Madre
Genesi
Vorrei un figlio da te che sia una spada
lucente, come un grido di alta grazia,
che sia pietra, che sia novello Adamo,
lievito del mio sangue e che risolva
più dolcemente questa nostra sete!
Ah, se ti amo, lo grido ad ogni vento
gettando fiori da ogni scarso ramo
e fiorita sono tutta e di ogni velo
vo scerpando il mio lutto,
perchè genesi sei della mia carne.
Ma il mio cuore, trafitto dall’ amore
ha desiderio di mondarsi, vivo,
e perciò dammi un figlio delicato,
un bellissimo vergine viticcio
da allacciare al mio tronco e tu possente
padre, tu olmo ricco di ogni forza antica
mieterai dolci ombre alla mia luce.
Alda Merini
Mi ha baciata
Mi ha baciata e ora sono un’altra: un’altra,
per il battito che raddoppia quello del mio sangue
e per il respiro che si percepisce nel mio respiro.
Il mio ventre ora è nobile come il mio cuore.
E sento persino nel mio alito un profumo di fiori:
tutto per colui che riposa lievemente
nelle mie viscere, come la rugiada sull’erba!
Gabriela Mistral
Allo sposo
Sposo, non stringermi. Lo facesti salire dal mio profondo
come il giglio dalle acque.
Lasciami stare come un’ acqua in riposo.
Amami, amami adesso un po’ di più, io così piccola!
Ti moltiplicherò per le strade della terra.
Io così povera, ti darò altri occhi, altre labbra
con cui godrai il mondo. Io così tenera,
mi fenderò come un’ anfora per l’ amore,
affinchè questo vino della vita si versi.
Perdonami! Sono impacciata nell’ andare,
impacciata nel servirti; ma tu mi riempisti così
e mi desti questo modo strano di muovermi tra le cose.
Siimi più dolce che mai. Non smuovere ansiosamente
il mio sangue, non agitare il mio respiro.
Adesso sono solo un velo. Tutto il mio corpo
è un velo sotto cui dorme un bimbo!
Gabriela Mistral
L’estasi
Cuce, in silenzio, sotto la lampada,
una cuffietta rosa.
Mai non si vide più leggiadra cosa.
Trasale, a un tratto, ne l'ampia tunica,
con un sorriso strano.
La cuffietta le scivola di mano.
Così, velato lo sguardo, pallida
come una morta, ascolta.
A qual raggio l'intenta anima è volta?...
Mai questo acuto spasimo d'estasi
le scolorò la faccia
quando la cinser l'adorate braccia;
mai fu sì bella, fra riso e lacrime,
quando, folle d'amore,
il suo prescelto le posò sul core.
Così la bruna figlia di Nàzareth
udì la sacra voce,
congiungendo le mani umili in croce:
piccola voce nova e terribile
che dice a l'infinita
tenerezza materna: « Eccomi, o vita!... »
Ada Negri
Affetti di una madre
Presso alla culla, in dolce atto d'amore,
che intendere non può chi non è madre,
tacita siede e immobile: ma il volto
nel suo vezzoso bambinel rapito,
arde, si turba e rasserena in questi
pensieri della mente inebriata.
«Teco vegliar m'è caro,
gioir, pianger con te; beata e pura
si fa l'anima mia di cura in cura:
in ogni pena un nuovo affetto imparo.
Esulta, alla materna ombra fidato,
bellissimo innocente!
Se venga il dì che amor soavemente
nel nome mio ti sciolga il labbro amato;
come l'ingenua gota e le infantili
labbra t'adorna di bellezza il fiore,
a te così nel cuore
affetti educherò tutti gentili.
Così piena e compita
avrò l'opra che vuol da me natura:
sarò dell'amor tuo lieta e sicura,
come data t'avessi un'altra vita.
Goder d'ogni mio bene,
d'ogni mia contentezza il ciel ti dia!
Io della vita nella dubbia via
il peso porterò delle tue pene.
