FR A N C E S C O dere affari. Proprio mentre era in Provenza, occupato nella sua professione, nacque il figlio, colui che doveva diventare uno dei maggiori fari di luce del mondo. La madre scelse il nome di Giovanni che fu subito cambiato in Francesco quando tornò Pietro di Bernardone. La fanciullezza trascorse felice sotto gli occhi vigili di Monna Pica e sotto le attenzioni del padre che vedeva in lui il proseguimento dell’attività di mercante. Studiò il latino, il volgare, Nacque nell’inverno del 1182 da Pietro di Bernardone e Madonna Pica, una delle famiglie più agiate di Assisi. Il padre commerciava in spezie e stoffe e sovente restava lontano dalla sua città per conclu- V I T A DI 1 il provenzale. Studiò anche musica; le sue note insieme alle sue poesie, furono sempre apprezzate nelle feste della città. Divenne l’amico di tutti, sempre presente ai convivi. Ma l’educazione precisa che gli era stata impartita e la sana impostazione morale davano a tutto quello che faceva, il senso dell’equilibrio. Tuttavia durante il periodo di spensierata gioventù, non mancarono episodi di intolleranza. Ma fu proprio in una di queste occasioni che spuntò il seme della mutazione futura. Era intento nel fondaco paterno a riassettare la merce quando alla porta si presentò un mendicante: chiedeva elemosina in nome di Dio e Francesco lo scacciò in malo modo. Poi, però, pentito si mise sui suoi passi e raggiuntolo vi si intrattenne,scusandosi ed elargendogli dei denari. Appena ventenne partecipò alla guerra tra Assisi e Perugia. Fu fatto prigioniero. Quel periodo plasmò l’animo del giovane e tanto più il corpo si indeboliva tanto più cominciava a subentrare in lui il senso della carità e del bene verso gli altri. Tornò a casa profondamente ammalato. Le cure della madre ed il tempo lo ristabilirono, ma la vita spensierata, che nel frattempo aveva riassunto, gli sembrò vuota. Spinto da idee battagliere decise di seguire un condottiero in Puglia, ma quando fu a Spoleto una notte gli apparve il Signore ordinandogli di tornare indietro. Dear students, welcome to Assisi. Here there are some informations about places we are going to visit, their history and important figures who went through here. You will find here liturgical songs and Sacred readings too. Have a good staying in Assisi! (Pax et bonum) Cari studenti, benvenuti ad Assisi. Ecco alcune notizie sui luoghi che stiamo per visitare, sulla storia ed i grandi personaggi che vi hanno vissuto. Troverete anche i testi delle letture ed i canti liturgici. Pace e Bene ! 2 Le parole di Dio suonarono in lui come un richiamo. Sarà l’inizio di una graduale conversione. Da quel momento la sua vita sarà densa di episodi premonitori. Durante una breve permanenza a Roma si spogliò dei suoi abiti e dei denari, più tardi in Assisi davanti ad un lebbroso non fuggì come facevano tutti, ma gli si avvicinò e lo baciò. Tutto questo tra lo scherno e la derisione degli amici e la delusione del padre. Solo in Madonna Pica trovava conforto. Ma la strada era ormai spianata: quel lebbroso era Cristo! Scelse il silenzio e la meditazione tra le campagne e le colline di Assisi, facendo spesso tappa nella Chiesetta di San Damiano a pochi chilometri dalla città. E il crocifisso che era nella cappellina gli parlò: “Va, ripara la mia casa che cade in rovina”. Allora prese le stoffe dalla bottega paterna, le vendette a Foligno e portò i denari al sacerdote di San Damiano. Ma l’intervento di Pietro di Bemardone ruppe l’incantesimo e Francesco fu costretto a nascondersi per sfuggire alle ire del padre. Più tardi la diatriba con il padre ebbe una svolta con l’intervento del Vescovo di Assisi: Francesco rinuncerò ai beni paterni e inizierà un periodo contrassegnato da meditazioni e grandi rinunce. Le gesta di questo “uomo” non passarono inosservate e dopo qualche tempo a lui si affiancarono i primi seguaci: Bernardo da Quintavalle, Pietro Cattani, e di lì a poco Egidio e Filippo Longo. Le prime esperienze con i compagni si ebbero nella piana di Assisi, nel Tugurio di Rivotorto e alla Porziuncola. Porziuncola Nuovi compagni si unirono ai primi; come Francesco erano vestiti di un saio e di stracci. La data ufficiale della nascita dell’Ordine dei Frati Minori è il 1210 quando Francesco ed i compagni vengono ricevuti dal papa Innocenzo III che verbalmente approva la Regola. Il Papa, in sogno, ebbe la visione della Basilica Lateranense in rovina ed un uomo che la sorreggeva per evitarne la distruzione. Quell’uomo era Francesco! Intanto la sede dell’ordine veniva spostata da Rivotorto alla Porziuncola. Iniziano i contatti con Chiara d’Assisi: è la genesi del ramo femminile del movimento, la nascita dell’Ordine delle Povere Dame, le future Clarisse. Nel 1213 Francesco riceve dal Conte Orlando di Chiusi il Monte della Verna. Inizia la predicazione a più lungo raggio. Vuole raggiungere il Marocco, ma una malattia lo ferma in Spagna.Nel 1216 ottiene da Onorio III l’indulgenza della Porziuncola, Il Perdono di Assisi, la più importante della cristia nità dopo quella di Terra Santa . I seguaci del Santo si cimentano in nuove predicazioni in Europa e in Oriente. Nel 1219 Francesco parte per Acri e Damietta al seguito della crociata e giunge in Egitto e poi prosegue per la Palestina. Intanto l’Ordine ha i suoi primi martiri, uccisi in Marocco. Nel 1220 il Poverello torna in Assisi. Ma i suoi ideali di povertà, di carità, di semplicità hanno fatto presa già su molti. Inizia un nuovo ciclo di predicazioni nell’Italia Centrale e quindi nuovi viaggi al sud e al nord della penisola. A Fontecolombo, nei pressi di Rieti, redige una nuova Regola ispirato direttamente dal Signore, approvata poi da Onorio III. A Greccio, in dicembre, istituisce il Presepio, una tradizione cara alla cristianità. Nel 1224 sul Monte della Verna riceve le stimmate, il segno di Cristo e della santità. Ma ormai è stanco ed ammalato. Le predicazioni l’hanno provato fuori misura. È sofferente e viene curato a San Damiano, ospite di Chiara e delle Sorelle. Compone qui il Cantico delle Creature di alta religiosità e lirismo dove sono contenuti in forma raccolta tutti gli ideali della umiltà e della grandezza francescana. Sentendo prossima la fine terrena ordina di essere trasportato alla Porziuncola, in Santa Maria degli Angeli, luogo di irradiazione del suo messaggio, dove muore al tramonto della giornata del 3 ottobre 1226. 3 Si trova a pochi chilometri da Assisi, in pianura, al centro della Valle Umbra. E’ uno dei maggiori templi della cristianità, ed è sorta con un duplice scopo: anzitutto, custodire e proteggere la Porziuncola - la culla preziosa dell’Ordine france scano - la piccola chiesetta-oratorio che ospitò Francesco e i suoi frati all’inizio della loro missione; in secondo luogo, accogliere l’enorme folla dei pellegrini attratta ogni anno dalla Festa del Perdono (il Perdono d’Assisi è un’indulgenza istituit a dal Santo e confermat a poi da Pap a Onorio III). III Il tempio, imponente nelle linee architettoniche, ma austero nella decorazione, fu eretto tra il 1569 e il 1679. L'attuale facciata neo-rinascimentale, con il portico, fu aggiunta tra il 1924 e il 1930. Nel 1930 venne pure collocata la statua aurea della Madonna degli Angeli. Sulla grandiosa mole della chiesa si libra la bella cupola - completata nel 1680 - che domina l'intero paesaggio. L’impianto, a tre navate, comprende varie cappelle laterali. Nel com plesso, l’interno è semplice ed ele gante; pochi i fregi, poche le decora zioni, anche perché - al tempo della costruzione - si era nel periodo della Controriforma. Controriforma Più tardi si passò ad appesantire con qualche stucco le cappelle laterali, con la partecipazione delle famiglie nobili d’Assisi. Alla fine degli anni Sessanta venne rifatta la Basilica di Sant a Maria degli Angeli La bella Basilica di Santa Chiara sorge sull’omonima piazza ed è stata edificata sopra la preesistente chiesa di San Giorgio, tanto cara ai due Santi d’Assisi. In essa Francesco fu sepolto, dopo la morte avvenuta alla Porziuncola; in essa egli fu canonizzato. Le sue spoglie restarono qui per quattro anni prima della traslazione nella grande Basilica che porta il suo nome. La chiesa di San Giorgio era prediletta anche da Chiara, che vi fu sepolta. Edificata tra il 1257 ed il 1265, su progetto di fra’ Filippo da Campello, la Basilica è in stile gotico-italiano, detto anche "francescano": fu consacrata nel 1265. La facciata, molto semplice, è costituita da pietra bianca e rosa, assemblata a strisce orizzontali. La pietra rossa proviene dalle cave del Monte Subasio ed è particolarmente luminosa. Nella parte mediana è il bellissimo rosone a cerchi concentrici