Trasformatori di misura e protezione - 1
Trasformatori di misura e protezione
1 - Trasformatori di misura
Scopo dei trasformatori di misura
I trasformatori di misura sono dispositivi impiegati negli impianti di produzione, trasmissione
e distribuzione dell’energia elettrica in associazione agli strumenti per la misura delle tensioni
e delle correnti e delle quantità correlate (ad esempio la potenza e l’energia).
Esistono trasformatori di corrente (TA) e trasformatori di tensione (TV).
Ai fini della misura, il loro scopo è di ridurre il valore delle correnti e delle tensioni a livelli
applicabili alla strumentazione. In Fig.1.1 è riportato un esempio di inserzione su una linea alla tensione V1 che porta la corrente I1: il TV è collegato con il primario in derivazione sulla linea, mentre il TA è collegato con il primario in serie; gli strumenti di misura (voltmetro e amperometro) sono inseriti al secondario e misurano le quantità V2 e I2.
Fig.1.1 - Inserzione dei trasformatori di misura.
Poiché i sistemi per l’energia presentano di solito livelli di tensione pericolosi per l’uomo,
un’altra importante funzione dei trasformatori di misura è quella di stabilire il dovuto isolamento per la sicurezza dell’operatore.
A tale scopo un punto del circuito secondario deve essere collegato all’impianto di protezione
contro i contatti indiretti, come evidenziato dal collegamento di messa a terra in Fig.1.1.
In tal modo si evitano i rischi dovuti a eventuali difetti di isolamento interno, nonché quelli
originati dalle tensioni di induzione elettrostatica fra primario e secondario.
Le Norme di riferimento per i trasformatori di corrente (TA) sono le EN 60044-1 (CEI 38-1).
Le Norme di riferimento per i trasformatori di tensione (TV) sono le EN 60044-2 (CEI 38-2).
Caratteristiche dei trasformatori di misura
I trasformatori di misura sono caratterizzati innanzitutto dal rapporto fra le grandezze al primario e al secondario, in condizioni nominali, detto rapporto di riduzione nominale:
per un TA : K In =
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I 1n
I 2n
per un TV : K Vn =
V1n
V2 n
(1.1)
Misure sui Sistemi di Potenza
2 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
Esempio: per un TA: KIn = 200/5 (A/A); per un TV: KVn = 20.000/100 (V/V).
Un valore tipico per la corrente secondaria dei TA è 5A.
Un valore tipico per la tensione secondaria dei TV è 100V.
Un trasformatore di misura ideale dovrebbe ridurre le ampiezze delle quantità al primario secondo il rapporto nominale Kn, lasciando inalterate le fasi.
In realtà ciò non avviene per diverse ragioni. Per renderci conto di questo fatto è opportuno
richiamare brevemente il funzionamento del trasformatore.
Un trasformatore in generale può essere descritto con il circuito equivalente riportato Fig.1.2.
Inoltre il circuito equivalente si comporta secondo il diagramma fasoriale delle grandezze elettriche riportato nella stessa Fig.1.2.
Fig.1.2 - Circuito equivalente di un trasformatore e diagramma dei fasori.
Il funzionamento del trasformatore ideale contenuto nel circuito equivalente è descritto dalle
seguenti relazioni vettoriali:
I 21 = −
N2
I2
N1
E1 = −
N1
E2
N2
(1.2)
Indicando con N1 ed N2 rispettivamente il numero di spire dell’avvolgimento primario e secondario. Spesso, nel circuito equivalente della Fig.1.2, si riportano tutte le grandezze elettriche al primario. In tal modo il circuito equivalente assume la forma della Fig.1.3.
L’impedenza dell’avvolgimento secondario Z2 viene riportata al primario moltiplicandola per
il quadrato del rapporto spire. Risulta:
⎛N ⎞
Z 21 = Z 2 ⎜⎜ 1 ⎟⎟
⎝ N2 ⎠
2
V21 = − V2
N1
N2
(1.3)
Fig.1.3 - Circuito equivalente riferito al primario.
Misure sui Sistemi di Potenza
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Trasformatori di misura e protezione - 3
In questa rappresentazione del circuito equivalente si nota ancora la presenza di un trasformatore ideale. Inoltre è presente una rete a T la quale, nel caso dei trasformatori di misura, deve
essere valutata con attenzione. Infatti questa rete equivalente è responsabile del comportamento effettivo del trasformatore rispetto al comportamento di un trasformatore ideale, il quale è
caratterizzato solo dal rapporto fra le spire N1 e N2.
Il circuito equivalente riportato al primario può comprendere tutti gli elementi del secondario:
l’impedenza dell’avvolgimento secondario Z2 e l’impedenza del carico Zu (Fig.1.4)
Fig.1.4 - Circuito equivalente riferito al primario.
In tal modo scompare dal circuito equivalente anche l’accoppiamento magnetico ideale e tutti
gli elementi sono riferiti alla tensione primaria V1.
Analizziamo la rete a T, riportata per comodità nella Fig.1.5 assieme ai diagrammi fasoriali di
interesse, rispettivamente per i TA (Fig.1.5A) e per i TV (Fig.1.5B).
Fig.1.5 - Elementi di errore per i TA (A) e per i TV (B).
Le relazioni di interesse per i TA e i TV le sono:
TA : I1 = I 21 + I 0 ≅ I 21 = −
N2
I 2 = − K Is I 2
N1
N
TV : V1 = V21 + ΔV ≅ V21 = − 1 V2 = − KVs V2
N2
⎞
⎛
N
⎜⎜ K Is = 2 > 1⎟⎟
N1
⎠
⎝
⎞
⎛
N
⎜⎜ KVs = 1 > 1⎟⎟
N2
⎠
⎝
(1.4)
Poiché i TA e i TV sono sempre dispositivi riduttori delle grandezze primarie, sono costruiti in
modo che i rapporti spire KIs e KVs siano sempre maggiori di uno.
Tali relazioni mostrano che si può ottenere un valore approssimato per le ampiezze delle
quantità primarie (I1 o V1) misurando le ampiezze delle grandezze secondarie (I2 o V2) e moltiplicandole per il rapporto fra le spire (KIs o KVs).
