Arboricoltura UNA PRATICA AUSILIARE ALLA CONCIMAZIONE TRADIZIONALE La concimazione fogliare delle pomacee Le foglie delle pomacee sono caratterizzate da una buona permeabilità ai nutrienti, tuttavia è bene ricorrere alla concimazione fogliare solamente in presenza di carenze. Il ricorso all’analisi fogliare nelle prime fasi della stagione vegeto-produttiva può aiutare a individuare precocemente condizioni di carenza, in modo da intervenire tempestivamente con un adeguato intervento curativo Elena Baldi, Moreno Toselli, Diego Scudellari, Bruno Marangoni A differenza delle drupacee, le pomacee presentano un intervallo fioritura-maturazione piuttosto lungo, nel quale la raccolta si completa generalmente piuttosto tardi. La lunga stagione vegeto-produttiva può determinare l’insorgenza di carenze, anche transitorie, di elementi minerali, alle quali è possibile far fronte con la concimazione fogliare. Le foglie del melo e del pero, infatti, presentano una buona attitudine all’assorbimento degli elementi nutritivi (ad esempio azoto) (Bukovac et al., 2002). In particolare, la presenza di tomentosità è stata associata alla ritenzione idrica delle foglie e al conseguente miglior assorbimento delle soluzioni irrorate (Hall et al., 1997). Per questo motivo la presenza di foglie giovani, che dispongono di una maggiore tomentosità della pagina inferiore, favorisce un migliore assorbimento di elementi nutritivi (Toselli et al., 2004). La gestione dei nutrienti L’azoto Hamilton et al. (1943) furono i primi a osservare che le foglie di melo sono in grado di assorbire azoto (N) in quantità discrete. Le ricerche condotte in seguito hanno evidenziato che i trattamenti fogliari con azoto producono un effetto positivo solo nei casi in cui le concentrazioni di azoto sono sotto ottimali (Merlo et al., 1987; Weinbaum, 1988). Premesso che melo e pero hanno esigenze di azoto simili, le applicazioni fogliari di urea sono particolarmente indicate in presenza di un’elevata allegagione, quando le riserve dell’albero sono ormai esaurite, e se contemporaneamente l’assorbimento radicale è limitato dalle basse temperature e dall’elevata umidità del suolo. In questa fase le somministrazioni di urea possono determinare un incremento del contenuto di clorofilla nelle foglie con effetti positivi sull’attività fotosintetica e il trasferimento di metaboliti dalle foglie ai semi e ai frutti (Doroshenko e Alyoshin, 2002). Le applicazioni di urea risultano essere efficaci anche in post-raccolta in quanto permettono: ■ il ristabilimento delle riserve azotate (Tagliavini et al., 1998; Fallahi et al., 2002); ■ un positivo effetto sullo sviluppo delle gemme a fiore; ■ una migliore allegagione e produzione nella stagione successiva. Studi effettuati su Golden Delicious (Toselli et al., 2004), impiegando la stessa quantità di azoto ureico (circa 1 g/albero) diluito in 1.500, 300 o 150 L/ha, hanno evidenziato un effetto del volume di irrorazione limitato alle prime 48 ore dal trattamento, quando la maggiore quantità di acqua ha determinato il massimo assorbimento di N. Tuttavia dopo 8 giorni dalla somministrazione di urea, i tre volumi non hanno influenzato l’assorbimento di azoto. Già dopo le prime 24 ore dal trattamento gran parte dell’azoto è stato rinvenuto nella foglia e, dopo circa 1 settimana, più dell’80% dell’azoto intercettato dalle foglie è stato assorbito. Il calcio Il calcio (Ca) svolge un importante ruolo nello sviluppo della pianta in quanto regola numerose funzioni cellulari, preserva l’integrità e la stabilità della membrana citoplasmatica e conferisce resistenza alla parete cellulare (Conway et al., 2002), attraverso legami con le pectine della lamella mediana. Lo dimostra il fatto che la concen- trazione di calcio nelle foglie è correlata positivamente con la tolleranza alla maculatura bruna del pero (Toselli et al., in stampa). Inoltre il calcio si comporta