Pubblicazioni del Centro Aletti
Tomás̆ S̆pidlík
Miscellanea I.
Alle fonti dell’Europa
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
INDICE
© 2004
prima edizione: settembre 2004
Gli articoli di Tomás̆ S̆pidlík compaiono per gentile concessione dei rispettivi editori (citati
di volta in volta): costoro conservano, pertanto, il copyright originale di ciascuna opera.
Autore: Tomás̆ S̆pidlík
Titolo: Alle fonti dell’Europa. Miscellanea I.
Collana: Pubblicazioni del Centro Aletti
Formato: 130x210 mm
Pagine: 192
In copertina: particolare di un dipinto di M.I. Rupnik
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 88-86517-88-2
Introduzione...........................................................
7
Abbreviazioni .......................................................
13
1. L’inculturazione slava .......................................
15
2. L’idea cirillo-metodiana e il messianismo slavo:
un’antinomia originaria? .......................................
29
3. Fra cultura slava e tradizione latina.
Orientamenti culturali per una sintesi educativa ..
45
4. L’influsso del monachesimo
sulle forme statali dell’est europeo ....................
63
5. Le difficoltà della democrazia nei paesi slavi
89
6. Il contributo della Romania
ad una spiritualità europea .................................
103
7. Memoria e futuro dell’Europa ........................
121
8. I due polmoni dell’Europa ..............................
141
9. L’uomo, essere storico ....................................
155
10. L’unità spirituale dell’Europa ........................
165
Introduzione
L’opera del card. ·pidlík rappresenta un unicum nella
riflessione teologica della seconda metà del XX secolo.
Affiancato a p. Hausherr per lo studio della spiritualità patristica e bizantina orientale, ha poi definitivamente aperto e sviluppato il nuovo campo di ricerca
della spiritualità dei popoli slavi.
Pienamente immerso in questo contesto, e allo stesso tempo pienamente capace di riconoscerne l’originalità, p. ·pidlík ha avuto un enorme senso dell’inculturazione. Non ha infatti riproposto i risultati delle sue ricerche tali e quali erano, spogli del contesto, magari
racchiudendoli in categorie e schemi precostituiti, inevitabilmente frutto di un diverso contesto culturale, come chi prima si fabbrica un mobile con tanti cassetti e
poi cerca di ridurre ed adattare ciò che la vita gli pone
davanti alla misura dei suoi cassetti. Per p. ·pidlík l’oggetto del suo studio è diventato dirompente anche dal
punto di vista del metodo e dell’impostazione intellettuale.
Cosí, in questa sua originale opera di studio dell’oriente cristiano, che gli è costata pure non poche incomprensioni soprattutto da parte del mondo accademico, ·pidlík ha saputo cogliere e riconoscere le cate-
7
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
gorie, i simboli delle tradizioni e culture orientali all’interno dei loro riferimenti culturali. Ha fatto cioè opera
“scientifica” in senso vero, in quanto, al di là di un rigore solo formale, ha superato pregiudizi e giudizi culturali, etnocentrici e confessionali, per comprendere
dal di dentro i passi progressivi della storia della salvezza nei popoli di tradizione orientale, attento allo stesso
tempo al monito di san Paolo di esprimere “cose spirituali in termini spirituali” (1Cor 2,13).
Per questo, oggi che insieme alla loro indiscutibile
grandezza sentiamo pure i limiti delle teologie che in
gran parte si sono sviluppate prevalentemente entro i
limiti di un confronto serrato con le culture del XIX e
XX secolo—un confronto che le ha segnate soprattutto
sul versante del metodo, dal quale esse credevano di
poter ricavare uno statuto di scientificità, e quindi la
giustificazione della propria esistenza all’interno di tali
culture—, sentiamo tutta la freschezza dell’opera di p.
·pidlík, opera non solo di erudito, ma di chi sa scorgere nei tesori custoditi e talvolta anche dimenticati della
Chiesa risposte per le domande fondamentali del mondo contemporaneo.
Tracciando una volta un profilo del metodo di lavoro di I. Hausherr, ·pidlík raccontava in un certo modo,
a questo proposito, qualcosa di autobiografico. Ricordava come il suo maestro, insieme ad altri grandi come
H. de Lubac e J. Daniélou, seguiva un metodo di lavoro che si fidava, piú che dell’analisi testuale, di una illuminazione ispirativa, frutto di una intuizione spirituale
che suppone la connaturalità di chi legge con l’autore
del testo esaminato. E che applicava alle sue letture ciò
che Origene afferma con tanta insistenza della Scrittu-
8
Introduzione
ra: tanti libri, redatti in epoche diverse, da autori diversi, con generi letterari altrettanto diversi, ma con un
unico senso spirituale. L’energia dello Spirito Santo non
esclude altri livelli di visione, ma li penetra, li discerne e
alla fine fa sí che manifestino l’unico Cristo nella sua
pienezza e nella sua unità.