Per un TA con un certo rapporto spire KIs = N2/N1, la differenza vettoriale fra la corrente primaria I1 e quella secondaria riportata al primario I21 è pari alla corrente magnetizzante I0 (vedi
Fig.1.5A).
Analogamente per un TV con un rapporto spire KVs = N1/N2, la differenza vettoriale fra la ten© 2014, Nicola Locci
Misure sui Sistemi di Potenza
4 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
sione primaria V1 e quella secondaria riportata al primario V21 è pari alla caduta ΔV nei rami
serie del circuito equivalente (vedi Fig.1.5B).
Per i TA, al fine di ridurre la corrente magnetizzante I0 rispetto a quella primaria, occorre operare in condizioni prossime a quella di corto circuito e curare il dimensionamento del circuito
magnetico. Saranno quindi impiegati materiali magnetici ad elevata permeabilità, con nuclei
di sezione elevata e piccola lunghezza.
Per i TV bisogna invece limitare le cadute di tensione ΔV nei rami serie rispetto alla tensione
primaria. Ciò si ottiene facendo in modo di operare in condizioni prossime a quella a vuoto e
curando il dimensionamento degli avvolgimenti, per ottenere bassi valori delle resistenze e
delle reattanze di dispersione.
Compensazione del rapporto spire
Se per un TA o un TV assumiamo come rapporti nominali (KIn o KVn) i rapporti fra le spire (KIs
o KVs) commetteremmo i seguenti errori fra i moduli, come riportato nei diagrammi vettoriali
di Fig.1.5:
TA : I1 − I 21 = I1 − K Is I 2
TV : V1 − V21 = V1 − KVsV2
(1.5)
Per cercare di ridurre questi errori, nella pratica, il rapporto nominale (KIn o KVn), dichiarato
dal costruttore, non coincide con il rapporto spire (KIs o KVs).
Infatti, per limitare in un TA l’errore sulla differenza fra i moduli delle correnti, il costruttore
dichiara un rapporto nominale KIn maggiore del rapporto spire KIs = N2/N1.
In tal modo, misurata la corrente secondaria I2, moltiplicandola per una costante KIn > N2/N1,
si ottiene un valore che meglio approssima l’ampiezza della corrente primaria I1.
Qualora viceversa sia assegnato un rapporto nominale KIn, si costruisce il TA con un rapporto
spire N2/N1 < KIn.
Analogamente, per limitare in un TV l’errore sulla differenza fra i moduli delle tensioni il costruttore dichiara un rapporto nominale KVn maggiore del rapporto spire KVs = N1/N2, ovvero
costruisce il TV con un rapporto spire N1/N2 < KVn.
Il frazionamento del rapporto spire per la compensazione dell’errore di rapporto nei TA e TV è
agevole solo quando si lavora con un numero elevato di spire N1 ed N2.
Infine, queste compensazioni possono essere fatte solo entro certi limiti e per una particolare
condizione di funzionamento, di norma quella nominale, e non valgono per le fasi.
Errori dei TA e TV
Per i TA e i TV si definiscono gli errori di rapporto e d’angolo, con riferimento ai rapporti
nominali KIn e KVn.
Si definiscono gli errori di rapporto:
ηI =
K In I 2 − I1
I1
ηV =
K VnV2 − V1
V1
(1.6)
Si definiscono gli errori d’angolo:
ε I = ∠I 2 − ∠ I 1
ε V = ∠V2 − ∠V1
(1.7)
La classe di precisione
Le caratteristiche di errore dei trasformatori di misura vengono assegnate mediante la classe
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Trasformatori di misura e protezione - 5
di precisione che rappresenta il valore limite dell’errore di rapporto (in % del valore misurato). Per ciascuna classe di precisione, le Norme stabiliscono anche i limiti per l’errore
d’angolo (dato in centiradianti).
Per passare da un angolo espresso in centiradianti a un angolo espresso in gradi vale:
ε( gradi ) =
1 360
⋅ ε( crad ) = 0,57 ⋅ ε( crad )
100 2π
(1.8)
Nel seguito si riportano alcune indicazioni delle Norme riguardanti la classe di precisione dei
trasformatori di misura.
Ad esempio, per i trasformatori di tensione TV, si hanno le classi:
Classe
0,1
0,2
0,5
1,0
3,0
η (%)
± 0,1
±0,2
±0,5
±1,0
±3,0
ε (crad)
± 0,15
±0,3
±0,6
±1,2
-----I valori degli errori riportati nella tabella devono essere garantiti dal costruttore per qualunque
valore della tensione compreso fra l’80% e il 120% del valore nominale Vn (vedi Fig.1.6), con
prestazione compresa fra il 25% e il 100% di quella nominale, con fattore di potenza di 0,8
induttivo.
Analoghe specifiche valgono per i trasformatori di corrente TA, per i quali sono previste le
classi: 0,1 - 0,2 - 0,5 - 1 - 3 - 5.
Per i TA tuttavia i limiti degli errori ammessi vengono assegnati per campi più ampi delle correnti di esercizio. Infatti, mentre la tensione di una rete, in funzionamento ordinario, rimane
normalmente costante, le correnti in una rete variano con il carico connesso, dunque con gli
assorbimenti delle utenze sia civili che industriali.
Ad esempio, per un TA in classe 0,1 vengono considerate fasce che ricoprono il campo delle
correnti di esercizio comprese fra il 5% e il 120% del valore nominale (vedi Fig.1.6):
Corrente
5%
20%
100%
120%
η (%)
± 0,4
±0,2
±0,1
±0,1
ε (crad)
± 0,45
±0,24
±0,15
±0,15
Fig.1.6 - Fasce di errore per i TV e per i TA.
Gli errori di rapporto e d’angolo nei trasformatori di misura variano sia con il valore effettivo
delle grandezze applicate al primario sia con il carico strumentale applicato al circuito secondario.
La prestazione
Con riferimento al carico secondario, viene definita la prestazione (burden in inglese) del trasformatore di misura.
La prestazione rappresenta il valore della potenza apparente (espressa in voltampere) che può
essere richiesta al circuito secondario, quando al primario vengono applicate le grandezze
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Misure sui Sistemi di Potenza
6 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
nominali (la corrente In per il TA o la tensione Vn per il TV).