con colonnine. La parte superiore, a triangolo, ha un’apertura circolare. L'interno evidenzia tutta la severa semplicità dell’Ordine Francescano. L’impianto è a unica navata, in stile gotico, con volte a crociera. La navata si presenta spoglia, anche se sulla parete sinistra dell'ingresso vi sono tracce d’affreschi. Fra i molti capolavori d’arte che la Basilica contiene, si citano: La Cappella di San Giorgio Vi rimangono i resti della preesistente chiesa di San Giorgio, quindi essa rappresenta la zona più antica dell’edificio. E’ divisa in 2 ambienti: 1) la Cappella del SS. Sacramento, con affreschi di Pace di Bartolo (Annunciazione, San Giorgio, Presepio, Epifania), il meraviglioso “Madonna col Bambino in trono e santi” di Puccio Capanna ed altri; 2) l’Oratorio del Crocefisso. L’Oratorio contiene il Crocefisso dipinto su t avola che, secondo la tradizione, avrebbe invit ato San Francesco nella chiesa di San Damiano a “rifondare la Chiesa”. Chiesa” Il Crocefisso fu trasferito qui dalle Clarisse. Basilica di Sant a Chiara 4 È il Diploma di fr. Teobaldo, vescovo di Assisi, uno dei documenti più diffusi, a riferirlo. S. Francesco, in una imprecisata notte del luglio 1216, mentre se ne stava in ginocchio innanzi al piccolo altare della Porziuncola, immerso in preghiera, vide all'improvviso uno sfolgorante chiarore rischiarare le pareti dell'umile chiesa. Seduti in trono, circondati da uno stuolo di angeli, apparvero, in una luce sfavillante, Gesù e Maria. Il Redentore chiese al suo Servo quale grazia desiderasse per il bene degli uomini. S. Francesco umilmente rispose: "Poiché è un misero peccatore che Ti parla, o Dio misericordioso, egli Ti domanda pietà per i suoi fratelli peccatori; e tutti coloro i quali, pentiti, varcheranno le soglie di questo luogo, abbiano da te o Signore, che vedi i loro tormenti, il perdono delle colpe commesse". "Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande - gli disse il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. ANCORA IN TALE SANTO LUOGO, IL SANTO D'ASSISI EBBE LA DIVINA ISPIRAZIONE DI CHIEDERE AL PAPA L'INDULGENZA CHE FU POI DETTA, APPUNTO, DELLA PORZIUNCOLA O GRANDE PERDONO, LA CUI FESTA SI CELEBRA IL 2 AGOSTO. Il santo pontefice Pio X ha elevato la Chiesa di S. Maria degli Angeli alla dignità di Basilica Patriarcale, con Cappella Papale e le ha confermato il titolo di "Capo e Madre di tutto l'Ordine dei Frati Minori". E non poteva essere diversamente, visto il grande affetto che Francesco nutriva per questo posto. Il Santo fissò "qui la sua dimora - dice S. Bonaventura nella "Legenda Major" - per la riverenza che aveva verso gli Angeli e per il grande amore alla Madre di Cristo", cui la chiesina era dedicata (Leg Maj III, 1). Lo stesso Poverello - racconta il suo biografo Tommaso da Celano - raccomandava ai suoi frati: "Guardatevi dal non abbandonare mai questo luogo. Se ne foste scacciati da una parte, rientratevi dall'altra, perché questo è luogo santo e abitazione di Dio. Qui, quando eravamo pochi, l'Altissimo ci ha moltiplicato; qui ha illuminato con la sua sapienza i cuori dei suoi poverelli; qui ha acceso il fuoco del suo amore nelle nostre volontà. Qui, chi pregherà con devozione, otterrà ciò che ha chiesto, e chi lo profanerà sarà maggiormente punito. Perciò, figli miei, stimate degno di ogni onore questo luogo, dimora di Dio, e con tutto il vostro cuore, con voce esultante, qui, inneggiate al Signore" (1 Cel. 106:503). In questa umile chiesa, già appartenuta ai monaci benedettini di Subasio e restaurata dallo stesso Poverello, fu fondato l'Ordine dei Frati Minori (nel 1209). Qui, nella notte tra il 27 e 28 marzo 1211, Chiara di Favarone di Offreduccio ricevette dal Santo l'abito religioso, dando origine all'ordine della Clarisse. Nella Porziuncola, nell'anno 1221, si riunì il famoso "Capitolo delle stuoie", al quale presero parte ben cinquemila frati, provenienti da ogni parte d'Europa, per pregare, ragionare della salute dell'anima e per discutere la nuova Regola francescana. Sempre qui Francesco piamente spirò, steso sulla nuda terra, al tramonto del 3 ottobre 1226. Indulgenza della Porziuncola - Perdono di Assisi pavimentazione e costruita la cripta sotto il coro e l'altare. Il patrimonio artistico è immenso. Queste le opere e gli ambienti più importanti: Il Roseto: la Cappella delle Rose fu fatta costruire sul luogo ove sorgeva il giaciglio di San Francesco. La cappella è stata recentemente restaurata ed il colore è riemerso. Prima del roseto è una piccola statua di Francesco sulla quale nidificano le tortorelle tanto care al Poverello. Nei pressi è anche un monumento con il Santo che si rivolge ad una pecorella. Per giungere alla Cappella delle Rose si passa a fianco del Roseto. Sono rose senza spine. La Cappella del Transito: vi morì il Poverello, la sera del 3 ottobre 1226, attorniato dai suoi confratelli più cari. Altempo del primo insediamento francescano, pur nella ristrettezza delle misure, essa serviva dainfermeria. Sembra che la porticina che si apre lateralmente sia originaria, risalente al tempo di San Francesco. 5 Paolo VI, nel riordinare le indulgenze, nella Costituzione Apostolica "Indulgentiarum doctrina" del 1° gennaio 1967, chiariva che "l'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi" (Norme n. 1). Prescriveva, ancora, che "l'indulgenza plenaria può essere acquistata una sola volta al giorno … Per acquistare l'indul- Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza". Era l'Indulgenza del Perdono. Alle prime luci dell'alba, quindi, il Santo d'Assisi, prendendo con sé solo frate Masseo di Marignano, si diresse verso Perugia, dove allora si trovava il Papa. Sedeva sul soglio di Pietro, dopo la morte del grande Innocenzo III, papa Onorio III, uomo anziano ma molto buono e pio, che aveva dato ciò che aveva ai poveri. Il Pontefice, ascoltato il racconto della visione dalla bocca del Poverello di Assisi, chiese per quanti anni domandasse quest'indulgenza. Francesco rispose che egli chiedeva "non anni, ma anime" e che voleva "che chiunque verrà a questa chiesa confessato e contrito, sia assolto da tutti i suoi peccati, da colpa e da pena, in cielo e in terra, dal dì del battesimo infino al dì e all'ora ch'entrerà nella detta chiesa". Si trattava di una richiesta inusitata, visto che una tale indulgenza si era soliti concederla soltanto per coloro che prendevano la Croce per la liberazione del Santo Sepolcro, divenendo crociati. Il papa, infatti, fece notare al Poverello che "Non è usanza della corte romana accordare un'indulgenza simile". Francesco ribatté: "Quello che io domando, non è da parte mia, ma da parte di Colui che mi ha mandato, cioè il Signore nostro Gesù Cristo". Nonostante, quindi, l'opposizione della Curia, il pontefice gli accordò quanto richiedeva ("Piace a Noi che tu l'abbia"). Sul punto di accomiatarsi, il pontefice chiese a Francesco - felice per la concessione ottenuta - dove andasse "senza un documento" che attestasse quanto ottenuto. "Santo Padre, - rispose il Santo - a me basta la vostra parola! Se questa indulgenza è opera di Dio, Egli penserà a manifestare l'opera sua; io non ho bisogno di alcun documento, questa carta deve essere la Santissima Vergine Maria, Cristo il notaio e gli Angeli i testimoni". L'indulgenza fu ottenuta, quindi, "vivae vocis oraculo". Il 2 agosto 1216, dinanzi una grande folla, S. Francesco, alla presenza dei vescovi dell'Umbria (Assisi, Perugina, Todi, Spoleto, Nocera, Gubbio e Foligno), con l'animo colmo di gioia, promulgò il Grande Perdono, per ogni anno, in quella data, per chi, pellegrino e pentito, avesse varcato le soglie del tempietto francescano. Tale indulgenza è lucrabile, per sé o per le anime del Purgatorio, da tutti i fedeli quotidianamente, per una sola volta al giorno, per tutto l'anno in quel santo luogo e, per una volta sola, dal mezzogiorno del 1° agosto alla mezzanotte del giorno seguente, oppure, con il consenso dell'Ordinario del luogo, nella domenica precedente o successiva (a decorrere dal mezzogiorno del sabato sino alla mezzanotte della domenica), visitando una qualsiasi altra chiesa francescana o basilica minore o chiesa cattedrale o parrocchiale. Nel 1279, il frate Pietro di Giovanni Olivi scriveva che "essa indulgenza è di grande utilità al popolo che è spinto così alla confessione, contrizione ed emendazione dei peccati, proprio nel luogo dove, attraverso san Francesco e Santa Chiara, fu rivelato lo stato di vita evangelica adatto a questi tempi". Nel 1303, Perugia, città che aveva avuto l'onore di ospitare in più occasioni la curia papale, ricevette dal pontefice Benedetto XI (1302-1304), ancora solo "vivae vocis oracolo", un'indulgenza "ad instar Portiuncule", cioè plenaria come quella della Porziuncola. La diffusione del movimento francescano contribuì anche all'espansione dell'indulgenza legata al Perdono di Assisi, tanto che divenne una pratica consolidata in tutta la cristianità. 