incontrastata dell'ordine religioso dei francescani, con cui il maestro ebbe a collaborare quasi tutta la vita e dal quale fu
influenzata la sua cultura e - di conseguenza - la sua attività. Ovunque la religione
francescana fu accolta come il culto proprio del popolo (quindi della borghesia),
soprattutto nei centri rurali e presso i ceti
contadini. Boccaccio definì Giotto "il
miglior dipintor del mondo": la sua fama
d'innovatore del gusto e dello stile artistico
iniziò subito, sin dai primordi della sua attività. Sull'ipotesi che Giotto sia stato l'artefice di un profondo mutamento del linguaggio figurativo la critica d'arte ha molto
discusso. Se è vero, infatti, che non si può
attribuire a una sola persona un generale
mutamento culturale e artistico, è altrettanto vero che nell'arte - come in politica e in
letteratura - alcune singole personalità si
trovano a dare un'impronta fondamentale
e un impulso unico al cambiamento. La
tradizione, comunque, afferma unanime
che Giotto fu iniziatore di uno stile nuovo,
il quale segnò un punto di rottura con il
passato, aprendo la via alla modernità del
gotico che sarebbe venuto. Già alcuni
germi del gotico francese erano presenti
nella compagine artistica della metà del
Duecento. Il Battistero di Pisa e il Pulpito
del Duomo di Siena erano lontani dalla
scultura romanica e più vicini al gotico d'oltralpe. Assisi, già luogo di scambi artistici
provenienti dall'estero (i frati francescani vi
confluivano da ogni parte del mondo),
divenne sede di un nuovo gusto artistico.
Consapevolezza di un'arte nuova
I contemporanei si convinsero immediatamente dell'importanza della sua pittura.
Dante nella Divina Commedia celebra
l'amico con la nota terzina: "Credette
Cimabue nella pittura/ tener lo campo, e
ora ha Giotto il grido/ si che la fame di colui
oscura" (Purgatorio, XI, 94-96). Boccaccio
nel Decameron (1349-53) dice che per
merito di Giotto "quella arte ritornata in
luce, che molti secoli sotto gli error d'alcuni, che più a dilettar gli occhi degli ignoranti che a compiacere allo 'ntelletto de' savj
dipingendo, era stata sepulta" (Novella V,
giornata VI). È questo un esplicito riconoscimento della lucida coscienza di una
nuova èra, opposta al mosaico bizantino,
tutto luce e oro, che affascinava chi non si
lasciava guidare dalla ragione ma solo dal
piacere della vista. Nella Lettera ai posteri
(1370-71) Petrarca afferma che "la bellezza dell'arte di Giotto si comprende più con
l'intelletto che con gli occhi". Cennino
Cennini con chiaro senso critico scrive che
"Giotto rimutò l'arte del dipingere di greco
in latino e ridusse al moderno; ed ebbe
l'arte più compiuta che avesse mai più
nessuno" (Il libro dell'arte 1370), rifiutando
quindi la tradizione bizantina (greco) per
adottare un linguaggio moderno fondato
sulla cultura latina. Per Filippo Villani, nel
libro che scrisse in lode di Firenze (138182), Giotto "è diventato uguale per fama ai
pittori antichi e anche superiore", affermandone il valore assoluto e determinandone il carattere, che è significato dalla
sua cultura storica e dal suo desiderio di
gloria: segni evidenti della sua modernità.
È da tutti accettato che Giotto fu discepolo
di Cimabue e in poco tempo non solo
eguagliò lo stile del maestro, ma lo superò
allontanandosi dai modi ieratici e statici
della pittura precedente per ritrarre le figure con più naturalezza e gentilezza. Fu
Lorenzo Ghiberti nel Commentario secondo a scrivere infatti che egli "lasciò la rozzezza de' Greci... arrecò l'arte naturale e la
gentilezza con essa, non uscendo dalle
misure". Abbandonò quindi la rigidità
d'espressione dell'arte bizantina proponendo una novità che non esce però da un
senso di misura morale, che non lascia
cioè esasperare i sentimenti. La sua naturalezza non significa osservazione diretta
del vero; essa "è recuperata dall'antico
attraverso il processo intellettuale del pensiero storico" (G. C. Argan). La lezione non
propone quindi modelli da seguire, ma è
esperienza storica da rivivere nel presente. Nonostante la coscienza di un'arte
nuova, E. H. Gombrich fa rilevare che
Giotto nei suoi metodi è molto debitore dei
maestri bizantini, e nelle finalità e negli
orientamenti della sua arte deve molto
anche agli scultori delle cattedrali del
13
Nord, cioè la sua novità è pur sempre inse- lodate grandemente il vostro creatore che
rita in un divenire storico.