Valori tipici per la prestazione dei TV sono: 10 - 25 - 50 - 100 - 200 - 500 VA.
Valori tipici per la prestazione dei TA sono: 2,5 - 5 - 10 - 15 - 30 VA.
Per esempio un TA 200/5 (A/A) con prestazione di 30 VA, ammette una caduta di tensione
massima ΔV = 6 V su un’impedenza massima al secondario Zu = 1,2 Ω.
ΔV =
30 VA
=6V
5A
Zu =
ΔV 6 V
=
= 1,2 Ω
I2 5 A
(1.9)
L’eccesso di prestazione
Con riferimento al carico applicato al secondario dei trasformatori, non va dimenticato il
comportamento non lineare del circuito magnetico, e la possibile saturazione del nucleo.
Consideriamo per esempio un TA. Per una data corrente primaria I1, la corrente secondaria I2
dipende senz’altro dal rapporto di riduzione nominale KIn.
Ma se il TA alimenta un circuito amperometrico con un’impedenza Zu troppo alta, allora la
tensione secondaria V2 tende ad aumentare e deve crescere anche la tensione E2 indotta al secondario (vedi più avanti la Fig.2.1 che illustra il fenomeno della saturazione).
Se deve crescere la tensione indotta E2, deve cresce anche il flusso Φ e dunque la corrente
magnetizzante I0.
In definitiva, se il flusso Φ cresce troppo, si ha la saturazione del circuito magnetico; la corrente magnetizzante I0 diventa eccessiva e perde di significato il rapporto di riduzione nominale KIn.
Modalità di impiego dei TA
Il secondario di un trasformatore di corrente TA deve essere sempre chiuso in corto circuito su
dispositivi amperometrici. Quando il secondario viene aperto mentre nel primario circola la
corrente di linea, la tensione presente fra i terminali secondari aperti può raggiungere valori
elevati. Questi possono costituire una condizione di pericolo per l’operatore; inoltre possono
danneggiare la tenuta dell’isolamento fra le spire del secondario.
La sovratensione secondaria è dovuta al ruolo di piena corrente magnetizzante assunto dalla
corrente primaria (non più bilanciata dalle amperspire secondarie) e viene limitata solo dalla
saturazione del nucleo. Per tali motivi il secondario può essere protetto con dispositivi contro
le sovratensioni, che chiudono i terminali secondari in corto-circuito, in caso di intervento.
Talvolta i trasformatori di corrente presentano il primario costituito direttamente dal conduttore di linea o da una sbarra passante entro il nucleo magnetico di tipo toroidale, mentre il secondario è costituito da un elevato numero di spire.
Modalità di impiego dei TV
Il secondario di un trasformatore di tensione TV deve essere chiuso su dispositivi voltmetrici
con alta impedenza d’ingresso. Quindi, per motivi duali di quelli visti per i TA, il trasformatore di tensione sarà protetto contro le sovracorrenti (per esempio, tramite fusibili).
Altri parametri definiti dalle Norme
Fra gli altri parametri definiti dalle Norme ricordiamo:
Corrente termica di breve durata nominale (Ith): per un TA, è il valore efficace della corrente
primaria che deve essere portata per 1 secondo senza danni, con l’avvolgimento secondario in
cortocircuito. Durate diverse da 1 secondo, come per es. 0.5, 2 e 3 secondi, possono essere
concordate.
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Corrente dinamica nominale (Idyn): per un TA, è il valore di picco della corrente primaria che
deve essere portata per 1 secondo, con l’avvolgimento secondario in cortocircuito, senza subire danni elettrici o meccanici in conseguenza delle forze elettromagnetiche. Normalmente
questa corrente è 2,5 volte la corrente termica di breve durata nominale (Ith); se diversa da
questo valore lo si deve indicare sulla targa.
Fattore di tensione nominale: per un TV, è il fattore di moltiplicazione da applicare alla tensione primaria nominale per determinare la tensione massima alla quale il trasformatore deve
soddisfare sia le prescrizioni termiche per un tempo specificato, sia le prescrizioni riguardanti
la precisione.
Misure di potenza con TA e TV
Consideriamo la linea monofase di Fig.1.7, alla tensione V1 e attraversata dalla corrente I1.
La potenza attiva in transito è:
P1 = V1I1 cos ϕ1 ≅ KVnV2 ⋅ K In I 2 ⋅ cos ϕ2
(1.10)
Per la corretta misura della potenza, attraverso l’impiego di TA e TV, occorre innanzitutto precisare il significato dei contrassegni (i puntini) normalmente presenti sui morsetti primari e
secondari dei trasformatori di misura. I contrassegni indicano che, in ogni istante del periodo,
detti terminali hanno la stessa polarità e pertanto ai morsetti contrassegnati del secondario
vanno collegati i morsetti contrassegnati (±) del wattmetro W.
Fig.1.7 - Inserzione per la misura di potenza.
Con riferimento agli errori, si osservi il diagramma vettoriale di Fig.1.7.
V1 e I1 rappresentano i fasori della tensione e della corrente di linea; V2 e I2 sono i fasori delle
grandezze ai secondari dei trasformatori di misura.
Queste grandezze secondarie, moltiplicate rispettivamente per i rapporti nominali KVn e KIn
del TV e del TA, sono una stima delle grandezze primarie di interesse.
Il TV introduce un errore assoluto d’ampiezza EV = ηV ⋅V1 e un errore di fase εV.
Il TA introduce un errore assoluto d’ampiezza EI = ηI ⋅I1 e un errore di fase εI.
In particolare, l’errore commesso nel riprodurre lo sfasamento fra la tensione V1 e la corrente
I1 risulta dai contributi degli errori di fase (εV e εI) del TV e del TA.
Della potenza in transito P1 = V1I1 cosϕ1 si ottiene la stima P1 ≅ KVnV2⋅KInI2⋅cosϕ2.