nel citoplasma come messaggero secondario, regolando alcune funzioni metaboliche come l’apertura e la chiusura dei canali di membrana. Un’adeguata concentrazione di questo elemento nel frutto è quindi necessaria non solo per garantire un buono standard qualitativo, ma anche per prevenire alcune fisiopatie che compaiono nella fase di post-raccolta, come la butteratura amara, il disfacimento interno, il riscaldo (Sharples e Johnson, 1977), la plara e la tuberosi. Sebbene la maggior parte del calcio presente nei frutti provenga dall’assorbimento radicale, i trattamenti alla chioma sono spesso necessari per aumentarne la concentrazione nel frutto. Studi effettuati da Rease e Drake (1993) sulla cultivar Golden Delicious hanno evidenziato come trattamenti a base di calcio riducano di circa il 90% l’incidenza della butteratura amara e aumentino la concentrazione di calcio nella buccia e nella polpa di circa il 10%. I trattamenti hanno mostrato una certa efficacia anche nel controllo dell’insorgenza del riscaldo e del disfacimento interno, determinando però, a volte, un leggero aumento della rugginosità del frutto. Sulle varietà sensibili alla butteratura (Braeburn, Jonagold, Fuji), in impianti con bassa carica e con squilibri vegeto-produttivi, sono indispensabili i trattamenti a base di sali di calcio a cadenze variabili secondo l’incidenza della fisiopatia negli anni precedenti. Durante la prima fase del ciclo vegetoproduttivo il frutticino compete con i germogli per l’accumulo di calcio per cui, sebbene la cuticola del frutto sia molto permeabile ai sali di calcio (Schlegel e Schoenherr, 2002), nella pratica si preferisce eseguire i trattamenti fogliari nella seconda fase di sviluppo del frutto, quando la frazione di calcio proveniente dall’assorbimento radicale è limitata (Casero et al., 2002). Retamales et al. (2001) hanno messo a punto un sistema di previsione delL ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 23/2004 65 Arboricoltura l’insorgenza della butteratura amara particolarmente affidabile per la varietà Braeburn. Secondo questo modello, un campione di mele prelevato circa 40 giorni prima della raccolta viene infiltrato sotto vuoto con un sale di Mg++ al fine di sostituire gli ioni Ca++ presenti nella polpa. Lo sviluppo dei sintomi di butteratura amara valutati sotto la buccia, dopo 16 giorni dall’infiltrazione a 18-20 °C, giustifica il ricorso a 3-4 trattamenti con cloruro di calcio (CaCl2) perché significa che il frutteto è a rischio di insorgenza della butteratura amara. Un parametro molto importante al fine di determinare la sensibilità alla fisiopatie è dato dal rapporto K/Ca; in Alto Adige, ad esempio, al fine di prevenire l’incidenza della butteratura amara, è stato stabilito che il rapporto ottimale deve essere inferiore a 30 (Drahorad e Aichner, 2001). Tuttavia la concentrazione di calcio e il rapporto K/Ca variano da frutto a frutto e l’insorgenza di fisiopatie risulta particolarmente probabile in annate di scarica e nei frutti situati nella parte interna della chioma (foto 1). Le diverse cultivar, inoltre, presentano una differente suscettibilità alle fisiopatie; ad esempio è stato osservato che nella Pianura Padana il calcio si accumula in mele della varietà Golden Delicious fino alla raccolta, mentre nelle varietà Fuji e Braeburn l’accumulo si arresta a circa 135 giorni dalla fioritura (Zavalloni et al., 2001), rendendo queste cultivar potenzialmente più suscettibili a fenomeni di carenza. Nelle condizioni favorevoli all’insorgenza della butteratura amara, si consigliano indicativamente dai 2-3 trattamenti per le cultivar poco sensibili (Gala e Rome Beauty) ai 6-8 trattamenti per quelle sensibili, distribuiti a cadenza di circa 10 giorni. Tra i diversi formulati in commercio, il cloruro di calcio ha spesso dato ottimi risultati, con dosi variabili tra 0,1 e 0,6 g/L di calcio (500-1.000 L