18 Anno XI n.16 - 9 ottobre 2015 www.corcom.it 2 0 1 Una Food valley dopo l'event Sfida planetaria per Milano 5 Marco Gualtieri (Seed&Chips): «Così riusciremmo ad aggregare gli interessi della Ue, delle grandi corporation e della ricerca» incontrato Jeremy Rifkin, l'economista che dieci anni fa previde la sharing economy. E lui ritiene che se il governo capisce cosa c'è in ballo e decide di accompagnare il progetto, si potrebbero generare dagli uno ai due punti di Pil. C'è già un tavolo operativo al lavoro sulla questione. Sono convinto che presto si arriverà a questo annuncio. Un giudizio sull'Expo. Si sarebbe potuto fare di più, certo. Ma l'Expo è un successo soprattutto per quello che non viene visto e raccontato. Pochi sanno quanti addetti ai lavori si sono incontrati a dibattere: Domenico Aliperto F orse ancora inebriati dal successo che sta riscuotendo Expo, i soggetti istituzionali che governano il territorio non hanno ancora cominciato ad affrontare il problema di cosa ne sarà dell'area che ospita la manifestazione fino al 31 ottobre. Una porzione di territorio che al momento rappresenta uno dei distretti a maggiore tasso di innovazione d'Europa, con infrastrutture di rete, collegamenti logistici e soluzioni da ultimo miglio già installate in grado di accogliere un polo tecnologico all'avanguar- Anche la proposta di ospitare strutture Rai ha un senso L'importante è creare dibattito, unire tasselli e non avanzare proposte avulse dia. E in effetti è questa l'ipotesi di cui si sente parlare più spesso: la piastra costruita a Rho potrebbe diventare la base per un centro d'eccellenza riservato a laboratori di R&D, università e aziende. Già, ma in nome di chi, di che cosa? “Se puntassimo sul tema dell'alimentazione, oltre a dare continuità al lascito di Expo 2015 riusciremmo ad aggregare gli interessi dell'Unione europea, delle grandi corporation e del mondo della ricerca internazionale”, risponde Marco Gualtieri. Per chi non lo conoscesse, Gualtieri è stato il fondatore di TicketOne e oggi è presidente di Seeds&Chips, il salone dell'innovazione dedicata al cibo organizzato da Milano Cucina (altra sua creatura imprenditoriale). “Dare vita a una Food Valley vorrebbe dire creare un punto di riferimento per le discipline che convergono sulla sfida planetaria del futuro”. Come è nata l'idea? Abbiamo solo aggiunto un titolo caratterizzante a una proposta avanzata da Assolombarda già un anno e mezzo fa. Gianfelice Rocca voleva dar vita a una Silicon Valley italiana aggregando i pezzi che ne comporrebbero l'ecosistema. Gianluca Vago, rettore dell'Università di Milano, a fine febbraio dichiarò che doveva spostare parte del campus e che sarebbe stato disposto a portarlo dove oggi sorge l'Expo. Il focus sulla filiera agroalimentare, che non sarebbe esclusivo, è l'ultimo tassello, il fine che aiuterebbe a concentrare tutti gli altri elementi logici e razionali delle proposte oltre che le energie dei soggetti interessati. Chi sono questi soggetti? Abbiamo già parlato con molti operatori: le grosse corporation internazionali, da Cisco a Microsoft ci sarebbero. Ma penso pure al CNR, alle imprese italiane leader nella produzione di mac- Ci vuole una dichiarazione strategica da parte delle istituzioni e serve anche un accordo fra governo Comune e Regione chine agricole, senza contare la nascente industria dei droni, che sono essenziali per lo sviluppo del precision farming. Anche l'Unione europea sosterrebbe l'iniziativa, che produrrebbe un centro di eccellenza a metà strada tra i laboratori di ricerca ENEA di Ispra (VA) e l'EFSA, l'Autorità per la sicurezza alimentare con sede Parma. Si tratta di distanze – concettuali e geografiche – che nemmeno la Silicon Valley può vantare. Bruxelles porterebbe qui attività, contenuti e capitali. Si è parlato pure di ospitare le strutture Rai. Anche quella proposta ha senso. La nuova logica dei media presuppone la necessità di inserirsi in un sistema dove si respira innovazione. Come ho detto, quella della Food Valley è più che altro un'etichetta, il tema del cibo non è vincolante e si possono aggiungere nuovi elementi. L'importante è creare dibattito, unire