6 Porziuncola, also called Portiuncula (in Latin), is a small church in the frazione of Santa Maria degli Angeli, situated about 4 kilometers from Assisi. It is the place from where the Franciscan movement started. The name Porziuncola (meaning "small portion of land") was first mentioned in a document from 1045, now in the archives of the Cathedral of San Rufino, Assisi. According to a legend, the existence of which can be traced back with certainty only to 1645, the little chapel of Porziuncola was erected under Pope Liberius (352-66) by hermits from the Valley of Josaphat, who had brought thither relics from the grave of the Blessed Virgin. The same legend relates that the chapel passed into the possession of St. Benedict in 516. It was known as Our Lady of the Valley of Josaphat or of the Angels - the latter title referring, according to some, to Our Lady's ascent into heaven accompanied by angels (Assumption B.M.V.); a better founded opinion attributes the name to the singing of angels which had been frequently heard there. This little church was given around 1208 to St. Francis by the Abbot of St. Benedict of Monte Subasio, on condition of making it the mother house of his religious family. It was in bad condition, laying abandoned in a wood of oak trees. He restored it with his own hands. After a pilgrimage to Rome, where he begged at the church doors for the poor, he said he had had a mystical vision of Jesus Christ in the Church of San Damiano just outside of Assisi, in which the Icon of Christ Crucified came alive and said to him three times, "Francis, Francis, go and repair My house which, as you can see, is falling into ruins". Porziuncola indulgence genza plenaria è necessario eseguire l'opera indulgenziata ed adempiere tre condizioni: confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del sommo pontefice (almeno un Padre nostro, un Ave ed un Gloria al Padre, ndr). Si richiede inoltre che sia escluso qualsiasi affetto al peccato anche veniale" (Norme nn. 6 e 7). Ed, infine, stabiliva che "nelle chiese parrocchiali si può lucrare inoltre l'indulgenza plenaria due volte all'anno, cioè nella festa del santo titolare e il 2 agosto, in cui ricorre l'indulgenza della Porziuncola, oppure in altro giorno opportunamente stabilito dall'ordinario. Le predette indulgenze si possono acquistare o nei giorni sopra stabiliti, oppure, col consenso dell'ordinario, la domenica antecedente o successiva" (Norme n. 15) e che "l'opera prescritta per lucrare l'indulgenza plenaria annessa a una chiesa o a un oratorio consiste nella devota visita di questi luoghi sacri, recitando in essi un Pater e un Credo" (Norme n. 16). La Sacra Penitenzieria Apostolica il 29 giugno 1968 pubblicava l'"Enchiridion indulgentiarum" o "Manuale delle indulgenze" il cui par. 65, intitolato "Visitatio ecclesiae paroecialis", statuiva che l'indulgenza plenaria al fedele che piamente visita la chiesa parrocchiale nella festa del Titolare od il giorno 2 agosto, in cui ricorre l'indulgenza della "Porziuncola", può essere acquistata "o nel giorno sopra indicato, oppure in un altro giorno da stabilirsi dall'Ordinario secondo l'utilità dei fedeli. La chiesa cattedrale e, eventualmente, la chiesa concattedrale, anche se non sono parrocchiali, ed inoltre le chiese quasi-parrocchiali, godono delle medesime indulgenze. Nella pia visita, in conformità alla Norma 16 della Costituzione Apostolica (Indulgentiarum doctrina, ndr), il fedele deve recitare un Padre Nostro e un Credo". Tale disposizione è stata sostanzialmente mantenuta inalterata anche nell'attuale edizione (la quarta) dell'"Enchiridion indulgentiarum - Normae et concessiones" pubblicato il 16 luglio 1999 dalla Paenitentiaria Apostolica (conc. 33, par. 1, nn. 2°, 3°, 5°). Nel santuario della Porziuncola, ad Assisi, invece, grazie anche ad uno speciale decreto della Penitenzeria Apostolica datato 15 luglio 1988 (Portiuncolae sacrae aedes) si può lucrare, alle medesime condizioni, durante tutto l‚anno, una sola volta al giorno. 7 The buildings which had been gradually added to the shrine were taken down by order of Pius V (1566-1572), except the cell in which St. Francis had died, and were replaced by a large basilica in contemporary style. The new edifice was erected over the cell just mentioned and over the Portiuncula chapel, which is situated immediately under the cupola. The basilica, which has three naves and a circle of chapels extending along the entire length of the aisles, was completed (1569-78) according to the plans of Jacopo Barozzi, best known as Vignola, assisted by Galeazzo Alessi. In the night of 15 March 1832, the arch of the three naves and of the choir fell in, in consequence of an earthquake, the cupola sporting a big crack. Gregory XVI had all restored in 1836-1840), and on 8 September 1840, the basilica was reconsecrated by Cardinal Lambruschini. By Brief of 11 April 1909, Pius X raised it to a "patriarchal basilica and papal chapel". The high altar was therefore immediately rebuilt at the expense of the Franciscan province of the Holy Cross (also known as the Saxon province), and a papal throne added. Under the bay of the choir, resting against the columns of the cupola, is still preserved the cell in which St. Francis died, while, a little behind the sacristy, is the spot where the saint, during a temptation, is said to have rolled in a briar-bush, which was then changed into thornless roses. During this same night the saint received the Porziuncola Indulgence. The Indulgence could at first be gained only in the Porziuncola chapel between the afternoon of 1 August and sunset on 2 August. On 5 August 1480 (or 1481), Pope Sixtus Basilica of Santa Maria degli Angeli However this may be, here or in this neighbourhood was the cradle of the Franciscan Order. After the death of Francis, the spiritual value and the charisma of the Porziuncola became even greater. St. Francis himself pointed out the Portiuncola as a primary source of inspiration and a model for all his followers. Today it still continues to be the most authentic testimony to the life and message of St. Francis. He thought this to mean the ruined church in which he was presently praying, and so sold his horse and some cloth from his father's store, to assist the priest there for this purpose.[2][8] His father Pietro, highly indignant, attempted to change his mind, first with threats and then with beatings. After a final interview in the presence of the bishop, Francis renounced his father and his patrimony, laying aside even the garments he had received from him. For the next couple of months he lived as a beggar in the region of Assisi. Returning to the town for two years this time, he restored several ruined churches, among them the Porziuncola, little chapel of St Mary of the Angels, just outside the town, which later became his favorite abode. St. Francis obeyed the call of Jesus to live in absolute poverty according to the Missionary Discourse in the Gospel of Matthew 10, 5-15. This little church became the home of St. Francis, and soon of his first disciples. In this church St. Francis founded the Order of Friars Minor, and from that moment it has never been abandoned by the friars. On Palm Sunday 1211 St. Francis received in this church Clare of Assisi and dedicated her to the Lord. The General Chapters, the annual meetings of the friars, were held in this church usually during Pentecost (months of May - June). Feeling his end approaching, St. Francis asked to brought back to the Porziuncola in September 1226. On his death-bed St. Francis recommended the chapel to the faithful protection and care of his brethren. He died, in his cell, not fifteen yards from the church, at sunset on Saturday, 3 October 1226. 