Questo criterio di una lettura dei testi patristici e
spirituali oltre il livello della lettera, per attingere al piano della conoscenza spirituale, spiega perché le grandi
verità spirituali siano spiegate da ·pidlík mettendo insieme autori di tempi e aree geografiche diverse, passando con naturalezza dall’uno all’altro, come in un
unico, ininterrotto colloquio di tutti coloro che sono
presenti nella memoria di Dio.
Una teologia quindi il cui fondamento è la vita nello
Spirito, il principio gnoseologico l’amore, lo studio un’iniziazione alla memoria spirituale e sapienziale e il dialogo con l’uomo concreto un criterio indispensabile.
Con questa sensibilità, p. ·pidlík è andato a scavare
nei campi della teologia orientale quei contenuti che
potrebbero essere oggi fonte di vita e che allo stesso
tempo potrebbero essere vitalizzati proprio in quanto
accolti. Questo atteggiamento è divenuto per p. ·pidlík
come uno stile: cercare di gettare ponti ancora piú consolidati tra questi tesori scavati dalla sua ricerca e l’uomo di oggi, in un legame organico con le piú alte sfere
della cultura in senso stretto, ma allo stesso tempo con
un grande senso della cultura popolare ed un forte radicamento in essa.
Come vediamo, tanti hanno riportato alla luce cose
antiche, sepolte, ma rimangono morte e accrescono solo il bagaglio dell’erudizione. In ·pidlík divengono ric-
9
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
chezza dell’incarnazione, della trasfigurazione delle
culture in Cristo nella storia della salvezza, acquistano
cioè un messaggio teologico capace di ispirare, di orientare le persone, di assumere per loro un valore esistenziale.
Questa opera—frutto di lunghi anni di diligente ricerca e di riflessione, insieme ad una grande sensibilità
artistica per la cultura contemporanea—abbraccia sia
la ricerca, la sistematizzazione, che la divulgazione, e si
distende per oltre 140 libri e piú di 600 articoli, disseminati in una pluralità di riviste la maggior parte delle
quali di difficile reperibilità e provvisoriamente raccolti
in dieci poderosi volumi miscellanei rilegati alla buona.
È nata cosí l’esigenza di dare la possibilità di una
piú ampia diffusione a questi articoli, almeno a parte di
essi, e con ciò anche la necessità di trovare un criterio
per questa raccolta.
Dopo qualche esitazione, ci è sembrato che tale criterio potesse essere quello dell’omogeneità di argomento, individuando temi che non dessero origine a tomi di
una mole che scoraggia la lettura, ma a dei volumi piuttosto agili. Questo criterio, se forse ha lo svantaggio di
incorrere in qualche inevitabile ripetizione, ha indubbiamente il beneficio di far cogliere il nucleo del pensiero, la costante convinzione dell’autore.
La raccolta della miscellanea del card. ·pidlík comincia cosí con questo primo volume dedicato all’integrazione europea. Nell’anno in cui si è avuto l’allargamento dell’Unione Europea ad alcuni paesi dell’est
Europa, ci è sembrato che fosse doveroso iniziare da
questo tema, dato che p. ·pidlík ha impiegato tutta la
sua vita nello studio di una spiritualità europea che in-
10
Introduzione
tegrasse i contenuti custoditi dalle due grandi tradizioni
ecclesiali: l’occidentale e l’orientale.
Gli articoli di questa prima raccolta toccano allora i
tratti principali che hanno caratterizzato l’inculturazione del cristianesimo presso i popoli slavi nella loro diversità dalla tradizione latina, come questi tratti abbiano lasciato la loro impronta anche nelle forme statali,
quali siano i contributi primari che tale eredità orientale può dare al delinearsi di un cristianesimo europeo, e
un articolo sul senso della storia presso gli autori orientali, per aiutarci a cogliere meglio anche lo sfondo in
cui collocare le dinamiche in atto.
Con ciò vogliamo anche festeggiare—cioè rendere
grazie a Dio e a tanti amici che hanno condiviso e aiutato questo cammino—i dieci anni di Lipa. In questi anni
di lavoro nascosto, intenso, un po’ casalingo, ma allo
stesso tempo tenace, competente e pieno di amore (cosí
almeno ci piace pensare), i libri di Lipa—senza che Lipa
lo abbia cercato—hanno avuto una straordinaria diffusione, tanto che oggi questa minuscola casa editrice conta piú di 120 traduzioni in lingue diverse dall’italiano.