vi diede penne per volare e vi concesse di
dimorare nella limpidezza dell'aria e nei
GLI AFFRESCHI DELLA CATTEDRA - cieli". Ma il pittore trasferisce con una
LE DI ASSISI
nuova dimensione lo spazio e l'umanità dei
Non si hanno notizie certe sulle prime atti- personaggi nella concretezza della vita
vità di Giotto. Negli affreschi della basilica quotidiana dando spazio reale al leggensuperiore di San Francesco ad Assisi per dario. L'azione non si esprime in gesti conesempio, nella parte alta della navata, le citati, ma in un equilibrio che riporta alla
storie dell'Antico e del Nuovo Testamento classicità. Lo spazio è costruito e disposto
mostrano una qualità pittorica così diversa, in tutto il riquadro e l'azzurro del cielo ne è
una sintesi tra l'esperienza lineare di suggello. Non c'è tra le varie storie una
Cimabue e il colore plastico di Pietro continuità di narrazione: ogni rapporto conCavallini, che la critica ha creduto di rico- siste tra lo spazio del dipinto e quello archinoscervi il giovane Giotto. Subito dopo il tettonico della navata. Le città medievali
1296 il nuovo ministro generale dei con gli edifici e i personaggi reali negli abiti
Francescani, fra' Giovanni di Muro, lo chia- del tempo di Giotto, appaiono in "La rinunmò a dipingere nella chiesa superiore affi- cia ai beni paterni": "L'amante vero della
dandogli l'incarico del ciclo delle Storie di povertà non indugiò un minuto. Eccolo
San Francesco (1296-1300) nella parte dinanzi al Vescovo. In un baleno, alla preinferiore della navata. Sono 28 riquadri senza di tutti si spoglia e ridona le vesti a
sottostanti le finestre che si rifanno alla suo padre"; in "La cacciata dei demoni da
Legenda maior di san
Arezzo": "Trovandosi ad
Bonaventura come tema e
Arezzo quando la città era
come ispirazione. L'episodio
tutta sconvolta da lotte, vide
de "L'omaggio dell'uomo
demoni esultanti che incitavasemplice" (che "ispirato da
no i cittadini all'odio. Mandò
Dio", ogni volta che incontraallora frate Silvestro alla porta
va Francesco subito stendedella città perché li cacciasse.
va ai suoi piedi il mantello,
Questi cominciò a gridare: "In
proclamando che sarebbe
nome di Dio, via di qui demodiventato un giorno degno di
ni tutti"; in "La predica dinanzi
ogni riverenza") mostra sullo
a Papa Onorio III": "una volta,
sfondo la Torre del popolo di
indotto dal Signore di Ostia, il
Assisi incompiuta, particolare
Santo aveva imparato a
prezioso per la datazione di
memoria un discorso con tutti
questo ciclo di affreschi poigli artifici della retorica da reciché essa fu terminata nel
tare al cospetto del Papa e dei
1305. Giotto narra gli episodi
cardinali. Quando però si
più popolari della vita di
trovò in loro presenza, dimenFrancesco, come "Il dono del
ticò tutto. Allora sorridendo,
mantello al povero": "Or avvenne che si confessato pubblicamente com'erano
incontrò con un cavaliere nobile, ma pove- andate le cose, invocò lo Spirito Santo, ed
ro e malvestito; mosso a compassione, eccolo pronunziava parole così efficaci da
spogliatosi lo rivestì"; "Il miracolo della commuovere i presenti"; in "L'improvvisa
fonte": "Trovandosi il Santo su un arido morte del cavaliere di Celano": "Un giorno
monte con un povero stremato dalla sete, il Santo fu invitato a pranzo da un cavaliemosso a compassione, implorò e ottenne re. Entrato nella casa, prima di prender
dell'acqua fresca e zampillante da una roc- cibo Francesco compì la preghiera e rimacia; "La predica agli uccelli": "Un'altra volta se un po' con gli occhi al cielo. Tornato in
incontrando una moltitudine di uccelli, sé, chiamò in disparte l'ospite dicendogli:
salutandoli li esortò: "Fratelli miei uccelli, "Ecco, fratello, ascolta prontamente i miei
14
Very little is know about the
youth and training of Giotto,
except that he was born in a
family of peasants in about 1267, in Colle
of Vespignano near Florence.