8 IV extended it to all churches of the first and second orders of St. Francis for Franciscans. On 4 July 1622, this privilege was further extended by Gregory XV to all the faithful, who, after confession and the reception of Holy Communion, visited such churches on the appointed day. On 12 October 1622, Gregory XV granted the same privilege to all the churches of the Capuchins. Pope Urban VIII granted it for all churches of the regular Third Order on 13 January 1643, and Clement X for all churches of the Conventuals on 3 October 1670. Later popes extended the privilege to all churches pertaining in any way to the Franciscan Order, even to churches in which the Third Order held its meetings (even parish churches, etc.), provided that there was no Franciscan church in the district, and that such a church was distant over an Italian mile (1000 paces). Some districts and countries have been granted special privileges. While the declarations of the popes have rendered the Porziuncola Indulgence certain and indisputable from the juridico-canonistic standpoint, its historical authenticity (sc. origin from St. Francis) is still a subject of dispute. The controversy arises from the fact that none of the old legends of St. Francis mentions the Indulgence, and no contemporary document or mention of it has down to us. The oldest document dealing with the Indulgence is a notary's deed of 31 October 1277, in which Blessed Benedict of Arezzo, whom St. Francis himself received into the order, testifies that he had been informed by Brother Masseo, a companion of St. Francis, of the granting of the Indulgence by Pope Honorius III at Perugia. Then follow other testimonies, for example, those of Jacob Cappoli concerning Brother Leo, of Oddo of Acquasparta, Peter Zalfani, Peter John Olivi (who wrote a scholastic tract in defence of this indulgence about 1279), John of Laverna, Ubertino da Casale, Francis of Fabriano, whose testimony goes back to the year 1268, and others. The norms and grants of indulgences were completely reformed by Pope Paul VI after the Second Vatican Council in his Apostolic Constitution "Indulgentiarum Doctrina" (1967), and the Portiuncula Indulgence was again confirmed at that time. According to the Enchiridion Indulgentiarum, the Catholic faithful may gain a plenary indulgence on 2 August (the Portiuncula) or on such other day as designated by the local ordinary for the advantage of the faithful, under the usual conditions (sacramental Confession, Holy Communion, and prayer for the intentions of the Supreme Pontiff), by devoutly visiting the parish church, and there reciting at least the Lord's Prayer and the Creed. The Indulgence applies to the cathedral church of the diocese, and to the co-cathedral church (if there is one), even if they are not parochial, and also to quasi-parochial churches. To gain this, as any plenary indulgence, the faithful must be free from any attachment to sin, even venial sin. Where this entire detachment is wanting, the indulgence is partial. 9 Francesco morì il 3 ottobre 1226 e, appena due anni dopo, fu canonizzato. Subito Papa Gregorio IX incaricò frate Elia di Bombarone di“ provvedere alla costruzione di una chiesa da riporvi il sacro corpo e d’un convento per i frati che avevano a custodirla, nonché d’un palazzo per la persona sua e per i pontefici successori suoi”. Il luogo della costruzione fu individuato nella parte del colle, ad occidente d’Assisi, che declina verso il torrente Teschio e che era stato donato all’Ordine. Il luogo che veniva allora chiamato "Colle dell'inferno", perché vi erano eseguite le sentenze capitali dei malfattori, prese il nome di "Colle del Paradiso", perché avrebbe custodito nei secoli i resti mortali del Santo. Non si sa chi abbia progettato l’opera. Secondo il Vasari, potrebbe trattarsi di un maestro tedesco, ma non sembra che l’edificio presenti caratteristiche gotiche e straniere: anzi, la basilica è stata definita il primo esemplare d'una nuova architettura nazionale. E’ possibile che l’architetto sia stato frate Elia. In ogni modo, i lavori iniziarono nel 1228 e la Chiesa Inferiore fu completata in soli due anni. Il 25 maggio 1230 vi fu infatti traslata la salma del Santo, dalla sua provvisoria sepoltura nella Chiesa di San Giorgio. Durante la traslazione della salma, gli assisani si impadronirono del corpo di San Francesco e lo occultarono, forse per timore di vederselo sottrarre dalla città vicine, specie da Perugia. Fatta dunque la Basilica, splendidamente ornata, venerata, ampliata ecc., rimaneva il mistero di dove fosse sepolto il Santo. Che fosse nel recinto della chiesa era indubitato; ma dove? Passarono i secoli; venne l'alba del 1818. In quell'anno, le ricerche fino allora tentate inutilmente furono riprese con alacrità, per segreto ordine del pontefice ; e si giunse al ritrovamento del corpo. Era sepolto sotto l'altar maggiore della Chiesa Inferiore, nella viva roccia. Il feretro non fu toccato. Solo, sotto la Chiesa Inferiore già esistente, se ne scavò una terza intorno al masso che custodiva la salma. Così si giunse all'assetto definitivo della Basilica attuale, che cont a tre chiese; la Chiesa Inferiore, la Cript a del Santo e la Chiesa Superiore con accesso indipendente. LA CHIESA INFERIORE Entrando nella Chiesa Inferiore, dopo aver attraversato un cortile a portici e varcate le belle porte di quercia scolpite da Niccolò da Gubbio (1550), si è avvolti dalla suggestiva penombra di una delle più belle e caratteristiche chiese medievali. La visione è incantevole, solenne: la volta bassa, le cappelle laterali protette da alte inferriate, l'altare in fondo, nel mezzo del transetto affrescato, i marmi dei monumenti, la luce spiovente non sai di dove; tutto è d'una bellezza incomparabile, indimenticabile. Di fronte alla porta d’entrata, in fondo alla navata, v’è la cappella di Santa BASILICA DI SAN FRANCESCO 10 LA CHIESA SUPERIORE La facciata è divisa in tre parti: nella zona più bassa è il bellissimo portale che richiama la fattezza di quello inferiore: arco a sesto acuto, due ingressi in legno, una serie di slanciate colonnine culminanti con archi anch'essi a sesto acuto. Tra i due archetti è il rosone a più cerchi e ai quattro lati i simboli degli Evangelisti. Ai lati del cornicione che divide la parte inferiore da quella mediana della facciata sono due aquile. La parte superiore è a forma di triangolo; nelle estremità, sono due torrette circolari. Nella parte sinistra è una loggia terminante con una cupola semisferica costruita all'inizio del Seicento. L'interno è formato da un'unica ampia navat a, senza cappelle. Siamo di fronte ad uno degli esempi più belli di gotico it aliano. aliano Ciò che subito viene posto in evidenza è la luce che filtra attraverso le artistiche vetrate; al contrario della Chiesa Inferiore in cui la luce è notevolmente minore. La navata si compone di quattro campate con pilastri composti da colonne sottili e slanciate che contribuiscono notevolmente a dare un senso ascensionale al tempio. Le volte sono a crociera e affrescate con un cielo stellato. Le pareti delle navate sono divise da un lungo passaggio. La parte superiore è ricoperta di affreschi (alcuni dei quali andati perduti) che narrano del Vecchio e Nuovo testamento, la cui attribuzione è ancora incerta dopo la tesi che voleva affidare la paternità a Giotto e a Cimabue. Le pareti inferiori sono invece opera di Giotto e della sua scuola. E’ questo il ciclo pittorico più import ante ed interessante dell’icono grafia francescana. LA CRIPTA Dalla Chiesa Inferiore si può scendere alla cripta, scendendo per una delle due scale che si trovano a metà della navata centrale. L’ambiente è austero e disadorno, come si addice alla tomba del Poverello. Qui, infatti, riposa il Santo, Santo qui fu nascosto dagli assisani, quasi certamente anche da frate Elia, il giorno della traslazione della salma. La cripta fu scavata, nel 1822, dopo il rinvenimento del corpo di San Francesco, e fu sistemata nel 1932, su disegno di Ugo Tarchi. Questo sotterraneo è opera interessantissima, poiché è stato ricavato interamente lasciando intatto il masso calcareo che conteneva il sarcofago del Santo. Nelle nicchie sono le tombe di quattro discepoli di San Francesco (fra’ Leone, fra’ Masseo, fra’ Rulino e fra’ Angelo). Caterina, costruita dal famoso cardinale Albornoz, che vi è sepolto. Entrando poi nella navata principale, le cappelle laterali sono tutte ornate di opere di Giovanni da Cosma, di Taddeo Gaddi ecc. Anche la volta della navata è tutta un'opera d’arte, con affreschi meravigliosi, dovuti a diversi artisti; ma specialmente a Simone Martini, a Giotto ed alla di lui scuola. In fondo alla navata v'è l'alt ar maggiore, eretto sopra la tomba di San Francesco. Francesco E’ decorato tutto intorno da piccoli archi gotici con mosaici. La tavola d’un sol pezzo di marmo roseo fu donata dall’Imperatore d'Oriente. Sopra l’alt are, nelle quattro vele della crociera, quattro grandi af freschi, in cui Giotto glorifica le tre virtù fonda ment ali della Regola francescana: Povertà, Obbedienza e Castità. Castità In basso la Purità lava una figura ignuda, a cui il Valore presenta uno stendardo. A sinistra la Penitenza, armata di flagello, scaccia la Voluttà, e la Morte sua compagna. Dal lato opposto San Francesco esorta il Frate Minore, la Clarissa ed il Terziario a salire il Sacro Monte. Nella Sagrestia Segreta sono conservate reliquie importanti: la bolla d’Onorio III che approva l'Ordine; oggetti personali di Francesco e Chiara; la benedizione scritta di pugno del Serafico, per il diletto fra’ Leone ecc. Sopra l'ingresso è il più antico ritratto di Francesco, dipinto da ignoto dopo la morte. Prima di abbandonare la Chiesa Inferiore, si noti la tomba di Giacomina (Jacopa) de’ Settesecoli, tenera e pia amica di Francesco. 