Oh, se per nuovo obietto
un dì t'affanna giovanil desio,
ti risovvenga del materno affetto!
Nessun mai t'amerà dell'amor mio.»
E tu nel tuo dolor solo e pensoso
ricercherai la madre, e in quelle braccia
nasconderai la faccia;
nel sen che mai non cangia avrai riposo.
Giuseppe Giusti
Ha detto mamma
Venite anche voi e l’ udrete
ha detto proprio bene
mamma il mio uccellino;
l’ ha detto, ve l’ assicuro!
Voi sorridete incredule
e pensate che io m’ inganni:
ma no, egli l’ ha detto
poco fa, distintamente.
Ma ora perchè mai
si ostina a restar muto
mentre vi chiamo
per farvelo sentire?
Mamma : su, dilla,
ripeti la parola meravigliosa,
su, piccolo mio, parla,
altrimenti mi derideranno ...
Ah! Perchè taci?
E’ dunque una grazia
che fai solo a tua madre
il dirmi mamma
distintamente?
Anonimo congolese
Quando il bambino
Quando cinguetta il bambino,
lo sa Iddio quello che dice!
solo sorride ed accenna ...
Che pensa? Che dice? Ride, perchè?
E come il vento della sera col fiore,
gli parla così la sua mamma,
gli parla tenera e dolce ...
Ma non la intende nessuno.
Che dican tra loro sì a lungo
nemmeno al babbo è dato sapere:
linguaggio celeste. Segreto profondo.
Che nessuno intende, gli angeli solo.
Gardonyi Gèza
Le mani della mamma
Quando perdemmo tutto,
ci restarono ancora le tue mani
come una grande ricchezza.
Come due foglie verdi di sole
nascondevano sempre qualche cosa:
un uccellino d’ oro, un fiore, un frutto.
Se le posavi,
eran bianche colombe avute in dono;
se per casa le alzavi,
tu ci accendevi sempre un caldo lume;
se le cambiavi di posto
per noi muovevi sempre un angelo nascosto;
se sedevi in disparte solitaria,
raccolta come una Madonna bambina,
le intrecciavi sul seno a coroncina ...
Corrado Govoni
Una mano sulla porta
Quando sto zitto
arriva mia madre.
Sta sola mia madre nella stanza di là.
E io solo e zitto nella stanza di qua.
Mia madre si alza e arriva di quando in quando.
Con una mano sulla porta
cerca di leggere il mio cuore:
io zitto mi lascio leggere.
Intanto mi nascono affetti
e le sorrido:
«che sei venuta a fare?».
Ma so bene perché viene da me.
Dopo aver scambiato con me due o tre parole
mia madre se ne va.
E io penso a tutti gli uomini.
Noi viviamo sostenendoci l'un l'altro.
È come reggerci con le mani sulle spalle di chi ci è accanto.
Si ha bisogno persino delle persone che danno fastidio.
Chi sa se mia madre non pensa a questo
quando viene e mi guarda
con la mano appoggiata sulla porta?
Kazumasa Nakagawa
L acquazzone
Si sciolsero le nubi, all’improvviso;
piovve a dirotto. Al limite del campo
vidi la bimba fra uno scroscio e un lampo,
bello fra i ricci bruni il fresco viso.
Tesi le braccia, ed attraverso il nembo
la bimba accorse, fradicia e ridente
e mi cadde nel cuore, e il suo fremente
piccolo corpo mi raccolsi in grembo ...
Passano i giorni, passano e si muore.
Ben altre furie di tempesta tu
affronterai! Ma non ci sarà più
la tua mamma a raccoglierti sul cuore.
Ada Negri
El basigò de gno mama
El basigò de gno mama
da ani el xe passìo,
un'intera fiumana
d'òmini ‘ndagia xe con Dio.
Ne la memoria solo 'l bon odor,
profumo dilicato
de vita nova in fior
e d’un tenpo beato,
quando che le zornàe
le gera longhe a misi
e féva senpre istàe
su la so boca bianca de surisi.