È questo il nostro modesto contributo ad una teologia veramente europea, convinti che il futuro della teologia, della spiritualità e della pastorale, e quindi dell’evangelizzazione in Europa, nasce dalla volontà di integrare i contenuti custoditi dalle due tradizioni apostoliche, in modo che—come ripete spesso il card. ·pidlík—
l’Europa giunga non solo a respirare con due polmoni,
ma anche e soprattutto ad avere un solo cuore.
p. Marko I. Rupnik
11
Abbreviazioni
DS
= Dictionnaire de spiritualité, (17
voll., Paris 1937-1995)
Grandi mistici
= T. ·pidlík, I grandi mistici russi,
Roma 1977
Grégoire de Nazianze
= T. ·pidlík, Grégoire de Nazianze.
Introduction à l’étude de sa doctrine
spirituelle, OCA 189, Roma 1971
Idea russa
= T. ·pidlík, L’Idea russa, Roma
1995 (orig.: L’idée russe. Une autre
vision de l’homme, Troyes, 1994)
OCA
= Orientalia Christiana Analecta
OCP
= Orientalia Christiana Periodica
(Roma: Pontificio Istituto Orientale, 1935-)
PG
= J.-P. Migne (ed.), Patrologia cursus completus, series graeco-latina
(161 voll., Paris 1857-66)
Preghiera
= T. ·pidlík, La preghiera, Roma
2002 (orig.: La spiritualité de
l’Orient chrétien. II. La Prière,
OCA 230, Roma 1988)
Spiritualità Or. cristiano = T. ·pidlík, La spiritualità dell’Oriente cristiano. Manuale sistematico, Roma 1985 (orig.: La spiritua-
13
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
1. L’inculturazione slava
1
lité de l’Orient chrétien. Manuel
systématique, OCA 206, Roma,
1978)
Teofane il Recluso
(1100° anniversario della morte di san Metodio)
= T. ·pidlík, Il cuore e lo Spirito.
La dottrina spirituale di Teofane il
Recluso, Roma 2004 (orig.: La
doctrine spirituelle de Théophane
le Reclus. Le Coeur et l’Esprit,
OCA 172, Roma 1965)
Introduzione storica2
L’anno cirillo-metodiano—mille e cento anni dalla
morte di san Metodio—che si celebra in diversi luoghi,
ci offre la possibilità di fare una breve riflessione su ciò
che fu l’inculturazione slava, argomento che in passato
non è stato abbastanza apprezzato, ma che costituisce
una esperienza storica molto particolare. Per rendercene conto, dobbiamo premettere una brevissima introduzione storica.
Si sa che l’antico ideale di pax romana per una civiltà
unica nell’unico regno mediterraneo cominciò a crollare
quando Diocleziano nell’anno 286 divise l’impero in
due parti, l’occidentale e l’orientale, con due “cesari” diversi. Queste due parti dell’oikouméne, terra civilizzata,
cominciarono a diversificarsi e ad opporsi proprio nel
1
In Portare Cristo all’Uomo, Congresso del ventennio dal
Concilio Vaticano II, Studia Urbaniana 1985, 849-858.
2
Cf F. Dvornik, The Making of Central and Eastern Europe,
London 1949.
14
15
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
momento in cui i nuovi popoli “barbarici” entrarono
sulla scena del mondo conosciuto. Questi nuovi popoli
divennero allora cristiani occidentali ed orientali, appartenenti quindi a due culture diverse. Nel secolo IX la
separazione delle Chiese diventò quasi un fatto compiuto. Ed è appunto in quel tempo che vengono battezzati
i popoli slavi, una grande massa di forze nuove che si
collocano proprio nel mezzo delle due parti del mondo.
Fin dall’inizio sorse la domanda: apparterranno all’occidente o all’oriente? I santi Cirillo e Metodio furono greci mandati dall’imperatore di Costantinopoli nel
territorio dell’Europa centrale, dove già lavoravano dei
missionari occidentali. Sembrava quindi inevitabile un
conflitto. Ma apparve anche una soluzione del tutto
nuova e, per quel tempo, inaspettatamente moderna.
