In abbinata obbligatoria con Italia Oggi.
Sui salari bassi
Sfida
tra il ministro
e i sindacati
Vertenza porto
Scuse
e dimissioni
dal Sul
Inchiesta Milano-Reggio
Il giudice Giglio
rimane in carcere
Napolitano: «Doveroso
evitare le elezioni»
Guerra all’evasione
Il caso Gioia Tauro
dopo le foto di Rossa
su facebook
Spunta l’ombra dei servizi segreti
sulle notizie a Morelli sulle inchieste
M. ALBANESE a pagina 12
MASSIMO CLAUSI a pagina 7
alle pagine 4 e 5
Il ministro Elsa Fornero
Mercoledì 21 dicembre 2011
www.ilquotidianodellacalabria.it
Franco Morelli
Reggio. In qualità di ex sindaco ha ribadito le competenze gestionali in capo ai dirigenti
Scopelliti: «Sono molto sereno»
Il governatore sentito dai magistrati nell’inchiesta sul buco nel bilancio del Comune
Via libera alla manovra in Consiglio
Bruno Labate
racconta
come ottenne
l’incarico
tramite la Fallara
Regione, sì al bilancio
Fondazione Campanella
trovata una soluzione
IL consiglio regionale ha
approvato il bilancio di
previsione. Nelle misure
del collegato, tra le misure
adottate, c’è lo stanziamento di otto milioni di euro
per incentivare le imprese
che operano nell’area portuale di Gioia Tauro. Trovata una soluzione per la
Fondazione Campanella.
IL governatore, Giuseppe
Scopelliti, è stato sentito, in
qualità di ex sindaco,
nell’ambito dell’inchiesta sui
presunti illeciti alla base del
buco nel bilancio del Comune
di Reggio Calabria. Scopelliti, al termine dell’interrogatorio, si è detto «molto sereno», rifacendosi alle competenze proprie dei dirigenti.
GIUSEPPE BALDESSARRO
a pagina 6
Reggio. Per bancarotta
Chiesti 6 anni
per Sarra
Il gup rinvia
per una perizia
C. CORDOVA a pagina 7
ANDREANA ILLIANO
alle pagine 14 e 15
Scopelliti e Caridi in Consiglio
Neve sull’autostrada Salerno-Reggio Calabria
Ondata di gelo sulla Calabria. Neve sui rilievi
ONDATA di gelo sull’Italia,
dalla quale non è rimasta
esente la Calabria. Così come
in molte altre regioni, la nostra è stata interessata da
temperature sensibilmente
più basse e nevicate sui rilievi. In Sila sono caduti fino a
50 centimetri di neve sulle cime più alte. Secondo il Centro Funzionale Multirischi
dell’Agenzia regionale per
la protezione dell’ambiente
della Calabria (Arpacal). anche per oggi «sono previste,
sulla nostra regione, preci-
pitazioni anche a carattere
dirovescio otemporalilocalmente di forte intensità. I fenomeni saranno accompagnati da attività elettrica e da
venti nord-occidentali, con
raffiche di burrasca forte».
Neve sopra i 400-600 metri.
Sisma: la “nota” faglia della Valle del Crati
Terremoti in Calabria
Serve intervenire
in tema di prevenzione
MARIO PILEGGI alle pagine 8 e 9
La deposizione della teste chiave nel processo per presunte truffe all’Asl di Locri per la fornitura di materiali
Sombrero
«La Laganà ha approfittato della mia fiducia»
Protesi
ALBINA Micheletti, teste
nel processo per presunte
truffe all’Asl di Locri, ha parlato del ruolo della Laganà.
CI SONO delle protesi
mammarie che sono seriamente indiziate di avere effetti cancerogeni. Le
autorità sanitarie francesi stanno decidendo il
da farsi: c'è l'ipotesi che
debbano chiedere a trentamila donne di farsi operare per sostituirle. Sull'eternit sappiamo cosa è
successo: c'è gente che si
ammala 30 anni dopo il
contatto con le polveri, e
muore: l'amianto era la
grande scoperta del secolo! Il fatto è che, quando
scatta la lampadina degli
affari, le ricerche sulla
pericolosità del prodotto
diventano veloci e permissive; per accorgersi
che sono veleni, c'è sempre tempo.
PASQUALE VIOLI
a pagina 17
11221
9
771128
022007
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ANNO 17 - N. 351 - € 1,20
6 Primo piano
Mercoledì 21 dicembre 2011
Primo piano 7
Mercoledì 21 dicembre 2011
Il sottosegretario accusato dalla Procura di Reggio di bancarotta
Inchieste reggine
Il pm: «Sei anni a Sarra»
Il presidente della Regione interrogato
sul buco di bilancio al Comune
Il gup rinvia la decisione e dispone una perizia calligrafica
di CLAUDIO CORDOVA
Scopelliti
«Sono sereno»
dell’Economia) il bilancio comunale era stato gestito compiendo
tutta una serie di alchimie contabili fuori legge. Al centro della bufera Orsola Fallara, che avrebbe
compiuto operazioni illecite sia
sul piano contabile che penale. La
perizia in mano alla Procura parla di entrate del Bilancio gonfiate
ad arte per consentire tutta una
serie di spese. Iniziative, consulenze, incarichi professionali venivano così finanziati. E quando
poi i soldi non bastavano più iniziava una sorta di partite di giro,
con fondi che passavano da un capitolo di Bilancio all’altro. La coperta però, al di là delle responsabilità penalmente rilevanti, ad un
certo punto iniziò a diventare corta. Ed i debiti dell’amministrazione pubblica, verso enti e privati,
arrivarono alle stesse.
Gli ispettori del ministero
dell’Economia hanno stimato «in
via prudenziale», qualcosa come
170 milioni di euro di buco. Uno
sproposito. Ed è su una parte di
questi denari che la Procura ha
puntato la lente di ingrandimento. Infatti, non c’è soltanto un problema di più o meno cattiva gestione della casse comunale. Per i
magistrati, chi ha gestito le casse
ha commesso reati. Ed è ovvio che
ad essere chiamati in causa oltre
alla dirigenza ci sono anche i vertici politici di palazzo San Giorgio. Da qui la contestazione anche a Scopelliti. Un atto dovuto
per certi aspetti, in quanto primo
cittadino. Ma anche un atto necessario per proseguire le indagini ed accertare eventuali responsabilità da parte dell’allora sindaco della città dello Stretto. Anche
alla luce del fatto che Orsola Fallara era un dirigente esterno,
chiamato alla guida dell’ufficio
Finanze, con un incarico fiduciario.
g.bal.
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Il governatore
Scopelliti in Procura
accompagnato
dal legale di fiducia
di Nico D’Ascola
(foto A.Sapone)
IL VERBALE
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L’accordo per l’incarico dal parrucchiere
di GIUSEPPE BALDESSARRO
REGGIO CALABRIA - «L’incontro
per definire l’incarico avvenne
presso un parrucchiere vicino al
museo dove Zoccali e Scopelliti dovevano farsi i capelli. Fu un incontro breve, Scopelliti mi disse di parlare con Zoccali al quale spiegai la
mia aspirazione. Poi mi mandarono tutte le carte del contratto a Roma per firmare». E’ lo stesso Bruno Labate a raccontare i retroscena di come diventò capo della delegazione romana della Regione Calabria. L’architetto, finito nel vortice dell’inchiesta sul buco di bilancio del Comune di Reggio Calabria, ripercorre quei giorni, in una
mezza dozzina di pagine agli atti
del procedimento che lo vede indagato per avere intascato denaro
per progetti pubblici mai eseguiti.
Nel corso dell’interrogatorio su
quella vicenda, l’architetto reggino spiega il rapporto sentimentale
che lo legava a Orsola Fallara, grazie alla quale aveva “agganciato”il
governatore e ottenuto l’incarico
regionale.
Nella prima parte dell’interrogatorio Labate ammette di aver ottenuto una serie di incarichi da
parte della Fallara per la realizzazione di alcuni progetti. Si trattava prevalentemente di opere relative a verde pubblico e piazze. “Pratiche”, per lavori mai finanziati e
mai realizzati, che tuttavia avevano portato nelle tasche del professionista alcune centinaia di migliaia di euro (ragione per la quale
gli sono stati sequestrati patrimoni per 600 mila euro circa). Incari-
Il racconto di Bruno Labate, prima progettista sulla carta per il Comune
poi grazie alla Fallara dirigente della Delegazione calabrese a Roma
chi affidati illegittimamente dalla
dirigente dell’ufficio finanze di
Palazzo San Giorgio, che si tolse la
poi la vita lo scorso anno, e per i
quali ora è accusato di peculato (in
concorso con la manager) e truffa.
All’epoca della vicenda i due erano
sentimentalmente legati. E fu tramite la Fallara che, nel tempo, Labate aveva intravisto la possibilità
di fare carriera nella Regione. Al
punto da rinunciare al lavoro che
aveva come dirigente della Cassa
Depositi e Prestiti per buttarsi nella nuova avventura professionale.
«Io tenevo particolarmente ad
ottenere anche tramite Orsola Fallara il posto di dirigente della Fin
Calabra - spiega durante l’interro-
gatorio - e avevo accettato la delegazione romana della Regione come ripiego momentaneo assecondando lei che mi diceva che avrebbe tentato di soddisfare le mie
aspettative». Quindi, sempre ai
magistrati (il pool che si occupa
dell’inchiesta è composto dall’aggiunto Ottavia Sferlazza e dai pm
Sara Ombra e Francesco Tripodi)
ha detto: «Era lei il tramite con il
presidente Scopelliti per tutte queste questioni». Labate racconta
anche di quando seppe che per Fin Calabra
era stato scelto un altro professionista «ci
rimasi male», «ma lei
disse che mi avrebbe
LA SCHEDA
Dalla prima denuncia in Procura
al suicidio della dirigente comunale
ORSOLA Fallara (nella foto), dirigente dell’Ufficio Finanze del Comune
di Reggio Calabria, si è uccisa ingerendo dell’acido muriatico a dicembre dello scorso anno. La donna era stata indagata dalla Procura della
Repubblica di Reggio Calabria, per essersi auto liquidata diverse centinaia di migliaia di euro in quanto componente della Commissione tributaria provinciale per conto del Comune. Somma che, secondo i magistrati, non le spettavano. L’inchiesta tuttavia scoprira anche altro. Durante l’indagine infatti emersero una serie di pagamenti illegittimi a diversi professionisti (tra cui l’architetto Bruno Fallara, con cui aveva una relazione), ma soprattutto affiorarono una serie di irregolarità relative alla
gestione del Bilancio comunale. Episodio che gli costo anche l’accusa di
falso, per la quale è indagato anche il governatore Giuseppe Scopelliti.
sistemato».
«Fu la Fallara, tramite Franco
Zoccali che era assieme a Scopelliti
a procurarmi l’incarico di capo
della delegazione romana, sempre
da considerarsi come “parcheggio”, in attesa dell’incarico a Fin
Calabra che era il mio vero obiettivo». Da qui per arrivare a Zoccali e
Scopelliti, incontrati poi «dal parrucchiere vicino al Museo». Dopo
lo scandalo, Labate si dimise da dirigente regionale.
La farmacia Centrale. A destra Alberto Sarra
di questioni tecnico-giurideche a suo
favore. Una carta che la difesa del politico ha fornito alla corte nell’ottobre
2010. Documentazione che, però, a detta dei consulenti della Procura, avrebbe
in calce una firma falsa. Adesso, quindi,il GupEspositovuole vedercichiaro:
da qui, infine, la decisione di procrastinare la sentenza, disponendo una perizia sulla firma di Curia.
Secondo l’inchiesta il “gruppo Sarra”
nei primi anni del 2000 avrebbe rilevato
la farmacia dalla famiglia Curia, sborsando una cifra simbolica (un milione
di lire), ma accollandosi anche i debiti,
quantificati tra i sette e gli otto miliardi
di lire. Negli anni, peraltro, il politico
avrebbe mantenuto un ruolo operativo
nella gestione della farmacia, disponendo anche sui licenziamenti. Nel corso degli anni, però, Sarra, avrebbe messo in atto una bancarotta fraudolenta
da quasi un milione e seicentomila euro. 317mila euro sarebbero stati versati
in più soluzioni mensili alla famiglia
Curia e ai suoi eredi, per effetto di un
contratto di rendita vitalizia, 146mila
euro, invece, costituirebbero la somma
L’ASSE MILANO-REGGIO
del pagamento dei debiti della Sarfarm
S.r.l., la società che Sarra avrebbe costituito per gestire la farmacia, cosa che,
altrimenti, non gli sarebbe stata consentita, vistala suaprofessione diavvocato. Circa 84mila euro, poi, sarebbero
il pagamento di debiti estranei alla gestione sociale, relativi ad assegni emessi da Sarra sul conto corrente acceso
presso la BNL. Ma la parte più cospicua
dei soldi che costituirebbe la bancarotta
fraudolenta, circa un milione di euro,
deriverebbe da un finanziamento concesso da Credifarma, l’istituto costituito dalle farmacie, in favore della Farmacia Centrale. Soldi che il 14 dicembre
2001 sarebbero stati trasferiti sul conto
della Sarfarm, svanendo, poi, nel nulla.
Secondo quanto affermato dallo stesso Sarra in una nota «i difensori hanno
sostenuto l’assoluta insussistenza delle accuse mosse, smontando in fatto e
diritto quanto sostenuto dall’accusa,
fornendo, nel corso di tutto il procedimento, prove dell’avvenuto pagamento
dei debiti della farmacia da parte del sottosegretario Sarra, ancor prima della
dichiarazione di fallimento».
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Giglio resta in carcere Spunta l’ombra dei Servizi
REGGIO CALABRIA - Enzo
Giglio resta in carcere. Il Tribunale della Libertà di Milano ha rigettato l’istanza di
scarcerazione avanzata da
Francesco Albanese, legale
di fiducia del magistrato Giglio, arrestato
nell’ndagine della Dda di Milano
per favoreggiamento alla cosca
Lampada e per
corruzione
in
combutta con il
consigliere regionale Franco
Morelli, anch’egli tratto in
arresto. E se su Morelli, il legale di fiducia, Franco Sammarco, aveva rinunciato a ricorrere al Tdl, Giglio aveva
puntato nel sostenere la propria estraneità ai fatti, sottoponendosi all’interrogatorio di garanzia davanti al Gip
Giuseppe Gennari, rendendo dichiarazioni spontanee,
al cospetto del procuratore
aggiunto Ilda Boccassini
nell’ambito dell’udienza davanti al Riesame, ma anche
scrivendo, di proprio pugno,
due distinti memoriali, di
una cinquantina di pagine
complessive, in cui spiegava
le ragioni dei propri incontri
con i Lampada,una famiglia
originaria del rione Archi di
Reggio Calabria che sarebbe
stata “inviata” a Milano come testa di ponte del più potente e blasonato clan Condello.
Al momento dell’arresto,
avvenuto circa tre settimane
fa, Vincenzo Giglio è uno dei
magistrati più noti, anche
per la propria severità, del distretto reggino. Presidente
della Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di
Reggio Calabria,
Presidente della
Corte d’Assise,
nonché elemento
di spicco della
corrente di Magistratura Democratica, Giglio
venne ammanettato con delle accuse gravissime: nel corso di
alcuni incontri, almeno cinque, avvenuti all’interno della propria centralissima abitazione a Reggio Calabria
avrebbe fornito delle soffiate
agli elementi di spicco del
Il Tdl respinge
la richiesta
della difesa
clan Lampada circa l’esistenza o meno di indagini
giudiziarie sul conto degli
affiliati. Discorso analogo
per la presunta corruzione
con Franco Morelli, cui Giglio avrebbe rivelato l’assenza di indagini sul conto del
politico, preoccupato di possibili vicendegiudiziarie che
ne potessero frenare l’ascesa
politica. Un’amicizia, quella
tra Morelli e Giglio, che sarebbe stata premiata dagli
incarichi regionali ottenuti
dalla moglie del magistrato,
Alessandra Sarlo. Accuse da
cui, ovviamente, il magistrato si è difeso con forza. Una
difesa che, però, non ha convinto del tutto il Tdl che ha rimarcato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
cl.co.
LA REPLICA
«Giusti, non sono l’avvocato di cui si parla»
LEGGO sul Quotidiano del 20 la riedizione di una vecchia notizia già da
me smentita: e cioè che io sarei stato indicato, in un colloquio del 5 agosto 2009 intercorso tra Rocco Gaetano Gallo ed i suoi familiari, come
l'”avvocato” che doveva parlare con il giudice Giusti, che successivamente avrebbe composto il collegio del Tdl che annullò l'ordinanza custodiale emessa nei confronti del Gallo. Ribadisco che non sono io l'”avvocato” del quale si parla (ammesso che se ne parli nei termini divenuti
di pubblico dominio), perchè al 5 agosto '99 non ero ancora il difensore
del Gallo; perchè non sono mai andato a cena con il suddetto giudice;
perchè neppure sapevo che lo stesso avrebbe composto il Tdl; perchè
ciò seppi solo la mattina dell'esame del ricorso; perchè il Tdl seguì percorso motivazionale totalmente diverso da quello che avevo prospettato, per annullare l'ordinanza. Avv. Armando Veneto
di MASSIMO CLAUSI
COSENZA - Spunta anche
l’ombra dei servizi segreti
nell’inchiesta
“Infinito”
condotta dalla Dda di Milano. Negli ultimi giorni diversi protagonisti dell’inchiesta hanno sfilato davanti aigiudici milanesinel
corso dei vari interrogatori
di garanzia o come persone
informate sui fatti. Durante questi colloqui i magistrati milanesi hanno in
particolare concentrato la
loro attenzione sulla fuga di
notizie inerenti le indagini
sul gruppo Valle-Lampada.
Dalle carte dell’inchiesta è
palese come i destinatari
della custodia cautelare sapessero da tempo di essere
oggetto di attenzioni da
parte degli inquirenti. Lo
dimostra l’uso di telefonini
ad hoc, intestati ad un cittadino senegalese, che Lampada e Morelli utilizzavano
per comunicare. Lo dimostrano anche una serie di
notizie che Morelli avrebbe
fornito ai Valle-Lampada in
merito alle indagini (circostanza che ha fatto guadagnare al consigliere regionale del Pdl l’accusa di violazione del segreto istruttorio). Ma come faceva Morelli
a sapere delle indagini?
Lo ha chiarito ai giudici
milanesi uno degli indagati
che nel corso dell’interrogatorio di garanzia ha affermato che il gruppo era a
Il consigliere regionale Morelli
conoscenza di indagini in
corso grazie alle entrature
di Morelli con i servizi segreti. L’indagato ha parlato
di contatti di alto livello che
il consigliere regionale avrebbe
intrattenuto addirittura
con
funzionari dei
servizi che lo
avrebbero regolarmente notiziato sull’argomento.
Del resto per il consigliere regionale sapere se era
sotto inchiesta o meno era di
fondamentale importanza.
Lo ha dichiarato anche il
sindaco di Roma, Gianni
Alemanno, sentito dai pm
lombardi come persona informata sui fatti.
Alemanno ha confermato il suo stretto rapporto con
Morelli che era il massimo
esponente della sua corrente, Destra sociale, in Calabria. Per questo il sindaco di
Roma si era attivato presso
Scopelliti per chiedere un
posto al sole per Morelli, ricevendo però un netto rifiuto dal governatore Scopelliti. Quest’ultimo disse ad
Alemanno di aver sentito alcune voci circa indagini in
corso su Morelli per cui non
era opportuno una sua nomina in giunta. Da qui l’attivismo di Morelli e il famoso
fax inviatogli dalla moglie
del giudice Giglio che attestava l’inesistenza di indagini. Lo stesso fax Morelli
esibì ad Alemanno. Il sindaco di Roma ha detto ai giudici di ricordare la circostanza, anche se non saprebbe
indicare
con
esattezza che tipo di documento
fosse. Fatto sta
che dopo quel
momento si convinse che quella
di Scopelliti fosse una scusa e il
rifiuto ad un ingresso in giunta di Morelli
avesse motivazioni di natura politica. Per questo Alemanno decise di “ricompensare” Morelli con un posto
nel cda di una delle partecipate del Comune di Roma.
Le entrature
di Morelli
nell’intelligence
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Per la difesa
le prove
prodotte in aula
sarebbero
insussistenti
“Caso Fallara”, il governatore due ore in Procura
«Come sindaco completamente estraneo alla vicenda»
REGGIO CALABRIA - «Ho soltanto chiarito la mia posizione rispetto alle vicende contestate evidenziando, così come è scritto dagli stessi ispettori ministeriali, il
distinguo tra le competenze, che
sono gestionali in capo ai dirigenti, e quelle in capo alla politica».
Poco meno di due ore di interrogatorio per il governatore Giuseppe Scopelliti. Il tempo di rispondere ad alcune domande della Procura, rispetto all’accusa di
falso, nell’ambito dell’inchiesta
sul “caso Fallara”. Il presidente
della Regione Calabria, a conclusione del confronto con i magistrati reggini, ha riferito: «In
qualità di sindaco ho dimostrato
in maniera chiara la mia estraneità alla vicenda. Sono molto sereno, tranquillissimo. Saranno poi
i procuratori che dovranno valutare insieme ai sostituti la mia posizione che a me sembra molto lineare e naturale».
Estraneo ad ogni contestazione
insomma. Scopelliti ha ribadito
quella che la linea di difesa a fronte delle accuse che gli sono state
mosse dal pool di magistrati
(composto dal procuratore aggiunto Ottavio Sferlazza e dai pm
Sara Ombra e Francesco Tripodi)
che indagano sugli illeciti che
starebbero alla base del buco di Bilancio di Palazzo San Giorgio. Un
tesi che, nella sostanza, tende a distinguere quelle che sono le responsabilità dei dirigenti da quelle di chi riveste un ruolo politico
nella stessa amministrazione.
Delle domande rivolte al governatore nello specifico si sa poco o
niente, anche alla luce del fatto
che la Procura non ha voluto commentare in alcun modo i contenuti e l’esito dell’interrogatorio a cui
era presente anche il procuratore
Giuseppe Pignatone.
Accompagnato dall’avvocato
Aldo Labate, dello studio del professore Nico D’Ascola, Scopelliti
si è quindi detto sereno.In qualità
di ex sindaco di Reggio Calabria,
come accennato, aveva ricevuto
nei mesi scorsi un invito a comparire nell’ambito delle indagini sul
cosiddetto “caso Fallara” nel quale si ipotizza a suo carico il reato di
falso in atto pubblico.
L’inchiesta era stata avviata in
seguito alle denunce di Demetrio
Naccari e Seby Romeo, esponenti
del Pd reggino, sulle indebite
competenze erogate alla dirigente dell’Ufficio finanze del Comune, Orsola Fallara. Quest’ultima,
indagata dalla Procura per abuso
d’ufficio per una somma di 750
mila euro, si era suicidata nel dicembre del 2010. E già per il reato
di abuso, Scopelliti aveva ricevuto
un primo invito a comparire.
L’inchiesta si è poi estesa e la
Procura ha disposto una serie di
accertamenti tecnici sui conti del
Comune dai quali sarebbero
emerse una serie di irregolarità
nei bilanci dell’ente dal 2008 al
2010. Secondo una perizia degli
esperti della Procura (che poi continuarono lo stesso lavoro nella
qualità di ispettori del Ministero
REGGIO CALABRIA - Il pubblico ministero Federico Perrone Capano aveva
anche esposto la propria requisitoria
chiedendo sei anni e otto mesi di carcere
per alcuni episodi di bancarotta fraudolenta. Ma il processo che vede imputato
l’attuale sottosegretario regionale Alberto Sarra sembra proprio non voler
vedere la propria fine: tra rinvii, dovuti
a impegni degli avvocati o del giudice
terzo, la decisione a carico del politico
slitta ormai da diversi mesi. E anche ieri, quando si attendeva ormai la lettura
del dispositivo, il Gup di Reggio Calabria, Andrea Esposito, ha spiazzato tutti, disponendo una perizia per accertare
se un documento prodotto
dalla difesa di Sarra, rappresentata dagli avvocati Antonio Managò e Fabrizio Guerrera,sia autenticoo falso,come invece sostenuto dall’Ufficio di Procura.
Sarra è imputato di quattro episodi di bancarotta
fraudolenta che sarebbero
stati messi in atto nell’ambito dell’intricata vicenda riguardanteil fallimentodella
“Farmacia Centrale” ubicata
a Reggio Calabria sul Corso
Garibaldi. Secondo le indagini del pm
Federico Perrone Capano, svolte con il
coordinamento del procuratore aggiunto Nicola Gratteri, Sarra, insieme
ad altre due persone, Francesco Maria
Serrao e Antonina Maria Rosa Marrari,
avrebbe distratto, dissipato e occultato i
beni riguardanti il patrimonio sociale
della farmacia. Serrao ha già patteggiato la propria pena, arrivando a una condanna in continuazione con un altro
procedimento a suo carico, denominato
“Casper”, mentre per la Marrari il pm
Perrone Capano aveva invocato tre anni
di reclusione prima che il Gup sorprendesse tutti con la propria decisione. Il
documento presentato dalla difesa di
Sarra è firmato dal defunto Antonio Curia e permetterebbe all’attuale sottosegretario, di dimostrare tutta una serie
Consiglio regionale. I temi della sanità in aula. Bova e Adamo propongono l’azienda unica
Campanella, c’è la soluzione
Rsa, Mirabelli (ApI): «Avete aumentato i posti letto e i soldi stanziati non bastano»
REGGIO CALABRIA - La sanità tiene banco in consiglio
regionale, anche nella seduta di ieri, quando all'approvazione dell'assise regionale
c'era il bilancio di previsione
del 2012.
Torna la legge sulla Fondazione Campanella, bocciata da Roma perché ritenuta
incostituzionale. Il dibattito
è acceso e termina a notte
inoltrata, che cosa ne sarà si
saprà solo oggi. L'idea è quella di trasformare i contratti
dei dipendenti con un tempo
determinato almeno in una
fase di transizione, ovvero in
quella che permette alla fondazione di passare da pubblica a privata. Per poi arrivare
ai concorsi pubblici (insomma si ripropone il caso dell'Audit) per le nuove assunzioni. Di certo la Regione ha
dato venti milioni l'anno
scorso e 15 quest'anno alla
struttura di Catanzaro. Il documento che arriva in aula risponde al primo rilievo di legittimità costituzionale sulla violazione del piano di
rientro e dei poteri del commissario ad acta: in aula si
propone la cancellazione della fondazione dal registro
delle persone giuridiche private. Sul personale invece
l'atto era ritenuto incostituzionale perché mancavano
concorsi pubblici per le assunzioni , la norma che ieri è
arrivata in aula bandisce i
bandi, ma solo successivamente al riconoscimento della fondazione come ente di diritto pubblico. Del caso si è di-
Una riunione dei consiglieri del Pdl tra i banchi del consiglio
scusso molto anche nella riunione dei capigruppo che ha
proceduto il dibattito nell'assise regionale. Contrari Idv e
una parte del Pd, che cosa accadrà del Campanella. Ieri, in
nottata però la maggioranza
aveva i voti per far passare
l'atto.
Già prima che si arrivasse
a discutere però dello spinoso caso della struttura sanitaria di Catanzaro la sanità è
tornata in aula, quando il
consigliere regionale Rosario Mirabelli (Api) in aula ha
messo in evidenza la mancanza di soldi per le residenze
degli anziani, presentando
un emendamento alla manovrafinanziariache èstatoperò bocciato. Mirabelli ha proposto un problema serio:
«Considerando che, per
quanto attiene la struttura
socio-sanitaria, che con il decreto 18 sono stati previsti
3300 posti letto che sono diventati, poi, 3015, a fronte di
una spesa che dai 40 milioni
di euro previsti è passata a 15
milioni di euro, con differenza, pertanto di ben 25 milioni
di euro, evidenzia responsabilità dirette da parte del
Commissario ad acta», il riferimento è a Scopelliti e Mirabelli continua: «Si denuncia,
tra l'altro, la situazione in cui
versano le case di cura che,
nonostante le puntuali previsioni di legge, non sono state
più pagate e non potranno
neanche ricorrere all'indebitamento bancario. Constatata lamancanza diproposte in
vari settori, come nell'agricoltura, rileva la difficoltà
oggettiva di acclarare in termini positivi il bilancio che si
sottopone in Aula e stigmatizzando l'attuale programmazione economica, ritiene
necessario un sistema di politica e di programmazione
differente, tale da poter alleggerire l'utilizzo delle risorse, anche considerando le
mancate erogazioni da parte
del Governo centrale». L'emendamento è stato bocciato. Di sanità parla anche i
consiglieri regionali Peppe
Bova che, insieme con Nicola
Adamo (entrambi gruppo
misto), che presentano un
emendamento che prevede
che tutte le Asp siano accorpate in un'unica azienda
ospedaliera regionale. Bova
dice in aula che si tratta di un
emendamento che non costa
un euro. Gli risponde il capogruppo del Pdl, Luigi Fedele:
«lo trasformiamo in un ordine del giorno». Ad Adamo l'idea non piace: «Questo è un
nuovo modello della sanità,
ve lo proponiamo, non costa
niente, ma potrebbe anche essere utile in questa fase di tagli, di piani di rientro». Alla
fine l'emendamento non passa e si trasforma in una sorta
di indirizzo del consiglio.
LA LETTERA
Morosini scuote la politica
e il presidente Scopelliti
LOCRI – «Stiamo verificando che il rientro economico
se avverrà, sarà a beneficio
delle istituzioni ma a danno
dei cittadini. Ci viene detto
che sarà solo un danno provvisorio proprio per garantire il futuro. Se guardiamo
retrospettivamente la nostra Regione dobbiamo concludere che purtroppo finora non è stato così, perchè
quello che abbiamo perso
nel passato, non ci è mai stato restituito». È quanto ha
scritto il vescovo di Locri,
mons. Giuseppe Fiorini Morosini in una lettera che ha
consegnatoieri, aSanLuca,
al presidente della Regione
Calabria, Giuseppe Scopelliti. «Mi faccio interprete –
ha sostenuto il prelato – del
disagio che sta vivendo la
gente nella Locride, appesantito in occasione di queste feste dalla messa in cassa
integrazione degli operai
forestali dell’Afor, in un momento in cui i recenti danni
alluvionali hanno riportato
in evidenza il problema del
dissesto idrogeologico del
nostro territorio. Del resto
anche lei ha mostrato le sue
preoccupazioni dinanzi al
Governo per una manovra
economica, che finisce per
penalizzare molto la nostra
Regione. Sicuramente anche avrà letto le osservazioni critiche che gli operai
Afor hanno fatto e che io ho
letto ed ascoltato anche a viva voce. Si sentono venduti
dai sindacati e in certo senso
presi in giro costatando che,
a loro dire, mentre essi vengono messi in cassa integrazione ci sono altre assunzioni alla Regione e sono stati
aumentati gli stipendi per i
dirigenti del loro settore. La
cassa integrazione prelude
al licenziamento e la situazione delle famiglie nella
Locride diventa sempre più
drammatico». «In questi anni –ha scritto mons. Morosini a Scopelliti - ho visto coniugare verbi sempre negativi per la vita delle famiglie
del nostro territorio: ridimensionare,
eliminare,
sopprimere, trasferire, accorpare. In nome della crisi
e del rientro economico sono state soppresse scuole,
chiuse guardie mediche, ridotti o chiusi uffici postali,
soppressi treni e tutto questo a discapito del cittadini.
Se considero la configurazione del territorio della Locride debbo concludere che
il futuro è drammatico».
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Calabria 15
24 ore
Mercoledì 21 dicembre 2011
24 ore
Mercoledì 21 dicembre 2011
Catanzaro. Ai domiciliari due estremisti della destra catanzarese: Carmelo La Face e Vincenzo Marino
Si “chiude” solo sui fascisti
Dieci gli indagati per la rissa al “Centro Riscossa”. Tre le misure applicate
LE INTERCETTAZIONI
di TERESA ALOI
CATANZARO - Nessuno ha
voluto proferire quel nome.
Nessuno lo avrebbe riconosciuto, nè tanto meno qualcuno ha saputo fornire
un'indicazione utile atta a
consentire agli investigatori
di risalire alla sua identità. E
così, il nome di chi materialmente ha brandito il coltello
nei confronti di un militante
di sinistra, resta un'incognita.
Erala seradel30 ottobredi
un anno fa quando, poco dopo le 21, veniva effettuata
una segnalazione alle forze
di Polizia in ordine ad uno
scontro avvenuto poco prima in via Cicco Simonetta,
nei pressi della sede dell'Associazione “Riscossa”. Ora,
perquella rissa,a distanzadi
unanno eduemesi gliagenti
della Digos hanno arrestato
e posto ai domiciliari Carmelo La Face, 33 anni, e Vincenzo Marino, 32 anni, esponenti della estrema destra cittadina mentre ad un terzo giovane Salvatore Mazza, 30 anni, è stato notificato un provvedimento di obbligo di dimora. Eppure, le richieste
dell'accusa, rappresentata
dal sostituto procuratore
Alessia Miele erano state più
pesanti considerato che per
LaFace eMarino,il pmaveva
chiesto l'arresto in carcere
per tentato omicidio e rissa e
per Mazza i domiciliari insieme ad altri due dei dieci indagati in stato di libertà Valerio
Bagnato e Carlo Cassala entrambi ventiseienni ritenuti
entrambi responsabili di tentato omicidio. Richieste che,
tuttavia si sono scontrate
con la decisione del giudice
per le indagini preliminari
Maria Rosaria Di Girolamo
che, nelle 50 pagine di ordinanza di misura cautelare,
ha contestato solo il reato meno grave e per tre dei cinque
indagati. Nel provvedimento, in qualità di indagati anche Ruben Munizza, 28 anni,
Fabio Saliceti, 31 anni, Stefano Mancuso, 26 anni, Giuseppe Rossi, 34 anni, Dario
De Liberto, 33 anni.
Una ricostruzione puntale, quella della Procura: della
rissa e del successivo accoltellamento del giovane appartenente all'Associazione
“Riscossa”. Un lavoro reso
possibile oltre che dalle intercettazioni ambientali - (un
microfono venne posizionato nella stanza dell'ospedale
in cui era stato ricoverato
Carmelo La Face, che nella
rissa riportò la frattura del
braccio) - anche dalle testi-
Dall’ospedale: «Se eravamo 3 in più
gli sfondavamo tutto»
CATANZARO - Se solo
«fossimo stati di più». Nonostante avesse il sospetto
che qualcuno lo ascoltava «io ho paura che ci sa qualche microspia» Carmelo
La Face parlava. Dal suo
letto d'ospedale dove era ricoverato per la frattura al
braccio, il giovane faceva
riferimenti al suo coinvolgimento nei fatti. «Te l'ho
spiegato come è andata,
schiaffi, pugni e calci. Loro
picchiavano e io salivo, loropicchiavano ediosalivo.
Abbuscavo e salivo. Mi
hanno chiuso la porta in
faccia. Hanno avuto paura
perchè avevo la faccia piena di sangue», raccontava
ad un amico. «Gli dicevo aggiungeva - venite fuori
tutti. Un cazzotto, ed io duro, arriva quel bastardo,
quello di Reggio con un palo di serranda. Io mi giro e
lui, lo scemo che indietreggiava. Gli dicevo butta questo coso. Poi non ce l'ho fatta più, stavo crollando. Se
eravamo tre inpiù gli sfondavamo tutto». In un'altra
conversazione La Face
parla dell'aggressione a
un militante di “Riscossa”
avvenuta davanti all'ospedale: «I miei ragazzi me li
sono cresciuti in palestra,
come sono usciti lo hanno
visto ... e gli ho detto, ragazzi si vede che vi ho insegnatobene... Gliavetedato
una lezione. Noi non siamo
'mpamì».
t.a.
Il luogo, via Cicco Simonetta, dove avvenne la rissa
monianze di chi quella sera
era lì. Era stato proprio Carmelo La Face, parlando con
un amico che era andato a
trovarlo in ospedale a fornire
una prima ricostruzione di
quanto era accaduto. E, anche il padre di uno degli arrestati, intercettato, parlando
con lo stesso La Face si diceva
intenzionato a fornire agli
inquirenti la sua “verità” per
alleggerire la posizione del
figlio e degli amici. Una “verità» che, a suo avviso, vedeva i militantidi destra aggrediti a bastonate dagli esponenti della sinistra.
Una versione che, ad onor
del vero, non stride con
quanto scrive il gip nel provvedimento: «dalla conversazione intercettata - scrive il
gip - si può dunque ricavare
che lo scontro era verosimilmente scaturito da un'azione
dei componenti del gruppo di
sinistra, anche se ciò non
cambia, in ogni caso, lo svolgimento dei fatti per come descritti e le responsabilità di
entrambe le parti per la partecipazione alla rissa».
Eppure, secondo la ricostruzione dell'accusa, furono gliesponenti dell'estrema
Gioia Tauro. In carcere anche il cognato. Sconcerto dei colleghi
Poliziotto finisce in manette
trovato con un chilo di cocaina
di MICHELE ALBANESE
GIOIA TAURO – Sono rimasti di stucco
quando si sono accorti che il loro collega,
un poliziotto, viaggiava armato di una
pistola con la matricola abrasa e con un
carico di cocaina. Si sono strofinati gli occhi e poi quando hanno scoperto che
quello che stavano vedendo era tutto vero
gli hanno messo le manette ai polsi.
In manette è finito il sovrintendente di
polizia Gabriele Palermita di 47 anni, in
servizio da anni al commissariato di PS di
Gioia Tauro.
L’accusa con la quale i suoi colleghi lo
hanno arrestato è pesantissima: detenzione e trasporto illegale di oltre un chilogrammo di cocaina e porto in luogo pubblico di una pistola calibro 6.35 con matricola abrasa.
Palermita eraalla guidadi un’autovettura Fiat Stilo Station Wagon bianca
quando è stato fermato per un controllo
dai colleghi della sezione investigativa.
Con lui viaggiava il cognato Pasquale
Gallo di 50 anni proprietario del mezzo e
residente anch’esso a Taurianova.
L’arresto è avvenuto domenica sera
quando i poliziotti di Gioia Tauro erano
alla ricerca di una macchina dello stesso
tipo segnalata per un trasporto di armi a
e droga sulla strada da Gioia Tauro a Taurianova. Un’autovettura Fiat Stilo SW di
colore bianco veniva individuata e fermata sullastrada provincialeall’altezza dello stadio comunale di Taurianova da una
pattuglia della Polizia di Gioia Tauro.
Con sorpresa gli operatori verificavano
che alla guida dell’autoveicolo vi era un
loro collega, appunto il sovrintendente
Gabriele Palermita insieme al cognato.
Per nulla tranquillizzati dalla presenza
del collega e visto che i due si trovavano
su un modello di auto sospetto gli agenti
procedevano ugualmente al controllo
dell’automezzo durante il quale veniva
rinvenuta, in una busta di carta, un involucro racchiuso con nastro adesivo all’interno del quale era contenuta un chilogrammo di cocaina e dentro una tasca del
giubbotto di Palermita una pistola calibro 6.35 con matricola punzonata.
Sguardi persi nel vuoto e molta tristezza
tra i colleghi di Palermita quando hanno
visto il carico di droga e la pistola.
I due venivano accompagnati in Commissariato a Gioia Tauro dove, a seguito
dei risultati positivi del narcotest, venivano dichiarati in arresto. E dopo le formalità di rito i due venivano condotti alla
Casa Cirondariale di Palmi a disposizione della locale Procura della Repubblica.
La vicenda non è finita con l’arresto dei
due, anzi, il rinvenimento della droga ha
fatto scattare altre delicate indagini per
accertare la provenienza e la destinazione della droga e dell’arma sequestrate al
poliziotto e al cognato. Palermita era in
Polizia da oltre 20 anni. Ha prestato servizio prima presso il commissariato di
Cittanova e poi presso quello di Gioia
Tauro.
Restano da capire leragioni per le quali il poliziotto infedele abbia deciso di saltare il fosso finendo per diventare un corriere della droga. Per conto di chi ancora
non si sa , ma quel che è certo è che il suo
arresto in fragranza di reato ha in qualche modo sconvolto i suoi colleghi che
non sospettavano certo di beccarlo in una
situazione così evidente.
destra a passare davanti alla
sede del centro sociale ed a
sbeffeggiare i “rivali per poi
lanciare un mattone contro
una delle finestre della sede,
rompendola. Un gesto che
provocò la reazione dei frequentatori dell'Associazione
“Riscossa”e che portò ad una
rissa nella quale ci furono feriti da entrambe le parti, tanto che per rissa sono stati indagati,giàun annofa,anche
alcuni militanti di sinistra.
Per gli inquirenti Marino, La
Face e Mazza avevano organizzato la «vera e propria spedizione punitiva nei confronti dei giovani del collettivo Riscossa», che si concluse con
l'accoltellamento di Ruben
Munizza, raggiunto da due
fendenti alla schiena sferrati
(il giovane, sottoposto ad intervento chirurgico, fu giudicato guaribile in 30 giorni)
da un uomo di cui ancora non
si conosce l'identità. Un episodio a cui, pochi giorni dopo
seguì l'aggressione di un altro ragazzo del collettivo Riscossa atteso da quattro o
cinque giovani davanti all'ospedale di Catanzaro mentre
stava andando a trovare l'amico ferito. Per quell'episodio altri due esponenti dell'estrema destra vennero denunciati nel gennaio scorso.
Apparsa su un sito
Black list
neonazista
C’è anche
il gup lametino
ROMA –C’è anche il gup di Lamezia Carlo Fontanazza che
giudicò il marocchino responsabiledella mortedi 8persone
tra i giudici citati nella black
list apparsa sul sito neonazista Stormfront, costola italiana dell’organizzazione che fa
capo all’ex leader del Ku Klux
Klan Don Black. Nella lista
nera ci sono politici, magistrati, religiosi, attivisti dei
diritti umani, giornalisti la
cui “'”colpa” è occuparsi di immigrati. Il primo dell’elenco è
don Ezio Segat, sacerdote della diocesi di Vittorio Veneto.
«Ha preso i soldi raccolti dal
veneto skin e li ha dati ai poveri fratelli immigrati», ha spiegato il promotore del forum.
Nall’elenco c'è «il governo
Monti al completo», giudici e
avvocati: Salvatore Staiano,
Giorgio Bisagna ed Emiliano
Riba, quest’ultimo avvocato
dell’imam di Torino.
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16 Calabria
Al processo sulle maxiforniture all’Asl di Locri parla la Micheletti. «Rappoccio e Fortugno in confidenza»
«Fui raggirata dalla Laganà»
Sentito anche Nunzio Papa: «All’ospedale lavoravano sempre le stesse ditte»
di PASQUALE VIOLI
SIDERNO - «Pasquale Rappoccio aveva un rapporto
confidenziale con l'onorevole Franco Fortugno. Fu
lo stesso Fortugno a dirgli
di ritirare l'ordine per il
materiale del pronto soccorso dopo che io feci problemi per essere stata tirata in ballo».
A parlare è la dirigente
medica del pronto soccorso
dell'ospedale di Locri, Albina Micheletti, che è stata
sentita dai giudici del Tribunale di Locri nel processo in cui tra gli altri è imputata l'onorevole del Pd, Maria Grazia Laganà insieme
ad altre quattro persone accusate a vario titolo di truffa, falso e abuso ai danni
dell'ex Azienda sanitaria
per presunte irregolarità
nella fornitura di materiale all'ospedale. «Rappoccio
- ha riferito Albina Micheletti, considerata teste
chiave del processo - ha detto che avrebbe fatto un passo indietro solo per il rapporto che c'era tra lui e Fortugno, per non creare problemi».
E tra gli imputati del processo figurano anche Pasquale Rappoccio, rappresentante dell'impresa di
fornitura di medicinali Medinex di Reggio Calabria,
l'allora direttore amministrativo dell'Asl, Maurizio
Marchesi, un funzionario
amministrativo dell'ente,
Nunzio Papa, e la stessa Albina Micheletti. La dottoressa del pronto soccorso
ha riferito del maxi ordinativo che gli venne fatto firmare praticamente sulla fiducia. «Mi sono sentita
raggirata dalla Laganà - ha
detto la teste - mi fece firmare un foglio senza dirmi come stavano realmente le cose, ha approfittato della
mia fiducia». Secondo
quanto riferito dalla Micheletti la Laganà le avrebbe fatto firmare una richiesta d’ordine senza avere effettivamente contezza di
quanto stava richiedendo
alle aziende fornitrici.
L'inchiesta fu avviata nel
2006 dopo la relazione del
prefetto Basilone, nominato commissario all'Asl di
Locri in seguito allo scio-
Omicido Duro
Domiciliari
per la madre
Resta in cella
il figlio
CATANZARO - Lascia il carcere per gli arresti domiciliari Giovanna Bevilacqua,
65 anni, mentre resta in cella il figlio Luigi Bevilacqua,
39 anni, entrambi finiti in
manette lo scorso 9 dicembre per aver minacciato di
morte la compagna di Nicola
Duro, assassinato a Catanzaro il 17 giugno 2010, all'indomani della condanna
di Ornella Bevilacqua, figlia
e sorella degli accusati, ritenuta colpevole assieme ad altre quattro persone della
morte dell'uomo.
I giudici del Riesame hanno dunque accolto parzialmente i ricorsi presentati
dagli avvocati Raffaele Bruno e Maria Aiello che avevano fatto ricorso contro l'ordinanza cautelare emessa
dal giudice per le indagini
preliminari su richiesta del
sostituto procuratore della
Repubblica Simona Rossi.
L’ingresso dell’ospedale di Locri
glimento dell'Azienda disposto all'indomani dell'omicidio del vice presidente
del Consiglio regionale,
Francesco Fortugno, ucciso nell'ottobre del 2005, e
marito di Maria Grazia Laganà. Albina Micheletti ha
riferito di essere stata chia-
mata da Maria Grazia Laganà nel suo ufficio, nel
quale c'era anche il marito
Franco Fortugno, e di essere stata informata che c'era
la possibilità di fare un ottimo acquisto per il pronto
soccorso. «Se è un ottimo
acquisto - ha riferito la Mi-
cheletti - allora prendiamo
un pò di materiale». La dottoressa ha quindi proseguito sostenendo che alcuni giorni dopo fu chiamata
nuovamente dalla Laganà
che le fece firmare un foglio già timbrato dicendo
che si trattava del materiale di cui avevano parlato
prima. «Ho firmato sulla fiducia - ha detto Albina Micheletti - non sapendo che
si trattava di un ordinativo
del genere. Me ne sono resa
conto solo quando il materiale è arrivato».
Si trattava di oltre 10 mila pezzi tra camici mascherine e altro materiale «Vedendo tutta quella roba - ha
proseguito la teste - e non
sapendo neanche dove metterla ho fatto la denuncia».
E prima della Micheletti è
stato sentito anche Nunzio
Papa, all'epoca dei fatti all'ufficio beni e servizi dell'ex Asl di Locri. «Anche io
ravvisai un'anomalia nell'ordinativo - ha riferito Papa e denunciai la cosa a chi
di competenza, ma non ebbi
alcuna risposta. Tra le altre
anomalie che registrai
c’era il fatto che all’ospedale di Locri a effettuare le
forniture erano sempre le
stesse ditte».
La Procura di Reggio emette cinque avvisi di garanzia
Fatture false per il calcio a 5
REGGIO CALABRIA – Cinque avvisi di
garanzia sono stati emessi a Reggio Calabria dalla Procura della Repubblica per associazione a delinquere finalizzata
all’emissione e utilizzo di fatture false
nell’ambito di un’indagine su sponsorizzazioni fasulle alla società di calcio a 5
Real Reggio Tremulini che milita nel campionato nazionale di serie A della categoria.
Al centro delle attività, secondo quanto
emerso, c'era il commercialista Roberto
Emo, arrestato recentemente nell’ambito
dell’operazione Astrea contro la cosca della 'ndrangheta Tegano.
I finanzieri del Gico hanno eseguito 10
perquisizioni in abitazioni, esercizi e studi
professionali di commercialisti e imprenditori locali. L’indagine è partita da una
verifica fiscale a carico della società sportiva che ha sede a Reggio nel negozio di articoli sportivi «Sport in di Labate Deme-
trio». La società, inizialmente composta
da 12 imprenditori e professionisti, in sole
sei stagioni è riuscita ad arrivare alla serie
A partendo dalla C. Nella stagione 20062007 la squadra arrivò al quart'ultimo posto e, nella stagione 2007-2008, pur avendo subito una penalizzazione di sei punti
per aver prodotto falsa documentazione
per l’iscrizione al precedente campionato,
si salvò al termine delle gare di play-out.
Gli accertamenti della Finanza hanno evidenziato l’esistenza di un sistema di fatturazioni false, mascherato dietro fittizi
contratti di «sponsorizzazioni», per la partecipazione ai campionati nazionali. Numerosi sono risultati gli imprenditori
reggini che hanno fornito il loro ausilio a
Roberto Emo, utilizzando falsa documentazione fiscale emessa dalla società sportiva ottenendo un indebito aumento dei costi per un valore pari a circa 1 milione di
euro.
L’inchiesta sui progetti regionali
“Why not bis”
Proroga per tre
di STEFANIA PAPALEO
CATANZARO - Assoluzioni
a pioggia. Atti in Procura, a
carico della superteste. Accertamenti sulle condotte tenute nella fase delle investigazioni e sulle modalità di
espletamento di alcune attività di indagine preliminare
da parte dell'organo di Polizia giudiziaria a ciò delegato. E l'iter seguito dalle società riferibili a Caterina Merante,per gestireunamiriade di progetti regionali, da
passare allo scanner.
Ed è stato proprio rispetto
a quest'ultimo capitolo della
cosiddetta “contro Why
not”, scaturita dalla sentenza con cui il gup, Abigail
Mellace, a marzo dello scorso anno, ribaltò i ruoli e i protagonisti della dirompente
inchiesta che fece cadere il
Governo Prodi, che il magistrato al quale furono assegnati gli atti, il sostituto procuratore, Paolo Petrolo, ha
chiesto e ottenuto dal gip, Tiziana Macrì, più tempo per
completare le indagini che
ruotano intorno alle ipotesi
di reato di abuso d'ufficio in
concorso, truffa aggravata,
peculato e turbativa della libertà degli incanti, formulate a carico dell'imprenditrice Caterina Merante e dei
due ex soci Giancarlo Franzè e Antonio Alessandro La
Chimia. Per tutti e tre, infatti, ilgup avevatrasmesso gli
atti in Procura in relazione a
ben tredici capi di imputazione elencati nella sentenza
(3), 4), 6), 9), 10), 11), 12), 13),
15), 16), 18), 19) e 23) e legati
alla vicenda “Sorveglianza
idraulica”, al progetto Ipnosi (Consorzio Brutium), alla
vicenda “Censimento patrimonio immobiliare della Regione Calabria”, al Progetto
“Posto sicuro”, al progetto
Mod, alla vicenda “Silva Brutia”, al Progetto “Red”, alla
vicenda “For Europe”, alla
vicenda “Bifor”,alla vicenda
“Infor” e della presunta turbativa della gara d'appalto
relativa al progetto di “Promozione dei servizi di ottimizzazione dell'informazione per il turismo”.
Trasmissione degli atti disposta anche per le valutazioni di competenza in ordine ai “fatti emergenti dal
procedimento in relazione
alla esecuzione da parte della società “Why not srl” dei
servizi oggetto del contratto
d'appalto n. 255/2003 e successive proroghe, in particolare per quantoconcerne l'omessaesecuzione deiservizi
“beni culturali e turismo” e
l'omissione di ogni effettivo
controllo da parte dei dirigenti regionali a ciò predisposti sulla gestione complessiva dell'appalto e sull'effettivo e regolare svolgimento dei servizi appaltatati”. Quindi, in merito “ai fatti
emergenti dal procedimento e, in particolare, dalle dichiarazioni del dirigente Izzo Antonio, in relazione alla
fraudolenta esecuzione da
parte della società Why Not
srl del servizio del censimento del patrimonio immobiliare e alla conseguente inutilità dei risultati ottenuti”,
“ai fatti emergenti dal procedimento in ordine alle reiterate proroghe disposte dagli
organi competenti in relazione ai progetti Infor e Bifor, gestiti con modalità
fraudolenta dalla società
“Why Not srl” dal luglio
2005 fino al 2007 nonché
per quanto attiene ulteriori
profili di rilevanza penale
concernenti i progetti Cam e
Red” e, infine, in merito “ai
fatti emergenti dal procedimento in atti in ordine alle
cause che hanno determinato l'annullamento del bando
di gara indetto con decreto
n°18864 del 28.12.2006 del
Dipartimento personale della Regione Calabria”.
Dopo la condanna colpo all’impero del presunto capo del locale di Legnano
Confiscati beni per 4 milioni
Tolti dalla Dda di Milano al cirotano Rispoli e a un commercialista
di ANTONIO ANASTASI
CIRO' MARINA - Beni per
un valore di quattro milioni
sono stati confiscati a Vincenzo Rispoli, il cirotano ritenuto a capo del “locale” di
'ndrangheta di Legnano e
Lonate Pozzolo, nel luglio
scorso condannato a undici
anni di reclusione per associazione a delinquere di tipo
mafioso, e del commercialista dell'organizzazione criminale che secondo l'accusa
sarebbe stato Giulio Baracchi. In particolare, sono stati confiscati a Rispoli, in esecuzione di un decreto emesso dal Tribunale di Milano
su richiesta della Dda del capoluogo lombardo, una villa a Legnano, un terreno
agricolo a Cirò Marina, due
auto e conti correnti per un
valore complessivo di oltre
un milione di euro. Ammonta a tre milioni di euro, inve-
ce, il valore dei beni sottratti
a Baracchi con un decreto di
sequestro dei beni propedeutico alla confisca: case,
terreni e box a Portovaltravaglia, bel Varesotto, oltre
alle quote di una società che
si occupa di gestione del personale e titoli bancari. Fra
questi uno,
attivo in una
banca
del
Canton Ticino, in Svizzera, aveva
un saldo di
circa un milione
e
300mila euro.
Secondo quanto è emerso
dalle indagini, coordinate
dalla Dda di Milano, Rispoli
era a capo di un'organizzazione criminale legata alla
cosca dei Farao-Marinicola
di Cirò Marina e radicata nel
territorio a cavallo fra le
province di Varese e di Milano che, attraverso rapine ed
estorsioni, si procurava denaro da reinvestire in imprese edili e attività commerciali. Nel corso dell'operazione dei carabinieri contro le infiltrazioni mafiose
nel Varesotto, denominata
Bad Boys,
erano già
stati sequestrati beni
per un valore di 33 milioni di euro.
«Le
dichiarazioni
dei collaboratori (tutte attendibili e reciprocamente riscontrantesi) che lo hanno indicato come il capo indiscusso del “locale” di Legnano e Lonate
Pozzolo trovano ampia conferma nelle acquisizioni del
processo», è detto, tra l'al-
«Reinvestiva
i proventi
di rapine ed estorsioni»
tro, nella sentenza del del
Tribunale di Busto Arsizio
depositata a conclusione del
processo scaturito dall'operazione Bad Boys. Le motivazioni si soffermano a lungo sulla figura di Rispoli, ritenuto al vertice dell'organizzazione aggredita dall'inchiesta e destinatario
della pena più elevata. Rispoli è peraltro nipote del
boss Giuseppe Farao, capo
storico del “locale” di
‘ndrangheta di Cirò, considerata la più blasonata,
quanto a spessore criminale, tra le organizzazioni criminali operanti nel Crotonese.