He was a pupil of Cimabue and worked
with his teacher on some works. It is highly
unlikely that Cimabue understood the
talent of his pupil by looking at him draw
one of the sheep he had led to graze,
despite the very popular legend.
A very important part of Giotto's training
was the journey to Rome before joining the
construction sites in Assisi. An important
school of painting was developing in Rome
in those years and included Pietro
Cavallini, Jacopo Torriti and Filippo Rusuti,
who painted with classical art monumentality. After the period in Rome Giotto worked
in Assisi.
The basilica of St Francesco d'Assisi is
made up of two overlapping churches. The
lower basilica has a complex plan with
chapel with paintings by a number of
artists. The upper church has a unitary and
clearly understandable iconography: episodes of the old and new Testament are
connected by pictures of the life of St
Francis according to the biography of St
Bonaventura written in about 1260.
Between 1277 and 1280 Cimabue started
decorating the left transept of the upper
church but the frescos were finished by his
followers, including Jacopo Torriti and
Duccio da Boninsegna. He decorated the
space between the windows of the nave
with stories of the old and new Testament;
some of these were probably painted by
Giotto (his style can be seen in the two
Stories of Isaac and in the fragmented
Deposition in the grave).
Giotto is the author of the lower decorations, beneath the windows, along the
nave. There are 28 rectangular frescos
(270x230 cm) showing episodes from the
life of St Francis. The saint is, for the first
time, a man who walks among people, in a
landscape, among buildings, in easily
recognisable places. Examples of this are
in: the Renunciation to worldly possessions (the saint is half naked), death of the
knight of Celano, Homage of a simple person and Nativity scenes of Greccio, where
the search for perspective is clearly evident. In these scenes Giotto refused all
Byzantine elements and frontal and bidimensional representation of holy scenes,
which are painted in a life-like setting. In
the fresco where St Francis gives his cloak
to a poor man (one of the first paintings)
there are elements typical of Giotto's art
(careful use of chiaroscuro to achieve
volume, perspective and the attempt of
creating a harmonious, non-static, composition).
Giotto returned to Assisi at a later date for
the decoration of the vault of the lower
basilica with Franciscan Allegories and the
decoration of the chapel of Magdalene.
Frescoes of the Upper Church at Assisi
Giotto and the Basilica of St Francesco
consigli, giacché non è qui che mangerai. Confessa i peccati pentendoti". Il cavaliere
obbedì, mise in ordine la sua casa e si preparò. Sedutisi a tavola d'improvviso spirò;
secondo la parola del Santo". I vari episodi della vita di Francesco sono descritti in
modo tale che rivelino la storia: la realtà borghese e mercantile della Firenze dell'Arte
della lana e dei banchieri; la Chiesa che, travagliata da crisi interne, aveva bisogno di
un nuovo spirito evangelico: Francesco ripara la mia casa, sono le parole del Crocifisso
a Francesco: "mentre era presso la chiesa di San Damiano che decrepita minacciava
di crollare". Tuttavia non è quell'edificio ma la Chiesa di Roma ad aver bisogno di lui,
così come in "Il sogno di Papa Innocenzo III": "papa Innocenzo III vide in sogno la basilica del Laterano sul punto di crollare, e un tale, un poverello che la sosteneva con le
sue spalle perché non cadesse". "L'apparizione al capitolo di Arles": "Ai capitoli provinciali Francesco non poteva essere presente di persona, ma inviava sollecite direttive.