Anche se venuti dall’oriente, i due missionari si recarono a Roma. Ed a Roma accadde una cosa che può essere definita un miracolo, un segno dei tempi. Nonostante le obiezioni levate da tutte le parti, il papa affida a
Metodio l’incarico di fondare una “Chiesa del centro”,
né orientale, né occidentale, con una lingua liturgica
propria, destinata a creare una propria tradizione. Se
l’impresa fosse riuscita, il volto della Chiesa universale
sarebbe oggi diverso. Non sarebbe nata quella millenaria opposizione fra la Chiesa vivente nella cultura latina
da una parte e tutto il resto del mondo dall’altra.
Ma il grande progetto fallí. Le ragioni sono le piú diverse; hanno però un denominatore comune: gli slavi
entrarono in un mondo cristiano diviso ed essi stessi furono divisi, quasi tagliati a metà in slavi occidentali—
con la cultura latina—e slavi orientali, inseriti nella cultura greca. Invece di contribuire alla conciliazione della
16
1. L’inculturazione slava
Chiesa d’occidente con quella d’oriente, essi vivono ancora oggi l’antagonismo dello scisma sul proprio corpo.
Il grande esperimento missionario si risolse quindi
in un fallimento: cosí almeno sembra. Eppure, non del
tutto. È rimasta una cosa importante: la liturgia slava e,
anche nei paesi di rito latino, la tradizione di molti canti
e di “paraliturgie” nella propria lingua, l’amore di “lodare Dio con la propria lingua”.
Lodare Dio con la propria lingua
Questo fatto era raro già nel secolo IX. Infatti, sia a
Venezia che a Roma, i missionari slavi sentirono delle
gravi obiezioni. Si legge nella vita di Costantino-Cirillo:
“Si radunarono contro di lui vescovi, preti e monaci,
come corvi contro un falco e sollevarono l’eresia delle
tre lingue dicendo: senti tu: dicci perché ora tu hai
composto l’alfabeto per gli slavi e lo insegni [loro]. Ciò
non venne escogitato prima da nessuno, né da Gregorio
Magno, né da Girolamo, né da Agostino. Noi non conosciamo che le tre lingue nelle quali è lecito lodare
Dio: l’ebraico, il greco ed il latino”.3 Invocando la Scrittura e la storia della Chiesa, Costantino-Cirillo ribadiva
il diritto di ogni nazione a lodare il Signore nella propria lingua e finiva: “Se non volete capirlo da ciò, riconoscete almeno che la Scrittura può essere invocata come giudice”.4
3
La Vita di Costantino-Cirillo 16, 2-3, trad. V. Peri, Milano
1981, 93.
4
Ibid. 16, 8-9, 93.
17
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
Lasciamo agli studiosi il giudizio sulla credibilità
delle diverse ipotesi sul come i fratelli di Tessalonica
abbiano imparato la lingua slava; sta di fatto che la conoscevano perfettamente e che sono giustamente considerati come i padri della letteratura e dei popoli slavi.
La psicologia conferma che l’uso di una certa lingua
nella comunicazione tra gli uomini è un fattore che influisce molto sulle modalità delle relazioni umane e che
aiuta il crearsi di una certa mentalità. Ma lo stesso avviene anche nel rapporto con Dio. Anzi, ancora di piú, dal
momento che nelle espressioni religiose l’uomo parla dal
profondo del suo cuore. Il linguaggio liturgico fa nascere
una certa mentalità religiosa, un certo tipo di spiritualità.
La teologia cattolica dopo il Vaticano II affronta i
vari problemi connessi con l’“inculturazione del cristianesimo”. Ora, tutti i popoli sono piú o meno consapevoli che i termini riguardanti l’esperienza religiosa si
dovrebbero poco “tradurre” da una lingua straniera
nella propria, e piuttosto si dovrebbe ritrovare il senso
spirituale del linguaggio nativo.
Sotto questo aspetto, gli slavi si possono dire fortunati. L’attività letteraria dei santi Cirillo e Metodio comincia con le traduzioni, che costituiscono allo stesso
tempo gli inizi della loro cultura letteraria. Le parole
che per opera dei santi fratelli di Tessalonica divennero
in senso proprio una lingua, apparvero primariamente
nel loro significato sacro e molte di esse, per lungo
tempo, vennero usate solo in un contesto religioso. Ciò
contribuí a dare al loro contenuto delle sfumature di
una rivelazione personale nel parlare.
L’origine della cultura religiosa slava risale quindi, in
modo diretto o indiretto, ad una sorgente comune. Ma
18
1. L’inculturazione slava
oggi d’altra parte, dopo tante diversificazioni e divisioni
nel tempo—piú di un millennio—molti si chiedono giustamente se si possa parlare di una spiritualità slava in
genere. Parecchi non osano neppure proporre piú una
domanda del genere, impressionati dal fatto che gli slavi oggi non formano un blocco omogeneo, ma una frantumazione di nazioni ciascuna con caratteristiche particolari, divise anche in due Chiese separate: l’orientale e
l’occidentale.
