Simulazione della Piazza del Popolo con la statua di Clemente Xii. Elaborazione computerizzata effettuata da Claudio Salella. Una statua fuori posto Riportiamo la statua di Clemente XII nella Piazza del Popolo di Ravenna I I 12 I) s La statua, qui riprodotta, dovrebbe essere posta nella Piazza del Popolo, nel rettangolo indicato con A. a Le ragioni del trasfèrimento. eggianro nel libro ‘Acque e terre’ (li Luciano Cavalcoli: «‘Strana sorte queHa delle statue papaline ravennati! Di questa. del Corsini (Papa Clemente Xli), parlò con ammirazione Conado Ricci: «È una statua piena d’impero e di magnificenza, la quale. pur tra I ‘ah bondanza delle vesti e’ dei gran mauto, lascia scorgere la figura alta e asciutta di Papa Corsini». Che ne pensa va la città? il Magisa’ato (lei Sazi, precursore degli odier ai sindac:i, nell ‘illustrare le hcpvrpcrenzc ci vii i dci Poa tefice. così concluse: «Per le ouah cose. desiderando che a’ Voi [ai Papa] nen meno che all universo appari sca qpalchc daltinto corttrassegno. della filiale nostra grn dtudine, si è eretta nei pubblico Poro (poi Piazza Mag o e no ‘ Pm <mco ti ta lei Ponoi ,t it i Su stra vcncrah e.». Era stata trasportata da Roma a I I I I I 1(1 r 1 T “ “ ‘‘1 I bolo della fratellanza augnstea dei due porti. Inaugurata «in mezzo allo strepitio festoso delle trombe e dei tarm buri, essendo già illuminata la Piazza con gran copia di fanali, si ahbruciò una Macchina di Puochi artificiali.,.», u teThr o Jc r u u t \ tPVc ( ‘L pata Ravenna, volevano abbatterla. La difEsero i citta dirti cd ottennero che tEsse messa ai sicuro entm la na chiesa di 5. Sebastiano. Neli’anrile lX20. tornata Ravenna sotto ti governo della Chaesa, ia statua tu o flflffll inn(nnmO a t ,047i Sr c zione comunale, dopo l’abbattimento notturno della sua dirimpettaia, la bronzea statua di .Alessandrc’ VII, icmette offese anche ai Papa benefattore della città e la trasferì i 5 «li «e Io,m V e ri , q , dopo i quali fu sistemata nella chiesa c:aoialdolese «ai 1J I\OiiuOrJ d 1 «t I Lv «<IVi «i i chità, Seguì poi le sorti di quel Museo che, neI 1914, fu trasferito in ambienti annessi al Chiostro maggiore di 5. Vitale. Quando era ancora a S. Romualdo, il Ricci era tor nato alla carica: «La statua di Clemente XII, modellata con larghezza decorativa, con solenne L’randiosità. con rara vigoria, nel buio de! Museo ha perduto tutta la sua vita». Suggeri di riportarla all’aperto. magari in piazza Arcivescovado: «A me dunque. personalmente. piace rebbe di vedere quella magnifica statua di Clemente solegiata nel verde e di contro al gruppo monumentale del Duomo, del campanile e del Battistero», L’appello del Ricci non fu raccolto, A principio del 1956, durante l’ultima seduta di quel Consiglio comunale prima delle elezioni, l’argomento tornò ad essere discusso e fu fatto un abbinarnento della statua di Papa Corsini con quella di Augusto. fondatore dei porto di Classe, Quest’ulti ma, giunta a Ravenna quando Mussolini stava ornando molte città con riproduzioni di statue romane (quella di Giulio Cesare a Rimini), era stata relegata presso la Bottega del mosaico e imperava ingombrante tra i mosaicisti occupati a metter su pietruzze variopinte. Dopo lunga discussione la proposta di metter al sole le due statue fu rinviata ad apposita Commissione, un modo bizantino di trattar le statue come i fiumi. L’Ammini strazione che subentrò era dello stesso colore della pre cedente e l’Assessore ai lavori pubblici