Bon odor de mantina
de la stagion novela
nel son de la so vose fina,
nel ciaro de qui vogi de putela.
El basigò de mama
el me fiurisse in cuor,
el sovo bon odor
co’ la so vose ‘l ciama.
Biagio Marin
Il basilico di mia madre
Il basilico di mia madre / da anni è appassito, / un'intera fiumana / di uomini
è andata con Dio. / Nella memoria solo il buon odore, profumo delicato /
di vita nuova in fiore / e d’un tempo beato, / quando le giornate / erano lunghe
mesi / e faceva sempre estate /sulla sua bocca bianca di sorrisi. / Buon
odore di mattino /della stagione nuova / nel suono della sua voce fina, / nel
chiaro di quegli occhi di fanciulla./ Il basilico di mia madre / mi fiorisce
in cuore, / il suo buon odore / con la sua voce chiama.
Che cosa?
Sul paesino bianco bianco
scende la notte scura scura,
ma il cuor piccino non ha paura
anzi è preso da un dolce incanto.
Cosa c'è che lenta si leva
per il cielo vasto e solo?
C'è una luna di rosa e d'oro
che sembra un fior di primavera.
Cosa c'è nell'aria quieta,
come un pianto grave e soave?
C'è la campana che prega l'Ave
e accarezza ogni pena segreta.
Che cos'ha per compagnia
la piazzetta solitaria?
Ha la fontana che sempre varia
la sua canzone di fantasia.
E l'alberella che par morta
senza più un fremito di volo?
L'alberella ha l'usignolo
che col suo pianger la conforta.
E nella casa che s'empie già
d'uno stuolo vago e leggero
d'ombre, vestite di mistero,
il bambino felice, cos'ha?
Il bambino ha la sua mamma
che gli fa nido con le braccia
che se lo stringe guancia a guancia
e gli canta la ninna nanna.
Diego Valeri
La madre al figlio
Bene, figliolo, te lo dirò:
la vita per me non è stata una scala
di cristallo.
Ci furono chiodi
e schegge
ed assi sconnesse,
e tratti senza tappeti sul pavimento
nudi.
Ma per tutto il tempo
seguitai a salire,
e raggiunsi pianerottoli,
e voltai angoli
e qualche volta camminai nel buio
dove non era spiraglio di luce.
Così, ragazzo, non tornare indietro.
Non fermarti sui gradini
perché trovi ardua l'ascesa.
Non cadere ora,
perché io vado avanti, amor mio
e continuo a salire
e la vita per me non è stata
una scala di cristallo.
(Langston Hughes)
Immagine della mia mamma
Ho di te un’ immagine
che vive solo nel mio cuore.
Là i lineamenti sono così puri,
che tu sei senza età.
Là tu puoi parlarmi
senza muovere le labbra,
puoi guardarmi
senza aprire le palpebre.
E quando qualche sventura
m’ aspetta sulla strada,
io la capisco dal tuo cuore
che batte contro il mio.
Poesia popolare francese
Alla madre
Se tu torni fra noi
è un caldo e grigio
giorno di marzo, è l’ora del riposo
per noi rimasti nella casa, in pace.
Così lungamente
abbiamo aspettato nel silenzio
delle stanze assopite, ora i bambini
sono andati per viole.
Oh, poterli cercare con te
fra le gaggìe nude nel sole.
Attilio Bertolucci
Non vogliamo ricordarti
Ci stai accanto senz’ombra e col sorriso
di chi ha creato un lento paradiso.
Il dare l’avere il debito l’esempio
un vano confinarti;
saperti viva oggi ci compensa
del vuoto che saremo.
Siediti un momento
chiudi gli occhi all’indietro all’avanti
riposati dentro
o se proprio ci tieni
dividi coi figli
anche quest’ansia, l’ultima
di saperti viva.
Rinunceremo alla memoria per prolungarti
in vita e non in morte, cara.