acqua/ha), meglio se miscelato a un bagnante. Anche il nitrato di calcio può trovare un utile impiego in quanto consente di somministrare contemporaneamente calcio e azoto, mentre il ricorso a chelati o complessati di calcio, pur presentando un costo più elevato, non ha offerto in genere risultati migliori rispetto al cloruro di calcio (Conway et al., 2002; Yuri et al., 2002). Risultati incoraggianti sono stati ottenuti trattando la varietà Golden Delicious con peptidati di calcio, che si sono mostrati efficaci nell’abbassare il rapporto K/Ca (Marcolini et al., 2004a). Anche per il pero i trattamenti a base di calcio alla chioma si sono dimo- 66 L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 23/2004 1a 1b Foto 1a e 1b - Frutti della varietà Dallago affetti da fisiopatia riconducibile al disfacimento da senescenza (senescent breakdown) imputabile a squilibrio nutrizionale, come indicato dalla concentrazione di calcio di 118 ppm, rispetto a 206 ppm dei frutti sani, e soprattutto dal rapporto K/Ca di 52, rispetto a 18 dei frutti sani strati utili nella prevenzione dell’imbrunimento interno dei frutti della cultivar Passa Crassana e del riscaldo da senescenza sulle cultivar Abate Fétel e Kaiser (Gorini 1988; Raese e Drake, 1993). In una recente sperimentazione (Toselli et al., 1998) i frutti di Conference non hanno tratto alcun beneficio dai trattamenti alla chioma a base di calcio, probabilmente perché il calcio non è penetrato nella polpa, ma si è localizzato principalmente negli strati più esterni. Il magnesio e il manganese Il magnesio (Mg) e il manganese (Mn) sono nutrienti con caratteristi- che simili per cui spesso si comportano da antagonisti. Entrambi partecipano al processo fotosintetico e sono coinvolti, in maniera più o meno diretta, nella fisiopatia del melo che si manifesta con la comparsa di punteggiature necrotiche sulle foglie e la prematura filloptosi. Per questo spesso si ricorre alla loro somministrazione (soprattutto in Alto Adige) allo scopo di prevenire indesiderati sintomi di carenza (Porro et al., 2002; Thalheimer e Paoli, 2002a). Il manganese, in particolare, può risultare carente in suoli sciolti, calcarei, sub-alcalini e in presenza di elevate concentrazioni di calcio e magne- Foto: M. Tagliavini Foto: M. Tagliavini Arboricoltura Foto: M. Tagliavini 2a Foto: M. Tagliavini Foto 3 - Sintomi di magnesiocarenza su foglie vecchie della cultivar Golden Delicious; l’analisi fogliare ha riscontrato valori di magnesio pari allo 0,20% e di potassio pari al 2,1% 2b Foto 2a e 2b - Carenza di manganese riscontrata su foglie di melo sio. Carenze di manganese possono comparire più facilmente in alcune varietà come Golden Delicious, Gala e Fuji, soprattutto se innestate su portinnesti vigorosi come M11 e MM106 (Porro et al., 2002). I sintomi della sua carenza (foto 2) sono riconducibili a un ingiallimento internervale accompagnato nei casi più gravi da filloptosi (ad esempio nella cultivar Golden Delicious). Somministrazioni di manganese in primavera (ad esempio con solfato o complessato di manganese) alla dose di 0,2-0,5 g/L sono risultate efficaci nel contrastare la filloptosi (Porro et al., 2002) e possono avere effetti positivi anche sul colore di fondo del frutto e sulla composizione minerale di foglie e frutti (Deckers et al., 1997). I sintomi della carenza di magnesio sono più specifici e compaiono, sotto forma di aree clorotiche sulle foglie che possono diventare necrotiche (foto 3 e 4), in suoli sciolti o in presenza di elevate dotazioni di potassio. Si consiglia il ricorso a concimazioni fogliari con solfato o ossido di magnesio alla dose di 0,25-0,50 g/L. La somministrazione di peptidati di magnesio (alla do- Foto 4 - Sintomi di carenza di magnesio su foglie di pero della cultivar William se di 0,48 g/L) alla cultivar di pero William ha determinato un aumento di clorofilla, anche in foglie in buono stato