11 Le notizie sulla giovinezza e la formazione di Giotto sono molto poche, sappiamo che nacque da una famiglia di contadini, nel 1267 circa, a Colle di Vespignano non lontano da Firenze. E' noto che il suo maestro fu Cimabue, con il quale Giotto collaborò in alcune sue opere, anche se il racconto, secondo cui, Cimabue si accorse dell'abilità di Giotto vedendolo disegnare su un sasso una delle pecore che portava al pascolo, è inverosimile. Altrettanto importante per la sua formazione fu il viaggio a Roma che intraprese prima di entrare a far parte del cantiere di Assisi. A Roma si sviluppava a quel tempo un'importante scuola pittorica, quella di cui facevano parte Pietro Cavallini, Jacopo Torriti e Filippo Rusuti, i quali rappresentano in pittura la tipica monumentalità dell'arte classica. Dopo quest'esperienza Giotto lavorò al cantiere di Assisi. La basilica di San Francesco d'Assisi è costituita da 2 chiese sovrapposte. La basilica inferiore ha una pianta articolata e presenta una serie di cappelle affrescate da diversi artisti, mentre la chiesa superiore ha un programma iconografico unitario e chiaramente leggibile: le Storie dell'antico e del nuovo testamento, che sono collegate dalle illustrazioni della vita di San Francesco secondo il racconto di San Bonaventura composto nel 1260 circa. Tra il 1277-80 Cimabue iniziò la decorazione del transetto sinistro della chiesa superiore, successivamente l'esecuzione degli affreschi passa ai suoi collaboratori, tra i quali Jacopo Torriti e Duccio da Boninsegna, iniziando a decorare gli spazi tra le finestre della navata con storie dell'antico e del nuovo testamento; alcuni di questi episodi sono attribuiti alla mano di Giotto avvertibile soprattutto nelle due Storie di Isacco e nella frammentaria Deposizione nel sepolcro. Nelle decorazioni del registro inferiore, al di sotto delle finestre, lungo le pareti della navata, invece Giotto è il protagonista assoluto. Il ciclo decorativo su compone di 28 affreschi rettangolari delle misure di 270x230 cm, e rappresenta Scene della vita di San Francesco nelle quali Giotto ci presenta il santo rappresentato per la prima volta come un uomo, fra la gente, nella natura, in spazi architettonici, in luoghi riconoscibili e concreti, si vedano ad esempio gli affreschi della Rinuncia dei beni in cui il santo è rappresentato parzialmente nudo, la Morte del cavaliere di Celano, l'Omaggio di un semplice e il Presepe di Greccio in anticipo sulle ricerche della prospettiva. Con la rappresentazione di queste scene, Giotto chiude in maniera definitiva con lo stile bizantino e le rappresentazioni bidimensionali e frontali delle scene sacre, immettendole invece in un mondo che diventa reale. Nell'affresco di San Francesco che dona il mantello al povero - uno dei primi dell'intero ciclo - sono presenti gli elementi tipici dell'arte giottesca e cioè il gioco di chiaroscuri con il quale dare volume alle cose, la loro rappresentazione prospettica e interesse verso una composizione armoniosa ma non statica. Giotto ritornerà più tardi al cantiere di Assisi curando la decorazione della volta della basilica inferiore con Allegorie francescane e la decorazione della cappella della Maddalena. L'epoca di Giotto Nel Duecento una sinergia di fattori economici politici e sociali determinò la fortuna della città di Firenze. Nel contempo, le mutazioni sociali identificarono una nuova classe: il popolo, che di lì a poco sarebbe divenuto la borghesia. Furono queste alcu- GIOTTO 12 ne delle caratteristiche dell'epoca in cui si formò e iniziò la sua attività artistica Giotto di Bondone. A ciò si aggiunga l'ascesa incontrastata dell'ordine religioso dei francescani, con cui il maestro ebbe a collaborare quasi tutta la vita e dal quale fu influenzata la sua cultura e - di conseguenza - la sua attività. Ovunque la religione francescana fu accolta come il culto proprio del popolo (quindi della borghesia), soprattutto nei centri rurali e presso i ceti contadini. Boccaccio definì Giotto "il miglior dipintor del mondo": la sua fama d'innovatore del gusto e dello stile artistico iniziò subito, sin dai primordi della sua attività. Sull'ipotesi che Giotto sia stato l'artefice di un profondo mutamento del linguaggio figurativo la critica d'arte ha molto discusso. Se è vero, infatti, che non si può attribuire a una sola persona un generale mutamento culturale e artistico, è altrettanto vero che nell'arte - come in politica e in letteratura - alcune singole personalità si trovano a dare un'impronta fondamentale e un impulso unico al cambiamento. La tradizione, comunque, afferma unanime che Giotto fu iniziatore di uno stile nuovo, il quale segnò un punto di rottura con il passato, aprendo la via alla modernità del gotico che sarebbe venuto. Già alcuni germi del gotico francese erano presenti nella compagine artistica della metà del Duecento. Il Battistero di Pisa e il Pulpito del Duomo di Siena erano lontani dalla scultura romanica e più vicini al gotico d'oltralpe. Assisi, già luogo di scambi artistici provenienti dall'estero (i frati francescani vi confluivano da ogni parte del mondo), divenne sede di un nuovo gusto artistico. Consapevolezza di un'arte nuova I contemporanei si convinsero immediatamente dell'importanza della sua pittura. Dante nella Divina Commedia celebra l'amico con la nota terzina: "Credette Cimabue nella pittura/ tener lo campo, e ora ha Giotto il grido/ si che la fame di colui oscura" (Purgatorio, XI, 94-96). Boccaccio nel Decameron (1349-53) dice che per merito di Giotto "quella arte ritornata in luce, che molti secoli sotto gli error d'alcuni, che più a dilettar gli occhi degli ignoranti che a compiacere allo 'ntelletto de' savj dipingendo, era stata sepulta" (Novella V, giornata VI). È questo un esplicito riconoscimento della lucida coscienza di una nuova èra, opposta al mosaico bizantino, tutto luce e oro, che affascinava chi non si lasciava guidare dalla ragione ma solo dal piacere della vista. Nella Lettera ai posteri (1370-71) Petrarca afferma che "la bellezza dell'arte di Giotto si comprende più con l'intelletto che con gli occhi". Cennino Cennini con chiaro senso critico scrive che "Giotto rimutò l'arte del dipingere di greco in latino e ridusse al moderno; ed ebbe l'arte più compiuta che avesse mai più nessuno" (Il libro dell'arte 1370), rifiutando quindi la tradizione bizantina (greco) per adottare un linguaggio moderno fondato sulla cultura latina. Per Filippo Villani, nel libro che scrisse in lode di Firenze (138182), Giotto "è diventato uguale per fama ai pittori antichi e anche superiore", affermandone il valore assoluto e determinandone il carattere, che è significato dalla sua cultura storica e dal suo desiderio di gloria: segni evidenti della sua modernità. È da tutti accettato che Giotto fu discepolo di Cimabue e in poco tempo non solo eguagliò lo stile del maestro, ma lo superò allontanandosi dai modi ieratici e statici della pittura precedente per ritrarre le figure con più naturalezza e gentilezza. Fu Lorenzo Ghiberti nel Commentario secondo a scrivere infatti che egli "lasciò la rozzezza de' Greci... arrecò l'arte naturale e la gentilezza con essa, non uscendo dalle misure". Abbandonò quindi la rigidità d'espressione dell'arte bizantina proponendo una novità che non esce però da un senso di misura morale, che non lascia cioè esasperare i sentimenti. La sua naturalezza non significa osservazione diretta del vero; essa "è recuperata dall'antico attraverso il processo intellettuale del pensiero storico" (G. C. Argan). La lezione non propone quindi modelli da seguire, ma è esperienza storica da rivivere nel presente. Nonostante la coscienza di un'arte nuova, E. H. Gombrich fa rilevare che Giotto nei suoi metodi è molto debitore dei maestri bizantini, e nelle finalità e negli orientamenti della sua arte deve molto anche agli scultori delle cattedrali del 13 Nord, cioè la sua novità è pur sempre inse- lodate grandemente il vostro creatore che rita in un divenire storico. vi diede penne per volare e vi concesse di dimorare nella limpidezza dell'aria e nei GLI AFFRESCHI DELLA CATTEDRA - cieli". Ma il pittore trasferisce con una LE DI