NOVITÀ E CONFERME DEL NUOVO CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO RITO ORDINARIO E RITI SPECIALI NOVITÀ E CONFERME DEL NUOVO CODICE DEL PROCESSO AMMINISTRATIVO – RITO ORDINARIO E RITI SPECIALI 1. I principi generali: 1.1 Effettività e giusto processo 1.2 Contraddittorio 1.3 I mezzi di prova 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa 3. I riti speciali nel Codice del processo amministrativo: 3.1 Ottemperanza 3.2 Accesso 3.3 Silenzio 3.4 Ingiunzione 3.5 Giudizi elettorali 3.6 Rito abbreviato ex art. 119 4. La disciplina del codice dei contratti, come modificata dal recepimento della Direttiva ricorsi e, quindi, “trasposta” nel Codice del processo amministrativo: 4.1 Lo “standstill” 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura 4.3 Forma e termini della comunicazione dell’aggiudicazione e di altre comunicazioni 4.4 L’avviso volontario per la trasparenza preventiva 4.5 L’accesso agli atti di gara 4.6 L’informativa in ordine all’intendimento di proporre ricorso giurisdizionale 4.7 La sorte del contratto dopo l’annullamento dell’aggiudicazione 4.8 Disposizioni processuali 1.1 Principi generali: l’effettività della tutela L’effettività della tutela giurisdizionale è la capacità del processo di conseguire risultati nella sfera sostanziale, vale a dire di garantire la soddisfazione dell’interesse sostanziale dedotto in giudizio dal ricorrente il cui ricorso, rivelandosi fondato, sia stato accolto. Il problema dell’effettività della tutela è stato sempre avvertito ed il processo amministrativo, nel tempo e, in particolare, con l’emersione degli interessi legittimi pretensivi, ha denotato difficoltà per il fatto di essere strutturato come processo su atti, mentre esso è il luogo di esercizio della giurisdizione preordinata alla tutela di pretese sostanziali, sicché dovrebbe assumere rilievo proprio il rapporto sostanziale al quale le pretese ineriscono. 1.1 Principi generali: l’effettività della tutela (segue) La norma di cui all’art. 44 della legge delega n. 69/2009 per il riassetto della disciplina del processo amministrativo, non a caso, ha indicato tra i principi e i criteri direttivi di “assicurare la snellezza, concentrazione ed effettività della tutela” e di disciplinare le azioni e le funzioni del giudice “prevedendo le pronunce dichiarative, costitutive e di condanna idonee a soddisfare la pretesa della parte vittoriosa”. L’art. 1 del codice stabilisce altresì, collocando l’effettività della tutela al primo posto tra i principi generali, che la giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo. 1.1 Principi generali: l’effettività della tutela (segue) La disciplina delle azioni, con la relativa previsione di pronunce giurisdizionali idonee a soddisfare l’interesse sostanziale dedotto in giudizio, in quanto determina l’effettivo grado di tutela predisposta dall’ordinamento alla posizione giuridica, può ritenersi, pertanto, il più significativo tra tutti i criteri di delega. La codificazione ha avuto come scopo l’effettività; e l’effettività è il principio che dovrebbe connotare il nuovo processo, atteso che il codice, completando un percorso che ha caratterizzato la legislazione e la giurisprudenza dell’ultimo decennio, ha inteso introdurre dinanzi al giudice amministrativo il principio della pluralità delle azioni al fine di garantire ogni più ampia possibilità di tutela per le posizioni giuridiche soggettive devolute alla giurisdizione del giudice 1.1 Principi generali: l’effettività della tutela (segue) La norma programmatica di cui al comma 1 dell’art. 2 sancisce che il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti, del contraddittorio e del giusto processo previsto dall'articolo 111, comma 1, della Costituzione; ponendo altresì a carico sia del giudice amministrativo che delle parti un obligo di cooperazione ai fini della realizzazione della ragionevole durata del processo 1.2 Principi generali: il contradditorio Stabilisce l’art. 27 che il contraddittorio processuale è integralmente costituito quando l’atto introduttivo è notificato all’amministrazione resistente e, ove esistenti, ai controinteressati (parti necessarie del giudizio) La stessa norma prevede, inoltre, che se il giudizio è promosso solo contro alcune delle parti e non si sia verificata alcuna decadenza, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio nei confronti delle altre entro un termine perentorio; consentendo, peraltro, che nelle more vengano pronunciati, al ricorrere dei necessari presupposti, eventuali provvedimenti cautelari interinali. 