nutrizionale (Marcolini et al., 2004b). Il solfato, il manganese e il magnesio possono essere somministrati insieme senza che vi sia una riduzione di assorbimento dei singoli elementi (Thalheimer e Paoli, 2002a) o la comparsa di rugginosità sull’epicarpo di Golden Delicious. Il boro L’apporto di boro (B) per via fogliare è importante soprattutto in quei frutteti che manifestano problemi di allegagione e cascole di fiori; all’inizio della fioritura (bottoni rosa) può essere quindi consigliabile l’utilizzo di concimi fogliari contenenti boro al fine di aumentare la vitalità del budel- lo pollinico. Le irrorazioni di questo elemento possono aumentare, inoltre, la concentrazione di calcio nel frutto al momento della raccolta, determinando una riduzione dell’incidenza della suberosità interna e della spaccatura delle mele, senza però influenzare la comparsa di butteratura amara. Un eccesso di boro, in seguito a trattamenti fogliari, può però accelerare la maturazione e lo sviluppo del colore rosso dei frutti e determinare un aumento dell’incidenza del disfacimento interno durante la conservazione (Merlo et al., 1987). È necessario quindi prestare molta attenzione all’utilizzo di questo elemento perché le soglie di carenza e tossicità sono molto vicine tra loro. Nello stato di New York, Stover et al., (1999) hanno osservato come trattamenti fogliari a base di boro, applicati in pre-fioritura, abbiano migliorato la produzione di piante danneggiate dal freddo l’anno precedente. Inoltre le applicazioni fogliari di calcio e boro accelerano la riparazione dei tessuti danneggiati che hanno subito stress termici (Andrews, 2002). Il pero è sensibile alle carenze di boro che possono ridurre l’entità dell’allegagione, la produzione e la pezzatura dei frutti (Raese, 1989). Trattamenti fogliari a base di boro, effettuati in post-raccolta, sono risultati più efficaci di fertilizzazioni al suolo eseguite in primavera (Sanchez et al., 1998), determinando un aumento di boro nei tessuti di nuova formazione (germogli e frutti). Tale risposta deriva dal fatto che il boro somministrato in autunno viene trasportato fuori dalle foglie negli organi di riserva per essere poi reso disponibile nella primavera successiva (Brown et al., 1999). In prove condotte nella provincia di Ferrara, trattamenti fogliari a base di boro, effettuati in pre-fioritura (bottoni fiorali) sulla cultivar Abate Fétel, non hanno determinato alcun effetto sull’allegagione e la produzione in alberi privi di carenze (Scudellari, comunicazione personale). Risultati diversi sono stati ottenuti in Polonia, dove è stato osservato un incremento della concentrazione di calcio nei frutti e nelle foglie della cultivar Conference con conseguente miglioramento della qualità del frutto in post-raccolta anche in assenza di carenze (Wojcik e Wojcik, 2003). I numerosi prodotti commerciali sono generalmente a base di acido borico o di poliborato di sodio con l’aggiunta, a volte, di azoto ureico o di complessanti a base di polisaccaridi o aminoetanolo (Peryea, 2002). Il titolo L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 23/2004 67 Arboricoltura di boro è in genere compreso tra il 5,4 e il 20,5%, per cui si devono dosare i composti in modo da somministrare non più di 500-1.000 g/ha di boro, frazionati in 2-3 interventi all’anno, evitando di intervenire in piena fioritura. Il ferro La clorosi ferrica è uno degli stress abiotici più importanti per il pero, alla cui comparsa concorrono numerosi fattori come il terreno calcareo, il pH subalcalino, la sensibilità del portinnesto, l’eccesso di azoto e di microelementi. Quest’ultimo aspetto trova un pericoloso riscontro nell’ampia indagine condotta nelle province di Bologna, Modena e Ferrara, dalla quale è emerso che in piena estate le cultivar Conference e Abate Fétel presentano concentrazioni di rame (Cu) e zinco (Zn), principali antagonisti del