ASSISI nuova dimensione lo spazio e l'umanità dei Non si hanno notizie certe sulle prime atti- personaggi nella concretezza della vita vità di Giotto. Negli affreschi della basilica quotidiana dando spazio reale al leggensuperiore di San Francesco ad Assisi per dario. L'azione non si esprime in gesti conesempio, nella parte alta della navata, le citati, ma in un equilibrio che riporta alla storie dell'Antico e del Nuovo Testamento classicità. Lo spazio è costruito e disposto mostrano una qualità pittorica così diversa, in tutto il riquadro e l'azzurro del cielo ne è una sintesi tra l'esperienza lineare di suggello. Non c'è tra le varie storie una Cimabue e il colore plastico di Pietro continuità di narrazione: ogni rapporto conCavallini, che la critica ha creduto di rico- siste tra lo spazio del dipinto e quello archinoscervi il giovane Giotto. Subito dopo il tettonico della navata. Le città medievali 1296 il nuovo ministro generale dei con gli edifici e i personaggi reali negli abiti Francescani, fra' Giovanni di Muro, lo chia- del tempo di Giotto, appaiono in "La rinunmò a dipingere nella chiesa superiore affi- cia ai beni paterni": "L'amante vero della dandogli l'incarico del ciclo delle Storie di povertà non indugiò un minuto. Eccolo San Francesco (1296-1300) nella parte dinanzi al Vescovo. In un baleno, alla preinferiore della navata. Sono 28 riquadri senza di tutti si spoglia e ridona le vesti a sottostanti le finestre che si rifanno alla suo padre"; in "La cacciata dei demoni da Legenda maior di san Arezzo": "Trovandosi ad Bonaventura come tema e Arezzo quando la città era come ispirazione. L'episodio tutta sconvolta da lotte, vide de "L'omaggio dell'uomo demoni esultanti che incitavasemplice" (che "ispirato da no i cittadini all'odio. Mandò Dio", ogni volta che incontraallora frate Silvestro alla porta va Francesco subito stendedella città perché li cacciasse. va ai suoi piedi il mantello, Questi cominciò a gridare: "In proclamando che sarebbe nome di Dio, via di qui demodiventato un giorno degno di ni tutti"; in "La predica dinanzi ogni riverenza") mostra sullo a Papa Onorio III": "una volta, sfondo la Torre del popolo di indotto dal Signore di Ostia, il Assisi incompiuta, particolare Santo aveva imparato a prezioso per la datazione di memoria un discorso con tutti questo ciclo di affreschi poigli artifici della retorica da reciché essa fu terminata nel tare al cospetto del Papa e dei 1305. Giotto narra gli episodi cardinali. Quando però si più popolari della vita di trovò in loro presenza, dimenFrancesco, come "Il dono del ticò tutto. Allora sorridendo, mantello al povero": "Or avvenne che si confessato pubblicamente com'erano incontrò con un cavaliere nobile, ma pove- andate le cose, invocò lo Spirito Santo, ed ro e malvestito; mosso a compassione, eccolo pronunziava parole così efficaci da spogliatosi lo rivestì"; "Il miracolo della commuovere i presenti"; in "L'improvvisa fonte": "Trovandosi il Santo su un arido morte del cavaliere di Celano": "Un giorno monte con un povero stremato dalla sete, il Santo fu invitato a pranzo da un cavaliemosso a compassione, implorò e ottenne re. Entrato nella casa, prima di prender dell'acqua fresca e zampillante da una roc- cibo Francesco compì la preghiera e rimacia; "La predica agli uccelli": "Un'altra volta se un po' con gli occhi al cielo. Tornato in incontrando una moltitudine di uccelli, sé, chiamò in disparte l'ospite dicendogli: salutandoli li esortò: "Fratelli miei uccelli, "Ecco, fratello, ascolta prontamente i miei 14 Very little is know about the youth and training of Giotto, except that he was born in a family of peasants in about 1267, in Colle of Vespignano near Florence. He was a pupil of Cimabue and worked with his teacher on some works. It is highly unlikely that Cimabue understood the talent of his pupil by looking at him draw one of the sheep he had led to graze, despite the very popular legend. A very important part of Giotto's training was the journey to Rome before joining the construction sites in Assisi. An important school of painting was developing in Rome in those years and included Pietro Cavallini, Jacopo Torriti and Filippo Rusuti, who painted with classical art monumentality. After the period in Rome Giotto worked in Assisi. The basilica of St Francesco d'Assisi is made up of two overlapping churches. The lower basilica has a complex plan with chapel with paintings by a number of artists. The upper church has a unitary and clearly understandable iconography: episodes of the old and new Testament are connected by pictures of the life of St Francis according to the biography of St Bonaventura written in about 1260. Between 1277 and 1280 Cimabue started decorating the left transept of the upper church but the frescos were finished by his followers, including Jacopo Torriti and Duccio da Boninsegna. He decorated the space between the windows of the nave with stories of the old and new Testament; some of these were probably painted by Giotto (his style can be seen in the two Stories of Isaac and in the fragmented Deposition in the grave). Giotto is the author of the lower decorations, beneath the windows, along the nave. There are 28 rectangular frescos (270x230 cm) showing episodes from the life of St Francis. The saint is, for the first time, a man who walks among people, in a landscape, among buildings, in easily recognisable places. Examples of this are in: the Renunciation to worldly possessions (the saint is half naked), death of the knight of Celano, Homage of a simple person and Nativity scenes of Greccio, where the search for perspective is clearly evident. In these scenes Giotto refused all Byzantine elements and frontal and bidimensional representation of holy scenes, which are painted in a life-like setting. In the fresco where St Francis gives his cloak to a poor man (one of the first paintings) there are elements typical of Giotto's art (careful use of chiaroscuro to achieve volume, perspective and the attempt of creating a harmonious, non-static, composition). Giotto returned to Assisi at a later date for the decoration of the vault of the lower basilica with Franciscan Allegories and the decoration of the chapel of Magdalene. Frescoes of the Upper Church at Assisi Giotto and the Basilica of St Francesco consigli, giacché non è qui che mangerai. Confessa i peccati pentendoti". Il cavaliere obbedì, mise in ordine la sua casa e si preparò. Sedutisi a tavola d'improvviso spirò; secondo la parola del Santo". I vari episodi della vita di Francesco sono descritti in modo tale che rivelino la storia: la realtà borghese e mercantile della Firenze dell'Arte della lana e dei banchieri; la Chiesa che, travagliata da crisi interne, aveva bisogno di un nuovo spirito evangelico: Francesco ripara la mia casa, sono le parole del Crocifisso a Francesco: "mentre era presso la chiesa di San Damiano che decrepita minacciava di crollare". Tuttavia non è quell'edificio ma la Chiesa di Roma ad aver bisogno di lui, così come in "Il sogno di Papa Innocenzo III": "papa Innocenzo III vide in sogno la basilica del Laterano sul punto di crollare, e un tale, un poverello che la sosteneva con le sue spalle perché non cadesse". "L'apparizione al capitolo di Arles": "Ai capitoli provinciali Francesco non poteva essere presente di persona, ma inviava sollecite direttive. Qualche volta vi compariva però in forma visibile", rivela ormai la stabilità dell'Ordine fondato dal Santo che preferì invece l'umiltà di una vita vissuta secondo il Vangelo preso alla lettera. 