L’errore di trasduzione EP sulla potenza si può ottiene, nel caso peggiore, con la nota regola:
EP =
∂P
∂P1
∂P
EV + 1 E I + 1 (εV + ε I )
∂I1
∂ϕ1
∂V1
(1.11)
In tale ipotesi, l’errore assoluto sulla potenza per effetto dei TA e TV risulta:
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Misure sui Sistemi di Potenza
8 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
EP = I1 cos ϕ1 ⋅ ηV V1 + V1 cos ϕ1 ⋅ ηI I1 − V1I1 sin ϕ1 ⋅ (εV + ε I ) =
(1.12)
= P1 [(ηV + ηI ) − (εV + ε I ) tg ϕ1 ]
Non essendo noto a priori il segno degli errori, il caso peggiore porta a sommarli in valore assoluto. Una stima meno penalizzante dell’incertezza potrebbe essere ottenuta ricorrendo a una
combinazione quadratica delle incertezze. Infine, per ottenere l’errore totale della misura della
potenza, bisogna sommare l’errore introdotto dal wattmetro. Si nota che l’errore è critico per
misure con basso cosϕ, dove pesano molto gli errori d’angolo.
Per completezza riportiamo anche, in Fig.1.8, lo schema d’inserzione per il caso di un sistema
trifase a tre fili. Nel montare lo schema è importante fare attenzione alle connessioni, rispettando i morsetti contrassegnati.
Fig.1.8 - Inserzione con TA e TV su sistema trifase a tre fili.
TA e TV in presenza di armoniche
Negli impianti di potenza, si può ritenere che le armoniche significative, ai fini pratici, siano contenute entro una banda non superiore a 1 kHz.
Per gli impianti in esercizio ordinario, la trasduzione delle tensioni e delle correnti avviene mediante trasformatori di tensione e di corrente previsti per il funzionamento a 50 Hz e in tali condizioni nominali sono definite le loro specifiche di accuratezza.
Il comportamento in frequenza del trasformatore di tensione TV è influenzato dal valore della
tensione di esercizio, e si può ritenere che tale comportamento degradi al crescere del livello di
isolamento nominale, a causa delle capacità parassite fra le spire degli avvolgimenti e verso massa. Risultati sperimentali su TV standard mostrano una banda passante di alcune decine di kilohertz per tensioni fino a 10 kV, mentre già a 20 kV la banda si riduce a qualche kilohertz.
Viceversa, i trasformatori di corrente TA, hanno un comportamento in frequenza meno sensibile
alla tensione di esercizio, a causa delle loro caratteristiche costruttive completamente diverse.
La conoscenza dell’andamento in frequenza del rapporto di trasformazione per TA e TV non è
tuttavia sufficiente qualora si impieghino questi trasformatori per misure di potenza in regime
armonico.
In tali applicazioni, infatti, le diverse armoniche devono essere riprodotte con le corrette relazioni
di fase. Esistono riduttori di tensione e di corrente, basati su diversi principi di funzionamento,
che possono mantenere gli errori di ampiezza e d’angolo nominali entro bande passanti fino a
molte decine di kilohertz.
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Trasformatori di misura e protezione - 9
Trasduttori nei sistemi di misura
In alternativa alle misure con strumenti dedicati (voltmetri, amperometri, wattmetri) e con trasformatori di misura tradizionali, sono diffuse altre tecniche basate su sistemi acquisizione dati ed elaborazione numerica dei segnali acquisiti tramite PC.
Queste tecniche richiedono l’impiego di dispositivi di isolamento dalla rete e di condizionamento del segnale. In Fig.1.9 è rappresentato un possibile schema di inserzione, dove CT e VT
indicano genericamente Current Transducers o Voltage Transducers.
In molti casi questi trasduttori possono essere ancora TA e TV oppure sistemi basati su altre
tecnologie (per esempio basati sull’effetto Hall, come vedremo nelle Esercitazioni di Laboratorio).
I sistemi di acquisizione dati sono economici, consentono un numero elevato di ingressi ed hanno una velocità di campionamento sufficiente per l’analisi di molti fenomeni di interesse.
La tecnica di misura consiste nel campionare i segnali di tensione e corrente e quindi elaborare i
dati acquisiti con opportuni programmi di calcolo.
In tal modo si ottengono per punti gli andamenti temporali delle forme d’onda e su questi si calcolano tutti i parametri di interesse, applicando le definizioni per i valori efficaci, le potenze istantanee e medie, il contenuto armonico (DFT o FFT), gli indici di qualità (THD).
L’impiego di sistemi di acquisizione dati, con ingressi analogici, normalmente richiede opportuni
dispositivi di condizionamento, per ricondurre le uscite di eventuali TA e TV a livelli compatibili
con il range delle tensioni ammissibili (tipicamente 10 V) in ingresso al sistema di acquisizione.
Fig.1.9 - Acquisizione e misura su sistema trifase a tre fili.
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Misure sui Sistemi di Potenza
10 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
2 - Trasformatori di protezione
Scopo e caratteristiche
I trasformatori di protezione sono destinati ad alimentare i relè di protezione. Per esempio i
relè che comandano l’apertura degli sganciatori di sovraccorrente di un interruttore.
Poiché i trasformatori di protezione sono chiamati a lavorare in condizioni molto lontane da
quelle di funzionamento ordinario della linea, le loro caratteristiche di precisione hanno prescrizioni aggiuntive rispetto a quelle di un trasformatore di misura.
Infatti, in condizioni di guasto, le grandezze elettriche sono spesso distorte e non è giustificata
una loro rappresentazione vettoriale, valida esclusivamente per il regime sinusoidale, e alla
quale si fa normalmente riferimento per definire gli errori di rapporto e d’angolo.
Trasformatori di tensione (TV) di protezione
Le classi di precisione normali per i trasformatori di tensione di protezione sono 3P e 6P.
Per essi valgono i seguenti errori di rapporto e d’angolo:
Classe
3P
6P
η (%)
±3
±6
ε (crad)
± 3,5
±7,0
Questi valori devono essere garantiti sia al 5% della tensione nominale sia alla tensione nominale moltiplicata per il fattore nominale di tensione. Il fattore nominale di tensione è il fattore
di cui si può incrementare la tensione primaria rimanendo entro le specifiche (tipicamente è
pari a: 1,2 - 1,5 - 1,9). La prestazione deve essere compresa fra il 25% e il 100% della prestazione nominale con fattore di potenza di 0,8 in ritardo.
