Madre Genesi Vorrei un figlio da te che sia una spada lucente, come un grido di alta grazia, che sia pietra, che sia novello Adamo, lievito del mio sangue e che risolva più dolcemente questa nostra sete! Ah, se ti amo, lo grido ad ogni vento gettando fiori da ogni scarso ramo e fiorita sono tutta e di ogni velo vo scerpando il mio lutto, perchè genesi sei della mia carne. Ma il mio cuore, trafitto dall’ amore ha desiderio di mondarsi, vivo, e perciò dammi un figlio delicato, un bellissimo vergine viticcio da allacciare al mio tronco e tu possente padre, tu olmo ricco di ogni forza antica mieterai dolci ombre alla mia luce. Alda Merini Mi ha baciata Mi ha baciata e ora sono un’altra: un’altra, per il battito che raddoppia quello del mio sangue e per il respiro che si percepisce nel mio respiro. Il mio ventre ora è nobile come il mio cuore. E sento persino nel mio alito un profumo di fiori: tutto per colui che riposa lievemente nelle mie viscere, come la rugiada sull’erba! Gabriela Mistral Allo sposo Sposo, non stringermi. Lo facesti salire dal mio profondo come il giglio dalle acque. Lasciami stare come un’ acqua in riposo. Amami, amami adesso un po’ di più, io così piccola! Ti moltiplicherò per le strade della terra. Io così povera, ti darò altri occhi, altre labbra con cui godrai il mondo. Io così tenera, mi fenderò come un’ anfora per l’ amore, affinchè questo vino della vita si versi. Perdonami! Sono impacciata nell’ andare, impacciata nel servirti; ma tu mi riempisti così e mi desti questo modo strano di muovermi tra le cose. Siimi più dolce che mai. Non smuovere ansiosamente il mio sangue, non agitare il mio respiro. Adesso sono solo un velo. Tutto il mio corpo è un velo sotto cui dorme un bimbo! Gabriela Mistral L’estasi Cuce, in silenzio, sotto la lampada, una cuffietta rosa. Mai non si vide più leggiadra cosa. Trasale, a un tratto, ne l'ampia tunica, con un sorriso strano. La cuffietta le scivola di mano. Così, velato lo sguardo, pallida come una morta, ascolta. A qual raggio l'intenta anima è volta?... Mai questo acuto spasimo d'estasi le scolorò la faccia quando la cinser l'adorate braccia; mai fu sì bella, fra riso e lacrime, quando, folle d'amore, il suo prescelto le posò sul core. Così la bruna figlia di Nàzareth udì la sacra voce, congiungendo le mani umili in croce: piccola voce nova e terribile che dice a l'infinita tenerezza materna: « Eccomi, o vita!... » Ada Negri Affetti di una madre Presso alla culla, in dolce atto d'amore, che intendere non può chi non è madre, tacita siede e immobile: ma il volto nel suo vezzoso bambinel rapito, arde, si turba e rasserena in questi pensieri della mente inebriata. «Teco vegliar m'è caro, gioir, pianger con te; beata e pura si fa l'anima mia di cura in cura: in ogni pena un nuovo affetto imparo. Esulta, alla materna ombra fidato, bellissimo innocente! Se venga il dì che amor soavemente nel nome mio ti sciolga il labbro amato; come l'ingenua gota e le infantili labbra t'adorna di bellezza il fiore, a te così nel cuore affetti educherò tutti gentili. Così piena e compita avrò l'opra che vuol da me natura: sarò dell'amor tuo lieta e sicura, come data t'avessi un'altra vita. Goder d'ogni mio bene, d'ogni mia contentezza il ciel ti dia! Io della vita nella dubbia via il peso porterò delle tue pene. Oh, se per nuovo obietto un dì t'affanna giovanil desio, ti risovvenga del materno affetto! Nessun mai t'amerà dell'amor mio.» E tu nel tuo dolor solo e pensoso ricercherai la madre, e in quelle braccia nasconderai la faccia; nel sen che mai non cangia avrai riposo. Giuseppe Giusti Ha detto mamma