«Dalle conversazioni intercettate - proseguono i i
giudici - si evince che tutte le
attività legate alle estorsioni, alle fatture false e all'usura, sono concordate e approvate da Rispoli, che gli
associati incontrano a Le-
Vincenzo Rispoli
gnano presso il bar “Gaia
Cafè” di Legnano, via dei Salici nr.18, di cui è titolare la
moglie, o presso altri locali
destinati agli incontri di
gruppo. Come capo Rispoli
“deve” percepire una parte
degli introiti, secondo l’impianto dell’inchiesta che,
dopo la condanna, ha portato alla confisca.
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Mercoledì 21 dicembre 2011
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REDAZIONE: via Cavour, 30 - 89100 Reggio Calabria - Tel. 0965.818768 - Fax 0965.817687 E-mail: [email protected]
Villa San Giovanni
Roghudi
L’acqua nelle case
torna potabile
Locride
Folla commossa
Rifiuti, ecco il nuovo
ai funerali di Siviglia
piano industriale
a pagina 32
a pagina 33
a pagina 34
Cinque avvisi di garanzia e perquisizioni a raffica per un gruppo di imprenditori
Calcio a 5, fatture e sponsor falsi
Nel mirino dei finanzieri una serie di reati nella gestione del “Real Tremulini”
di GIUSEPPE BALDESSARRO
REGGIO CALABRIA- Avevano trovato la maniera di scaricarsi un pò di tasse e molto probabilmente di fare del nero. La squadra era utile a tutti. Agli
imprenditori soprattutto, che sfruttavano il regime agevolato della società
per emettere fatture taroccate. Così la
“Real Tremulini calcio a 5” (che milita
nel campionato nazionale di A2) è finita nel mirino degli specialisti del Gico
del nucleo di polizia tributaria del comando provinciale della Guardia di
Finanza. Ieri mattina all'alba sono
scattate una serie di perquisizioni e la notifica di 5 avvisi
di garanzia. Sotto inchiesta,
ma siamo solo all'inizio, sono finiti il commercialista
Roberto Emo (già agli arresti nell'ambito dell'inchiesta
Astrea),Iunio ValerioSgroi,
Vincenzo Lupis, Fabio De
Pasquale (attuale presidente della squadra) e Giuseppe
Arguri (presidente nella stagione 2006-2007). Professionisti e imprenditori che
ora dovranno rispondere di
associazione a delinquere finalizzata
all'emissione e utilizzo di fatture false.
Un giro stimato, per i soli anni 20062007, di oltre un milione di euro per
sponsorizzazioni fasulle.
L'indagine, per la quale sono state
fatte una dozzina di perquisizioni sia
di uffici amministrativi che domiciliari, coordinate dalla Procura della Repubblica della città, è di fatto uno stralcio della stessa operazione “Astrea”
che nei mesi scorsi portò in carcere
Emo ed alcuni altri imprenditori accusati di aver fatto da prestanome a
boss e picciotti del clan Tegano. In questo caso però, è bene specificarlo, non
si tratterebbe di fatti di 'ndrangheta,
ma di un imbroglio tutto interno al
mondo imprenditoriale reggino.
Al centro dell'inchiesta, come accennato la “A.S. Real Reggio Tremuli-
ni calcio a 5”, di cui è stata perquisita la
sede amministrativa.
La società in questione, inizialmente composta da dodici imprenditori e
professionisti della città calabrese, è
nota per essere riuscita, in sole 6 stagioni, ad arrivare alla serie A partendo dalla serie C. Nella stagione 20062007, oggetto di approfondimento da
parte dei finanzieri, la squadra calabrese arrivò al quart'ultimo posto e,
nella stagione 2007-2008, riuscì ad
invertire un inesorabile declino (accentuato dai sei punti di penalizzazione per aver prodotto una falsa documentazione per l'iscrizione
al precedente campionato),
riuscendo a salvarsi al termine delle gare di play-out.
Con l'operazione di oggi le
Fiamme gialle ritengono di
aver stretto il cerchio soprattutto sul commercialista Roberto Emo, che per alcune stagioni è stato anche
allenatore della compagine
amaranto.
Gli accertamenti di natura tributaria avrebbero evidenziato l'esistenza di un
complesso sistema di fatturazioni false, mascherato dietro contratti fittizi
di sponsorizzazione, per la partecipazione ai dispendiosi campionati nazionali. In questo contesto, numerosi, secondo i finanzieri, sarebbero stati gli
imprenditori reggini che consapevolmente avrebbero fornito il loro ausilio
ad Emo, utilizzando la falsa documentazione fiscale emessa dalla «A.S. Real
Reggio», per ottenere un indebito aumento dei costi. Una circostanza che
lascia intuire come l'inchiesta sia destinataadallargarsi. Cosachepotrebbe avvenire anche per le contestazioni
formali. La Guardia di Finanza infatti, dopo avere analizzato la situazione
contabile degli anni oggetto dell'inchiesta, sembra determinata a mettere mano anche alle carte dei periodi
precedenti e soprattutto successivi.
Indagati
l’ex mister
Roberto Emo
il presidente
De Pasquale
Tiene la sentenza del Tribunale di Palmi del 2001
Medico al servizio del clan
Piromalli-Molè, sette anni
confermati a Fondacaro
di CLAUDIO CORDOVA
Roberto Emo
CONFERMATA la condanna a
sette anni di reclusione per associazione mafiosa nei confronti del medico Marcello Fondacaro, un professionista che sarebbe stato al servizio delle cosche
di Gioia Tauro. La Corte d’Appello di Reggio Calabria ha
dunque confermato la sentenza
di condanna emessa nel 2001
dal Tribunale di Palmi nei confronti dell’uomo. Fondacaro,
51enne medico chirurgo, è nativo di Gioia Tauro, da tempo è
domiciliato nel comune di Ardea, in provincia di Roma. E’ ritenuto, a partire dal 1997, un
elemento organico alla cosca
Piromalli-Molè di Gioia Tauro,
oggi scissa dopo l’omicidio di
Rocco Molè, avvenuto l’1 febbraio 2008.
La figura diFondacaro emerge, peraltro, già negli anni
scorsi, con le indagini “Tempo”
e “Porto” Assai complicata la
sua vicenda giudiziaria: viene
condannato a sette anni di reclusione per associazione mafiosa; la sentenza di condanna
del Tribunale di Palmi, emessa
nel 2001, viene confermata sia
in appello che dalla Cassazione.
Successivamente, però, su ricorso di Fondacaro, la Suprema
Corte annulla la condanna per
Fabio De Pasquale
L’INIZIATIVA
Protocollo in nome della legalità
tra Verona e “Riferimenti”
E’ stato sottoscritto lunedì il protocollo
d’intesa tra il comune di Verona e il Coordinamento Nazionale Antimafia “Riferimenti”. Il protocollo prevede la promozione della legalità nelle scuole, attività
che deriva da una direttiva quadro del
ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca.
Erano presenti: Adriana Musella, presidente del Coordinamento Nazionale
Antimafia “Riferimenti”; Enrico Buttitta, procuratore militare; Lucio Parente,
viceprefetto e dirigente dell'area “Ordine
e Sicurezza Pubblica” della Prefettura di
Verona; Marco Luciani, assessore provinciale alle Politiche per l'istruzione;
Michele Rosato, questore di Verona;
Paolo Edera, comandante provinciale
dei Carabinieri; Bruno Biagi, comandante provinciale della Guardia di Fi-
nanza di Verona; Stefano Quaglia, dirigente dell'Ufficio Scolastico Regionale
del Veneto; Giovanni Pontara, dirigente
dell'Ufficio Scolastico di Verona; Luca
Erbifori, presidente della Consulta Provinciale degli Studenti. L’obiettivo è di
sensibilizzare i giovani veronesi al rispetto della legalità e dei valori costituzionali. Le attività svolte nelle scuole sono molteplici, fra cui l'organizzazione
della giornata regionale antimafia della
“Gerbera gialla” a cui partecipano le
scuole veronesi e che si tiene nel mese di
maggio per non dimenticare le vittime
della mafia. Oltre alle iniziative della
Gerbera gialla, si aggiungeranno nelle
scuole veronesi altre occasioni di lotta alla cultura mafiosa in cui la Provincia sarà di supporto all'Ufficio scolastico provinciale.
Una Protezione
civile ansiosa
IL successore di Bertolaso, Franco Gabrielli, ha
confessato a “Famiglia
Cristiana” che la possibilità di un imminente terremoto in Calabria “gli
toglie il sonno”. Nel suggerire a Gabrielli il ricorso a un buon ansiolitico,
lo preghiamo di trasmettere questi timori ai nostri amministratori, in
modo che facciano qualcosa di concreto come,
per esempio, individuare
aree sicure per far convergere le popolazioni in
caso di sisma, pretendere
altro da loro mi pare impossibile.
un vizio di forma e dispone nuovamente il grado d’appello, arrivato ieri alla decisione dopo
una serie di rinvii delle scorse
settimane.
Il 31 agosto scorso, peraltro,
la Dia di Reggio Calabria, retta
dal Colonnello Gianfranco Ardizzone, operò un sequestro beni di circa trenta milioni di euro
nei confronti del medico. E proprio ad Ardea, dove Fondacaro
è domiciliato, sarebbe gran parte dell’impero: nel complesso, la
Dia, sequestrò il patrimonio
aziendale e le quote sociali di
cinque società con sede a Roma,
Ardea (Roma) e Mazara del Vallo (Trapani), di cui tre operanti
nel settore sanitario (gestione
case di riposo e laboratori diagnostici) : “Florida 78 srl” –
“F.A.F. srl” e “Analisi Cliniche
Chimiche Fondacaro dr. Marcello di Giacalone Vito & C.snc”
e due nel settore immobiliare ed
edilizio : “Gruppo C.M. srl” e
“Capo Vaticano srl”; vennero
sequestrati anche circa 25.000
mq di terreno edificabile, di cui
circa 22.000 mq a Ricadi (VV)
ed i restanti appezzamenti ad
Ardea (Roma). Anche quattro
appartamenti ed un box garage
siti ad Ardea, Gioia Tauro e Mazara del Vallo, nonché un’autovettura adibita ad uso personale.
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Reggio
Mercoledì 21 dicembre 2011
Il tenente del Ros, Stefano Russo, racconta i movimenti dello “spione” Giovanni Zumbo Per le feste natalizie
Il messaggio
del prefetto
«Momento
«Troppi rischi di fuga. Costretti a spegnere la microspia in casa Pelle» difficile»
La talpa che tolse la cimice
di CLAUDIO CORDOVA
“COSTRETTI” da Giovanni
Zumbo a disattivare la cimice in casa Pelle. Il Tenente
Colonnello del Ros di Reggio Calabria, Stefano Russo, ha spiegato in aula le ragioni, condivise dall'Arma
dei Carabinieri e dalla Dda,
che hanno portato alla chiusura dell'attività di intercettazione messa in atto, per diverse settimane, all'interno
della casa storica della cosca
Pelle “Gambazza”, a Bovalino. Il comandante Russo è
stato chiamato a deporre dai
pm Giovanni Musarò e Marco Colamonici nel procedimento che vede imputati il
boss Giovanni Ficara, Demetrio Praticò, l'uomo che
avrebbe avuto un ruolo operativo nella vicenda del ritrovamento di un'autovettura carica di armi nel giorno della visita a Reggio del
presidente della Repubblica
Giorgio Napolitano, e, appunto, il commercialista
Giovanni Zumbo, accusato
di concorso esterno in associazione mafiosa.
Proprio sul ruolo della
“talpa” si è concentrato
maggiormente il Tenente
Colonnello Russo: “Zumbo
ha portato un consapevole e
specifico contributo alla
conservazione ed al consolidamento della 'ndrangheta
che è stata grandemente avvantaggiata dalle informazioni fornite da Zumbo ad alcuni dei suoi esponenti di
vertice”. Uno dei vantaggi
maggiori ottenuti dalle cosche, dunque, sarebbe stato
proprio il fatto di aver “obbligato” gli investigatori a
disattivare la microspia installata, con grande fatica,
all'interno dell'abitazione di
Giuseppe Pelle, figlio del celebre 'Ntoni Gambazza. Una
microspia che, oltre a documentare le “soffiate” di
Zumbo su riservatissimi
particolari d'indagini milanesi, ha anche accertato le
visite dell'ex consigliere regionale Santi Zappalà, recatosi da Pelle per chiedere voti e per questo condannato
per corruzione elettorale
nell'ambito del procedimento di primo grado denominato “Reale”. Russo, dunque, ha messo un punto definitivo sulla vicenda: “Il fatto che Zumbo avesse la possibilità di conoscere nel dettaglio le attività investigative portate avanti tra Reggio
Calabria e Milano ed i tempi
di esecuzione delle operazioni di cattura come egli
stesso più volte assicurava,
Giovanni Zumbo
Il colonnello Stefano Russo
faceva ritenere primario
l'interesse a tutelare le stesse”. Quando gli investigatori ascoltano Zumbo parlare
in casa Pelle, nel marzo
2010, sanno bene infatti che
da lì a qualche settimana sarebbero scattate due delicatissime operazioni: quella
“Meta”, portata a compimento il 23 giugno e quella
“Crimine”, eseguita il 13 luglio. Casa Pelle, peraltro, come già verificato nelle precedenti udienze del processo, era un'abitazione frequentatissima, in cui lo
stesso Domenico Oppedisano, identificato come il “Capo Crimine” della 'ndrangheta si sarebbe recato nel
corso del 2010. Da qui la
paura degli inquirenti che
la cimice potesse essere scoperta dai boss che abitualmente si recavano a casa del
boss Pelle: “L'eventuale scoperta sarebbe stata deva-
stante in quanto avrebbe
consentito a personaggi del
calibro di Peppe Pelle ed i
suoi fratelli, nonché Rocco
Morabito, figlio del “Tiradritto” e a personaggi come
Giovanni Ficara di darsi alla macchia temendo di essere arrestati”.
Nel corso della sua lunga
e dettagliata deposizione, il
Tenente Colonnello Russo
ha peraltro ripercorso tutti i
colloqui intercettati in cui
Zumbo offriva il proprio
supporto a Pelle e Ficara,
promettendo di avvertirli
per tempo in caso di operazioni che li avrebbero potuti
portare in galera. Russo,
dunque, ha gettato uno
squarcio di luce in più sull'oscura personalità di Zumbo, un uomo in contatto con
i servizi segreti che avrebbe
messo le proprie conoscenze al servizio della 'ndrangheta.
Biasini a colloquio con gli avvocati dopo l’arresto per concorso esterno
«Doppio gioco sulla mia pelle»
La vicenda dei clan reggini interessati alla ricostruzione dell’Aquila
E'durato a lungo presso il carcere “Castrogno”di Teramo, il
colloquio tra gli avvocati Attilio Cecchini e Vincenzo Salvi
ed il loro assistito, l’aquilano
Stefano Biasini di 34 anni, finito in manette ieri insieme ad
altre trepersone (tuttedi Reggio Calabria) con l’accusa di
aver assicurato le basi logistiche e societarie per l’ingresso
nei milionari appalti privati
della ricostruzione post-terremoto, quelli senza gara e
senza l’obbligo dei certificati
antimafia, di aziende vicine
alla 'ndrangheta.
L'accusa per tutti è di concorso esterno in associazione
a delinquere di stampo mafioso. Polizia e guardia di finanza che hanno lavorato congiuntamente alle indagini
hanno messo le manette ai polsi di imprenditori (tra cui Biasini) legati alla cosca CaridiZincato-Borghetto: tra loro
anche Antonino Vincenzo Valenti (45), nato e residente a
Reggio, il fratello Massimo
Maria (38), nato a Reggio e residente all’Aquila, e Francesco Ielo (58), nato a Reggio e
residente ad Albenga (Savona). All’uscita dal carcere i due
legali hanno parlato di come
fosse attonito il proprio cliente per l’arresto in considera-
Santo Caridi
Carmelo Gattuso
zione anche delle dichiarazioni rese dallo stesso un anno fa,
nell’ambito di una analoga
operazione che aveva portato
all’arresto del socio in affari,
Carmelo Gattuso finito in manette su ordine di custodia
cautelare in carcere emesso
dalla Dda di Reggio perchè
“vicino” alla stessa cosca mafiosa.
Indagine sempre secondo i
due avvocati che aveva portato Biasini «a rompere i ponti»
con il socio e gli amici di questo in affari. «Stando alle ipotesi formulate dalla Procura
dell’Aquila - hanno detto i due
avocati - il detenuto ritiene che
l’unica spiegazione possibile
sia quella di essere stato stru-
mentalizzato da personaggi
che abbiano potuto fare il doppio gioco sulla sua pelle. Anche noi avvocati riteniamo che
l'azione penale sia il risultato
di una lettura unilaterale che
non ha tenuto conto della posizione dell’indagato e del suo
ruolo di giovane imprenditore, obiettivo e preda di disegni
criminali del tutto estranei alla sua formazione culturale e
alla sua etica familiare».
L'operazione “Lypas”, dal
nome di una delle aziende di
costruzione in odore di 'ndrangheta, ha portato al sequestro delle quote di quattro
società, di 8 automezzi, 5 immobili, 25 rapporti bancari,
riconducibili agli indagati e
alle attività commerciali a loro
facenti capo. Il valore complessivo è di oltre un milione di
euro. Le indagini sono partite
due anni fa, poi sono state rafforzate dalla operazione “Alta
Tensione” della Procura di
Reggio che ha portato all’arresto di numerose persone,
tra cui il boss Santo Giovanni
Caridi, sul conto del quale tra
l’altro sono emersi collegamenti con società aquilane
impegnate nella ricostruzione. Riguardo la vicenda odierna, è emerso che il commercialista del boss aveva acquistato
il 50% della società di costruzioni “Tesi srl”, di proprietà di
uno dei quattro arrestati, Stefano Biasini. Sempre secondo
l’accusa, Caridi si sarebbe inserito nella ricostruzione attraverso Biasini, con la mediazione degli altre tre arrestati.
Gli appalti ai quali le società in
odore di'ndrangheta avevano
partecipato sono due, con un
fatturato complessivo di circa
200 mila euro perchè relativi a
case con danni lievi. Erano in
trattative, secondoquanto siè
appreso, per un’altra quindicina di commesse sempre nella ricostruzione, questa volta
di valore più alto perchè legato alle case più danneggiate,
quella classificate E.
Fermati in quattro, due d’origine pianigiana, per aver taglieggiato le imprese
BREVI
’Ndrine da esportazione in Valle d’Aosta
DROGA E VIOLENZA SESSUALE
PER estorsione aggravata ai danni di
imprenditori valdostani i carabinieri
questa mattina hanno fermato quattro persone in Valle d’Aosta e a Bologna. Secondo quanto si è appreso si
tratta di personaggi legati alla 'ndrangheta. L’operazione è stata denominata “Tempus venit”. I provvedimenti cautelari sono stati emessi
dalla Dda di Torino. Il reato è aggravato dalle condizioni previste dall’articolo 416 bis. I particolari dell’operazione saranno illustrati domani alle
12 in una conferenza stampa alla procura di Torino. Dei quattro “fermati”
due sono residenti in Valle d’Aosta e
due fuori valle: le loro generalità non
sono state diffuse. Secondo quanto si
è appreso avrebbero “taglieggiato”
imprenditori edili di origine calabrese e residenti in Valle d’Aosta, impegnati nel settore dell’edilizia, minacciandoli di ritorsioni nei confronti di
familiari tutt'ora residenti in Cala-
meglio le intenzioni
bria qualora non avesavrebbero anche fatto
sero pagato. Le indaesplodere da altri, algini sono partite dagli
cuni colpi di arma fuoincendi di alcune atco contro la casa del
trezzature - tra cui
fratello dell’imprendiescavatori - in alcuni
tore, in una località
cantieri in Valle d’Aodelleprovincia diRegsta. I fermati nel bologio Calabria. L’obiettignese sono G.F., 51
vo, non riuscito, era
anni,nato aCittanova
farsi dare una somma
(Reggio Calabria) e redi un milione di euro.
sidente a Marzabotto,
e G.C., 51, di Tauria- La compagnia dei carabinieri di Aosta Sempre i due, con un
terzo complice, sono
nova (Reggio Calaaccusati anche del porto di un’arma
bria) e residente a Castel d’Aiano.
In base all’accusa, insieme ai due calibro 12, quella utilizzata per sparacomplici, avrebbero inviato ad un im- re contro la casa del fratello dell’imprenditore edile di origine calabrese prenditore, e di avere concertato l’inalcune lettere, una delle quali con cendio di una pala meccanica l’11 setdentro due proiettili, con le quali chie- tembre 2011, facendola seguire da
devano una percentuale del3% sui la- una telefonata ad un’altro imprendivori in un ex residence di Aosta. Con tore, quello della società proprietaria
tanto di minaccerivolte all’imprendi- del mezzo incendiato, chiedendogli
tore e ai suoi familiari. Per far capire denaro.
Pena residua da scontare
in carcere, arrestato un uomo
I CARABINIERI della Stazione di
Reggio-Principale, hanno arrestato ieri, su ordine di esecuzione per la
carcerazione, M.F.P., 54 anni, per
l’espiazione di una pena residua di
anni 7, mesi 5 di reclusione, poiché
riconosciuto colpevole dei reati di
violazione in materia di stupefacenti e violenza sessuale aggravata.
INDAGANO I CARABINIERI
Furto in casa
rubati oro e una pistola
IERI ignoti si sono introdotti all’interno dell’abitazione di proprietà
C.G., 48 anni, ed hanno asportato
dei monili in oro e una pistola semiautomatica calibro 6.35.
«LE difficoltà economiche
che il Paese attraversa e le
connesse esigenze di contenimento della spesa pubblica inducono quest’anno ad
improntare i tradizionali
momenti di rappresentanza
istituzionale e di scambio di
auguri a particolare sobrietà».
E' quanto afferma il prefetto di Reggio, Luigi Varratta in un messaggio rivolto, in occasione dell’approssimarsi delle festività natalizie e di inizio anno, alle autorità civili, militari e religiose, ai rappresentanti delle
Amministrazioni locali ed ai
cittadini della provincia».
«Tale scelta è ancor più dovuta – prosegue il prefetto Varratta – a fronte delle rinunce
cui sono obbligati quanti
soffrono condizioni di disagio personale e familiare a
causa della sfavorevole congiuntura che colpisce purtroppo, per prime, le fasce
più deboli della popolazione.
Vivere il Natale nella sua più
profonda dimensione spirituale significa aprirsi in modo pieno a sentimenti di solidarietà e di aiuto reciproco.
Se traslati a un livello più generale questi ultimi divengono valori propri di una società sana e matura, capace
di superare gli egoismi e gli
interessi di parte e di garantire le esigenze della generalità dei consociati». «Operare uniti, cercando di produrre il massimo sforzo per finalizzare gli impegni apprezzabilmente assunti a vari livelli decisionali e gestionali
– sostiene ancora Varratta –
è l’unica strada che abbiamo
a disposizione per affrontare e superare le impegnative
prove che ci attendono. È
tempo di tirar fuori tutto
l’orgoglio dell’appartenenza ad una terra di antica civiltà e di grande cultura e
tradizione per spingerla su
un percorso di riscatto e recupero non più procrastinabili. Orgoglio che è stato, tra
l’altro, ravvivato, qui come
nel resto del Paese, dalle celebrazioni del 150 anniversario dell’Unità d’Italia nel corso del corrente anno. Su queste solidissime basi abbiamo
il dovere di trovare, senza ulteriori indugi, compattezza
e coesione in seno alla nostra
società, per agevolarne il
dialogo ed il confronto, assolutamente indispensabili
per operare le scelte giuste
nell’interesse dei cittadini».
«Sentimenti di particolare
riconoscenza rivolgo alla
Magistratura, alle Forze di
Polizia, alle Amministrazioni periferiche dello Stato – è
detto ancora nel messaggio –
che operano in questa provincia con grandissimo impegno, ottenendo importantissimi risultati, per garantire il puntuale rispetto delle
leggi ed il pieno esercizio delle libertà civili dei cittadini.
Esprimo, altresì, ai Sindaci
ed agli Amministratori locali partecipe attenzione per le
delicate problematiche che
interessano gli Enti civici,
primo fondamentale livello
di governo che ha l’arduo
compito di conciliare il mantenimento di adeguati livelli
di servizi a favore dei singoli
e della comunità con la progressiva riduzione delle risorse finanziarie a disposizione. Con l’auspicio che le
imminenti Festività possano portare alla Calabria ed
alla provincia di Reggio positive prospettive di crescita
e di sviluppo in una sempre
più forte e condivisa cornice
di legalità, formulo quindi a
Voi tutti gli auguri più fervidi e sinceri di Buon Natale e
felice Anno nuovo».
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22 Reggio
Maurizio Maviglia, neocollaboratore di giustizia fa ritrovare un nascondiglio e diversi fucili
Bunker e armi grazie al pentito
Nei verbali sommari il racconto di diversi fatti di sangue della Locride
HA GIÀ fatto scoprire un
bunker e anche un certo
numero di armi, nascoste
ai piedi dell’Aspromonte.
Ma prima di essere certi
della sua attendibilità i magistrati della Dda di Reggio Calabria vogliono sentirlo personalmente. Per
ora ci sono soltanto dei verbali sommari, raccolti dai
magistrati della Procura di
Locri. Verbali da una parte
e i ritrovamenti dall’altra.
Maurizio Maviglia, 32 anni, di Africo sta collaborando con la giustizia. La notizia risale ormai ad alcuni
giorni addietro. Ora però
c’è una conferma importante. Ossia che sta tentando di dimostrare la propria
attendibilità facendo scoprire gli arsenali di cui disponeva. Condannato a 11
anni per una rapina. Maviglia è anche accusato di
tentato omicidio. Una storiaccia che lo ha visto coinvolto in uno scontro a fuoco
sul lungomare di Ferruzzano, risalente al 15 aprile
scorso. Un personaggino
descritto dagli inquirenti
come svelto di mano e di pistola. In questo senso non è
considerato alla stregua di
uno ‘ndranghetista di lungo corso. Quando di manovalanza. manovalanza che
però avrebbe partecipato a
tutta una serie di fatti di
sangue o che comunque di
certe storie ne sa abbastanza in quanto frequentatore
di ambienti criminali. L’uomo avrebbe già dato indicazioni, almeno quelle in suo
possesso, sull’omicidio del
calciatore di Bianco Vincenzo Cotroneo. Non solo
avrebbe parlato anche di alcuni altri agguati che si sono consumati negli ultimi
anni nell’area della locride.
Fatti tutti relativi alla zona
di Africo e aree limitrofe.
Naturalmente è presto per
capire se, e quanto, le sue
dichiarazioni potranno essere utili.
Per ora si sa
che è già stato
spostato
di
carcere e che
ora si trova in
un braccio riservato ai collaboratori di
giustizia.
Il Procuratore aggiunto di
Reggio Calabria Nicola
Gratteri, profondo conoscitore delle dinamiche criminali della Locride, accompagnato da alcuni sostituiti che si occupano della Locride, lo sentiranno
soltanto dopo le feste nata-
lizie. Maviglia verrà ascoltato per tutto il tempo necessario a ricordare fatti e
ricostruire episodi. Dopo
averlo ascoltato, gli inquirenti avvieranno le normali attività di riscontro, per
poi - qualora
venisse ritenuto attendibile - riversare
le sue dichiarazioni (e le relative
risultanze) nei relativi fascicoli
aperti a suo tempo sui diversi episodi.
Per ora c’è solo la dimostrazione di una certa buona volontà a collaborare,
dimostrata, come accennato facendo ritrovare un
bunker ed un certo quanti-
Dopo le feste
sarà interrogato
da Nicola Gratteri
tativo di fucili. L’uomo sarebbe stato condotto dalle
forze dell’ordine nella parte d’ Asrpomonte che sta alle spalle di Africo, dove
avrebbe fatto scoprire un
nascondiglio nel quale era
possibili trovare ricovero
in caso di fuga improvvisa.
Di più, sempre nella stessa
zona sono già state ritrovate diverse armi da fuoco.
Fucili soprattutto, tutti
con matricola abrasa per
evitare di risalire alla provenienza, anche se l’ipotesi
più accreditata è che si tratti di armi e munizioni frutto di alcune delle tante rapine a cacciatori che avvengono in montagna. Armi
nella disponibilità di Maurizio Maviglia e, molto probabilmente non solo sua.
g.bal.
Maurizio Maviglia
In occasione delle festività il messaggio del questore Carmelo Casabona
«L’augurio? Liberi dalla ’ndrangheta»
di FABIO PAPALIA
UN messaggio forte, come sua
consuetudine, quello indirizzato
ieri mattina dal Questura Carmelo
Casabona ai reggini, in occasione
dell'incontro con la stampa per lo
scambio di auguri
natalizi. "Non vi auguro Buon Natale o
Buon Anno - ha detto il Questore rivolto ai cittadini - ma di
potervi liberare della 'ndrangheta". Il
migliore augurio
che il Questore possa fare a questa città, infatti, è di tro-
«In tre anni
ci sono stati
segnali
di rinascita»
vare un “cambio di passo”, affinché i sui cittadini diventino protagonisti del proprio destino, senza
più
assistere
passivamente
all’evolversi degli eventi, del predominio mafioso e della crescita
culturale zero.
“Non possiamo ancora dire di
essere riusciti a cambiare passo
definitivamente, ma da quando sono giunto a Reggio tre anni fa un
qualche spiraglio di voglia di cambiamento l’ho colto”. Una minaccia che non è stata battuta, ammette il Questore, ma che in questo ultimo anno, grazie alla pressione
delle forze dell'ordine coordinate
dalla magistratura, è stata fortemente "ridimensionata", stretta
nell'angolo. "Oggi sappiamo molto di più, conosciamo volti e dinamiche, la 'ndrangheta è incalzata
dall'azione repressiva dello Stato,
così come lo è stata la mafia in Sicilia. La guerra non è finita, certo,
ma mi sento di poter dire ai reggini che questo è l'inizio della fine".
Casabona non pensa ovviamente a
una vittoria schiacciante sulla malapianta della criminalità organizzata calabrese, ma a una vittoria strategica, che diminuisca fortemente la capacità criminale della 'ndrangheta. In questo confortato dall'importante numero di sequestri di beni mafiosi eseguiti,
200 milioni in un sol colpo ai danni
del clan Commisso, e dai segnali
Il questore Casabona
incoraggianti di una nuova coscienza civile. Un brindisi “virtuale”, quello del Questore, con una
dedica speciale alla città e ai cittadini: “Affinché il prossimo anno
possiamo dire che quantomeno
abbiamo contenuto nell’angolo la
‘ndrangheta”.
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Reggio 23
Mercoledì 21 dicembre 2011
Siglato a Roma l’accordo tra la Provincia e il dipartimento della Presidenza del Consiglio dei ministri
Un patto con le discriminazioni
Raffa: «Importante strumento per affrontare al meglio la problematica»
TUTTI uniti contro le discriminazioni raziali. Reggio c’è. Un protocollo d’intesa è stato firmato ieri mattina a Roma tra la Provincia
di Reggio Calabria e l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali (Unar)
del Dipartimento per le Pari
Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La sottoscrizione
dell’atto – fatta anche da
rappresentanti delle altre
Province calabresi – ha visto come protagonisti il
Presidente Giuseppe Raffa
e il direttore generale di
Unar Massimiliano Monnanni.
Con il protocollo in questione, i contraenti, tra l’altro, si sono impegnati ad
«attivare rapporti di collaborazione permanente, al
fine di rilevare, combattere
e prevenire ogni forma di
discriminazione, anche attraverso l’affermazione di
buone prassi di lotta alla discriminazione a tutela della
dignità personale e sociale
della persona e dei cittadini».
Altro punto importante
del protocollo è quello in cui
è previsto di promuovere
«lo sviluppo civile, sociale e
culturale delle comunità locali, anche attraverso azioni positive per la crescita
della coesione sociale, di
promozione umana e di
sensibilizzazione sui temi
della discriminazione , del
razzismo, della xenofobia,
nonchè della cittadinanza
attiva».
Ed ancora: «Definire e
promuovere annualmente
– a partire dalla Settimana
contro la violenza nelle
Scuole e dalla Settimana
d’azione contro il razzismo
– iniziative congiunte di
sensibilizzazione sui temi
dell’anti – discriminazione
con particolare riferimento
al mondo giovanile, a quello sportivo e alle scuole a
partire dalla rete di volontariato giovanile Ne.A.R. –
Network antidiscriminazioni razziali».
Per il monitoraggio di
quanto previsto nel Protocollo, per la progettazione
di iniziative, per il confronto e lo scambio di informazioni è prevista l’istituzione
di «un tavolo tecnico di
coordinamento composto
da quattro membri, designati dalla Provincia e
dall’Unar».
Il protocollo firmato questa mattina durerà un
triennio. Provincia e Unar
hanno stabilito, nell’ambito della rete nazionale di osservatori e centri territoriali per la rilevazione e la presa in carico di fenomeni di
discriminazione, di procedere all’istituzione di un apposito Osservatorio. Attraverso questo strumento, la
Provincia si «propone di
coordinare la rete territoriale di sportelli e di associazioni di settore operanti
sul territorio, al fine di valorizzarne la capillare diffusione e la condizione di
prossimità alle potenziali
vittime della discriminazione».
Per il Presidente dell’Amministrazione provinciale
di Reggio Calabria Giuseppe Raffa, l’accordo «è un importante strumento per affrontate nel migliore dei
modi le problematiche relative alle discriminazioni
razziali e quelle altrettanto
complesse dell’omofobia in
genere. Il protocollo d’intesa rappresenta altresì
un’occasione di crescita socio-culturale del territorio
provinciale».
L’INIZIATIVA
In provincia il Pon sicurezza
finanzia il centro per immigrati
DUE centri per immigrati sorgeranno in Calabria grazie ai finanziamenti del Pon Sicurezza.
La prima struttura, che nascerà nel Comune di
Strongoli (Crotone) con un finanziamento di
quasi 400mila euro, sarà un Centro polifunzionale per immigrati extracomunitari regolari.
L’altro interventoè previstonel comunedi Melicuccà dove, grazie ai 350mila euro stanziati dal
Pon, verrà riqualificato il Centro di accoglienza
per rifugiati che attualmente ospita 12 persone.
La proposta presentata dal Comune in provincia
di Reggio rientra nell’iniziativa «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar)»
alla quale il Pon, in collaborazione con l’Anci, offre un sostegno finanziario per la riqualificazione o la realizzazione di centri Sprar. La struttura
si trova in una zona centrale del paese.
La manifestazione di protesta degli immigrati dopo la rivolta di Rosarno
Sos randagismo
Prevenzione
l’Asp
lancia
il progetto
IL Direttore Generale
dell’Asp di Reggio Calabria, Grazia Rosanna
Squillacioti, ha avviato le
procedure necessarie per
rendere operativo un progetto finalizzato alla lotta
al randagismo predisposto dai dirigenti del servizio veterinario di sanità
animale e di igiene degli
allevamenti e delle produzioni zootecniche afferenti al Dipartimento di Prevenzione. Ne dà notizia la
stessa Asp, con un comunicato. «Si tratta – è scritto
-di un progetto ambizioso
di tutela della salute umana e di quella animale che
interesseràtutto ilterritorio dell’Asp reggina, sollecitato dalla Squillacioti al
Dipartimento di Prevenzione per fare fronte al
proliferare di animali vaganti singoli o in branco
che aggrediscono persone, animali domestici ed
animali da pascolo con
conseguenze gravi che assumono talora dimensioni allarmanti di vera emergenza socio-sanitaria».
Nel progetto «è previsto
il monitoraggio costante
delle colonie feline e degli
altri animali vaganti;
l’analisi del loro stato di salute in quanto «animali
bioindicatori», utile a
completare lo studio sullo
stato del territorio sotto
l’aspetto epidemiologico e
dell’incidenza di specifiche malattie; l'inserimento sul territorio degli animali catturati, identificati, curati, sterilizzati, con
alto grado di socializzazione, per come previsto dalla
L.R. n.4/2000. Considerata l’importanza di un corretto rapporto uomo-animale-ambiente, sono previsti percorsi formativi
per i ragazzi in età scolare.
Secondo quanto sottoscritto «l'Amministrazione Comunale si impegna
alla messa a norma del canile sanitario, l’Asp si assume l’onere di tutta la gestione sanitaria con l’attivazione di un Presidio di
Igiene Urbana Veterinaria affidato a specifiche
professionalità e l’impiego di personale qualificato per la cattura degli animali vaganti e rinselvatichiti oltre che al contenimento e controllo degli
animali sinantropici (animali selvatici adattatisi
all’ambiente urbano che
creano nocumento alla salute e alla sicurezza pubblica: volatili, roditori, rettili etc.). La realizzazione
del progetto in ogni sua
parte impone il coinvolgimento e la sinergia con i
Comuni del territorio, i
medici veterinari liberoprofessionisti, il Corpo forestale dello stato, la Polizia provinciale, le Guardie
zoofile, le Associazioni
animaliste, gli Istituti scolastici. La Direzione Generale –si legge –ha disposto
l’avvio dei contatti con tutte le Istituzioni interessate
per la sottoscrizione di
protocolli di intesa».
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Reggio 27
Mercoledì 21 dicembre 2011
37
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Operazione della Guardia di Finanza a Seminara: sequestrate le macchinette e due persone denunciate
Sigilli a sette slot machine
A lanciare l’allarme una moglie disperata per le spesi folli del marito
di FRANCESCO PAPASIDERO
SEMINARA - Una piaga sociale di cui spesso non si
parla. Ma che comunque, da
tempo, ormai, rischia di
mettere in ginocchio le famiglie, portandole al lastrico, causando “crac” finanziari di molti nuclei familiari.
Può essere considerato a
tutti gli effetti una vera e
propria “droga” il gioco
d'azzardo. Stipendi interi
versati nelle “macchinette”,
fiumi di monetine che inondano le gettoniere dei “videopoker”.
E soprattutto, le tasche
dei giocatori sempre più
vuote, a dispetto della crisi
che dilaga sempre di più. In
linea di massima sono queste le caratteristiche del giocatore d'azzardo “tipo”. Dietro il quale, nella stragrande maggioranza dei casi, si
celano mogli disperate, che
non riescono a capire quale
sia la fine che i risparmi di
famiglia fanno.
Su questa scia è scattata
l'operazione coordinata dal
Comando Provinciale della
Guardia di Finanza, che ha
sequestrato sette tra videogiochi e slot machines illegali, denunciando, tra l'altro due responsabili.
È bastata una telefonata
al numero di pubblico servizio delle Fiamme gialle
“117” di una moglie preoccupata per le sorti dei risparmi di famiglia a mettere sulle giuste tracce le
fiamme gialle della Compagnia di Palmi che hanno individuato due circoli ricreativi a Sant'Anna, una frazione del comune di Seminara
presso i quali erano installate 7 slot machines illegali.
La donna, fortemente
preoccupata per il vizio del
marito che in un breve volgere di tempo aveva dissipato una cifra considerata dal-
la donna non irrilevante per
il bilancio familiare, si era
rivolta al 117, il servizio di
pubblica utilità della Finanza, raccontando di quell'uomo, il proprio marito, «tanto schiavo del gioco quanto
sfortunato».
Le indagini hanno portato i militari ad accedere
presso i circoli “ricreativi”
dove, nella disponibilità degli clienti, erano installati
quasi una decina di congegni e apparecchi da divertimento ed intrattenimento
all'apparenza regolari, i
classici “videopoker” e slot
machines “mangiasoldi”.
«I successivi accertamenti - si legge in una nota del
Comando Provinciale della
Guardia di Finanza -, tuttavia, hanno consentito di appurare che i videogiochi e le
slot machines in questione
non erano conformi alla
legge in quanto erano privi
I militari della Guardia di Finanza sigillano un impianto di videopoker
dei certificati di messa in
esercizio e, soprattutto, del
collegamento alla rete telematica dell'Amministrazione dei Monopoli di Stato. Ciò
comportava che le giocate
non fossero in alcun modo
controllate e che non vi fosse alcuna garanzia per i giocatori di vedersi, almeno di
tanto in tanto, ricompensati dalla Dea Bendata».
Il risultato dei controlli
effettuati dalle fiamme gialle, dunque ha portato al sequestro degli apparecchi in
questione e di cinquecento
euro. Inoltre gli apparecchi
sequestrati dai finanzieri
risultavano non essere collegati alla rete telematica
del Monopolio di Stato, e
quindi i guadagni derivanti
dalle giocate sfuggivano ai
controlli del fisco. I responsabili sono stati segnalati
alla Procura della Repubblica di Palmi.
Nel processo “All Inside” la testimonianza del sovrintendente della polizia, Arturo Niceforo
Il blitz per catturare Pesce e Fortugno
Armi a disposizione del clan di Rosarno secondo le confidenze degli indagati
di DOMENICO GALATÀ
PALMI - È iniziata con un notevole
ritardo rispetto all'orario prestabilito l'udienza di ieri mattina del processo All Inside. Alcune difficoltà legate al trasporto dei detenuti presso
l'aula bunker del tribunale di Palmi
hanno determinato lo slittamento
dell'inizio dell'udienza. Nulla che
comunque abbia impedito lo svolgimento del processo, iniziato da dove
si era fermato la volta scorsa ovvero
dalla testimonianza del sovrintendente del Commissariato di Pubblica Sicurezza di Gioia Tauro, Arturo
Niceforo.
L'agente ha testimoniato in merito ad alcuni riscontri investigativi
che hanno riguardato Francesco
Pesce ('84), in particolare, Niceforo
si è soffermato sull'arresto del figlio
di Salvatore Pesce e di Andrea Fortugno, entrambi imputati nel procedimento. I due furono fermati sulla super strada Ionio-Tirreno poco prima
dell'ingresso di Rosarno, mentre
molto probabilmente facevano ritorno dalla costa ionica reggina.
La polizia stava seguendo da tempo gli spostamenti di Pesce, sospettato di gestire un traffico di sostanze
stupefacenti. Niceforo, parlano di
quanto contenuto nell'informativa,
ha raccontato che una volta fermata
l'autovettura su cui viaggiavano i
due, dalla conseguente perquisizione erano stati rinvenuti sotto il sedile posteriore circa cento grammi di
sostanza stupefacente, in seguito
individuata come cocaina. Inevitabile, quindi, l'arresto di Pesce e Fortugno.
Successivamente, l'agente di polizia, sollecitato dalle domande del
Pm Giulia Pantano (che insieme dal
Pm della Dda di Reggio Calabria,
Alessandra Cerreti, rappresenta la
Pubblica Accusa) ha raccontato di
un colloquio in carcere intercettato
dagli investigatori e intercorso tra
Sopralluogo nel nosocomio del direttore Asp, Rosanna Squillacioti
lo stesso Pesce e il cugino Vincenzo.
Questa volta l'argomento riguardava le armi. Francesco Pesce avrebbe
lasciato intendere al cugino che se
ne avesse avuto bisogno avrebbe potuto rivolgersi ad un altro degli
odierni imputati, Francesco D'Agostino, che secondo la ricostruzione
fatta dagli investigatori le custodiva
per conto suo. L'udienza è stata aggiornata a venerdì prossimo. Il procedimento in corso a Palmi riguarda
63 dei 76 imputati rinviati a giudizio
dal Gup di Reggio Calabria nell'aprile scorso. Al termine del processo
con rito abbreviato ci sono state 11
condanne e una assoluzione.
Processo “Kappa”
“Doppia sponda”
Maresciallo
Al vaglio
della Finanza dei giudici le
testimone intercettazioni
«La struttura potenziata adibita a centro polifunzionale» dell’accusa degli indagati
Cittanova, un ospedale chiave
di ANTONINO RASO
CITTANOVA - «Per l'ospedale di Cittanova c'è un disegno
preciso ed organico al piano
sanitario regionale: la struttura dovrà essere potenziata
e resa agibile in alcune sue
parti per essere poi adibita a
centro polifunzionale». Queste le parole di Rosanna
Squillacioti, direttore generale dell'Asp (Azienda sanitaria provinciale), che nella
mattinata di ieri ha fatto visita alla struttura sanitaria cittanovese, accompagnata dal
consigliere
provinciale
Francesco Cananzi, dal sindaco della cittadina, Alessandro Cannatà, e da alcuni
membri del suo staff tecnico,
tra cui la dottoressa Teresa
Leone, responsabile Uopisal.
«Il ruolo dell'ospedale di
Cittanova - ha spiegato la
Squillacioti - verrà definito a
breve, una volta capito come
andranno spalmate sul territorio le varie attività, che in
questa fase vivono un passaggio da vecchi ospedali a
Cananzi, Squillacioti e Cannatà
Capt (Centro di assistenza
territoriale primaria). Di sicuro rimarrà in funzione il
reparto di fisioterapia, che
dovrà puntale all'eccellenza».
Insomma, per il complesso
sanitario cittanovese ci sono
idee chiare e già da tempo definite: la fisioterapia - già funzionante - sarà il perno delle
attività, e sul miglioramento
di questo servizio saranno
destinati i fondi necessari.
Ma quali fondi? «Ancora non
c'è una somma precisa - sempre Squillacioti - ci sarà da ragionare nelle prossime settimane».
Sul ruolo del Comune in
questa operazione, la direttrice generale dell'Asp si augura: «la disponibilità del
Municipio cittanovese così
da creare una sinergia positiva utile a tutti». Un interro-
gativo enorme che pesa sul
futuro della struttura, però,
è il reparto di psichiatria - trasferito da Polistena - attualmente situato al secondo piano del complesso ospedaliero, e in funzione da diversi
mesi. Su questo tema si dovrà
ragionare, gioco forza, perché proprio in quell'ala era
previsto l'insediamento di
una Rsa (Residenza sanitaria assistenziale). Le Rsa sono strutture non ospedaliere, ma comunque a impronta
sanitaria, che ospitano per
un periodo variabile persone
non autosufficienti, che non
possono essere assistite in casa e che necessitano di specifiche cure mediche di più specialisti. Rosanna Squillacioti
sulla questione ha assicurato un'attenzione particolare:
«Stiamo lavorando per regolarizzare il rapporto con le
cooperative che si occupano
del reparto psichiatrico per
uscire dall'empasse attuale».
«Questo - ha concluso la direttrice dell'Asp - non vuol dire rinunciare alla Rsa».
PALMI - Nuova udienza ieri
mattina davanti al Tribunale
di Palmi (presidente Antonio
Battaglia) per il processo scaturito dall'operazione “Kappa”, condotta dai carabinieri
di Taurianova e dai Finanzieri
di Palmi, durante la quale furono fermate quattro persone, oggiimputate nelprocedimento con rito ordinario in
corso aPalmi. Si trattadi Agostino Cosoleto, Carmine Chirico, Consolato Sgarlato e Antonio Salavatore Mucci, accusati, a vario titolo, i far parte di
un'associazione per delinquere finalizzata alla commissioneditruffe indannodidiversi
privati ed aziende.
Sul banco dei testimoni ieri
è comparso il maresciallo della Guardia di Finanza, Pasquale Burzì, chiamato come
teste dal pm Giuseppe Bontempo. Il militare ha testimoniato su una perquisizione effettuata dalle Fiamme Gialle
nel maggio del 2009 presso
l'esercizio
commerciale
“Skarpel”di Gioia Tauro.
do. ga.
PALMI - Si è tenuta ieri in Tribunale a Palmi (presidente
Antonio Battaglia), l’udienza
delprocesso “Doppia Sponda”
operazione che portò in manette nove persone accusate a
vario titolo, di reati quali detenzione finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti,
detenzione e porto di armi e
reati contro il patrimonio. Sono quattro le persone che hanno scelto di essere giudicato
con il rito abbreviato: si tratta
di sono Romana Rappazzo, il
figlio Giuseppe Ceravolo, Angelo D'Agostino e Rocco Curuli.
Sei persone sono state invece già condannate nel procedimento con rito abbreviato.
A rappresentare la Pubblica Accusa il sostituto della
Procura della Repubblica di
Palmi, Salvatore Dolce. Sul
banco dei testimoni l'ispettore
della Squadra Mobile di Catanzaro, Antonio Elia, che ha
riferito su alcune intercettazioni telefoniche dalle quali
sono partite le indagini.
do.ga.
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Piana
Mercoledì 21 dicembre 2011
Si prospetta una corsa a quattro per il rinnovo del consiglio comunale, a oggi commissariato
Rizziconi, candidature in serie
Ai certi Anastasi, Marcianò e Coppola si aggiunge quella di Di Giorgio
di ANGELO GIOVINAZZO
RIZZICONI - Nel vivace caos
di prospettive per le elezioni
Comunali di Rizziconi, che
si terranno probabilmente
nella primavera prossima,
si moltiplicano le voci intorno al nome di Giuseppe Di
Giorgio, che lo danno in
campo nella corsa per la poltrona a sindaco della città.
Con l'ex consigliere comunale (dal 1999 al 2000)
salirebbero così a quattro i
candidati alla carica di primo cittadino. Raffaele Anastasi, Armando Marcianò,
Domenico Coppola e ora, appunto, Giuseppe Di Giorgio,
socialista, che pare vanti il
sostegno di vasti settori di
qualche partito e circoli politici locali.
Di Giorgio, comunque,
nicchia. Ha chiesto una riflessione, sia per la proposta
in sé, sia per i possibili nuovi
scenari che si potrebbero
aprire nella vita politica locale. Potenzialmente sarebbe favorevole a una sua scesa in campo, ma a quanto
pare, vorrebbe prima, acquisire ogni possibile vantaggio per poter entrare a
palazzo San Teodoro dalla
porta centrale.
Nel frattempo, Anastasi,
Marcianò e Coppola che
hanno lanciato la loro campagna di convincimento,
continuano a discutere con
tutti gli altri partiti e sondano il terreno alla ricerca di
solide alleanze per il raggiungimento di un'intesa
che possa garantire al paese
la stabilità necessaria, dopo
anni di sterili amministrazioni.
Ma se eventualmente la
disponibilità dei partiti dovesse venire meno, o perché
politicamente ardua, o perché non dovessero condividere le linee dei programmi,
sui quali i possibili candidati alla carica di primo cittadino intenderebbero pog-
giare la loro campagna elettorale, Anastasi, Marcianò e
Coppola, allora, sarebbero
disponibili a correre anche
da soli. E non finisce qui,
perché altri soggetti sarebbero già al lavoro per gettare le basi per la formazione
di altre liste. Su
tutti, e non sarebbe da escludere a priori, sembrerebbe prendere corpo l'idea,
che Giovanni Calogero e Nino
Bartuccio, due
ex inquilini di
palazzo San Teodoro, stiano
accarezzando già da un po'
di tempo, ossia scendere in
campo sotto un unico simbolo.
Bartuccio e Calogero sembra stiano alla finestra, in
attesa degli sviluppi della situazione, per poi eventualmente prendere una posi-
zione politica ben definita e
scendere in competizione,
scegliendo tra loro il nome
del possibile candidato alla
prima poltrona di palazzo
San Teodoro, anche se i
maggiori consensi sembra
vadano in direzione dell'ex
sindaco più anziano. Alla luce
del quadro appena
delineato,
sembrerebbe,
insomma, che
alle
prossime
elezioni di primavera per il
rinnovo del Consiglio comunale, potrebbero esserci in campo diverse
liste. I rizziconesi, intanto,
dal canto loro, sperano in
una rinascita morale, civile
e democratica del paese, per
porre fine alle condizioni di
disagio, di abbandono e di
impoverimento della cittadina.
Cittadini al voto
la prossima
primavera
Il Muncipio di Rizziconi
Il sindaco Michele Tripodi polemizza per l’esclusione dal bando regionale
Uso beni confiscati, appello di Polistena
POLISTENA - «Avendo appreso la notizia diffusa nei giorni scorsi dell'imminente pubblicazione di un avviso regionale per la valorizzazione degli immobili confiscati, apprendiamo con rammarico e preoccupazione che il Comune di Polistena così come centinaia di
altri comuni calabresi non potrà parteciparvi, pur se destinatario nel tempo
di beni confiscati oggi nelle disponibilità dell'ente». Non ci sta il sindaco di Polistena, che non accetta che il proprio
ente rimanga escluso dai finanziamenti per la riqualificazione e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie,
chiedendo che il comune possa essere
riammesso a concorrere ai fondi Pisr.
«Senza nessun criterio chiaro e comprensibile - afferma il primo cittadino
polistenese -, infatti, sono stati definiti
gli ambiti territoriali ammessi, che evi-
denziano l'esclusione di comuni importanti, come Polistena con un percorso culturale antimafia affermato ed
una lunga storia fatta di lotte per l'affermazione della legalità e dei diritti.
Anche il Comune di Polistena possiede
alcuni immobili soggetti a confisca che
necessiterebbero di interventi strutturali e di riqualificazione, ma che tuttavia richiedono investimenti notevoli
quasi impossibili in questa fase economica dopo i tagli ai bilanci degli enti locali».
Il principio, quindi, secondo cui i comuni dovrebbero essere messi nelle
condizioni di accedere ai finanziamenti per la valorizzazione dei beni confiscati è quello della «parità» tra i comuni
stessi.
«Il Comune di Polistena ha già subito
di recente una penalizzazione da parte
della Regione, che non ha finanziato la
realizzazionedi un'isolaecologica peri
rifiuti differenziati, progettata proprio su un terreno confiscato alle mafie, che ai sensi del bando relativo,
avrebbe generato premialità nella graduatoria. Inspiegabilmente siamo stati preceduti da diversi comuni, anche
con popolazione inferiore, privi di questo requisito». «Oggi - conclude -, proseguire su questa linea sbagliata anche per l'accesso ai fondi Pisr, sarebbe
un'ulteriore incredibile discriminazione per il nostro comune, come pure per
molti altri comuni della Calabria, ove
ricadono beni confiscati. Purtroppo,
ogni immobile confiscato è traccia della presenza mafiosa sul territorio, che
ormai ha varcato i confini della Calabria, come dimostrano le operazioni
condotte negli ultimi tempi».
CITTANOVA
Scarcerato Calia
PALMI - Il Tribunale collegiale
di Palmi ha accolto l'istanza di
scarcerazione
presentata
dall'avvocato Sabina Ienco
nei riguardi di Pasquale Calia,
70enne, attualmente imputato nell'ambito del processo
con rito ordinario concernente
la presunta estorsione ai fratelli Luccisano, titolari della
ditta Verdiana di Cittanova.
Secondi la tesi dell’accusa gli
imprenditori di Cittanova avevano denunciato alcune persone che avrebbero preteso
interessi usurai ammontanti
al 120% annuo. Pasquale Calia era stato arrestato nel giugno scorso con l'accusa di
usura aggravata, ma dato
l'accoglimento
dell'istanza
della difesa potrà assistere alle prossime udienze da uomo
libero.
I vigili urbani sull’uso della droga e abusi dell’alcol La decisione a margine di un vertice della coalizione
No alle stragi del sabato sera Palmi, centrosinistra punta
studenti di Palmi a lezione alle primarie per il sindaco
PALMI - Il Corpo di polizia locale della città di Palmi sta
svolgendo un'attività di prevenzione sull'incidentalità
stradale e notturna, coinvolgendo direttamente gli istituti d'istruzione superiore, con
controlli sul territorio e attraverso una specifica attività
formativa nei confronti degli
studenti.