Nelo Risi
La vergine madre
Mio piccolo amore, mia cara,
una soglia eri per me,
e uscir mi facevi dai confini
in questa terra straniera dove
come cardi s'affolla la gente,
se pur piacevoli a vedersi e decorosa.
Mio piccolo amore, mia carissima,
per due volte mi hai generato:
una dal ventre tuo, dolce madre,
l'altra dall'anima, libero
per rendermi d'ogni cuore, mia diletta,
libero d'entrare in tutti i cuori.
E così, mio amore, madre mia,
sempre ti sarò fedele.
Due volte son nato, mia carissima:
in te, alla vita e alla morte
ed è questo l'al di là della vita
dove son io fedele.
Ti bacio nell'addio, mia cara,
ora son diverse le nostre vie;
tu un seme sei nella notte,
un uomo io, che deve arare
la difficile terra del futuro
per far germogliare il seme.
Ti bacio nell'addio, mia cara,
qui è finita tra noi.
Oh, foss'io calmo come tu sei,
dolce e quieta nella tua bara!
Dio, Dio! Non dovessi lasciarti
sola, mia diletta.
È stata detta l'ultima parola, ormai?
Pronunciato è l'addio?
Dammi la forza di lasciarti
ora che sei morta.
Debbo andare, ma senza speranza resta
l'anima mia accanto al tuo letto.
David Herbert Lawrence
La madre
E il cuore quando d'un ultimo battito
avrà fatto cadere il muro d'ombra,
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
sarai una statua davanti all'Eterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come quando spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E solo quando m'avrà perdonato,
ti verrà desiderio di guardarmi.
Ricorderai d'avermi atteso tanto,
e avrai negli occhi un rapido sospiro.
Giuseppe Ungaretti
Mia madre, mia eterna margherita
Mia madre, mia eterna margherita
che piangi e mi sorridi
viva ora più di prima,
lo so, lo so quel che dovrei, pazienza
di forte non è questa ostinazione
d'uomo che teme la sua resa. Forza
è pace. Il sopore che s'insinua
nell'ora giusta fra due giuste veglie
è forza anch'esso, non viltà. Ma ormai
che i tuoi occhi mi s'aprono
solamente nell'anima, due punti
tenaci al fondo del braciere
con cui guardare tutto il resto, o santa,
non è il taglio a fil di lama
che partisce ombra e sole in queste vie
puntate contro il fuoco
del mare all'orizzonte, è un altro il segno
a cui dovrò tener fronte, segno
che ferisce, passa da parte a parte.
Mario Luzi
Lettera alla madre
«Mater dulcissima, ora scendono le nebbie,
il Naviglio urta confusamente sulle dighe,
gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve;
non sono triste nel Nord: non sono
in pace con me, ma non aspetto
perdono da nessuno, molti mi devono lacrime
da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi
come tutte le madri dei poeti, povera
e giusta nella misura d'amore
per i figli lontani. Oggi sono io
che ti scrivo.» Finalmente, dirai, due parole
di quel ragazzo che fuggì di notte
con un mantello corto
e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore,
lo uccideranno un giorno in qualche luogo.
«Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo
di treni lenti che portavano mandorle e arance,
alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze,
di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio,
questo voglio, dell'ironia che hai messo
sul mio labbro, mite come la tua.
Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori.
E non importa se ora ho qualche lacrima per te,
per tutti quelli che come te aspettano,
e non sanno che cosa. Ah, gentile morte,
non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro,
tutta la mia infanzia è passata sullo smalto
del suo quadrante, su quei fiori dipinti:
non toccare le mani, il cuore dei vecchi.
Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà,
morte di pudore. Addio, cara, addio mia dulcissima mater>>.