ferro (Fe), fino a 400-500 ppm ciascuno (Toselli et al., 2002). Tali valori sono giustificabili dal continuo ricorso a fungicidi, necessario per controllare agenti fungini e batterici con mezzi ecocompatibili. Sebbene non esistano indicazioni circa i livelli di tossicità del rame e dello zinco nelle piante arboree, tuttavia i sintomi degli eccessi di tali nutrienti sono descritti in alcune specie erbacee e si manifestano con sintomi che risultano simili alla clorosi ferrica; in queste situazioni l’apporto di ferro non risolve il problema. Numerosi e noti sono i formulati per la cura della clorosi ferrica (Garcia-Laviña et al., 2002); tra essi, oltre ai chelati sintetici (Fe-DTPA), merita maggiore considerazione il solfato di ferro (FeSO4) utilizzato da solo o miscelato con acidi organici (citrico o ascorbico) come chelanti naturali (Rombolà et al., 2000), mentre gli acidi applicati da soli hanno dato risultati poco incoraggianti. È bene ricordare che una corretta prevenzione della clorosi ferrica passa attraverso la scelta di materiale vegetale appropriato e una gestione agronomica oculata, come dimostrano i numerosi studi condotti presso il Dipartimento di colture arboree dell’Università di Bologna. Composti organici Accanto ai tradizionali concimi di origine minerale, attualmente sono a disposizione anche prodotti contenenti sostanze organiche di varia natura, tra cui aminoacidi, peptidi, enzimi, ormoni naturali, acidi umici e fulvici, microrganismi e vitamine. I risultati circa l’effetto di questi formulati ad azione biostimolante sono contraddittori: alcuni autori hanno riscontrato una buona efficacia di prodotti a base di aminoacidi sulla produ- 68 L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 23/2004 Tabella 1 - Concentrazione fogliare di macro e microelementi ritenute ottimali per Conference coltivata in Emilia-Romagna Elemento Caduta petali Allegagione N (%) 3,05-3,50 2,05-2,45 P (%) 0,30-0,40 0,19-0,23 K (%) 1,45-1,90 1,20-1,85 Ca (%) 0,65-1.00 1,00-2,05 Mg (%) 0,20-0,35 0,30-0,40 B (ppm) 10-50 15-35 Fe (ppm) 40-110 60-110 Mn (ppm) 25-55 30-70 Cu (ppm) 25-40 10-25 Zn (ppm) 30-50 20-50 Metà luglio 2,00-2,40 0,12-0,18 0,75-1,30 1,45-2,40 0,35-0,45 15-45 70-135 30-90 30-50 30-50 Epoca di raccolta: ultima settimana di agosto. Tabella 2 - Concentrazione fogliare di macro e microelementi ritenute ottimali per Abate Fétel coltivata in Emilia-Romagna Elemento Caduta petali Allegagione N (%) 2,80-3,40 1,95-2,70 P (%) 0,30-0,40 0,16-0,22 K (%) 1,60-2,20 1,25-2,00 Ca (%) 0,70-1,10 0,90-1,70 Mg (%) 0,25-0,40 0,30-0,60 B (ppm) 30-65 20-60 Fe (ppm) 50-90 60-120 Mn (ppm) 20-50 10-60 Cu (ppm) 20-30 5-50 Zn (ppm) 30-50 15-50 Metà luglio 2,00-2,45 0,14-0,20 0,80-1,50 1,10-1,90 0,35-0,50 15-50 60-95 20-60 25-50 30-50 Epoca di raccolta: prima settimana di settembre. zione e sulla qualità dei frutti danneggiati dalle gelate primaverili (Porro et al., 1998); così come è stato evidenziato un buon effetto dei trattamenti fogliari a base di estratti di alghe sulla distribuzione del sovracolore nella cultivar Gala, senza peraltro influenzare la produzione e la composizione minerale delle piante (Malaguti et al., 2002). In altri casi, invece, non sono stati evidenziati effetti positivi dall’utilizzo dei biostimolanti sulla produzione e sulla qualità di mele in buone condizioni nutrizionali (Thalheimer e Paoli, 2002b). Di conseguenza sembrerebbe emergere che l’efficacia dei prodotti diversi dai nutrienti minerali sia migliore in condizioni di stress per l’albero. Conclusioni In conclusione, al fine di perseguire la massima efficacia dalla tecnica della concimazione fogliare è fondamentale agire nei casi di carenze nutrizionali, somministrando solo i nutrienti carenti, ricordando che i dosaggi utilizzati con la fertilizzazione alla chioma sono limitati e permettono una cura temporanea della carenza. La diagnostica fogliare, da un lato, e