Ai giovani viene proiettato
un video informativo, molto
toccante, sulle conseguenze
dell'alcol alla giuda e vengono illustrati i mezzi e gli strumenti in dotazione alla polizia
locale, adoperati per la rilevazione del tasso alcolemico.
Viene loro illustrata la normativa vigente e le responsabilità derivanti dalla guida in
stato di ebbrezza o di alterazione da sostanze psicotrope.
L'iniziativa è stata accolta
con entusiasmo sia dai dirigenti, sensibili a queste campagne, che dagli studenti degli Istituti scolastici cittadini,
con i quali sono iniziati gli incontri formativi tenuti dal responsabile della Unità operativa di Polizia stradale e pronto intervento del Corpo di polizia locale, tenente Giuseppe
Andidero.
Altermine diogniincontro
viene distribuito un vademecum, realizzato dal Corpo, che
di GIUSEPPE BOVA
Il tenente Andidero a colloquio con gli studenti
informa i giovani sui rischi fisici derivanti dall'assunzione
di alcolici e sulle conseguenze
giuridiche.
Il controllo della polizia locale di Palmi guidata dal comandante Francesco Managò, prosegue poi sempre su
strada, dove fin dalla scorsa
estate, nei fine settimana ritenuti ad alto rischio sotto il
profilo della sicurezza, sono
previsti controlli straordinari con le pattuglie sul territorio. Gli agenti effettuano posti di controllo lungo le principali arterie di comunicazione e negli snodi stradali citta-
dini, soprattutto nelle ore
notturne.
È attuato quindi un giro di
vite contro coloro che si mettono alla guida in stato di alterazione connessa all'uso di
bevande alcoliche,grazie agli
etilometri in dotazione al Comando. In maniera più specifica vi è anche contrasto all'uso di sostanze stupefacenti e
psicotrope grazie ai nuovi e
moderni droga test, che consentono di individuare se
l'autista ha assunto, nelle ore
precedenti la guida, droghe
di ben 5 tipologie.
giu. bo.
PALMI - Clima politica sempre di più in fermento a Palmi. La corsa alla elezioni
per il rinnovo del Consiglio
comunale, ad oggi commissariato dopo la lunga querelle politica che ha portato
alla defenestrazione dell’ex
sindaco Ennio Gaudio, è ormai bene avviata.
I partiti di sinistra della
città di Palmi, riunitisi recentemente presso locali
del Caf- Cgil della città, hanno deciso insieme di fare un
passo avanti per designare
il candidato a sindaco della
loro parte politica: sfrutteranno il metodo delle primarie di coalizione. Nel documento che hanno redatto
tutti i rappresentanti della
sinistra palmese, l'intenzione che si prefissano insieme è la «necessità di voler costruire e rappresentare un nucleo unitario e coeso per rispondere alle situazioni di emergenza che il
paese attraversa».
I politici firmatari sono: il
commissario del Pd Giuseppe Panetta, il segretario
di Sel Franco Russo, il segretario provinciale di Rifondazione Flavio Loria, e i
due presidenti rispettiva-
mente di Idv e Pdci Memmo
Cogliandro ed Enzo Infantino. Un centro sinistra in
cui sono inclusi i partiti
“maggiormente progressisti”, un gruppo allargato
quindi, quello dei rappresentanti dei numerosi partiti.
«Il nostro progetto si pone l'obiettivo di ribaltare gli
assunti che hanno caratterizzato le vecchie politiche scrivono i politici palmesiintendiamo costruire una
proposta politica che vuole
partire dai bisogni e dalle
problematiche che la gente
esprime ed indica! Vogliamo cogliere nelle istanze
culturali delle Associazioni
e dei Movimenti la funzione
di volano per una rinnovata
e inedita proposta politicoamministrativa».
A quanto pare i partiti, attraverso la loro iniziativa,
vogliono cavalcare l'onda
dell'associazionismo, attualmente molto attivo a
Palmi, soprattutto in ambito culturale. I rappresentanti della sinistra palmese
tentano probabilmente di
riavvicinare
l'elettorato
giovanile e di recuperare il
divario tra ragazzi e politica, si legge infatti: «In tale
contesto intendiamo favo-
rire la partecipazione di
scelta per tutta la città e, nel
contempo, ci adopereremo
per costruire un processo
reale di rinnovamento generazionale delle rappresentanze, con significative
presenze del mondo femminile».
Una prospettiva davvero
ambiziosa. Oltre agli innumerevoli buoni propositi rivolti
immancabilmente
agli «interessi della collettività e del paese», nel documento si legge anche una
chiara nota polemica riferita alla passata amministrazione: «Sono loro a dover rispondere del clima di
“scompensi amministrativi”che la dicono lunga sulla
fantomatica o reale scomparsa di ben 38 delibere
Consiliari. E, sono sempre
loro a dover spiegare ai cittadini e alla città il perché la
Procura della Repubblica e
la DIA continuano a rimescolare negli atti amministrativi del Comune». La
Palmi di sinistra si apre
dunque ai cittadini attraverso le suddette primarie
di coalizione, per far scegliere direttamente ai cittadini chi saranno i futuri
candidati della sinistra, in
primis il sindaco.
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Reggio 39
Piana
Mercoledì 21 dicembre 2011
32
Email: [email protected] - Amantea E-mail [email protected] - [email protected]
Paola E-mail [email protected], [email protected], [email protected]
San Lucido Email [email protected]
Scalea Email [email protected]
Belvedere Email [email protected]
Acquappesa E-mail [email protected]
Molti i «non ricordo» del teste sulla vigilanza della gestione amministrativa dell’istituto
«Luberto entrò in crisi spirituale»
Dure le affermazioni di monsignor Giuseppe Agostino al processo sull’Ipg
di Paolo Vilardi
PAOLA – «Luberto è stato un uomo falso. Si
mostrava sempre scontento; diceva che la colpa della precaria gestione amministrativa
dell’istituto era della Regione Calabria che
non pagava le rette». Parole forti quelle pronunciate dall’arcivescovo emerito della diocesi Cosenza – Bisignano, Giuseppe Agostino, che in qualità di testimone in aula ha rivolto accuse pesanti contro l’ex presidente
dell’Ipg XXIII di Serra D’Aiello, don Alfredo
Luberto. Monsignor Agostino, nei suoi confronti era stato disposto l’accompagnamento
coattivo, è stato escusso ieri mattina
nell’udienzadinanzi alcollegio delTribunale
di Paola, presidente Paola Del Giudice e giudici a latere Antonietta Dodaro e Nicoletta Campanaro.
Il processo, si ricorda, è a carico di 11 imputati, che il 6 novembre del 2009, quando don
Luberto fu condannato a 7 anni di reclusione
con il rito abbreviato, furono rinviati a giudizio per una lunga scia di reati. Questi i loro nomi: Antonio Marafioti, Audino Caputo, Fausto Arcuri, Ettore Notti, Eliodoro Tricoli, Roberta Scervo, Luca Rendace, Luca Anania,
Giuseppe Perrotta e Rossana Gaudio. Per
molti di loro l’accusa principale è l’associazione a delinquere finalizzata alla consumazione di una lunga serie di reati, tra i quali appropriazione indebita, truffa aggravata, utilizzazione di diffuse fatturazioni per operazioni
inesistenti, falsificazioni di documenti contabili ed altro.
Come giàriferito, ieriin udienzasono volate parole pesanti, il testimone di eccezione, interrogato per circa 4 ore, ad un certo punto ha
avuto un cedimento nervoso: «Non sono un delinquente!», ha pronunciato sbattendo i pugni sul
tavolo, stizzito perché
l’accusa gli chiedeva se
era stata fatta da parte
della diocesi una sana
opera di vigilanza sulla
gestione allegra dell’istituto, poi chiuso dall’autorità giudiziaria. Allo sfogo nervoso sono seguite
le scuse e monsignor
Agostino ha ripreso a testimoniare. Ma le sue parole sono state molto
vaghe; addirittura ha detto di non conoscere i
contenuti di alcune lettere al tempo da lui firmate.Dialtre haaddiritturadisconosciutola
propria firma. Il teste ha ricostruito le modalità di gestione degli ultimi anni, «ai tempi di
Don Giulio», «che non aveva capacità manageriali», a cui è seguita una breve gestione
amministrativa «a cura di un gruppo di laici
guidati dall’avvocato GiuseppeChiofalo»,revocato dall’incarico nel 2000. «Poi scelsi don
Luberto – ha sostenuto in aula monsignor
Agostino – già assistente nazionale degli
scout, che mostrava una valenza significativa, nella convinzione che avrebbe dato una
svolta all’istituto». A questo punto dal pm
Giovanni Calamita la domanda: «Che ne pensa della gestione di Luberto rispetto alla precedente?». Qualche esitazione ed ecco la risposta: «Nel mio ministero episcopale nulla
era migliorato; l’istituto rimase in grave sofferenza». L’arcivescovo, sempresu inputdella pubblica accusa, dopo aver detto di essere
completamente incompetente sotto l’aspetto
amministrativo, quindi non in grado di vigilare attentamente sull’operato di Luberto, ha
riferito che per controllare i conti «avevo delegato il mio vicario Bilotto, deceduto. Don Luberto ci ha giocati, ci portava il rendiconto a
modo suo. Inizialmente era stato impressionato dalla sua intelligenza – ha riferito – ma
col passare del tempo ho perso la fiducia, in
quanto mi sono accorto che era in crisi spirituale». Il teste ha altresì confermato che aveva redatto tre lettere di denuncia, in cui si rilevava «un andazzo dell’istituto alla buona».
Tra qualche schermaglia tra le parti monsignor Agostino è stato poi interrogato
dall’avvocato Lucio Conte, che assiste uno dei
degenti dell’ex fondazione, il quale ha chiesto
spiegazioni sulla vigilanza mancata della gestione amministrativa di don Luberto: «Ricordo ancora che chi controllava i suoi fogli
paga era il mio vicario». A questo punto il legale harincarato ladose: «Perchénon hamai
vigilato?». Il teste è poi entrato in escandescenza, fino a far alterare Conte: «Lei non ha
mai preso nessun provvedimento».
Tornata la calma si è concluso l’interrogatorio di monsignor Agostino e si è proceduto
all’esame di altri testi. Il processo è stato rinviato al prossimo 10 gennaio.
Il vescovo
emerito
si difende
«Non sono
un delinquente»
Piano spiaggia
Individuati
sei nuovi lidi
PAOLA – Il consiglio
comunale nella giornata di ieri ha approvato
gli unici due punti
all’ordine del giorno:
aggiornamento “Piano
localizzazione distributori di carburante per
uso autotrazione”; adozione aggiornamento
piano Spiaggia. In ossequio alla nuova programmazione prevista
in questo strumento in
città nasceranno sei
nuove attività commerciali balneari.
Una sorgerà sul lungomare e cinque ai pennelli, nella periferia
sud della cittadina tirrenica. Due di essi saranno rimessaggi di
barche, i rimanenti stabilimenti
balneari
smontabili.
p. v.
Monsignor Giuseppe Agostino
«Ridurre i terreni su cui è possibile costruire»
Il Psdi contesta l’Ici
e presenta una proposta
PAOLA – «Un’area per essere fabbricabile deve avere la possibilità di essere edificata». Il Psdi di Paola contesta la voce di
bilancio già approvata relativa all’applicazione dell’Ici e presenta una proposta
molto tecnica. Il dissenso potrebbe essere
letto in chiave politica come l’ennesima
divergenza tra i gruppi del sindaco e i socialdemocratici, un tempo asse portante
dell’amministrazione e oggi in totale rottura. Tornando sull’aspetto prettamente
tecnico il Psdi, nella proposta da presentare in comune scrive che «l’art. 2, lettera
b) deldecreto legislativon.504/92 definisce come “area fabbricabile” quella “area
utilizzabile a scopo edificatorio in base
agli strumenti urbanistici generali o attuativi ovvero in base alle possibilità effettive di edificazione”». In sintesi
un’area per essere fabbricabile dovrebbe
essere inserita come tale in uno strumento urbanistico generale o altrimenti «c’è
bisogno di uno strumento attuativo (Pau
approvato – Piani attuativi urbanistici) e
comunque in tutti i casi, un’area per essere definita fabbricabile deve avere la possibilità effettiva di essere edificata».
Quindi vengono rilevati i dubbi: «Riportando questi semplici concetti
nell’ambito del nostro Comune, alla luce
del fatto che recentemente è stato approvato il Psc ma che ancora non è stato approvato nemmeno un Pau (né pubblico
né privato!) non si capisce come mai in
generale si possa parlare di aree fabbricabili e quindi direlativa imposizione, su
di esse, ai fini Ici».
Quindiil Psdipropone«ivalori deiterreni, senza Pau approvati, inseriti
nell’avviso comunale del 21/11/2011 e
nella delibera del Consiglio comunale n.
31 del 7/11/2011, vengano ridotti ad 1/5
ovverosia vengano ridotti dell’80 percento fino alla approvazione dei relativi
strumenti attuativi e/o comunque del riconoscimento dell’edificabilità concreta,
fermo restando però che siano presi in
considerazione, caso per caso, tutte
quelle aree che mai
in nessun caso potranno essere edificate, come per esempio terreni già espropriati dall’Anas, in
occasione della costruzione della Ss 18 e
della Ss 107, che ancora catastalmente
sono in carico ai proprietari originari;
terreni che ricadono nell’ambito del rispetto stradale o ferroviario; terreni che
ricadono nell’ambito di elettrodotti ad alta tensione dell’Enel o Ferrovie. Solo se
questi terreni saranno oggetto di Pau approvati, si potranno considerare a tutti
gli effetti “aree fabbricabili” e quindi per
essi – si legge in coda al contenuto della
proposta - sarà possibile applicare l’imposizione ai fini Ici».
p. v.
Piero
Lamberti
leader del
Psdi
cittadino di
Paola
Paola. Il centrodestra parte dai programmi e bandisce “i pettegolezzi”
Nasce la coalizione dei moderati
PAOLA – «La nascita della “coalizione
dei moderati”, questo è quello su cui il Popolo della Libertà di Paola si era impegnato a lavorare nei mesi scorsi e, grazie
all’intesa politica e programmatica con
l’Udc ed il Pri, stiamo davvero costruendo una coalizione aperta a diversi contributi e tradizioni politiche con l’unico interesse di proporre
un governo cittadino alternativo, efficiente e concreto».
E’quanto si legge
in una nota politica
del Pdl che respinge i «pettegolezzi tipici della precampagna elettorale,
così come rifiutiamo l’idea di calcare i
vecchi rituali dei
passi avanti e dei
Basilio Ferrari
passi indietro, del chiedere cento per ottenere cinquanta, delle più o meno finte
primarie, o peggio delle decisioni su tavoli locali, regionali, e addirittura nazionali».
La coalizione dei moderati è stata costruita in questi mesi puntando a trovare idee comuni che si concretizzassero in
programmi.
La partecipazione è la base prioritaria
delle scelte, «guai se a prevalere fossero
le ambizioni personali – si legge ancora peggio ancora le ambizioni di chi tenta di
essere elemento di disturbo solo al fine di
“alzare” il prezzo per propri interessi e
non per tutelare l’interesse generale».
Il Popolo della Libertà, dopo l’assemblea degli iscritti, con oltre 400 adesioni
al progetto per le elezioni amministrative del 2012, ha fissato i dieci punti programmatici da discutere con la coalizione, e, «grazie all’impegno del movimento
giovanile del partito, abbiamo innovato
il sistema delle scelte sui programmi facendo partecipare direttamente i cittadini alla scelta delle priorità programmatiche, scendendo nei quartieri paolani con
i gazebo sul programma».
Un’iniziativa che «ancora non è conclusa e di cui riferiremo in futuro l’esito,
ma che già ha trovato centinaia di cittadini entusiasti nel partecipare. Perché i cittadini chiedono questo oggi alla politica:
un impegno non sulle formule, non sulle
strategie per il futuro dei singoli, non
sulle candidature per dispetto reciproco.
Per questo motivo, orgogliosamente,
con diligenza e dedizione, con la coalizione dei moderati per la città di Paola, lavoriamo per elaborare un programma di
governo, sui temi del lavoro, dello sviluppo economico e sociale, sul turismo,
sulla cultura, sulla solidarietà sociale».
p. v.
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Tirreno
Mercoledì 21 dicembre 2011
35
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Villapiana. Nel 2007 colpì a morte con un grosso coltello da cucina la bimba di 4 anni e la consorte
Uccise moglie e figlia, 20 anni
Condannato dalla Corte di appello di Catanzaro Gianluca De Marco
di FRANCO MAURELLA
VILLAPIANA - La Corte di
Appello di Catanzaro, (presidente Marchianò, a latere
Cosentino e procuratore generale Prestinenzi), dopo
due ore di camera di consiglio, ieri mattina ha emesso
sentenza di condanna, ad
una pena di 20 anni di detenzione, nei confronti di Gianluca De Marco, carpentiere
di Villapiana, reo di avere
ucciso, con un grosso coltello da cucina, la moglie Maddalena Agrelli, di 31 anni e la
figlioletta Jennifer di appena 4 anni.
L'efferato duplice omicidio si consumò all'alba del 15
dicembre del 2007, nella camera da letto della villetta di
proprietà della coppia, in
Villapiana Lido. L'uomo accoltellò la moglie e la piccola
Jennifer nel sonno e poi, prima di avvisare i carabinieri
di quanto accaduto, le ricompose nello stesso letto
matrimoniale su cui dormivano e le coprì, come se dormissero. Accanto alla bimba
sistemò le sue bamboline
preferite ed un album da colorare. De Marco, in evidente
stato confusionale, venne
soccorso dai medici del 118 e
trasportato presso il pronto
soccorso dell'ospedale di
Trebisacce anche per lievi ferite ai polsi ed al
petto, causate
dal
tentativo,
per come riferito, di suicidarsi
dopo aver commesso il duplice
delitto.
Ieri,
dunque, la Corte di Appello
di Catanzaro, alla presenza
dell'avvocato di difesa dell'imputato, Michele Donadio
e dei difensori di parte civile,
Roberto Laghi, che ha rappresentato anche l'assente
collega Franco Mundo, e
Vincenzo Arango, ha pro-
Gianluca De
Marco
nunciato la sentenza di condanna a 20 anni di reclusione. Presenti anche i familiari delle vittime che, alla pronuncia della sentenza, hanno espresso soddisfazione
per l'esito del travagliato
processo penale. Travagliato in quanto quella di ieri è la
terza sentenza di condanna
a carico di Gianluca De Marco, in soli due
gradi di giudizio. In sintesi,
il Tribunale di
Castrovillari,
con la sentenza di primo
grado, emessa
nel febbraio
2010, condannò De Marco all'ergastolo.
La Corte di Appello di Catanzaro, il 6 maggio 2010, accogliendo la tesi difensiva che
invocava l'assenza dell'aggravante della premeditazione, trasformò la sentenza
di ergastolo in una pena detentiva a sedici anni di reclu-
Le due vittime
ammazzate
nel sonno
sione. A tale sentenza oppose ricorso tanto la Procura
generale quanto i difensori
di parte civile. Ricorsi che
hanno indotto la Cassazione
ad annullare il processo celebrato dalla Corte di Appello di Catanzaro. Una decisione, quella della Suprema
Corte che, di fatto, non
smentisce la tesi difensiva
volta a dimostrare l'assenza dell'aggravante della premeditazione,
contestata dalla Procura generale, annullando, anche,
senza rinvio, la
aggravante dell'utilizzo di
arma impropria (benché
non vi fosse stata richiesta
da parte della difesa, titolata
a farla). Dunque, la Cassazione ha annullato la sentenza della Corte di Appello di
Catanzaro, rinviando il processo da rifare solo sulla
“comparazione delle circostanze”, ovvero per un nuovo calcolo dei pesi delle aggravanti, per come sostenuto dalla Procura, rispetto alle attenuanti proposte dalla
difesa e che hanno sortito la
riduzione di pena con la sentenza di Catanzaro. La Cassazione, escludendo di fatto
le aggravanti della premeditazione e dell'utilizzo di arma impropria, ha indotto la
Corte di Appello di Catanzaro a pronunciarsi sulla base
delle aggravanti “per futili
motivi e per il legame di discendenza” e l'attenuante
della “infermità mentale”.
Infermità mentale su cui si è
basata la tesi difensiva sin
dal primo grado di giudizio.
A Castrovillari, però, la seminfermità mentale riconosciuta a De Marco non fu tale
da compensare l'aggravante del vincolo di parentela
con le vittime e la crudeltà
della sua azione.
Infatti, lo psichiatra forense Giovanni Malara di
Reggio Calabria, ritenne
l'incapacità
dell'uomo
«grandemente scemata» dopo i primi istanti di offuscamento dell'omicida. Ovvero,
sebbene De Marco non abbia
agito con premeditazione
ma in preda a uno stato confusionale, durante il duplice
omicidio la sua
mente si sarebbe fatta sempre
più lucida e,
dunque, in grado di comprendere ciò che stava
facendo.
Dunque, la sentenza della Corte di Appello di Catanzaro
che condanna DeMarco a 20
anni di reclusione, media tra
aggravanti e attenuanti, tenendo conto che la Procura
generale aveva chiesto la
conferma del giudizio di primo grado, ovvero l'ergastolo.
Vicino al corpo
della piccola
mise le bambole
Trebisacce. Una discussione in Consiglio
Tagli ai treni, Mundo
chiede l’intervento
della Provincia
TREBISACCE - Il consigliere provinciale Franco Mundo, ha chiesto al presidente
Mario Oliverio, al presidente del Consiglioe all’assessore ai Trasporti della Provincia, “che venga discusso con
urgenza al prossimo consiglioun ordinedel giornosui
tagli alle corse ferroviarie
lungo la linea jonica”. Nella
richiesta, Mundo, evidenzia
la fatiscenza della rete ferroviaria jonica “in un territorio già afflitto da tanti problemi: strutture e infrastruttura inesistenti o carenti; servizi socialie sanitari latenti o in via di ridimensionamento (vedi vertenze
ospedali Trebisacce, Cassano e Cariati), tali da marginare ulteriormente l’intero
territorio con ricadute notevoli dal punto di vista dello
sviluppo socio-economico”.
Mundo aggiunge che, nonostante la precarietà della rete ferroviaria e la scadente
qualità dei treni in transito,
la linea “costituiva, almeno
per molti lavoratori pendolari, l’unico mezzo di trasporto, consentendo il collegamento con il resto del paese e il nord Italia, anche mediante i pochi treni e lunga
percorrenza,come il Crotone-Milano”. Da qui al taglio
di 22 treni sulla jonica, da
parte di Trenitalia, “con evidenti ricadute sulla già povera economia, sul turismo,
sui trasporti e sui servizi,
con inevitabili disagi soprattutto nel periodo estivo”. E’
soprattutto la soppressione
del Milano-Crotone a creare
disagi a chi non può permettersi altri mezzi di trasporto,
quindi, per Mundo, “tutto
ciò è inaccettabile e ci spinge,
come rappresentanti istituzionali di questo territorio, a
chiedere con forza, ai vertici
di Trenitalia spa ed all’attuale Governo nazionale, di ripristinare una parte dei treni soppressi”. Di seguito,
Mundo ricorda che “nonostante le numerose iniziative politiche e sindacali dirette a sensibilizzare il governo
e le Ferrovie, non è stato
adottato alcun provvedimento di revoca dei tagli” e
che “il prezzo altissimo che
pagano le popolazioni della
Sibaritide e dell’Alto Ionio,
sia in termini di disagi che di
mancanza di servizi non è
più tollerabile”. Mundo impegna “previo coordinamento con gli amministratori locali, la giunta provinciale e in particolare il Presidente, al finedi attivare ogni
più utile iniziativa e contestualmente chieda un incontro urgente al presidente
della Regione, unitamente
alla delegazione parlamentare della Calabria, ai vertici
di Trenitalia spa, al Ministro
delle Infrastrutture o, se opportuno, anche al presidente del Consiglio dei ministri,
per chiedere la revoca dei tagli alle linee ferroviarie lungo la Costa Ionica, o quanto
meno ridimensionarle, lasciando almeno quelli a lunga percorrenza”.
f. m.
ORIOLO
Trebisacce. Tavolo tecnico con Scopelliti, i sindaci e i consiglieri provinciali
L’Omnicomprensivo
si mette in evidenza
alla Convention nazionale
Ospedale, il giorno della verità
ORIOLO - L’Istituto comprensivo di Montegiordano,
di cui fanno parte l’Omnicomprensivo di Oriolo e le
Scuole di Roseto Capo Spulico, ha preso parte, rappresentando la Calabria insieme ad altre tre istituzioni
scolastiche della regione, alla “Convention nazionale”
dedicata al mondo della
scuola e promossa dalla Fondazione Idis-Città della
Scienza, in collaborazione
con il Ministero dell’Istruzione. L’iniziativa si è tenuta, per tre giorni, a Napoli e
l’Istituto comprensivo di
Montegiordano, per la valenza dei progetti presentati
e cofinanziati dall’Unione
Europea, in corso di svolgimento presso l’Istituto Omnicomprensivo di Oriolo, ha
ricevuto i ringraziamenti
dal direttore generale del
Ministero, MarcelloLimina.
Al dirigente scolastico Vincenzo Gerundino, sono
giunti i ringraziamenti del
Ministero che ha ritenuto
l’evento di Napoli “un mo-
mento importante di incontro trale scuoledelle quattro
regioni dell’Obiettivo Convergenza (Calabria, Campania, Puglia e Sicilia, ndc)
che, come la sua, hanno potuto presentare i lavori svolti negli importanti ed apprezzati progetti”. Oltre a tale apprezzata partecipazione, l’Istituto Omnicomprensivo di Oriolo si è distinto per
avere ottenuto il riconoscimento, in ambito nazionale,
della certificazione EcoSchools. Certificazione che è
valsa la l’aggiudicazione
della “Bandiera verde”, simbolo riconosciuto e rispettato in ambito internazionale,
che sarà esposta, per la prima volta, il 21 dicembre
prossimo, alle 15, con un sobrio ma pregnante cerimoniale, presso la Scuola
dell’Infanzia di Oriolo. “Un
ringraziamento doveroso –
chiosa Gerundino - va alle
maestre che hanno guidato i
bambini in tale percorso e ai
genitori”.
f. m.
Oggi riunione all’assessorato alla Sanità a Catanzaro
TREBISACCE - E’ stato convocato per
questa mattina alle 11, nella sede dell’assessorato alla Sanità a Catanzaro, il tavolo tecnicotra Scopelliti ei verticidella sanità regionale con il sindaco di Trebisacce, Mariano Bianchi e una delegazione
dell’Alto Jonio cosentino, per discutere
sulla definitiva destinazione dell’ospedale “Guido Chidichimo”. A darne notizia il consigliere regionale del Pd, Mario
Franchino che, a Reggio per il Consiglio
regionale sul bilancio, ha avuto conferma dell’incontro da Scaffidi. Lo stesso
Franchino, promotore del primo incontro interlocutorio tenuto a Catanzaro e
concluso con la promessa da parte di Scopelliti di rivedersi per pianificare definitivamente le sorti dell’ospedale di Trebisacce, prenderà parte al tavolo tecnico
con il sindaco Bianchi, una delegazione
di sindaci dell’Alto Jonio e i consiglieri
provinciali Melfi, Mundo e Ranù. Dunque, bisognerà attendere per conoscere
le sorti del “Chidichimo”. Il tavolo tecnico, infatti, porrà fine ad ogni ulteriore
istanzache, ormaidadue anni,proviene
dall’Alto Jonio cosentino a difesa
dell’ospedale di Trebisacce. Da quanto riferito a seguito del primo incontro tenutosi presso l’assessorato allasanità,iltavolo tecnico convocato per questa mattina, probabilmente darà un esito inappellabile: riconversione del “Chidichimo”in
Giuseppe Scopelliti
Capt o collocazione dello stesso, nel Piano regionale di riordino ospedaliero, in
ospedale generale, ovvero dotato di tutte
le specialistiche soprattutto quelle riferibili all’emergenza-urgenza come il
pronto soccorso e l’Utic. Il tavolo tecnico
sarà chiamato a valutare le istanze del
territorio che, principalmente, vertono
sul mancato rispetto dei Lea (Livelli essenziali di assistenza) che la riconversione dell’ospedale di Trebisacce azzererebbero per l’intero comprensorio dell’Alto
Jonio, territorialmente il più vasto della
provincia, con 11 dei 16 comuni che vi
gravitano posti in collina o in montagna
con una viabilità precaria che non favorisce il rispetto dei tempi di ricovero nei
casidiemergenza edurgenza.Tantoper
semplificare, se un cardiopatico di Alessandria del Carretto o di Nocara, San Lorenzo Bellizzi, Castroregio e via dicendo,
impiegherebbe oltre 40 minuti per raggiungere l’Utic di Trebisacce, con il “Chidichimo” riconvertito, avrebbe bisogno
di oltre un’ora di ambulanza per raggiungere i presidi di Rossano o Castrovillari, ammesso che vi trovi disponibilità nel reparto. Aqueste oggettive, serie e
validi motivazioni, da considerare non
secondario l’aspetto geografico del “Chidichimo” che, posto a confine tra la Calabria e la Basilicata, opportunamente potenziato con specialistiche di eccellenza,
non solo porrebbe un freno all’emigrazione sanitaria fuori regione ma attirerebbe pazienti da oltre i confini regionali, contribuendo a migliorare il bilancio
sanitario regionale. Al tavolo tecnico e,
principalmente, a Scopelliti la sensibilità di accogliere l’istanza dell’Alto Jonio
anche perché la riconversione dei presidi di Trebisacce e Cariati ha ridotto l’assistenza ospedaliera per acuti ai soli nosocomi di Corigliano e Rossano, con 250
posti letto per circa 200mila abitanti.
f. m.
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Jonio
Mercoledì 21 dicembre 2011
Costa jonica
Mercoledì 21 dicembre 2011
Cassano. «Farebbe bene a spiegare ai cittadini perché Riggio dell’Udc ostacola l’opera»
«Aeroporto, Gallo non fa nulla»
Il centrosinistra replica al sindaco e sottolinea l’impegno della Provincia
di ANTONIO IANNICELLI
CASSANO – «La realizzazione
dell’aeroporto della Sibaritide è
tra gli obiettivi e nei programmi
del centrosinistra sia cassanese
e sia provinciale. Ci piacerebbe
conoscere, invece, qual è stato
l’impegno del sindaco di Cassano nonché consigliere regionale, Gianluca Gallo, nei confronti
della giunta regionale per sensibilizzarla concretamente per la
realizzazione dell’importante
infrastruttura».
I rappresentanti dei partiti
che compongono il centrosinistra cassanese respingono al
mittente le critiche che il primo
cittadino ha rivolto al centrosinistra stesso sulla questione della realizzazione dell’aeroporto di
Sibari.
Gianluca Gallo, alla luce di alcune dichiarazioni fatte dal capogruppo regionale del Partito
democratico, Sandro Principe,
aveva sostenuto che «il centrosinistra getta la maschera e palesa
le sue divisioni. La divergenza di
vedute emersa in seno al gruppo
consiliare regionale del Partito
democratico sull’aeroporto di
Sibari dimostra la strumentalità
e l’infondatezza di tante polemiche passate».
Affermazioni, quelle di Gianluca Gallo, che per i rappresentanti del centrosinistra non sono altro che strumentalizzazioni.
«Il sindaco Gallo, come è suo
solito fare, non riuscendo a dire
qualcosa di concreto, di convincente e credibile tenta di strumentalizzare ogni cosa. Approfittando del dibattito che si è
svolto qualche giorno addietro
nella città di Crotone - sottolineano ancora i rappresentanti
politici - ha tentato di gettare
fango sull’intero centro sinistra, lasciandosi andare a dichiarazioni mendaci e senza
senso. L’intero centro sinistra ribadiscono - vuole e sta lavorando per la realizzazione dell’aeroporto di Sibari».
I rappresentanti dei partiti di
centrosinistra rammentano al
sindaco Gallo «i notevoli sforzi
che l’amministrazione provinciale di Cosenza, guidata da Mario Oliverio, sta compiendo per
centrare l’obiettivo della realizzazione dell’aeroporto». Tutto
l’iter della pratica testimonia – a
dire dei rappresentanti del centro sinistra cassanese - che la
stessa è andata avanti sempre e
per meriti di uomini del centrosinistra.
«Altri – sostengono - hanno
fatto promesse e solo promesse,
di concreto non hanno scritto
nulla di positivo». Il governo regionale, di cui il sindaco Gallo è
consigliere di maggioranza, «ha
stanziato fondi per Reggio, per
Lamezia, per la nuova aerostazione di Crotone e nulla, proprio
nulla per Sibari. Lo stesso Gallo,
- sottolineano quelli del centro
sinistra - dinanzi all’evidente
macroscopica discriminazione,
annuncia che per lo scalo di Sibari, ci sarebbe la disponibilità di
alcuni privati».
Una notizia, quella dell’interessamento di una società privata alla realizzazione dell’infrastruttura aeroportuale sibarita,
sulla quale il centrosinistra cassanese nutre «seri dubbi», che
derivano, spiegano, «dal fatto
che il presidente dell’Enac, Vito
Riggio, di marca Udc, non ha voluto rilasciare e ancora non rilascia il necessario e prescritto parere, senza il quale mai potranno partire i lavori.
Gianluca Gallo, - scrivono, alla
fine, i rappresentanti del centro
sinistra di Cassano all’Ionio - invece di strumentalizzare, di fare
i soliti e inutili proclami, farebbe
bene a spiegare, alla gente di
Cassano e ai cittadini della Sibaritide, quali sono i motivi che inducono l’uddiccino Vito Riggio
a ostacolare l’aeroporto di Sibari».
CASSANO
Processo Tsunami, si parte da una perizia
I giudici dovranno pronunciarsi sulla frase che avrebbe
annunciato un attentato al pm antimafia Luberto
di FRANCESCO MOLLO
CASSANO – Partirà a metà gennaio prossimo il processo “Tsunami”, con rito immediato, a carico delle dodici persone arrestate il 10
giugno scorso nell’operazione eseguita dai
carabinieri del comando provinciale di Cosenza e edagli agenti del Commissariato di
Polizia di Castrovillari su ordine della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro; ritenute vicine al clan degli zingari di Cassano
e accusate di progettare l’omicidio del sostituto procuratore antimafia di Catanzaro,
Vincenzo Luberto. Ma la prima cosa che i giudici della sezione penale del tribunale di Castrovillari sarà stabilire se è vero o no che nella conversazione telefonica intercettata sia
stata pronunciata la frase “Ammazziamo a
Luberto” oppure, come avrebbe già verificato una consulenza della difesa, la frase dialettale “ammazzamh’ allu verh” (“ammazziamolo veramente”) ironicamente riferita, di
colui che la pronuncia, a un dipendente che è
sempre assente per in malattia e quando lavora è un mezzo morto. Sarebbe infatti già
stata depositata la perizia difensiva condotta
dall’avvocato Liborio Bellusci (che difende
11 dei 12 arrestati) nella quale verrebbe svelato il fraintendimento linguistico. La periziaaccerterebbe ancheche leparole sonostate pronunciate da un imprenditore 46enne di
Cassano, il quale avrebbe confermato alla difesa di averle dette in una conversazione con
Tommaso Iannicelli mentre si trovava nella
vicinanze di un suo dipendente sottoposto a
intercettazione. Intanto, è comunque giunto
il momento di sciogliere la questione, che da
un lato è costata il carcere agli indagati, ma
dall’altro ha consentito di agire in tempo –
qualora la minaccia risultasse fondata –a tutela della vita al magistrato che dai oltre dieci
anni sta scardinando i sodalizi criminali
dell’intera provincia di Cosenza. Alla sbarra
ci saranno Tommaso Iannicelli, 32 anni (difeso dagli avvocati Liborio Bellusci e Rossana Cribari); Maria Marranghelli Marzella,
39 anni (difesa da Liborio e Mario Bellusci);
Rosa Maria Lucera, 41anni (difesa da Liborio Bellusci e Michele Donadio); Simona Iannicelli, 26 anni; Antonia Maria Iannicelli, 22
anni; Antonio Lucera, 38 anni; Cosimo Lucera, 65 anni; Danilo Ferraro, 22 anni; Haramis De Rosa, 20 anni; Massimiliano Aversa,20 anni; Roberto Pavone, 35 anni, Nicola
Campolongo, 21 anni. Questi ultimi tutti difesi dall’avvocato Liborio Bellusci. Le accuse
sono, a vario titolo: associazione a delinquere
di stampo mafioso a fini si spaccio di droga e
porto e detenzione illegale di armi. Va anche
osservato che la revisione della frase incriminata potrebbe anche non produrre effetti sulle misure cautelari, se a sostegno di esse vi
fosse un apparato accusatorio più ampio, robusto e indipendente dalla minaccia stessa
per Luberto. Si vedrà fra qualche settimana.
Investigatori e magistrati durante la conferenza “Tsunami”
Cassano. Insieme a Galatino si sono confrontati con i ragazzi della Cooperativa Emmanuel
La Misericordia fa visita al vescovo
In attesa dell’ingresso in Diocesi i volontari lo hanno raggiunto a Cerignola
di MIMMO PETRONI
CASSANO - In attesa dell’ingresso
in Diocesi, previsto per il 10 marzo
prossimo, la Confraternita di Misericordia di Cassano All’Ionio,
guidata dal Governatore, Domenico Martino, nei giorni scorsi, ha
fatto visita al nuovo Vescovo della
Diocesi della Città delle Terme,
Monsignor Nunzio Galantino.
L’atteso incontro, si è tenuto
presso la Parrocchia di San Francesco d’Assisi in Cerignola, dove il
neo Vescovo è parroco. I volontari
della Misericordia, nell’occasione
hanno partecipato alla Santa Messa officiata da Monsignor Galantino e, guidati dallo stesso, hanno visitato alcuni laboratori di ceramica realizzati all’interno della Chiesa dai tanti gruppi operanti nella
Parrocchia.
Durante l’intensa giornata, gli
ospiti, hanno avuto modo di apprezzare il lavoro dei volontari della cooperativa sociale “Emmanuel”, nata nel 1989 sotto l’impulso di Monsignor Galantino, impegnata per il recupero e il reinserimento sociale delle persone tossicodipendenti.
Al rientro dalla terra di Puglia, il
Governatore della Confraternita
di Misericordia di Cassano all’Ionio, Domenico Martino, ha espresso viva soddisfazione e la felicitazione per aver incontrato il neo
presule.
“E’stata una bellissima giornata
- ha riferito Martino - Il nostro Vescovo, ha aggiunto, ci ha dedicato
tempo e disponibilità. Da questo
primo contatto, la rappresentanza
cassanese, ha avuto modo di apprezzare soprattutto le doti umane
e la vicinanza del vescovo monsignor Galantino al mondo del volontariato».
Prima di congedarsi con un arrivederci a presto, Monsignor Galantino ha fatto dono all’equipe
della Misericordia, di un libro sulla Parrocchia di San Francesco
d’Assisi di Cerignola e un anfora
contenente olio prodotto dalla
Cooperativa “Emmanuel” , prodotto in alcuni terreni confiscati
alla mafia. Mons. Nunzio Galantino, successore di Mons. Vincenzo
Bertolone, ora Pastore dell’arcidiocesi di Catanzaro-Squillace, sarà il 76° vescovo della storia antica
della diocesi di Cassano.
I volontari della Misericordia con il vescovo Galatino
Cropalati, riapre la Ecopellet: dipendenti al lavoro
di STEFANIA SCHIAVELLI
CROPALATI - Riapre la fabbrica Ecopellet C3A di
Cropalati e gli operai tornano a lavoro dopo circa tre
mesi. Intense le trattative per arrivare alla risoluzione definitiva dei problemi che non permettevano
all’azienda di lavorare. Ricordiamo che dopo le manifestazioni di protesta dei lavoratori che hanno occupato l’ex ss 106 per diversi giorni è partito il dialogo
tecnico tra le parti diretto dal prefetto di Cosenza Raffaele Cannizzaro. Tale dialogo con il tempo ha portato al recupero dell’agibilità per l’azienda, all’autorizzazione di costruire in sanatoria e dopo l’incontro in
provincia della conferenza dei servizi si è riottenuta
anche l’autorizzazionea emetterefuminell’atmosfe-
ra che era uno dei motivi principali che aveva causato
la chiusura dell’azienda. Soddisfatti i sindacati coinvolti nella vertenza e il sindaco di Cropalati Fabrizio
Grillo per i risultati raggiunti. Il responsabile Cgil
area urbana Rossano-Corigliano Vincenzo Casciaro
esprime soddisfazione ma si riserva di esprimere
una opinione definitiva sulla vicenda nei prossimi
giorni. Una vicenda tediosa quella della società Ecopellet che ha tenuto con il fiato sospeso centinaia di lavoratori che ricordiamo dalla disperazione di aver
perso il lavoro avevano occupato per giorni l’ex statale 106 attuale E 90 bloccando il traffico in entrambe i
sensi di marcia con tronchi e striscioni. Oggi in prossimità delle feste natalizie la questione sembra essersi risolta e i lavoratori hanno ripreso il lavoro.
E' vietata la riproduzione, la traduzione, l'adattamento totale o parziale di questo giornale, dei suoi articoli o di parte di essi con qualsiasi mezzo, elettronico, meccanico, per mezzo di fotocopie, microfilms, registrazioni o altro
36 Cosenza
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Operazione Showdown. All’origine dei contrasti il mancato saldo a due cantanti affiliati al clan Sia
Un matrimonio causò la rottura
Luce sulla scomparsa di Giuseppe Todaro, vittima di lupara bianca
di AMALIA FEROLETO
«POI ci fu quel matrimonio».
Il matrimonio a cui allude sibillino il procuratore capo
Antonio Vincenzo Lombardo, è quello tra la figlia di Domenico Todaro, Maria Grazia e Pietro Danieli. Ed è da lì
che si inasprirono di più i
rapporti già tesi tra Domenico Todaro, padre di Giuseppe
Todaro affiliato al clan Gallace e il boss Vittorio Sia, cosca
avversaria, ucciso il 22 aprile 2010. Particolari resi noti
nella conferenza stampa
dell’operazione “Showdown”condotta nei giorni scorsi da carabinieri e guardia di
Finanza, che ha inferto un
duro colpo alla cosca di Soverato Sia-Procopio- LentiniTripodi con diciotto fermi,
due dei quali convalidati,
quattro arresti e tre ai domiciliari e sette rimessi in libertà, mentre due latitanti. In
più è stato co sequestrato un
villaggio turistico a San Sostene di proprietà dei Procopio, beni per oltre 30 milioni
di euro.
Un’operazione antimafia,
frutto di mesi e mesi di investigazioni che ha fatto luce,
tra l’altro, sul caso di lupara
bianca di Giuseppe Todaro,
28 anni sparito da casa il 21
dicembre 2009, e che si inserisce in quella cruenta guerra di mafia che da più di tre
anni sta interessando il territorio del Basso Jonio Soveratese , dell’alta Locride e delle Serre Vibonesi denominata “Faida dei boschi” che conta più di venti omicidi e una
sequela di tentati omicidi.
Tutto scritto, nero su bianco, nella corposa ordinanza
di fermo della Dda. Come dice
Domenico Todaro agli inquirenti, ad agosto 2009 al matrimonio della figlia erano
stati ingaggiati due cantanti
del posto, due fidanzati. I
quali però nel bel mezzo della
festa litigarono e quindi non
cantarono. Per cui il genero
di Todaro, Pietro, invece dei
seicento euro pattuiti gli pagò solo la metà. Ma i due fidanzati sono protetti da Fiorito Procopio, presunto boss
di Davoli e S.Sostene, il quale
stando al racconto di Todaro,
diede incarico a Vittorio Sia
di fare pressioni su di lui affinchè il genero pagasse il resto. Questo non avvenne. E
Sia fece continuò a fare pressioni anche su Giuseppe
chiedendogli di portare il cognato in un posto per parlargli. Ma Giuseppe si rifiutò,
intuendo che il Sia lo volesse
uccidere. In seguito Sia cominciò a insultare il Domenico Todaro, e avrebbe anche
tentato di investirlo con l’auto. Al punto che Todaro chiese spiegazioni al Vittorio Sia
che non ebbe. Quando Giuseppe, però, venne a sapere
dell’accaduto mandò a dire al
boss tramite la figlia, di lasciare stare in pace il padre,
perchè è un uomo ammalato,
e di prendersela con lui se
aveva qualcosa da ridire nei
loro confronti. Da lì iniziò
una lunga sequela di soprusi
che i Todaro avrebbero subito. Fino a dicembre 2009,
quando decisero di uccidere
Sia chiedendo l’aiuto di Pietro Chiefari, che avrebbe fornito le armi (poi ucciso il 16
gennaio 2010), allo zio paterno, Raffaele Todaro e al cognato Ferdinando Rombolà
(ucciso il 23 agosto 2010).
Questo quanto emerge dal
verbale dell’interrogatorio
di Vincenzo Todaro, fratello
di Giuseppe, che poi sarebbe
stato estromesso dal fratello
dal progetto di vendetta.
Vincenzodisse dinonsapere
se effettivamente quel tentativo fu mai messo in atto. Di
certo si sa che il 21 dicembre
2009, dopo che Giuseppe
aveva cenato dallo zio Raffaele con la compagna, Daniela Iozzo che era incinta, alle 23 uscì di casa e non tornò
più
«Della morte di mio figlio dice Domenico Todaro agli
inquirenti - ho appreso dalla
bocca di Pietro Chiefari» il
quale gli dice anche che il figlio era stato ucciso dal Sia
perchè aveva avuto l’ardire
di sparare contro l’abitazione del boss. E fu sempre il
Chiefari a dire a Domenico
Todaro «che mio figlio era
stato prelevato da Procopio
Agostino e Davide Sestito».
Già Agostino Procopio, il calciatore di 33 anni figlio di
Fiorito ucciso il 23 luglio
2010.
L’esistenza di una cosca
operante a Soverato e nei comuni limitrofi era già nota
agli inquirenti sin dalle
2002 e poi sfociata nel 2004
quando ci fu l’operazione Mithos 1 e 2 dei carabinieri di
Soverato coordinati dalla
Dda di Catanzaro con il procuratore Gerardo Dominjianni sull’allora potente
clan Gallace -Novella di
Guardavalle. Ma già dal
2002 i dissapori tra Gallace e
Novella si iniziavano a sentire. Contrasti sfociati poi nella definitiva rottura.
Il procuratore capo Vincenzo Antonio Lombardo
Protesta dei genitori
Bimbi
all’addiaccio
a scuola
di ANTONELLA RUBINO
MOTIVO di cronaca giornalisticain questeultimesettimane, è stata la scuola primaria
di via Carlo Amirante, in cui
gli alunni versano in una grave, assurda e vergognosa situazione. Infatti, ormai da diverso tempo, gli scolari vivono in una quotidiana e incresciosa situazione di disagio
per la mancata attivazione
dell' impianto termico. Ciò ha
indotto una presenza massicciadi genitori,moltopreoccupati e “indignati”poiché ancora nessun provvedimento è
stato preso nell' immediato, a
far pervenire al prefetto di Catanzaro, Antonio Reppucci,
una lettera in cui esprimono e
descrivono la condizione in
cui i propri figli sono costretti
a studiare, trascorrendo otto
ore in similicondizioni microclimatiche severe, inclusi i
bimbi con affezioni respiratorie o patologie congenite.
«Un ambiente così poco confortevole - afferma una rappresentanza di genitori - per
mancanza di riscaldamento
oltre ad arrecare nocumento
alla salute fisica, si ripercuote
inevitabilmente sulle capacità di attenzione e di apprendimento deibambini, soprattutto dei più piccoli. Se finora le
condizioni climatiche esterne, non particolarmente rigide, insieme all' uso di indumenti da esterno in aula, hanno mitigato il disagio, l'arrivo
della stagione invernale non
consente ulteriori dilazioni.
Purtroppo, l' inefficacia delle
nostre azioni, la varietà delle
giustificazioni addotte e le ben
note difficoltà economiche
dell' Ente responsabile, amplificano il nostro allarme e alimentano il nostro timore.
Confidiamo pertanto nella
sensibilità del prefetto, affinchè un suo interessamento
possa portare rapidamente a
una soluzione concreta e duratura». I genitori, dunque,
fanno valere i propri diritti e
tendono a proteggere i loro figli che, sempre più spesso visto le condizioni appena esposte, sono vittime di raffreddamenti e influenze, costringendoli pertanto ad assentarsi dalle lezioni.L'auspicio pertanto è che questo Sos non cada nel vuoto ma attivi chi di dovere e di competenza, a prendere provvedimenti tempestivi, poiché si è aspettato fin
troppo e poiché è impensabile
che dei bambini debbano vivere l'esperienza scolastica al
freddo e al gelo.
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Soverato
Mercoledì 21 dicembre 2011
Il presidente di Confcommercio: «Solo noi parte civile tra i soggetti del patto antiracket»
Il grosso del processo resta al gup
Altre richieste di rito abbreviato nell’ambito dell’inchiesta Hydra
ALLA raffica di richieste di rito
abbreviato avanzate lo scorso lunedì nell'ambito del processo
Hydra, approdato al vaglio del
gup distrettuale Tiziana Macrì,
bisogna aggiungere anche quella di Francesco Pugliese e Agostino Frisenda. Nell'ambito procedimento a carico delle presunte nuove leve del clan Vrenna, come già riferito dal Quotidiano, il
pm Antimafia Pierpaolo Bruni
ha chiesto il rinvio a giudizio per
22 persone, tra le quali l'ex assessore provinciale Gianluca Marino, dimessosi in seguito al clamore suscitato dalla retata del
gennaio scorso e da un avviso di
garanzia a suo carico per voto di
scambio politico-mafioso. Quel-
le accuse costituiscono il fulcro
del panorama di elementi al vaglio di una commissione d'accesso antimafia insediatasi nell'agosto scorso alla Provincia e restano ancora in piedi nella richiesta di rinvio a giudizio. Le richieste del pm nell'ambito dell'udienza preliminare che prosegue col rito ordinario sono previste per il prossimo 22 dicembre,
data per la quale è fissata anche
la discussione dei difensori dell'ex assessore, gli avvocati Francesco Laratta e Aldo Truncè. In
una precedente udienza hanno
chiesto di essere giudicati con il
rito abbreviato gli imputati Pasquale Crugliano (difeso dall'avvocato Aldo Truncè), Carmelo
Iembo, Antonio Vrenna, Giuseppe e Leonardo Passalacqua, Domenico Bevilacqua, Antonio Manetta (difesi dall'avvocato Mario
Nigro), Youness Zari (avvocato
Giovanni Scafò), Francesco Passalacqua (avvocato Giovanni Allevato), Massimo Zurlo, Armando Taschera, Giuliano Napoli,
Giuseppe Mesuraca, Claudio Covelli, Salvatore Ciampà (classe
'80). C'è ancora tempo per eventuali altre richieste di rito abbreviato.
Si sono già costituiti parte civile Comune e Provincia di Crotone
e Confcommercio (e non, come
erroneamente riferito nell'edizione di ieri, la Camera di Commercio), rappresentata dall'av-
vocato Ilda Spadafora:
sono, infatti, numerosi i
capi d'imputazione relativi a danneggiamenti
di esercizi commerciali.
Un'iniziativa, quella di
Confcommercio, accompagnata da spunti pole- Il presidente di Confcommercio Alfio Pugliese
mici in in quanto il presidente di Confcommercio, Alfio collaboratori di giustizia Luigi
Pugliese, in una nota ha rilevato Bonaventura e Vincenzo Marino
che «Purtroppo non tutti i sog- e i familiari di Domenico Bumbagetti aderenti al patto “Io denun- ca, anche lui pentito, i quali subicio” hanno dimostrato la stessa rono intimidazioni.
Il grosso del processo, dunsensibilità verso un argomento
così delicato, nonostante avesse- que, almeno stando al numero di
ro assunto degli impegni, limi- imputati che hanno scelto il rito
tandosi così a prendere solo gli abbreviato, si farà davanti al gup
nel prossimo marzo.
onori connessi al patto».
Costituiti parte civile anche i
a. a.
Indagine conclusa a carico di un’avvocatessa e di una presunta complice Nuova Hera denuncia
Un’altra
discarica
abusiva
Sacerdote sentito in un’inchiesta sulle vessazioni a un legale di eternit
Prete tramite per molestie
di ANTONIO ANASTASI
QUESTA “frequentazione” non
s'ha da fare. E' finita in mezzo a
una storia di vessazioni telefoniche e via sms ai danni di un avvocato, il cui calvario è iniziato
quando ha cominciato ad uscire
con una collega, anche la testimonianza di un parroco, interrogato
come persona informata dalla Digos della Questura nell'ambito di
un'indagine chiusa
due anni e mezzo dopo i fatti contestati.
«Risulta vero che lei
abbia riferito telefonicamente all'avvocato… che esisteva
uno zio di … molto arrabbiato, pronto a
usare le armi?». «Sì,
ho riferito tale circostanza».
L'accusa
originaria era quella
di stalking, ma nell'avviso di conclusione delle indagini le ipotesi
di reato contestate a un'avvocatessa del Foro di Crotone, F. D. M.,
sono quelle di minacce, molestie
telefoniche nei confronti di un altro avvocato, G. V., e calunnia ai
danni di un'altra avvocatessa, F.
B. Per lo stillicidio di vessazioni
subite dal professionista che ha
documentato anche con delle registrazioni le minacce subite in
svariate modalità (telefonate,
sms, fax, appuntamenti al buio,
uno dei quali avvenuto sotto l'occhio discreto della polizia) con
personaggi fantomatici che si sono rivelati, ad avviso del denunciante, complici dell'avvocatessa,
l'indagata è accusata di aver agito
in concorso con S. F., che sarebbe
stata istigata a fare delle telefonate dal contenuto minatorio utilizzando il falso nome di Monica. Secondo la ricostruzione del pm Luisiana Di Vittorio, tra le telefonate
e gli sms indirizzati a G. V. ma anche alla stessa avvocatessa indagata vi erano frasi del genere
“Stai attenta a quel che fai”. Telefonate e sms sarebbero stati fatti
dalla presunta complice previo
pagamento di 100 euro e con la
promessa di ulteriori somme di
denaro. Tra le chiamate di cui l'avvocato vittima delle molestie ha riferito all'autorità c'è anche quella
giunta da una parrocchia.
Ma andiamo con ordine. Tutto è
iniziato nel marzo 2009. L'avvocatessa, prima entrata nel giro di
amici del collega che alla fine l'ha
denunciata, gli avrebbe fatto inviare messaggi e telefonate intimandogli di smetterla di frequentare una ragazza, anche lei avvocato. Al professionista cominciavano allora ad arrivare telefonate,
talvolta da numeri noti, volte a
screditare l'avvocatessa da lui frequentata; ma anche messaggi inquietanti dai quali si capiva che
c'era un pedinamento in corso. I
messaggi erano inequivocabili.