1.2 Principi generali: il contradditorio(segue) Il comma 1 del successivo art. 28 consente alle parti non evocate in giudizio con l’atto introduttivo – purché la sentenza debba essere pronunziata anche nei confronti di esse – di intervenire nello stesso giudizio, senza pregiudizio del diritto di difesa. Che tale disposizione sia rivolta esclusivamente nei confronti delle parti necessarie, è comprovato dal comma 2, in base al quale “chiunque non sia parte del giudizio e non sia decaduto dall’esercizio delle relative azioni, ma vi abbia interesse, può intervenire accettando lo stato e il grado in cui il giudizio si trova”. Sempre con riferimento alle parti non necessaria, il comma 3 prevede che il giudice, anche su istanza di parte, quando ritiene opportuno che il processo si svolga nei confronti di un terzo, ne ordina l’intervento. Le relative previsioni sono disciplinate agli artt. 50 e 51 cpa. 1.2 Principi generali: il contradditorio(segue) Il comma 1 dell’art. 49 stabilisce che, nel caso di proposizione del ricorso nei confronti solo di taluno dei controinteressati, il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli altri. L'integrazione del contraddittorio non e' ordinata – secondo il comma 2 – nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato; in tali casi il provvedendosi con sentenza in forma semplificata ai sensi dell'articolo 74. Se, all’atto dell’ordine di integrazione del contraddittorio, il giudice fissa il relativo termine ed indica le parti cui il ricorso deve essere notificato, il comma 3 rimette allo stesso G.A. l’autorizzabilità, al ricorrere dei relativi presupposti, della notificazione per pubblici proclami. In mancanza di tempestività dell’atto di integrazione del contraddittorio (sia per la notifica, che per il successivo deposito), il giudice provvede ai sensi dell'articolo 35 (comma 1, lett. c): pronuncia di improcedibilità del gravame). 1.3 Principi generali: i mezzi di prova L’art. 63 del Codice conferma che il processo amministrativo è improntato ad un modello dispositivo con metodo acquisitivo. Il comma 1 stabilisce, infatti, che, fermo restando l'onere della prova a loro carico, il giudice può chiedere alle parti anche d'ufficio chiarimenti o documenti. Il comma 2 soggiunge che, anche d'ufficio, può essere ordinata anche a terzi l’esibizione in giudizio dei documenti o di quant’altro ritenuto necessario, secondo il disposto degli articoli 210 e seguenti c.p.c.; e può, altresì, essere disposta l'ispezione ai sensi dell'articolo 118 dello stesso codice. La prova testimoniale (comma 3) è ammessa su istanza di parte e viene sempre assunta in forma scritta ai sensi del c.p.c. L’istituto della verificazione trova conferma ai sensi del comma 4, che ne consente l’esperimento qualora il giudice “reputi necessario l'accertamento di fatti o l'acquisizione di valutazioni che richiedono particolari competenze tecniche”, in alternativa - ove indispensabile – alla consulenza tecnica. Gli unici mezzi di prova previsti dal c.p.c. ed esclusi nel giudizio amministrativo sono rappresentati, ai sensi del comma 5, dall’interrogatorio formale e dal giuramento. 1.3 Principi generali: i mezzi di prova (segue) I principi precedentemente illustrati sono confermati dal successivo art. 64, in base al quale: - spetta alle parti l'onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle domande e delle eccezioni; - salvi i casi previsti dalla legge, il giudice deve porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti nonché i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite; - il giudice può disporre, anche d'ufficio, l'acquisizione di informazioni e documenti utili ai fini del decidere che siano nella disponibilità della pubblica amministrazione; - il giudice deve valutare le prove secondo il suo prudente apprezzamento e può desumere 1.3 Principi generali: i mezzi di prova (segue) La decisione in ordine allo svolgimento di approfondimenti istruttori è rimessa, ex art. 65 comma 1, al presidente della sezione o un magistrato da lui delegato. Qualora l'istruttoria venga disposta dal collegio, la relativa ordinanza reca la contestuale indicazione della data della successiva udienza di trattazione del ricorso. Al Collegio è sempre riservata la decisione sulla consulenza tecnica e sulla verificazione. I poteri istruttori sovvengono nel caso in cui l'amministrazione non provveda al deposito del provvedimento impugnato e degli altri atti – come stabilito dall'articolo 46 – mediante