Venite anche voi e l’ udrete ha detto proprio bene mamma il mio uccellino; l’ ha detto, ve l’ assicuro! Voi sorridete incredule e pensate che io m’ inganni: ma no, egli l’ ha detto poco fa, distintamente. Ma ora perchè mai si ostina a restar muto mentre vi chiamo per farvelo sentire? Mamma : su, dilla, ripeti la parola meravigliosa, su, piccolo mio, parla, altrimenti mi derideranno ... Ah! Perchè taci? E’ dunque una grazia che fai solo a tua madre il dirmi mamma distintamente? Anonimo congolese Quando il bambino Quando cinguetta il bambino, lo sa Iddio quello che dice! solo sorride ed accenna ... Che pensa? Che dice? Ride, perchè? E come il vento della sera col fiore, gli parla così la sua mamma, gli parla tenera e dolce ... Ma non la intende nessuno. Che dican tra loro sì a lungo nemmeno al babbo è dato sapere: linguaggio celeste. Segreto profondo. Che nessuno intende, gli angeli solo. Gardonyi Gèza Le mani della mamma Quando perdemmo tutto, ci restarono ancora le tue mani come una grande ricchezza. Come due foglie verdi di sole nascondevano sempre qualche cosa: un uccellino d’ oro, un fiore, un frutto. Se le posavi, eran bianche colombe avute in dono; se per casa le alzavi, tu ci accendevi sempre un caldo lume; se le cambiavi di posto per noi muovevi sempre un angelo nascosto; se sedevi in disparte solitaria, raccolta come una Madonna bambina, le intrecciavi sul seno a coroncina ... Corrado Govoni Una mano sulla porta Quando sto zitto arriva mia madre. Sta sola mia madre nella stanza di là. E io solo e zitto nella stanza di qua. Mia madre si alza e arriva di quando in quando. Con una mano sulla porta cerca di leggere il mio cuore: io zitto mi lascio leggere. Intanto mi nascono affetti e le sorrido: «che sei venuta a fare?». Ma so bene perché viene da me. Dopo aver scambiato con me due o tre parole mia madre se ne va. E io penso a tutti gli uomini. Noi viviamo sostenendoci l'un l'altro. È come reggerci con le mani sulle spalle di chi ci è accanto. Si ha bisogno persino delle persone che danno fastidio. Chi sa se mia madre non pensa a questo quando viene e mi guarda con la mano appoggiata sulla porta? Kazumasa Nakagawa L acquazzone Si sciolsero le nubi, all’improvviso; piovve a dirotto. Al limite del campo vidi la bimba fra uno scroscio e un lampo, bello fra i ricci bruni il fresco viso. Tesi le braccia, ed attraverso il nembo la bimba accorse, fradicia e ridente e mi cadde nel cuore, e il suo fremente piccolo corpo mi raccolsi in grembo ... Passano i giorni, passano e si muore. Ben altre furie di tempesta tu affronterai! Ma non ci sarà più la tua mamma a raccoglierti sul cuore. Ada Negri El basigò de gno mama El basigò de gno mama da ani el xe passìo, un'intera fiumana d'òmini ‘ndagia xe con Dio. Ne la memoria solo 'l bon odor, profumo dilicato de vita nova in fior e d’un tenpo beato, quando che le zornàe le gera longhe a misi e féva senpre istàe su la so boca bianca de surisi. Bon odor de mantina de la stagion novela nel son de la so vose fina, nel ciaro de qui vogi de putela. El basigò de mama el me fiurisse in cuor, el sovo bon odor co’ la so vose ‘l ciama. Biagio Marin Il basilico di mia madre Il basilico di mia madre / da anni è appassito, / un'intera fiumana / di uomini è andata con Dio. / Nella memoria solo il buon odore, profumo delicato / di vita nuova in fiore / e d’un tempo beato, / quando le giornate / erano lunghe mesi / e faceva sempre estate /sulla sua bocca bianca di sorrisi. / Buon odore di mattino /della stagione nuova / nel suono della sua voce fina, / nel chiaro di quegli occhi di fanciulla./ Il basilico di mia madre / mi