fece trasportare Cesare Augusto a Classe. Qualche bello spirito incanutì barba e capelli dell’Augusto con vernice bianca, il Sin daco, d’urgenza, fiportò la statua nel suo ripostiglio. Vennero poi tempi meno calamitosi e Augusto, per ora, è al sole di Classe, Clemente XII sta ancora tra le verdi ombre del chiostro di 5. Vitale, Leggendo lo scritto di Luciano Cavalcoli abbiamo aPpreso la vicenda della maenifica statua di Clemente XH, il Papa che’, fra le tante benemerenze acquisite neL i ‘onorare a favore di Ravenna. può annoverare i’ impre— crondioa di aver ridete; un porto alla città per mezzo dei Canale. Comtnt o Candiano. Per sua volontà e con le sue elareizioni in denaro fu possibile compiere. il lungo scavo che fa di Ravenna, ogi un olto cui si pI’o ciunge e da ana p vie d Pino pa per il commercio coi Levante in modo particolare. cuore ai t irnidell antjca Roma: un ne;rm. ccursidereto il secondo italiano e primo dell’Adriatico oer i iramci com merciali. Cn sentìmcnoa di si conoscenza dei ravcnnad li incIti I ciu e mej Ììc rnnozai piazza centrale, la statua dì Papa Coreini e tal sentimcn La statua di Cemente XIfl modellata con larghezza decorativa, con solenne grandiosità, con rara vigoria...» (Corrado Ricci). io, cadute ormai le preconcette ostilità, crediamo sia ri masto nell’animo della cittadinanza la quale. con il ri torno della statua ai luoco destinatole. riconfeumerebbe la cratitudine espressa dai propri av i ai benemerito Potr teticc. il monumento, posto davanti all ‘orolocio della piaz za. nei posto indicato nell’apposito disegno topo urafico, darebbe al luogo stesso una visione panoramica di grande effetto, Sarebbe opportuna l’aggiunta di tinti piccola fontana nel centro della piazza. nel caso si volesse completare ‘opera di abbeilimentc, Le due raeioni, una morale. I ‘altra estetica, ci sem— hrruio niù che sufficienti per il ritorno della statua di (!emcnte AH nella ravennate Ptazza dei Poolo. Papa Corsini e il cardinale Aiberoni, tagione felice per Ravenna quella che vide Papa Cle mente XII operare in accordo col suo Cardinal Le gato Giulio Alberoni. La città presentava arossi problemi da risolvere: an zitutto quelli procurati dalle acque dei suoi fiumi Ronco e Montone che la cingevano con un abbraccio mortale. Ne fa fede l’inondazione del 1636, quando la città fu letteralmente sommersa da alcuni metri d’acqua con in genti danni alle case e alle persone. Nello stesso tempo le piene dei fiumi procurarono l’interramento del porto per cui nel 1650 il Cardinale legato Donhi pensò bene di dotare la città di un nuovo porto che, mediante un canale (il canale Pamphiiio dal nome del Papa d’allo ra>, era unito alla città. Lavori questi del tutto inutili. Si pensò allora di al lontanare i due fiumi Ronco e Montone dalla città. Ma per compiere tale impresa occorreva un uomo energico, risoluto e Papa Corsini ebbe il merito di scegliere l’uo mo giusto: il cardinale Alberoni. E cardinale trovò già un progetto eseguito da due famosi idraulici: Manfredi e. lo Zendrini. Un progetto che, secondo lui e, secondo anche l’opinione pubblica, era irrealizzabile e per di più inutile. Abbandonò tale progetto e chiamò da Ferrara l’insigne idraulico Giu seppe Guizzetti il quale, in due mesi, preparò un nuovo progetto che fu quello che, salvo alcune lieve modif iche, fu realizzato. E così Ravenna ebbe Porto Corsini. Nello stesso tempo in cui il Cardinale provvedeva per il porto, veniva effettuata