Non può essere neppure nostra intenzione negare o
diminuire il dato incontestabile della diversità dei singoli
popoli. Ma l’occasione dei festeggiamenti dell’anniversario della nascita delle nostre culture ci stimola alla ricerca
della radice comune nelle varietà, opera forse difficile,
ma sempre affascinante per chi cerca la verità. In un breve articolo non si può far altro che una specie di elenco
dei tratti che spiccano maggiormente, e che hanno quindi diritto di essere considerati come i piú caratteristici.
L’autorità dei libri
La grande autorità dei libri è un aspetto della spiritualità slava che, specialmente nei primi tempi, si mostrò molto significativo. Derivava direttamente dall’eredità letteraria cirillo-metodiana. Ma doveva in seguito
provocare una reazione contraria, nella quale l’anima
slava si mostrò con il suo volto piú genuino.
Le condizioni del cristianesimo nascente nei paesi
slavi erano certamente diverse da quelle del mondo greco-romano. Qui il vangelo rappresentava la vittoria dei
semplici sulla prepotente forza culturale e statale del
paganesimo. Un novizio che si avventurava nel deserto
19
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
egiziano cercava di ottenere un lógion, una parola di
salvezza dalla bocca di un famoso “padre”, che era
spesso un uomo semplice, di poca cultura. Nei paesi
slavi, al contrario, il mondo cristiano si presentava come un mondo di cultura, di letteratura, di leggi e civiltà: questo nuovo mondo, dagli orizzonti nuovi, viene
subito tradotto nei libri in lingua nazionale. È quindi
facile che le “Scritture”, nel senso largo della parola,
dessero l’impressione che vi fosse già detto tutto ciò di
cui l’uomo ha bisogno.5
La cosiddetta Cronaca di Nestore, all’anno 1037, dopo aver tracciato la storia del principe Jaroslav il Saggio
fa il seguente commento: “Altri è colui che ara la terra,
altri colui che semina, altri ancora coloro che mietono e
mangiano frutti senza aver faticato. Cosí il santo padre
Volodymir [Vladimiro] ha arato e coltivato la terra mediante la sua decisione di illuminarla con il battesimo;
questi [cioè Jaroslav il Saggio] ha seminato nei cuori
dei fedeli la parola dei libri; noi, infine, mietiamo, accogliendo la dottrina dei libri. Grande infatti è l’utilità
dell’istruzione che il libri ci procurano. I libri ci comandano ed insegnano la via della penitenza; dalle parole dei libri acquistiamo la sapienza e la temperanza. I
libri sono fiumi che irrigano la terra intera, sono le fonti della sapienza; i libri sono un abisso senza fondo, ci
consolano nella tristezza, sono il freno della temperanza”. Una lunga citazione del libro della Sapienza conferma questa autorità attribuita dalla Cronaca ai libri.6
20
5
Cf Grandi mistici, 185.
6
Ed. D.S. Lichaãëv, Moskva-Leningrad 1950, 102-103.
1. L’inculturazione slava
La mistica della vita
Non possiamo meravigliarci se gli slavi, appena battezzati, furono veramente sbalorditi dalla ricchezza di
tutto ciò che venne loro trasmesso. Ma fin dall’inizio
furono persuasi che per essere cristiani bisogna dare a
queste forme una vita propria. Si sentirono come un
iconografo che dipinge le icone. Le forme esterne sono
tradizionali, però la luce e le sfumature dei colori sono
tutte sue, originali. Ed è proprio questo senso di “vita”
che attraverso i secoli caratterizza lo sforzo degli autori
slavi. Pavel Florenskij ne scopre una testimonianza nella stessa parola per “verità”.7
La parola “verità”—osserva questo originale teologo
russo—è molto significativa per conoscere la mentalità
dei vari popoli. Il termine ebraico ’emèt, ’emes ha la
stessa radice del verbo ’aman (cf amen), sostenere.
Verità, quindi, significa una parola fedele di cui ci si
può fidare. Corrisponde bene alla vocazione del popolo
ebraico, portatore della rivelazione divina. Conoscere le
parole di Dio significa conoscere la verità. Anche il termine latino veritas ha un carattere sacro. Ha la stessa
radice del tedesco wehren (impedire), dello slavo vera
(fede) e del latino verenda. La verità è un mistero, un
tabú. L’uomo non deve illudersi di poterla facilmente
capire.