fiorisce in cuore, / il suo buon odore / con la sua voce chiama. Che cosa? Sul paesino bianco bianco scende la notte scura scura, ma il cuor piccino non ha paura anzi è preso da un dolce incanto. Cosa c'è che lenta si leva per il cielo vasto e solo? C'è una luna di rosa e d'oro che sembra un fior di primavera. Cosa c'è nell'aria quieta, come un pianto grave e soave? C'è la campana che prega l'Ave e accarezza ogni pena segreta. Che cos'ha per compagnia la piazzetta solitaria? Ha la fontana che sempre varia la sua canzone di fantasia. E l'alberella che par morta senza più un fremito di volo? L'alberella ha l'usignolo che col suo pianger la conforta. E nella casa che s'empie già d'uno stuolo vago e leggero d'ombre, vestite di mistero, il bambino felice, cos'ha? Il bambino ha la sua mamma che gli fa nido con le braccia che se lo stringe guancia a guancia e gli canta la ninna nanna. Diego Valeri La madre al figlio Bene, figliolo, te lo dirò: la vita per me non è stata una scala di cristallo. Ci furono chiodi e schegge ed assi sconnesse, e tratti senza tappeti sul pavimento nudi. Ma per tutto il tempo seguitai a salire, e raggiunsi pianerottoli, e voltai angoli e qualche volta camminai nel buio dove non era spiraglio di luce. Così, ragazzo, non tornare indietro. Non fermarti sui gradini perché trovi ardua l'ascesa. Non cadere ora, perché io vado avanti, amor mio e continuo a salire e la vita per me non è stata una scala di cristallo. (Langston Hughes) Immagine della mia mamma Ho di te un’ immagine che vive solo nel mio cuore. Là i lineamenti sono così puri, che tu sei senza età. Là tu puoi parlarmi senza muovere le labbra, puoi guardarmi senza aprire le palpebre. E quando qualche sventura m’ aspetta sulla strada, io la capisco dal tuo cuore che batte contro il mio. Poesia popolare francese Alla madre Se tu torni fra noi è un caldo e grigio giorno di marzo, è l’ora del riposo per noi rimasti nella casa, in pace. Così lungamente abbiamo aspettato nel silenzio delle stanze assopite, ora i bambini sono andati per viole. Oh, poterli cercare con te fra le gaggìe nude nel sole. Attilio Bertolucci Non vogliamo ricordarti Ci stai accanto senz’ombra e col sorriso di chi ha creato un lento paradiso. Il dare l’avere il debito l’esempio un vano confinarti; saperti viva oggi ci compensa del vuoto che saremo. Siediti un momento chiudi gli occhi all’indietro all’avanti riposati dentro o se proprio ci tieni dividi coi figli anche quest’ansia, l’ultima di saperti viva. Rinunceremo alla memoria per prolungarti in vita e non in morte, cara. Nelo Risi La vergine madre Mio piccolo amore, mia cara, una soglia eri per me, e uscir mi facevi dai confini in questa terra straniera dove come cardi s'affolla la gente, se pur piacevoli a vedersi e decorosa. Mio piccolo amore, mia carissima, per due volte mi hai generato: una dal ventre tuo, dolce madre, l'altra dall'anima, libero per rendermi d'ogni cuore, mia diletta, libero d'entrare in tutti i cuori. E così, mio amore, madre mia, sempre ti sarò fedele. Due volte son nato, mia carissima: in te, alla vita e alla morte ed è questo l'al di là della vita dove son io fedele. Ti bacio nell'addio, mia cara, ora son diverse le nostre vie; tu un seme sei nella notte, un uomo io, che deve arare la difficile terra del futuro per far germogliare il seme. Ti bacio nell'addio, mia cara, qui è finita tra noi. Oh, foss'io calmo come tu sei, dolce e quieta nella tua bara! Dio, Dio! Non dovessi lasciarti sola, mia diletta. È stata detta l'ultima parola, ormai? Pronunciato è l'addio? Dammi la forza di lasciarti ora che sei morta. Debbo