15 Florentine painting was Giotto. Although he affords no exception to the rule that the great Florentines exploited all the arts in the endeavor to express themselves, he, Giotto, renowned as an architect and sculptor, reputed as wit and versifier, differed from most of his Tuscan successors in having a peculiar aptitude for the essential in painting as an art . Well, it was of the power to stimulate the tactile consciousness of the essential, as I have ventured to call it, in the art of painting that Giotto was supreme master. This is his everlasting claim to greatness, and it is this which will make him a source of highest aesthetic delight for a period at least as long as decipherable traces of his handiwork remain on mouldering panel or crumbling wall. For great though he was as a poet, enthralling as a story teller, splendid and majestic as a composer, he was in these qualities superior in degree only, to many of the masters who painted in various parts of Europe during the thousand years that intervened between the decline of antique, and the birth, in his own person, of modem painting. But none of these masters had the power to stimulate the tactile imagination, and, consequently, they never painted a figure which has artistic existence. Their works have value, if at all, as highly elaborate, very intelligible symbols, capable, indeed, of communicating something, but losing all higher value the moment the message is delivered. Giotto's paintings, on the contrary, have not only as much power of appealing to the tactile imagination as is possessed by the objects represented human figures in particular but actually more; with the necessary result that to his contemporaries they conveyed a keener sense of reality, of life likeness than the objects themselves! We whose current knowledge of anatomy is greater, who expect more articulation and suppleness in the human figure, who, in short, see much less naively now than Giotto's contemporaries, no longer find his paintings more than life like; but we still feel them to be intensely real in the sense that they powerfully appeal to our tactile The first of the great personalities in imagination, thereby compelling us, as do From Rome, Cimabue went to Assisi to paint several large frescoes at the newlybuilt Basilica of St Francis of Assisi, and it is possible, but not certain, that Giotto went with him. The fresco cycle of the Life of St. Francis in the Upper Church is one of the most hotly disputed works of art in the history of art history. The documents of the Franciscan Friars that relate to artistic commissions during this period were destroyed by Napoleon's troops, who stabled horses in the Upper Church of the Basilica, and scholars have been divided over whether or not Giotto was responsible for the Francis Cycle. In the absence of documentary evidence to the contrary, it has been convenient to ascribe every fresco in the Upper Church that was not obviously by Cimabue, to Giotto, whose prestige has overshadowed that of almost every contemporary. Some of the earliest remaining biographical sources, such as Ghiberti and Riccobaldo Ferrarese, suggest that the fresco cycle of the life of St Francis in the Upper Church was his earliest autonomous work. However, since the idea was put forward by the German art historian, Friedrich Rintelen in 1912, many scholars have expressed doubt that Giotto was in fact the author of the Upper Church frescoes. Without documentation, arguments on the attribution have relied upon connoisseurship, a notoriously unreliable "science". Recently, however, technical examinations and comparisons of the workshop painting processes at Assisi and Padua have provided strong evidence that Giotto did not paint the St. Francis Cycle. There are many differences between the Francis Cycle and the Arena Chapel frescoes that are difficult to account for by the stylistic development of an individual artist. It seems quite possible that several hands painted the Assisi frescoes, and that the artists were probably from Rome. If this is the case, then Giotto's frescoes at Padua owe much to the naturalism of these painters. From Bernard Berenson, Italian Painters of the Renaissance 16 all things that stimulate our sense of touch while they present themselves to our eyes, to take their existence for granted. And it is only when we can take for granted the existence of the object painted that it can begin to give us pleasure that is genuinely artistic, as separated from the interest we feel in symbols... Let us now turn back to Giotto and see in what way he fulfils the first condition of painting as an art, which condition, as we agreed, is somehow to stimulate our tactile imagination. We shall understand this without difficult) if we cover with the same glance two pictures of, nearly the same subject that hang side by side in the Uffizi at Florence, one by 'Cimabue', and the other by Giotto. The difference is striking, but it does not consist so much in a difference of pattern and types, as of realization. In the 'Cimabue' we patiently decipher the lines and colours, and we conclude at last that they were intended to represent a woman seated, men and angels standing by or kneeling. To recognize these representations we have had to make many times the effort that the actual objects would have required, and in consequence our feeling of capacity has not only not been confirmed, but actually put in question. With what sense of relief, of rapidly rising vitality, we turn to the Giotto 1 Our eyes scarcely have had time to light on it before we realize it completely the throne occupying a real space, the Virgin satisfactorily seated upon it, the angels grouped in rows about it. Our tactile imagination is put to play immediately. Our palms and fingers accompany our eyes much more quickly than in presence of real objects, the sensations varying constantly with the various projections represented, as of face, torso, knees; confirming in every way our feeling of capacity for coping with things~ for life, in short. I care little that the picture endowed with the gift of evoking such feelings has faults, that the types represented do not correspond to my ideal of beauty, that the figures are too massive, and almost unarticulated; I forgive them all, because I have much better to do than to dwell upon faults. "But how does Giotto accomplish this miracle? With the simplest means, with almost rudimentary light and shade, and functional line, he contrives to render, out of all the possible outlines, out of all the possible variations of light and shade that a given figure may have, only those that we must isolate for special attention when we are actually realizing it. This determines his types, his schemes of colour, even his compositions. He aims at types which both in face and figure are simple, large boned, and massive types, that is to say, which in actual life would furnish the most powerful stimulus to the tactile imagination. Obliged to get the utmost out of his rudimentary light and shade, he makes his scheme of colour of the lightest that his contrasts may be of the strongest. In his compositions he aims at clear ness of grouping, so that each important figure may have its desired tactile value. Note in the 'Madonna' we have been looking at, how the shadows compel us to realize every concavity, and the lights every convexity, and how, with the play of the two, under the guidance of line, we realize the significant parts of each figure, whether draped or undraped. Nothing here but has its architectonic reason. Above all, every line is functional; that is to say, charged with purpose. Its existence, its direction, is absolutely determined by the need of rendering the tactile values. Follow any line here, say in the figure of the angel kneeling to the left, and see how it outlines and models, how it enables you to realize the head, the torso, the hips, the legs, the feet, and how its direction, its tension, is always determined by the action. There is not a genuine fragment of Giotto in existence but has these qualities, and to such a degree that the worst treatment has not been able to spoil them. Witness the resurrected frescoes in Santa Croce at Florence! The rendering of tactile values once recognized as the most important specifically artistic quality of Giotto's work, and as his personal contribution to the art of painting, we are all the better fitted to appreciate his more obvious though less peculiar merits must add, which would seem far less 17 Maria di Rivotorto, nota come il "Santuario di Rivotorto", sorge presso l'omonimo abitato pochi chilometri a sud del paese di Santa Maria degli Angeli. L'edificio, oggi affidato alle cure dell'Ordine dei Frati Minori Conventuali, nasce con lo scopo di preservare le strutture del Sacro Tugurio, ovvero il luogo dove San Francesco riunì i suoi seguaci prima di ottenere dall'Ordine dei monaci Benedettini il possesso della Porziuncola. La costruzione attuale di stile neo gotico, eretta a seguito del terremoto del 1854 d.C., che distrusse la chiesa del XVI secolo, si compone di tre navate alle quali si accede da altrettanti portali. La facciata è decorata con la rappresentazione del miracolo che la storia vuole sia accaduto in questi luoghi: San Francesco, infatti, sarebbe apparso su un carro di fuoco che volava sopra Rivotorto quando nella realtà risulta che egli fosse ad Assisi in attesa di ricevere udienza dal Vescovo Guido II. L'interno, oltre dalla suggestiva vista del Tugurio, è impreziosito da dodici tele del'600, dipinte da Cesare Permei, che raffigurano alcuni episodi della vita di San Francesco durante il periodo trascorso a Rivotorto. RIVOTORTO La chiesa di Santa The church of Santa Maria of