la diversione del Ronco e del Montone nei Fiumi Uniti, il OLEOVO letto del fiume fu in gran parte scavato cx novo e venne ad attraversare La. strada Ronaea che conduce a Cervia. r a’ olle I [ C r’ o li 0 ponte: un ponte monumentale anco r oggi chiamato Ponte Nuovo L architetto e ti iamato ocr tale one tu fu Giannantonio Zane di, Fusignano. nome per Ravenna nL 11 o e ro e e iI UO I’ ) dove sono stati manomessi i quattro pilastri posti, due per parto, sormontati da p ìnnacoli terminanti un tempo con una sPera di marmo, S uno scomparsi gli stemmi e il furore ciacobino di Andrea Coriari cancellò le epigrafi che ricordavano uomini e rtoria, Prima di lasciare Ravenna il Cardinale volle dedica S L I I I’ i i io A Pietro Bracci lo scultore dei Papi. o scultore e decoratore Pietro Bracci nacque a Roma nel 1700 e si dedicò all’arte sua seguendo la tradizione berniniana delle grandi composizioni e delle maestose figure. Nel 1740 fu nominato accademico dell’Accademia di San Luca. Le sue opere principali furono: i busti di Papa Innocenzo XIL del Cardinal Paolucci, di Benedetto XIII, i bassorilievi del Miracolo di Andrea Corsini, di San Giovanni che rimpro vera Frode, gran parte della Fonta na di Trevi, i monumenti a Benedet. to XIII, a Maria Clementina Sobieski, le statue di Benedetto MV e di Cle mente XH in cui, come dice Valerio Mariani nella Enciclopedia Treccani: «.... 11 Bracci i mostra vigorosissim o nella disposizione decorativa della fi gura e nel profondo carattere impres so al VOltO dei Papa». i- romano Pietro ,Bracci, Fu collocata nella piazza (ora d’e I A ‘‘ za e confinata nell’ex chiesa di fu Romualdo. In seguito i ci 1 A r i ‘ n rr 1 a r anni cadere delle foglie degli alberi che la sovrastano, riceve sempre una nuova patina di grigia umidità. — il Naviglio Alberoni, o Canale Corsini, o Candiano. 1 Candiano ha sempre rappresentato per Ravenna non J solo un mezzo di traffico commerciale, ma anche un diversivo per grandi e piccini. Nuotare nelle sue acque, andar a pesca lungo le sue rive, percorrerlo in barca per la gita in pineta o a Porto Corsini (allora a nessuno era venuto in mente di spezza re in due, col nome, l’unico paese marinaro, di quà e di là dal canale), prender su la schioppa e andar a caccia navigando: questi erano i passatempi e le utilizzazioni spicciole di cui la gente usufruiva, e in parte ancora usufruisce, servendosi di quel braccio d’acqua salsa a portata di mano; ch’eran modi familiari di render pro prio per un paio d’ore il lungo scavo che conduceva a Ravenna un p0’ di mare addomesticato, più o meno a servizio di tutti. E l’impressione era avvalorata dal ramo dei canale, oggi interrato, che giungeva fino alla chiesa dei Santi Simone e Giuda, dando all’occhio il godimen to immaginoso di un lembo d’Adriatico penetrato in cit tà. Non parliamo della distrutta strada d’Alaggio, fatta costruire dal Cardinal Legato Rivarola nel 1824, lungo e a destra del canale da Ravenna a Porto Corsini, la qua- le offriva lo spettacolo, durante il percorso, di un pae saggio primitivo, selvaggiamente gradevole, coi ripeti.i ti panoramI di acque correnti e ferme, di terre a molto e riarse, di alberi scarruffati. piccole dune gialle o erbose. qualche animale braclo: il tutto avvolto in un’aria profu mata, saisugginosa, che predisponeva alla visione del mare. Per alcuni tratti si pedalava o andava in carrozza e barachnia, oppure si percorreva la strada in ansimanti automobili e moto, fra