andare, ma senza speranza resta l'anima mia accanto al tuo letto. David Herbert Lawrence La madre E il cuore quando d'un ultimo battito avrà fatto cadere il muro d'ombra, per condurmi, Madre, sino al Signore, come una volta mi darai la mano. In ginocchio, decisa, sarai una statua davanti all'Eterno, come già ti vedeva quando eri ancora in vita. Alzerai tremante le vecchie braccia, come quando spirasti dicendo: Mio Dio, eccomi. E solo quando m'avrà perdonato, ti verrà desiderio di guardarmi. Ricorderai d'avermi atteso tanto, e avrai negli occhi un rapido sospiro. Giuseppe Ungaretti Mia madre, mia eterna margherita Mia madre, mia eterna margherita che piangi e mi sorridi viva ora più di prima, lo so, lo so quel che dovrei, pazienza di forte non è questa ostinazione d'uomo che teme la sua resa. Forza è pace. Il sopore che s'insinua nell'ora giusta fra due giuste veglie è forza anch'esso, non viltà. Ma ormai che i tuoi occhi mi s'aprono solamente nell'anima, due punti tenaci al fondo del braciere con cui guardare tutto il resto, o santa, non è il taglio a fil di lama che partisce ombra e sole in queste vie puntate contro il fuoco del mare all'orizzonte, è un altro il segno a cui dovrò tener fronte, segno che ferisce, passa da parte a parte. Mario Luzi Lettera alla madre «Mater dulcissima, ora scendono le nebbie, il Naviglio urta confusamente sulle dighe, gli alberi si gonfiano d'acqua, bruciano di neve; non sono triste nel Nord: non sono in pace con me, ma non aspetto perdono da nessuno, molti mi devono lacrime da uomo a uomo. So che non stai bene, che vivi come tutte le madri dei poeti, povera e giusta nella misura d'amore per i figli lontani. Oggi sono io che ti scrivo.» Finalmente, dirai, due parole di quel ragazzo che fuggì di notte con un mantello corto e alcuni versi in tasca. Povero, così pronto di cuore, lo uccideranno un giorno in qualche luogo. «Certo, ricordo, fu da quel grigio scalo di treni lenti che portavano mandorle e arance, alla foce dell'Imera, il fiume pieno di gazze, di sale, d'eucalyptus. Ma ora ti ringrazio, questo voglio, dell'ironia che hai messo sul mio labbro, mite come la tua. Quel sorriso m'ha salvato da pianti e da dolori. E non importa se ora ho qualche lacrima per te, per tutti quelli che come te aspettano, e non sanno che cosa. Ah, gentile morte, non toccare l'orologio in cucina che batte sopra il muro, tutta la mia infanzia è passata sullo smalto del suo quadrante, su quei fiori dipinti: non toccare le mani, il cuore dei vecchi. Ma forse qualcuno risponde? O morte di pietà, morte di pudore. Addio, cara, addio mia dulcissima mater>>. Salvatore Quasimodo Preghiera alla madre Madre che ho fatto soffrire (cantava un merlo alla finestra, il giorno abbassava, sì acuta era la pena che morte a entrambi io m'invocavo) madre ieri in tomba obliata, oggi rinata presenza, che dal fondo dilaga quasi vena d'acqua, cui dura forza reprimeva, e una mano le toglie abile o incauta l'impedimento; presaga gioia io sento il tuo ritorno, madre mia che ho fatto, come un buon figlio amoroso, soffrire. Pacificata in me ripeti antichi moniti vani. E il tuo soggiorno un verde giardino io penso, ove con te riprendere può a conversare l'anima fanciulla, inebbriarsi del tuo mesto viso, sì che l'ali vi perda come al lume una farfalla. E’ un sogno, un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere vorrei dove sei giunta, entrare dove tu sei entrata - ho tanta gioia e tanta stanchezza! farmi, o madre, come una macchia dalla terra nata, che in sé la terra riassorbe ed annulla. Umberto Saba Supplica È difficile dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben poco assomiglio. Tu sei la sola al mondo che sa, del mio cuore ciò che è stato sempre, prima d'ogni altro amore. Per questo devo dirti ciò ch' è orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia. Sei insostituibile. Per questo è dannata alla solitudine la vita che mi hai data. E non voglio esser solo. Ho un'infinita fame d'amore, dell'amore di corpi senz'anima. Perché l'anima è in te, sei tu, ma tu sei mia madre e il tuo amore è la mia schiavitù: ho passato l'infanzia schiavo di questo senso alto, irrimediabile, di un impegno immenso. Era l'unico modo per sentire la vita, l'unica tinta, l'unica forma: ora è finita. Sopravviviamo; ed è la confusione d'una vita rinata fuori della ragione. Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire. Sono qui, solo, con te, in un futuro aprile... Pier Paolo Pasolini La fotografia Forse sedici, forse diciott'anni, giovane, così giovane come non so pensarti. I capelli foltissimi alti sull'ampia fronte, tutt'intorno alle tempie, sulla nuca, orgogliosa corona. Lieve il profilo appena un poco teso, quasi imbronciato, certo severo, eretto sopra il collo chiuso nel giro stretto di taffetas e valenciennes. Nitida la foto fissata al cartoncino dove chiara, in oro, spicca la sigla dello studio. Mi avvicino per osservarti meglio e scruto in quell'immagine fanciulla il volto di mia madre. I tratti alteri già tutto racchiudono il dolore futuro, oltre il trionfo breve della maternità sognata come una vittoria, vissuta come un martirio. Già colme di carezze le tue mani, gravi di lacrime i tuoi occhi. Come fermarti, come dirti resta su quella soglia, non correrci incontro: non siamo la medaglia ma la croce. Ti prego, mamma, non venire avanti, lasciaci nel limbo dei desideri abbandonati, nell'assenza di te, nel buio fondo di un'orfanità che ti fa salva. Quando tutto è compiuto, non ho altro da offrirti che quest'ombra totale, questo nulla impossibile. Ma tu accettalo da chi ti è ignoto perché è un dono d'amore. E non voltarti, non voltarti a guardarmi. Elena Clementelli La mamma ammalata Mamma, questa d’ ottobre così gaia giornata sembra d’ una primavera ultima. Senti? Rondinelle a schiera empiono di bisbigli la grondaia. Senti? Tutto è brusio. Biondo nell’aia il sol, tiepido ancora. Ma l'intera famiglia è qui d’intorno, e prega e spera che dalla casa il reo morbo scompaia. Oggi si spilla il vino e si ripone il granoturco: a noi il buon Signore nulla di queste cose diede, mamma. Pur siamo lieti poi che il buon Signore ancor ci appresta molte cose buone, la tua salute, il tuo sorriso, mamma. Giovanni Cena Oh mare, oh mare, dopo una vita intiera adesso che fa sera tu turni in t'el gno cuor. De tanta lontanansa tu vien comò un'aurora i rissi che te indora, co' '1 silensio del sol. E me, col cuor tremante, vardo a la maravegia che drento me se svegia, se verze comò un fior. Biagio Marin Oh madre, madre, / dopo una vita intera / adesso che fa sera / tu torni nel mio cuore. / Da tanta lontananza / tu vieni come un'aurora / con i riccioli che ti indorano, / con il silenzio del sole. 11 Ed io, con il cuore tremante, / guardo alla meraviglia / che dentro mi si sveglia, / si apre come un fiore. La madre Ricordo ... si destava il villaggio dentro i freschi merletti dei tuoi meli fioriti. Le tazze sulla tavola ridevano ed i passeri sulla soglia aspettavano. L’alba nei tuoi capelli posava un po’ di luce, e tu tagliavi il pane con mani così semplici con mani così buone, che il grande Cristo d’acero scendeva dalla croce e si metteva a tavola per mangiare con noi. Maurice Careme La nonna D’ inverno