Chi li inviava conosceva i luoghi e
gli orari delle frequentazioni,
persino delle passeggiate in comitiva in occasione della ricorrenza
dei defunti, quando a Crotone si
va per “sepolcri”.
Tra le telefonate più strane
quella di un parroco che si diceva
stufo delle continue richieste da
parte dei familiari dell'indagata
di avvertire l'avvocato che doveva lasciar
perdere la frequentazione, perché qualcuno era pronto anche a
“ricorrere alle armi”.
La conferma è venuta
da don Luca Garbinetto che, interrogato dagli agenti della
Digos, ha ammesso
che due donne, che
gli riferirono di svolgere la professione di avvocato,
andarono nella parrocchia di San
Francesco e insistirono perché
contattasse l'avvocato G. V. poiché la famiglia di F. B. non era
d'accordo che i due si frequentassero. «Preciso - ha aggiunto il parroco - che ho telefonato a tale G. affinché le donne se ne potessero
andare». Mentre un sedicente avvocato, dall'italiano incerto, accusava il professionista di aver rubato fascicoli in Tribunale e un
fantomatico carabiniere voleva a
tutti i costi, e in maniera poco ortodossa, notificargli un atto il cui
destinatario sarebbe stata la sua
amica. Addirittura c'è stato un incontro con un sedicente investi-
«Se non smetti
di frequentare
quella ragazza
useranno le armi»
Il Palazzo di giustizia di Crotone
gatore privato che, dopo essersi
presentato con un falso nome, si
diceva anche lui stufo delle richieste dei familiari della stessa indagata. Anche questo è stato interrogato dalla Digos e ha ammesso
di aver fatto i pedinamenti e acquisito informazioni sulla vita
privata di G. V. per 200 euro. E ancora, la presunta complice, sentita anche lei, si è autoaccusata del
reato di molestie telefoniche.
«Vorrei patteggiare - ha detto agli
inquirenti - So di aver fatto del male a me e ad altri. L'ho fatto in cam-
bio di una somma di denaro di circa 1200 euro, come promesso da
F. D. M. nel gennaio 2009… Ho
smesso di inviare sms e telefonate
su commissione nel giugno
2009».
Il professionista vessato, al
quale peraltro nell'aprile 2009 è
stata piazzata una bottiglia incendiaria davanti allo studio legale,
non si è perso d'animo. Ha sporto
denuncia in Questura più volte,
allegando alle sue querele anche i
cd contenenti le registrazioni delle assurde conversazioni.
IL PRESIDENTE dell’associazione Nuova Hera, Christian Greco,
ha reso noto di aver segnalato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale ed al sindaco di
Crotone la presenza di un’«ennesima discarica abusiva in località
Zigari Ponticelli». Alla nota sono
state allegate foto che documentano la presenza di un sito di circa 500 metri quadrati occupato
principalmente da rifiuti edili
ma anche
da lastre
in eternit.
L’associazione
chiede
agli organi preposti
che
«s’intervenga il
più presto
possibile a La discarica abusiva
risanare
la zona e s’impedisca il continuo
scarico di rifiuti e detriti d’ogni
genere da parte dei soliti incivili». Una precedente segnalazione
di un’altra discarica sempre in
zona, era stata fatta nell’agosto
scorso «ma il problema - è detto
ancira in un comunicato - permane».
L’associazione intende essere
da «esempio» a quei crotonesi
che «restano immobili davanti
alla violenza, all’assassinio,
all’oltraggio ed alla condanna a
morte del proprio territorio dove
ci si sente proprietari soltanto
nel momento in cui si viene coinvolti in prima persona».
La Finanza sequestra 350.000 euro di beni a una coppia per truffa all’Ue
Un’azienda vivaistica fittizia
La struttura
dell’azienda
vivaistica
fantasma
I MILITARIdel Nucleo di polizia
tributaria della Guardia di Finanza hanno eseguito un decreto di sequestro, emesso dal gip
Paolo De Luca, di beni, anche
per equivalente, per un valore di
350.000 euro a carico di una
coppia di coniugi residenti in
città, Massimiliano Maida, di 38
anni, e Concetta Garoglio, di 36,
titolari di due ditte individuali
con attività di coltivazione di se-
mi e colture protette.
Le indagini, coordinate dal
pm Francesco Carluccio, hanno
evidenziato la fittizia documentazione fiscale e contabile, allo
scopo di indurre la Regione Calabria ad erogare un contributo
legato al miglioramento delle
strutture di produzione, trasformazione e vendita dei prodotti agricoli, finanziato dal
Feoga attraverso il programma
operativo 2000 - 2006.
In base alle risultanze investigative si è appurato che alcuni
imprenditori hanno premesso,
attraverso l'emissione di fatture per operazioni inesistenti per
oltre 700.000 euro, un aumento
ingiustificato dei costi da rendicontare alla Regione. In effetti
tali rapporti commerciali, giustificati dai diretti interessati
con la costruzione, tra l'altro, di
alcune serre metalliche, sono
stati smentiti dall'approfondito
esame della documentazione
contabile e bancaria e dal riscontro diretto effettuato dai finanzieri crotonesi.
Inparticolare, èstataaccertata la mancanza delle strutture
“finanziate”e la sola presenza di
uno scheletro esterno senza alcuna copertura laterale e senza
coltura nel terreno.
L'obsolescenza delle scarne
opere presenti, quindi, ha posto
in risalto la difformità di quanto
realizzato dall'impresa beneficiaria con quanto previsto dal
progetto e quanto rendicontato
in sede di collaudo. Si è appurato
che le opere finanziate sono state in buona parte realizzate tra il
1999 ed il 2006, prima ancora
che il progetto fosse presentato,
e quasi del tutto completate mol-
to prima che lo stesso progetto,
seppure presentato, venisse alla fine approvato e finanziato.
Attraverso tutta una serie di
artifizi e raggiri, consistiti in
false dichiarazioni ed attestazioni, corredate da documentazione contabile ideologicamente falsa, l'impresa beneficiaria
ha, secondo l'accusa, ingannato
l'ente erogante prospettando
una falsa rappresentazione della realtà, facendo figurare che le
opere erano state realizzate successivamente alla data del decreto concessorio.
E' stata posta all'attenzione
della Corte dei Conti, inoltre, la
condotta del funzionario regionale incaricato dell'accertamento di esecuzione dei lavori, il
quale aveva attestato piena corrispondenza delle opere realizzate con il progetto finanziato.
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Crotone 37
Mercoledì 21 dicembre 2011
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Mercoledì 21 dicembre 2011
REDAZIONE: corso V. Emanuele III, 58 - Vibo Valentia - Tel. 0963/471595- Fax 472059 -E-mail: [email protected]
Partito Democratico
Tentato omicidio Lo Preiato
De Nisi invoca l’unità
L’ufficiale giudiziario ricorda
Incontro in via Argentaria i momenti della sparatoria
a pagina 22
a pagina 24
Il tribunale di Vibo
L’impossibilità di trasferire in aula Nicolino Franzé fa slittare a gennaio “Una tantum” e “Prometeo”
Mancano i mezzi, processi saltati
A causa della carenza di veicoli e personale della polizia penitenziaria
di GIANLUCA PRESTIA
DUE processi ma stesso imputato. Alla fine né l'uno, né
l'altro si sono celebrati. Motivo? La polizia penitenziaria di Reggio Calabria non
aveva mezzi e personale per
tradurre l'uomo presso il
palazzo di giustizia di Vibo
Valentia.
Due procedimenti penali
ancora nelle fasi iniziali con
accuse pesanti per le persone coinvolte, tentata estorsione e danneggiamento,
che sono stati inevitabilmente rinviati al nuovo anno. E così, dopo un'attesa di
oltre mezz'ora, al
presidente del
tribunale collegiale, Giancarlo
Bianchi, non è rimasto altro che
sospendere entrambi i dibattimenti di “Una
Tantum” e “Prometeo” per la mancata traduzione di Nicolino Franzé,
imputato nel primo unitamente al figlio ed al genero
e, nel secondo, con un'altra
persona, e ristretto presso
la casa circondariale della
Città dello Stretto.
La penuria di uomini e
mezzi a disposizione della
Polizia penitenziaria si riflette, dunque, nuovamente
sull'andamento dei procedimenti penali. Una situazione più volte ed ampiamente
denunciata sia dai sindacati
delle Guardie che operano
negli istituti di pena che dalle forze politiche nonché da
esponenti della magistratura. Come non ricordare, infatti, la segnalazione del di-
rettore del carcere di Vibo,
Antonio Galati, che segnalava carenza di benzina a disposizione dei veicoli della
polizia penitenziaria, evidenziando l'enorme difficoltà a consentire la traduzione dei detenuti presso il
tribunale e viceversa e,
quindi, la celebrazione di
processi?
Quella segnalata lo scorso mese di giugno era l'ultima di una serie di criticità e
disagi che affliggono il personale dei cosiddetti “Baschi blu”. Una situazione diventata ormai insostenibile
e che già in precedenza il
Sappe (Sindacato autonomo di
polizia penitenziaria) aveva segnalato anche se
gli annosi e provati
problemi
non solo sono rimasti tali, ma addirittura sono
aumentati oltremisura. Il
sindacato, tra l'altro aveva
sottolineato come il personale del corpo impiegato nei
nuclei traduzioni e piantonamenti fosse costretto ad
operare con automezzi insufficienti ed obsoleti, svolgendo lunghissimi turni di
servizio, anticipando spesso i soldi por le missioni, per
poi ricevere il rimborso, a
volte, anche a distanza di 12
mesi. E successivamente il
segretario generale Donato
Capece aveva denunciato
che l'amministrazione penitenziaria non aveva più soldi, nemmeno per pagare i
debiti per la benzina.
Tuttavia, nonostante gli
appelli pervenuti da più
BREVI
S. ONOFRIO-ROSARNO
Circolazione
ripristinata sull’A3
L’uomo
detenuto
a Reggio
Uomini della polizia penitenziaria
parti, lo “stato dell’arte” è rimasto sostanzialmente lo
stesso. L'allarme, infatti,
praticamente, non è mai
rientrato. D'altra parte,
quando mancano le risorse,
serve a poco agire sul modello organizzativo, anche
se qualcosa di concreto si
potrebbe fare, attraverso
una diversa sistemazione
dei detenuti.
Da qui, tuttavia, Giovanni
Battista Durante e Damiano
Bellucci, rispettivamente
segretario generale aggiunto e segretario nazionale del sindacato autonomo, lanciavano una proposta nella quale evidenziava-
no che «forse, sarebbe meglio liberare dei posti a Reggio, limitatamente alla fase
del processo, e assegnare in
quell'istituto coloro che devono presenziare alle udienze.
Con riferimento al Vibonese, per quanto invece concerne i mezzi attualmente
l'organico di Polizia Penitenziaria in servizio nell'istituto di località Castelluccio è di 170 unità, delle quali
30 distaccate fuori regione,
31 svolgono servizio presso
il Nucleo traduzioni e piantonamenti, circa 30 unità
svolgono servizio negli uffici, 18 è il personale che si
Fattivo impegno del noto Club service cittadino a favore della “Casa della carità”
Dal Rotary club un concreto gesto di solidarietà
SI è svolto, come di consueto, nella prestigiosa cornice del 501 Hotel, il tradizionale incontro di fine anno dei soci del Rotary club di
Vibo Valentia guidato dal presidente Giuseppe Fuscaldo. La manifestazione si è articolata in due momenti, il primo dei quali, oltre all'intervento di saluto del presidente ai
soci, intervenuti in gran numero, ha visto
l'esibizione di un coro composto da cinque
soci (tre donne e due uomini) che hanno cantato alcune delle più note e suggestive melodie della tradizione natalizia. Gli artisti hanno cantato “a cappella”, il che ha reso la loro
esibizione ancora più coinvolgente, come dimostrato dai frequenti e convinti applausi
dei presenti. E' seguita la parte più squisitamente conviviale della serata, con la cena allietata dalle note del gruppo Musica Viva,
grazie alle splendide voci delle artiste Letizia Prestia e Mina Maris, quest'ultima mezzo soprano di vaglia che ha eseguito, a richiesta, anche alcune note arie liriche.
Anche quest'anno il Rotary ha voluto tener fede al suo motto ufficiale che è “Service
above self” e cioè “servire al di sopra di ogni
interesse personale”, che definisce in sostanza la filosofia del club. Un motto che fa
chiaro riferimento alla solidarietà, ad azioni
concrete a favore degli altri. Su input del
presidente Fuscaldo, pienamente condiviso
dalla dirigenza e dai soci, è stata infatti promossa una raccolta interna di fondi grazie
ai quali sono state donate alla Casa della carità di Vibo Valentia alcune apparecchiature per un laboratorio di musicoterapia, disciplina che usa il suono, la musica e il movimento come strumenti di comunicazione
non-verbale, per intervenire a livello educativo, riabilitativo o terapeutico, in una varietà di condizioni patologiche e parafisiologiche.
«E' stato un concreto gesto di solidarietà a
favore delle persone meno fortunate di noi commenta soddisfatto il presidente Fuscaldo - Un gesto che s'inserisce nella costante
azione di servizio del Rotary vibonese e che
quest'anno ha voluto privilegiare una meritoria struttura di assistenza e riabilitazione
qual è la Casa della carità».
r.v.
L’intervento di Giuseppe Fuscaldo
trova in malattia presso la
Cmo (Ospedale militare di
Messina) ed infine solo 77
unità svolgo servizio presso
i reparti detentivi. Ma di recente l'Istituto, come tutto il
sistema penitenziario, ha
subito notevoli tagli che si
sono ripercossi negli uffici
di segreteria. La situazione
è sostanzialmente identica
nelle proporzioni nelle altre
province calabresi con il risultato che si arriva ad assistere ad episodi come quello
di ieri i due processi in programma sono stati inevitabilmente rinviati ad altra
data, segnatamente al 24
gennaio 2012.
E' STATA ripristinata
la circolazione sull'autostrada A3 SalernoReggio Calabria, tra gli
svincoli di Rosarno (Rc)
e Sant'Onofrio/Vibo Valentia. Il tratto era stato
chiuso nelle prime ore
di questa mattina a causa di una forte grandinata e per la presenza di
ghiaccio sul piano viabile. Permangono rallentamenti in entrambe
le direzioni ma, fa sapere l’Anas, senza particolari disagi. Al momento
il traffico è regolare sugli altri tratti dell’autostrada, ma Anas ricorda che è sempre attivo il
piano neve in collaborazione con Polizia stradale, forze dell’ordine
ed enti territoriali.
CON IL PREFETTO
All’incontro c’era
anche Vecchio
ALL’INCONTRO con il
prefetto per il tradizionale scambio di auguri
era presente, oltre ai
rappresentanti vibonesi di Cgil, Cisl e Uil, anche il segretario provinciale della Cisal, Antonino Vecchio.
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Vibo
Mercoledì 21 dicembre 2011
Al tentato omicidio dell’avvocato Rosario Lo Preiato depone anche un altro teste dell’accusa
«È successo tutto in 5 minuti»
L’ufficiale giudiziario Irene Cortese sulla sparatoria del 22 giugno 2010
di GIANLUCA PRESTIA
“È SUCCESSO tutto in cinque minuti”.
Un lasso temporale breve ma che nel
casospecifico rappresentail passopiù
importante del processo che vede alla
sbarra Giuseppe Donato accusato di
estorsione e concorso in omicidio dell'avvocato Rosario Lo Preiato, avvenuto la mattina del 22 giugno dello scorso anno. E quello appena riportato riguarda un'esclamazione dell'Ufficiale
giudiziario Irene Giovanna Cortese
che ieri mattina ha deposto nell'aula
collegiale in qualità di testimone dell'accusa, rappresentata dal pm Michele Sirgiovanni. Quella mattina in si verificò il tentato omicidio, la donna si
era recata presso il bivio di Sant'Angelo di Gerocarne per incontrarsi con il
professionista del Foro di Vibo.
Doveva notificare ai Donato una
reintegra del terreno di proprietà dell'avvocato che era stato di fatto, secondo l'accusa, estromesso di una parte.
L'ufficiale ha raccontato di essere
«giunta sul posto stabilito cinque minuti prima dell'orario previsto e di essersi incontrata con la parte offesa.
Entrambi eravamo in attesa dell'arrivo dell'arrivo dei carabinieri che avevo
avvisato prima su richiesta dell'avvocato stesso». I due si sono messi a discutere del più e del meno fino a quando il professionista le ha «fatto notare
la presenza di un Fiat Fiorino nelle vicinanze» a bordo del quale vi era l'imputato. «L'ho visto fare per due volte il
giro del bivio e neanche due minuti dopo è sbucata una Golf scura alla cui
guida c'era il fratello Francesco Dona-
Il luogo della sparatoria a Sant’Angelo di Gerocarne
to. Ho notato che aveva la mano fuori
dal finestrino ed impugnava una pistola. Si è avvicinato a noi a circa due
metri e ha iniziato a fare fuoco. Ho avvertito uno due colpi e quindi sono
scappata via da lì rifugiandomi dietro
una casa. Da lì - ha proseguito nel racconto - ho provato a chiamare i carabinieri di Soriano senza ricevere risposta e quindi ho telefonato al 112».
L'inferno di piombo è durato pochissimi minuti al termine dei quali la teste
si è affacciata timidamente per vedere
cosa fosse successo apprendendo che
«l'avvocato era rimasto ferito ed era
stato portato in ospedale. Ho provato a
chiamarlo ma non sono riuscita a mettermi in contatto con lui. Più o meno in
quel momento ho visto passare i carabinieri in direzione del terreno. Forse
pensavano che io e Lo Preiato fossimo
lì». Sulla conoscenza dei Donato (il padre Salvatore e il figlio Francesco sono
già stati giudicati e condannati in abbreviato, il primo però solo per l'estorsione) l'ufficiale giudiziario ha riferito
di averli visti per la prima volta nel
2009 in occasione della prima reintegra del terreno specificando che in sua
presenza «non sono mai state profferite minacce da parte loro». Rispondendo alle domande dei difensori (Domenico Ioppolo e Daniele Esposito in sostituzione del collega Guido Contestabile), in merito alla direzione di provenienza del fiorino e sulla tempistica re-
lativa all'incontro tra i due fratelli Donato, la donna ha reso noto che il veicolo «giungeva sul posto da destra, quindi da Soriano Calabro e dopo averlo visto allontanarsi, ha notato sbucare
l'auto di Francesco. Il tutto è durato
non più di due minuti».
Il secondo a salire sul banco dei testimoni è stato Gaetano Stambé, colui il
quale soccorse la vittima che si è costituita parte civile al processo ed è rappresentata dall'avvocato Marco Talarico, trasportandola in ospedale. Il teste ha riferito che sitrovava nel bar del
figlio quando ha udito i colpi di pistola.
Si è quindi recato sul posto vedendo solo la parte offesa ferita che gridava aiuto; «non c'era nessun altro in giro».
L'ha, quindi «caricata sull'auto trasportandola al nosocomio di Vibo.
L'avvocato era lucido, diceva che l'avevano sparato senza però pronunciare
il nome di chi fosse stato, e dicendo di
essere preoccupato perché sul luogo
c'era un'altra persona rimasta ferita.
Sono stato io a contattare il 112 con il
cellulare e a passare l'avvocato, che durante il tragitto era soggetto a svenimenti (era stato colpito all'addome e al
basso ventre, ndr) , all'operatore».
Terminato anche il controesame il
presidente del tribunale collegiale,
Giancarlo Bianchi (a latere i giudici
Manuela Galloe AlessandroPiscitelli)
ha sospeso il dibattimento rinviando il
processoal 7febbraio,data nellaquale
verranno escussi altri cinque testi dell'accusa, tutti appartenenti alle forze
dell'ordine: Michele Gerace, DomenicoSpadaro, DomenicoRizzo,Domenico Grillo e Barbaro Sciacca.
Importante riconoscimento all’urologo Giuseppe Romano
Uno specialista tutto vibonese
L’intervento dell’urologo vibonese Giuseppe Romano. A lato i presenti all’appuntamento svoltosi nei locali del liceo classico
di FRANCESCO IANNELLO
LA Calabria e la città di Vibo Valentia
protagoniste. La cultura e la ricerca in
primo piano, l'esportazione di “cervelli” fuori Regione, protagonisti in svariati settori che portano in alto il nome
di Vibo. È il caso per esempio dell'Associazione ex allievi del liceo “Michele
Morelli”di Vibo Valentia “Radici per il
futuro”. Da 5 anni il movimento presieduto dall'ex sindaco di Vibo Elio Costa, e del cui comitato direttivo fanno
parte la vicepresidente Rosellina, il
Segretario Vanni Rombolà e il Tesoriere Ninì Scuticchio, consegna un
premio a coloro che, da ex alunni liceali, si siano distinti nel proprio percorso post-scolastico per particolari meriti o per aver dato vita ad una carriera
prestigiosa nel campo della medicina,
del giornalismo, della cultura, dello
spettacolo. Premio che ha nel suo motto un significato particolare e importante: "La nostra storia, il tuo futuro".
L'edizione 2011 ha visto come protagonista e destinatario del premio,
un vibonese doc: Giuseppe Romano,
urologo e ricercatore presso il Centro
di chirurgia ricostruttiva dell'uretra
che ha sede ad Arezzo.Medico tra i più
affermati nel campo dell'urologia e
dell'andrologia in Italia e in Europa,
Romano consegue la maturità nel
Bella iniziativa organizzata
al liceo classico dall’associazione
“Ex alunni del Morelli”
1979; nel1986 silaurea apieni votiall'Università di Napoli. La sua è stata
una rapida ascesa chelo ha portato da
Vibo ad Adria, in Veneto, fino ad arrivare ad Arezzo dove incontra Guido
Barbagli, uno dei massimi esperti del
settore e Direttore del centro di chirurgia ricostruttiva dell'uretra dove
attualmente lavora Romano. È stato
un incontro piacevole nel quale si sono mescolati ricordi del passato e momenti particolarmente emozionanti
come la lettera scritta dalla moglie e
dalla figlia di Romano, che non hanno
potuto essere presentialla premiazione, e letta dalla Nardo. Messaggio speciale dalla famiglia dell'urologo con
tanti auguri di buon compleanno. Sì,
perché gli ideatori dell'incontro hanno avuto la felice eriuscita idea di consegnare il premio a Romano proprio
nel giornodel suo compleanno.A precedere l'intervento dell'urologo sono
arrivatiipuntuali salutideldirigente
scolastico del “Morelli” Raffaele Suppa il quale ha rimarcato l'importanza
di questa iniziativa e ha ricordato la figura dello storico preside Namia. In
seguito un messaggio ai “suoi” studenti: «Siate tenaci, continuate a credere in quello che fate. Non cercate
scorciatoie e sforzatevi di raggiungere i traguardi in maniera autonoma».
Subito dopo, il discorso e la relazione presentata da Romano. Nel suo
breve intervento anch'egli ha esortato
soprattutto gli studenti: «In un momento storico difficile, in cui la caduta
dei valori è in picchiata, lo studio non
deve essere un handicap». E poi un riferimento all'importanza che ancora
oggi ricopre il meridione: «Ahimè,
non tutti se lo ricordano oggi, ma la
cultura è nata qui con la Magna Grecia; dobbiamo essere sempre consapevolidell'importanza diesserecalabre-
si e vibonesi. Una cultura che nessuno
ci potrà mai negare».
Romano ha poi ricordato tre momenti paradigmatici della sua vita.
Uno in particolare, e forse il più importante, gli ha consentito di progredire nella sua ricerca scientifica. Una
caduta in bici a 14 anni che gli ha creato ferite alla bocca, ha permesso all'urologo vibonese di affrontare il tema
dell'uretroplastica tramite una sorta
di autotrapianto. Si preleva dal paziente un pezzo di mucosa orale dalla
guancia e lo si innesta nell'uretra dello stesso per risolvere il problema della stenosi. Una vera e propria invenzione bloccata però dalla farraginosa
burocraziaitaliana ecosì l'equipearetina emigra in Germania e sperimenta questo nuovo metodo a Dresda.
E i frutti di questa ricerca ideata da
Romano saranno il tema di un importante convegno che si svolgerà a Parigi nel febbraio 2012. E inoltre, Romano, a conclusione della sua relazione,
ha voluto sottolineare come la sua
professione abbia risvolti anche di natura umanitaria. L'intensa mattinata
si è poi conclusa con la targa di premiazione consegnata all'urologo vibonese dai componenti del Comitato
Direttivo dell'Associazione “Ex alunni del Morelli”, Ninì Scuticchio e Vanni Rombolà
Michele Zinnà
Gli trovarono
un arsenale
Ottiene
i domiciliari
Michele Zinnà
I CARABINIERI avevano
scoperto un vero e proprio
arsenale all’interno della
sua abitazione di San Calogero. Per questo motivo il
personale dell’Arma aveva
proceduto al suo arresto
traducendolo presso l’istituto penitenziario di Vibo
Valentia. Dove lui, Michele
Zinnà, 64 anni, è rimasto
finoa ieri.Cioèfino aquando il giudice per le indagini
preliminari del tribunale
del capoluogo di provincia,
Gabriella Lupoli, in accoglimento dell’istanza presentata dal suo legale, l’avvocato Francesco Muzzopappa, ha sostituito la misura della detenzione in
carcere con quella dei domiciliari. Istanza presentata nei giorni scorsi e motivata col fatto che fossero
venuti meno i presupposti
del confinamento presso la
cella della casa circondariale. E così, il 64enne ha
potuto lasciare l’istituto
carcerario e fare rientro
presso la sua abitazione in
regime di arresti domiciliari.
L’arresto dell’uomo era
avvenuto l’8 settembre
scorso al termine di una
perquisizione domiciliare
effettuata dai militari della
compagnia di Tropea, che
avevano rinvenuto nella
sua disponibilità numerose armi e munizioni, di cui
alcune legalmentedetenute ma non denunciate pressola localestazionecarabinieri. Il verbale redatto in
seguito parlava di un fucile doppietta marca “flaubert” e di un fucile doppietta marca “R. Gamba”, ritrovati nell'immediatezza
dell'intervento
mentre
successivamente erano
state trovate, inoltre, all'interno delle intercapedini di alcune tettoie di edifici
agricoli sempre a disposizione di Zinnà, una pistola
marca “beretta” calibro 22
matricola m14157; un fucile doppietta a canne mozze marca “investarm” calibro 28 e 8, matricola
392890 di; un fucile doppietta marca calibro 16 con
matricola abrasa; una carabina marca “diana” modello f240, calibro 4.5, senza matricola,una carabina
calibro 4,5; una sciabola;
1255 cartuccedi variocalibro e marca; 1,4 chilogrammi di polvere da sparo; 3,2 chilogrammi di
piombo a pallini e, infine,
un giubetto antiproiettile
marca “parnisari”.
gl. p.
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24 Vibo
dal POLLINO
alloSTRETTO
calabria
ora
MERCOLEDÌ 21 dicembre 2011 PAGINA 7
Un chilo di coca
nel bagagliaio
Arrestato poliziotto
tra africo e bruzzano
Scoperto bunker
a casa di Mollica
Palermita e il cognato sono finiti in carcere
Trovati in auto con la droga e una pistola
Il poliziotto
dal 1997 è
in servizio al
commissariato
di Gioia Tauro
GIOIA TAURO (RC) Avevano avuto una
soffiata: qualcuno a bordo di una Fiat Stilo station wagon di colore bianco stava trasportando
della droga da Taurianova a Gioia Tauro. La
sorpresa, però, una volta bloccata l’automobile, è stata grande. I poliziotti del commissariato della città del porto, infatti, si sono trovati
d’avanti un loro collega, arrestato da lì a qualche minuto con la pesante accusa di detenzione e trasporto di un chilo di cocaina e di una pistola con la matricola punzonata.
E’ la vicenda che ha visto protagonista il sovrintendente di polizia Gabriele Palermita di 47
anni, in servizio al commissariato di Gioia Tauro dal 1997 è finito in carcere nella giornata di
domenica sorpreso mentre da tutore della legge si era trasformato in trafficante di droga dai
suoi colleghi della sezione investigativa. Con lui
viaggiava il cognato, Pasquale Gallo, di 50 anni, proprietario dell’auto. Nella serata di domenica, i poliziotti di Gioia Tauro erano alla ricerca di una macchina dello stesso tipo segnalata
per un trasporto di armi a e droga sulla strada
provinciale che collega i due popolosi centri di
Gioia Tauro e Taurianova.
Un’autovettura Fiat Stilo station wagon di colore bianco, viene individuata e fermata sulla
strada provinciale all’altezza dello stadio comunale di Taurianova da una pattuglia della poli-
zia di Gioia Tauro. Si può solo immaginare la
sorpresa degli operatori quando, una volta bloccata la vettura, si sono resi conto che alla guida
c’era un loro collega, appunto il sovrintendente Palermita che viaggiava con il cognato Gallo.
Superato un primo momento di imbarazzo,
gli agenti hanno proceduto al controllo del mezzo. Durante la perquisizione dell’auto, gli agenti hanno rinvenuto in una busta di carta, un involucro chiuso con del nastro adesivo, all’interno del quale era contenuta un chilo di cocaina
e dentro una tasca del giubbotto di Palermita,
una pistola calibro 6.35 con matricola punzonata. Al termine della perquisizione, i due uomini sono stati accompagnati in commissariato a
Gioia Tauro dove, a seguito dei risultati positivi del narcotest, sono stati dichiarati in arresto.
Dopo le formalità di rito i due arrestati sono
stati condotti alla casa cirondariale di Palmi a disposizione della Procura guidata da Giuseppe
Creazzo. Nella giornata di ieri, i due uomini sono stati sottoposti all’udienza di fermo. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di
Palmi ha confermato l’arresto di Palermita e
Gallo. Resta da accertare la provenienza e la destinazione della droga e dell’arma sequestrate al
poliziotto e al cognato.
FRANCESCO ALTOMONTE
[email protected]
Il bunker trovato nell’abitazione di Aquino
SIDERNO (RC) È stato trovato un
bunker a casa del pregiudicato Mollica.
La scoperta è stata effettuata dai carabinieri di Locri e Bianco, nel territorio compreso tra Africo e Bruzzano, nel corso di
un servizio di controllo. Ora i carabinieri
effettueranno alcuni accertamenti per verificare se il nascondiglio sia stato utilizzato recentemente. Non si tratta tuttavia
del primo nascondiglio rinvenuto dai militari dell’Arma nella Locride. Già la scorsa estate gli uomini della Benemerita sono stati impegnati in attività del genere,
portando alla luce vere e proprie case sotterranee, tane di latitanti appartenenti alla criminalità organizzata. L’ultimo in ordine di tempo circa due mesi fa a Marina
di Gioiosa Jonica, dove i carabinieri hanno scovato un bunker nell’abitazione di
Giuseppe Aquino, uno dei capi dell’omonima cosca della ’ndrangheta al quale sono stati sequestrati i beni nell'ambito di
un’operazione condotta dalla direzione
distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Ilario Balì
CORIGLIANO
Consiglio sciolto, a giugno si decide
Il Tar del Lazio fissa la data subito dopo la sentenza “Santa Tecla”
L’ex sindaco di Corigliano
Pasqualina Straface: il sei giugno
il Tar del Lazio deciderà sullo
scioglimento del consiglio
comunale della città jonica
CORIGLIANO
(CS)
L’attesa è finita. Ci vorrà il
prossimo mese di giugno,
esattamente mercoledì 6,
perché il Tar (tribunale amministrativo regionale) del
Lazio prenda in esame, nel
merito, il ricorso presentato
dall’ex sindaco di Corigliano,
Pasqualina Straface, avverso
il decreto di scioglimento del
consiglio comunale firmato
lo scorso 9 giugno dal Consiglio dei ministri.
Finisce così l’attesa che si
protraeva ormai dallo scorso
mese di agosto, allorquando
l’avvocato Oreste Morcavallo, che difende gli interessi
dell’ex sindaco e degli altri
componenti l’esecutivo nonché l’ex presidente del consiglio comunale, aveva presentato una richiesta che trasformava quella del ricorso presentato nel luglio scorso.
Infatti i legali della Straface avevano chiesto ai magistrati amministrativi romani
di non pronunciarsi più sulla concessione o meno della
sospensiva, bensì di entrare
nel merito della vicenda.
Questa richiesta ha di fatto
dilatato i tempi di fissazione
dell’udienza che, come abbiamo visto, è stata fissata
dieci mesi dopo la richiesta.
Secondo chi da anni si occupa di materia amministrativa, tenuto conto della mole
di lavoro che il Tar del Lazio
è costretto a smaltire, non ci
si deve scandalizzare per la
data fissata, secondo altri, invece, si è verificato quanto si
diceva da qualche tempo,
cioè che i giudici romani
aspettavano di conoscere la
sentenza del processo Santa
Tecla (rito abbreviato) prima
di fissare la data dell’udienza.
Sarà stato un “caso”, comunque la data del 6 giugno 2012
è stata resa nota dal Tar lunedì scorso: davvero una strana
coincidenza. Ricordiamo che
la volontà di presentare il ricorso, riferirono a suo tempo i diretti interessati, nasceva della convinzione che il
provvedimento adottato lo
scorso mese di giugno, dello
scioglimento del consiglio
comunale per infiltrazioni
mafiose, sia ingiusto perché
l’amministrazione Straface
dal luglio 2009 a maggio
2011 ha amministrato nel
pieno rispetto della legge e
privilegiando, sempre e comunque, la trasparenza amministrativa. E dalle 70 pagine che compongono il ricorso, trasudano di questi concetti, attraverso i quali si è
cercato di smontare pezzo
dopo pezzo il castello accusatorio messo su dal prefetto di
Cosenza, Raffaele Cannizzaro, soprattutto alla luce delle
risultanze investigative poste
in essere dalla Commissione
di accesso che, lo ricordiamo,
ha lavorato presso gli uffici
comunali per circa sei mesi.
Di fronte a circostanziate
“accuse” formulate dal prefetto, il ministro degli Interni, Roberto Maroni, altro
non ha potuto fare che chiedere al Consiglio dei ministri
di firmare il decreto di scioglimento che, come si ricorderà, venne deciso il 9 giugno
scorso.
Nel ricorso proposto gli avvocati ritengono che il Tar
dovrà riformare il provvedimento di scioglimento, per
tutta una serie di argomentazioni, tra queste vale la pena di sottolineare forse, uno
degli aspetti, sui quali l’ex
sindaco Straface poggia molte delle fondate speranze per
un ritorno alla guida amministrativa della città: l’anomalia di inserire nella triade
di nomi che avrebbero composto la Commissione d’accesso, due esponenti delle
forze dell’ordine che mesi
prima avevano condotto le
indagini di Santa Tecla.
Giacinto De Pasquale
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MERCOLEDÌ 21 dicembre 2011
D A L
P O L L I N O
calabria
A L L O
S T R E T T O
ora
Interrogato per oltre due ore
Il governatore Scopelliti sentito da Pignatone sul caso Fallara: «Sono sereno»
REGGIO CALABRIA
«Ho chiarito tutto. Sono
sereno e tranquillissimo».
Sono le 16.30 quando il governatore della Calabria, Giuseppe Scopelliti, lascia l’ufficio del procuratore della Repubblica, Giuseppe Pignatone. L’interrogatorio cui è stato sottoposto il presidente
della Giunta dura poco meno
di due ore. Quelle necessarie
per chiarire gli addebiti che
gli sono stati contestati nell’ambito del cosiddetto “caso
Fallara”.
Scopelliti esce dalla porta
dell’ufficio di Pignatone in
compagnia del suo legale di
fiducia, Aldo Labate. Fuori ad
attenderlo la sua scorta e l’addetto stampa. Ha il volto tirato il governatore. Le domande a cui ha risposto lo hanno
riportato indietro nel tempo
di qualche anno, quando era
sindaco di Reggio Calabria. Si
nota, però, che “Peppe” un
po’ di tensione nervosa l’ha
accumulata nelle ultime settimane. Un breve consulto
con i suoi collaboratori e poi
la decisione: il presidente
della Regione farà solo una
dichiarazione. Niente domande da parte dei giornalisti. Così la “sete” di notizie
viene placata da poche e lineari parole di Scopelliti che
gioca, come è giusto che sia,
sulla difensiva: «Ho soltanto
chiarito la mia posizione rispetto alle vicende che mi
vengono contestate dimostrando ed evidenziando, come scritto dagli stessi ispettori, i distinguo tra le competenze in capo ai dirigenti e
quelle in capo alla politica».
Poi la specificazione circa la
sua posizione: «In qualità di
sindaco – ha spiegato Scopelliti – ho dimostrato in maniera chiara la mia estraneità alla vicenda e di conseguenza
mi sembra che sia stata abbastanza lineare. Sono molto sereno e tranquillissimo
anche perché ritengo che il
procuratore insieme ai suoi
sostituti dovranno valutare la
mia posizione che, però, lo ripeto, mi sembra molto lineare e naturale».
Secondo il governatore,
dunque, non ci sarebbe alcun
problema in merito alle accuse che la Procura della Repubblica ha mosso nei suoi
riguardi. L’ex sindaco della
città dello Stretto avrebbe
rappresentato ai magistrati la
differenza esistente tra chi
esercita un ruolo dirigenziale
interrogato
per due ore
In qualità
di sindaco
ho dimostrato
la mia estraneità
alla vicenda. La
mia posizione
è lineare
e chi, invece, è amministratore così escludendo delle responsabilità di ordine penale
per i fatti contestati. Come si
ricorderà, Scopelliti deve rispondere del reato di falso in
atto pubblico. Fu lui stesso a
darne notizia nei mesi scorsi
in una nota in cui annunciava la sua iscrizione nel registro degli indagati. Il presidente della Regione parlò subito di alcune irregolarità
contabili alla base dell’indagine nei suoi riguardi e le parole espresse ieri sembrano
andare nella medesima linea
di quanto già espresso in precedenza. Scopelliti è convinto di aver fornito tutti i chiarimenti del caso ai pubblici
ministeri che lo hanno interrogato. Sarà ora compito della Procura e nello specifico
del capo dell’ufficio Pignatone, del suo aggiunto Ottavio
Sferlazza e dei sostituti Francesco Tripodi e Sara Ombra
capire se le parole pronunciate dal governatore siano sufficienti per escludere la responsabilità penale dell’ex
sindaco di Reggio Calabria, o
se invece le spiegazioni non
hanno comunque permesso
di alleggerire la posizione di
Scopelliti. Un dato è certo:
dopo questo interrogatorio il
cammino verso la chiusura
dell’indagine può sicuramente andare più spedito. Il presidente della Giunta, infatti,
doveva essere sentito già diverse settimane addietro, ma
impegni istituzionali non gli
hanno consentito di rispondere alle domande dei magistrati. Adesso, invece, si potrà
giungere ad un primo passo
definitivo di una vicenda partita ormai oltre un anno fa e
che ha visto sotto indagine lo
stesso Scopelliti con l’accusa
di abuso d’ufficio. Anche in
quel caso il governatore dovette presentarsi in Procura
per chiarire la sua posizione
ed anche in quella circostan-
za si disse molto sereno per
non aver avuto alcun ruolo in
tutta la vicenda. Non rimane
ora che attendere le risultanze dell’inchiesta con la chiusura delle indagini preliminari, per comprendere se le
contestazioni fatte a Scopelliti verranno confermate e si
viaggerà verso un possibile
processo o piuttosto una definitiva archiviazione.
INDAGINI
IN CORSO
Sopra, il
presidente
della
Regione
Giuseppe
Scopelliti
A destra, il
procuratore
Giuseppe
Pignatone
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
la vicenda
Un suicidio e tanti perché
E Palazzo San Giorgio trema
La dirigente
del Comune
di Reggio
Orsola
Fallara
Si tolse la
vita il 16
dicembre
dello scorso
anno
ingerendo
acido
muriatico
REGGIO CALABRIA Era il novembre
2010, quando Demetrio Naccari Carlizzi, ex assessore regionale al Bilancio nonché sindaco
facente funzioni del “dopo Falcomatà” e il consigliere comunale del Pd, Sebi Romeo convocarono una conferenza stampa per fare un annuncio choc: al Comune di Reggio Calabria ci
sarebbero state delle autoliquidazioni illecite
effettuate dalla dirigente del settore finanze e
tributi dell’ente, Orsola Fallara. Sarebbe stata
lei, secondo la denuncia dei due esponenti democrat, la protagonista di una serie di condotte sfociate nel “penalmente rilevante”. Romeo
e Naccari dicono apertamente che la Fallara si
sarebbe autoliquidata somme non dovute qua- un’altra sull’esposto presentato da Naccari e
le consulente esterno dell’amministrazione co- Romeo. Insomma, dal sesto piano del Cedir
munale, lei che era dirigente all’interno di pa- giunge un segnale importante: i giudici inizialazzo San Giorgio. Ne nasce una polemica in- no ad occuparsi di quello che di lì a poco passefuocata che porta alla convocazione di diverse rà da “caso Fallara” a “caso Reggio”. I guai pegconferenze stampa. L’ultima è quella che la stes- giori per palazzo San Giorgio, infatti, devono
sa Fallara effettua il 16 dicembre, poco prima di ancora arrivare. A certificare una situazione
togliersi la vita. È un momento nel quale la don- gravissima sono gli ispettori del ministero delna chiede scusa per quello che è accaduto. E lo l’economia che stabiliscono l’esistenza di un disavanzo di bilancio per una
fa riferendosi al presidente
Scopelliti in particolare. Poco
La donna si tolse somma di circa 170 milioni di
La loro relazione provoca
dopo quell’accorata conferenla vita ingerendo euro.
uno sconquasso incredibile. A
za, in cui non erano mancati
acido. Sul caso questa si aggiunge quella degli
dei riferimenti che lasciavano
stessi ispettori in qualità di
trasparire qualcosa di non detfurono aperte
consulenti della Procura. Per
to, l’auto della Fallara viene
diverse inchieste loro il buco di bilancio (con
forzata e da lì vengono asportaconseguenti responsabilità peti alcuni documenti che la donna custodiva all’interno. Qualche ora dopo, Or- nali) è compreso tra 72 e 85 milioni di euro. È
sola prende la vettura e si reca al porto. Sono le un altro punto esclamativo sulla vicenda. In23.58 quando la donna chiama la centrale ope- tanto l’ex sindaco di Reggio Calabria, e oggi gorativa dei carabinieri e invoca aiuto. Spiega di vernatore, Giuseppe Scopelliti, prima finisce inaver ingerito dell’acido muriatico perché inten- dagato per abuso d’ufficio nella medesima inzionata a suicidarsi. I soccorsi sono tempestivi, dagine e poi viene accusato anche di falso in atma la donna muore dopo due giorni di agonia to pubblico. Insieme a lui sono iscritti nel regiall’interno del reparto “Rianimazione” degli stro degli indagati anche i revisori contabili del
ospedali “Riuniti” di Reggio Calabria. La sua Comune di Reggio Calabria. Ieri il secondo inmorte lascia molti nello sconforto. Il mondo terrogatorio del governatore, in attesa che vendella politica s’interroga su quanto avviene nel- ga scritto un nuovo importante capitolo di quela città dello Stretto, mentre la magistratura sta storia che promette ancora degli inattesi colapre diverse inchieste: una sul suicidio della pi di scena.
cons. min.
donna, una sullo strano furto nella sua auto ed
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MERCOLEDÌ 21 dicembre 2011
D A L
REGGIO CALABRIA
Sei anni e otto mesi di reclusione. Questa la richiesta del
sostituto procuratore Federico Perrone Capano nei confronti del sottosegretario alle
riforme della Regione Calabria, Alberto Sarra (nella foto). Per lui l’accusa è di bancarotta fraudolenta pluriaggravata. La formulazione della richiesta è arrivata ieri al termine di una lunga requisitoria
nel corso della quale il pubblico ministero ha ricostruito tutti i passaggi fondamentali dell’inchiesta che ha visto protagonista Alberto Sarra. Oltre a
lui risulta imputata anche Antonia Maria Rosa Marrari per
il medesimo reato. Per lei, invece, il pm ha invocato una
condanna a tre anni di reclusione.
In verità già nel pomeriggio
di ieri era attesa la decisione
del giudice per l’udienza preliminare Andrea Esposito, il
quale però ha ritenuto necessario disporre una perizia per
verificare l’autenticità di alcuni documenti prodotti dai legali difensivi di Sarra. A giudizio del sostituto procuratore
Perrone Capano, infatti, tali
atti non sarebbero veritieri.
Ma i legali, in una nota, precisano di aver «sostenuto l’assoluta insussistenza delle accu-
P O L L I N O
calabria
A L L O
S T R E T T O
Il pm chiede 6 anni e 8 mesi
per il sottosegretario Sarra
È accusato di bancarotta fraudolenta pluriaggravata
SOTTO ACCUSA
Il sottosegretario alle Riforme
Alberto Sarra. È imputato
per il fallimento della
“Farmacia centrale”di Reggio
processo rinviato
al 10 gennaio
Il gup ha disposto
la perizia
per verificare
l’autenticità
dei documenti
della difesa
se mosse, smontando in fatto
e diritto quanto sostenuto dall’accusa, fornendo, nel corso di
tutto il procedimento, prove
dell’avvenuto pagamento dei
debiti della farmacia da parte
del sottosegretario Sarra, ancor prima della dichiarazione
di fallimento». Allo scopo di
dirimere la questione, dunque,
al gup non è rimasto altro che
nominare un perito che possa
accertare se la documentazione presentata sia reale. Il processo, dopo tale decisione, è
stato rinviato al 10 gennaio
prossimo quando verrà formalmente conferito l’incarico
peritale ed inizieranno le operazioni che porteranno poi alla stesura della relazione.
Si allungano, dunque, i tempi processuali relativi ad una
storia che trova le proprie radici nel fallimento della storica “Farmacia centrale” con sede sul corso Garibaldi di Reg-
gio Calabria. Secondo quanto
appurato dalle indagini condotte dalla Procura della Repubblica di Reggio Calabria,
con il coordinamento tra l’altro del procuratore aggiunto
Nicola Gratteri, Sarra, la Marrari e Francesco Serrao (che ha
già patteggiato la pena) avreb-
ora
bero posto in essere delle condotte tese alla distrazione di
parte del patrimonio della
“Farmacia centrale”, i cui libri
contabili furono portati in tribunale nel lontano 2006 e che
vedeva tra i soci proprio l’attuale sottosegretario alle Riforme della Regione Calabria.
I tre, in buona sostanza, avrebbero occultato dai conti della
Farmacia una somma pari a
circa un milione e mezzo di euro. Questi soldi sarebbero arrivati da un finanziamento dato
da Federfarma. È a questo
punto che il denaro avrebbe
preso una direzione diversa da
quella originariamente prevista con il trasferimento della
somma sul conto della Sarfarm, società di cui Alberto
Sarra era socio unico ed amministrazione. Sempre secondo l’impianto accusatorio poi
gli imputati avrebbero anche
provveduto alla distruzione
dei libri e delle scritture contabili della società, così da non
permettere una precisa ricostruzione del patrimonio societario. Una storia che ha dei
risvolti molto tecnici, dunque,
e che ora vedrà l’entrata in scena di un perito che dovrà fare
chiarezza sulla documentazioni che la difesa di Alberto Sarra ha inteso depositare nel corso dell’udienza di ieri.
cons. min.
caso reggio
REGGIO CALABRIA Un’assemblea aperta, ispirata dall’associazione Prepare for change (P4C) che solo nei colori, dicono dai vertici,
potrebbe richiamare alla mente il Partito democratico, per reagire alla crisi nera che sta attanagliando il Comune e l’economia cittadina.
«Un appello alla responsabilità di tutti – per
dirla con Demetrio Naccari, ispiratore di P4C –
per creare una coalizione civile, fuori dagli ambiti partitici». Una sorta di commissariamento
messo in atto dalla cittadinanza chiamata a dare il proprio contributo per indicare le priorità
nello stato di crisi in cui si trova la città. Introdotto dal giornalista Gianluca Ursini, Naccari ci
mette poco ad entrare nel cuore del problema,
passando in rassegna gli ultimi capitoli della saga Bilancio comunale. Ma, contrariamente alle precedenti occasioni, l’ex assessore regionale al Bilancio, abbandonando quella relativa
precauzione che lo ha accompagnato nelle ultime denunce in tema di conti comunali, spara
una cifra. Esorbitante. «In questa città – dice –
è sottovalutato il significato del Bilancio, che
rappresenta la nostra vita quotidiana. E se oggi noi sommiamo le varie cifre dei debiti contratti, accertate da terzi, insieme al debito Sorical che ammonta a 102 mlioni di euro, e agli interessi moratori all’8%, allora si arriva ad una
cifra parente di 700 milioni di euro». Una somma che per Naccari sarà pagata dalla città almeno per i prossimi dieci anni.«Non avrei mai immaginato – sostiene – ciò che è successo negli
ultimi 10 anni in questa città, dove in una sorta di finzione generale sono andate in tilt tutte
le regole. Un periodo, durante il quale le risorse sono state impegnate in modo da condizionare il ciclo politico di questa città».
Naccari parla quindi di imprese non pagate,
di buste paga dei dipendenti non corrette, di
aumento della spesa corrente, dai 100 milioni
del 2001 ai 180 del 2011, di un debito pro capite che risulta essere il più alto d’Italia, di aumento della pressione tributaria e di piani di
rientro difficilmente attuabili. Ma anche di «gestione tragica» delle società miste. Si sofferma
poi sulla vendita del patrimonio edilizio, sostenendo: «Lo sanno tutti che non si può fare questa cosa per fare cassa. A Catania gli amministratori sono stati condannati proprio per questo». Per Naccari, la verità è che il Comune non
potrà contare sulle entrate messe in Bilancio.
Naccari: «Questa città ha debiti
per settecento milioni di euro»
In questa città è sottovalutato il
significato del Bilancio, che
rappresenta la nostra vita
quotidiana. E se oggi noi
sommiamo le varie cifre dei debiti
contratti, insieme al debito Sorical
e agli interessi moratori all’8%,
allora si arriva ad una cifra
parente di 700 milioni di euro
Non avrei mai immaginato ciò che
è successo negli ultimi 10 anni in
questa città, dove in una sorta di
finzione generale sono andate in
tilt tutte le regole. Un periodo,
durante il quale le risorse sono
state impegnate in modo da
condizionare il ciclo politico di
questa città
«Abbiamo avuto in questi anni un sindaco che
distratto da vari coordinamenti politici, dice di
non essersi accorto di quello che stava succedendo. Ma ora che abbiamo un dottore commercialista ci aspettiamo di più». Da qui l’indice puntato verso «un’operazione verità che non
è mai arrivata». Da qui, per Naccari, la necessità di una svolta che parta dal basso, da quegli
esempi di cittadinanza attiva sorti negli ultimi
tempi che «dimostrano che c’è in città la voglia
di non farsi trattare più soltanto da sudditi».
A dare manforte all’idea, anche Consolato
Campolo, della Ragioneria dello Stato, che in
primis condanna «il tentativo di far apparire in
contraddizione la relazione degli ispettori del
Ministero con quella dei periti della Procura»,
anche perché «nelle 67 pagine di omissis – sostiene – mi aspetto numeri e cifre snocciolate
dalla Procura». Il suo intervento è incentrato
sulla violazione del Patto di stabilità nel
2007/2008/2009/2010 e sulle conseguenze
critiche per la città in termini di risorse e non solo. Secondo Campolo che cita il decreto del ministro Cancellieri che prevede sanzioni anche
per chi ha previsto il non rispetto del Patto di
stabilità, l’addizionale comunale salirà allo
0,8%; sindaco assessori e consiglieri dovranno
restituire il 30% dei compensi, così come tornerebbe allo Stato il 5% dei trasferimenti ottenuti in questi anni. All’incontro hanno portato il loro contributo anche il consigliere comunale piddino Giuseppe Falcomatà, che ha raccontato in
chiave tragica i sei mesi della sindacatura Arena, conditi dalla vicenda Morisani e dallo scivolone di Tuccio, e l’ex consigliere Sebi Romeo
che ha parlato del «fallimento sociale, economico e politico amministrativo» degli ultimi anni.
CLAUDIO LABATE
[email protected]
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inchiesta “infinito”
REGGIO CALABRIA Il giudice Vincenzo Giglio deve restare in
cella. Lo ha deciso il Tribunale del
Riesame di Milano che ha rigettato l’istanza di revoca dell’ordinanza di custodia cautelare in carcere
emessa nei confronti del magistrato tratto in arresto nell’ambito dell’operazione “Infinito”. Giglio, difeso dall’avvocato Francesco Albanese, aveva presentato una memoria scritta nella quale aveva espresso la propria tesi difensiva, spiegando a chiare lettere quelli che
erano, a suo avviso, i rapporti con
i Lampada e con il consigliere regionale Franco Morelli, anch’egli
tratto in arresto nella medesima
operazione. Il tribunale del Riesame, però, non ha ritenuto di acco-
Resta in carcere il giudice Giglio
Milano, il tribunale del riesame ha rigettato l’istanza dei legali difensori
gliere l’istanza presentata da Giglio
che, dunque, dovrà rimanere in
carcere in attesa che vi siano gli ulteriori passi giudiziari.
Come si ricorderà il presidente
della sezione misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria, nonché presidente di Corte
d’Assise, è accusato di corruzione,
rivelazione di segreti d’ufficio e favoreggiamento personale aggravato dalla finalità di favorire l’associazione mafiosa. Secondo la Dda
di Milano guidata da Ilda Boccassini, il giudice sarebbe stato corrot-
to al fine di favorire la carriera lavorativa della moglie, Alessandra Sarlo, diventata commissario straordinario dell’Asp di Vibo Valentia,
struttura poi inquisita per infiltrazioni mafiose. In base alle risultanze investigative poi, il magistrato in
servizio a Reggio Calabria avrebbe
anche fornito delle notizie riservate ai Lampada e Morelli riguardanti l’eventualità di inchieste a loro
carico all’interno della procura di
Reggio Calabria. Questo sarebbe
stato il prezzo da pagare per il “favore” ricevuto e concernente la mo-
glie.
La decisione del Riesame, dunque, pone un primo punto fermo
in un’indagine che ha destato enorme scalpore in tutta la città proprio
perché il giudice Giglio era molto
noto come persona assai schiva e
rigorosa, nonché da sempre impegnata nel sostenere delle battaglie
antimafia. L’indagine, è bene ricordarlo, è una costola di “Meta”, coordinata dal pm reggino Giuseppe
Lombardo.
CONSOLATO MINNITI
[email protected]
Vincenzo Giglio
«La Laganà mi ha raggirata»
Tentata truffa all’Asl di Locri, la deposizione in aula del medico Micheletti
SIDERNO (RC)
Il manager Asl Maria Grazia Laganà, nell’agosto 2005, «caldeggiava» un ordine d’acquisto in nome e
per conto dell’Azienda sanitaria di
Locri, ma la merce, una montagna
di merce, non venne ritirata per il
categorico “no” della responsabile
del Pronto soccorso. Ora, sei anni
dopo, quell’ordine assegna alla parlamentare del Pd l’insolita veste di
imputato in un’inchiesta aperta
dalla Procura per far luce su una
tentata truffa alle pubbliche casse:
quando era vicedirettore sanitario,
sostiene il pubblico ministero Giuseppe Adornato, ordina forniture
ospedaliere - 132mila euro di prodotti Medinex - ricorrendo alla
trattativa privata, che il legislatore
vieta se il tetto di spesa supera la
soglia dei 20mila. Di più: per giustificare la procedura adottata, «attesta il falso», descrivendo i beni
richiesti «come unici e infungibili». Accuse tutte da dimostrare davanti ai giudici, in un processo che
vede coinvolti il numero uno della
Medinex, il detenuto Pasquale
L’ospedale di Locri
Rappoccio, imprenditore arrestato
per mafia, e altri tre imputati. Nel
2005, all’epoca dei fatti, prestavano servizio all’ospedale di Locri: il
direttore amministrativo Asl Maurizio Marchese, il funzionario Nunzio Papa e il medico Albina Micheletti.