ordine di esibizione in giudizio a cura del presidente (o di un magistrato da lui delegato), ovvero da parte del collegio, anche in difetto di relativa istanza di 1.3 Principi generali: i mezzi di prova (segue) All’atto dell’ammissione dei mezzi istruttori, vengono stabiliti i relativi termini, nonché il luogo e il modo dell'assunzione applicando, in quanto compatibili, le disposizioni del c.p.c. Laddove l'assunzione avvenga fuori udienza, viene delegato uno dei componenti del collegio, il quale procede con l'assistenza del segretario che redige i relativi verbali, previa comunicazione alle parti, almeno cinque giorni prima, del giorno, dell'ora e del luogo delle operazioni. È stata introdotta, nei casi di assunzione del mezzo istruttorio fuori dal territorio della Repubblica, la rogatoria o la delega al console competente, ai sensi dell'art. 204 del c.p.c. È prevista, a cura del segretario, la comunicazione nei confronti delle parti dell’avviso di eseguita istruttoria e del deposito dei relativi atti presso la segreteria. 1.3 Principi generali: i mezzi di prova (segue) Nel disporre la verificazione, il collegio, individua con ordinanza l'organismo che deve provvedervi, formula i quesiti e fissa un termine per il compimento e per il deposito della relazione conclusiva. La verificazione si svolge sotto la responsabilità Il capo dell'organismo verificatore, ovvero del suo delegato, se il giudice ha autorizzato la delega. Terminata la verificazione, su istanza dell'organismo o del suo delegato, il presidente liquida con decreto il compenso complessivamente spettante al verificatore, ponendolo provvisoriamente a carico di una delle parti. 1.3 Principi generali: i mezzi di prova (segue) Con l'ordinanza con cui viene disposta la consulenza tecnica d'ufficio, si procede alla nominato del consulente, alla formulazione dei quesiti ed alla fissazione del termine per la comparizione del consulente incaricato dinanzi al magistrato delegato per l’assunzione dell’incarico e la prestazione del giuramento Con la stessa ordinanza il collegio assegna termini successivi, prorogabili ai sensi dell'articolo 154 c.p.c., per: a) la corresponsione al consulente tecnico di un anticipo sul suo compenso; b) l'eventuale nomina, con dichiarazione ricevuta dal segretario, di consulenti tecnici delle parti, i quali, oltre a poter assistere alle operazioni del consulente del giudice e a interloquire con questo, possono partecipare all'udienza e alla camera di consiglio ogni volta che è presente il consulente del giudice per chiarire e svolgere, con l'autorizzazione del presidente, le loro osservazioni; c) la trasmissione, ad opera del consulente tecnico d'ufficio, di uno schema della propria relazione alle parti ovvero, se nominati, ai loro consulenti tecnici; d) la trasmissione al consulente tecnico d'ufficio delle eventuali osservazioni e conclusioni dei consulenti tecnici di parte; e) il deposito in segreteria della relazione finale, in cui il consulente tecnico d'ufficio dà altresì conto delle osservazioni e delle conclusioni dei consulenti di parte e prende specificamente posizione su di esse. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio Il processo amministrativo si svolge con due modalità: - in pubblica udienza (di regola con sanzione di nullità); - con procedimenti in camera di consiglio. I procedimenti in camera di consiglio si possono svolgere esclusivamente nei casi previsti dalla legge ed in particolare dal comma 2 dell'articolo 87. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) Tale ultima disposizione ricomprende: i giudizi cautelari e quelli relativi all'esecuzione delle misure cautelari collegiali; il giudizio in materia di silenzio; il giudizio in materia di accesso ai documenti amministrativi; i giudizi di ottemperanza; il giudizio in opposizione ai decreti che pronunciano l'estinzione o l'improcedibilità del giudizio. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) L'eccezionalità del procedimenti in camera di consiglio comporta che lo svolgimento del processo con modalità diverse dal udienza pubblica al di fuori dei casi espressamente previsti dalla legge è sanzionato con la nullità degli atti processuali compiuti, ivi compresi i provvedimenti giurisdizionali adottati. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) Diversamente, la trattazione in pubblica udienza di riti che si dovrebbero svolgere con i procedimenti in camera di consiglio non comporta alcun profilo di validità degli atti (articolo 87 comma 4). 