i tasselli e non avanzare proposte avulse. Cosa serve perché il dibattito diventi azione? Una dichiarazione strategica da parte delle istituzioni. C'è bisogno dello sblocco politico e dell'accordo dei tre soggetti principali chiamati in causa: governo, regione e comune. All'Expo ho grandi chef, d'accordo, ma anche ricercatori e leader di movimenti, che hanno discusso un tema cruciale per il nostro futuro. Cito quel che ha detto il Segretario di Stato americano all'Agricoltura, Tom Vilsack: “Il cibo è la nuova frontiera della tecnologia: nei prossimi 30 anni dovremo innovare nella filiera alimentare più di quanto abbiamo fatto negli scorsi 10 mila anni”. La discussione virale Esposizione, il boom è anche digitale Record di commenti on line, ma è prevista un'esplosione di contatti a fine evento L a grande affluenza a Expo 2015, nei mesi di luglio, agosto e settembre, ha lasciato di stucco in molti, organizzatori inclusi. Ma non quegli analisti che si sono occupati del monitoraggio delle discussioni sull'evento prodotte on line prima ancora che cominciasse. Applicando la logica della diffusione virale a quella che sarebbe stata la prima Esposizione universale all digital della storia, e valutando il sentiment positivo riscontrato a ridosso dell'inaugurazione, gli addetti ai lavori erano riusciti a prevedere il crescendo delle presenze sul sito. Un esercizio tutt'altro che immediato, visto che invece le dinamiche digitali, dal punto di vista quantitativo, hanno seguito trend diversi. “Al boom iniziale dovuto alle polemiche e all'inaugurazione è seguita una fase di assestamento”, commenta Eugenia Burchi, social media strategist di Blogmeter, Osservatorio ufficiale di Expo 2015. “E' l'andamento naturale di un evento, durante il quale l'effet- to novità dei contenuti si sposta su altri temi, passando dall'eccezionalità alla quotidianità. Il passaparola, anche se diminuito, rimane comunque elevato, direi straordinario per una manifestazione del genere, che è riuscita a generare 200 mila follower su Instagram nel solo mese di luglio”. Nuove analisi su questa piattaforma dovrebbero arrivare a ottobre, quando Blogmeter metterà a frutto un tool appena lanciato, Instagram Analytics. Nella sua ultima rilevazione, invece, Voices from the Blogs (spin off dell’Università degli Studi di Milano che monitora le conversazioni on line per conto della Camera di commercio di Milano) ha contato circa 10 mila commenti ogni giorno, con un totale di 522 mila post in lingua non italiana (uno su cinque inviato dalla Penisola, quindi da visitatori della manifestazione), che hanno superato i 513 mila scritti nel nostro idioma. Gli stranieri danno giudizi positivi in nove casi su dieci (91% a luglio, 86% ad agosto), in misura maggiore degli italiani, soddisfatti nel 73,8% dei casi a luglio e nel 75,7% dei casi ad agosto. “Da maggio a oggi, a cavallo di Italia ed estero, ci sono stati tra i due e i tre milioni di menzioni”, spiega Luigi Curini, docente dell'UniMi e cofondatore della società di ricerca, confermando una diminuzione del traffico durante l'estate. “Ma ci aspettiamo una nuova esplosione di contatti a fine evento”. Secondo Curini, i temi che hanno generato maggiore riscontro positivo sono nell'ordine l'alimentazione, i padiglioni, l'orgoglio nazionale legate all'evento, gli aspetti occupazionali favoriti dalla manifestazione. C'è spazio pure per la tecnologia, che in questa classifica si piazza al nono posto. Mentre l'innovazione è un concetto associato a Expo dal 2% degli utenti pubblici. Le aziende sono state capaci di sfruttare questa enorme chance di visibilità? “I main sponsor sono riusciti a emergere nel parlato, ritagliandosi nicchie coerenti”, spiega Burchi. “Mentre per le imprese più piccole è stato difficile risultare pertinenti”. Curini sostiene che l'Expo potrebbe avere un certo impatto anche nell'aiutare le Pmi a capire le occasioni perse. “Non è semplice stabilire quanto business si sia riuscito a generare attraverso gli investimenti ad hoc sui social. Di sicuro a questo giro ci hanno guadagnato le agenzie di marketing digitale. I piccoli imprenditori? Avrebbero forse potuto fare di più".