Quast’ultima, ieri, è stata chiamata a deporre al banco dei testimoni. È lei il grande accusatore, la
pistola fumante della Procura.
Quando era la responsabile del
Pronto soccorso, respinge un gigantesco carico di prodotti ospedalieri (mascherine, borse del ghiac-
cio e camici) giunto nel magazzino
e denuncia l’accaduto. Su quell’ordine d’acquisto, però, c’è la sua firma. «L’ordine – spiega oggi - venne predisposto e compilato dalla
dottoressa Laganà, allora vicedirettore sanitario. Io firmai il foglio
senza leggerne il contenuto. Mi fidavo di lei, ma sono stata vittima di
un raggiro», dice in aula la superteste. «Inoltre – racconta – noi non
avevamo mai utilizzato camici usa
e getta. Eravamo soliti lavarli e riutilizzarli. Le mascherine, poi, le ritiravamo in farmacia. Non sapevamo neppure cosa fosse la Medinex».
L’imputata ha riempito verbali,
rivelando ogni retroscena agli inquirenti. Tutto inizia nel luglio
2005. «Il vicedirettore sanitario,
Maria Grazia Lagana – ricorda in
aula il medico Micheletti – mi chiama nel suo ufficio». Nella stanza c’è
anche il marito, il politico Francesco Fortugno. «I due – rivela la
donna - caldeggiavano l’acquisto di
prodotti. Mi dissero che erano utili per far fronte al pericolo aviaria».
Il dialogo morì lì. Cinque giorni do-
po, però, il responsabile del Pronto soccorso di Locri è nuovamente
con il vicedirettore sanitario. «Mi
chiamò lei. Appena misi piede dentro la Direzione sanitaria – rammenta il testimone - la dottoressa
Laganà mi chiese di firmare un ordine d’acquisto. Pensavo fosse un
ordine di poco conto, credevo che
in fondo la merce sarebbe servita,
dunque firmai sulla fiducia». Poi,
a settembre, il netto rifiuto. Dice
Micheletti: «Quando vidi arrivare
in magazzino quella montagna di
merce, ero come terrorizzata. Pensai che ero stata vittima di un raggiro. Chiesi al magazziniere di non
ritirare la merce». Scrisse al Commissario straordinario, Benito
Spanti. Raccontò l’accaduto ai manager dell’Azienda sanitaria. «Alla
fine – rivela – Fortugno chiese a un
uomo della Medinex di portare via
il carico». Quell’uomo della Medinex giunto all’ospedale di Locri, per
la pubblica accusa, era Pasquale
Rappoccio, l’imprenditore prestanome dei clan.
ILARIO FILIPPONE
[email protected]
Beni culturali, Principe: l’uomo
è più distruttivo di un sisma
LAMEZIA T. (CZ) «La catastrofe che do- giate tornarono a smuovere la terra, questa volveva causare tanti profondi mutamenti nell’or- ta in maniera meno devastante, nel 1857, con
ganizzazione territoriale della Calabria Ulterio- epicentro in Basilicata. Fino a che ai primi del
re (centro meridionale, ndr) ebbe inizio alle ’900 (1905 e 1908) altre due terribili scosse non
12.45 del 5 febbraio 1783 quando, non prece- entrarono a far parte della storia sismica della
duta da alcuna commozione preparatoria, una nostra regione. Una storia in cui, come scrive
violentissima scossa di terremoto colpì disa- lo stesso Principe, «terremoti e alluvioni sono
strosamente la regione tirrenica sottostante le di casa, e non infrequenti sono stati i disastri
Serre meridionali». Inizia così
gravi e gravissimi che hanno
il capitolo Cataclisma e società
Il prof. di Storia costretto i suoi abitanti a mucalabrese alla fine del Settecendi sito le proprie residenze,
dell’architettura: tar
to, nel libro “Città nuove in Caad abbandonare i vecchi paesi
labria nel tardo Settecento”
«Serra S. Bruno e a costruirne di completa(Cangemi Editore) del profesmente nuovi».
cadde sotto i
sore Ilario Principe, docente di
L’assetto urbanistico e terricannoni
francesi»
Storia dell’architettura e di
toriale della Calabria ha subito,
Storia dell’urbanistica nelle fainfatti, continue trasformaziocoltà di Lettere e Ingegneria dell’Università del- ni a causa della familiarità del nostro sottosuola Calabria. Era il 1783 e a crollare furono so- lo con gli eventi sismici. Paesi distrutti e ricoprattutto Reggio e Messina ma ancora prima la struiti, paesi abbandonati dopo il sisma, rimaregione era stata scossa dal sisma del 1693 av- sti come ibernati all’attimo prima che la terra
vertito dalla Calabria fino a Malta. Le numero- tremasse. Reggio Calabria venne ricostruita sul
se faglie sulle quali Calabria e Sicilia sono ada- posto ma con un assetto urbanistico nuovo,
A sinistra, la certosa di Serra S. Bruno e, a destra, il volume scritto da Ilario Principe
perdendo l’originaria pianta medievale. Castelmonardo venne ricostruito accanto alla sede
originaria e prese poi il nome di Filadelfia. La
stessa Mileto venne abbandonata e ricostruita
in un altro sito.
La geografia urbanistica calabrese racconta
da sé la ciclicità di questi eventi per la regione.
Chiediamo al professore Principe se la perdita
del nostro patrimonio storico architettonico sia
da imputare a queste piaghe sismiche. «Mah,
in parte forse. Io ritengo però che più che al
terremoto sia da attribuire al vandalismo del
potere che non esercita un’adeguata sorveglianza al suo patrimonio culturale. Se le strutture sono fatte bene, con la natura si può anche
dialogare ma quando costruisci con la sabbia...».
Anche in passato è stato così? «In passato le
strutture erano forti. Si pensi al tempio di Capo Colonna che nel ’500 venne fatto “smontare” dal Vescovo per fare il palazzo vescovile.
Oppure alla certosa di Serra S. Bruno: non fu
tanto il terremoto a buttar giù le vecchie architetture ma le cannonate dei cadetti francesi che
volevano il ferro delle sue mura. L’elemento
umano è il più distruttivo». «Quello che serve
oggi sono buone strutture e una buona educazione ai terremoti, soprattutto nelle scuole».
ALESSIA TRUZZOLILLO
[email protected]
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sanità
ROMA Da un lato la presenza,
in Italia, di un numero di punti nascita a volte eccessivo rispetto alla
popolazione interessata, con quantità di parti effettuati molto marginale e, per questo, spesso non dotati dei necessari standard di professionalità e supporto tecnologico.
Dall’altro, una forte disomogeneità
tra i diversi territori in riferimento
ad alcuni dei più indicativi parametri, come la percentuale di cesarei,
disomogeneità riscontrabile anche
rispetto al crescere significativo, negli ultimi anni, dei casi di, presunta
Punti nascita, bacchettate alla Calabria
Oggi la relazione della commissione Orlando: «Nessuna risposta dalla Regione»
o meno, malasanità verificatisi nei
punti nascita portati all’attenzione
della magistratura.
Sono gli aspetti che emergono
con maggiore chiarezza dalla relazione conclusiva approvata dalla
commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori in campo sanitario e le cause dei disavanzi sanitari
regionali, presieduta da Leoluca Or-
lando. La relazione, che sarà presentata oggi alla Camera, non offre
un quadro confortante per la Calabria, visto che – denuncia la bicamerale, che critica aspramente le
istituzioni regionali competenti –
per la Calabria (come per la Sardegna e l’Umbria) - «si registra purtroppo la grave mancata risposta
nonostante le sollecitazioni». Gli
unici dati relativi alla Calabria sono
quelli che la commissione d’inchiesta Orlando ha potuto elaborare attraverso le informative inviate dalle procure. Nel complesso – si legge nella relazione - «sono 901 procedimenti per lesioni colpose in atto a carico di sanitari, 736 procedimenti per omicidio colposo a carico
di personale sanitario in corso. Per
quanto riguarda episodi riferibili alla gravidanza e al parto, tanto i procedimenti per lesioni colpose (85)
che quelli per omicidio colposo (75),
sono pochi in termini assoluti, più
rilevanti in termini percentuali: circa l’1,68% i primi e l’11,18% i secondi, con prevalenza in Campania e
Calabria». Infine, secondo la commissione Orlando è «evidente la
disomogeneità della percentuale
di indagini per omicidio colposo
nei confronti di medici, che va
dall’1.31% di Bari al 36.11% di Reggio Calabria». (a. c.)
«Caro Monti, blocca il Ponte...»
Gli ambientalisti presentano un dossier in Senato e scrivono al presidente
COSENZA Duecentoquarantacinque pagine per chiedere al governo di rinunciare
una volta per tutte all’idea del
ponte sullo Stretto. È articolato il dossier elaborato da un
gruppo di lavoro di 30 esperti
e docenti universitari delle varie materie presentato ieri al
Senato dalle associazioni ambientaliste (Fai, Italia Nostra,
Legambiente, Wwf, Associazione mediterranea per la natura) con il quale si chiede al
nuovo esecutivo tecnico di
«evitare il “punto di non ritorno” dell’avvio dei cantieri» che
obbligherebbe lo Stato a versare altri 56 milioni di euro per il
progetto esecutivo e a pagare
penali fino a 425 milioni di euro nel caso dell’avvio anche di
un solo cantiere per l’opera
principale o delle opere connesse. Anche perché, continuano gli ambientalisti, il progetto definitivo redatto dalla
Stretto di Messina spa (concessionaria interamente pubblica)
e da Eurolink (General contractor) è costato 66 milioni di
euro di fondi pubblici per elaborati che «risultano estremamente carenti sia dal punto di
vista tecnico, naturalistio e
paesaggistico che dell’impatto
ambientale ed idrogeologico».
Quindi, concludono gli ambietalisti, questo progetto «non
può essere ritenuto definitivo».
Le stesse associazioni nei
giorni scorsi hanno scritto anche una lettera al presidente
Mario Monti, nella sua veste di
coordinatore del Cipe, affinché
consideri «il progetto definitivo del Ponte, a proprio insindacabile giudizio, non meritevole di approvazione, senza
che il contraente generale possa avanzare richieste per il riconoscimento di maggiori compensi» e che «la Stretto di Messina spa receda dal contratto
pagando solo le spese sino a
quel momento sostenute dal
General Contractor». Ma c’è di
più. Le associazioni si appellano al presidente del Consiglio
perché, come documentato
nelle osservazioni, negli elaborati prodotti da Sdm SpA ed
Eurolink, il progetto manca di
un quadro di dettaglio di opere connesse essenziali (quali la
stazione di Messina, raccordi
ferroviari lato-Calabria), non
viene presentato il Piano Economico Finanziario, non viene
prodotta un’analisi costi-benefici che giustifichi l’utilità dell’intervento, non è svolta una
corretta Valutazione di impatto ambientale e non viene presentata la Valutazione di incidenza richiesta dalla Comunità Europea alla luce delle modifiche compiute, oltre che nelle opere connesse, sulla stessa
struttura del ponte tra il progetto preliminare e quello definitivo, non si prendono in considerazione correttamente i
vincoli paesaggistici e quelli
idrogeologici. In conclusione
un progetto così carente, a giudizio delle associazioni, non
può essere considerato definitivo e deve pertanto essere considerato irricevibile.
Gli ambientalisti hanno anche ricordato al governo che
l’opera è stata cancellata lo
scorso ottobre dal core network dei dieci corridoi delle
Reti transeuropee (Ten-T) di
trasporto su cui punta l’Unione
la protesta
I sindacati degli edicolanti:
«No alla liberalizzazione»
Liberalizzazione della rete di vendita dei giornali: una
minaccia all’accesso all’informazione. La pensano così le
organizzazioni di categoria che preannunciano una serie
di iniziative di protesta. Tra le prime, la chiusura totale
delle edicole tra il 27 e il 29 dicembre. Le motivazioni sono spiegate in un comunicato congiunto di Sinagi (affiliato Slc-Cgil), Uiltucs giornalai, Snag Confcommercio, Fenagi Confesercenti e Usiagi Ugl. A preoccupare le organizzazioni di categoria è il provvedimento in via di approvazione che liberalizzerà la rete di vendita dei giornali, «nonostante le motivate e reiterate richieste di esclusione
Annunciate
portate all’attenzione del
iniziative come
governo e di tutti i gruppi
parlamentari». Nel comula chiusura
nicato si legge: «Con la libetotale tra il 27 e
ralizzazione del settore, che
il 29 dicembre
è già in una gravissima crisi strutturale e congiunturale che impatta su oltre 50mila famiglie, il Parlamento ha
avviato un iter che porterà inevitabilmente alla chiusura
di migliaia di edicole, lasciando la sopravvivenza delle altre nelle mani, non del mercato o del libero incontro di domanda e offerta, ma dei distributori locali di quotidiani e
periodici».
La denuncia continua: «Saranno circa 100 soggetti privati – che operano in regime di monopolio di fatto nell’ambito territoriale di loro competenza – che decideranno se
la redditività prodotta dalle edicole esistenti è funzionale
ai loro interessi aziendali, così come l’apertura di nuove rivendite; e ai quali sarà affidata la delicata funzione di valutare l’eventuale accesso delle testate editoriali alla rete di
quotidiani e periodici».
Europea entro il 2030, che non
è sostenibile per l’elevatissimo
impatto ambientale, sociale ed
economico e che è inutile per la
mobilità del Paese: l’opera risulta essere straordinariamente sovradimensionata, poiché
sarà utilizzata a regime in una ne e dal completamento dei lapercentuale compresa tra il 10 vori dell’A3 Salerno-Reggio
e il 15% della propria capacità. Calabria e della SS106 Ionica».
Hanno dimostrato il loro inInsomma, gli ambientalisti
non vogliono che si continui- teresse alle iniziative delle asno «a congelare ingenti risorse sociazioni ambientaliste intervenendo alla
utili per lo svipresentazione
luppo
del
«Stoppare
di ieri: il senaMezzogiorno
un’opera che
tore Giampie(il costo delro
D’Alia
l’intervento è
anche l’Unione
(Udc), il senasalito
daleuropea
tore Roberto
l’aprile 2010
ha bocciato»
Della
Seta
al luglio 2011
(Pd), il senada 6,3 ad 8,5
miliardi di euro: + 34%) che tore Gianpiero De Toni (Idv), il
potrebbero essere meglio im- senatore Francesco Ferrante
piegate per il risanamento del (Pd), l’onorevole Francantonio
territorio e per interventi di Genovese (Pd), l’onorevole Faadeguamento e ammoderna- bio Granata (Fli), l’onorevole
mento delle infrastrutture esi- Elisabetta Zamparutti (Radistenti, a cominciare dal poten- cali, eletta nel Pd).
Domenico Miceli
ziamento delle ferrovie sicilia-
Afor, il vescovo Morosini:
la Locride è in ginocchio
LOCRI Il dolore della Locride per un Natale di sofferenza. Il vescovo Giuseppe
Fiorini Morosini illustra al
governatore Scopelliti – in visita a San Luca l’altro ieri - il
rischio della pesante ricaduta
sociale che potrà avere la cassa integrazione degli operai
Afor. In una lettera allo stesso Scopelliti, il presule rimarca: «Noi stiamo registrando
la sua buona volontà nell’affrontare i problemi. Ma per la
Locride bisogna avere uno
sguardo particolare e soprattutto bisogna fare in fretta. Se
ad altri territori viene tolto
uno c’è la rinuncia solo a una
parte del tutto; per la Locride
non è così, perché se ad essa
viene tolto uno equivale a to-
gliere tutto». Monsignor Morosini aggiunge: «Giorno per
giorno, minuto per minuto,
per la Locride è sempre un
giorno di ritardo, ogni minuto che si perde nel non aver
trovato rimedi, soluzioni, speranze equivale a umiliarla ancora di più. Ridiamo, signor
presidente, dignità a questo
territorio. Non assistenzialismo, ma speranza per un futuro più certo e meno drammatico. Non significa offrire
assistenzialismo, ad esempio,
se si riesce a proporre soluzioni lavorative ottimali per
gli operai forestali, quando si
assiste, ormai, a un’incuria
sconsiderata delle nostre
montagne, e a un’assenza dell’uomo nella prevenzione di
disastri naturali. Più in generale bisogna ridare speranza
alle famiglie, ai nostri giovani,
alla gente della Locride che
vuole continuare a vivere in
questo lembo di Calabria. Offriamo strumenti per uscire
dallo scoramento, dalla rassegnazione, per combattere il
male e questo lo si può combattere solamente proponendo soluzioni per uscire fuori
da contesti fuorvianti del vivere civile.
Come Pastore della Chiesa
di Locri-Gerace – conclude
monsignor Morosini - sono
disponibile, signor presidente, a fare la mia parte, scendendo in campo attivamente,
ma, nello stesso tempo dovrà
essere come un gioco di squadra, nel tentativo di coinvolgere le forze sane e gli uomini di buona volontà per dare
nuovo slancio e nuova linfa a
questa terra». (r. r.)
IN BREVE
Laratta al Governo: «Presto il reddito minimo»
La proposta del deputato Pd Franco Laratta al governo Monti: «Occorrono provvedimenti
urgenti per chi ha perso il lavoro. Penso a una norma che preveda che, a quanti sia stato
notificato avviso di riscossione di tasse dall'Agenzia delle Entrate, e che risulti disoccupato o che
ha perso il lavoro, venga temporaneamente sospeso il pagamento delle stesse, fino al massimo di
6 mesi». Secondo Laratta intanto «è necessario avviare al più presto una forma di “reddito
minimo” per chi non ha alcun mezzo di sostentamento per sè e la sua famiglia».
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Emetteva fatture false
“Real Reggio” nei guai
Cinque avvisi di garanzia e perquisizioni della Finanza
L’indagine che la Guardia
di Finanza ha avviato potrebbe scoperchiare qualcosa di
veramente importante.
Le prime risultanze sembrano confermarlo: i militari,
coordinati dal sostituto procuratore Rosario Ferracane,
infatti, hanno eseguito ieri
numerose perquisizioni all’interno di studi di commercialisti e noti imprenditori
della città.
L’attività prende le mosse
da una verifica della posizione fiscale della nota società
sportiva “A.S. Real Reggio
Tremulini Calcio a 5“, con sede a Reggio Calabria, presso
il negozio di articoli sportivi
“Sport In di Labate Demetrio” , sito sul Viale Aldo Moro. Tale società - inizialmente composta da dodici imprenditori e professionisti
della città reggina - è nota per
essere riuscita, in sole 6 stagioni, ad arrivare alla serie A
partendo dalla serie C.
Nella stagione 2006-2007
– annualità attualmente oggetto di approfondimento da
parte dei finanzieri del Gruppo Guardia di Finanza - la
squadra calabrese arrivò al
quart’ultimo posto e, nella
stagione 2007-2008, riuscì
ad invertire un inesorabile
pubblicità
fittizie
Numerosi
imprenditori
hanno fornito
il loro apporto
ad Emo arrestato
in “Astrea”
declino (accentuato dai sei
punti di penalizzazione giunti con il Comunicato Ufficiale n. 259, nel quale la società
veniva giudicata rea di aver
prodotto una falsa documentazione per l'iscrizione al precedente
campionato
2006/2007), riuscendosi a
salvare al termine delle gare
di play-out. Con l’operazione
odierna, le Fiamme gialle
hanno stretto il cerchio nei
confronti del commercialista
Roberto Emo (già allenatore
della formazione reggina), di
recente tratto in arresto dal
Gico di Reggio Calabria nel-
l’ambito
dell’operazione
Astrea. Più in particolare, gli
accertamenti di natura tributaria hanno evidenziato l’esistenza di un complesso sistema di fatturazioni false, mascherato dietro fittizi contratti - ove esistenti - di “sponsorizzazioni”, per la partecipazione
ai
dispendiosi
campionati nazionali.
In tale contesto, numerosi
sono risultati gli imprenditori reggini che hanno consapevolmente fornito il loro ausilio al “dominus” Roberto
Emo, utilizzando la falsa documentazione fiscale emessa
dalla “A. S. Real Reggio”, ottenendo, di converso, un indebito aumento dei costi, per
un valore totale, allo stato,
pari a circa 1 milione di euro.
Nel corso dell’attività sono
stati notificati cinque avvisi
di garanzia nei confronti di
altrettanti indagati, per il reato di associazione a delinquere finalizzata all’emissione e
utilizzo di fatture false, ed
eseguite 10 perquisizioni locali ad abitazioni, esercizi
commerciali e studi professionali. Insomma, il mondo
del pentacalcio reggino trema. La Guardia di Finanza
sta scavando in tutto ciò che
riguarda il futsal “made in
Calabria”. Ed a quanto pare
questo potrebbe essere solo
il primo passo. (r. r.)
«“Il Crimine” era a rischio»
Piccolo carro, così Russo spiega l’esecuzione dei fermi di Reale
«Decidemmo di eseguire i
fermi dell’operazione “Reale”
perché sapevamo che l’indagine “Infinito” era a rischio».
Così ieri il tenente colonnello dei Ros, Stefano Russo, ha
spiegato il motivo per il quale la microspia a casa di Giuseppe Pelle, vera miniera di
informazioni, fu disattivata e
si procedette all’esecuzione
dei provvedimenti d’urgenza
che portarono all’arresto, tra
gli altri, di Giuseppe Pelle e
Giovanni Ficara.
Il capo del Ros, nella giornata di ieri, ha deposto nell’ambito del processo “Piccolo Carro”. Alla sbarra Giovanni Ficara, Giovanni Zumbo e Demetrio Domenico
Praticò accusati di aver piazzato la Fiat Marea piena di
armi ed esplosivo fatta ritrovare a pochi passi dall’aeroporto dello Stretto, in occasione della visita di Napolitano.
Nella giornata di ieri, dunque, Russo ha ricostruito tutta l’attività d’indagine relativa al processo in corso nelle
aule del Cedir.
L’episodio riguardante la
Fiat Marea risale al 21 gennaio dello scorso anno, quando in città arrivò il presiden-
il messaggio
Gli auguri del prefetto:
«Orgoglio d’essere italiani»
> segue da pagina 17
Se traslati a un livello più
generale questi ultimi divengono valori propri di
una società sana e matura,
capace di superare gli egoismi e gli interessi di parte e
di garantire le esigenze della generalità dei consociati.
Operare uniti, cercando di
produrre il massimo sforzo per finalizzare gli impegni apprezzabilmente assunti a vari livelli decisionali e gestionali, è l’unica
strada che abbiamo a disposizione per affrontare e
superare le impegnative
prove che ci attendono. È
tempo di tirar fuori tutto
l’orgoglio dell’appartenenza ad una terra di antica civiltà e di grande cultura e
tradizione per spingerla su
un percorso di riscatto e recuperonon più procrastinabili. Orgoglio che è stato,
tra l’altro, ravvivato, qui
come nel resto del Paese,
dalle celebrazioni del 150°
anniversario dell’Unità
d'Italia nel corso del corrente anno. Su queste solidissime basi abbiamo il dovere di trovare, senza ulteriori indugi, compattezza e
coesione in seno alla nostra
società, per agevolarne il
dialogo ed il confronto, assolutamente indispensabili
per operare le scelte giuste
nell’interesse dei cittadini.
Sentimenti di particolare
riconoscenza rivolgo alla
magistratura, alle forze di
Polizia, alle amministrazioni periferiche dello Stato
che operano in questa provincia con grandissimo impegno, ottenendo importantissimi risultati, per garantire il puntuale rispetto
delle leggi ed il pieno eserciziodelle libertà civili dei cittadini. Esprimo, altresì, ai
sindaci ed agli amministratori locali partecipe attenzione per le delicate problematiche che interessano gli
enti civici, primo fondamentale livello di governo
che ha l’arduo compito di
conciliare il mantenimento
di adeguati livelli di servizi
a favore dei singoli e della
comunità con la progressiva riduzione delle risorse finanziarie a disposizione.
Con l’auspicio che le imminenti festività possano portare alla Calabria ed alla
provincia di Reggio positive prospettive di crescita e
di sviluppo in una sempre
più forte e condivisa cornice di legalità, formulo quindi a Voi tutti gli auguri più
fervidi e sinceri di buon Natale e felice anno nuovo.
Luigi Varratta
Prefetto di Reggio C.
il questore incontra la stampa
Casabona sicuro:
«’Ndrine ridimensionate»
la microspia
a casa pelle
Venne disattivata
per procedere
all’arresto di Pelle
e Ficara che
avevano notizie da
Giovanni Zumbo
L’auto con le armi ritrovata a Ravagnese
te della Repubblica in occasione di un convegno.
Le indagini si concentrarono subito verso la cosca Ficara-Latella. Ma le manette
scattarono prima per il carrozziere Francesco Nocera.
Fu lui, secondo l’accusa, a simulare il furto della vettura
(che teneva in custodia col
compito di rivenderla) la
mattina stessa del ritrovamento in via Ravagnese.
Con l’operazione “Piccolo
carro” i carabinieri fecero definitiva chiarezza, traendo in
arresto anche Demetrio Domenico Praticò, 49 anni, che
confermò l’appuntamento a
piazza Garibaldi con Nocera.
Ma si trattava di una semplice “messinscena” orchestrata
da Giovanni Ficara con il
ruolo determinante di Giovanni Zumbo.
Quest’ultimo era stato già
tratto in arresto nell’ambito
dell’operazione “Crimine” (fu
lui a passare a Pelle l’informazione sugli imminenti arresti) e, in questo caso, svolse il ruolo di fonte informativa nei riguardi di un carabiniere al quale spifferò la presenza di un’auto carica di armi ed esplosivo in via
Ravagnese. In realtà, secondo l’accusa, si trattava di un
progetto di Giovanni Ficara,
già in carcere perché arrestato nell’ambito dell’operazione “Reale”, per far ricadere le
responsabilità sul cugino Pino Ficara.
Tra i cugini, infatti, ci sarebbe una frattura per alcuni
contrasti sulla gestione degli
affari illeciti.
Attribuendo a Pino la responsabilità dell’auto imbottita di armi e esplosivo, Giovanni Ficara avrebbe voluto
danneggiarlo.
Il processo è stato rinviato
al prossimo 10 gennaio per la
prosecuzione dell’attività
istruttoria.
c.m.
«La ‘ndrangheta non è
sconfitta ma ridimensionata e ci vorrà un po’ di tempo per completare l’opera». Il questore di Reggio
Calabria ha incontrato i
giornalisti per il consueto
scambio di auguri per le festività e l’occasione è servita a fare una sorta di minibilancio dell’attività svolta
nell’ultimo anno dalla polizia di Stato. Carmelo Casabona non è un tipo che le
manda a dire e spiega subito che la ‘ndrangheta si trova nella fase iniziale del suo
declino. Per il questore, però, «Reggio non ha reagito
e non c’è stato quel cambiamento che ci si attendeva, anche se, rispetto a
quando sono arrivato, ho
notato che qualcosa si è
mosso». Secondo il questore, dunque, serve molto
dialogo tra cittadini ed istituzioni volto a sconfiggere
la malavita organizzata:
«Abbiamo rotto il sistema,
li abbiamo messi in difficoltà e ora sono loro a dover cambiare strategia. Però la gente deve comprendere che i problemi non si
risolvono se ci si rivolge alle ‘ndrine ma allo Stato. A
Reggio ciò ancora non avviene con quella consuetudine con cui dovrebbe verificarsi. Se vogliamo veramente far fuori la criminalità dobbiamo partire da
qui».
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calabria
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Videopoker fasulli, due deferiti
Seminara, la truffa scoperta dalla Gdf grazie alla segnalazione di un donna
se della famiglia. Una storia
terminata solo grazie al coUn dramma che sembra- raggio di una moglie, fruva senza soluzione di conti- strata dalle continue perdite
nuità. La caduta nel pozzo al gioco del marito, che ha
del gioco d’azzardo che pia- preso il coraggio a due mani
no piano, in uno stillicidio chiamando gli uomini della
continuo fatto di mezze veri- guardia di finanza di Palmi.
tà e di risposte brusche, sta- Una telefonata che si era reva portando
sa necessauna normale
Le macchinette ria a causa
famiglia sepreocmangiasoldi non della
minarese
cupazione
verso il baraerano collegate per i rispartro dei debiti
mi di una viai Monopoli
fuori conta che contidi Stato
trollo. Una
nuavano ad
storia comuassottigliarsi
ne quella della dipendenza a causa della passione sfredalle infernali macchinette nata del marito per le luci
elettroniche, e che, a causa colorate della macchinette
dei sistemi di controllo cen- mangiasoldi automatiche, in
trale manomessi, stava con- grado di esaurire in brevissisumando le già precarie cas- mo tempo anche somme
CITTANOVA
SCOPERTI I Finanzieri durante i controlli a Seminara
considerevoli di denaro.
Una storia quasi banale e
che si aggrava a causa del
raggiro messo in piedi da al-
LA SENTENZA
in esercizio e, soprattutto,
mancavano del collegamento alla rete telematica dell’amministrazione dei Monopoli di Stato, cosa che
consentiva ai gestori dei locali, di evitare di dichiarare
al fisco gli ingenti guadagni
che venivano dal gioco d’azzardo legalizzato, e che, non
garantivano alcun tipo di sicurezza sul versante delle
vincite. Dopo i controlli del
delle forze dell’ordine, sono
state posti sotto sequestro
sette dispositivi per il gioco e
500 euro recuperati dai militari all’interno delle stesse
macchinette. I gestori dei locali al cui interno erano installate le machinete sono
stati segnalati alla Procura
della Repubblica di Palmi.
[email protected]
POLISTENA
’Ndrangheta, 7 anni a Fondacaro
Il medico di Gioia Tauro accusato di associazione mafiosa con i Molè
CITTANOVA
La Corte d’appello di Reggio Calabria ha confermato,
nel tardo pomeriggio di ieri,
la condanna a 7 anni di relcusione nei confronti di Marcello Fondacaro. Per il medico di Gioia Tauro è, in raltà, la
seconda condanna in appello
per il reato di associazione
mafiosa, ma quella pronuncia era stata annullata perchè
i suoi legali avevano dimostrato che Fondacaro non era
al corrente del processo e
quindi non si era potuto difendere.
La sentenza è rimasta
quindi provvisaria fino al
nuovo giudizio in appello di
ieri pomeriggio. L’uomo,
considerato organico alla cosca Molè di Gioia Tauro, era
stato condannato a sette anni di reclusione con sentenza
emessa dal Tribunale di Palmi nel 2001, per il reato di
associazione mafiosa, in
quanto avrebbe fatto parte, in
epoca successiva al 1997, dell’allora cosca Piromalli-Molè
di Gioia Tauro ( a seguito
delle indagini sfociate nella
cosiddetta operazione “Tempo”). Nell’ambito di tale procedimento è stato raggiunto
da un’ordinanza di custodia
cautelare in carcere emessa
dal gip di Reggio Calabria il 9
febbraio 1998 dopo quasi due
mesi di latitanza.
Nel gennaio dell’anno successivo, sempre nell’ambito
del medesimo procedimento
penale, il Gip del Tribunale
reggino, valutando complessivamente le risultanze investigative confluite nei procedimenti “Tempo” e “Porto”
aveva emesso una ulteriore
misura custodiale nei confronti di Fondacaro, contestando la partecipazione del-
cuni gestori di bar che avevano installato nei loro locali le apparecchiature per il
gioco, ma che si erano guardati bene dal seguire le normative vigenti, evitando di
collegare le macchinette al
sistema centrale che consente alle forze dell’ordine e
al fisco di tenere sotto controllo il flusso di gioco reale.
Dai controlli delle fiamme
gialle infatti, intervenuti a
Sant’Anna di Seminara dopo la telefonata di denuncia,
tutte le magagne che erano
state messe in piedi dai gestori dei locali sono venute
fuori. Dai minuziosi riscontri delle forze dell’ordine infatti è venuto fuori che sulle
dieci macchinette mangiasoldi installate, sette erano
prive dei certificati di messa
Marcello Fondacaro
lo stesso al sodalizio mafioso
esaminato almeno sino al
1993.
Fondacaro è stata inoltre
inflitta la misura della sorveglianza speciale di pubblica
sicurezza per due anni, dal
2002 al 2004, con decreto
emesso dal Tribunale di Reggio Calabria, nel quale viene
definito come un «medico disponibile» per le esigenze
della cosca Molè’. Infine, A
seguito di una articolata attività di indagine patrimoniale, condotta dalla Dda reggina sulla scorta di accertamenti delegati alla Dia, il 31
agosto scorso, Fondacaro è
stato colpito da un sequestro
di beni di circa 30 milioni di
euro.
Una indagine volta a verificare le modalità di acquisizione dell’ingentissimo patrimonio societario e personale
riconducibile al medico men-
zionato, al termine della quale è stata formulata una corposa proposta di misura di
prevenzione personale e patrimoniale che il Tribunale
Reggio Calabria - Sezione misure di prevenzione - ha recepito emettendo, ai sensi della normativa antimafia, il relativo provvedimento di sequestro.
Sul versante patrimoniale
sarebbe stata accertata l’assenza in capo a Fondacaro ed
ai familiari e conviventi, di
risorse lecite idonee a giustificare investimenti di grossa
entità e rilevata, nel contempo, una cospicua e generalizzata sproporzione tra i redditi dichiarati ed il patrimonio
posseduto.
FRANCESCO ALTOMONTE
[email protected]
ALL INSIDE
In Aula i riscontri alle parole della Ferraro
La testimone di giustizia fu subito trasferita da Rosarno
PALMI C’è la droga sull’asse Milano-Rosarno, ci sono i gioielli frutto di una rapina,
ci sono le estorsioni e le armi. Nella testimonianza del soprintendente del commissariato di Gioia Tauro, in aula per il controesame
nell’ambito del procedimento All Inside sui
presunti affiliati alla cosca Pesce di Rosarno, si ritorna a parlare dei meticolosi controlli che le forze dell’ordine misero in piedi
a seguito delle dichiarazioni della testimone
di giustizia Rosa Ferraro. Una deposizione
chiara quella dell’ispettore, che sottoposto
durante il riesame alle domande degli avvocati difensori, è tornato a ribadire dei riscontri operativi alle denuncie raccolte dagli uomini della guardia di finanza di Gioia Tauro.
E nel racconto del soprintendente tornano
alla luce i frequenti viaggi a Milano effettuati da Francesco Pesce per l’acquisto di droga
smerciata poi sul mercato della Piana – carichi di droga che nelle conversazioni criptiche degli imputati venivano descritte come
«mangiate di carne» - e vengono fuori i gioielli che la cosca avrebbe sottratto alla gioielleria Gelanzè di Rosarno – gioielli che però,
nonostante fossero saltate fuori anche le custodi originali con il marchio della rivenditoria, non sono mai stati riconosciuti – e le armi che gli uomini del commissariato di Gioia hanno rinvenuto in via Donizetti, nei pressi di un bombolone del gas posto sotto la casa della nonna di Pesce. Dalla testimonianza di ieri, infine, è saltato fuori che non vi
furono servizi di scorta predisposti nei confronti della Ferraro dopo le sue denuncie, visto che la donna, considerata in pericolo, fu
messa immediatamente in sicurezza, e trasferita lontana da Rosarno. (vimp)
Riqualificazione beni confiscati
Tripodi chiede l’accesso ai Pisr
POLISTENA
Polistena e decine di altri comuni calabresi che detengono beni confiscati non possono confidare nei fondi Pisr per
la loro riqualificazione. «Chiediamo alla Regione di voler
estendere a tutti i comuni il beneficio di concorrere ai fondi, correggendo l'impostazione dichiarata dal preavviso di
gara, rivolto, solo per restare alla provincia di Reggio, a 30
comuni su 97». Il sindaco polistenese Michele Tripodi si dice preoccupato per l’imminente pubblicazione di un avviso regionale che delinea ambiti territoriali e relativi comuni ammissibili al finanziamento, lasciandone fuori tanti altri. Ma per il sindaco la selezione dei beneficiari sarebbe assai arbitraria. «Gli ambiti sono stati definiti senza un criterio chiaro e comprensibile – attacca – vengono esclusi comuni importanti come Polistena, con un percorso culturale
antimafia consolidato e una lunga storia fatta di lotte per
l'affermazione della legalità e dei diritti». Secondo l’agenzia nazionale per i beni confiscati – dati riferiti al primo novembre 2011 – a Polistena
sono diciannove gli
immobili sottratti alla
criminalità organizzata e consegnati ad utilità sociale. Tra questi,
il palazzo gestito da Libera. E proprio considerando quanto sia radicato a Polistena l’attivismo del coordinamento contro le mafie
(referente, don Pino
Demasi), appare ancora più singolare la cartina dei comuni avvantaggiati dal
piano regionale. I fondi Pisr, è convinto Tripodi, dovrebbero rappresentare un’occasione per tutti gli enti pubblici che
dispongono di patrimoni tolti alla mafia. Anche perché senza quei soldi non si canta messa. “Gli immobili posseduti dal
Comune – spiega il sindaco – necessiterebbero di interventi strutturali, ma servono investimenti notevoli ed è quasi impossibile in questa fase di tagli ai bilanci degli enti locali”. E ad accrescere il disappunto dell’amministrazione nei
confronti delle scelte regionali, il sospetto di trovarsi in una
sorta di lista nera. “Il Comune di Polistena – sostiene Tripodi – è già stato penalizzato di recente da parte della Regione, che non ha finanziato l'isola ecologica per i rifiuti differenziati, progettata proprio su un terreno confiscato alle
mafie. E ciò, ai sensi del bando relativo, doveva generare
premialità nella graduatoria. Inspiegabilmente siamo stati preceduti da diversi comuni privi di questo requisito. Oggi, proseguire su questa linea sbagliata sarebbe un’ulteriore discriminazione per il nostro comune”.
ANGELO SICILIANO
[email protected]
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calabria
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Rigassificatore, Madafferi
propone un referendum
San Ferdinando, ieri in Consiglio l’apertura all’opposizione
SAN FERDINANDO
Sul rigassificatore il comune di San Ferdinando, per ora,
si tiene la mani libere. Il sindaco, Domenico Madafferi, assume una posizione inedita e
quasi solitaria, mette il petto in
fuori e spiega che «ho la mia
idea, e su questo tema ritengo
che non ci siano vincoli di
maggioranza, ma la necessità
di esprimersi con dati precisi e
cognizione di causa».
Non lo dice apertamente il
primo cittadino, ma la sua tendenza è orientata verso il “no”
all’impianto, ma evidentemente la sua maggioranza ha una
più composita sequela di opinioni, cosa che per ora impedisce all’amministrazione di avere una posizione ufficiale. Ieri
la seduta del consiglio comunale era particolarmente attesa, anche perché nella convocazione esisteva un punto
“fantasma” che faceva riferimento ad una non meglio precisata interrogazione della minoranza. In realtà era la richiesta dei 4 consiglieri di opposizione di celebrare un consiglio
aperto sul tema rigassificatore, che la maggioranza ha camuffato in un asettico punto
CONVERGENZA Un momento della seduta
consiliare di risposta ad interrogazione mai pervenuta. Formalismi a parte, la sorpresa è
stata grande nell’apprendere
che il sindaco Madafferi non si
è nascosto, avanzando anche
«la possibilità, sulla quale lavoreremo tutti insieme, di indire un referendum consultivo, nel quale la popolazione di
San Ferdinando possa esprimersi». La minoranza si è sfregata gli occhi, pensava di trovare di fronte un muro, invece
c’era un’autostrada, nel silenzio più totale della maggioranza. Il rigassificatore, pertanto,
non è più un tabù per l’amministrazione di San Ferdinan-
do, anche se il primo cittadino
ha voluto puntualizzare alcune cose. «Io ho una ben precisa opinione, ma ho dovuto
constatare che sin dal mio insediamento nulla c’è stato comunicato dalle istituzioni sovra comunali, e neppure la trafila del progetto dal Consiglio
superiore dei lavori pubblici. A
questo punto non si possono
più aspettare gli eventi, mi farò io stesso promotore, grazie
ad una collaborazione con
l’Autorità portuale, di chiedere
al ministero delle infrastrutture un incontro nel quale mi siano fornite tutte le informazioni sull’iter di un impianto che
se dovesse realizzarsi sarà quasi totalmente nel nostro comune». Parole celestiali per la minoranza, che si è fatta sentire
con i capigruppo Francesco
Barbalace e Michele Oliva. I
leader dell’opposizione hanno
accolto l’apertura di credito del
sindaco e chiesto una procedura a tappe di avvicinamento al
referendum con una vasta
campagna informativa ed una
presa di posizione ufficiale da
parte dell’esecutivo.
Madafferi ha offerto ampie
garanzie, ed ha tirato qualche
silurata ai colleghi della città
del porto Renato Bellofiore ed
Elisabetta Tripodi. «Dobbiamo iniziare ad essere più autonomi su alcune cose, visto
che Gioia Tauro e Rosarno non
ci hanno consultato su questo
tema e non si è fatto un discorso condiviso». Il consiglio comunale ha poi confermato il
revisore dei conti Crucitti, approvato il regolamento sulla
polizia municipale e dato il via
libera preliminare alla videosorveglianza, a parte un attrito
tra le coalizioni sul prelievo dal
fondo di riserva che la minoranza ha contestato.
DOMENICO MAMMOLA
[email protected]
SINOPOLI
Scelti i componenti del nucleo di valutazione
Il sindaco ha individuato tre esperti esterni dopo l’esame delle domande pervenute
Sinopoli ha scelto i componenti del
nucleo di valutazione. Il sindaco Luigi
Chiappalone ha analizzato le richieste
ed ha ufficializzato la sua scelta per
quanto concerne l’organismo che si occupa della valutazione del personale
nonché della performance delle strutture organizzative. Un presidente e due
componenti – tutti esterni – scelti dal
sindaco tra le varie candidature arrivate al comune in seguito all’avviso pubblico. Il primo cittadino, dopo attento
ed accurato esame dei relativi curricula
in relazione alle caratteristiche richieste, ovvero «elevata professionalità ed
esperienza maturata nel campo del management, della valutazione della performance e della valutazione del personale delle pubbliche amministrazioni»,
ha opzionato coloro i quali sono stati ritenuti i più meritevoli. Antonino Festa,
dirigente del Ministero del Tesoro in
quiescenza, Vito Primerano, dirigente
presso Ministero Pubblica Istruzione e
Benito Taverna, dirigente Pubblica amministrazione in quiescenza, tutti e tre
«con esperienza e formazione in materia di programmazione e controllo Enti Locali, valutazione del personale, controlli interni e programmazione economica». A ciascuno dei componenti dell’organismo sarà attribuito un compenso lordo annuo di 1.080 euro, essi ricopriranno l’incarico fino a fine mandato
del sindaco, comunque non meno di
quattro anni.
(do. ma)
POLEMICA AL PORTO
Note violente in rete, il Sul
si scusa e passa al contrattacco
GIOIA T. Da una parte le scuse piene e incondizionate,
dall’altra il “contrattacco”. Dopo una prima nota a caldo dai
toni piuttosto indecisi ed “auto-giustificatori”, le scuse piene del Sul arrivano, ed anche i provvedimenti concreti. Ma
al tempo stesso, gli autonomi accusano a loro volta i confederali di atteggiamenti poco chiari. Il caso è quello fatto
scoppiare dalla Cgil, che ha inoltrato querela dopo alcuni interventi pubblicati nei giorni scorsi su Facebook dai rappresentanti degli autonomi Rocco Italiano e Mimmo Macrì. A
scatenare l’ira dei confederali, quel riferimento a Guido Rossa, il sindacalista della Fiom ucciso nel ‘79 dalle Brigate Rosse, e soprattutto l’augurio che altri possano fare la sua fine.
Ieri, appunto, la presa di distanza netta sia del sindacato che
dei due rappresentanti. Italiano, autore dell’intervento più discusso, si dimette dal sindacato, mentre Macrì si autosospende. I due, inoltre, hanno voluto chiarire la propria posizione in una lettera aperta ai lavoratori. «Cari colleghi in seguito al polverone alzatosi per le cattive immagini pubblicate sul noto social network Facebook, nel condannare ogni atto violento che lede la libertà di ogni individuo e nell’assumerci le responsabilità come
abbiamo sempre fatto ci sospendiamo dalle cariche sindacali che abbiamo avuto fino
ad oggi». Fin qui, appunto, le
scuse. Poi la lettera continua:
«Il caso è stato dettato dal
momento di sconforto che
tutti insieme stiamo attraversando, ciò purtroppo ha fornito un assist, che chi è abituato a fare demagogia ha
preso al volo tacciandoci come ‘ndranghetisti e terroristi
(il riferimento è alla nota de AUTOSOSPESO Macrì
segretario regionale della Cgil
Sergio Genco, ndr) anche se non era affatto toccato. Vogliamo chiedervi scusa perché il nostro comportamento è servito a distrarre l’attenzione dal vero problema, ovvero l’ennesimo accordo firmato dai confederali più Ugl a danno dei
lavoratori». A fare da sfondo, dunque, sono sempre le profonde divisioni sulla gestione della cassa integrazione. «Il
nostro no è sempre stato contro quell’accordo discriminatorio che penalizza chi ha sempre lavorato e continua a mantenere privilegi a chi li ha sempre avuti. La nostra lotta è stata sempre contro il sistema clientelare che genera atteggiamenti assistenziali e mafiosi». Per Italiano e Macrì, il vero terrorismo «è legato ad un accordo discriminante che ci ha privato di diritti fondamentali portandoci allo stato di disperazione ormai noto». E ancora: «è ‘ndranghetista colui che
nega i diritti e non chi lotta insieme in maniera trasparente
per averli». Quindi la nota del Sul che, nel ribadire le scuse,
sottolinea il “passo indietro” di Italiano e Macrì oltre ad annunciare un’ulteriore verifica interna. Al tempo stesso, scrivono i sindacati, «non può essere un superficiale e condannabile commento su facebook che rende criminali le persone. Condividiamo l’appello alla magistratura perché è l’unico mezzo per fare chiarezza e per far cessare le strumentalizzazioni». Ma la vincenda, intanto, è tutt’altro che finita, visto che questa mattina la Cgil terrà a Gioia Tauro una
conferenza stampa sul tema. Mentre il comitato direttivo
nazionale della Filt-Cgil ha formulato un apposito ordine
del giorno che esprime «la più netta e sdegnata condanna»
dell’episodio. «Usare il cadavere di Guido Rossa- si legge- è
figlio di una cultura della violenza estranea alla storia del
movimento dei lavoratori».
Francesco Russo
l’intervento
Sono trascorsi ormai due anni da
quel sette gennaio 2010 in cui il territorio della piana di Gioia Tauro
consegnava al mondo intero un’immagine diversa della Calabria, in
antitesi con quella conosciuta e riconosciuta ovunque, atavicamente generosa e accogliente, seppur
con le sue contraddizioni. Ragazzi
africani, ribellandosi alla loro
estrema condizione di sfruttati,
emarginati, costretti a vivere in ricoveri di cartone, malattie senza
cure oltre ai morsi della fame per
alcuni, senza dire di quegli sguardi
di inferiorità razzista a cui erano e
sono soggetti, trasformano le strade in scenari che solo report giornalistici di luoghi lontani o la cinematografia americana hanno consegnato per anni a questa parte di
Mondo, lontani da ogni pur mini-
Migranti, nulla è cambiato
ma possibilità reale nel nostro comune pensare. La “società civile”
reagì con veemenza, per riconsegnare la giusta serenità alla popolazione, cancellando di fatto ciò che
per oltre un ventennio è stato sotto
gli occhi di tutti e che, nel corso degli anni, si andava sempre più a
configurare come un ghetto. A due
anni da quei giorni, da osservatori
esterni, si può affermare che tutte
quelle iniziative intraprese e sicuramente carichi di buoni propositi,
sono fallite. Il rispetto di quelle minime condizioni umane richieste
per ogni uomo continuano a latitare e quello che prima era sotto gli
occhi di tutti, oggi si nasconde per
le campagne, aggiungendo alla loro misera condizione l’altra ancor
più terribile di essere invisibili. Presenti perché necessari in una terra
ormai sopraffatta dalla geriatrizzazione, compaiono alle prime luci
del mattino a piccoli gruppi, organizzati ad evitare assembramento,
lungo le strade, agli incroci, nei
pressi delle piantagioni, possibilmente fuori dai centri urbani o comunque ai margini. Non si sa
quanti sono né dove dimorano, ma
si sa che la loro condizione non è
cambiata, almeno per quanto riguarda i ragazzi africani. Questa
ulteriore emarginazione verso i
campi, lontano dai centri abitati,
ha indotto molti di loro, in questi
due anni, a recuperare ogni sorta
di ipotesi di mezzo di trasporto, naturalmente a pedale, svuotando di
conseguenza box e garage di vecchie biciclette, molte frutto dall’antica generosità calabrese, molte,
purtroppo frutto di transazioni.
Tutto ciò riporta le vicinanze dei
centri urbani a vecchie immagini,
considerate ormai scomparte del
subito dopoguerra, dove una miriade di gente a piedi si spostava
da e per i poderi e, a qualche fortunato a dorso d’asino, si confonde-
va qualche bicicletta. Tutto ciò era
l’inizio del progresso ed il rischio
massimo era qualche rovinosa caduta. Oggi purtroppo si incontrano
nel corollario delle strade provinciali, confondendosi con le ombre
del buio, all’improvviso dietro una
curva o ulteriormente invisibili incrociando le luci in un altro veicolo, come domenica sera nei pressi di
Laureana di Borrello. Pericolo che
diventa tangibile sulla S.S. 18, dove
oltre al traffico aumenta la velocità e la difficoltà di evitarli. Ci saranno per queste festività natalizie
le solite manifestazioni di solidarietà cristiana dove forse non guasterebbe aggiungere una qualche striscia catarifrangente, non li farà
sentire a casa, ma forse gli potrà
salvare la vita.
Salvatore Larocca
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C O S E N Z A
calabria
ora
Delitto Lupin, trionfa l’omertà
L’udienza di ieri caratterizzata dalle contraddizioni dei testimoni
Un’omertà ottusa quanto za. Qui stiamo parlando di un
Sulla scheda, come ha racconinutile ha caratterizzato omicidio e c’è una persona detato ieri in aula, la donna scrisl’udienza di ieri del processo a tenuta». La persona detenuta
se che si trattava di un trauma
carico di Fernando Gencarelli, è Fernando Gencarelli, che si
toracico poiché così le era staaccusato di essere l’autore del- dichiara innocente e che venne
to descritto dalla voce nella
l’omicidio di Natale Sposato arrestato un anno dopo il delitcornetta. Durante l’udienza di
detto Lupin, avvenuto ad Acri to in seguito alla testimonianieri la Corte ha nominato un
la notte tra il 26 e il 27 settem- za resa dalla madre della vitticonsulente tecnico incaricato
bre del 2008.
ma, che soldi trascrivere tutte le conversaLa vittima
tanto
nel
zioni (ambientali e telefoniIl giallo della
venne assas2009 dichiache) intercettate nel corso deltelefonata al 118: rò di averlo
sinata a fucile laboriose indagini (per il delate davanti
visto sparare
litto Sposato è in corso un altro
non dissero
alla porta di
a suo figlio.
procedimento che riguarda
che
c’era
stato
Natale
Sposato
e
a
fianco
il
casa. Il moUna versione
una maresciallo dei carabinieun omicidio
luogo dove venne ucciso
vente: aveva
che
aveva
ri che avrebbe depistato le inrubato circa 4
confermato
dagini). Si tratta di una gran
chili di noci dal podere del pre- qualche mese più tardi in sede lati telefonici. Secondo l’accu- solo uno dei tanti lati oscuri del padre, che andò a casa di mole di materiale, come è stasunto assassino. Ieri in Corte di incidente probatorio. Nel sa l’imputato agì per punire il della vicenda. Un altro è rap- un vicino per chiamare l’am- to sottolineato dagli stessi
d’assise sono state sentite le suo racconto, però, sono state responsabile di ripetute rube- presentato dall’atteggiamento bulanza e non gli disse che pubblici ministeri Di Maio e
persone che si trovavano al bar riscontrate molte contraddi- rie nel suo podere. L’ultima era dei genitori della vittima nel- qualcuno aveva sparato al fi- Visconti. Per venirne a capo il
Cappello la sera del delitto. zioni. A cominciare dal fatto avvenuta il giorno prima del l’immediatezza del fatto: la fra- glio. Ieri, infatti, è stata sentita consulente del tribunale si è
C’era anche Natale Sposato, che la donna disse che l’assas- delitto e aveva fruttato un sac- se della madre, che ai soccorri- la persona che la notte del de- preso 90 giorni di tempo.
che secondo i verbali agli atti sino era in compagnia dei figli. chetto di noci. Un movente tori disse: «Ha truvatu ‘u mìe- litto era al centralino del 118
ALESSANDRO BOZZO
del processo ebbe un litigio per Circostanza smentita dai tabu- davvero strano. Ma questo è dicu sua»; il comportamento quando arrivò la telefonata.