alberi e vele arancioni dei bragozzi del Candiano, o variopinte comitive di gitanti in festa su sgangherate battane, da una parte: fra ciuffi verdi di pini e matasse polverose di cespugli, dall’altra. Di questa strada che mutava aspetto man mano, pas sando dal cittadino al campestre, al boschivo, all’acquidoso, al marino, hanno parlato, con bonaria sem plicità o briosa scioltezza, scrittori e poeti in gran nu mero, descrivendo il paesaggio, le persone che la per correvano, i mezzi di trasporto usati, i posti di ristoro (come non ricordare i brodetti di pesce con la relativa accompagnatura di Sangiovese, Trebbiano, Albana?), i canti, le corse, le sfide fra ciclisti e lustrì calessini, fra grida d’incitamento e in mezzo a un polverone che im Camera tratto di Canale alla chiesa dei SS. Simone e Giuda. di distruggerio h orhieto caratteristico aspetto culizzazone del porto. biancava vestiti d’ogni colore e facce sudate, Ci piace. in proposito. riportare qui una scherzo sa poesia di Olinde Guerrini che descrive una gita al mare. in diligenza, di un grùppo di allegroni in vena di strafa re. Dopo l’arrivo. il buono, la maneiata. i giochi, giunge I ‘ora del ritorno, un ritorno che ottre la scena di un se condo lavacro fuori programma. La Poesia è in dialetto romagnolo e riportiamo i ‘odi— ma parte: Dopo una massa d’schirz a sta mailira o i amacheva poch a l’Eumarì ch’as dezidessom, donca, d’andè vì con dal scai ch’un sin ved gnanca a la fira, A cantessom nsen:Di quella pini A rugiessom: «A bas la munarchì». E par ciumpì la sbocia, pur ciumpì. Tugnazz e vus guidè la zardinira. Mo st’imhariegh. invezi d’andè pian us alTmie d’carica e vi ch’andessom ch’al do cavali agli tulè la man, Basta. L’andè a finì ch ‘as arhutes som e patapunf.. a moli in t’e’ Cangian ch’as avessom d’anghè... Mo as divartessorn. (Dopo scherzi in più modi e più maniere fino al 1110— mento dell’Ave 1aria, ci decidemmo alfine d’andar via, sborniati più che ai giorni delle fiere. «Di quella pira fu l’addio alla sera. Ruggimmo: «Abbasso, insiem, la monarchia». E per dar compimento all’allegria, Tugnazz volle guidar la giardiniera. Con quella sbornia, invece d’andar piano. lui lanciò le cavalle a tal carriera da non poterle frenar con la mano. Così, a rottadicollo. noi fi nimmo. patapunfete, a moilo nel Candiano, mezz ‘aftò— gati. Ma ci divertimmo!). Oltre I ‘utile, quanti mai ricordi, svaghi, considera zioni ci offre il bel Canale che Clemente Xii volle e l’Alberoni effettuò, fra dispareri di uomini e avversità naturali, Doti isidoro Ginilaiti nt n u Giulio Alberoni: l’esecutore. a Piacenza neI Giulio Alberoni, N diatoun’intelligen za aperta ad di 1664, dotato ogni genere cogni zioni e applicazioni. in successione di tempo ordinato sacerdote, segretario vescovile, rappresentante del Duca di Parma Francesco Famese presso il Generale francese Vendòme, nominato conte, consigliere della regina di Spagna. primo ministro, indi Cardinale, Arcivescovo di Siviglia ecc,, dopo aver fatto da capro espiatorio delle avventate decisioni dovute soprattutto all’onnipotente regina, da lui descritta «scaltra come una zingara» e non, come aveva creduto, mansueta casalinga «impastata di butirro e formaggio», se ne stava nella sua tenuta dì Castel Romano, libero, beato, quando alla fine del !