La parola greca alétheia rivela una mentalità antitetica. Se lêthos, lâthos significa essere dimenticato, nascosto, l’a privativo nega questo stato. L’alétheia, la verità,
7
P. Florenskij, La colonna e il fondamento della verità, Milano 1974, 55ss.
21
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
è quindi ciò che abbiamo scoperto e che è presente alla
nostra mente. Il termine corrisponde perfettamente alla
nostra mentalità europea, fondata dai greci. Riteniamo
vere tutte le scoperte fatte dalla scienza, cioè dimostrabili. Il mistero non c’interessa troppo: appartiene al mito, che sfugge alla verità.
La parola slava per dire “verità” è istina. Ha la stessa radice del latino est e del tedesco ist. Il vero è “ciò
che esiste”. Il termine slavo è quindi esistenziale (se
non si vuole dire esistenzialista). La filologia però ci
aiuta anche a scoprire sotto quale aspetto particolare
questa esistenza è percepita. Il sanscrito asmi significa
spirare, quindi vivere. Gli slavi hanno sempre fortemente avvertito che quanto esiste deve essere qualche
cosa di vivo. Vero è ciò che vive, la verità è vita.
Nell’introduzione alla sua famosa tesi, Crisi della filosofia occidentale, V. Solov’ëv scrive: “Questo libro è fondato sulla convinzione che la filosofia, nel senso di conoscenza astratta, esclusivamente teoretica, ha terminato la sua evoluzione e appartiene già irrevocabilmente al
passato”. Per evitare ogni equivoco, quasi che questo
giudizio potesse essere inteso come una critica della metafisica e un argomento a favore delle scienze positive,
Solov’ëv aggiunge di essere pronto a difendere il suo atteggiamento non soltanto “di fronte alla tendenza speculativa della filosofia, chiamata dai positivisti metafisica, ma anche di fronte alla tendenza empirica che trova
la sua ultima e completa espressione nel positivismo”.8
8
V. Solov’ëv, La crise de la philosophie occidentale, Paris
1947, 161.
22
1. L’inculturazione slava
Il libro di Solov’ëv analizza la storia del pensiero europeo cominciando da Giovanni Scoto Eriugena e da
Abelardo, fino all’hegelismo tedesco. Vi scopre uno
sforzo secolare e progressivo, ma sempre piú disperato,
di tradurre la visione spirituale del mondo in concetti
di ragione e, peggio ancora, il tentativo di studiare
l’esperienza religiosa solo con i metodi scientifici, descrivendola con i criteri positivistici. Il risultato non
può essere che uno solo: l’ateismo. La verità, proposta
come concetto, come nozione morta, non può essere
religiosa, perché Dio è essenzialmente il “vivente”.
La cosmologia spirituale
È la verità che vivifica i libri, ma essa costituisce anche, per cosí dire, il “respiro” del cosmo. Si dice spesso
che gli ebrei abbiano trovato Dio meditando sugli eventi della loro storia, i greci, al contrario, contemplando il
cosmo. Infatti, nella spiritualità dei padri greci, l’aspetto cosmologico è ben sviluppato. “Chi visita la chiesa di
Santa Sofia a Costantinopoli—scrive Sergej Bulgakov—
sarà per sempre arricchito da una nuova visione del
mondo di Dio, cioè dalla Sapienza di Dio”.9
Anche nell’oriente slavo si costruirono le chiese di
Santa Sofia. Eppure è caratteristica la trasformazione
che ha subito la sua rappresentazione. Quando verso il
1500 gli abitanti di Novgorod collocarono sull’iconostasi della loro chiesa l’immagine della Sapienza divina,
trovarono un’espressione artistica che corrispondeva
9
The Wisdom of God, London 1937, 13.
23
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
meglio al loro atteggiamento religioso. La Sapienza vi è
raffigurata sotto forma di un angelo sul trono imperiale,
con un volto femminile. Questa rappresentazione personificata nasconde un tratto della spiritualità slava già
indicata: l’impossibilità di adorare un’idea astratta. Nel
centro dei circoli cosmici deve “spirare” un essere materno che dà vita a tutto ciò che si offre al suo sguardo.
Quest’atteggiamento si manifesta anche nel caldo
sentimento che gli slavi nutrono verso la “Madre terra
umida”.10 La terra è considerata come una cosa santa, e
l’uomo può offenderla, vivendo contro la legge di Dio.