[email protected]
banali motivi con una persona
(già sentita al processo il 16 novembre scorso). Il dato comuin appello
ne a tutte le testimonianze è
che sono risultate contraddittorie rispetto a quelle rese ai
carabinieri nell’immediatezza
del delitto e trascritte nei verbali agli atti del processo. Una
curiosa quanto inspiegabile
circostanza che ha fatto ammattire la presidente della
Corte. Anche perché i testimoai danni di un maresciallo dell’Ar- mo boss. Proprio lui, al termine
ni si sono contraddetti su cirma. Per tutta risposta i carabinie- del primo giudizio incassò un anPOPOLARE
costanze marginali. Come il
ri diedero luogo a una serie di con- no di condanna, mentre gli altri se
Uno scorcio
pensionato che in aula ha ditrolli in città, tra cui proprio nel la cavarono con nove mesi di redel quartiere
chiarato di aver giocato a scorione di San Vito. Gli uomini in di- clusione ciascuno. Ieri, però, quel
di San Vito
pa con Lupin mentre ai carabivisa, dunque, irruppero nel bel verdetto è stato rovesciato con una
Non lontano da
nieri disse di aver fatto una
mezzo della processione e , oltre a motivazione che non ammette requi avvenne
partita a tressette indicando
pliche: il fatto non
identificare i prel’aggressione
anche le altre tre persone secostituisce reato.
senti, pensarono
Sentenza
ai
carabinieri
dute al tavolo. Oppure come il
Quasi certamendi dar luogo anribaltata
nel giorno
figlio del titolare del bar che
te, dunque, i giuche a perquisiziodedicato
non ha saputo spiegare ai giudici hanno accolni domiciliari.
dopo le
a Padre Pio
dici come mai abbia telefonato le tesi difensive
Apriti cielo.
condanne
to al suo migliore amico (la
che spingevano
Ne scaturì un
in
primo
grado
persona che avrebbe avuto la
per «l’arbitrarievero e proprio taflite con Lupin) alle 4 del mattà» del comportaferuglio con tanto
tino per dirgli che Sposato era
Nessun colpevole per la rivolta ficiale. Tra loro, anche l’ex consi- di spintoni e lanci di monetine, fi- mento tenuto quel giorno dai castato ammazzato. O, ancora,
di San Vito Alto datata 23 settem- gliere comunale (oggi consigliere no alla ormai celebre fucilata. Fat- rabinieri. Se così fosse, ma lo sacome il fruttivendolo che ai cabre del 2004, quando durante una provinciale) Massimo Lo Gullo. E to sta che, al termine della zuffa, in premo solo con il deposito delle
rabinieri disse che Lupin aveprocessione in onore di San Pio, dopo le condanne riportate alcuni molti, tra residenti e militari, furo- motivazioni, per i giudici la reava il vizio di rubare, che egli
un blitz dei carabinieri innescò un mesi fa in primo grado, ieri la Cor- no costretti a recarsi al vicino zione dei residenti sarebbe stata
stesso era stato vittima della
tafferuglio tra i residenti, da un la- te d’appello di Catanzaro ha ribal- pronto soccorso. L’inchiesta che del tutto giustificata. Gli imputati
sua cleptomania ma che in auto, e i militari dall’altro. Con que- tato il precedente verdetto, assol- ne scaturì portò poi all’incrimina- erano difesi dai legali Antonio
la ha detto di non aver mai sust’ultimi che, addirittura, esplose- vendo tutti gli imputati. Ma proce- zione di otto persone. Oltre a Lo Quintieri, Paolo Pisani, Stefania e
bito furti. Inutili le minacce
ro un colpo di fucile in aria. Per diamo con ordine. L’incursione Gullo c’erano Vladimiro Lucia, Antonio Ingrosso, Amelia Ferradella presidente della Corte:
quei fatti, otto persone vennero in- dei carabinieri cosentini, suppor- Francesco Stola, Giuseppe Vilardi, ri, Luigi Leonetti e Raffaele Scar«Dite la verità o sarete incricriminate con l’accusa di resisten- tati dai Cacciatori di Vibo Valentia, Alessandro e Pietro Mazzei e Do- pelli.
minati per falsa testimonianza, lesioni e minacce a pubblico uf- giunse a due giorni dall’attentato menico Cicero, nipote dell’omonimcr
Rivolta di San Vito, tutti assolti
Nessun colpevole per l’aggressione ai carabinieri nel giorno di San Pio
terminator 3
Il tentato omicidio di Umile Esposito. Ovvero «la lezione» impartita al «lenone» di Bisignano. Lo ha raccontato uno dei due protagonisti: Angelo Colosso detto Poldino, oggi
collaboratore di giustizia. È stata la parte più
interessanti – perché vissuta in prima persona e non sentita da altri come per molte altre dichiarazioni – della sua deposizione al
processo Terminator 3.
Poldino ha raccontato che fu Vincenzo Dedato a incaricarlo di quella missione e che le
armi (due revolver calibro 38) gli erano state
fornite dai fratelli Chirillo, aggiungendo che
in un primo momento doveva affiancarlo
Francesco Amodio ma che in seguito alle sue
proteste si fece accompagnare da Francesco
Merincolo, con il quale c’era un certo feeling.
La lezione era stata richiesta invece da Franco Presta. Il pericoloso latitante ce l’aveva con
Il racconto del pentito Colosso:
«Gli sparammo per dargli una lezione»
Esposito per via delle prostitute. Sembra che
il boss di Tarsia passasse spesso da Bisignano per ritornare a casa e che non sopportasse la vista delle ragazze di Esposito (soprattutto se in auto c’era la moglie) che battevano per
strada. Così chiese (e ottenne) che il lenone
venisse punito col piombo.
Colosso e Francesco Marincolo gli tesero
un agguato: dopo una lunga attesa, la sera
del 27 maggio del 2000, i due affiancarono
con la propria auto (un’utilitaria rubata a
quello scopo) quella di Esposito, che si era
fermato per far montare dentro due prosti-
tute e cominciarono a far fuoco mirando basso poiché «l’ordine non era di ucciderlo ma
soltanto di dargli una lezione». Spararono entrambi dal finestrino del lato passeggero e
scaricarono le armi addosso al lenone, colpendolo all’addome, al polso e al sedere. Un
proittile spappolò la mandibola di una delle
due prostitute, che si erano abbassate per
sfuggire alla pioggia di piombo. Fortunatamente non morirono né la ragazza né Esposito.
Colosso ha riferito anche sul delitto Marchio, ribadendo che il movente dell’omicidio
è legato alle estorsioni e che la vittima insieme a Marcello Calvano di San Lucido stava
cercando di creare un gruppo autonomo. La
morte di Vittorio Marchio era stata decisa da
tempo. Un piano per eliminarlo all’uscita del
tribunale era fallito qualche tempo prima del
delitto vero e proprio (avvenuto a Serra Spiga nel novembre del 1999). Colosso ha raccontato di essere stato incaricato dal boss Ettore Lanzino di aspettare davanti al palazzo di
giustizia dove Marchio era impegnato in un
processo e di chiamare dalle cabine telefoniche che si trovano lì vicino: il segnale per i killer. Colosso aspettò per ore ma non vide uscire Marchio e il piano venne rimandato.
Il pentito ha raccontato, inoltre, di aver rubato insieme a Marincolo le automobili usate per gli omicidi di Pelazza e Sena.
a. b.
MERCOLEDÌ 21 dicembre 2011 PAGINA 37
l’ora di Paola
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Delitto Serpa, gli indagati dal pm
Due paolani interrogati ieri in Procura perché accusati dell’omicidio
Due dei quattro indagati dell’omicidio di Guido Serpa, quarantunenne
paolano assassinato sabato 26 febbraio scorso in località Cozzo Castagna di Paola con quattro colpi di pistola calibro 7.65, sono comparsi ieri
mattina in Procura, convocati dal
pubblico ministero Roberta Carotenuto. Si tratta di M.M. e F.S., rispettivamente confinante di proprietà e
cugino della vittima, sui quali - sebbene indagati per quel delitto - non risultano gravi indizi di colpevolezza
tali da determinare l’emissione di un
mandato di cattura. I due sospettati,
infatti, sono stati quasi subito iscritti
sul registro degli indagati dalla locale Procura perchè, anni addietro, per
distinti motivi sono venuti alle mani
con Guido Serpa, ma le prove stub
operate a loro carico nelle fasi immediatamente successive il delitto, non
hanno rilevato alcuna traccia di polvere da sparo. Il cosiddetto “guanto di
paraffina”, invece, è risultato essere
positivo a carico di altre due persone,
individuate successivamente alla
iscrizione di M.M. e F.S. nel registro
degli indagati della locale Procura
della Repubblica. Si tratta, in quest’ultimo caso, di due mandriani (uno
in particolare), residenti tra Paola e
Fuscaldo, con cui Serpa avrebbe avuto diverse discussioni per vicende legate alla sparizione di bestiame ed a
sconfinamenti e furti di vario tipo.
Sarebbero stati loro a fare fuoco
contro la vittima, dopo avergli teso
un agguato pianificato a tavolino.
I due dovranno ora difendersi dall’accusa di omicidio volontario aggravato e, comunque, non si esclude
l’emissione di un provvedimento restrittivo a loro carico, chiaramente
LA VITTIMA
In alto il pastore Guido Serpa ucciso con
quattro colpi di pisola calibro 7.65
A sinistra la zona dove è avvenuto il delitto
nel momento in cui gli inquirenti si
ritroveranno in mano i necessari gravi indizi di colpevolezza e quindi saranno sussistenti le cosiddette esigenze cautelari: pericolo di fuga, rischio di inquinamento delle prove,
rischio di reiterazione del reato.
Ma torniamo alle singole posizioni
ed ai potenziali moventi degli altri
due indagati, ossia quelli sentiti ieri in
Procura. Per quanto concerne, infatti, l’interrogatorio di ieri mattina,
M.M., accompagnato dal suo avvocato di fiducia, il penalista Gino Perrotta, ha risposto a tutte le domande
del pubblico ministero Roberta Carotenuto, chiarendo la sua posizione
e sottoponendo all’attenzione della
pubblica accusa una sorta di alibi allo stato in fase di riscontro. Per quanto concerne, invece, l’altro indagato,
F.S., quest’ultimo - patrocinato dallo
stesso avvocato Gino Perrotta - si è
avvalso della facoltà di non rispondere. M.M. e F.S. sono stati i primi
soggetti ad essere sospettati dell’omicidio di Guido Serpa in quanto, in
tempi e per fatti diversi, la vittima era
venuta alle mani con entrambi. Nel
primo caso, infatti, M.M. era stato aggredito da Guido Serpa con un corpo
contundente e gravemente ferito per
futili motivi, ossia per questioni di vicinato. Lo stesso Serpa, in quella cir-
costanza, aveva anche tentato di uccidere M.M. - almeno secondo le originarie accuse della Procura di Paola
- ma la rivoltella, puntata alla testa
dell’altro mandriano, si era miracolosamente inceppata. Guido Serpa veniva quindi arrestato per tentato omicidio e, successivamente, scarcerato,
mentre l’ipotesi più grave di tentato
omicidio, su richiesta dell’avvocato
Gino Perrotta veniva derubricata, durante il processo, a lesioni gravi.
Per quanto concerne, invece, la posizione di F.S., cugino di Guido Serpa, i due erano venuti alle mani per
questioni legate a una ragazza. Insomma, vicende personali e futili mo-
tivi hanno portato gli inquirenti a sospettare sin da subito di M. M. e F.S.,
ma a loro carico la prova del guanto
di paraffina è risultata subito negativa, mentre l’incontro di ieri mattina
con il pubblico ministero forse era
stato organizzato dagli inquirenti per
tentare di mettere gli indagati sotto
pressione al fine di determinare una
loro confessione, anche parziale, o far
emergere eventuali contraddizioni.
Poi, durante le investigazioni, sono
saltati fuori altri elementi che hanno
portato gli inquirenti sulle tracce degli altri due mandriani, i quali sono risultati essere positivi alla prova stub.
Guido Scarpino
PAOLA
«Accettando a malincuore e con grandissime riserve l’idea che l’Ici» sui terreni oggi divenuti agricoli «(senza Pau approvati) può essere pretesa dall’Ente (sapendo che il discorso “se pagare o meno” rimane molto aperto e
va approfondito dal punto di vista giurisprudenziale anche in altre sedi più opportune),
sulla base di una serie di «considerazioni che
hanno natura tecnico-giuridica, ma soprattutto sulla base di imprescindibili motivazioni di carattere politico-sociale che devono
sempre guidare le scelte amministrative che
incidono concretamente nella vita reale dei
cittadini, a maggior ragione in questo difficile momento di opprimente crisi economica»,
il Psdi di Paola avanza una interessante proposta sul caso dell’Ici. Il partito dei cosiddetti lambertiani, in particolare, propone che «i
valori dei terreni, senza Pau approvati, inse-
Ici sui terreni, proposta del Psdi locale
Riduzione di spesa in attesa del Pau
riti nell’avviso comunale del 21/11/2011 e nella delibera del Consiglio Comunale numero 31
del 7/11/2011, vengano ridotti ad 1/5 ovverosia vengano ridotti dell’80%, fino alla approvazione dei relativi strumenti attuativi e/o comunque del riconoscimento dell’edificabilità
concreta, fermo restando però che siano presi in considerazione, caso per caso, tutte quelle aree che mai in nessun caso potranno essere edificate».
Il riferimento è, secondo la nota del Psdi,
sottoposta all’attenzione del consiglio comunale di ieri, per i seguenti terreni: «terreni già
espropriati dall’Anas, in occasione della co-
Piero Lamberti
struzione della Ss 18 e della Ss107, che ancora catastalmente sono in carico ai proprietari originari; terreni che ricadono nell’ambito
del rispetto stradale o ferroviario; terreni che
ricadono nell’ambito di elettrodotti ad alta
tensione dell’Enel o Ferrovie (3.000 V,
20.000V 60.000v); terreni che hanno una
superficie inferiore al lotto minimo (1200
mq); terreni che hanno una superficie inferiore a 6.000 mq nei casi in cui è previsto l’approvazione di un Pau privato (superficie minima Pau = 6.000 mq); altre situazioni analoghe». Solo se questi terreni, dunque, «saranno oggetto (per un motivo qualsiasi al momento inimmaginabile) di Pau approvati conclude il Psdi cittadino - si potranno considerare a tutti gli effetti “aree fabbricabili” e
quindi per essi sarà possibile applicare l’imposizione ai fini Ici». (g. s.)
41
MERCOLEDÌ 21 dicembre 2011
calabria
SERRA D’AIELLO - AMANTEA - CAMPORA S.GIOVANNI
ora
Ipg, l’ex vescovo in difficoltà
«Non sono contento dell’interrogatorio. Non sono un delinquente»
SERRA D’AIELLO
Ieri mattina, come da programma,
al processo sull’istituto Papa Giovanni XXIIII è stato convocato come testimone monsignor Giuseppe Agostino, all’epoca dei fatti vescovo della
diocesi Cosenza-San Marco Argentano. I difensori del religioso hanno riferito al collegio penale, ad apertura
d’udienza, che il proprio assistito voleva avvalersi della facoltà di non rispondere anche perchè (come tra l’altro sottolineato stesso da mons. Agostino) “ha 83 anni, è diabetico ed ha
già rilasciato delle dichiarazioni sul
procedimento penale in questione”.
Ma i giudici dopo una camera di
consiglio hanno riferito al religioso
che doveva essere ascoltato. Da qui,
su sollecitazione del pubblico ministero, dottor Calamita, l’inizio del racconto sull’Ipg. Una particolare notato subito dal mons. Agostino all’arrivo all’Istituto fu – per come raccontato in aula – l’inadeguatezza della
struttura, all’epoca gestita dal suo
fondatore, don Giulio Sesti Osseo.
Era voce comune, nella Diocesi, che
insistevano problemi da risolvere, distinti da mons. Agostino in due fatti
principali: la capacità di capire e gestire il disagio dei degenti; sapere gestire economicamente la struttura
(don Giulio, secondo mons.Agostino,
non possedeva capacità manageriali).
Da qui il consiglio a farsi aiutare, ma
don Giulio decise di mettersi da parte e la diocesi, pertanto, si era fatta
carico di trovare un sostituto. Per
mons. Agostino la persona giusta era
don Alfredo Luberto; religioso «dimostratasi fin da subito molto capace, competente, intelligente». A questo punto, però, il Pm ha chiesto spiegazioni sulla gestione Chiofalo (subentrato a don Giulio). La gestione
dell’Ipg, per come sottolineato da
mons. Agostino, non chiedeva solo
dei tecnici preparati, ma anche perso-
aveva ascoltato
mons.Agostino. Quest’ultimo,
alla
stessa
domanda, aveva
risposto:
“non ho mai
chiesto e controllato la gestione dell’Ipg, verificavo solo conti
personali di
don Luberto”. Alla visione del verbale, però, mons. Agostino ha affermato che la firma apposta sul verbale
non era la sua. A questa affermazione ha risposto il presidente del tribunale, Paola Del Giudice, che ha sottolineato come detti verbali vengono
firmati alla presenza di testimoni. Altre contraddizioni del prelato sono
state evidenziate allorquando gli è
stato chiesto se conoscesse o avesse
mai visto Arcuri e Pacillo (imputati).
Altra contestazione è stata sollevata
in merito alla cessione dei crediti di
circa 3milioni di euro attestata da un
documento la cui firma è stata riconosciuta da mons.Agostino come
sua, ma non il contenuto dello stesso.
Analoga situazione si è verificata nel
momento in cui era stato deciso di
cedere l’Ipg a dei privati e don Luberto aveva chiesto di restare comunque
nella struttura. Il Pm ha mostrato al
religioso un documento il cui contenuto è stato disconosciuto e la firma
“sembrava” la sua. E’ toccato, poi, all’avvocato Conte sentire il teste. Ma ai
tentennamenti ed alle contraddizioni del religioso, il legale ha risposto:
“noi la rispettiamo, ma lei non deve
offendere la nostra intelligenza e
quella di tutte le persone che hanno
sofferto a causa dell’Ipg”.
contestazioni
al religioso
L’avvocato Conte
sbotta: «Lei non
è in chiesa ma
in un tribunale,
pertanto deve
rispondere»
L’istituto Papa Giovanni XXIII di Serra d’Aiello
ne che riuscissero a dare un senso al- E che, comunque, della decisione di
la vita dei malati. In buona sostanza, voler assumere don Luberto aveva
per seguire pazienti così “particola- messo al corrente il vicario Bilotti
ri”, occorrevano uomini che avessero (non più in vita). Vicario, tra l’altro,
capacità di animazione, valori cristia- addetto al controllo amministrativoni e che dessero dignità ai degenti. Il gestionale della struttura. A questo
lunedì, infatti, il religioso - è il suo rac- punto il Pm ha chiesto se la gestione,
conto - si recava all’istituto per stare con don Luberto, avesse subito dei
vicino ai malati, riuscendo così a ca- cambiamenti. La risposta è stata nepire che la gestione Chiofalo non an- gativa. E poi, se vi erano stati dei condava bene. Il Pm, di
trasti tra don Lubercontro, ha mostrato
to e Chiofalo. La rial testimone la missposta è stata semil
prelato
molto
siva di revoca dell’inpre negativa. Il Pm,
carico a Chiofalo; letperò, ha mostrato
confuso
tera nella quale Agouna missiva al reliDisconosciuti
gioso indirizzata al
stino evidenziava le
i contenuti di
segretario della conalte capacità gestionali del Chiofalo.
alcuni documenti, ferenza episcopale.
Mons. Agostino ha
Qui, ancora una volaltre volte la
riferito di non averta, il religioso ha rila mai scritta. A quebadito che l’Ipg era
firme, oppure
sto punto il Pm ha
stato un tormento,
entrambi
chiesto se don Luun travaglio perché
berto aveva degli
stentava a decollare.
obblighi nei suoi confronti. Mons.
Agostino ha evidenziato che della
parte contabile-amministrativa si occupava Bilotti e che, comunque, don
Luberto li aveva imbrogliati. Poteva,
infatti, aver esibito bilanci fasulli, giocando sulla sorte dell’Ipg. Dietro le
insistenti domande del Pm, ad un
certo punto l’ex vescovo ha perso il
controllo ed ha ammonito i giudici:
“non sono contento di questo metodo di interrogazione. Non sono un
delinquente”. In replica è intervenuto l’avvocato di parte civile, Lucio
Conte: “Lei non è in chiesa, ma in tribunale ed è obbligato a rispondere”.
Il religioso ha poi aggiunto: “Non intendo giustificarmi su nulla, ma non
intendo essere processato”. Il Pm ha
proseguito chiedendo se avesse mai
controllato le buste paga di don Luberto. La risposta secca: “no”. Da qui
la contestazione con il verbale di interrogatorio del magistreato Eugenio
Facciolla (26 /07/ 2007) allorquando
AMANTEA
AMANTEA/2
Politica, due agnelli sacrificali sull’altare comunale
Andrà a voto il siluramento di un assessore e di un consigliere comunale con delega
Pronto il siluramento per due componenti della maggioranza Tonnara: un assessore ed un consigliere comunale con
delega. Il provvedimento, prima di concretizzarsi nei fatti, deve ottenere il placet
di alcuni componenti della Primavera, in
merito ancora piuttosto indecisi. Mandare via queste due persone, infatti, per chi
non ha ancora deciso, potrebbe corrispondere agli occhi dell’opinione pubblica come un fallimento del gruppo Tonnara. Una sorta di ammissione a quanto, da
tempo, si sta denunciando sulla stampa
anche dai consiglieri comunali di opposizione (oltre che da associazioni e qualche imprenditore), ovvero, che da tempo
gli amministratori sono fermi, che tanti
problemi sono rimasti irrisolti, e che molte opere che dovevano già essere state avviate a pino regime, per qualche oscuro
motivo, sono ferme con le quattro frecce.
Ma, perchè mandare via proprio questi
due amministratori? Intanto va detto
che, quando il primo cittadino di Amantea è stato costretto ad assentarsi dalla
sua città per problemi di salute la gestione della cosa pubblica è stata affidata al
vice sindaco, Michele Vadacchino, una
persona molto competente, qualificata,
altruista con un solo “difetto”, molto buo-
STEFANIA SAPIENZA
[email protected]
in particolar modo, un assessore ed un
consigliere comunale con delega) hanno
pensato bene di essere parte attiva nella
gestione dei problemi cittadini solo per
questioni che gli interessavano direttamente, per il resto ognuno per la propria
strada. Senza contare che i settori amministrati da questi due politici non hanno
subito nessun cambiamento (positivo o
negativo che sia) dall’atto dell’insediamento dell’amministrazione Tonnara. In
pratica, non sono mai
decollati. Detto anCon i due
dazzo politico-ammisoggetti il
nistrativo, unitamendialogo difficile te ad un certo malumore cittadino, è stagià da diverso
to notato anche da
tempo
non addeti ai lavori
che la mattina di solito prendono il caffè nella piazzetta di
Il sindaco Franco Tonnara
Amantea per vedere e sentire cose che
poi vengono spifferare a questo o quel
na e disponibile verso tutti. In politica, politico di turno, soprattutto, quando si
infatti, questo elemento viene considera- tratta di vedere conversare leaders polito non un pregio bensì un punto di debo- tici cittadini considerati nemici. Amanlezza su cui poter esercitare pressione per tea si sta preparando al cambiamento, un
poter ottenere ciò che si vuole. Ecco per- cambiamento che sa tanto di nostalgia di
chè a distanza di alcuni mesi alcuni com- vecchi tempi, quando a governare la citponenti della maggioranza Tonnara (due tà erano politici di polso (?).
La biblioteca on line
Il sì dei Lions all’idea
Anche il Lions club di
Amantea ha aderito al progetto “La biblioteca contemporanea”, promosso dalla
biblioteca comunale "F. De
Nobili" di Catanzaro e finanziato dalla Regione Calabria.
L’inizitiva ha come obiettivo la promozione della lettura attraverso la sperimentazione di ebook caricati su
E-reader. I supporti per la
lettura di libri digitali, forniti dalla Rubbettino editore, partner capofila del progetto, sono distribuiti a tredici gruppi di lettori, sparsi
su tutto il territorio calabrese, fra i quali il Lions Club
di Amantea.
Un eBook reader o, tradotto in lingua italiana, lettore di libri elettronici, infatti, è un dispositivo elettronico portatile che permette di caricare un gran
numero di testi in formato
digitale (eBook) e di leggerli analogamente ad un libro
cartaceo. I lettori di eBook
sono studiati quasi esclusivamente per la lettura di testi, e nell'accezione originaria vengono identificati come aventi schermi con tecnologia e-ink.
Ma, ritornando al progetto, ogni partecipante potrà
provare a leggere un ebook
e valutere l’esperienza attraverso la compilazione di un
questionario; potrà inoltre
dialogare con gli altri lettori (del suo gruppo e degli altri gruppi) grazie a un forum di discussione attivo
sul sito dedicato al progetto,
all'interno del sito della Biblioteca
"De
Nobili"
www.bibliotecadenobili.it.
Il progetto si concluderà
con un convegno organizzato nella biblioteca "De Nobili" di Catanzaro che prevedrà interventi di esperti del
settore e durante il quale saranno presentati i dati riguardo il gradimento dell'esperienza fra i lettori.
MERCOLEDÌ 21 dicembre 2011 PAGINA 41
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0962.21021
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0962.6116
Questura
0962.951111
Polizia Ffss
0962.21259
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Polizia Municipale
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Aeroporto S. Anna
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0962.21900
0962.929411
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0962.791150
0962.26650
0962.21762
Opere finanziate ma inesistenti
La Gdf scopre una produzione di falsa documentazione fiscale
Ieri i militari del nucleo di
Polizia Tributaria della
Guardia di Finanza di Crotone hanno dato esecuzione al
Decreto di Sequestro emesso
dal Gip presso il tribunale di
Crotone, Paolo De Luca, che
ha disposto il sequestro di
beni, anche per equivalente,
fino alla concorrenza dell’importo di 350.000 euro. Il
provvedimento ha riguardato una coppia di coniugi residenti a Crotone, M.M. di 38
anni e C.G. di 36 anni, titolari di due ditte individuali con
attività di coltivazione di semi e colture protette.
Le indagini, coordinate
dal sostituto procuratore
della Repubblica di Crotone
- Francesco Carluccio, hanno evidenziato come sia stata sistematicamente posta in
essere la fittizia produzione
La truffa
messa in atto
da due coniugi
titolari di ditte
individuali
di documentazione fiscale e
contabile, allo scopo di indurre la Regione Calabria ad
erogare un contributo legato al miglioramento delle
strutture di produzione, trasformazione e vendita dei
prodotti agricoli, finanziato
dal Feoga attraverso il programma operativo regionale
Calabria 2000 - 2006. In base alle risultanze investigative si è appurato che alcuni
attività produttive
cumentazione contabile e
bancaria e dal riscontro diretto effettuato dai finanzieri crotonesi.
In particolare, è stata accertata la mancanza delle
strutture “finanziate” e la sola presenza di uno scheletro
esterno senza alcuna copertura laterale e senza coltura
nel terreno. L’obsolescenza
delle scarne opere presenti,
quindi, ha posto in risalto la
nel caso in cui una pratica risulti incompleta, l’Ufficio
provvederà ad avvisare, per
iscritto, gli interessati, comunicando l’elenco dei documenti mancanti avvertendo
che in caso di inadempienza
l’istanza verrà respinta ed archiviata; compatibilmente
con l’effettiva disponibilità di
personale degli uffici ed il numero di istanze presentate, si
garantirà l’avvio dell’istruzione delle pratiche presentate
entro i 15 giorni lavorativi antecedenti la data di convocazione delle Commissioni; la
presentazione delle pratiche
entro 15 giorni lavorativi antecedenti la convocazione delle commissioni garantisce
l’avvio dell’istruttoria, ma
non il positivo completamento della stessa.
Il completamento dell’istruttoria delle pratiche sarà terminato secondo i termini previsti dalla normativa.
Tagli ai collegamenti
Sit-in alla stazione
Protesta ieri davanti alla
stazione di Crotone, promossa dagli assessori comunali di Cutro, Carletto Squillace e Antonio Lorenzano,
per manifestare contro il taglio dei treni a lunga percorrenza.
Il sit in, che ha avuto
un’adesione al di sotto delle
aspettative dei promotori,
era nato dal problema segnalato da un ragazzo diversamente abile, di origini cutresi, residente in Emilia Romagna, che non riesce a venire a trascorrere le vacanze
natalizie in Calabria, perché
cuzione lavori, il quale aveva
attestato piena corrispondenza delle opere realizzate
con il progetto finanziato.
Per recuperare le somme indebitamente riscosse, il Gip
ha autorizzato il sequestro
per equivalente di beni nella
disponibilità degli indagati.
Sono stati effettuati, pertanto, i sequestri dei saldi attivi
dei conti correnti intestati
agli indagati e di alcuni immobili ad essi riconducibili,
individuati in Crotone.
Ancorauna volta dunque
di dimostra come i finanziamenti europei siano facile
preda di imprenditori poco
scrupolosi che non realizzano gli investimenti previsti
dai progetti che vengono
presentati all’attenzione dell’ente e della stessa comunità europea.
Della struttura
dichiarata
esisteva
uno scheletro
mai finito
occupazione
trasporti
Si insedia la commissione
per il rilascio delle licenze
«E’ importante il ruolo di
questa commissione poiché
ha il compito di interagire con
le associazioni di categoria
sulle delicate tematiche dei
trasporti». Così commenta
l’assessore provinciale Antonio Leotta l’insediamento della commissione consultiva
per il rilascio delle licenze per
l’autotrasporto in “conto proprio”. L’organismo, presieduto dal dirigente della Provincia Antonio Leone, si è insediato nei giorni scorsi.
Fanno parte della commissione l’ente intermedio, la
motorizzazione civile, la camera di commercio, l’Ance,
Confartigianato, Coldiretti,
Confagricoltura, Confcommercio.
Tutte le pratiche presentate agli uffici dovranno essere
complete della documentazione necessaria all’istruzione delle stesse, sia essa documentale che autocertificativa;
imprenditori hanno premesso, attraverso l’emissione di
fatture per operazioni inesistenti per oltre 700.000 euro, un aumento ingiustificato dei costi da rendicontare
alla Regione. In effetti tali
rapporti commerciali, giustificati dai diretti interessati
con la costruzione, tra l’altro,
di alcune serre metalliche,
sono stati smentiti dall’approfondito esame della do-
difformità di quanto realizzato dall’impresa beneficiaria con quanto previsto dal
progetto e quanto rendicontato in sede di collaudo. Si è
appurato che le opere finanziate sono state in buona
parte realizzate tra il 1999 ed
il 2006, prima ancora che il
progetto fosse presentato, e
quasi del tutto completate
molto prima che lo stesso
progetto, seppure presentato, venisse alla fine approvato e finanziato. Attraverso
tutta una serie di artifizi e
raggiri, consistiti in false dichiarazioni ed attestazioni,
corredate da documentazione contabile ideologicamente falsa, l’impresa beneficiaria ha ingannato l’Ente erogante prospettando una falsa rappresentazione della realtà, facendo figurare che le
opere erano state realizzate
successivamente alla data
del decreto concessorio.
E’ stata posta all’attenzione della Corte dei Conti,
inoltre, la condotta del funzionario regionale incaricato dell’accertamento di ese-
non è riuscito a trovare servizi alternativi di trasporto
pubblico per i diversamente
abili.
Alla protesta ha aderito
anche l’Italia dei Valori, che
ha allestito un apposito gazebo per informare sulle
problematiche dei trasporti
nel territorio crotonese. Con
appositi striscioni e cartelli,
i promotori hanno sottolineato che la strategia dei tagli messi in campo nel settore ferroviario, porterà ad un
ulteriore isolamento del territorio, già dotato di precarie
infrastrutture viarie.
Zurlo scrive all’Eni:
«Pensi ai nostri lavoratori»
Il presidente della Provincia di Crotone, Stano Zurlo, e
Pietro Durante dell’assessorato al Lavoro, hanno scritto nei
giorni scorsi al presidente dell’Eni Giuseppe Recchi. «Solo
un suo intervento, potrebbe
essere utile a risollevare le sorti di circa 80 famiglie della
provincia di Crotone. Trattasi
dei dipendenti della società
Getek Ict srl che fino all’anno
scorso, hanno gestito, in loco,
con acclarata professionalità,
la commessa del ContactCenter Inps/Inail, poi vinta
dalla società Transcom Worldwide grazie agli incentivi
concessi dal Governo alle
aziende operanti a L'Aquila.
Questi lavoratori –scrivono
Zurlo e Durante- da circa due
anni in cassa integrazione ordinaria e straordinaria, più
volte hanno rappresentato
agli enti locali il loro totale disagio sia economico ma soprattutto psicologico in quan-
to, pur avendo sempre avuto
lodi e apprezzamenti per le
attività svolte, dall’oggi al domani si sono trovati senza lavoro. Da poco tempo abbiamo appreso la lieta notizia
dell’apertura, da parte della
società Infocontact di un callcenter, per conto dell’ Eni a
Filadelfia Considerato che il
notorio connubio con questa
città, già instaurato oltre
trent’ anni fa, ha contribuito
fortemente allo sviluppo ed
alla crescita dell’ Eni stessa.
E’ nostro dovere insistere e
sperare nella sua sensibilità
affinché si adoperi all’apertura di un analogo call-center
nella città di Crotone. Resta
inteso che questo ente -concludono Zurlo e Durantemetterà in campo tutte le procedure legittime e non mancherà di assicurare il massimo della collaborazione affinché la presente proposta possa concretizzarsi».
Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
9
Calabria
.
REGGIO Ieri pomeriggio negli uffici della Procura è stato sentito come indagato per il reato di falso in atto pubblico nella qualità di ex sindaco della città
Caso Fallara, Scopelliti per un’ora davanti ai pm
Il governatore: «Sono sereno. Ho dimostrato la mia estraneità». Il distinguo tra responsabilità gestionale e politica
Paolo Toscano
REGGIO CALABRIA
Al sesto piano del Cedir, ieri
pomeriggio, Giuseppe Scopelliti è rimasto poco più di
un’ora. Il governatore della
Calabria è stato sentito in Procura nell’ambito dell’inchiesta
relativa al “caso” di Orsola Fallara, dirigente del settore Finanze del Comune, morta suicida nel dicembre dello scorso
anno dopo aver ingerito un
composto a base di acido muriatico.
Lasciando gli uffici giudiziari il governatore si è detto sereno: «Ritengo di aver dimostrato – ha dichiarato – la mia
completa estraneità alla vicenda». Scopelliti è indagato per
falso in atto pubblico (irregolarità riscontrate nei bilanci
comunali che vanno dal 2008
al 2010) nella sua qualità di ex
sindaco di Reggio Calabria, insieme con i revisori dei conti
dell’epoca: Carmelo Stracuzzi,
Domenico D’Amico e Ruggero
Alessandro De Medici. Comparsi nei giorni scorsi davanti
ai magistrati reggini, i tre ex
revisori dei conti si erano avvalsi della facoltà di non rispondere. Non avevano, dunque, chiarito la loro posizione
in relazione ai bilanci comunali finiti sotto la lente degli
ispettori del ministero che a
conclusione del loro lavoro
avevano rilevato anomalie per
importi pari a 170 milioni di
euro.
Scopelliti, invece, ha puntato a chiarire gli aspetti della vicenda che lo interessano. E
l’ha fatto rispondendo alle domande poste dal procuratore
Giuseppe Pignatone, dall’aggiunto Ottavio Sferlazza e dai
sostituti Sara Ombra e France-
MINISTERO
DELLE INFRASTUTTURE
E DEI TRASPORTI
PROVVEDITORATO INTERREGIONALE
OPERE PUBBLICHE - SICILIA CALABRIA
UFFICIO 8 – OPERE MARITTIME
PER LA CALABRIA REGGIO CALABRIA
Tel 0965 47498 fax 0965 48285
AVVISO AGGIUDICAZIONE PROCEDURA
NEGOZIATA SENZA PUBBLICAZIONE
In data 29/11/2011 questa Amministrazione ha
affidato l’appalto per l’esecuzione dei lavori di
rifacimento dei prospetti esterni e per la riqualificazione funzionale e l’adeguamento
normativo degli impianti tecnologici della
palazzina Vigili del Fuoco e dei Carabineri
sita nell’ambito del porto di Corigliano (CS)
- CIG: 3567944886 CUP D76B10000270001
Avviso inviato per la pubblicazione alla
G.U.R.I. in data 14 dicembre 2011; Importo
complessivo dell’appalto posto a base di gara: euro 610.351,48 di cui euro 11.967,68 per
oneri di sicurezza non soggetti a ribasso: Importo dell’affidamento: ribasso offerto
35,981% per l’importo di euro 383.079,33 di
cui: euro 11.967,68 per oneri relativi all’attuazione dei piani della sicurezza non soggetti a ribasso. Criterio di aggiudicazione: prezzo più
basso. Imprese invitate: 18; Imprese concorrenti: 8; Imprese escluse: 1. Impresa aggiudicataria: Costruzioni A. Straface srl con sede in
via Giusti, n. 23 – 87055 San Giovanni in Fiore (
CS). Responsabile del procedimento: Dott.
Arch. Antonio Napolitano– Ufficio 8 Opere Marittime per la Calabria – Piazzale del Porto
Nord, n. 5 – 89121 Reggio Calabria. Tel.
0965/47498 – fax n. 0965/48285
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
Dott. Arch. Antonio Napolitano
sco. Alla contestazione che
non poteva non sapere che la
dirigente Fallara metteva delle grosse poste di bilancio falsificando i documenti, l’ex sindaco ha replicato richiamandosi a un passaggio della relazione degli ispettori ministeriali: «Basandosi su quanto
previsto dal testo unico degli
enti locali – ha chiosato il governatore – bisogna fare il distinguo tra le competenze dei
dirigenti, che sono gestionali,
e quelle dei politici». A tal proposito c’è da ricordare chegli
ispettori concludevano che «il
sindaco e il segretario generale potevano non sapere che
c’erano irregolarità nei bilanci».
Puntando ad allontanare i
dubbi di un suo eventuale
coinvolgimento nella vicenda
dei bilanci manomessi, finita
al centro dell’interesse nazionale con il suicidio della dirigente del settore Finanze del
Comune, Scopelliti ha aggiunto: «Ero all'oscuro di tutto.
Posso tranquillamente dire
che è stata tradita la mia fiducia. Personalmente non avevo
alcun interesse a rovinarmi la
reputazione di giovane politico che nel 2007 aveva vinto le
amministrative con il 70% dei
consensi. È il caso di ricordare
che sempre nel 2007 ho fatto
qualcosa con 265 gare di appalto, tutte nel pieno rispetto
delle norme in materia. Io non
sapevo che c’erano voci di bilancio gonfiate. C’erano tecnici ed esperti che controllavano
e nessuno mi ha mai comunicato di aver rilevato anomalie.
Quale necessità avevo di gonfiare i bilanci? Se avessi saputo che c’era qualcosa che non
andava avrei chiuso i rubinetti
e avrei imposto di non spende-
Provincia
di Reggio Calabria
Stazione Unica Appaltante Provinciale
Amministrazione Aggiudicatrice:
Comune di Rosarno
Estratto di gara per procedura aperta
OGGETTO: Comune di Rosarno-“Servizio
di refezione scolastica nelle scuole materne, elementari e medie a tempo pieno del
Comune di Rosarno” C.I.G.: 3095579898 CUP: D99E11000340004
L’importo complessivo dell’appalto: euro
374.080,00 oltre IVA ed euro 3.600,00 per
oneri di sicurezza non soggetti a ribasso
Categoria di servizio 17.
Criterio di aggiudicazione: Offerta economicamente più vantaggiosa,ai sensi
dell’art.83 del D. Lgs.163/2006.
Finanziamenti: Fondi Bilancio Comunale.
Le offerte dovranno pervenire, a pena di
esclusione, alla Stazione Unica Appaltante Provinciale Via Cimino n.1 - 89127 Reggio Calabria entro e non oltre le ore 12.00
del giorno 13/01/2012.
L’apertura delle offerte sarà effettuata il
16/01/2012 alle ore 10,00. Il bando integrale è pubblicato all’Albo Online della Provincia e del Comune di Rosarno, sul portale
dell’Ente www.provincia.rc.it e www.comune.rosarno.rc.it e sui siti della Regione Calabria e del Ministero delle Infrastrutture.
Responsabile Unico del Procedimento:
Dott.ssa Filomena Scala. Responsabile del
Procedimento di gara: Teresa Cara. Data di
invio bando alla G.U.U.E 06/12/2011
Data di invio alla G.U.R.I. 13/12/2011
IL DIRIGENTE: Mariagrazia Blefari
REGGIO Nuova perizia sui documenti
Farmacia fallita
chiesti per Sarra
sei anni e otto mesi
REGGIO CALABRIA . Slitta la
Il governatore Giuseppe Scopelliti, accompagnato dall’avvocato Aldo Labate, al suo arrivo al Cedir
re più».
Dopo aver sottolineato come, purtroppo, il problema sia
piuttosto generalizzato e investe molte altre città, comprese
alcune calabresi, Scopelliti ha
ricordato di aver fatto delle
scelte mettendo delle persone
di fiducia e di qualità nei vari
settori comunali: «E tra queste
persone – ha aggiunto – c’è
stato chi, come l’architetto Saverio Putortì, ha denunciato le
anomalie a Urbanistica, e chi,
invece, si è comportato diversamente».
L’indagine, coordinata dal
MINISTERO
DELLE INFRASTUTTURE
E DEI TRASPORTI
PROVVEDITORATO INTERREGIONALE
OPERE PUBBLICHE - SICILIA CALABRIA
UFFICIO 8 – OPERE MARITTIME
PER LA CALABRIA REGGIO CALABRIA
Tel 0965 47498 fax 0965 48285
AVVISO AGGIUDICAZIONE PROCEDURA
NEGOZIATA SENZA PUBBLICAZIONE
In data 29/11/2011 questa Amministrazione
ha affidato l’appalto per l’esecuzione dei
lavori di consolidamento del muro di sponda
della banchina “ Margottini” lato radice di
ponente del porto di Reggio Calabria.- CIG:
3567154C97 CUP D38C10000340001
Avviso inviato per la pubblicazione alla
G.U.R.I. in data 14 dicembre 2011;
Importo complessivo dell’appalto posto a
base di gara: euro 720.000,00 di cui euro
20.000,00 per oneri di sicurezza non soggetti
a ribasso: Importo dell’affidamento: ribasso offerto 41,567% per l’importo di euro
409.031,00 di cui: euro 20.000,00 per oneri
relativi all’attuazione dei piani della sicurezza
non soggetti a ribasso. Criterio di aggiudicazione: prezzo più basso. Imprese invitate: 10; Imprese concorrenti: 2; Imprese
escluse: nessuna. Impresa aggiudicataria: Crotonscavi Costruzioni Generali S.p.A.
con sede in via Pantusa, n. 32 - 88074 Crotone
Responsabile del procedimento: Dott. Ing.
Franca Vampo – Ufficio 8 Opere Marittime
per la Calabria – Piazzale del Porto Nord, n. 5
– 89121 Reggio Calabria. Tel. 0965/47498 –
fax n. 0965/48285
IL RESPONSABILE DEL PROCEDIMENTO
Dott. Ing. Franca Vampo
procuratore aggiunto Ottavio
Sferlazza e condotta dai sostituti Francesco Tripodi e Sara
Ombra, era partita in seguito a
un esposto presentato dall’ex
assessore regionale Demetrio
Naccari Carlizzi e dall’ex consigliere comunale Sebi Romeo.
I due esponenti del Partito
Democratico sostenevano che
la dirigente Orsola Fallara si
era attribuita emolumenti aggiuntivi non spettanti quale
rappresentante del comune
nella commissione tributaria e
che i bilanci comunali erano
irregolari. Le somme, che secondo l’accusa, avrebbe indebitamente percepito la dirigente del settore Finanze si
aggiravano intorno al milione
di euro. Inoltre, dagli accertamenti era emerso, che all’architetto Bruno Labate, legato
sentimentalmente alla Fallara,
erano state corrisposte somme
non spettanti pari a 842 mila
euro. Restituito nell'immediatezza dello scandalo 160 mila
euro, Labate aveva poi proposto al Comune una transazione pluriennale per restituire di
buona parte della somma.
sentenza nel processo che si
sta celebrando in abbreviato
e vede il sottosegretario della Regione Calabria Alberto
Sarra imputato di bancarotta
fraudolenta pluriaggravata
per il fallimento della “Farmacia centrale”.
Il pubblico ministero Federico Perrone Capano ha
chiesto la condanna a 6 anni
e 8 mesi per Sarra e 3 anni
per l’altra imputata, Antonina Maria Rosa Marrari, socia
nella farmacia.
Completata la discussione, il gup Andrea Esposito si
è ritirato in camera di consiglio. Ma quando è tornato in
aula invece del dispositivo di
sentenza ha letto l’ordinanza
con cui disponeva, come richiesto nelle udienze precedenti dalla difesa, la nomina
di un perito d’ufficio al fine
di sottoporre a nuovi accertamenti alcuni documenti,
peraltro già precedentemente sottoposti ad accertamenti
tecnici da parte sia del pm,
sia della difesa.
L’udienza è stata aggiornata al 10 gennaio per il conferimento dell’incarico al
prof. Giuseppe Sofia.
L’accusa contestata nel
procedimento in corso di celebrazione si riferisce al fallimento dichiarato nel 2006
Alberto Sarra
della “Farmacia centrale”,
farmacia storica di Reggio
Calabria situata su Corso Garibaldi, di cui Sarra, secondo
l’accusa, era socio di fatto.
Secondo l’accusa, Sarra,
Marrari e Francesco Serrao
(che nel frattempo ha patteggiato) avrebbero occultato un milione e mezzo di euro, parte del quale ottenuta
dalla “Farmacia centrale”
quale finanziamento da Federfarma e poi trasferiti alla
società Sarfarm di cui Sarra
era socio unico ed amministratore.(p.t.)
REGGIO Rigettata dal Tdl di Milano anche la richiesta di riesame di Leonardo Valle
Il giudice Giglio rimane in carcere
REGGIO CALABRIA . Rimangono
in carcere il giudice Vincenzo
Giuseppe Giglio e Leonardo
Valle, due delle persone arrestate il 30 novembre scorso
nell’ambito del blitz coordinato
dalla Dda milanese contro la
’ndrangheta.
Lo ha deciso il tribunale del
riesame di Milano che ha respinto la richiesta, avanzata dai
legali dei due indagati, di revoca dell’ordinanza di custodia
cautelare firmata dal gip Giuseppe Gennari accogliendo la
richiesta dei magistrati della
Dda milanese coordinate dal
procuratore aggiunto Ilda Boccassini. L’inchiesta della Polizia
si era occupata delle attività
della cosca Valle-Lampada, attiva in Lombardia e costituita da
appartenenti alle due famiglie
reggine originarie di Archi, frazione della periferia nord della
città. Il riflesso del lavoro investigativo si era registrato con
clamorosi arresti in Calabria.
I giudici del Tribunale della
libertà milanese al momento
hanno solo emesso il dispositivo
mentre sono attese per i prossimi giorni le motivazioni che li
hanno portati a decidere di rigettare l’istanza dei due indagati. Il giudice Giglio, che è presidente delle misure di prevenzione del tribunale di Reggio
Calabria, ora sospeso da funzioni e stipendio con provvedimento del Csm, era stato arrestato insieme con il cugino medico e omonimo, Vincenzo Giglio, il consigliere regionale del-
Vincenzo Giuseppe Giglio
la Calabria Francesco Morelli
(Pdl), l’avvocato Vincenzo Minasi, i fratelli Francesco e Giulio
Lampada, Leonardo Valle ed altre persone nell’ambito dell’inchiesta con al centro il clan Valle-Lampada, già decimato nel
luglio 2010 e guidato dal “patriarca” Francesco Valle. Le persone finite in carcere poco meno di un mese fa rappresentano,
secondo il gip, la “zona grigia”,
il volto “presentabile” dei clan
che operavano tra Lombardia e
Calabria.
Ieri, davanti ai giudici del riesame, si è svolta l’udienza sempre relativa alla richiesta di
scarcerazione avanzata da un
altro degli arrestati e cioè Raffaele Fermino. Oggi toccherà a
Francesco Lampada.(r.rc)
Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
29
Calabria
.
REGGIO Gli investigatori della Guardia di Finanza stanno stringendo il cerchio attorno al commercialista Roberto Emo già arrestato nell’operazione Astrea
False sponsorizzazioni, cinque indagati
Decine di perquisizioni in studi di noti professionisti. Al centro dell’indagine il Real Reggio Tremulini
Piero Gaeta
REGGIO CALABRIA
Nella mattinata di ieri, sotto la
direzione del sostituto procuratore Rosario Ferracane, i finanzieri del Gico del Nucleo di
Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Reggio Calabria, hanno eseguito numerose
perquisizioni – una decina circa – nei confronti di studi di
commercialisti e noti imprenditori reggini.
Nel corso dell’attività, i finanzieri hanno anche notificato cinque avvisi di garanzia nei
confronti di altrettanti indagati, per il reato di associazione a
delinquere finalizzata all’emissione e utilizzo di fatture false.
Entrando nel dettaglio, l’attività investigativa ha preso le
mosse da una verifica della posizione fiscale della nota società sportiva “A.S. Real Reggio
Tremulini Calcio a 5“, con sede
a Reggio Calabria, presso il negozio di articoli sportivi “Sport
In” di Demetrio Labate, sito sul
viale Aldo Moro che attualmente milita in serie B.
Tale società sportiva – inizialmente composta da dodici
tra imprenditori e professionisti reggini – è nota alle cronache sportive per essere riuscita,
in appena sei stagioni, a compiere un’impresa raggiungere
la serie A partendo dalla serie
C.
Nella stagione sportiva
2006-2007 – annualità attualmente oggetto di approfondimento da parte degli investigatori del Gruppo Guardia di Finanza – la squadra reggina arrivò al quart'ultimo posto e,
nella stagione 2007-2008, riuscì ad invertire le sorti di un
inesorabile declino (accentuato dai sei punti di penalizzazio-
ne giunti con il Comunicato Ufficiale n. 259, nel quale la società reggina veniva giudicata
rea di aver prodotto una falsa
documentazione per l'iscrizione al precedente campionato
2006/'07), riuscendosi a salvare al termine delle gare nella
terribile
girandola
dei
play-out.
Con quest’operazione, gli
agenti delle Fiamme gialle
hanno stretto ancora di più il
cerchio nei confronti del commercialista Roberto Emo, che è
stato prima portiere, poi allenatore e quindi dirigente della
squadra di calcio a 5 e di recente è stato tratto in arresto proprio dal Gico di Reggio Calabria nell’ambito della famosa
operazione Astrea, quella che
ha squarciato il perimetro di
quella “zona grigia” che, grazie
alla complicità di insospettabili
professionisti, alimenta il potere della ’ndrangheta.
Più in particolare, gli accertamenti di natura tributaria effettuati dagli specialisti della
Finanza hanno messo in luce
l’esistenza di un complesso sistema di fatturazioni false, che
veniva mascherato dietro fittizi
contratti – ove esistenti – di
“sponsorizzazioni”, per la partecipazione ai dispendiosi
campionati nazionali di calcio
a 5.
In tale contesto, numerosi
sono risultati gli imprenditori
reggini che hanno consapevolmente fornito il loro ausilio al
dominus Roberto Emo, il quale
avrebbe utilizzato la falsa documentazione fiscale emessa
dalla società sportiva “Real
Reggio”, ottenendo, di converso, un indebito aumento dei
costi, per un valore totale, allo
stato, pari a circa un milione di
euro.
REGGIO Il comandante del Ros sentito nel processo “Piccolo carro”
Russo: il commercialista Zumbo
ha favorito la crescita della ’ndrangheta
REGGIO CALABRIA . «È indubbio
I commercialisti Roberto Emo e, sotto, Giovanni Zumbo
Astrea
Roberto Emo è stato arrestato assieme a Giovanni Zumbo (che era già detenuto nel carcere di Opera) dalle Fiamme Gialle lo
scorso 18 novembre
nell’ambito dell’operazione Astrea che ha messo in
luce come la ’ndrangheta
possa contare sull’opera
di insospettabili colletti
bianchi che svolgono funzioni di veri e propri consulenti e all’utilizzo di numerosi “prestanome” ai
quali viene attribuita la titolarità - solo formale - di
importanti realtà economiche.
che Giovanni Zumbo abbia volontariamente portato un contributo alla conservazione e al consolidamento della ’ndrangheta».
Lo ha sostenuto il tenente colonnello Stefano Russo, comandante del Ros provinciale, sentito ieri come testimone nel processo
“Piccolo carro”. Processo che si
celebra in Tribunale e vede alla
sbarra insieme con il commercialista Zumbo, considerato dagli
inquirenti come una talpa delle
cosche, Giovanni Ficara, posto al
vertice dell’omonima cosca attiva nella zona sud della città e
l’imprenditore Demetrio Praticò. L’operazione “Piccolo carro”
era stata condotta dai Carabinieri nel settembre 2010 nell’ambito dell’indagine su un gravissimo
episodio: il ritrovamento di una
Fiat Marea imbottita con armi ed
esplosivo nel giorno della visita
del Presidente Napolitano.
Russo si è detto convinto che
la ’ndrangheta sia stata avvantaggiata dalle informazioni fornite da Zumbo ad alcuni dei suoi
esponenti di vertice: «Il più immediato risultato per l’associazione – ha spiegato – è stato di costringerci alla chiusura dell’attività di intercettazione a casa di
Giuseppe Pelle. Il fatto che Zumbo avesse la possibilità di conoscere nel dettaglio le attività investigative portate avanti da più
uffici di Polizia Giudiziaria tra
Reggio e Milano e i tempi di esecuzione delle operazioni, come
egli stesso più volte assicurava,
Tenente colonnello Stefano Russo
faceva ritenere primario l’interesse a tutelare il lavoro d’indagine». Il tutto avveniva nella fase in
cui tra Reggio e Milano stavano
per scattare operazioni estremamente importanti come “Crimine” e “Meta”. Si trattava di indagini di eccezionale importanza
che hanno rivelato l’attuale
struttura della ’ndrangheta con
sostanziali elementi di novità rispetto al passato e il cui felice esito operativo con la cattura di oltre 350 associati ha consentito di
arrestare i capi di molti tra i locali
di ’ndrangheta in molte regioni e
anche all’estero».
Insomma, secondo Russo,
c’era il rischio che grazie alle informazioni che Zumbo era in
grado di dare, molti degli indagati, soprattutto i più importanti,
si potessero rendere irreperibili
al momento dell’esecuzione, segnando il fallimento dell’operazione: «Le nostre indagini – ha
proseguito Russo – non poteva-
no divenire, grazie alle rivelazioni di Zumbo, strumento in mano
a Pelle, il quale avrebbe utilizzato le informazioni in suo possesso per favorire alcune cosche e
danneggiarne altre. In più, il fatto che Zumbo avesse la possibilità di essere costantemente aggiornato su tutte le indagini
dell’Arma, compresa “Reale”,
tanto da essere già a conoscenza
dell’esistenza della telecamera
davanti alla casa di Bovalino di
Pelle e dei dettagli sui tentativi di
installare una microspia all’interno dell’abitazione, induceva a
ritenere altissimo il rischio che la
scoperta dell’ambientale a casa
Pelle fosse solo questione di tempo e che personaggi del calibro di
Peppe Pelle, i suoi fratelli, Rocco
Morabito, Ficara, Latella, si dessero alla macchia».
La circostanza che alle diverse
operazioni si sia sottratto un numero estremamente esiguo, assolutamente “nella media” per
operazioni vaste e complesse, fa
ritenere agli inquirenti di avere
adottato la giusta strategia.
«Nella decisione di fermare
Pelle e gli altri – ha concluso Russo – si è altresì tenuto conto del
fatto che la loro cattura si sarebbe comunque resa necessaria, da
lì a brevissimo, al fine di evitare
che venissero portati a compimento gravi reati contro la persona. L’attività di intercettazione
sarebbe comunque cessata a breve, tenuto conto che Pelle era tra
le persone che sarebbero state
coinvolte in “Crimine”».(p.t.)
Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
33
Cronaca di Reggio
.
Il Questore, nel suo messaggio di auguri, segnala passi avanti in favore della legalità
INTESA SIGLATA
Asp-Comune
sono uniti
nella lotta
al randagismo
«Qualcosa è cambiato in questi ultimi tre anni, c’è più collaborazione» dilagante
Casabona: si è aperta una breccia
nella lotta contro la ’ndrangheta
Tonio Licordari
Non vuole dare numeri, non intende fare bilanci ma desidera
solo un inviare un messaggio di
auguri ai reggini, accompagnati
dalla convinzione che contro la
'ndrangheta si è aperto uno spiraglio e invita i cittadini ad avere più fiducia nelle forze di Polizia. Il questore Carmelo Casabona ha invitato i giornalisti nel
suo studio per un cordiale incontro di fine anno e per dare
speranza agli uomini (e anche
alle donne, s'intende) di buona
volontà. Niente appunti, niente
comunicati: parla a braccio e a
cuore aperto. Fa riferimento a
Corrado Alvaro che diceva «i calabresi vogliono essere parlati»
e il dott. Casabona intende farlo
attraverso i media in occasione
delle imminenti festività.