Salvatore Quasimodo
Preghiera alla madre
Madre che ho fatto soffrire
(cantava un merlo alla finestra, il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che morte a entrambi io m'invocavo)
madre
ieri in tomba obliata, oggi rinata
presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d'acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l'impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo ritorno, madre mia che ho fatto,
come un buon figlio amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
giardino io penso, ove con te riprendere
può a conversare l'anima fanciulla,
inebbriarsi del tuo mesto viso,
sì che l'ali vi perda come al lume
una farfalla. E’ un sogno, un mesto sogno;
ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
- ho tanta
gioia e tanta stanchezza! farmi, o madre,
come una macchia dalla terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.
Umberto Saba
Supplica
È difficile dire con parole di figlio
ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore
ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò ch' è orrendo conoscere:
è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile. Per questo è dannata
alla solitudine la vita che mi hai data.
E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame
d'amore, dell'amore di corpi senz'anima.
Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu
sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù:
ho passato l'infanzia schiavo di questo senso
alto, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era l'unico modo per sentire la vita,
l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita.
Sopravviviamo; ed è la confusione
d'una vita rinata fuori della ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile...
Pier Paolo Pasolini
La fotografia
Forse sedici,
forse diciott'anni,
giovane,
così giovane
come non so pensarti.
I capelli foltissimi
alti sull'ampia fronte,
tutt'intorno alle tempie,
sulla nuca,
orgogliosa corona.
Lieve il profilo
appena un poco teso,
quasi imbronciato,
certo severo,
eretto sopra il collo
chiuso nel giro stretto
di taffetas e valenciennes.
Nitida la foto
fissata al cartoncino
dove chiara, in oro,
spicca la sigla dello studio.
Mi avvicino
per osservarti meglio
e scruto in quell'immagine fanciulla
il volto di mia madre.
I tratti alteri già tutto racchiudono
il dolore futuro,
oltre il trionfo breve della maternità
sognata come una vittoria,
vissuta come un martirio.
Già colme di carezze le tue mani,
gravi di lacrime i tuoi occhi.
Come fermarti,
come dirti resta su quella soglia,
non correrci incontro:
non siamo la medaglia
ma la croce.
Ti prego, mamma,
non venire avanti,
lasciaci nel limbo
dei desideri abbandonati,
nell'assenza di te,
nel buio fondo di un'orfanità
che ti fa salva.
Quando tutto è compiuto,
non ho altro da offrirti
che quest'ombra totale,
questo nulla impossibile.
Ma tu accettalo
da chi ti è ignoto
perché è un dono d'amore.
E non voltarti,
non voltarti a guardarmi.
Elena Clementelli
La mamma ammalata
Mamma, questa d’ ottobre così gaia
giornata sembra d’ una primavera
ultima. Senti? Rondinelle a schiera
empiono di bisbigli la grondaia.
Senti? Tutto è brusio. Biondo nell’aia
il sol, tiepido ancora. Ma l'intera
famiglia è qui d’intorno, e prega e spera
che dalla casa il reo morbo scompaia.
Oggi si spilla il vino e si ripone
il granoturco: a noi il buon Signore
nulla di queste cose diede, mamma.
Pur siamo lieti poi che il buon Signore
ancor ci appresta molte cose buone,
la tua salute, il tuo sorriso, mamma.
Giovanni Cena
Oh mare, oh mare,
dopo una vita intiera
adesso che fa sera
tu turni in t'el gno cuor.
De tanta lontanansa
tu vien comò un'aurora
i rissi che te indora,
co' '1 silensio del sol.
E me, col cuor tremante,
vardo a la maravegia
che drento me se svegia,
se verze comò un fior.
Biagio Marin
Oh madre, madre, / dopo una vita intera / adesso che fa sera / tu torni nel mio cuore. /
Da tanta lontananza / tu vieni come un'aurora / con i riccioli che ti indorano, / con il
silenzio del sole. 11 Ed io, con il cuore tremante, / guardo alla meraviglia / che dentro mi
si sveglia, / si apre come un fiore.
La madre
Ricordo ...
si destava il villaggio
dentro i freschi merletti
dei tuoi meli fioriti.
Le tazze sulla tavola
ridevano ed i passeri
sulla soglia aspettavano.