‘730 lo raggiunse un corriere pontificio con un messaggio in cui Papa Clemente XII lo pregava di recarsi con solleci tudine a Piacenza per rimettere in sesto il vecchio Ospe dale di San Lazzaro, rimasto senza amministratore. La scottatura della precedente esperienza di capo di governo gli faceva sembrar troppo calda anche la vita di ministro di un antico ospedale di lebbrosi, ora bazzicato da gente sospetta che circolava fra malati, bisognosi e scansafatiche: ma non potette protrarre a lungo il dinie go anche perché il Pontefice, prima di diventar Papa, aveva fatto parte della Commissione di Cardinali che lo aveva prosciolto da ogni imputazione. Con viso agrodolce prese la strada per Piacenza, Commendatario di quel beneficio, come si diceva, e amministratore dell’ospedale trasformato in ricovero e qualche volta in covo, non smentì la propria fama di impresario risoluto nell’impiego di mezzi radicali quan do le mezze misure servivano a prolungare l’andamen to lebbroso dell’impresa’ rase al suolo l’edificio e in buona salute di h rsa, di volontà d’ingegno, costruì col proprio denaro e con proprio pronetto il Collegio che re’re ‘ iiii iaione d; Ccc iOsiO i fid idoi u ci d I M o di 9CcTì!O -de’ P oli. E noto che i rodeoto do corie poi un centro di nudi d e is ii ss li ‘r’ i Io.,co che romoe il itsve o del tomimo nel inondo del penncro. nUora enìigliente a un campo di razr nie mcl i i ire chi emmari i on certo due l nati i do ere con e I x ospedale cmi suoi cor o rigo di tre nm’i di fiionìti e n’i cli teologia. ‘ - visero l’onore di ridurre il Collegio a un cumulo di pie tre sbriciolate, e al Cardinale spetterà la seconda fatica di ricostruirlo ancor più solido, severamente armonio so, felicemente assestato nella distribuzione dei locali e nelle norme per regolare la vita spirituale dell’istituzio ne. Poiché il lungo soggiorno non è il suo destino e, sot to sorto, nemmeno la sua vocazione, eccolo obbedire ancora una volta al Papa che lo manda spedito a Ravenna, nel 1735. qual Legato pontificio, con incarichi di vario genere e natura, i quali corrispondono a cinque grossi fardelli posti sopra il corpo di una mezza cartuccia di uomo, le cui spalle, però, coperte di porpora e polvere, pur incurvandosì, reggono ancora validamente Le mansioni, dunque, sono cinque, le maggiori in tendiamo, oltre l’invito papale di rammorbidire gl’inacerbiti spiriti di parte cittadini. Considerìamole ad una ad una e seguiamole nello svolgimento. Compito a tempo pieno: perseguire il brigantaggio, facilitato da un terreno boscoso e acquitrinoso; e il Le gato non avrà mano morbida in quella ripulitura, del suolo detto, dai malandrini che l’infestavano nel susse guirsi di un malcostume che durava da molte stagioni. Impegno a medio termine: ridurre a dovere le acque più pericolose che fluiscono strette attorno alla città; e i fiumi Ronco e Montone saranno congiunti, prima di rag giungere le mura, in unico corso, deviato, bene arginato. allontanato dal capoluogo e quindi distolto dalla tenta zione di una fuoruscita per le vie cittadine. Obbligazione in tempo breve (relativamente): pro fittare della corrente dei Montone pci’ derivarne, frenan dola, canali irrigui, forza di propulsione per la ruota dci mulini, ‘msche all’aperto per le lavandaie; e il fiume o ‘napà accortamente sbarrato dalla Chiusa di San Mar co. nneido j[r. -tesso tempo plu tede ti sua d’ la Altra bhhgnzzc-nc rjatms ament Prometta nei -cmconmungcte le due rive dct Fu’ni Uniti, ali alre’za Il” ad VA No i a n r’ &g t cc tmu me un ponte di pietra. d Ponte Nuoro ‘ierra cettato. -mie eies-oto A aichi ui corse. d’acqua. torte