Proprio ieri abbiamo pubblicato il piano dei servizi per garantire la sicurezza in questi
giorni particolari. Il Questore ha
intensificato, a livello preventivo, i servizi di controllo del territorio per impedire le azioni di
microcriminalità che di solito
“crescono” durante le festività.
Sul versante della 'ndrangheta è
convinto di una casa: è l’inizio
della fine.
«Sono passati tre anni circa –
sottolinea – da quando sono arrivato a Reggio. E francamente
siamo riusciti, intendo a livello
di Magistratura e Forze dell’ordine, a condurre un percorso significativo. Oggi possiamo giocare a carte scoperte con la 'ndrangheta: conosciamo i clan,
le complicità, le infiltrazioni,
buona parte della zona grigia.
Ciò significa che si è aperto uno
spiraglio. Siamo andati in profondità, possiamo farcela».
Inevitabile il confronto con la
mafia siciliana: «Ritengo – sottolinea – di avere una certa
esperienza nei confronti di tutte
le mafie. Ho cominciato nella
mia Sicilia l’'attività di Polizia,
sono stato a Milano dove ho potuto già sin da quei tempi scoprire che i tentacoli della criminalità del Sud si erano ormai spinti
anche nel Nord; prima di venire
a Reggio sono stato questore di
Caserta, dove la camorra è caratterizzata dalla presenza dei
casalesi. E anche in Campania i
risultati positivi non sono mancati. In Sicilia lo Stato è riuscito
a scardinare ma mafia, o quanto
meno a limitarla. In Calabria
non si è raggiunto quel livello,
ma siamo sulla buona strada.
Ripeto: sono convinto che il
punto di partenza è stato raggiunto, può essere per la criminalità organizzata calabrese
l’inizio della fine».
In Sicilia la mafia è stata scardinata. E in Calabria la 'ndrangheta? «Per adesso – dice – l’abbiamo certamente arginata.
Faccio solo un esempio che può
valere per tutte le altre inchieste. A Siderno al clan Commisso
abbiamo sequestrato beni per
200 milioni di euro, una cifra
enorme. Un’operazione questa
che ha tagliato le gambe a questa organizzazione che dettava
legge in quel territorio e che
aveva accumulato enormi ricchezze convinta di poter continuare a spadroneggiare. In città
e in Provincia abbiamo smantellato i clan, scoperto anche la criminale struttura organizzativa
della 'ndrangheta».
A questo punto il dott. Casabona si rivolge ai cittadini: «Serve una maggiore collaborazione
dalla società civile. Insieme si
Il questore Carmelo Casabona
può fare il salto di qualità. Una
persona deve essere nelle condizioni di aprire un’attività senza
chiedere il permesso al clan, un
imprenditore o un commerciante a lavorare senza essere vittima di un’estorsione, un famiglia
di mandare i propri figli a scuola
convinta di poter garantire loro
un avvenire tranquillo. Quando
si raggiungeranno questi livelli
si può dire che la 'ndrangheta è
sconfitta. Le legalità è garanzia
di sviluppo, senza sicurezza non
si potrà mai crescere».
E chiude citando due esempi
che fanno ben sperare: «Qual-
che giorno fa ho incontrato qui
in questura una delegazione di
cittadini rione Modena. Mi hanno chiesto di intensificare i controlli e loro hanno promesso collaborazione. Tempo addietro,
dopo un’operazione, sui muri
della strada che conduce a San
Sperato erano apparse delle
scritte che ringraziavano la Polizia. Questi due episodi confermano che qualcosa sta cambiando. Speriamo di poter continuare sulla strada intrapresa.
Ed è proprio questa segnale di
speranza la mia strenna natalizia ai reggini».
Il direttore generale dell’Asp
Rosanna Squillacioti ha avviato le procedure per rendere
operativo un progetto finalizzato alla lotta al randagismo
predisposto dai Dirigenti del
servizio veterinario di Sanità
animale e di Igiene degli allevamenti e delle Produzioni
zootecniche. È un progetto ambizioso di tutela della salute
che interesserà tutto il territorio dell’Asp, sollecitato dalla
dr. Squillacioti al Dipartimento di Prevenzione per fare fronte al proliferare di animali che
aggrediscono persone, animali
domestici e animali da pascolo
con conseguenze gravi che assumono talora dimensioni allarmanti di vera emergenza socio-sanitaria.
Nello specifico è previsto il
monitoraggio delle colonie feline e degli altri animali vaganti; l’analisi del loro stato di salute in quanto “animali bioindicatori”, utile a completare lo
studio sullo stato del territorio
sotto l’aspetto epidemiologico
e dell’incidenza di specifiche
malattie; l’inserimento sul territorio degli animali catturati,
identificati, curati, sterilizzati,
con alto grado di socializzazione. Considerata l’importanza
di un corretto rapporto uomo-animale-ambiente, sono
previsti percorsi formativi per i
ragazzi in età scolare.
L’Asp ha già sottoscritto una
dichiarazione d’intenti con
l’Amministrazione Comunale,
cui faranno seguito accordi
con i Comuni dell’intero territorio. Secondo quanto sottoscritto l’Amministrazione Comunale s’impegna alla messa a
norma del canile, l’Asp si assume l’onere di tutta la gestione
sanitaria con l’attivazione di
un Presidio di Igiene Urbana
Veterinaria e l’impiego di personale qualificato per la cattura degli animali vaganti e rinselvatichiti oltre che al contenimento e controllo degli animali sinantropici.
Il commissario straordinario Pasquale Melissari
Li utilizzerà l’ufficio giudiziario distrettuale
Firmato un protocollo
che darà respiro
a 107 lavoratori
Mariangela Viglianisi
Vivere un momento di estrema
gravità socio economica, vedersi sciogliere come neve al sole la
possibilità di un lavoro sicuro. E
nello stesso tempo sperare, e vivere a testa alta mantenendo integri i propri valori. È rivolta a
chi pensa che il proprio futuro
non sia un orizzonte chiuso, limitato a pochi mesi, la convenzione firmata da Azienda Calabria Lavoro, dalla Provincia e
dall’Ufficio giudiziario distrettuale.
Alla presenza del commissario di Azienda Calabria Lavoro
Pasquale Melissari, della dirigente provinciale Politiche sociali Attività produttive Maria
Teresa Scolari, e del presidente
pro-tempore della Corte d’appello dott. Bruno Finocchiaro ,è
stata infatti sottoscritta la convenzione per garantire la riqualificazione lavorativa dei lavoratori percettori di ammortizzatori sociali in deroga nella nostra
provincia. «Gli ammortizzatori
sociali in deroga (trattamento di
cassa integrazione in deroga e
mobilità in deroga) – ha spiegato il commissario Melissari –, sono concessi sulla base di accordi
regionale, per sostenere lavoratori licenziati o sospesi, privi di
qualsiasi tipologia di trattamento di sostegno al reddito connesso alla sospensione o cessazione
del rapporto di lavoro». Esistono, infatti, dei Piani provinciali,secondo i dettami del welfare
to work, che prevedono l’utilizzo
di questo bacino di lavoratori
(circa mille per quanto riguarda
la nostra provincia, diecimila in
tutta la regione), sia in enti pubblici che privati attraverso forme
di tirocinio attivo.
Per questo azienda Calabria
Lavoro insieme alla Provincia
hanno attivato una campagna di
sensibilizzazione presso le istituzioni pubbliche affinché ne
facciano richiesta. «Una possibilità che oltre a tenere impegnato
il lavoratore, che percepisce comunque un’indennità da parte
della collettività e si rende utile
per essa, non lo fa uscire dal circuito lavorativo, e dall’altra parte dà la possibilità all’ente utilizzatore di smaltire senza alcun
costo aggiuntivo il carico di lavoro». Un carico di lavoro reso
ancora più pesante dal blocco
delle assunzioni e dai parametri
del Patto di stabilità, che di fatto
lasciano pochissimo spazio a
nuove di assunzioni personale
nel pubblico.
«Per quanto riguarda il nostro territorio – ha aggiunto Melissari – le unità interessate sono
107, e l’ente utilizzatore sarà
l’Ufficio giudiziario distrettuale.
I soggetti, tutti iscritti ai centri
per l’impiego, svolgeranno a
partire dal nuovo anno un tirocinio attivo di sei mesi e dalla durata di 20 ore settimanali distribuiti presso i tre tribunali di Reggio, Locri e Palmi». Inoltre, i lavoratori percepiranno oltre
all’indennità loro spettante
un’integrazione di trecento euro
mensili.
Mercoledì 21 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Reggio Tirrenica
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GIOIA TAURO La sentenza dei giudici ha accolto la richiesta del pg Santo Melidona
GIOIA Frasi minacciose su Facebook: conferenza della Cgil
Sette anni a Marcello Fondacaro Porto, Talianu si dimette
Macrì si autosospende
condanna confermata in appello e
Sul: «Quanto accaduto non può essere giustificato»
Nei mesi scorsi al medico sono stati sequestrati beni per 30 milioni
GIOIA TAURO. Oggi alle 12.30
REGGIO. La Corte d'appello (Iside
Russo presidente, Campagna e
Fazzi a latere), ha confermato la
sentenza di condanna a sette anni
per associazione mafiosa nei confronti di Marcello Fondacaro, 51
anni. Il procedimento giudiziario
bis che si è concluso ieri rappresentava lo stralcio di un processo
ben più ampio. La condanna dei
giudici avalla così la richiesta del
sostituto procuratore generale,
Santo Melidona, che aveva invocato la conferma della pena di
primo grado. Lo stesso Fondacaro era stato già condannato in appello nell’ambito del primo processo. La sentenza, dopo la pronuncia della Cassazione, aveva
avuto l’ultimo sigillo. La difesa,
rappresentata
dall’avvocato
Francesco Calabrese, aveva presentato istanza di rimessioni in
termini, sostenendo che la sentenza di primo grado non era stata notificata all’imputato, e di
conseguenza non era stato possibile esercitare il diritto di difesa
in appello. La Cassazione aveva
accolto l’istanza, scarcerando
l’imputando. Ieri si è concluso il
processo bis.
L’indagine che ha inchiodato
Fondacaro era nata a seguito delle dichiarazioni rese dal collaboratore Angelo Benedetto sull’esistenza di una struttura mafiosa
gravitante attorno alla famiglia
Albanese di Laureana, collegata
con i Molè di Gioia Tauro. E si era
ulteriormente arricchita con l'apporto di Gaetano Albanese che
aveva indicato anche responsabilità in ordine ad attività collaterali di traffico di sostanze stupefacenti. Da qui le inchieste “Tempo”
e “Piano Verde”. Alla sbarra c'erano presunti appartenenti alla cosca Molè di Gioia Tauro, nonché
soggetti gravitanti nel territorio
di Laureana di Borrello chiamati
a rispondere di reati di varia natu-
ra che vanno dal traffico di sostanze stupefacenti alla estorsione e alla violazione della legge
sulle armi. È il caso di ricordare
che l’11 settembre di quest’anno
la Dda aveva fatto scattare il sequestro di un patrimonio da 30
milioni riconducibile proprio a
Marcello Fondacaro, da tempo
domiciliato ad Ardea (Roma).
Coinvolto nel 1997 nell'operazione “Tempo”, dal 2002 al 2004
Fondacaro è stato sottoposto alla
sorveglianza speciale. La Dia gli
ha sequestrato 5 società con sede
ad Ardea e a Mazara del Vallo
(Trapani). Tre di queste società
operano nel settore sanitario, con
case di riposo e laboratori. Il patrimonio sequestrato è valutato
in 30 milioni. Tra i beni sequestrati due società edili ed immobiliari, oltre a 25.000 metri quadri di terreno edificabile, di cui
22.000 a Ricadi, nel Vibonese.(p.t.)
PALMI-ROSARNO Un investigatore al processo “All Inside”
Marcello Fondacaro
nella sede della Cgil di Gioia ci
sarà una conferenza stampa a
cui prenderanno parte oltre il
segretario regionale Sergio
Genco e della Piana Antonino
Calogero, anche Massimo Ercolani, coordinatore nazionale
della Filt Porti. Il tema sarà
quello dell’atto intimidatorio
denunciato dal sindacato. Lunedì, infatti, una nota a firma
del segretario regionale Genco
riportava che «quanto pubblicato sul social network Facebook,
nel gruppo “Salviamo il Porto di
Gioia Tauro”, riguardante la
vertenza del porto a firma di
due rappresentanti degli autonomi del Sul, Rocco Talianu e
Domenico Macrì, è un atto indegno nei confronti della Camera
del lavoro gioiese e della Cgil,
rappresenta una vera intimidazione di stampo ’ndranghetista
e terrorista che, attraverso l’utilizzazione di immagini inquie-
tanti – un caricatore e il corpo
del sindacalista Cgil Guido Rossa, trucidato dalle Brigate rosse
– lanciano una minaccia a tutti
coloro che dell’azione sindacale
hanno fatto una scelta di vita».
Prende posizione anche la
Cgil nazionale: «Il direttivo nazionale della Filt-Cgil esprime
la più netta e sdegnata condanna di quanto pubblicato su un
social network. Non si tratta di
atti compiuti con leggerezza,
come sostiene la difesa compiuta dal sindacato autonomo Sul,
che giustifica quelle foto e quei
commenti come se potessero
trovare origine e ragione in una
vertenza sindacale. Si tratta invece del tentativo di intimorire
e minacciare i nostri rappresentanti. La richiesta alla magistratura di aprire una indagine è la
nostra dimostrazione che non
vogliamo cedere a logiche di
scontro». E ieri è arrivata anche
la presa di posizione del Sul, do-
po quella di ieri. In una nota si
legge: «A seguito delle recenti
esternazioni apparse sul network Facebook, le segreterie
del Sul sottolineano l’assoluta
distanza dai contenuti riportati
e prendono atto delle dimissioni di Rocco Italiano e dell’autosospensione di Domenico Macrì
dagli incarichi sindacali. La situazione che si è venuta a creare, anche se è frutto dell’esasperazione ambientale, non può e
non deve essere giustificata.
Dobbiamo sottolineare l’atteggiamento responsabile di Italiano e Macrì, che hanno chiarito
le loro responsabilità. Conoscendo gli attori del gesto, siamo sicuri che non possono essere avvicinati alla violenza né
tanto meno alla ’ndrangheta.
Sulla vicenda interviene anche
il segretario regionale del Pdci,
Michelangelo Tripodi, che
esprime
solidarietà
alla
Cgil.(a.n.)
SEMINARA La Gdf fa scattare i sequestri dopo la denuncia di una donna esasperata
Quegli arresti destabilizzanti Famiglia nell’inferno delle macchinette
PALMI . È stata ancora una volta la
figura di Francesco Pesce, classe
‘84, quella attenzionata nel corso
dell’udienza di ieri del procedimento “All Inside” in corso di svolgimento dinanzi al Tribunale collegiale.
Nello specifico, il sovraintendente di Polizia ascoltato
nell’udienza di ieri, ha riferito di
un episodio relativo al Pesce, tenuto sotto controllo anche tramite gli spostamenti che agganciavano le cellette del suo telefono
dagli stessi investigatori. Secondo quanto ricostruito il Pesce, in
quella circostanza ricadente nei
primi giorni di novembre del
2006, si sarebbe recato nella Ionica. Al suo ritorno, in serata, le forze dell’ordine disposero un controllo presso la strada principale
che conduce all’ingresso di Rosarno. Dopo averlo fermato ed identificato assieme ad Andrea Fortugno, nel corso della perquisizione
all’autovettura la Polizia rinvenne circa 100 grammi di sostanza
stupefacente. Colti in fragranza i
due vennero così arrestati. A seguito di questo episodio, il sovraintendente ha riferito di un
certo nervosismo che iniziarono a
riscontrare tra altri soggetti in
quel momento intercettati: «Alcuni soggetti che effettivamente
stavamo intercettando, parlavano del loro timore di essere a loro
volta ascoltati e della conseguente paura di essere così coinvolti in
questa storia degli stupefacenti».(i.p)
PALMI. È un refrain già visto
quello che ha messo sulla giusta
pista, gli investigatori delle
Fiamme Gialle di Palmi, guidati
dal capitano Fabio Di Bella. È stata infatti una telefonata al “117”
di una moglie preoccupata per le
sorti dei risparmi di famiglia che
ha fatto scattare i controlli della
Compagnia di Palmi, che hanno
portato all’individuazione di due
circoli ricreativi nel piccolo centro di Sant’Anna di Seminara
presso i quali erano installate 7
slot machines illegali. «La donna
– hanno spiegato i finanzieri –,
era preoccupata per il vizio del
marito che in un breve volgere di
tempo aveva dissipato una cifra
non irrilevante per il bilancio familiare, si era rivolta pertanto al
117 raccontando di quell’uomo
tanto schiavo del gioco quanto
sfortunato». Le indagini hanno
portato i militari ad accedere
presso i circoli “ricreativi” ove,
nella disponibilità degli avventori, erano installati quasi una
decina di congegni e apparecchi
da divertimento ed intrattenimento all’apparenza regolari.
I successivi accertamenti hanno consentito di appurare che i
videogiochi e le slot machines in
questione non erano conformi
alla legge in quanto erano privi
dei certificati di messa in esercizio e, soprattutto, del collegamento alla rete telematica
dell’amministrazione dei Monopoli di Stato. Tale situazione
comportava che le giocate effet-
tuate dagli avventori non potessero in alcun modo essere controllate e, allo stesso tempo, che
non vi fosse alcuna garanzia per i
giocatori di vedersi, almeno di
tanto in tanto, ricompensati dalla dea bendata. Senza contare secondo la Gdf - le tasse sottratte
al Fisco. Sette apparecchi e 500
euro, rinvenuti all’interno delle
macchinette, sono stati sequestrati. I responsabili sono stati
segnalati alla Procura della Repubblica di Palmi. (i.p.)
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Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
Reggio Tirrenica
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LA STORIA DI UN SOLDATO I suoi resti sono finalmente tornati nella città natale
OGGI A ROSARNO
Morì nel 1945 in un lager nazista
dopo 66 anni i funerali a Rosarno
Al festival
gli itinerari
letterari
di Abate
Il giovane Francesco Sabatino fu deportato dopo l’armistizio
Giuseppe Lacquaniti
ROSARNO
Non aveva ancora vent’anni
Francesco Sabatino quando
partì per la guerra. Conosceva
solo la fatica dura dei campi,
che coltivava con i genitori e i
fratelli. Morirà l’8 marzo 1945
in un campo di concentramento in Germania. Dopo 66 anni
le sue spoglie mortali sono tornate nella città natale, che le
ha accolte con tutti gli onori,
presenti i fratelli Gaetano, Vincenzo, Giuseppina e Maria, i
nipoti e i parenti, assieme al
sindaco Elisabetta Tripodi con
la Giunta comunale, il Comandante dei Vigili Urbani, Raffaele Naso, rappresentanti delle
Forze armate, Carabinieri,
nonché
una
delegazione
dell’Associazione Reduci e
Combattenti.
Organizzata dall’Amministrazione comunale, la cerimonia funebre ha avuto inizio in
Piazza Valarioti nei pressi del
Monumento ai Caduti, dove la
bara con i resti del soldato rosarnese è giunta alle ore 16. Il
corteo si è diretto alla volta
della Chiesa Matrice, ove il
parroco don Pino Varrà ha celebrato il rito religioso.
La commemorazione finale
è avvenuta al Bellavista, ai piedi del Monumento ai Caduti di
tutte le guerre. Per il sindaco
Tripodi il rientro in patria dei
resti del soldato rosarnese costituisce un momento di grande commozione perché restituisce alla sua famiglia e alla
collettività tutta le spoglie
mortali di un giovane, ricco di
sogni e di speranze, che, travolto dalla sventura della
guerra, non ha avuto la fortu-
Il sindaco Elisabetta Tripodi con i fratelli Gaetano e Maria Sabatino
Le spoglie mortali di Francesco Sabatino giungono in Piazza Valarioti
na di fare ritorno in patria.
«Come purtroppo è avvenuto
per tanti altri giovani, tra cui il
mio nonno materno Celestino
Punturiero – ha sottolineato il
sindaco – morto nel 1941, a 32
anni, nell’affondamento nel
Mediterraneo della nave su cui
prestava servizio, ed i cui resti
vennero restituiti alla città natale solo nel 1948».
Francesco Sabatino, investito dagli eventi seguiti all’armistizio dell’8 settembre 1943,
che portarono l’Italia a rompere l’alleanza con la Germania,
faceva parte della nutrita
schiera di coraggiosi soldati
italiani che seppero opporsi a
Hitler e alla Repubblica sociale
di Salò. Per questo venne fatto
prigioniero dai tedeschi e confinato nel campo di concentramento di Bernburg (Hannover), uno dei 6 centri sciagurati dove si praticava l’eutanasia
attraverso le camere a gas.
Nel campo, assieme agli italiani, si trovavano serbi, belgi,
francesi, tutti manovali usati
come “braccia da lavoro” nella
vicina fabbrica di aerei Junker.
Le condizioni in cui vivevano
erano terribili, un concentrato
di «disperazione, fame, pidocchi, lavoro massacrante e umiliazioni».
Un sopravvissuto di quel
campo, Giovanni Ceciliato,
che probabilmente divideva
con Francesco lo stesso lager
XIA, in un libro di memorie
scrisse: «Sono qui: un cadavere che vive a stento. Mi mancano le carni per coprire queste
ossa, mi mancano le forze per
reggermi». Francesco venne
sepolto nel cimitero militare
italiano d’onore di Berlino. Ed
è qui che dopo lunghe ricerche
è riuscita a localizzare la sua
tomba la nipote, Caterina
Gioffrè, residente a Seregno,
in Lombardia. Grazie anche alla disponibilità manifestata
dalle autorità italiane, Caterina ha ottenuto l’autorizzazione a traslare la salma da Berlino a Rosarno. Un’operazione
resa possibile dal contributo
offerto dall’Amministrazione
comunale. E così, finalmente,
dopo 66 anni dalla morte,
Francesco Sabatino ha potuto
trovare riposo nella sua terra
natale.
Carmine Lacquaniti
ROSARNO
Il campo di accoglienza a Rosarno
ROSARNO Si muove la Protezione civile
In arrivo 7 containers
accoglienza dignitosa
per 180 migranti
ROSARNO. Mentre nel campo di
accoglienza di Testa dell’Acqua
si registra il quasi tutto esaurito
con 90 migranti africani sistemati nei 20 containers disponibili, il sindaco Elisabetta Tripodi, che ieri mattina ha partecipato in Prefettura ai lavori del
Comitato per la sicurezza e l’ordine pubblico, presieduto dal
Prefetto dott. Luigi Varratta, è
riuscita a farsi promettere dai
responsabili della Protezione
Civile Regionale altri 7 containers attrezzati per poter portare
la capienza del campo a 180 unità, quanti sono i migranti per i
quali la Questura ha dato il via
libera. Grazie a tale innesto si
spera di far fronte all’emergenza immediata e soprattutto di
sfoltire le presenze nell’ex fabbrica Pomona, che risulta il luogo di massima concentrazione e
pertanto costituisce motivo di
preoccupazione per le condizioni igienico-sanitarie molto precarie in cui sono costretti a vivere centinaia di extracomunitari.
Con la conclusione della fase
di raccolta delle clementine, che
di solito si protrae fino a metà
gennaio, dovrebbero diminuire
le presenze nel territorio di lavoratori stagionali che, conside-
rata la penuria di opportunità
lavorative per l’endemica crisi
che sta attraversando il comparto agricolo, saranno obbligati a
trasferirsi in altre regioni. L’ipotesi invece di impiantare delle
tende canadesi da 8 posti nel
Campo di Testa dell’Acqua pare
che sia tramontata, a causa della natura sabbiosa del terreno
che renderebbe difficile la sistemazione e la tenuta delle stesse
in caso di pioggia e di vento.
Intanto in un comunicato
stampa il Segretario-Questore
del Consiglio regionale della
Calabria, Giovanni Nucera,
nonché Coordinatore regionale
dei Popolari e Liberali nel Pdl, a
seguito di un «incontro coinvolgente» avuto a Rosarno con
Mamma Africa, l’84enne Norina Ventre, ha richiamato tutti,
«ad una maggiore attenzione e
ad un nuovo approccio culturale verso il fenomeno dei migranti». Il 24 prossimo, invece, sarà a
Rosarno il deputato del Pd Franco Laratta, per rendersi direttamente conto della situazione in
cui versano gli extracomunitari.
Nell’occasione incontrerà il sindaco Tripodi e la preside Russo
con i ragazzi del Liceo scientifico.(g.l)
“Vivere per addizione e altri
viaggi” è il titolo dello spettacolo letterario-musicale in
programma oggi pomeriggio
all’auditorium
comunale
all’interno del festival “A
Nord di Tangeri”, organizzato dai comuni di Rosarno e
Gioia Tauro col contributo
della Regione Calabria. La
struttura dello spettacolo vedrà l’alternarsi delle letture
di alcuni passi di uno degli ultimi lavori di Carmine Abate,
considerato il più grande
scrittore calabrese vivente, e
l’esecuzione di alcuni brani
musicali del cantautore Nino
Forestieri. Ispirandosi alla
propria biografia ma allargando lo sguardo a una prospettiva universale, Abate
racconta l’infanzia in paese, i
sapori della cucina arbëreshe, gli arrivi al Nord Italia e
in Germania, sempre sospeso
tra presente e passato, tra radici e germogli nuovi. Forestieri entra nel corpus letterario con la dolcezza e la nostalgia delle sue canzoni che
raccontano una terra nella
quale si sono sedimentate, in
millenni di dominazioni, popoli e culture che hanno tracciato un disegno frammentato e bellissimo.
Carmine Abate
Mercoledì 21 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
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Reggio Tirrenica
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GIOIA TAURO Sono stati gli stessi colleghi del Commissariato a fermare e ammanettare Gabriele Patermita, 47 anni, che viaggiava su un’auto sospetta
Poliziotto arrestato con un chilo di cocaina
In carcere anche il cognato. Il sovrintendente, positivo al narcotest, aveva una pistola con matricola abrasa
Alfonso Naso
GIOIA TAURO
Un poliziotto del commissariato
di Gioia Tauro è stato arrestato
dai suoi colleghi. È stata una sorpresa amara quella degli agenti
che proprio nel momento in cui
sono riusciti a rintracciare una
macchina che era stata segnalata
nei giorni scorsi, hanno scoperto
che alla guida della stesa vi era
un loro collega: Gabriele Patermita. L’accusa con la quale lo
hanno arrestato è pesante: detenzione e trasporto illegale di
oltre un kg di cocaina e porto in
luogo pubblico di una pistola calibro 6.35 con matricola abrasa.
Il sovrintendente Palermita
Gabriele di 47 anni, in servizio al
Commissariato di PS di Gioia
Tauro, era alla guida di un’autovettura Fiat Stilo Station Wagon
bianca quando è stato fermato
per un controllo dai colleghi della sezione investigativa. La macchina era di proprietà del cognato Pasquale Gallo di 50 anni che
viaggiava con lui. Il fatto è successo nella notte tra domenica e
lunedì (ma la notizia è stata diffusa ieri).
«I poliziotti di Gioia – come si
legge in una nota – erano alla ricerca di una macchina dello stesso tipo segnalata per un trasporto di armi a e droga sulla strada
da Gioia Tauro a Taurianova.
Successivamente l’autovettura
Fiat Stilo di colore bianco veniva
individuata e fermata sulla strada provinciale, all’altezza dello
stadio comunale di Taurianova
da una pattuglia della Polizia
gioiese. Con sorpresa gli operatori verificavano che alla guida
dell’autoveicolo vi era un loro
collega, appunto il sovrintendente Gabriele Palermita che
viaggiava con il cognato Gallo
Pasquale». La macchina corri-
spondeva a quella ricercata dagli
inquirenti che quindi procedevano ugualmente, nonostante la
presenza del collega a bordo, al
controllo del mezzo. Scelta azzeccata visto che veniva rinvenuta, in una busta di carta, un involucro racchiuso con nastro adesivo all’interno del quale era contenuta un chilogrammo di cocaina
e dentro una tasca del giubbotto
del Palermita una pistola calibro
6.35 con matricola punzonata.
Il poliziotto e il cognato sono
stati dunque accompagnati al
Commissariato di Gioia Tauro
dove, peraltro, sono risultati positivi ai controlli del narcotest e
dichiarati in arresto. Dopo le formalità di rito i due arrestati sono
stati trasferiti alla Casa Cirondariale di Palmi. Per oggi è previsto
il responso del Gip di Palmi Paolo
Ramondino sulla misura cautelare da adottare. Entrambi gli arrestati sono difesi dall’avvocato
Antonino Napoli. Resta da accertare la provenienza e la destinazione della droga e dell’arma sequestrate al poliziotto e al cognato. Oltre alla sorpresa del poliziotto, il cognato Gallo non era
soggetto conosciuto alle forze di
polizia. Le indagini per questo
proseguono a ritmo serrato e sono coordinate dal dirigente Francesco Rattà, che guida il commissariato. Si tenta di inquadrare il
coinvolgimento del collega in
quella che può essere definita
una brutta storia. Un poliziotto
“infedele” in un contesto quello
del commissariato gioiese impegnato a combattere sotto ogni
aspetto il traffico di sostanze stupefacenti in tutto il territorio della Piana di Gioia Tauro. Palermita è in servizio al Commissariato
di Gioia da oltre 10 anni e prima
ha sempre operato nel territorio
pianigiano. Il suo arresto ha colpito tutti i colleghi poliziotti.
PALMI
Processo
“Meta”
5 imputati
sotto accusa
PALMI. Prima udienza del pro-
Il Commissariato di Gioia Tauro ha portato avanti le indagini sfociate nell’arresto del poliziotto
GIOIA TAURO La parlamentare ha ripresentato l’interrogazione al nuovo governo
Crisi e monopolio Mct, Napoli torna alla carica
GIOIA TAURO. È ancora una volta
Angela Napoli, parlamentare di
Fli ad alzare il velo e chiedere
conto sui gravi problemi del porto di Gioia Tauro. Ha depositato
una nuova interrogazione ai ministri delle Infrastrutture, dello
Sviluppo Economico, del lavoro
e dell’Interno perché tutti i suoi
atti sono rimasti privi di risposta
dai parte del precedente Governo, ciò al fine di sapere quali attività si intendono adottare.
«Dallo scorso 5 luglio – si legge
nel testo – è stata predisposta la
copertura di ben 467 esuberi
con gli ammortizzatori sociali; a
questi lavoratori in esubero si
aggiungono 200 ex precari (sui
250 assunti con contratti a termine). A conclusione dei 12 mesi di ammortizzatori sociali non
ci sarà alcun obbligo per la Mct
del reintegro dei lavoratori oggi
inseriti nella cigs, peraltro, in assenza di piano di rilancio». Oltre
alle preoccupazioni sul futuro
dei lavoratori la parlamentare
torna alla carica sulla concessione della banchina: «Ho più volte
POLISTENA Il sindaco chiede alla Regione di estendere i benefici a tutti i Comuni
evidenziato la situazione monopolista della Mct la quale, nonostante la sua dichiarata diminuzione dell’attività di transchipment , continua a non concedere tratti di banchina necessari
ad incentivare l’ingresso di nuove società; la Contship Italia ha
convenienza a confermare la
propria presenza su Gioia Tauro
soltanto, allo stato, per mantenere inalterato il monopolio sulla banchina del posto, il tutto in
un momento di profonda crisi».(a.n)
Angela Napoli
RIZZICONI L’accordo con i commercianti
Finanziamenti per pochi beni confiscati Sotto l’albero i giovani
Attilio Sergio
POLISTENA
Il comune di Polistena chiede alla
Regione di voler estendere a tutti
i comuni calabresi il beneficio di
concorrere ai fondi del Pisr destinati alla valorizzazione degli immobili confiscati, correggendo
l’impostazione circoscritta dichiarata dal preavviso di gara rivolto a 30 comuni su 97 della Provincia di Reggio Calabria. Il sindaco, Michele Tripodi, si dice
rammaricato e preoccupato dalle
notizie, seconde le quali, all’avviso regionale, di imminente pubblicazione, per la valorizzazione
dei beni confiscati, il Comune di
Polistena, così come centinaia di
altri comuni calabresi, non potrà
parteciparvi, pur se destinatario
Michele Tripodi
nel tempo di beni confiscati oggi
nelle disponibilità dell’ente.
«Senza nessun criterio chiaro e
comprensibile – sottolinea il primo cittadino – sono stati definiti
gli ambiti territoriali ammessi,
che evidenziano l’esclusione di
comuni importanti, come Polistena con un percorso culturale
antimafia affermato ed una lunga
storia fatta di lotte per l’affermazione della legalità e dei diritti».
Anche il comune di Polistena possiede alcuni immobili soggetti a
confisca che necessiterebbero di
interventi strutturali e di riqualificazione, ma che tuttavia richiedono investimenti notevoli quasi
impossibili in questa fase economica dopo i tagli ai bilanci degli
enti locali. Le risorse del Por-Pisr
rappresentano dunque un’occa-
sione, che i comuni della Calabria, alla pari, dovrebbero essere
messi in condizione di cogliere.
«Il Comune di Polistena ha già subito di recente – ricorda il sindaco
Tripodi – una penalizzazione da
parte della Regione, che non ha
finanziato la realizzazione di
un’isola ecologica per i rifiuti differenziati, progettata proprio su
un terreno confiscato alle mafie,
che ai sensi del bando relativo,
avrebbe generato premialità nella graduatoria. Inspiegabilmente
siamo stati preceduti da diversi
comuni, anche con popolazione
inferiore, privi di questo requisito. Oggi, proseguire su questa linea sbagliata anche per l’accesso
ai fondi PISR, sarebbe un’ulteriore incredibile discriminazione
per il nostro Comune».
TAURIANOVA Il coordinatore di “Futuro e libertà” rileva la preoccupazione dei cittadini
La microcriminalità ha superato il livello di guardia
Domenico Zito
TAURIANOVA
Intervento del responsabile cittadino di Futuro e Liberta, Aldo
Spanò, sull’emergenza criminalità. L’ex amministratore comunale così ha iniziato il suo intervento: «Credo che l’ennesimo,
vile, atto di violenza perpetrato, in pieno centro, ai danni
dell’avv. Gaetano Filippone,
persona buona e mite, oltre che
indignare tutti i cittadini onesti,
debba aprire una seria ed approfondita riflessione su quanto stia accadendo nel territorio
della cittadina pianigiana ora-
mai da molto tempo».
Dopo questo riferimento ad
un episodio verificatosi di recente di sequestro di persona
lampo e di furto, Spanò prosegue: «Da più di un anno, infatti,
sfogliando i quotidiani, con cadenza quasi settimanale, abbiamo amaramente dovuto registrare notizie relative ad incendi di automezzi, furti in abitazioni e danneggiamenti vari».
Segue una considerazione:
«Tutto ciò evidenzia, chiaramente, la presenza in città di
una diffusa microcriminalità
che desta un profondo allarme
sociale e sul quale non può as-
solutamente calare il velo della
rassegnazione e del silenzio».
Più avanti il leader cittadino di
Fli ricorda che «certamente
l’operazione “Tutto in famiglia”
portata a termine dal Comando
provinciale dei Carabinieri, su
disposizione della Procura della
Repubblica di Palmi e della
DDA di Reggio Calabria, rappresenta un segnale forte ed
eloquente in relazione al contrasto avviato nei confronti della criminalità organizzata che
con i suoi tentacoli avvinghia
l’intera città; ma, in questo momento, sento di dover lanciare
un forte appello a tutte le Istitu-
zioni preposte, ognuna per
quanto di rispettiva competenza, a voler porre in essere uno
sforzo ulteriore». Questa la parte conclusiva dell’intervento di
Spanò: «Tale sforzo serve, principalmente sia per rassicurare
la gente, fortemente allarmata
e preoccupata, sia per creare un
valido deterrente nei confronti
di chi non ha assolutamente a
cuore il bene comune, sia, infine (ma non per questo meno
importante), per assicurare alla
giustizia coloro che minano
uno dei diritti primari ed inviolabili quale la libertà individuale».
troveranno la tessera
per gli sconti nei locali
Francesco Inzitari
RIZZICONI
Nell’agenda dei lavori della
commissione prefettizia guidata dal vice prefetto dott.
Fabrizio Gallo c'era un progetto la cui importanza rivestiva particolare valore e che
riguardava i giovani residenti nel comune di età compresa fra i 14 e 29 anni.
L’iniziativa, con il nome di
“Carta Giovani", fortemente
voluta e portata a termine
dal sub commissario - dottoressa Rita Ferrara - sta per
prendere il via.
Il Comune, infatti, in questi giorni, come regalo per Le
feste natalizie, sta provvedendo a spedire per posta, la
predetta carta ai 1792 giovani che ne hanno fatto richiesta. Assieme alla carta, che
andrà a scadere il 31 dicembre 2012, strettamente personale e non cedibile, sarà
inviata una brochure che
spiegherà i benefici di cui potranno usufruire gli intestatari con l’utilizzo della stessa
presso i negozi che hanno
aderito all’interessante iniziativa. Per esempio sconti
sugli acquisti che la commissione prefettizia, all’atto
Rita Ferrara fa
parte della
commissione
prefettizia che
guida il Comune
dell’approvazione del progetto auspicava che non
scendessero al di sotto del
10%.
Il debutto dell’iniziativa
sarà sicuramente positivo se
si pensa che vi hanno aderito
23 esercizi commerciali che
abbracciano diverse categorie merceologiche: dall’abbigliamento alle pizzerie e ristoranti, ai bar e caffetterie,
agli articoli da regalo ecc.
Secondo quanto previsto
dalle norme contenute nel
progetto, nessuna responsabilità ricadrà sul Comune «in
merito alle modalità di gestione e di fornitura delle
agevolazioni accordate ai
possessori della carta. Insomma il progetto é stato accolto con molto entusiasmo
ed interesse ove si pensi che
addirittura sono stati ben
1792 giovani a farne richiesta.
Il merito della realizzazione dell’interessante progetto
va attribuito alla triade commissariale, con particolare
riferimento al sub commissario dottoressa Rita Ferrara
che sin dal suo insediamento
a palazzo San Teodoro, ha
messo tutto il suo impegno
affinchè il progetto in questione trovasse piena accettazione da parte della categoria interessata. Nel caso
specifico i giovani, categoria
questa che nel passato non é
mai stata tenuta nelle dovute
considerazioni.
cedimento stralcio dell’operazione “Meta” che si celebra dinanzi al Tribunale collegiale di
Palmi (Antonio Battaglia presidente con a latere i togati
Claudio Paris e Anna Laura
Ascioti) per competenza territoriale. A giudizio a Palmi 5 imputati: Rugolo Domenico, Favara Gianluca, Alvaro Nicola,
Italiano Giasone, Verduci Vincenzo. I collegi difensivi sono
composti dagli avvocati Napoli, Abate, D’Ascola, Pirrottina e
Calabrese. Pubblica accusa
rappresentata dalla Direzione
distrettuale antimafia di Reggio Calabria. Udienza lampo
nel corso della quale è stato
l’avvocato Pirrottina, per conto
del suo assistito Giasone Italiano, ad avanzare richiesta di rito condizionato abbreviato
all’escussione di una delle parti
offese. Richiesta alla quale si è
opposto l’accusa e sulla quale il
Tribunale si è riservato di decidere alla prossima udienza dove il processo sarà anche incardinato. L’operazione “Meta” risale al mese di giungo del 2010
e venne condotta dai Carabinieri che eseguirono un’ordinanza di custodia cautelare nei
confronti di 42 presunti affiliati alle più importanti cosche
ndranghetiste del capoluogo.
Il processo è stato aggiornato
al nuovo anno. (i.p.)
SAN GIORGIO M.
Presepe
artistico
dei maestri
artigiani
SAN GIORGIO MORGETO. Dopo
due mesi e mezzo di lavoro, gli
abili maestri artigiani del Club
“Amici del presepe sangiorgese”, guidati da Salvatore Valerioti, hanno allestito, all’interno dell’ex convento dei Domenicani, l’artistico presepe animato. Si potrà visitare tutti i
giorni fino alla ricorrenza della
Candelora. Il presepe meccanizzato ha le sue origini negli
anni ‘30 del Novecento, per iniziativa dei padri Domenicani
del convento, affiancati da alcuni artigiani sangiorgesi tra i
quali Alessandro Cangemi,
abilissimo a costruire “i pastori
movimentati” che ancora oggi
sono parte integrante del presepe. Il frantoio, il mulino ad
acqua, il convento, la fontana
maggiore, la rappresentazione
meccanizzata dei lavori artigianali, le animazioni dei pastori, dimostrano la grande varietà delle scene, nell’alternarsi del giorno e della notte attraverso uno spettacolare gioco di
luci, riprodotte nel tradizionale ed imponente presepe animato di San Giorgio Morgeto.
Grazie al certosino lavoro dei
maestri artigiani, il suggestivo
presepe ogni anno si arricchisce di nuove scenografie e nuovi movimenti. Artigianato, tradizioni, usi e costumi, storia,
cultura, rivivono in un’opera
divenuta ormai una vera e propria attrazione, visto l’afflusso
ogni anno di visitatori, all’interno delle mura dell’ex convento dei Domenicani(a.s)
Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
43
Reggio Tirrenica
.
LA SVOLTA In consiglio comunale Madafferi dà il via libera alla consultazione popolare
GIOIA TAURO
GIOIA T. Il processo “Doppia sponda”
San Ferdinando rispolvera
il referendum sul rigassificatore
Sentenza
De Masi,
intervento
di Loiero
Droga, un fiorente
traffico a cavallo
tra Sicilia e Calabria
GIOIA TAURO. Dopo la senten-
PALMI. È cominciato nella giornata di ieri il procedimento per
rito ordinario che prende il nome dall’operazione “Doppia
Sponda”. Alla sbarra Giuseppe
Ceravolo, Rocco Furuli, Romana Rappazzo e Angelo D’Agostino. Il processo si celebra dinanzi
al Tribunale in composizione
collegiale di Palmi (Antonio
Battaglia presidente con a latere
Claudio Paris e Anna Laura
Ascioti). Pubblica accusa rappresentata dal sostituto Salvatore Dolce. Collegi difensivi dagli avvocati Borgese, Novella,
Zurzolo, Cacciola e Gullo.
Nell’udienza di ieri sono sfilati alcuni dirigenti della Squadra
mobile di Catanzaro che hanno
seguito le prime indagini che sono poi sfociate nell’operazione.
Antonio Elia della squadra mobile di Catanzaro ha riferito di
alcune informative relative a
delle indagini che erano partite
a seguito di alcune rapine che si
stavano verificando nella zona.
«Iniziammo ad ascoltare alcune
utenze attorno alla fine di agosto del 2009. Agganciammo alcuni soggetti, di etnia Rom, che
erano stati attenzionati nel campo della compravendita di droga». Da questi ascolti telefonici
gli investigatori iniziano a stilare una rete di contatti che si
estendeva in varie zone della
Calabria e della vicina Messina.
«Saltarono anche i nomi di Lemma Antonio e Ceravolo Giuseppe con i quali risultarono decine
di contatti». A tal proposito il Pm
Dolce ha ricordato che sono cir-
SAN FERDINANDO. Quello che
non ha concesso l’allora commissione straordinaria, lo ha
fatto l’attuale amministrazione comunale targata Domenico Madafferi. A San Ferdinando i cittadini potrebbero essere chiamati ad esprimersi con
un sì o un no al progetto del rigassificatore.
Lo ha detto chiaramente il
sindaco nel corso del consiglio
comunale di ieri pomeriggio.
«Io sono personalmente contrario alla costruzione dell’impianto che ricordiamo ricade
quasi interamente nel territorio di San Ferdinando, ma
penso che sia una questione di
coscienza individuale; per
questo una volta che si avranno delle notizie certe i cittadini potranno essere chiamati a
votare».
Proprio la mancanza di notizie è quello che lamenta più
il primo cittadino. «Ho chiesto
all’Autorità portuale di farsi
tramite di una richiesta di informazioni presso il Ministero
dello sviluppo economico e
delle Infrastrutture (adesso incorporati in un unico dicastero); vorrei che ci convocassero
per darci qualche informazione più precisa in merito».
La presa di posizione del comune di San Ferdinando è totalmente diversa da quella dei
vicini centri di Gioia e Rosarno, dove i rispettivi consigli
comunale hanno revocato
(non si conosce la reale valenza giuridica, ndc) la delibera
di autorizzazione fornita nel
dicembre del 2009 dalle commissioni straordinarie. Su questo, in un’aula quasi totalmente deserta, il sindaco Madafferi ha detto: «Sono rimasto
spiazzato da Gioia, mai nessuno, nonostante i costanti rapporti, mi aveva annunciato la
revoca della delibera. Qui
ognuno va per conto proprio».
E proprio sulla mancata revoca ha proseguito: «Non è necessaria perché il parere non è
vincolante e non servirebbe;
non faremo azioni dimostrative e di propaganda politica». Il
primo cittadino ha lanciato
anche frecciate all’associazione “Presidio san Ferdinando in
movimento” (mai nominata,
ndc): «Io non sono ballerino,
la posizione è stata sempre
univoca».
L’opposizione che aveva
chiesto la convocazione di una
seduta ad hoc sulla questione
(ma l’amministrazione l’ha intesa come un’interrogazione)
ha rimarcato con Michele Oliva «che la questione è estremamente seria e che sarebbe
necessario conoscere il parere
dell’assessore alle attività produttive; seguiremo con insistenza la vicenda che riguarda
la sicurezza dei cittadini».
Per Francesco Barbalace,
«la vicenda è una questione di
identità comunale, è limitativo oggi discutere perché dovranno essere i cittadini ad
esprimere la loro opinione.
Occorre iniziare un percorso
GIFFONE Riconoscimento per l’attività svolta
Nell’albo regionale
associazione micologica
Umberto di Stilo
GALATRO
L’associazione culturale e micologica di Giffone è stata inserita
nell’apposito albo regionale.
L’iscrizione è il concreto riconoscimento ufficiale dei meriti che
in campo culturale e micologico
il sodalizio che fa capo a Totò
Albanese e che si avvale del supporto specialistico della dott.ssa
Marcella Palermo micologo
dell’Asp di Reggio Calabria, nel
corso degli anni ha conquistato
sul campo. Intensa, infatti, è
l’attività che porta avanti ormai
da vent’anni. L’importante riconoscimento, inoltre, assume un
inestimabile valore morale ove
si consideri che l’assessore regionale alla cultura, Mario Caligiuri, nel corso della revisione
dell’albo delle associazioni e
dell’esame di ammissione delle
associazioni che chiedevano
nuova iscrizione, ha drasticamente ridotto l’elenco da 697 a
soli 109. In concreto l’iscrizione
all’albo regionale dell’associazione micologica giffonese costituisce il suggello ufficiale alla
validità della promozione
La dott.ssa
Marcella Palermo
micologa
dell’azienda
sanitaria reggina
Una recente seduta del consiglio comunale a San Ferdinando
condiviso fatto di incontri con
la popolazione e spiegare la
questione».
La costruzione del mega impianto del terminal gas
nell’area portuale, giaceva sui
tavoli del Ministero dello Sviluppo Economico da mesi, in
attesa di una triplice firma ministeriale. Dopo diversi incontri tecnici tra settembre e ottobre, è cambiato il governo.
Adesso la speranza della società è che arrivi il tanto atteso
scientifica che da un ventennio
porta avanti su tutto il territorio. Lo fa con i convegni scientifici che organizza con il patrocinio della Facoltà di Agraria, Dipartimento di gestione dei sistemi agrari e forestali, dell’Università Mediterranea di Reggio
Calabria, ma anche con una attività culturale e divulgativa che
svolge nelle scuole di ogni ordine e grado e mediante i corsi di
alfabetizzazione
micologica
che, su decisione dell’Amministrazione provinciale, organizza nei comuni del circondario a
favore di quanti aspirano a conseguire il tesserino che abilita
alla ricerca dei funghi ipogei.
Va, infine, ricordata la borsa
di studio che, a livello nazionale
e su un preciso aspetto della micologia o della educazione ambientale, ogni anno, con la supervisione scientifica dell’università di Reggio, riserva a studenti universitari o a neo laureti.
decreto visto che la lentezza
della procedura del precedente Governo era anche imputata allo scontro giudiziario tra
l’ex premier Silvio Berlusconi
e la Cir di De Benedetti.
Sull’eventuale
referendum,
però pesa, il precedente rigetto motivato dai commissari in
data 4 febbraio 2010. Per il resto, approvati gli altri punti,
tra cui la nomina del revisore
dei conti che è stato riconfermato.(a.naso)
za della Corte di Cassazione
sul processo banche ed usura,
legata all’imprenditore Nino
De Masi, interviene l’ex presidente della Regione Agazio
Loiero, coordinatore politico
nazionale della federazione
tra MPA ed Autonomia e Diritti: «Voglio ricordare la Regione Calabria, durante la mia
amministrazione, si costituì
parte civile, cosa che per la verità mi costò la freddezza di
qualche banchiere importante. Una costituzione di parte
civile, – ha proseguito Loeiro
– negli atti andata a buon fine
come questa, cosa che del resto è successa anche per le costituzioni di parte civile nei
processi contro la ’ndrangheta, rappresenta uno di quegli
atti politico-amministrativi
doverosi, nella consapevolezza di aver avuto ragione, per
come oggi ci dice la sentenza.
Dico questo perché quando si
governa una regione del sud,
difficile come la nostra, spesso ci sono atti che non si possono fare. Eppure, la cosa che
non dovrebbe venir mai meno, e che ci ha animato in
quella costituzione, fu il gesto
d’una testimonianza pubblica
e civile nei confronti di un calabrese inerme. Consapevole
– ha concluso Loiero – che alle
nostre latitudini l’atto di testimonianza, seppur simbolico,
è un atto di sostanza: un dovere per dire a tutti da che parte
realmente si sta».
Giuseppe Ceravolo
ca una sessantina le telefonate
fatte trasmettere in perizia relative a questa operazione. L’operazione “Doppia Sponda”, condotta nel mese di gennaio del
2011 dal comando provinciale
dei Carabinieri di Reggio Calabria, dalla compagnia dei Carabinieri di Gioia Tauro e coordinata dalla Procura della Repubblica di Palmi, aveva stroncato
un avviato traffico di sostanze
stupefacenti messo in piedi tra
la Sicilia e la Calabria e che rendeva, ai protagonisti di questi
affari criminosi, secondo l’ipotesi accusatoria, diverse decine
di migliaia di euro.
La droga, secondo gli inquirenti, veniva acquistata in grandi dosi dalla vicina Messina per
essere poi venduta al dettaglio
in particolare nella provincia di
Reggio Calabria e di Catanzaro.(i.p.)
CITTANOVA Sopralluogo della Squillacioti accompagnata dal sindaco Cannatà
Sanità, ridare un ruolo all’ex ospedale
Flavia Bruzzese
CITTANOVA
Il commissario straordinario
dell’Asp di Reggio Calabria, Rosanna Squillacioti, accogliendo
l’invito del sindaco, Alessandro
Cannatà, ha visitato l’ex struttura ospedaliera, situata in viale Merano. La struttura, sorta
negli anni novanta, rappresentava un fiore all’occhiello della
sanità della Piana. Destinata in
un primo momento ad ospitare
il reparto di ortopedia, diretto
dal primario prof. Muratori, ha
visto numerosi degenti che,
provenienti anche da fuori provincia, si sono affidati alle cure
degli operatori sanitari, ricevendo assistenza di primo livello. Una struttura nuova che rap-
Rosanna Squillacioti (Asp)
presentava un’eccellenza nella
sanità della Piana. Ma come tante realtà positive esistenti a Cittanova, anche l’ospedale ha
chiuso la sua breve storia, relegato com’è ad ospitare esclusivamente i servizi di base della
medicina generale e specialistica. In particolare esiste la cosiddetta “guardia medica”, oltre al
centro riabilitativo diretto egregiamente dal dott. Condello che,
coadiuvato da fisioterapisti di
ottimo livello, nonostante i pochi mezzi a disposizione, si adopra mettendo a disposizione
della numerosa clientela tutta la
sua eccellente professionalità.
L’ultimo piano della struttura alloggia la cooperativa Humanitas, he ospita i pazienti con disagi mentali. L’ospedale era postazione di unità mobile di 118, ma
attualmente anche tale postazione è stata trasferita altrove.
Ieri la dott. ssa Squillacioti visitando la struttura l’ha giudicata
migliore di tante altre esistenti
nel territorio della Piana, che ha
altresì avuto modo di valutare al
fine di migliorare le strutture sanitarie esistenti nella Piana di
Gioia Tauro, conformemente alle esigenze territoriali La manager ha ribadito il suo personale
impegno per la struttura cittanovese che conserverà la destinazione attuale di centro polispecialistico, con particolare riferimento al settore riabilitativo
di cui si è detto. Anzi tale reparto
sarà valorizzato e potenziato per
come merita. Il tutto tenendo
presenti le risorse economiche
attualmente disponibili e considerando in specie il piano di
rientro che a dire della dott..ssa
Squillacioti «deve essere inteso
come miglioramento in funzione delle esigenze dell’utenza,
evitando gli sprechi».
Mercoledì 21 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
44
Reggio Ionica
.
SALINE La centrale proposta dalla multinazionale svizzera Sei continua a essere al centro del dibattito
MONTEBELLO Iniziative del Comune
Rifiuti ingombranti,
strade e rete idrica:
“Area grecanica” contro Repower. “Trasparenza” dura con Legambiente
i “regali” di fine anno
Carbone, la polemica non finisce mai
Federico Strati
MONTEBELLO JONICO
«Dalla Svizzera alla Calabria,
solo problemi per Repower». È
il titolo di una nota stampa diffusa dal coordinamento associazioni Area grecanica che si
batte contro la centrale a carbone di Saline Joniche. Nel mirino delle associazioni locali la
multinazionale svizzera Repower, azionista di maggioranza
della Sei (la società che ha presentato il progetto della centrale a carbone a Saline), accusata di comportamenti poco
chiari e, in alcuni casi, censurabili. Tante le accuse mosse al
colosso elvetico: aver divulgato bugie sulla pericolosità
dell’impianto attraverso una
campagna di disinformazione;
aver acquisito il consenso popolare attraverso il foraggiamento degli pseudo comitati
del “si”; evitare il confronto
con la popolazione trincerandosi dietro la chimera dei posti
di lavoro; addirittura l’accusa
– di cui ovviamente gli scriventi si assumono la responsabilità – di aver messo in atto iniziative poco chiare che ne hanno determinato il crollo in borsa.