Trasformatori di corrente (TA) di protezione
Per i trasformatori di corrente di protezione si parla di due valori di corrente nominale.
Il primo è la semplice corrente nominale In, per la quale le Norme stabiliscono i valori degli
errori di rapporto e d’angolo nel modo usuale. Il secondo è la corrente limite di precisione
nominale Ipl, alla quale deve essere considerato un nuovo tipo di errore detto errore composto.
L’errore composto, indicato con εc, è definito come il valore efficace della differenza fra i valori istantanei della corrente primaria (ip) e i valori istantanei della corrente secondaria (is)
moltiplicata per il valore nominale (Kn) del rapporto di trasformazione:
εc =
(
100 1 T
∫ K n is − i p
Ip T 0
) 2 dt
(%)
(2.1)
Tale errore è usualmente espresso in percento del valore efficace della corrente primaria (Ip).
L’errore composto εc è definito in condizioni di regime permanente.
Le Norme codificano le classi di precisione 5P e 10P per l’errore composto.
Queste indicazioni significano che si accetta un errore percentuale del 5% e 10% in corrispondenza di un valore massimo della corrente primaria, detto valore limite di precisione nominale Ipl. In altre parole Ipl è il valore limite della corrente primaria alla quale l’errore composto risulta minore del 5% oppure del 10%.
Fattore limite di precisione Fpl per un TA
Il fattore limite di precisione Fpl di un TA è il rapporto fra la corrente limite di precisione nominale Ipl e la corrente nominale In.
Valori normali per il fattore limite di precisione sono: 5 - 10 - 15 - 20 - 30.
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Trasformatori di misura e protezione - 11
Tali specifiche valgono alla frequenza nominale e alla prestazione nominale (con fattore di
potenza 0,8 induttivo).
Come esempio, si riporta la designazione tipica di un TA di protezione: 30 VA Classe 5P10.
Normalmente, poiché l’impedenza della prestazione dei TA (cioè il carico al secondario) è
piccola, nella valutazione della prestazione si deve comprendere anche l’impedenza dei cavi
di collegamento dal TA al relè di protezione, soprattutto se questi sono lunghi.
Sovracorrente primaria nel TA
Quando un TA di protezione è attraversato da una corrente primaria molto maggiore del suo
valore nominale (per esempio durante un cortocircuito) si ha la saturazione più o meno spinta
del nucleo magnetico. Questo fatto comporta che la corrente secondaria non viene più riprodotta correttamente.
Infatti, con riferimento alla Fig.2.1 , quando la corrente secondaria I2 tende ad aumentare (richiamata dalla corrente primaria I1), determina una maggiore caduta di tensione sul carico V2
e sull’avvolgimento secondario ΔV2. Allora una maggiore tensione E2 deve essere indotta al
secondario dalle variazioni del flusso Φ mutuamente concatenato.
Dunque il flusso Φ deve crescere e con esso cresce la corrente I0 magnetizzante.
Fig.2.1 - Schema per la saturazione di un TA.
Al crescere della corrente magnetizzante I0 il flusso Φ cresce, finché il funzionamento rimane
nella zona lineare della caratteristica magnetica, vedi i punti come (i0a Φa).
A un certo punto della caratteristica di magnetizzazione, il flusso Φ non può più crescere come dovrebbe, perché inizia a manifestarsi il fenomeno della saturazione.
Allora anche la tensione E2 indotta al secondario non cresce più come dovrebbe e pertanto la
corrente I2 al secondario è minore del dovuto.
La corrente secondaria I2 non viene più riprodotta in modo corretto, con distorsioni tanto
maggiori quanto maggiore è il grado di saturazione raggiunto, vedi i punti come (i0b Φb).
Il fattore di sicurezza (per i TA di misura)
I TA di misura (non di protezione) hanno la prerogativa di saturare per correnti vicine alla corrente nominale primaria In.
Questa caratteristica ha lo scopo di per garantire la protezione degli strumenti di misura collegati al secondario. Tipicamente, nella pratica, gli strumenti di misura sono in grado di sopportare al massimo 20 In per 0,5 secondi).
Pertanto i TA di misura sono qualificati dai Costruttori con il fattore di sicurezza FS, nel caso
di cortocircuito sulla linea nella quale è inserito il primario.
Questo parametro significa che, per correnti superiori FS⋅In, il TA è sicuramente saturato è di
conseguenza protegge il circuito secondario, nel quale sono collegati gli strumenti, dalle sovracorrenti e di conseguenza anche dalle sovratensioni.
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12 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
Designazione ANSI
Accanto alla designazione IEC vista più sopra e usata in Europa, è opportuno richiamare anche la designazione ANSI (American National Standards Institute), impiegata soprattutto nel
mercato americano.
ANSI definisce per i TA di protezione una classe “C” (la più diffusa) sulla base di un errore
limite del 10 % per correnti fino a 20 volte quella nominale. La classe “C” è individuata da un
numero che rappresenta la tensione che il trasformatore può sviluppare al secondario sul carico (burden), senza che il nucleo vada in saturazione.
Esempio: un TA con corrente nominale secondaria di 5 A, che eroga 20⋅5 = 100 A su un carico (burden) di 2 ohm, mantenendo il suo errore sotto il 10 %, sviluppa una tensione secondaria di 2⋅100 = 200 V. Dunque il trasformatore di corrente ha classe C200.
La protezione di sovracorrente
Fra le diverse protezioni impiegate nelle reti elettriche, una fra le più diffuse e importanti è
quella di sovracorrente (sovraccarico e corto circuito). Infatti le correnti eccessive nei cavi e
nelle apparecchiature provocano sovrariscaldamento e sforzi elettrodinamici.
Il sovrariscaldamento porta al rischio di incendio e gli sforzi elettrodinamici possono deformare o distruggere i componenti elettrici. Per proteggersi da questi fenomeni, le apparecchiature elettriche e le linee sono protette da dispositivi che aprono il circuito in seguito alle sovracorrenti. I dispositivi più usati sono gli interruttori automatici e i fusibili.