Qualche volta vi compariva però in forma visibile", rivela ormai la stabilità dell'Ordine
fondato dal Santo che preferì invece l'umiltà di una vita vissuta secondo il Vangelo
preso alla lettera.
15
Florentine painting was Giotto. Although
he affords no exception to the rule that the
great Florentines exploited all the arts in
the endeavor to express themselves, he,
Giotto, renowned as an architect and sculptor, reputed as wit and versifier, differed
from most of his Tuscan successors in
having a peculiar aptitude for the essential
in painting as an art .
Well, it was of the power to stimulate the
tactile consciousness of the essential, as I
have ventured to call it, in the art of painting that Giotto was supreme master. This
is his everlasting claim to greatness, and it
is this which will make him a source of
highest aesthetic delight for a period at
least as long as decipherable traces of his
handiwork remain on mouldering panel or
crumbling wall. For great though he was as
a poet, enthralling as a story teller, splendid and majestic as a composer, he was in
these qualities superior in degree only, to
many of the masters who painted in
various parts of Europe during the thousand years that intervened between the
decline of antique, and the birth, in his own
person, of modem painting. But none of
these masters had the power to stimulate
the tactile imagination, and, consequently,
they never painted a figure which has artistic existence. Their works have value, if at
all, as highly elaborate, very intelligible
symbols, capable, indeed, of communicating something, but losing all higher value
the moment the message is delivered.
Giotto's paintings, on the contrary, have
not only as much power of appealing to the
tactile imagination as is possessed by the
objects represented human figures in particular but actually more; with the necessary result that to his contemporaries they
conveyed a keener sense of reality, of life
likeness than the objects themselves! We
whose current knowledge of anatomy is
greater, who expect more articulation and
suppleness in the human figure, who, in
short, see much less naively now than
Giotto's contemporaries, no longer find his
paintings more than life like; but we still
feel them to be intensely real in the sense
that they powerfully appeal to our tactile
The first of the great personalities in imagination, thereby compelling us, as do
From Rome, Cimabue went to Assisi to
paint several large frescoes at the newlybuilt Basilica of St Francis of Assisi, and it
is possible, but not certain, that Giotto
went with him. The fresco cycle of the Life
of St. Francis in the Upper Church is one of
the most hotly disputed works of art in the
history of art history. The documents of the
Franciscan Friars that relate to artistic
commissions during this period were
destroyed by Napoleon's troops, who stabled horses in the Upper Church of the
Basilica, and scholars have been divided
over whether or not Giotto was responsible
for the Francis Cycle. In the absence of
documentary evidence to the contrary, it
has been convenient to ascribe every fresco in the Upper Church that was not
obviously by Cimabue, to Giotto, whose
prestige has overshadowed that of almost
every contemporary. Some of the earliest
remaining biographical sources, such as
Ghiberti and Riccobaldo Ferrarese, suggest that the fresco cycle of the life of St
Francis in the Upper Church was his earliest autonomous work. However, since the
idea was put forward by the German art
historian, Friedrich Rintelen in 1912, many
scholars have expressed doubt that Giotto
was in fact the author of the Upper Church
frescoes. Without documentation, arguments on the attribution have relied upon
connoisseurship, a notoriously unreliable
"science". Recently, however, technical
examinations and comparisons of the workshop painting processes at Assisi and
Padua have provided strong evidence that
Giotto did not paint the St. Francis Cycle.
There are many differences between the
Francis Cycle and the Arena Chapel frescoes that are difficult to account for by the
stylistic development of an individual artist.
It seems quite possible that several hands
painted the Assisi frescoes, and that the
artists were probably from Rome. If this is
the case, then Giotto's frescoes at Padua
owe much to the naturalism of these painters.
From Bernard Berenson, Italian Painters of
the Renaissance
16
all things that stimulate our sense of touch
while they present themselves to our eyes,
to take their existence for granted. And it is
only when we can take for granted the existence of the object painted that it can
begin to give us pleasure that is genuinely
artistic, as separated from the interest we
feel in symbols...