Rivotorto, famous as the "Sanctuary of Rivotorto", is located in the homonymous village, a few kilometres south of the city of Santa Maria degli Angeli. The edifice, nowadays under the care of the Order of the "Frati Minori Conventuali" (Convent of the Minor Friars), was born with the aim of preserving the structures of the Sacred Tugurio, which is the place where San Francesco gathered together his followers before he obtained from the Order of the Benedictine Monks the ownership of the Porziuncola. The actual building in neo gothic style, built after the earthquake of 1854 after Christ that destroyed the church dating from the 16th century, is made of three bays one can reach through three doors. The façade is decorated with the representation of the miracle that the story says happened in theses places: San Francesco, in fact, would have appeared on a carriage of fire that was flying above Rivotorto when in reality he was in Assisi waiting for an audience of the Bishop Guido II. Inside, in addition to the suggestive view of the Tugurio, one can admire twelve paintings dating back to the 17th century, painted by Cesare Permei, representing some moments of the life of San Francesco during the period he spent in Rivotorto. extraordinary if it were not for the high plane of reality on which Giotto keeps us. Now what is behind this power of raising us to a higher plane of reality but a genius for grasping and communicating real significance? What is it to render the tactile values of an object but to communicate its material significance? A painter who, after generations of mere manufacturers of symbols, illustrations, and allegories, had the power to render the material significance of the objects he painted, must, as a man, have had a profound sense of the significant. No matter, then, what his theme, Giotto feels its real significance and communicates as much of it as the general limitations of his art and of his own skill permit. When the theme is sacred story, it is scarcely necessary to point out with what processional gravity, with what hieratic dignity, with what sacramental intentness he endows it; the eloquence of the greatest critics has here found a darling subject. This, then, is Giotto's claim to everlasting appreciation as an artist: that his thoroughgoing sense for the significant in the visible world enabled him so to represent things that we realize his representations more quickly and more completely than we should realize the things themselves, thus giving us that confirmation of our sense of capacity which is so great a source of pleasure." sei sei sei sei Tu Tu Tu Tu Rit. E sarò pane, e sarò vino nella mia vita, nelle tue mani. Tu che lo prendevi un giorno, lo spezzavi per i tuoi, oggi vieni in questo pane, cibo vero dell'umanità. Frutto della nostra terra, del lavoro d'ogni uomo: pane della nostra vita, cibo della quotidianità. Offertorio Frutto della nostra terra Testo di Francesco Buttazzo Tu sei il Custode, Tu sei mitezza, Tu sei rifugio, Tu sei fortezza, Tu carità, fede e speranza, Tu sei tutta la nostra dolcezza. Tu sei la vita, eterno gaudio, Signore grande, Dio ammirabile, Onnipotente, o Creatore, o Salvatore di misericordia. Tu sei bellezza, Tu sei la pace, la sicurezza, il gaudio, la letizia, Tu sei speranza, Tu sei giustizia, Tu temperanza e ogni ricchezza. trino, uno Signore, il bene, tutto il bene, l'Amore, Tu sei il vero, umiltà, Tu sei sapienza. sei Santo, Signore Dio, sei forte, Tu sei grande, sei l'Altissimo, l'Onnipotente, Padre Santo, Re del cielo. Tu Tu Tu Tu 18 LODI Lodi all'Altissimo - Marco Frisina Ingresso Canto finale Laudato sii, signore mio (Laudato sii, signore mio) Laudato sii, signore mio (Laudato sii, signore mio) Laudato sii, signore mio (Laudato sii, Ci ha dato il cielo e le chiare stelle fratello sole e sorella luna, la madre terra con frutti, prati e fiori, il fuoco, il vento, l'aria e l'acqua pura, fonte di vita per le sue creature, dono di lui, del suo immenso amor, dono di lui, del suo im Sia laudato nostro Signore, che ha creato l'universo intero Sia laudato nostro Signore, noi tutti siamo sue creature: dono di lui, del suo immenso amor Beato chi lo serve in umiltà. Dolce sentire come nel mio cuore ora umilmente sta nascendo amore. Dolce capire che non son più solo ma che son parte di una immensa vita che, generosa, risplende intorno a me: dono di lui, del suo immenso amor. Comunione Tu che lo prendevi un giorno, lo bevevi con i tuoi, oggi vieni in questo vino e ti doni per la vita mia. Frutto della nostra terra, del lavoro d'ogni uomo: vino delle nostre vigne sulla mensa dei fratelli tuoi. Ti accoglierò dentro di me farò di me un'offerta viva, un sacrificio gradito a te. Canti Liturgici - Liturgical Songs 19 Per la morte che è di tutti (Laudato sii, signore mio) Per chi soffre con coraggio (Laudato sii, signore mio) e perdona nel tuo amore (Laudato sii, signore mio) tu gli dai la pace tua (Laudato sii, signore mio) alla sera della vita. (Laudato sii, laudato sii) Laudato sii, ... Per la nostra madre terra (Laudato sii, signore mio) che ci dona fiori ed erba (Laudato sii, signore mio) su di lei noi fatichiamo (Laudato sii, signore mio) per il pane di ogni giorno. (Laudato sii, laudato sii) Laudato sii, ... Per la luna e per le stelle (Laudato sii, signore mio) io le sento mie sorelle (Laudato sii, signore mio) le hai formate su nel cielo (Laudato sii, signore mio) e le doni a chi è nel buio. (Laudato sii, laudato sii) Laudato sii, ... Per il sole d'ogni giorno (Laudato sii, signore mio) che riscalda e dona vita (Laudato sii, signore mio) Egli illumina il cammino (Laudato sii, signore mio) di chi cerca Te Signore. (Laudato sii, laudato sii) Laudato sii, ... signore mio) Laudato sii, signore mio (Laudato sii, laudato sii) Io ti canto mio Signore (Laudato sii, signore mio) e con me la Creazione (Laudato sii, signore mio) ti ringrazia umilmente (Laudato sii, signore mio) perché tu sei il Signore. (Laudato sii, laudato sii) Per l'amore che è nel mondo (Laudato sii, signore mio) tra una donna e l'uomo suo (Laudato sii, signore mio) per la vita dei bambini (Laudato sii, signore mio) che il mondo fanno nuovo. (Laudato sii, laudato sii) Laudato sii, ... io la sento ogni istante (Laudato sii, signore mio) ma se vivo nel tuo amore (Laudato sii, signore mio) dona un senso alla mia vita. (Laudato sii, laudato sii) Laudato sii, ... - Il Padre vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto. I capi dei popoli si sono raccolti come popolo del Dio di Abramo. Sì, a Dio appartengono i poteri della terra: egli è eccelso. Dio regna sulle genti, Dio siede sul suo trono santo. 20 In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «In verità, in verità io vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio nome, egli ve la darà. Finora non avete chiesto nulla nel mio nome. Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena. Queste cose ve le ho dette in modo velato, ma viene l'ora in cui non vi parlerò più in modo velato e apertamente vi parlerò del Padre. In quel giorno chiederete nel mio nome e non vi dico che pregherò il Padre per voi: il Padre stesso infatti vi ama, perché voi avete amato me e avete creduto che io sono uscito da Dio. Sono uscito dal Padre e sono venuto nel mondo; ora lascio di nuovo il mondo e vado al Padre». Vangelo Gv 16,23-28 Perché Dio è re di tutta la terra, cantate inni con arte. Dio è re di tutta la terra. Popoli tutti, battete le mani! Acclamate Dio con grida di gioia, perché terribile è il Signore, l'Altissimo, grande re su tutta la terra. Salmo 46 Trascorso ad Antiòchia un po' di tempo, Paolo partì: percorreva di seguito la regione della Galàzia e la Frìgia, confermando tutti i discepoli. Arrivò a Èfeso un Giudeo, di nome Apollo, nativo di Alessandria, uomo colto, esperto nelle Scritture. Questi era stato istruito nella via del Signore e, con animo ispirato, parlava e insegnava con accuratezza ciò che si riferiva a Gesù, sebbene conoscesse soltanto il battesimo di Giovanni. Egli cominciò a parlare con franchezza nella sinagoga. Priscilla e Aquila lo ascoltarono, poi lo presero con sé e gli esposero con maggiore accuratezza la via di Dio. Poiché egli desiderava passare in Acàia, i fratelli lo incoraggiarono e scrissero ai discepoli di fargli buona accoglienza. Giunto là, fu molto utile a quelli che, per opera della grazia, erano divenuti credenti. Confutava infatti vigorosamente i Giudei, dimostrando pubblicamente attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo. Apollo dimostrava attraverso le Scritture che Gesù è il Cristo. Prima Lettura At 18,23-28 - Liturgia del giorno - Sabato della VI settimana di Pasqua