L’alba nei tuoi capelli
posava un po’ di luce,
e tu tagliavi il pane
con mani così semplici
con mani così buone,
che il grande Cristo d’acero
scendeva dalla croce
e si metteva a tavola
per mangiare con noi.
Maurice Careme
La nonna
D’ inverno ti mettevi una cuffietta
con nastri bianchi come il tuo visino,
e facevi ogni sera la calzetta,
seduta al lume, accanto al tavolino.
Io imparavo la storia sacra in fretta
e poi mi accoccolavo a te vicino,
per sentirti narrar la favoletta
del drago azzurro e del guerrier meschino.
E quando il sonno proprio mi vincea,
m’ accompagnavi fino alla mia stanza,
e m’ addormivi al suono dei tuoi baci.
Allora gli occhi chiusi m’ arridea
in mezzo ai fiori una gioconda danza
di fantasime splendide e fugaci.
Gabriele D’Annunzio
Mia nonna
Mia nonna era il ramo incurvato dalle nascite.
Era il volto della casa seduto in cucina.
Era l’odore del pane e della mela conservata.
Era la mano del rosmarino e la voce della preghiera.
Era la povertà dei lunghi inverni.
Quindici figli mangiavano dalle sue mani miracolose.
Quindici figli dormivano col suo sonno d’aquila.
Nipoti e pronipoti abbiamo continuato a passare
nelle sue braccia magre.
Ma lei è sempre la mano che mescola
l’acqua e la farina.
E il silenzio delle notti pieno d’uccelli
addormentati.
E il braciere dell’infanzia con la focaccia
che scappava.
Efraim Barquero
Sera festiva
O mamma, o mammina, hai stirato
la nuova camicia di lino?
Non c’ era laggiù tra il bucato,
sul bossolo e sul biancospino.
Su gli occhi tu tieni le mani ...
Perchè? non lo sai che domani ...?
din don dan, din don dan.
Si parlano i bianchi villaggi
cantando in un lume di rosa:
dall’ ombra de’ monti selvaggi
si sente una romba festosa.
Tu tieni a gli orecchi le mani ...
tu piangi; ed è festa domani ...
din don dan, din don dan.
Tu pensi ... Oh! ricordo: la pieve ...
quanti anni ora sono? una sera ...
il bimbo era freddo, di neve;
il bimbo era bianco, di cera:
allora sonò la campana
(perchè non pareva lontana?)
din don dan, din don dan.
Sonavano a festa, come ora,
per l’angiolo; il nuovo angioletto
nel cielo volava a quell’ora;
ma tu lo volevi al tuo petto,
con noi, nella piccola zana:
gridavi; e lassù la campana ...
din don dan, din don dan.
Giovanni Pascoli
***
Scendeva dalla soglia d’ uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui
aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una
bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor
mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La
sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan
segno d’ averne sparse tante; c’ era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo,
che attestava un’ anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo
aspetto che, fra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse
per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne’ cuori. Portava essa in collo una
bambina di forse nov’ anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla
fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’ avessero adornata per una
festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la teneva a giacere, ma sorretta, a
sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che
una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata
gravezza, e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno:
della madre, chè, se anche la somiglianza de volti non n’avesse fatto fede, l’avrebbe detto
chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento.
Alessandro Manzoni
Madre coraggio
Quando la sera tornavano dai campi
sette figli ed otto col padre
il suo sorriso attendeva sull’uscio
per annunciare che il desco era pronto
ma quando in un unico sparo
caddero i sette dinanzi a quel muro
la madre disse
non vi rimprovero o figli
d’ avermi dato tanto dolore
l’ avete fatto per un’ idea
perchè mai più nel mondo altre madri
debban soffrire la stessa mia pena
ma che ci faccio qui sulla soglia
se più la sera non tornerete
il padre è forte e rincuora i nipoti
dopo un raccolto ne viene un altro
ma io sono soltanto una mamma
o figli cari vengo con voi
Piero Calamandrei
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Madre - Il Crocevia