e di classica ttura da sponda ponda Onere lungo (ma on roppo termine, che md orotratto tor le iseoid1e dem maggicrentm ‘ittadlii: tit n R nn ‘ I o a p0: -‘ - cinque anni di legazione a Ravenna, cioè di lotte con le asprezze del suolo e di chi vi cammi miva sopra, e dopo l’occupazione della Repubblica di San Marino in seguito a Bolla pontificia un errore che. in poco tempo, fece far marcia indietro agli occupanti, di rimbalzo. non dette lustro al Cardinale e ririverdì ne gli abitanti del montuoso statere [lo il gusto della libertà, cli senile affidata la Lecazione di Boloena. dove l’at tendevano altre rogne governative, vale a dire: por fine al contrabbando. avviare nuove opere idrauliche, dar di ramazza alle polverose ragnatele amministrative, appre starsi alla difesa dai nemici interni ed esterni, inL’olositi di una città con buona fama di studi, commerci, denaro e pochi cannoni. Una capitale che gli largì abbondanti grattacapi, in parte attenuati dal conferimento del so lenne titolo di Rettore dell’Università. il primo offerto ad un Legato. Ricostruito il Collegio placentino, come abbiarn det to, ogni tanto si concedeva una sosta di riposo nel pie colo appartamento a lui riservato, accanto al tempio del maestoso edificio, in cui si poteva riconoscere la vena artistica del costruttore e la dote della costanza nell’im prenditore. Là riposa [a sua salma dal 28 giugno 1752. Ravenna gli ha dedicato una via che conduce al ramo del Canale cli sua fattura, oggi malauguratamente interrato. Qua! risonanza abbia quella dedica non so. lo rammento, in proposito, il seguente episodio: percorrendo, un giorno, detta via, volli, per curiosità, chiedere ad un passante perché l’arteria stradale in cui ci trovavamo si chiamasse Alberoni. «Alberoni!» fu la sua sorpresa; poi, ripensandoci, aggiunse: «Aspetti, credo di poter darle una mano dicendole che t’orse in questo luogo c’erano grandi alberi. Non le pare?». Certamente: i grandi alberi crescono perfino sponta nei per le strade di Ravenna, come dimostra il ramifico e foglioso tronco di Via De Tornai, sbucato, rasente un D opo — - ‘I;’ Il Candiano è stato scavato in un territorio denso di canali, fossi, scoli, stagni, pialasse (laghi comunicanti col mare>, zone acquitrinose che in parte hanno facilitato, in parte ostacolato, il lavoro di scavo. La pianta, in cui è ben visibile il Canale da Ravenna a Porto Corsini e Marina di Ravenna, dà un’imma gine dell’odierno territorio circostante, simile a quello del tem po in cui l’opera fu compiuta. In alto (n.11) l’odierno corso del fiume Lamone corretto nell’andamento verso a foce dal Cardinal Alberoni, si secoli, il vanto e il beneficio di un porto; e un profon canale unirà l’urbe ai! ‘Àdriatico con un nome cnn piante secondo gli eveflti più o meno storici: Naviglio Alberoni, Canale Corsini, Candiano, Coi quattrini e il volere di Clemente XII, caparbio CI ro ooe e anni u u an i i j li mento, con l’impiego della competenza e assidua assi stenza dei Cardinale Alberoni, determinato, se occorre va, a rimaner accanito notte e giorno sul lavoro da ese r un pu ta nei e o te mii e u er in li peie idrauliche dei seco o» (Pastor-Vol XC celi i o 1 (IO muro, da un arcano sotterra, facendosi lapgo fra le stret te (lei la pani mentarione. Per la pubblicazione del presente fasci COlO ha offerto un contributo la Federazio ne Provinciale dei Coltivatori Diretti di Ravenna, cui va il ringraziamento del Co mitato Promotore.