Gli interruttori automatici sono comandati da un relè e spesso il relè elabora la corrente rilevata per mezzo di un TA (Fig.2.2).
É importante analizzare cosa succede quando si verifica un corto circuito, soprattutto nei primi istanti, quando il TA deve rilevare la corrente istantanea e fornire tempestivamente al relè
un segnale per attivare lo scatto di apertura.
Fig.2.2 - Schema per la protezione da corto circuito.
Nel caso di piccoli interruttori BT, il relè è attraversato direttamente dalla corrente di linea.
Nelle apparecchiature di maggiori dimensioni, il relè aziona il meccanismo di sgancio
dell’interruttore in seguito alla corrente rilevata dal TA.
Consideriamo un circuito monofase formato da un generatore di tensione Vn con la sua impedenza interna Zcc che alimenta un carico utilizzatore con impedenza Zu. Tipicamente il generatore è di tipo equivalente (per esempio il circuito secondario di un trasformatore).
Normalmente l’impedenza interna del generatore Zcc è molto minore dell’impedenza del carico Zu e allora la corrente normale è determinata praticamente solo dal carico Zu.
Un corto circuito ideale consiste nell’annullarsi dell’impedenza di carico Zu (per un guasto
che porta in contatto i suoi estremi). Allora, la corrente Icc è limitata solo dall’impedenza equivalente del generatore Zcc (detta di corto circuito per questo motivo).
A regime, la corrente di corto circuito ha ampiezza:
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I cc =
Vn
Z cc
essendo:
Z cc = R + jX ; ϕcc = arctan
X
R
(2.2)
Il transitorio di corto circuito
Quanto detto nel paragrafo precedente vale per i fasori e dunque rappresenta una condizione a
regime. Ha interesse analizzare cosa accade nei primi istanti di un corto circuito, cioè quando
il TA è chiamato a rilevare la corrente di corto circuito icc(t) e a fornire al relè un segnale idoneo per attivare lo scatto di apertura. Infatti non bisogna consentire che una intensa corrente di
corto circuito permanga o addirittura vada a regime.
Per comprendere il fenomeno transitorio, riferiamoci per semplicità al circuito monofase di
Fig.2.3) e supponiamo che la tensione di alimentazione sia sinusoidale:
v (t ) = 2Vn sin(ωt + α)
(2.3)
Dove α è la fase della tensione v(t) per t = 0.
Supponiamo che la reattanza della rete a monte del guasto sia induttiva e lineare X = ωL (è il
caso tipico della induttanza di dispersione di un trasformatore).
Fig.2.3 - Schema per l’analisi del transitorio.
In transitorio vale l’equazione differenziale:
v (t ) =
2Vn sin( ωt + α ) = Ri cc ( t ) + L
dicc ( t )
dt
(2.4)
La soluzione dell’equazione differenziale è data da due parti, un integrale generale più uno
particolare:
icc,u (t ) = I u
R
− t
e L
(2.5)
icc, s (t ) = 2 I cc sin[(ωt + α) − ϕcc ]
Dove icc,u(t) è la componente transitoria unidirezionale smorzata e icc,s(t) è la componente
simmetrica rispetto all’asse delle ascisse.
Quest’ultima componente icc,s(t) è la corrente che rimarrebbe alla fine del transitorio e dunque
coincide con la componente a regime icc,regime(t):
icc , s ( t ) = icc , regime ( t ) = 2 I cc sin[( ωt + α ) − ϕ cc ]
(2.6)
In definitiva la corrente totale transitoria è:
icc (t ) = icc,u (t ) + icc , s (t ) = I u e
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R
− t
L
+ 2 I cc sin[(ωt + α) − ϕcc ]
(2.7)
Misure sui Sistemi di Potenza
14 - Dispositivi per le misure su sistemi elettrici
La condizione iniziale
Durante il corto circuito, supponiamo che la corrente icc(t) si debba stabilire partendo da zero
e dunque trascuriamo la corrente preesistente, in quanto normalmente molto più piccola della
corrente di guasto. Allora il valore della corrente di corto circuito icc(t) all’istante iniziale t = 0
risulta nullo:
icc ( 0) = icc , u ( 0) + icc , s ( 0) = 0 ⇒
I u = − 2 I cc sin( α − ϕ cc )
(2.8)
Iu è il valore iniziale della componente unidirezionale smorzata.
In definitiva, sostituendo la componente unidirezionale Iu, la corrente totale di cortocircuito
icc(t) risulta:
icc (t ) = − 2 I cc sin(α − ϕcc
R
− t
)⋅e L
+ 2 I cc sin[(ωt + α) − ϕcc ]
(2.9)
Da qui si vede che la corrente di corto circuito icc(t) assume andamenti diversi a seconda del
valore dei parametri circuitali (R ed L) e dei valori a regime (Icc e ϕcc).
Ma dipende anche dall’angolo α, cioè dell’istante in cui si manifesta il guasto e dunque
dall’istante di chiusura del circuito rispetto alla tensione sinusoidale applicata v(t).
L’impedenza Zcc della rete a monte del corto circuito ha un ruolo importante nell’evoluzione
del fenomeno.
In molti casi pratici l’impedenza Zcc è prevalentemente reattiva induttiva X = ωL e la resistenza R è trascurabile. In tal caso, l’angolo di cortocircuito ϕcc è prossimo a 90°.
Con riferimento a questo caso pratico abbastanza frequente, nel seguito esamineremo due
condizioni tipiche, distinte per l’istante di occorrenza a del corto circuito: (α ≅ 0°) e (α ≅ 90°).
Due casi tipici
Il valore iniziale della componente unidirezionale Iu dipende dall’istante in cui si verifica il
cortocircuito, rispetto alla sinusoide di tensione: cioè dipende dall’angolo α.
In particolare, nella Fig.2.4 sono rappresentati gli andamenti temporali della tensione e delle
correnti in gioco, nel caso in cui il corto circuito inizia vicino all’istante in cui la tensione v(t)
(vedi la curva tratteggiata) passa per lo zero (α ≅ 0°) e (ϕcc ≅ 90°).
Fig.2.4 - Corrente transitoria di corto circuito icc per (α ≅ 0°) e (ϕcc ≅ 90°).