Let us now turn back to Giotto and see in
what way he fulfils the first condition of
painting as an art, which condition, as we
agreed, is somehow to stimulate our tactile imagination. We shall understand this
without difficult) if we cover with the same
glance two pictures of, nearly the same
subject that hang side by side in the Uffizi
at Florence, one by 'Cimabue', and the
other by Giotto. The difference is striking,
but it does not consist so much in a difference of pattern and types, as of realization. In the 'Cimabue' we patiently decipher
the lines and colours, and we conclude at
last that they were intended to represent a
woman seated, men and angels standing
by or kneeling. To recognize these representations we have had to make many
times the effort that the actual objects
would have required, and in consequence
our feeling of capacity has not only not
been confirmed, but actually put in question. With what sense of relief, of rapidly
rising vitality, we turn to the Giotto 1 Our
eyes scarcely have had time to light on it
before we realize it completely the throne
occupying a real space, the Virgin satisfactorily seated upon it, the angels grouped in
rows about it. Our tactile imagination is put
to play immediately. Our palms and fingers
accompany our eyes much more quickly
than in presence of real objects, the sensations varying constantly with the various
projections represented, as of face, torso,
knees; confirming in every way our feeling
of capacity for coping with things~ for life,
in short. I care little that the picture endowed with the gift of evoking such feelings
has faults, that the types represented do
not correspond to my ideal of beauty, that
the figures are too massive, and almost
unarticulated; I forgive them all, because I
have much better to do than to dwell upon
faults.
"But how does Giotto accomplish this miracle? With the simplest means, with almost
rudimentary light and shade, and functional line, he contrives to render, out of all
the possible outlines, out of all the possible
variations of light and shade that a given
figure may have, only those that we must
isolate for special attention when we are
actually realizing it. This determines his
types, his schemes of colour, even his
compositions. He aims at types which both
in face and figure are simple, large boned,
and massive types, that is to say, which in
actual life would furnish the most powerful
stimulus to the tactile imagination. Obliged
to get the utmost out of his rudimentary
light and shade, he makes his scheme of
colour of the lightest that his contrasts may
be of the strongest. In his compositions he
aims at clear ness of grouping, so that
each important figure may have its desired
tactile value. Note in the 'Madonna' we
have been looking at, how the shadows
compel us to realize every concavity, and
the lights every convexity, and how, with
the play of the two, under the guidance of
line, we realize the significant parts of each
figure, whether draped or undraped.
Nothing here but has its architectonic reason. Above all, every line is functional; that
is to say, charged with purpose. Its existence, its direction, is absolutely determined
by the need of rendering the tactile values.
Follow any line here, say in the figure of
the angel kneeling to the left, and see how
it outlines and models, how it enables you
to realize the head, the torso, the hips, the
legs, the feet, and how its direction, its tension, is always determined by the action.
There is not a genuine fragment of Giotto
in existence but has these qualities, and to
such a degree that the worst treatment has
not been able to spoil them. Witness the
resurrected frescoes in Santa Croce at
Florence!
The rendering of tactile values once recognized as the most important specifically
artistic quality of Giotto's work, and as his
personal contribution to the art of painting,
we are all the better fitted to appreciate his
more obvious though less peculiar merits
must add, which would seem far less
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Maria di Rivotorto, nota come il "Santuario
di Rivotorto", sorge presso l'omonimo abitato pochi chilometri a sud del paese di
Santa Maria degli Angeli. L'edificio, oggi
affidato alle cure dell'Ordine dei Frati
Minori Conventuali, nasce con lo scopo di
preservare le strutture del Sacro Tugurio,
ovvero il luogo dove San Francesco riunì i
suoi seguaci prima di ottenere dall'Ordine
dei monaci Benedettini il possesso della
Porziuncola. La costruzione attuale di stile
neo gotico, eretta a seguito del terremoto
del 1854 d.C., che distrusse la chiesa del
XVI secolo, si compone di tre navate alle
quali si accede da altrettanti portali. La facciata è decorata con la rappresentazione
del miracolo che la storia vuole sia accaduto in questi luoghi: San Francesco, infatti, sarebbe apparso su un carro di fuoco
che volava sopra Rivotorto quando nella
realtà risulta che egli fosse ad Assisi in
attesa di ricevere udienza dal Vescovo
Guido II.
L'interno, oltre dalla suggestiva vista del
Tugurio, è impreziosito da dodici tele
del'600, dipinte da Cesare Permei, che raffigurano alcuni episodi della vita di San
Francesco durante il periodo trascorso a
Rivotorto.