ti mettevi una cuffietta con nastri bianchi come il tuo visino, e facevi ogni sera la calzetta, seduta al lume, accanto al tavolino. Io imparavo la storia sacra in fretta e poi mi accoccolavo a te vicino, per sentirti narrar la favoletta del drago azzurro e del guerrier meschino. E quando il sonno proprio mi vincea, m’ accompagnavi fino alla mia stanza, e m’ addormivi al suono dei tuoi baci. Allora gli occhi chiusi m’ arridea in mezzo ai fiori una gioconda danza di fantasime splendide e fugaci. Gabriele D’Annunzio Mia nonna Mia nonna era il ramo incurvato dalle nascite. Era il volto della casa seduto in cucina. Era l’odore del pane e della mela conservata. Era la mano del rosmarino e la voce della preghiera. Era la povertà dei lunghi inverni. Quindici figli mangiavano dalle sue mani miracolose. Quindici figli dormivano col suo sonno d’aquila. Nipoti e pronipoti abbiamo continuato a passare nelle sue braccia magre. Ma lei è sempre la mano che mescola l’acqua e la farina. E il silenzio delle notti pieno d’uccelli addormentati. E il braciere dell’infanzia con la focaccia che scappava. Efraim Barquero Sera festiva O mamma, o mammina, hai stirato la nuova camicia di lino? Non c’ era laggiù tra il bucato, sul bossolo e sul biancospino. Su gli occhi tu tieni le mani ... Perchè? non lo sai che domani ...? din don dan, din don dan. Si parlano i bianchi villaggi cantando in un lume di rosa: dall’ ombra de’ monti selvaggi si sente una romba festosa. Tu tieni a gli orecchi le mani ... tu piangi; ed è festa domani ... din don dan, din don dan. Tu pensi ... Oh! ricordo: la pieve ... quanti anni ora sono? una sera ... il bimbo era freddo, di neve; il bimbo era bianco, di cera: allora sonò la campana (perchè non pareva lontana?) din don dan, din don dan. Sonavano a festa, come ora, per l’angiolo; il nuovo angioletto nel cielo volava a quell’ora; ma tu lo volevi al tuo petto, con noi, nella piccola zana: gridavi; e lassù la campana ... din don dan, din don dan. Giovanni Pascoli *** Scendeva dalla soglia d’ uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna, il cui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo e maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’ averne sparse tante; c’ era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un’ anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, fra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne’ cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov’ anni, morta; ma tutta ben accomodata, co’ capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l’ avessero adornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la teneva a giacere, ma sorretta, a sedere sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca a guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull’omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, chè, se anche la somiglianza de volti non n’avesse fatto fede, l’avrebbe detto chiaramente quello de’ due ch’esprimeva ancora un sentimento. Alessandro Manzoni Madre coraggio Quando la sera tornavano dai campi sette figli ed otto col padre il suo sorriso attendeva sull’uscio per annunciare che il desco era pronto ma quando in un unico sparo caddero i sette dinanzi a quel muro la madre disse non vi rimprovero o figli d’ avermi dato tanto dolore l’ avete fatto per un’ idea perchè mai più nel mondo altre madri debban soffrire la stessa mia pena ma che ci faccio qui sulla soglia se più la sera non tornerete il padre è forte e rincuora i nipoti dopo un raccolto ne viene un altro ma io sono soltanto una mamma o figli cari vengo con voi Piero Calamandrei