Componenti unidirezionale icc,u e simmetrica icc,s.
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Nella Fig.2.4 deve intendersi che la corrente di corto circuito icc(t) inizia nell’istante t = 0
(l’andamento è tracciato a linea spessa) mentre prima di t = 0 è nulla.
Pertanto la corrente indicata con icc,regime è stata estesa anche per t < 0 solo per poter indicare
chiaramente la relazione di fase con la tensione.
Nell’esempio, la componente unidirezionale è I u ≅ Iˆcc = 2 I cc .
Se la costante di tempo τ = L/R dell’esponenziale è abbastanza lunga rispetto al periodo, allora nei primi istanti (entro i primi 10 millisecondi) la corrente istantanea totale icc(t) può arrivare fin quasi al doppio del picco Îcc a regime: icc , max ≅ 2 Iˆcc = 2 2 I cc .
Consideriamo ora il caso (vedi Fig.2.5) in cui il corto circuito inizia vicino al punto in cui la
tensione v(t) passa per il massimo (α ≅ 90°). Se l’angolo di corto circuito ϕcc è ancora prossimo a 90°, allora la corrente unidirezionale Iu = 0. Dunque, anche nei primi istanti la corrente
totale icc(t) è uguale a quella di regime icc,s(t).
Fig.2.5 - Corrente transitoria di corto circuito icc per (α ≅ 90°) e (ϕcc ≅ 90°).
Il valore di cresta più alto per la corrente icc(t) si raggiunge con (ϕcc ≅ 90°) e quando il corto
circuito inizia sul passaggio per lo zero della tensione con (α ≅ 0°).
Dall’analisi precedente si vede che il valore massimo per la corrente icc(t) si ha quando è trascorso un tempo, dopo l’istante iniziale, pari a circa mezzo periodo, dunque per t = T/2:
icc ( t =T / 2 ) = − 2 I cc sin(0° − 90°) ⋅ e
icc max
−
⎛ − R⋅ T
⎞
= 2 I cc ⎜ e L 2 + 1⎟
⎜
⎟
⎝
⎠
RT
L2
+ 2 I cc sin[(180° + 0°) − 90°] =
(2.10)
L’ipotesi di avere nel circuito (ϕcc ≅ 90°) implica che la resistenza R sia trascurabile rispetto
alla reattanza X. L’esponente del transitorio si può riscrivere nella forma:
R T ωR T
R T
R
⋅ =
⋅ = 2πf
⋅ =π
L 2
X 2
X 2
X
(2.11)
Per esempio: se abbiamo un rapporto X/R = 10 e vogliamo considerare il caso peggiore in cui
(α ≅ 0°), avremo:
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icc max
⎞
⎛ −πR
≅ 2 I cc ⎜ e X + 1⎟ = 1,7 2 I cc
⎟
⎜
⎠
⎝
(2.12)
In questo caso, il fattore moltiplicativo del valore di picco simmetrico è circa 1,7 (in pratica è
un po’ più basso).
In teoria, nel caso peggiore, il valore di picco massimo della corrente di corto circuito può
raggiungere un valore vicino al doppio del picco della corrente simmetrica e regime.
Nei casi pratici il valore di picco massimo risulta al più 1,8 volte il picco di regime.
Corto circuito trifase
Consideriamo ora il caso di un sistema trifase (Fig.2.6) in cui la rete a monte sia costituita da
un trasformatore trifase MT/BT con le seguenti caratteristiche nominali:
S n = 800 kVA; Vn 2 = 400 V; vcc = 6%;
PCu = 7500 W
(2.13)
Dove Sn è la potenza nominale; Vn2 è la tensione nominale al secondario; vcc è la tensione di
corto circuito (data in percento della tensione nominale, primaria o secondaria, a seconda del
lato cui è riferito il circuito equivalente); PCu è la potenza persa negli avvolgimenti in rame.
Fig.2.6 - Schema per il corto circuito trifase.
Nel seguito consideriamo tutte le grandezze riferite al lato BT secondario. Dai valori nominali
di potenza Sn e di tensione Vn2 si ricava la corrente nominale di linea al secondario:
In2 =
Sn
= 1155 A
3 ⋅ Vn 2
(2.14)
La tensione di corto circuito, per definizione, è la tensione che fa circolare la corrente nominale In nella macchina posta in corto circuito. Pertanto, facendo riferimento all’impedenza per
fase a stella, vista dal secondario in BT, la tensione stellata di corto circuito è:
Ecc 2 =
vcc
v V
⋅ En 2 = cc ⋅ n 2 = Z cc 2 I n 2
100
100 3
(2.15)
Dunque si ottiene l’impedenza di corto circuito:
Z cc 2 =
Ecc 2 vcc
Vn 2
0,06 ⋅ 400
=
⋅
=
= 12,00 mΩ
I n 2 100 3 ⋅ I n 2
3 ⋅ 1155
(2.16)
L’impedenza di corto circuito Zcc2 ha una parte resistiva R2 che si valuta attraverso le perdite
nel rame Pcu e una parte reattiva X2, dovuta alla reattanza di dispersione degli avvolgimenti,
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che si valuta per differenza quadratica. Pertanto avremo:
R2 =
PCu
7500
=
= 1,87 mΩ
2
3I n 2 3 ⋅ 11552
(2.17)
2
2
2
2
X 2 = Z cc
2 − R2 = 12,00 − 1,87 = 11,85 mΩ
L’angolo di fase in corto circuito risulta:
ϕcc 2 = arctan
11,85
X2
= arctan
= 81,0°
1,87
R2
(2.18)
Nelle reti di potenza l’angolo di corto circuito ϕcc è prossimo a 90° essendo normalmente la
resistenza R molto minore della reattanza X.
Nel seguito omettiamo per semplicità il pedice “2” considerando solo fenomeni al secondario.