RIVOTORTO La chiesa di Santa
The church of Santa Maria of
Rivotorto, famous as the
"Sanctuary of Rivotorto", is
located in the homonymous village, a few
kilometres south of the city of Santa Maria
degli Angeli. The edifice, nowadays under
the care of the Order of the "Frati Minori
Conventuali" (Convent of the Minor Friars),
was born with the aim of preserving the
structures of the Sacred Tugurio, which is
the place where San Francesco gathered
together his followers before he obtained
from the Order of the Benedictine Monks
the ownership of the Porziuncola. The
actual building in neo gothic style, built
after the earthquake of 1854 after Christ
that destroyed the church dating from the
16th century, is made of three bays one
can reach through three doors. The façade
is decorated with the representation of the
miracle that the story says happened in
theses places: San Francesco, in fact,
would have appeared on a carriage of fire
that was flying above Rivotorto when in
reality he was in Assisi waiting for an
audience of the Bishop Guido II.
Inside, in addition to the suggestive view of
the Tugurio, one can admire twelve paintings dating back to the 17th century, painted by Cesare Permei, representing some
moments of the life of San Francesco
during the period he spent in Rivotorto.
extraordinary if it were not for the high plane of reality on which Giotto keeps us. Now
what is behind this power of raising us to a higher plane of reality but a genius for grasping and communicating real significance? What is it to render the tactile values of an
object but to communicate its material significance? A painter who, after generations of
mere manufacturers of symbols, illustrations, and allegories, had the power to render
the material significance of the objects he painted, must, as a man, have had a profound
sense of the significant. No matter, then, what his theme, Giotto feels its real significance and communicates as much of it as the general limitations of his art and of his own
skill permit. When the theme is sacred story, it is scarcely necessary to point out with
what processional gravity, with what hieratic dignity, with what sacramental intentness
he endows it; the eloquence of the greatest critics has here found a darling subject.
This, then, is Giotto's claim to everlasting appreciation as an artist: that his thoroughgoing sense for the significant in the visible world enabled him so to represent things
that we realize his representations more quickly and more completely than we should
realize the things themselves, thus giving us that confirmation of our sense of capacity
which is so great a source of pleasure."
sei
sei
sei
sei
Tu
Tu
Tu
Tu
Rit.
E sarò pane, e sarò vino
nella mia vita, nelle tue mani.
Tu che lo prendevi un giorno,
lo spezzavi per i tuoi,
oggi vieni in questo pane,
cibo vero dell'umanità.
Frutto della nostra terra,
del lavoro d'ogni uomo:
pane della nostra vita,
cibo della quotidianità.
Offertorio
Frutto della nostra terra
Testo di Francesco Buttazzo
Tu sei il Custode, Tu sei mitezza,
Tu sei rifugio, Tu sei fortezza,
Tu carità, fede e speranza,
Tu sei tutta la nostra dolcezza.
Tu sei la vita, eterno gaudio,
Signore grande, Dio ammirabile,
Onnipotente, o Creatore,
o Salvatore di misericordia.
Tu sei bellezza, Tu sei la pace,
la sicurezza, il gaudio, la letizia,
Tu sei speranza, Tu sei giustizia,
Tu temperanza e ogni ricchezza.
trino, uno Signore,
il bene, tutto il bene,
l'Amore, Tu sei il vero,
umiltà, Tu sei sapienza.
sei Santo, Signore Dio,
sei forte, Tu sei grande,
sei l'Altissimo, l'Onnipotente,
Padre Santo, Re del cielo.
Tu
Tu
Tu
Tu
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LODI Lodi all'Altissimo - Marco Frisina
Ingresso
Canto finale
Laudato sii, signore mio (Laudato sii,
signore mio)
Laudato sii, signore mio (Laudato sii,
signore mio)
Laudato sii, signore mio (Laudato sii,
Ci ha dato il cielo e le chiare stelle
fratello sole e sorella luna,
la madre terra con frutti, prati e fiori,
il fuoco, il vento, l'aria e l'acqua pura,
fonte di vita per le sue creature,
dono di lui, del suo immenso amor,
dono di lui, del suo im
Sia laudato nostro Signore,
che ha creato l'universo intero
Sia laudato nostro Signore,
noi tutti siamo sue creature:
dono di lui, del suo immenso amor
Beato chi lo serve in umiltà.