Nasce quindi un certo senso comunitario con tutta la
creazione sia nel bene che nel male, la consapevolezza
che siamo obbligati a santificare tutto il cosmo. Anche
le cosiddette dottrine “sofiologiche” o “sofianiche” dei
russi recenti sono espressione eloquente di uno sforzo
di vedere il mondo in modo “scientifico” e nello stesso
tempo religiosamente, “liturgicamente”.11
La persona—primo fondamento della società
I tipici villaggi slavi, che per lunghi secoli vissero
una vita comunitaria assai stretta, crearono uno spirito
collettivistico sulla base delle tradizioni locali. Queste
tradizioni, conservatrici e creative allo stesso tempo, furono un elemento importante nella formazione dei costumi, della mentalità, della religiosità del popolo. Tale
10
fenomeno si osserva evidentemente in tutto il mondo.
Ma, a parere di A.S. Chomjakov (†1860), iniziatore del
movimento degli “slavofili”, le tradizioni popolari slave
avrebbero conservato il senso cristiano in una purezza
tale da poter giustificare una fede nella vocazione speciale riservata da Dio al semplice popolo slavo.12
Chomjakov fece una profonda conoscenza dell’Europa occidentale e la riconobbe per molti aspetti incomparabilmente piú progredita. Eppure l’occidente,
pensava Chomjakov, si trovava davanti ad un problema
che non riusciva a risolvere: nonostante tutti gli sforzi
di unificazione, rimaneva ideologicamente e politicamente diviso, tormentato da travagli che Chomjakov, a
casa sua, non aveva mai conosciuti. Quale è il motivo di
questa esperienza? La risposta gli parve semplice. Nella
gioventú egli aveva avuto l’esperienza dell’unità e non
della divisione, grazie ad una madre che aveva saputo
armonizzare gli elementi antinomici della vita familiare.
È quindi sbagliato cercare il vero fondamento della
società e della Chiesa solo su di un piano giuridico,
strutturale, logico, formale. Il principio della vera unità
fra gli uomini non può essere che una persona viva.
Nella sua famiglia era stata la madre, nella grande famiglia umana è la persona di Cristo. E durante la storia
Cristo vive nelle persone vive, nelle persone credenti,
nel popolo.
Grandi mistici, 345ss.
11 Cf Spiritualità Or. cristiano, 326-327 (bibliogr.). Ved. anche
Idea russa, 351-376.
24
1. L’inculturazione slava
12 Cf A. Gratieux, A.S. Khomiakov et le mouvement slavofile, 2
voll., Paris 1954.
25
Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
La conoscenza del cuore
Basta vedere i dizionari linguistici slavi per convincersi quante volte ed in quanti contesti gli slavi utilizzino la parola cuore. Di questo frequente uso testimoniano anche gli indici dei libri spirituali. Là dove in occidente si impiega la voce mente o ragione o intelletto,
gli slavi vi sostituiscono il cuore.
Per evitare degli equivoci e le accuse che si tratti di
un banale sentimentalismo, ci vogliono alcune precisazioni che si possono riassumere brevemente sotto tre
aspetti: con il termine di “cuore” la tradizione slava intende 1) la conoscenza integrale, 2) una disposizione
stabile, 3) la conoscenza intuitiva.
Il pensiero slavo, come dimostra N.O. Losskij,13 si
differenzia infatti dall’astrattismo e dall’oggettivismo
della filosofia occidentale. Le sue caratteristiche sono, al
contrario, l’intuitività, l’ideale di una conoscenza integrale, il carattere religioso di ogni problema sociale, filosofico ed anche scientifico. Gli aspetti citati hanno una
radice, già menzionata in precedenza: il concetto vitale
della verità. La vita suppone l’integrità dell’uomo, la
collaborazione armoniosa di tutte le facoltà e questa si
esprime meglio con il termine “cuore”.
Anche nell’insegnamento scolastico occidentale si
trovano delle considerazioni profonde sull’importanza
delle disposizioni interne stabili, durature, chiamate habitus.14 Quando poi si chiede dove risiedono queste
13 Histoire de la philosophie russe des origines à 1950, Paris
1954, 26ss.
14
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S. Pinckaers, “Habitude et habitus”, DS VII (1969), 2-11.
1. L’inculturazione slava
virtú, non si dubita che esse abbiano la loro sede nella
volontà, che è la principale forza morale dell’uomo. Le
opinioni su quest’oggetto variano, ma la maggioranza
degli autori concorda nel non dare eccessiva importanza ai “sentimenti” perché sono instabili e superficiali.