la conoscenza della fertilità del suolo, dall’altro, risultano utili strumenti per determinare il momento migliore per intervenire. Dal punto di vista operativo è importante poter contare su indici di interpretazione della diagnostica fogliare in modo da poter intervenire tempestivamente in caso di carenze nutrizionali. Per questo motivo il Dipartimento di colture arboree dell’Università di Bologna, in collaborazione con il Centro ricerche produzioni vegetali (Crpv) di Cesena, ha coordinato un’indagine volta a formulare indici standard di riferimento da utilizzare per la corretta interpretazione dell’analisi fogliare di due cultivar di pero in Pianura Padana in tre diverse fasi fenologiche. A tal fine sono stati selezionati, con l’aiuto dei tecnici di produzione integrata della Regione Emilia-Romagna (province di Bologna, Modena e Ferrara), 9 frutteti commerciali della cultivar Conference e 9 della cultivar Abate Fétel, caratterizzati da produzioni costanti e dall’assenza di sintomi di carenze nutrizionali. Il prelievo delle foglie è avvenuto, per tre anni consecutivi, alla fase di caduta petali, all’allegagione (circa 40 giorni dopo la caduta petali) e in piena estate (tabelle 1 e 2). Il primo prelievo ha interessato le foglie della lamburda che si sono sviluppate utilizzando prevalentemente le sostanze di riserva accumulate negli organi perenni, mentre il secondo prelievo è stato eseguito in corrispondenza di una fase in cui l’albero è particolarmente esigente dal punto di vista nutrizionale in quanto gli apici vegetativi e i frutticini presentano un intenso accrescimento. Con la messa a punto di indici di riferimento in queste fasi critiche si è cercato di offrire uno strumento attraverso cui verificare lo stato nutrizionale dell’albero all’inizio del ciclo di fruttificazione, quando il margine di intervento è sufficiente per curare eventuali carenze che altrimenti potrebbero compromettere il buon esito produttivo. Elena Baldi Moreno Toselli Bruno Marangoni Dipartimento di colture arboree Università di Bologna [email protected] Diego Scudellari Crpv - Imola (Bologna) Gli autori sono grati a Massimo Fornaciari (Cesac, Modena) e Massimo Basaglia (Conerpo, Bologna) per la fattiva collaborazione nella messa a punto degli indici di riferimento per il pero. La bibliografia verrà pubblicata negli estratti. Arboricoltura BIBLIOGRAFIA Andrews P.K. (2002) - How foliar applied nutrients affect stresses in perennial fruit plants. Acta Hort., 594: 49-55. Brown P.H., Hu H., Roberts W.G. (1999) - Occurrence of sugar alcohols determines boron toxicity symptoms of ornamental species. J. Amer. Soc. Hort. Sci., 124 (4): 347-352. Bukovac M.J., Cooper J.A., Whitmoyer R.E., Brazee R.D. (2002) - Spray application plays a determining role in performance of systemic compounds applied to foliage of fruit plants. Acta Hort., 594: 65-75. Casero T., Benavides A., Recasens I., Rufat J. 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Deficienze di azoto, ad esempio, sono ricorrenti nei casi di elevata allegagione e nelle prime fasi del ciclo vegeto-produttivo, in concomitanza della decisa competizione nutrizionale dei germogli. Nella seconda fase di sviluppo del frutto, l’apporto fogliare di calcio spesso risulta l’unica via per aumentare la concentrazione di calcio nel frutto, in quanto, in questa fase, il calcio assorbito dalle radici viene di preferenza accumulato nei germogli. La concimazione fogliare, inoltre, viene comunemente utilizzata per curare carenze di boro, magnesio e manganese, che ricorrono spesso in frutteti commerciali associate ad andamenti stagionali freddi e piovosi. Il ricorso all’analisi fogliare nelle prime fasi della stagione vegeto-produttiva può aiutare a individuare precocemente condizioni di carenza, garantendo il tempo necessario per un adeguato intervento curativo. L ’ I N F O R M A T O R E A G R A R I O 23/2004 1