Dolce sentire come nel mio cuore
ora umilmente sta nascendo amore.
Dolce capire che non son più solo
ma che son parte di una immensa vita
che, generosa, risplende intorno a me:
dono di lui, del suo immenso amor.
Comunione
Tu che lo prendevi un giorno,
lo bevevi con i tuoi,
oggi vieni in questo vino
e ti doni per la vita mia.
Frutto della nostra terra,
del lavoro d'ogni uomo:
vino delle nostre vigne
sulla mensa dei fratelli tuoi.
Ti accoglierò dentro di me
farò di me un'offerta viva,
un sacrificio gradito a te.
Canti Liturgici - Liturgical Songs
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Per la morte che è di tutti (Laudato sii,
signore mio)
Per chi soffre con coraggio (Laudato sii,
signore mio)
e perdona nel tuo amore (Laudato sii,
signore mio)
tu gli dai la pace tua (Laudato sii, signore
mio)
alla sera della vita. (Laudato sii, laudato
sii)
Laudato sii, ...
Per la nostra madre terra (Laudato sii,
signore mio)
che ci dona fiori ed erba (Laudato sii,
signore mio)
su di lei noi fatichiamo (Laudato sii, signore mio)
per il pane di ogni giorno. (Laudato sii,
laudato sii)
Laudato sii, ...
Per la luna e per le stelle (Laudato sii,
signore mio)
io le sento mie sorelle (Laudato sii, signore mio)
le hai formate su nel cielo (Laudato sii,
signore mio)
e le doni a chi è nel buio. (Laudato sii,
laudato sii)
Laudato sii, ...
Per il sole d'ogni giorno (Laudato sii,
signore mio)
che riscalda e dona vita (Laudato sii,
signore mio)
Egli illumina il cammino (Laudato sii,
signore mio)
di chi cerca Te Signore. (Laudato sii, laudato sii)
Laudato sii, ...
signore mio)
Laudato sii, signore mio (Laudato sii, laudato sii)
Io ti canto mio Signore (Laudato sii,
signore mio)
e con me la Creazione (Laudato sii,
signore mio)
ti ringrazia umilmente (Laudato sii, signore mio)
perché tu sei il Signore. (Laudato sii, laudato sii)
Per l'amore che è nel mondo (Laudato sii,
signore mio)
tra una donna e l'uomo suo (Laudato sii,
signore mio)
per la vita dei bambini (Laudato sii, signore mio)
che il mondo fanno nuovo. (Laudato sii,
laudato sii)
Laudato sii, ...
io la sento ogni istante (Laudato sii,
signore mio)
ma se vivo nel tuo amore (Laudato sii,
signore mio)
dona un senso alla mia vita. (Laudato sii,
laudato sii)
Laudato sii, ...
- Il Padre vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto.
I capi dei popoli si sono raccolti
come popolo del Dio di Abramo.
Sì, a Dio appartengono i poteri della terra:
egli è eccelso.
Dio regna sulle genti,
Dio siede sul suo trono santo.
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In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli
ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché
la vostra gioia sia piena.
Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l'ora in cui non vi parlerò più in
modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio
nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio.
Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado
al Padre».
Vangelo Gv 16,23-28
Perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio è re di tutta la terra.
Popoli tutti, battete le mani!
Acclamate Dio con grida di gioia,
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
grande re su tutta la terra.
Salmo 46
Trascorso ad Antiòchia un po' di tempo, Paolo partì: percorreva di seguito la regione
della Galàzia e la Frìgia, confermando tutti i discepoli.
Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto
nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse
soltanto il battesimo di Giovanni.
Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio.
Poiché egli desiderava passare in Acàia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai
discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera
della grazia, erano divenuti credenti. Confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo.
Apollo dimostrava attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo.
Prima Lettura At 18,23-28 -
Liturgia del giorno - Sabato della VI settimana di Pasqua
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VITVIT AA DIDI RANCESCORANCESCO 1