La corrente di corto circuito trifase ai morsetti secondari del trasformatore risulta allora:
I cc =
400 ⋅ 103
En
Vn
=
=
= 19,25 kA
Z cc
3 ⋅ Z cc
3 ⋅ 12,00
(2.19)
Possiamo anche legare la corrente di corto circuito Icc alla corrente nominale In osservando la
definizione di impedenza di corto circuito:
Z cc =
Ecc En
=
In
I cc
⇒
I cc =
En
100
In =
I n = 16,67 ⋅ 1155 = 19,25 kA
Ecc
vcc
(2.20)
Infine, nel nostro caso esempio, il valore di cresta della corrente di corto circuito a regime è:
Iˆcc = 2 I cc = 2 ⋅ 19,25 kA = 27,22 kA
(2.21)
Il valore massimo di icc(t)
Per determinare il valore massimo della corrente di corto circuito icc(t), dobbiamo considerare
anche la componente di unidirezionale. Questa componente presenta il valore più alto quando
il corto circuito inizia al passaggio per lo zero della tensione.
Valutiamo dunque la costante di tempo della componente unidirezionale:
τ=
L
X
T X
T 11,85 6T
=
=
⋅ =
⋅
≅
R ωR 2π R 2 π 1,87 2π
(2.22)
Allora il valore massimo della corrente di corto circuito sulla prima cresta, nell’istante t = T/2,
risulta:
icc max
⎛ − 2π ⋅T
⎞
⎛ −π ⎞
= 2 I cc ⎜ e 6T 2 + 1⎟ = 2 I cc ⎜ e 6 + 1⎟ ≅ 1,6 2 I cc
⎜
⎟
⎜
⎟
⎝
⎠
⎝
⎠
(2.23)
Scelta del TA
Le correnti di corto circuito possono raggiungere valori elevati e la scelta del TA condiziona il
corretto intervento dei relè di protezione. Per valutare le implicazioni, consideriamo il caso
della protezione del montante macchina (cioè il ramo in cui è inserito il trasformatore di potenza) e il caso della protezione di una partenza dalle sbarre BT.
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Protezione del montante macchina (TAm)
Il trasformatore di protezione del montante TAm (Fig.2.7) ha corrente nominale pari alla corrente nominale del trasformatore di potenza Im = In = 1155 A e una scelta cautelativa per la
classe può essere 5P30. Il fattore limite di precisione pari a 30 garantisce che la corrente primaria è riprodotta con un errore inferiore al 5 % fino a una corrente simmetrica 30⋅1155 =
34,65 kA. In pratica è sufficiente anche la classe 5P20 (20⋅1155 = 23,10 kA).
Fig.2.7 - Schema per la scelta dei TA.
Protezione della linea in partenza dalle sbarre (TAf)
Consideriamo ora un feeder sulle sbarre BT che alimenta un carico con If = 50 A (Fig.2.8).
In questo caso si sceglie il trasformatore TAf con corrente primaria: In = 50 A.
La corrente di corto circuito immediatamente a valle di TAf è praticamente la stessa del caso
precedente. Ma, per un guasto a valle di TAf, il rapporto fra la corrente di corto circuito e quella nominale del trasformatore di protezione è Icc/If = 19.250/50 = 385.
Il TAf riproduce al secondario una corrente molto distorta. Infatti, quanto più è alta la corrente
primaria rispetto alla nominale, tanto minore è l’energia che può essere trasferita.
Fig.2.8 - Schema per la scelta dei TA.
Quando la corrente di guasto Icc supera di molte decine di volte la corrente nominale del TA,
allora, a causa della saturazione, la corrente secondaria è pesantemente distorta e solo una
piccola frazione di breve durata viene consegnata al relè di protezione sotto forma di impulsi
(spike). In Fig.2.9 sono rappresentati due esempi qualitativi che riportano la corrente primaria
di guasto (icc,1) e quella prodotta al secondario (icc,2), riportata al primario con il rapporto nominale del TA. La saturazione nel caso in B) è maggiore che in A).
All’inizio del guasto, comincia a prodursi la prima semionda della corrente transitoria icc,1.
La corrente secondaria icc,2 inizia seguendo la corrente primaria icc,1 finché il flusso magnetico
può variare in accordo con essa.
Quando il flusso magnetico non può più crescere a causa della saturazione, il flusso tende a
rimanere costante e pertanto, mancando le variazioni di flusso manca anche la tensione indotta al secondario. Allora la corrente icc,2 tende ad annullarsi.
La corrente icc,2 riprende alla successiva porzione di semionda negativa, con fenomeni analoghi, fino alla condizione di regime. Da queste forme d’onda di corrente secondaria il relè deve
ricavare le informazioni per intervenire.
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A)
B)
Fig.2.9 - Effetto della saturazione sulla corrente secondaria dei TA.
La saturazione in B) è maggiore che in A).
Il relè di protezione
Oggi i relè di protezione sono di tipo elettronico con microprocessore (IED, Intelligent Electronic Devices) e la funzione di protezione è affidata ad opportuni algoritmi di elaborazione
del segnale acquisito.
Abbiamo visto che il trasformatore di corrente satura, oltre una certa corrente al primario, e
non la riproduce più correttamente al secondario. Anche nel relè elettronico i circuiti di ingresso saturano, se il segnale in ingresso fornito dal TA supera una certa soglia.
Pertanto, se il relè elettronico confronta la soglia di scatto dell’intervento istantaneo con il valore istantaneo fornitogli dal secondario del TA, è sufficiente che la soglia di scatto più alta
che si può impostare nel relè si trovi sotto il valore massimo riproducibile dal TA.
Nei relè, un valore usuale per la soglia massima che si può impostare è: Imax,relè = 20 In.
Fig.2.10 - Esempio per le soglie di saturazione.
Nella Fig.2.10 abbiamo riportato un esempio in cui i valori istantanei di corrente sono riprodotti correttamente al secondario del TA fino al valore massimo di 20 In.
Per comodità le ordinate sono indicate in coordinate logaritmiche.
L’elettronica dei circuiti in ingresso del relè deve saturare per valori di tensione applicata
maggiori del valore corrispondente alla corrente massima riproducibile dal TA.
Naturalmente i valori efficaci non si possono calcolare, perché non si può riprodurre un periodo completo della forma d’onda. Pertanto non sono utilizzabili le tecniche o gli algoritmi che
impiegano il valore efficace.
Questo argomento sarà trattato nel capitolo successivo.
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