«Tutto questo – si legge nel
comunicato – ha portato Martin Schmid, presidente del
Gran Consiglio Grigionese
nonché azionista di maggioranza di Repower, ed anche
La centrale a carbone e il porto (riqualificato) di Saline Joniche nel progetto della Sei
Edward Rikli, presidente del
consiglio di amministrazione
della società alvetica, a criticare apertamente i comportamenti della Sei, di cui Repower è azionista di maggioranza. E mentre nel Cantone dei
Grigioni vengono raccolte oltre 4400 firme per bloccare la
costruzione delle centrali a
carbone sul territorio di Saline
Joniche e Brunsbüttel, in Germania e le associazioni elvetiche protestano davanti alle
banche per impedire il finanziamento a Repower, anche in
Toscana sono forti le contesta-
PALIZZI Stasera una cena di solidarietà
zioni da parte delle popolazioni per il progetto della società
elvetica, che vorrebbe costruire una centrale turbogas a Pistoia».
Allarmanti per il coordinamento sono le ultime ricerche
mediche: «Gli studi condotti
sulle popolazioni residenti nei
pressi di centrali a carbone
hanno dimostrato un aumento
dell’incidenza di tumori di laringe, polmoni e vescica. Se
Repower – conclude la nota –
vuole costruirsi un’immagine
di azienda “verde” deve iniziare a proporre solo progetti
compatibili con i territori e le
loro vocazioni».
Sul fronte opposto, invece,
Leo Fisani, presidente del comitato “Trasparenza” di Motta
San Giovanni, polemizza apertamente con Legambiente in
merito alle ultime trasmissioni
televisive Rai in cui si è discusso della centrale di Saline:
«Quello che ci stupisce – afferma – è la reazione dell’associazione ambientalista ad una
semplice intervista rilasciata
dall’amministratore delegato
della Sei. Legambiente parla
addirittura di campagna pub-
blicitaria, di spot, come se permettersi di dissentire rispetto
alle posizioni di tale associazione sia di per sé già un atto
da condannare. I responsabili
dell’associazione ambientalista si lamentano dell’assenza
di contraddittorio dimenticandosi forse che solo tre giorni
prima è andata in onda analoga trasmissione dove loro rappresentanti e simpatizzanti
erano gli unici a parlare di centrali a carbone in Italia».
Fisani si rivolge a Legambiente ponendo un duplice
quesito: «Come mai non ci
spiegano perché il prof. Carlo
La Vecchia, responsabile del
dipartimento di epidemiologia
del più importante istituto di
ricerca oncologico italiano, affermi che non esiste alcun rischio per la salute derivante
dalla centrale? E come mai
tanto nervosismo per la prima
intervista in sei anni di una Società che ha deciso di investire
in una regione che più che attrarre, scoraggia nuovi investitori? Alla luce di tutto ciò è diventato molto difficile per il
cosiddetto fronte del “no” riuscire a motivare la propria posizione, anche perché il nuovo
ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, ha “aperto” all’investimento nella sua recente visita a Reggio Calabria. Dissentire è legittimo – conclude Fisani
– giocare con il futuro della nostra terra no».
MONTEBELLO JONICO. Raccolta
ingombranti, manto stradale e
rete idrica. La giunta Guarna ha
deciso di rifare il look al territorio, utilizzando l’avanzo di cassa
per risolvere alcuni problemi
che negli ultimi tempi avevano
generato non poche lamentele.
Capitolo ingombranti: è stato
predisposto un duplice intervento per ripulire il territorio. Il
primo, nella parte alta, è già stato effettuato; ve ne sarà un secondo nella parte bassa entro fine dicembre, ultimato il quale
verranno finalmente ripristinate condizioni di decoro urbano.
Prevista anche la disinfestazione delle aree interessate. La situazione di recente aveva raggiunto livelli di massima criticità, anche perché il Comune aveva interrotto il servizio di raccolta a domicilio per mancanza di
fondi. Ciò aveva determinato la
formazione di vere e proprie discariche a cielo aperto. Sul punto l’assessore Foti si è appellato
al senso civico: «È indispensabile che i cittadini conferiscano i
rifiuti attenendosi alle norme,
evitando la formazione indiscriminata di discariche».
Già appaltata anche la riparazione delle strade comunali e indetta la gara per gli interventi
sulla rete idrica. Qualche critica
è giunta perché quest’anno si è
deciso di non investire in luminarie per le festività natalizie,
ma il sindaco ha ovviato a tutto
Il sindaco Antonio Guarna
ciò autotassandosi unitamente
ai componenti della sua Giunta
e le illuminazioni sono state posizionate. «Abbiamo preferito –
ha detto – utilizzare i soldi in
cassa per risolvere i problemi
più urgenti. Ovviamente tutto
ciò a discapito delle illuminazioni natalizie, per le quali sono comunque disposto a fornire un
contributo a titolo personale. La
situazione è difficile per tutti i
Comuni: nel bilancio 2011 gli
introiti sono diminuiti di quasi
300 mila euro, a cominciare
dall’esenzione Ici relativa alla
prima casa che ha gravato in
modo sensibile sulle casse
dell’Ente». Guarna ha infine annunciato che il progetto per la ristrutturazione e messa a norma
del centro polivalente di Saline è
entrato in graduatoria per ottenere il finanziamento.(f.s.)
Grande folla ai funerali del giovane morto venerdì scorso nell’incidente stradale avvenuto a Siderno
Ematologia dei Riuniti, Tutta Roghudi per l’ultimo addio a Nunzio Siviglia
iniziativa del “Monoriti”
Giuseppe Toscano
Pietro Parisi
PALIZZI
Il periodo è quello giusto. Le motivazioni pure. Ma, forse, né il primo e nemmeno le seconde hanno
indotto il Centro di ricerca e sviluppo “Monoriti” ad intraprendere l’ennesima iniziativa benefica.
Il Centro è una onlus che, oltre ad
occuparsi dell’efficienza delle
pubbliche amministrazioni e dei
problemi ad esse correlati, s’interessa appunto, di solidarietà verso i più bisognosi. Il sodalizio ha
organizzato per stasera una cena
di beneficenza in un noto locale
ubicato alla periferia di Reggio.
«Il ricavato della cena – si legge in
una nota diffusa dal direttore del
Centro, Angelo Viglianisi Ferraro
– servirà a regalare ai degenti del
reparto doni da mettere sotto l’al-
bero di Natale, allestito nella ludoteca del reparto di ematologia
degli Ospedali Riuniti di Reggio
Calabria». Nel menu una pizza,
una bibita e una porzione di patatine e “noisette” (quota 15 euro,
di cui 7 in beneficenza). «Prevediamo – ci riferisce Angelo Viglianisi Ferraro – un’affluenza alta e,
se qualcuno non potesse partecipare per mancanza di posti, ci
sentiremmo un po’ responsabili.
Ricordo che saranno ammesse solo le prime cento prenotazioni,
raggiunto questo numero, non sarà possibile accogliere altre adesioni. Desidero anche ricordare
che chi è impossibilitato a partecipare alla cena, ma è interessato a
contribuire in ogni caso al progetto del “Monoriti”, potrà destinare
un’offerta libera direttamente
all’Ail di Reggio Calabria».
ROGHUDI
Alle dieci in punto tutto il paese si è fermato per dare l’estremo saluto a Nunzio Siviglia.
Tra due ali di folla, il corteo
funebre ha attraversato il centro abitato, raggiungendo la
chiesa di Maria Santissima
Annunziata e San Nicola di
Bari, dove erano in programma i funerali del giovane morto venerdì scorso, in un incidente stradale avvenuto a Siderno. Volto noto dell’ambiente sportivo locale, al momento del tragico impatto, Siviglia si trovava a bordo di
un’autovettura assieme ad altri tre ex tesserati della Valle
Grecanica, che sono rimasti
feriti, l’allenatore del Siderno,
Filippo Laface, i giocatori Bruno Pansera e Alessandro Aute-
litano. La notizia del terribile
incidente ha gettato nello
sconforto i familiari di Nunzio
Siviglia, che ha lasciato la moglie e una figlioletta in tenera
età, generando un clima di
mestizia tra i tantissimi tifosi
che, nel corso degli anni, avevano avuto modo di apprezzare le sue qualità umane e sportive.
A testimonianza della stima
e dell’affetto di cui godeva Siviglia, ieri mattina Roghudi è
stata “invasa” da una marea di
persone, molte delle quali
giunte dal comprensorio. Il feretro è stato portato fino in
chiesa dagli amici e dai dirigenti della Valle Grecanica.
«Siamo qui – ha detto nella
sua omelia il parroco di Roghudi, don Giovanni Zampaglione – per affidare al Signore Nunzio, un giovane genero-
so, legatissimo alla famiglia e
agli amici. Il vuoto lasciato
dalla sua partenza è immenso.
Oggi, tutti insieme, gli chiediamo di vegliare sulla moglie
Antonella e sulla figlioletta
Alessandra. Gli chiediamo di
continuare ad essere l’angelo
della loro vita e del loro quotidiano. Porterò dentro di me
due sue qualità: la gioia di vivere e il sorriso».
Toccante il ricordo del giovane imprenditore scomparso
tracciato dalla società Valle
Grecanica: «Rivolgiamo a
Nunzio poche parole nella
certezza che da lassù le ascolterà, regalandoci ancora una
volta il suo sorriso. Abbiamo
trascorso tanto tempo insieme, ammirando il suo buon
senso e la sua disponibilità.
Non è stato sicuramente il calcio ad unire le nostre strade, Nunzio Siviglia
perché la nostra amicizia sin
da subito si è fondata sul rispetto, la stima e l’affetto reciproco. Un affetto pulito e incondizionato che ha continuato a trasmetterci anche dopo
aver lasciato la società. Per
questi motivi ci mancherà tantissimo».
Anche i dirigenti della Capo
Sud, società calcistica di Melito Porto Salvo che milita in
Prima categoria, ha espresso
vicinanza ai familiari: «Nunzio – ha dichiarato il presidente Santino Lori – era una persona speciale, era uno sportivo straordinario. Tutti quanti
noi abbiamo ammirato l’umanità che aveva e la gioia che
sapeva trasmettere. Ci mancherà la sua competenza. Alla
moglie ed a tutti i familiari la
società Capo Sud si stringe affettuosamente».
37
Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
Cronaca di Cosenza
.
IL CASO Si difende il titolare d’una ricevitoria del centro che ha sottratto una fortuna ai Monopoli di Stato
Ieri durante il maxi processo “Terminator”
Angelo Colosso
ha raccontato
L’uomo ha scommesso 180 mila euro al “10eLOTTO” senza mai saldare l’omicidio di Sena
Si gioca un patrimonio e non paga
Domenico Marino
Un mare di problemi economici, lo scommettitore incallito, il
denaro fantasma e l’inchiesta
penale. Si difende il trentatreenne titolare di una ricevitoria del centro cittadino cui la
procura della Repubblica cittadina contesta di avere sottratto
180 mila euro ai Monopoli di
Stato. Il pm Giuseppe Casciaro
nei giorni scorsi ha chiuso le indagini preliminari nei confronti dell’imprenditore, contestandogli le accuse di peculato
e appropriazione indebita.
Reati pesanti, dai quali il giovane imprenditore cittadino,
difeso dall’avvocato Edoardo
Florio, si difende in punta di
diritto.
Secondo la ricostruzione
della difesa l’indagato, trentatreenne e sposato, non s’è mai
messo in tasca nemmeno un
centesimo. Non avrebbe rubato il denaro versato nelle sue
casse dai giocatori che scommettevano, giocavano al Lotto,
al Superenalotto, cercavano la
combinazione giusta con i mille tagliandi del “Gratta e Vinci”
o ci provavano in altri modi. Il
trentatreenne tentava la sorte
in prima persona, giocando al
“10eLOTTO” ma senza mai pagare l’ammontare della scommessa. Incassava la ricevuta
della giocata, in sostanza, ma
non versava ai Monopoli la
somma dovuta come si fa normalmente. I giocatori “normali” la pagano al titolare che poi
la versa, l’indagato, invece,
trovandosi nel doppio ruolo di
scommettitore e responsabile
della ricevitoria, avrebbe dovuto pagarla a se stesso per poi
trasferirla nelle casse dei Monopoli. E non l’ha mai fatto,
puntando tra i sei e i settemila
euro al giorno per un mesetto e
mezzo: tra il 20 luglio e i primi
giorni di settembre scorsi.
Complessivamente ha giocato
180 mila euro, ogni tanto vincendo pure qualcosina, ma secondo la ricostruzione della difesa una cifra infinitamente
minore a quanto scommesso:
più o meno 25 mila euro.
Sempre a spulciare la linea
difensiva del trentatreenne
viene fuori il presunto movente del raggiro. L’uomo avrebbe
cominciato a tentare la sorte
per tirarsi fuori da problemi finanziari cominciati proprio a
metà luglio. Un guaio dopo
l’altro che lo hanno messo in
ginocchio spingendolo al reato.
La linea difensiva insiste
sull’immaterialità del denaro
scommesso, che perciò renderebbe impossibile concretizzare il reato. «Parliamo di denaro
che non esiste, perché il mio
assistito non l’ha mai incassato», si lascia scappare l’avvocato Edoardo Florio, aggiungendo che appena l’indagato riceverà il provvedimento di notifica della chiusura delle indagini preliminari chiederà al sostituto procuratore della Repubblica di essere sentito per
chiarire questi e altri passaggi
del caso. Il trentatrenne ha
venti giorni di tempo, dalla ricezione del provvedimento,
per sollecitare l’interrogatorio
da parte del magistrato inquirente o/o depositare eventuali
indagini difensive o altro materiale probatorio a sua discolpa.
Dopodiché spetterà al pm decidere se seguire la strada
dell’archiviazione delle accuse
nei confronti dell’indagato o
chiederne il rinvio a giudizio al
giudice delle indagini preliminari.
Il pm Giuseppe Casciaro
La difesa dell’indagato punta sull’inconsistenza materiale del denaro
Tra gli imputati anche il consigliere comunale Massimo Lo Gullo
Assolti dall’aggressione ai carabinieri
Assoluzione in Appello per i cittadini del rione San Vito condannati
in primo grado per l’aggressione
ai danni dei carabinieri il 23 novembre 2004, durante la festa di
quartiere in onore di Padre Pio. I
militari intervennero per dei rastrellamenti il giorno dopo il ferimento in via Popilia del maresciallo Roberto Redavid e dell’appuntato Andrea Covelli impegnati in un servizio di controllo, in incognito, all’interno d’un furgoncino. Durante i controlli la popolazione del quartiere si ribellò, accerchiando e spintonando i militari costretti a sparare alcuni colpi
Il luogo del ferimento dei militari
in aria. In primo grado il tribunale
cittadino aveva condannato per
resistenza, violenza e minaccia a
pubblico ufficiale a un anno Domenico Cicero, classe 1983, e a
nove mesi Francesco Stola, Vladimiro Lucia, Giuseppe Vilardi,
Alessandro Mazzei, Pietro Mazzei
e l’attuale consigliere comunale
del Pdl Massimo Lo Gullo. Erano
tutti difesi dagli avvocati Antonio
Quintieri, Raffaele Scarpelli, Paolo Pisani, Antonio Ingrosso, Amelia Ferrari e Luigi Leonetti. Ieri il
ribaltamento della sentenza «perché il fatto non costituisce reato»(d.m.)
La verità di Angelo Colosso
sull’omicidio del boss Antonio
Sena. Ieri mattina l’ex picciotto, ora collaboratore di giustizia, ha risposto alle domande
del pm antimafia Vincenzo
Luberto durante un’udienza
del processo “Terminator”, ricostruendo il movente del delitto consumato a Castrolibero
il 12 maggio 2000, le fasi preparatorie e l’esecuzione. Colosso ha spiegato d’avere rubato la Lancia Thema usata
dai sicari per mettere a segno
l’omicidio, aggiungendo di
avere visto spesso Sena nel bar
in cui il clan si riuniva. «Veniva per salutare Ettore Lanzino, ma Marsico mi spiegava
che Sena non era ben visto –
ha dichiarato Colosso – perché
sponsorizzava il clan Bruni,
che lo portava in copiata, e
questo dava fastidio a noi. Anche perché Sena aveva ottimi
legami nel Reggino, dopo anni
passati in carcere, quindi si temeva potesse fare crescere i
Bruni. Ma Lanzino – ha aggiunto Colosso – non voleva
che Sena fosse ucciso perché
lo conosceva da tempo. Era
convinto che sarebbe bastato
parlarci per convincerlo a non
sponsorizzare più il clan rivale. Così successe e infatti Senza disse che non l’avrebbe più
fatto. Ma poi Lanzino venne
arrestato perché doveva scontare un residuo di pena, quindi il comando finì nelle mani
di Dedato che decideva assieme a Cicero». Sempre in risposta alle domande del pubblico
ministero, Colosso ha chiarito
che pure i “compari” del clan
Cicero volevano l’eliminazione di Sena perché gli dava fastidio in alcune estorsioni. Essendo più conosciuto di altri,
Antonio Sena
fu ucciso
nel maggio 2000
in un agguato
a Castrolibero
la gente si rivolgeva a lui per
risolvere alcune questioni».
Quindi un passaggio più direttamente legato al delitto. Colosso ha spiegato che inizialmente vennero decisi degli appostamenti, affidati a Trinni,
Amodio e Marsico, per capire
come e dove colpire. Prima in
via 24 maggio e poi in un negozio di Città 2000. Il collaboratore di giustizia ha poi ricordato che Franco Marincola lo
contattò per dirgli di rubare
un’auto e durante una notte
presero una Lancia Thema.(d.m.)
La Rover su cui Sena viaggiava quando fu ucciso
Mercoledì 21 Dicembre 2011 Gazzetta del Sud
44
Cosenza - Provincia
.
CORIGLIANO Gli esponenti locali del partito berlusconiano ribadiscono la piena fiducia nella magistratura dopo le 55 condanne inflitte dal gup
Santa Tecla, i pidiellini rompono il silenzio
Fissata al prossimo 6 giugno la sentenza del Tar sul ricorso contro lo scioglimento del consiglio comunale
Emilia Pisani
CORIGLIANO
Rompe il silenzio anche il partito del Popolo della Libertà
sulla sentenza di primo grado
del processo Santa Tecla emessa dal gup Tiziana Macrì lo
scorso 16 dicembre e che per
quanto riguarda gli imputati
sottoposti al rito abbreviato
conferma l’impianto accusatorio del pm antimafia Vincenzo
Luberto.
Dopo
le
dichiarazioni
dell’esponente democratico Aldo Algieri, che ha sottolineato
la necessità di procedere a livello giudiziario nel chiarire ulteriori elementi emersi nel fascicolo Santa Tecla per quello che
riguarda alcuni settori politici
ed imprenditoriali della città.
Nel ribadire la piena fiducia
nel lavoro della magistratura e
nella giustizia in generale, gli
esponenti del Pdl coriglianese
si augurano che se c’è altro ancora da spiegare per come dichiarato ieri a Gazzetta da Algieri, «che si faccia chiarezza fino in fondo e al più presto. La
nostra città ha bisogno di trasparenza e di maggiori punti di
riferimenti certi al fine di poter
guardare nuovamente al futuro
e sperare in una rinascita. L’inchiesta Santa Tecla rappresenta una pagina amara per la città
di Corigliano e se vi sono, come
dice l’ex consigliere Algieri, ancora elementi che comproverebbero ulteriori collusioni siamo convinti che la giustizia farà
il suo corso e sarà in grado di
dare risposte».
L’inchiesta della Dda di Catanzaro, che ha determinato lo
scioglimento del consiglio comunale della città di Corigliano
a guida di Pasqualina Straface,
si caratterizza anche per il percorso intrapreso nell’ambito
della giustizia amministrativa.
A tal proposito è stata fissata
per il prossimo 6 giugno 2012
la data della sentenza del Tar
Lazio in merito al ricorso presentato dall’ex sindaco Pasqualina Straface, dalla sua giunta e
dall’ex presidente del consiglio
comunale dell’Udc Pasquale
Pellegrino avverso lo scioglimento per infiltrazione mafiosa
del civico consesso avvenuto lo
scorso 9 giugno. A distanza,
dunque, di un anno dallo scioglimento dell’organo democraticamente eletto, i giudici amministrativi si pronunceranno
sul ricorso presentato per conto
dei ricorrenti dall’avvocato
Oreste Morcavallo.
In merito il partito del Pdl
cittadino ha dichiarato: «Attendiamo fiduciosi come sempre
nel lavoro della giustizia quello
che sarà il responso del Tribunale Amministrativo Regionale
del Lazio in merito al ricorso
presentato dall’ex Sindaco, dalla sua squadra di governo e
dall’ex Presidente del Consiglio
Comunale Pasquale Pellegrino.
Ci rendiamo conto che si è tratta di una vicenda dolorosa per
la vita sociale e politica di questa città».
CORIGLIANO
Al 3. Circolo
didattico
“280 giorni”
della Malvasi
Inquirenti e investigatori subito dopo il blitz del 21 luglio del 2010
Una panoramica di Corigliano
CORIGLIANO La 25enne è accusata di aver indotto due minorenni a prostituirsi
Flesh market, in aula la sorella delle baby squillo
CORIGLIANO. È prevista per que-
sta mattina presso il tribunale di
Rossano (presidente De Vuono; a
latere D’Alfonso e Zizzari)
l’udienza per il giudizio immediato al quale sono stati rinviati alcuni degli indagati nel processo Flesh Market contro la prostituzione
minorile. In aula saranno ascoltate le dichiarazioni della sorella
maggiorenne delle due baby-prostitute, N.M. la donna è coimputata nel processo ed è accusata di
favoreggiamento in concorso e
sfruttamento della prostituzione
minorile con l’aggravante del legame familiare. La 25enne dovrà
rispondere alle domande del pm
e della difesa degli imputati coinvolti e sottoposti al giudizio immediato Natale Musacchio, Giuseppe Russo (difeso dall’avvocato Pasquale Di Iacovo), Vincenzo
Novelli, Saverio La Camera, Italo
Le Pera e Maurizio Franco Magno. Sempre nella giornata di oggi a Rossano inizierà la prima
udienza anche per gli imputati
per i quali il giudice ha rigettato la
richiesta di rito abbreviato, ovve-
ro Damiano Collefiorito, Cosimo La Grotta, Santo Bagnato e
Giuseppe Brina. Si attende ancora la consegna del la perizia sulle
capacità a testimoniare delle due
minorenni V.M. e L.F.M. La difesa
si baserà molto sull’attendibilità
delle due minorenni, per questo
saranno fondamentali oltre che
la perizia sulle capacità intellettive delle due sorelle, anche quella
richiesta sulle trascrizioni delle
dichiarazioni rilasciate dalle baby-prostitute in fase di incidente
probatorio.(emi.pis.)
Un arresto di “Flesh market”
CORIGLIANO. Sarà presentato
quest’oggi alle 17.30, presso
l’aula “Cortese” del 3. Circolo
didattico di Corigliano scalo,
il volume dal titolo “280 giorni”, scritto da Valeria Malvasi.
Nelle pagine della prima opera letteraria dell’aspirante
scrittrice è descritta l’esperienza della dolce attesa. È la
storia di una gravidanza, dal
concepimento al parto, scritta
con il cuore e con la mente; attimi che intrecciano i fotogrammi della vita della mamma tra sentimento ed esperienza. La presentazione del
testo, organizzata dall’associazione culturale “Centro
Studi Sybaris”, è prevista come detto questo pomeriggio.
A relazionare saranno la dirigente del 3. Circolo, Susanna
Capalbo, e l’ispettore del Ministero Iur, Francesco Fusca. I
lavori, intervallati dalla lettura dei brani del testo a cura di
Damiano Lazzarano e Simona
Scaramuzzo, accompagnati
dalle musiche del maestro
Giorgio Roma, saranno coordinati da Giulio Iudicissa.
CORIGLIANO Il giovane è stato sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio
Minaccia di far saltare in aria il palazzo
Fermato in tempo dai militari dell’Arma
CORIGLIANO. Momenti di pura follia si sono vissuti nella
mattinata di ieri nel centro
storico di Corigliano.
Ha infatti dato in escandescenza generando, in un momento di profondo scoramento ed in evidente stato di
shock, panico nell’intero palazzo dove abita con la madre
in via Ospizio G.V., un 25enne coriglianese.
Il ragazzo nella mattina di
ieri ha ripetutamente minacciato di farsi esplodere e far
saltare in aria l’appartamento
con una bombola a gas e un
accendino.
Si è barricato dentro casa,
G.V., ed intorno all’ora di
pranzo ha iniziato ad urlare
chiudendosi a chiave all’interno della sua abitazione.
«Faccio saltare tutto in
aria, mi ammazzo e metto
fuoco a tutto» è quanto il giovane ha urlato verso l’ester-
L’ospedale di Corigliano
no, stando almeno al racconto dei vicini di casa che impauriti hanno provveduto subito ad allertare la vicina stazione dei carabinieri.
Alla base dello stato di evidente alterazione psicologica
e dello stato confusionale che
hanno decretato il momento
di pura follia, le condizioni di
salute del giovane, convinto
di doversi ancora trattenere
all’interno di una reparto
dell’ospedale “G. Compagna”
di Corigliano da dove era stato dimesso la sera prima.
Sul posto sono quindi intervenuti i carabinieri del
centro storico che nel frattempo, vista la minaccia di far
esplodere l’appartamento ripetuta dal giovane, avevano
allertato anche la caserma dei
vigili del fuoco di Rossano al
fine di garantire un immediato intervento in caso di esplosione.
A nulla sono valse le preghiere da parte dei vicini di
casa, dei conoscenti e soprattutto dei familiari di G.V. di
desistere dal commettere l’insano gesto, il 25enne è stato
fermato solo dopo un intervento forzato da parte dei militari dell’arma che lo hanno
accompagnato in pronto soccorso operando un Tso (trattamento sanitario obbligatorio).
Comprensibile l’agitazione
e il panico vissuti dai vicini di
casa, che proprio a quell’ora
stavano consumando il pranzo, quando hanno sentito urlare il giovane che minacciava
di far esplodere tutto il palazzo.
G.V. una volta sottoposto
al trattamento sanitario obbligatorio si è tranquillizzato,
facendo tirare un sospiro di
sollievo
all’intero
rione.(emi.pis.)
CORIGLIANO Critiche all’idea che gli ordini professionali rappresentino il male del Paese
I giovani commercialisti festeggiano il decennale
Johnny Fusca
CORIGLIANO
Decima candelina per l’Ugdcec dell’area urbana Corigliano-Rossano, che domani
sera chiama a raccolta i suoi
organi locali e le rappresentanze delle unioni regionali
presso il “Casino Caruso by
White”, dove si celebrerà la
“festa di compleanno”.
L’Unione Giovani Dottori
Commercialisti ed Esperti
Contabili è nata infatti nel
2001 e quest’anno festeggia il
primo decennale di vita perseguendo sempre gli stessi
obiettivi, ossia quelli di rappresentanza sindacale attiva
ed efficace nella categoria e
di crescita etica e professionale del comparto, guardando
alle problematiche del Paese
e al suo sviluppo. Un impegno
che l’organizzazione, attraverso i suoi vertici locali, vuole rilanciare anche in questa
occasione.
«L’ente si propone di facilitare l’inserimento dei giovani
dottori commercialisti ed
esperti contabili nella vita
professionale – afferma Giorgio Iannini, presidente distrettuale Ugdcec – oltre che
Rivendicato il ruolo dei commercialisti
di promuovere lo studio e la
risoluzione di temi o problemi oggetto della professione
o di interesse della categoria,
di favorire tra i giovani professionisti del settore legami
di amicizia, collaborazione e
solidarietà».
Poi il messaggio ai giovani,
ossia «non cadere nella trappola di coloro che dietro la
frase “riforma delle libere
professioni” stanno piuttosto
pensando ed operando il loro
smantellamento, come se i sistemi ordinistici siano diventati il peggior male del paese».(jo.fu.)
Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
31
Cronaca di Catanzaro
.
Svolta nella rissa con accoltellamento avvenuta un anno fa nei pressi della sede del collettivo “Riscossa”
Accoltellamento, in due ai domiciliari
Una terza persona sottoposta all’obbligo di dimora. Dieci gli indagati
Giuseppe Mercurio
«Ma vedi che noi siamo andati in
tre, a mani nude, ma voi avete rotto un vetro? Si, dopo che ci hanno
tirato una bottigliata in faccia,
meno male che ha schivato, non
ho visto più dagli occhi, ho preso
un mattone e ho crollato una finestra, e loro sono salate dieci persone, da tutte le parti». È il passo di
un’intercettazione di una delle
due persone alla quale ieri la Digos ha notificato una ordinanza di
applicazione di misura cautelare
agli arresti domiciliari emessa dal
giudice Maria Rosaria Di Girolamo (cancelliere Paola Mondello)
su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica Alessia Miele per gli scontri tra opposte fazioni di estrema destra e sinistra che
avvennero il 30 ottobre 2010 in
città durante i quali un ragazzo
del centro sociale Riscossa fu ferito gravemente a coltellate.
Le due persone sottoposte ai
domiciliari sono Vincenzo Marino, 32 anni, e Carmelo La Face,
33, entrambi di Catanzaro. Una
terza persona, Salvatore Mazza,
30 anni, di Catanzaro, è stata sottoposta all’obbligo di dimora.
Complessivamente sono dieci i
giovani, sia dell’area dell’estrema
destra che del collettivo, indagati
dal novembre 2010, a vario titolo,
per tentato omicidio, rissa aggravata e lesioni personali gravi.
La Procura della Repubblica
aveva chiesto l’arresto di cinque
esponenti dell’area dell’estrema
destra con l’accusa di tentato omicidio nei confronti del giovane del
centro sociale Riscossa ferito a
La Polizia ha notificato i provvedimenti a Carmelo La Face e Marino Vincenzo (in alto) e Salvatore Mazza (sotto)
coltellate. In particolare, la Procura aveva chiesto l’arresto in carcere per rissa e tentato omicidio
per Carmelo La Face e Vincenzo
Marino che invece il gip ha mandato ai domiciliari per rissa. Inoltre l’accusa aveva chiesto i domiciliari per Salvatore Mazza per
rissa, che ha avuto l'obbligo di firma, e per altri due indagati in stato di libertà, Valerio Bagnato, di
26 anni, e Carlo Maria Cassala,
27, entrambi di Catanzaro, ritenuti responsabili di tentato omicidio, per i quali, però, gip non ha ritenuto di accogliere la richiesta.
Nella sua richiesta al gip, il pm
Alessia Miele ricostruisce, grazie
alle testimonianze rese da alcuni
dei protagonisti dopo un’iniziale
reticenza, quanto accaduto la sera del 30 ottobre, con una prima
rissa provocata da un gruppetto
di giovani dell’estrema destra che
avevano lanciato un mattone contro una finestra del centro sociale,
rompendola e provocando la reazione dei giovani del collettivo.
Quindi, alcune ore dopo, secondo
l'accusa, Marino, La Face, che nella rissa aveva riportato la frattura
di un braccio, e Mazza avevano
organizzato «una vera e propria
spedizione punitiva nei confronti
dei giovani del collettivo Riscossa».
Resta ancora da identificare,
invece, colui che materialmente
ha sferrato le coltellate a Ruben
Munizza, 29 anni, di catanzaro, il
giovane ferito e che figura tra gli
indagati per rissa. Dell’accoltellatore nessuno ha fatto il nome o lo
ha saputo identificare.
Gli altri indagati per rissa, oltre
a Ruben Munizza, Vincenzo Marino, Carmelo La Face, Salvatore
Mazza, Carlo Maria Cassala, e Valerio Bagnato, sono Fabio Salicetti, 31 anni, e Stefano Mancuso,
26, entrabi di Catanzaro; Giusep-
TRUFFE E ASSICURAZIONI Lo puntualizzano i difensori, gli avvocati Staiano e Ludovico
pe Rossi, 34, di Reggio Calabria,
Dario De Liberto, 33, di Messina.
L’accusa si basa, tra l’altro, su
intercettazioni telefoniche e ambientali dalle quali si sarebbero ricostruiti i fatti. «Ho bloccato il palo e gli ho abbassato le mani, con il
braccio rotto che avevo, gli ho abbassato questo palo e gli ho detto:
uomo di merda, non ti vergogni.
All’improvviso, boom, mi è arrivata una botta qua e all’improvviso un’altra da qua, un calcio, e mi
sono girato a picchiare a quello.
Come mi sono girato, bom, e quello intanto, bom, nei fianchi». E ancora: «In un attimo sono arrivato
sopra lo sai come! Con il viso pieno di sangue tutto pieno di sangue, c’erano le femmine che gridavano, io volevo entrare dentro
vi sfondo». Persino in ospedale,
dove erano ricoverati due esponenti delle contrapposte compagini, c’era chi aveva voglia di
scherzare: «Il primo giorno quando sono andato io la prima volta,
mi sono fatto due conti... ho detto
lo hanno portato in chirurgia?
Salgo, entro e lo becco, compà!
Peggio di quei killer efferati (ridono) che mandano... di San Luca...
ti trovo... dove vai! E l’ho beccato... la ragazza mi guardava schifato... l’ha guardata e gli ho detto
quando si riprende... la prima
dormiva, era in coma. Non... che
questo è solo l’inizio... poi mi è dispiaciuto... la verità... mi hanno
detto che era incinta... se sapevo
un calcio in pancia... glielo potevo
anche buttare (ridono)... la verità, mi è dispiaciuto e che cazzo
una volta che c’ero... ho perso...,
no sto scherzando».
Giovanna Passalacqua
Luigi Bevilacqua
VICENDA DURO Violenza privata
Decisione del TdL:
Passalacqua a casa
Bevilacqua in carcere
È stata mandata agli arresti domiciliari la 65enne Giovanna
Passalacqua – difesa dall’avvocato Mary Aiello – accusata di
violenza privata aggravata
dall’uso delle armi nei confronti
della compagna di Nicola Duro,
l’idraulico incensurato di 26 anni, ucciso il 17 giugno 2010, davanti un bar di viale Isonzo. Lo
ha stabilito il Tribunale del Riesame al quale si era appellato
anche il difensore di Luigi Bevilacqua, 39, l’avvocato Raffaele
Bruno. Per Bevilacqua il TdL ha
invece confermato la custodia
cautelare in carcere. L’avvocato
Bruno, nell’apprendere la notizia, ha parlato di «giustizia razzista» in quanto «non esistono –
secondo il legale – i presupposti
per l’applicazione del provvedimento in quanto la compagna di
Duro ha espresso solo un timore. E sui timori non si possono
basare i capi d’imputazione».
I fatti risalirebbero, secondo
l’accusa, al giorno in cui è stata
emessa la sentenza sul delitto
Duro con l’immediato arresto di
una loro congiunta (Ornella Bevilacqua, condannata con altre
quattro persone). Giovanna
Passalacqua e Luigi Bevilacqua
(rispettivamente madre e fratello di Ornella Bevilacqua) sarebbero andati sotto l’abitazione della compagna di Duro e,
con un coltello da cucina,
l’avrebbero minacciata di morte. La donna avrebbe proferito
frasi terribili: «Se scindi sutta ti
squartu», «Tantu ti vidimu sula,
nesci sempre da sula». Il figlio
non sarebbe stato da meno e,
mostrando la mano a mo’ di pistola, avrebbe detto alla donna:
«Quandu ti viu sula ti fazzu provare u chiumbu». La compagna
di Nicola Duro ha vissuto momenti di terrore sino a quando
non è giunta una pattuglia della
Polizia che ha trovato a casa di
Passalacqua un coltello dalle
caratteristiche compatibili a
quello descritto dalla compagna di Duro. Da qui l’emissione
dell’ordinanza di custodia in
carcere che ha portato all'arresto di madre e figlio.(g.m.)
AVVOCATI Il presidente Iannello critico sula legge di stabilità
Non indagati i dottori Caglioti e Gangale «Questa manovra vuole far tacere
Dagli avvocati Salvatore Staiano
e Antonio Ludovico riceviamo:
«Alla luce delle notizie apparse nelle scorse settimane sulla
stampa locale ed in particolare
pubblicate dal quotidiano "Gazzetta del Sud", che ha dedicato ai
fatti di cronaca addirittura la prima pagina dell'edizione di giovedì 1 dicembre 2011, gli avvocati Salvatore Staiano e Antonio
Ludovico, nell'interesse dei propri assistiti dott. Maurizio Caglioti e Raffaele Gangale, precisano: L'inchiesta relativa alle
presunte truffe alle assicurazioni, che secondo il resoconto degli organi di informazioni avrebbe visto tra gli indagati medici e
avvocati catanzaresi, non coinvolge i dottori Maurizio Caglioti
e Raffaele Gangale. Il tutto con
grave nocumento alla reputazione di due rispettabili e stimatissimi professionisti nel campo medico quali i dottori Maurizio Caglioli e Raffaele Gangale. A seguito delle notizie riportate sulla
stampa, i due, infatti, fiduciari di
oltre dieci compagnie assicurati-
Il Palazzo di Giustizia di Catanzaro
ve, sono stati sospesi dai rispettivi incarichi con un evidente danno personale, familiare, sociale e
patrimoniale. Non appena s'è
appresa la notizia relativa alla
presunta indagine avviata anche
nei loro confronti, pubblicata in
data 1 dicembre dal quotidiano
Sentenza della Corte d’Appello
La condanna nell’Ue
si può scontare in Italia
Importante sentenza destinata a
fare giurisprudenza da parte
della Corte d’Appello che ieri, a
seguito di un mandato di arresto
internazionale, ha accolto la tesi
dell’avvocato Gregorio Casalinuovo stabilendo che un rumeno condannato nel suo paese
può scontare la condanna definitiva passata in giudicato nel nostro Paese. I giudici (presidente
Maria Teresa Carè, a latere Francesca Marrazzo e Lucia Monica
Monaco) hanno emesso questo
verdetto richiamando l’ordinanza n. 289/2009 della Corte Co-
stituzionale che ha dichiarato
l’illegittimità del mandato di arresto europeo limitatamente alla parte in cui non prevede il rifiuto di consegna anche del cittadino di un altro Paese membro
dell’unione Europea che legittimamente ed effettivamente risieda o abbia dimora nel territorio italiano ai fini dell’esecuzione della pena detentiva in Italia
conformemente al diritto interno. Analoga sentenza era stata
incassata ad ottobre dall’avvocato Casalenuovo sempre dalla
Corte d’appello.(g.m.)
"Gazzetta del Sud", i difensori
hanno depositato, presso la segreteria dell'Ufficio di Procura
tempestiva istanza di interrogatorio; vanamente: i due dottori
Gangale e Caglioti non sono assolutamente nemmanco marginalmente lambiti dalla indagi-
ne. Invero, i due dottori benché
sottoposti a perquisizione non
sono indagati; sicché è di tutta
evidenza che l'atto requirente afferiva ad altri soggetti».
Prendiamo atto di quanto riferito dagli avvocati Staiano e
Ludovico. Ci limitiamo ad osservare che a pagina 4 del decreto di
perquisizione si dispone che copia del provvedimento «sia consegnata all’indagato», che «immediatamente prima di iniziare
le operazioni di perquisizione
sia dato avviso al difensore d’ufficio, o al diverso difensore di fiducia eventualmente nominato
dall’indagato, del compimento
del presente atto».
Evidentemente il frequente
rimando alla figura dell’“indagato” ha contribuito all’equivoco.
Nel resto, nell’articolo pubblicato su queste colonne l’1 dicembre non abbiamo affermato che i
dottori Gangale e Caglioti sono
indagati ma solo che sono stati
«coinvolti nell’inchiesta»; appunto perché i loro studi professionali sono stati perquisiti.
la voce di chi difende la libertà»
“Quale futuro per l’Avvocatura?”
Questo il tema di un incontro organizzato dall’associazione Forense “Diritto di Difesa” che si è
svolto nella sala riunioni del
Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
I lavori sono stati introdotti
dalla presidente dell’associazione forense Daniela Palaia la quale, dopo aver fatto un breve
excursus dell’attività svolta nel
corso dell’anno, ha rilevato la necessità e l’urgenza dell’incontro
in considerazione della grave situazione in atto che sta coinvolgendo l’Avvocatura tutta illustrando le problematiche relative alla legge di stabilità che in
questi giorni è argomento di
grandissima attualità. Ha quindi
introdotto il relatore prof. avv.
Giuseppe Iannello, presidente
del Consiglio dell’Ordine degli
Avvocati di Catanzaro e presidente dell’Unione degli Ordini
Forensi della Calabria, il quale,
senza mezzi termini, ha subito
Giuseppe Iannello
evidenziato l’enorme disagio
nell’affrontare il tema assegnato
stante la bufera che si è abbattuta
sull’Avvocatura evidenziando
come «i poteri forti stanno portando avanti una becera battaglia contro l’Avvocatura alla quale addirittura si imputano re-
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sponsabilità per la grave crisi
economica in atto». Iannello dopo aver precisato che «l’aver delegificato le norme in materia di
ordinamenti professionali, anche quelli che coinvolgono i diritti dei cittadini, è una palese violazione della Costituzione» ha preso in esame dettagliatamente la
manovra Monti e, meglio ancora, quanto previsto nella legge di
stabilità. Il presidente Iannello
ha concluso sostenendo che
«l’Avvocatura italiana non può
tradire la propria storia e la storia
della civiltà del nostro mondo assistendo inerte alla manovra di
chi vuol far tacere la voce di coloro che hanno il compito di difendere la libertà di tutti consentendo l’esercizio dei diritti» esprimendo «forte contrarietà a norme che provocherebbero la demolizione del sistema ordinistico e del controllo deontologico
in spregio della Costituzione e a
scapito dei cittadini e dei professionisti più giovani».(g.m.)
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Gazzetta del Sud Mercoledì 21 Dicembre 2011
43
Cronaca di Vibo
.
OMICIDIO DI PASQUALE ANDREACCHI Dopo l’archiviazione della Procura a un anno e tre giorni dal rinvenimento dei resti del giovane in un boschetto
I genitori chiedono la riapertura del caso
L’avvocato Giovanna Fronte: sollecitiamo il pubblico ministero offrendo spunti di mancata indagine
Marialucia Conistabile
Riapertura del caso. Un caso doloroso che per Maria Rosaria Miraglia e Salvatore Andreacchi, perché quel fascicolo porta il nome di
Pasquale, 18 anni, scomparso da
Serra San Bruno la sera dell’11 ottobre del 2009, ucciso probabilmente lo stesso giorno e i cui resti
sono stati trovati tre mesi dopo in
un boschetto.
Un caso archiviato dalla Procura a «un anno e tre giorni» dal rinvenimento dei resti e dei vestiti e
che ora i genitori del giovane chiedono venga riaperto. Richiesta
che supportano offrendo al pm
«spunti di mancata indagine».
Maria Rosaria Miraglia e Salvatore Andreacchi solo da qualche
mese hanno appreso dell’archiviazione. La mamma di Pasquale
l’11 ottobre scorso – nel giorno del
secondo anniversario della scomparsa del figlio – aveva inviato
una lettera alla Procura chiedendo di sapere a che punto fossero le
indagini orientate a far luce sulla
drammatica vicenda e a individuare i responsabili. Ma a quella
lettera non ha ricevuto risposta.
Altre comunicazioni i genitori
della vittima le hanno però avute
dall’avvocato Giovanna Fronte.
Dal legale, infatti, hanno appreso
dell’archiviazione.
Un boccone amaro che Maria
Rosaria e Salvatore non intendono in alcun modo mandare giù e
che, probabilmente, nessuno intende far loro ingoiare. L’archiviazione, infatti, non impedisce la
riapertura delle indagini, anzi
tutt’altro, qualora emergessero
elementi tali da indurre la Procura a seguire nuovi filoni.
Con l’avv. Fronte i genitori del
giovane stanno ora predisponendo il tutto. Ritengono che siano
ancora tanti i punti da chiarire. A
cominciare dal luogo in cui i resti
vengono trovati in due distinte
occasioni (il 4 e il 27 gennaio
2010) «mai sequestrato», sottolineano. In un primo momento in
un cassonetto della spazzatura gli
operatori ecologici trovano un teschio e un femore, messi in modo
tale da farli vedere. Solo a distanza di oltre 20 giorni, a circa duecento metri dal luogo del macabro rinvenimento, si trovano altre
ossa umane, vestiti e anche il portafogli del giovane scomparso. «Il
boschetto in cui le ossa di nostro
figlio sono state scoperte – commentano i genitori – si trova
nell’immediata periferia di Serra
San Bruno ed è praticamente circondato da abitazioni. Possibile
che nessuno abbia visto o sentito
niente? Il 4 gennaio 2010, all’indomani di una nostra manifestazione pubblica, si trovano il cranio e il femore nel cassonetto. Ci
vogliono più di 20 giorni per ritrovare, a circa 200 metri di distanza,
le altre ossa e i suoi vestiti. C’erano già il primo giorno e nessuno
ha cercato o qualcuno li ha portati
successivamente? Inoltre di fronte vi è un grande stabilimento di
Pasquale ucciso con un colpo in fronte
Versioni poi negate,
avvistamenti e “voci”
prima della scomparsa
Pasquale Andreacchi fotografato in sella al cavallo pezzato ricevuto in dono per i suoi 18 anni alcuni giorni prima della scomparsa
Maria Rosaria Miraglia e Salvatore Andreacchi, genitori di Pasquale
bevande è stato mai accertato se
fosse protetto da telecamere? In
caso affermativo le cassette sono
state visionate?».
Insomma domande da porre
Maria Rosaria Miraglia e Salvatore Andreacchi ne hanno tante anche se, probabilmente, a molti dei
loro interrogativi gli investigatori
Il procuratore
Mario Spagnuolo
al quale si chiede
la riapertura
dell’istruttoria
Bruno Rosi
sindaco di Serra
ieri ha incontrato
Salvatore
Andreacchi
COCAINA Ritenuto vicino a Ventrici
Due Torri connection
Petullà scarcerato dal gip
È stato scarcerato dal gip distrettuale Bologna, il 47enne
Giuseppe Petullà, di Rosarno,
coinvolto nell’operazione “Due
torri connection” e ritenuto il
curatore del trasporto di ben
1.500 chili di cocaina che dovevano giungere in Italia per
conto dell’organizzazione che
sarebbe stata diretta da Francesco Ventrici, 39 anni, di San
Calogero.
Il gip accogliendo l’istanza
dell’avv. Francesco Stilo, ha
concesso gli arresti domiciliari
a Petullà, sul presupposto
dell’affievolimento delle esigenze cautelari a seguito
dell’interrogatorio e delle memorie difensive.
Secondo gli inquirenti, Giuseppe Petullà, unitamente a
Giuseppe Simonelli, detto “Paco”, di Tropea – di recente
estradato in Italia dall’Albania
– avrebbe tenuto i rapporti con
i narcos colombiani per conto
dell’organizzazione vibonese.
In particolare, l’8 novembre
2010 Petullà si sarebbe incontrato con Antonio Grillo, detto
“Il bisonte”, 33 anni, di San Ca-
hanno già dato risposta. Comunque loro insistono nella speranza
che i responsabili dell’assassinio
di Pasquale vengano identificati.
«Sui resti rinvenuti nel boschetto
di località Papararo – evidenziano, infatti – è stato solo disposto
l’esame del Dna per accertare se
quelle ossa trovate fossero di nostro figlio. Altri quesiti non sono
stati posti dal pm al consulente –
rileva l’avv. Fronte – anche se il
collega che mi ha preceduta
nell’incarico aveva cercato di ampliare i quesiti da porre al perito».
In pratica per la penalista e per
i genitori della vittima niente sarebbe stato fatto per accertare da
quanto tempo il corpo si trovava
nel boschetto e quindi cercare di
chiarire se sia stato portato lì successivamente. «A nostro avviso
tracce di altri possibili Dna anda-
logero – ritenuto il più stretto
collaboratore di Ventrici – ricevendo la somma di 7mila euro
per recarsi in Colombia in
compagnia di Giuseppe Simonelli e prendere così contatti
con i narcos del “cartello di Cali”.
Petullà, secondo gli inquirenti, sarebbe stato inoltre la
persona che avrebbe prima
prelevato all’aereoporto di Venezia il vibonese Antonio Grillo – impegnato nel trasferimento in Italia dei 1.500 chili
di cocaina attraverso un aereo
privato – e poi Giuseppe Corsini all’aereoporto di Treviso.
L’inchiesta della Dda di Bologna come si ricorderà aveva
coinvolto decine di persone e
tra queste anche alcun i vibonesi.(g.b.)
L’avv. Giovanna Fronte
vano ricercate su tutti i materiali
organici eventualmente reperibili sul luogo del ritrovamento dei
resti e dei vestiti. Su questi ultimi
in particolare per poi eventualmente fare la comparazione con il
Dna di persone ipoteticamente indagate», rilevano ancora i genitori di Pasquale Andreacchi e l’avv.
Fronte che aggiunge: «Nella perizia redatta dal dott. Aldo Barbaro
non abbiamo trovato nulla circa
l’ecchimosi a livello frontale riscontrata sul cranio. Si fa riferimento soltanto al colpo d’arma da
fuoco (arma corta) e al foro provocato che ha causato la morte del
ragazzo».
E ancora altri interrogativi ai
quali per i genitori della vittima
occorre dare risposte sono quelli
relativi alla natura dei peli che ricoprivano la felpa di Pasquale e ai
giornali rimasti attaccati sulla
parte posteriore dei jeans del giovane «come se fosse rimasto appoggiato a lungo sui fogli», nonché alle scarpe da tennis e a quello
che sotto le suole potevano avere.
«Il medico legale nella perizia fa
riferimento al fatto che la vittima
possa essere stata costretta a spogliarsi o che sia stata spogliata –
sottolinea l’avv. Fronte – ma in
questa eventualità, qualcuno si
sarà chiesto dove o da chi? Sui vestiti che qualcuno potrebbe aver
tolto poteva essere rinvenuta
qualche traccia? Quantomeno indicativa del luogo dove Pasquale
era stato tenuto, visto che il giorno della morte coinciderebbe con
quello della scomparsa».
Ma su questa assurda storia di
morte aleggiano anche parole
dette e poi negate, lettere anonime e dichiarazioni televisive. «Pasquale era scomparso da poco e
noi ci siamo rivolti a Chi l’ha visto
– ricordano i genitori – . Durante
la trasmissione ha telefonato una
donna dicendo che nostro figlio
era stato ucciso da un boss locale
per un cavallo. Noi cercavamo Pasquale vivo e invece c’era chi ne
annunciava la morte...».
Oggi i genitori di Pasquale Andreacchi sono pronti a ritornare
alla carica affinché sul caso non
cada il silenzio. In passato, nelle
fasi delle ricerche, hanno dato vita a diverse manifestazioni pubbliche, coinvolgendo la comunità
e l’amministrazione comunale.
Una strada che intendono riaprire, tant’è che ieri il papà della vittima ha incontrato il sindaco Bruno Rosi il quale ha manifestato la
sua disponibilità e quella del suo
esecutivo.
L’11 ottobre del 2009, intorno
alle 17, Pasquale, 18 anni compiuti da pochi giorni usce da casa
dicendo alla mamma che va a
comprare le sigarette e che più
tardi sarebbe rientrato. Per Maria Rosaria Miraglia quella sarebbe stata l’ultima volta che
avrebbe visto vivo il figlio avuto
a soli 13 anni (18 anni aveva
all’epoca il padre), ma quel giorno lei non poteva saperlo. E
neanche Pasquale, un giovane
che amava in modo sviscerato i
cavalli – tant’è che ne aveva ricevuto uno in dono dai genitori per
il suo diciottesimo compleanno
– e che non passava inosservato
essendo alto quasi due metri,
poteva mai immaginare che
quelle sarebbero state le sue ultime ore di vita.
Del giovane per mesi si perde
traccia. A Serra San Bruno circola la voce che la sua scomparsa
possa essere collegata al mancato pagamento di un cavallo, ma
le indagini avviate in tale direzione non portano a nulla di concreto.
Una settimana prima della
scomparsa di Pasquale ai genitori, titolari di un maneggio, vengono rubati quattro cavalli, tra
questi anche il pezzato regalato
al giovane il giorno del suo diciottesimo compleanno. Dapprima gli Andreacchi li cercano
in giro, poi denunciano il furto e
nel frattempo ricevono anche
minacce. L’11 ottobre scompare
Pasquale. La telecamera posta
nei pressi della tabaccheria dove
doveva recarsi lo filma in quel
luogo tra le 18,30 e le 18,45. Alle
19,30 dello stesso giorno qualcuno dice di averlo visto seduti
sui gradini vicino al bar, ma
quella che avrebbe potuto essere
la dichiarazione più significativa, ai fini delle indagini, l’avrebbe fatta un minorenne. Lo stesso, però, ha poi negato dicendo
di aver riportato le voci che circolavano in paese e di averle dette a una parente, che le avrebbe
riferite a uno zio del giovane
scomparso, incontrato per caso.
Ma stando alle dichiarazioni rese al pm, nessuno avrebbe visto
niente. Fatto sta che la “versione” inizialmente emersa raccontava della presenza di Pasquale
Andreacchi nei pressi della sede
della Comunità montana. Con
lui ci sarebbero state altre persone e lo avrebbero picchiato. Sul
posto sarebbe poi arrivata
un’autovettura con a bordo due
persone, con il volto coperto da
Pasquale
Andreacchi
visto in paese
prima di svanire
nel nulla
maschere di carnevale, che caricavano Pasquale sull’auto e si allontanavano.
Altri invece – sempre voci? –
avrebbero visto il ragazzo discutere con una persona nelle vicinanze “del monumento”, però
anche in questo caso, secondo
quanto emerge dagli atti, la segnalazione non ha portato a
niente di concreto. Lo stesso dicasi per la lettera anonima, che
risale al 6 novembre del 2009.
Insomma “voci” a non finire, certezze poche. Anzi una sola: la
morte di Pasquale, ammazzato a
18 appena compiuti con un colpo di pistola in fronte. (m.c.)
Il boschetto dove sono stati rinvenuti i resti del giovane
Maria Rosaria Miraglia e Salvatore Andreacchi decisi ad andare sino in fondo
L’iniziativa davanti al Tribunale e gli appelli
Dal giorno della scomparsa i genitori di Pasquale Andreacchi
non si sono mai dati pace. Prima
hanno fatto di tutto per rintracciare il figlio, sperando per mesi
che fosse ancora vivo, oggi chiedendo la riapertura dell’istruttoria. Maria Rosaria Miraglia e Salvatore Andreacchi sono decisi ad
andare sino in fondo.
Da Chi l’ha visto, alle televisioni locali, ai giornali; nei giorni
immediatamente successivi alla
scomparsa del diciottenne gli appelli dei genitori sono stati quasi
quotidiani. Poi le manifestazioni
pubbliche, una davanti al Tribunale di Vibo Valentia, un’altra a
I genitori di Pasquale Andreacchi e loro parenti davanti al Tribunale
Serra San Bruno, seguita poi da
una fiaccolata. Tanta la gente che
in quei giorni s’è stretta accanto
ai familiari del giovane.
E
proprio
all’indomani
dell’appello lanciato davanti al
Tribunale del capoluogo, in un
cassonetto dei rifiuti sono stati
rinvenuti i primi resti di Pasquale. Il cranio e il femore. A distanza
di poco più di venti giorni nello
stesso luogo vengono trovati vestiti e altre ossa. Tanta gente partecipa ai funerali di Pasquale (alcuni mesi più tardi), la cui salma i
genitori mettono oggi a disposizione della Procura per una eventuale riesumazione.(m.c.)
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