Sorprende quindi che gli autori slavi, al contrario,
cerchino la stabilità e la serietà della vita spirituale proprio “nei sentimenti del cuore”. Scrive per esempio
Teofane il Recluso: “Sappiamo bene che quando l’uomo è penetrato da un sentimento, questo lo rende, in
un certo modo, stabile: egli è disposto a dirigere ogni
sforzo verso tutto ciò a cui lo spinge questo sentimento”.15 Bisogna però notare bene che egli distingue tre
principali categorie di sentimenti: del corpo, dell’anima
e dello spirito. Egli è perfettamente d’accordo che i
sentimenti labili del corpo e dell’anima non possono
mostrare questo carattere stabile. Duraturo è soltanto il
sentimento “spirituale”, quando il cuore umano batte
all’unisono con lo Spirito che qui risiede. Soltanto allora possiamo avere una certa sicurezza della salvezza,
che è un’anticipazione, anche se mai assoluta, dell’eternità nelle vicende della nostra vita che sfugge.
Per capire meglio il discorso dell’autore citato, di
tanti altri autori slavi e del linguaggio del popolo, è preferibile usare nelle traduzioni in lingua occidentale il
termine “intuizione” in un senso spirituale, come un
dono della grazia, come un “sentimento spirituale”.
La garanzia della sua verità è solo l’autenticità della
vita basata sulla carità. In poche parole ha spiegato
15 Pisma o duchovnoj Ïizni (Lettere sulla vita spirituale), Moskva 1903, 59.
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Alle fonti dell’Europa / T. ·pidlík
questo principio B. Vy‰eslavcev nel suo opuscolo sul
cuore: “È profetica per ogni intellettualismo recente
l’espressione di Leonardo da Vinci: ‘Un grande amore
è figlio di una grande conoscenza’. Noi, cristiani d’oriente, possiamo affermare l’esatto contrario: ‘Una grande conoscenza è figlia di un grande amore’”.16
Gli slavi si sono sempre sentiti membri della civiltà
cristiana europea di tradizione sia latina che bizantina e
allo stesso tempo i loro grandi autori spirituali hanno
sentito come una grave mancanza della civiltà europea la
sua esagerata tendenza al razionalismo, al giuridismo,
all’oggettivazione delle relazioni—sia tra gli uomini, che
tra gli uomini e Dio—ed hanno considerato come loro
vocazione ridare l’aspetto vitale e personale ad una cultura che sta atomizzandosi, ad una società nella quale
una persona sta sempre piú diventando una “cosa”.
Riusciranno gli autori spirituali slavi con questo loro
atteggiamento ad arricchire davvero la comune tradizione cristiana? Lo mostrerà il tempo. Frattanto è un
fatto che ai nostri giorni la spiritualità slava viene studiata anche da altri. La lettera apostolica di Giovanni
Paolo II Egregiae virtutis del 31 dicembre 1980, nella
quale i santi Cirillo e Metodio vengono proclamati patroni d’Europa insieme con san Benedetto, esprime
l’augurio che anche il tipo di inculturazione slava diventi un “comune patrimonio spirituale e culturale”.
2. L’idea cirillo-metodiana
e il messianismo slavo:
un’antinomia originaria?
1
Il primo volume del Dizionario cirillo-metodiano2 costituisce una testimonianza di ciò che fu detto durante
l’inaugurazione del Congresso su san Metodio, in occasione dell’XI centenario della morte (Roma, 8-11 ottobre 1985): “L’ampiezza dell’opera di Cirillo e Metodio
dopo tanti secoli continua a sorprenderci e a meravigliarci”.3 I due santi fratelli di Tessalonica, uniti dall’attuale pontefice a san Benedetto come patroni d’Europa, “hanno operato in una cristianità che, malgrado le
tensioni che andavano aggravandosi tra oriente e occidente, riteneva ancora di costituire una unità. Ci hanno
1
Apparso in La Civiltà Cattolica, 1992, I, quaderno 3401,
431-440.
2
Kirilo-Metodievska Enciklopedija, vol. I, Accademia Bulgara
delle Scienze, Sofia 1985.
16 Serdce v christianskoj i indijskoj mistike (Il cuore nella mistica cristiana e indiana), Paris 1929, 26, tr. it. in A cura del Centro
Aletti, L’intelligenza spirituale del sentimento, Roma 1994, 36.
28
3
“Discours d’accueil du recteur de l’Institu Pontifical Oriental R.P. Gilles Pelland, S.J.”, in Christianity among the Slavs. The
Heritage of Saints Cyril and Methodius, Pont. Ist. Orientale, Roma
1988, 10.
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