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) L'articolo 73 del codice disciplina gli adempimenti delle parti relative alla fase anteriore allo svolgimento dell'udienza pubblica. L'aspetto più saliente è costituito da un incremento dei termini per il deposito di atti memorie e repliche. Le parti, infatti, possono produrre: documenti fino a quaranta giorni liberi prima dell'udienza, memorie fino a trenta giorni liberi; e presentare repliche fino a venti giorni liberi. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) Particolarmente innovativa è la norma che introduce la possibilità di produrre memorie di replica L’esercizio di tale facoltà logicamente presuppone l'avvenuto deposito di memorie nel termine di 20 giorni liberi prima dell'udienza La memoria di replica è destinata esclusivamente a illustrare e chiarire le ragioni già compiutamente svolte con l'atto di costituzione e a confutare le tesi avversarie Con tale atto, pertanto, non è possibile specificare o integrare, ampliandolo, il contenuto delle originarie argomentazioni che non siano state adeguatamente prospettate o sviluppate con il ricorso, e, tanto, meno a dedurre nuove eccezioni o sollevare nuove questioni di dibattito, diversamente violandosi il diritto di difesa della controparte, in considerazione della esigenza per quest'ultima di valersi di un congruo termine per esercitare la facoltà di replica. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) Nei riti “speciali”, che si svolgono con il procedimento in camera di consiglio, tutti i termini processuali sono dimezzati rispetto a quelli del processo ordinario, tranne quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti (art. 119) Conseguentemente, le parti possono produrre documenti fino a venti giorni liberi prima dell'udienza e memorie fino a quindici giorni liberi; possono altresì presentare repliche fino a dieci giorni liberi. 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) La camera di consiglio è fissata d'ufficio alla prima udienza camerale utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti intimate (30 giorni dall'effettuazione dell'ultima notifica, intesa come data di ricezione da parte del destinatario. L'automatismo nella fissazione della camera di consiglio (prima udienza utile successiva al trentesimo giorno decorrente dalla scadenza del termine di costituzione delle parti) comporta che, se rispettato, non sussiste l'obbligo di notifica dell'avviso di fissazione della camera di consiglio, che, altrimenti, va notificato alle parti costituite almeno 30 giorni liberi prima 1.4 Svolgimento del giudizio: pubblica udienza e camera di consiglio (segue) La norma non riguarda i termini relativi ai procedimenti cautelari trattati in camera di consiglio, che seguono le regole previste dagli artt. 55 e seguenti del codice 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa L’art. 30 recante “Azione di condanna” ha introdotto al 1° comma la possibilità di esperire in via autonoma l’azione di condanna. Coerentemente l’art.7, sotto la dicitura “Giurisdizione amministrativa”, al 4° comma recita che “sono attribuite alla giurisdizione generale di legittimità del giudice amministrativo le controversie relative ad atti, provvedimenti o omissioni delle pubbliche amministrazioni comprese quelle relative al risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi e agli altri diritti patrimoniali consequenziali pure se introdotte in via autonoma. 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) Il 1° comma dell’art.30 del Codice, nel disporre che “L'azione di condanna può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva e nei casi di cui al presente articolo, anche in via autonoma”, introduce per la prima volta a livello legislativo, coerentemente a quanto voluto dalla Cassazione, la possibilità di esperire in via autonoma l’azione per il risarcimento del danno da parte del privato nei confronti della Pubblica Amministrazione. 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) Da un esame più approfondito della norma, la situazione appare ben altra, tanto da consentire di affermare che se il primo comma sembra abbandonare formalmente la tesi della “pregiudiziale”, poiché prevede che l’azione risarcitoria possa essere esercitata anche autonomamente, utilizzando per la prima volta l’aggettivo “autonoma”, con il terzo comma dell’art. 30 secondo cui “la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti”, vengono introdotti degli strumenti deflattivi e, tesi a scoraggiare un’azione risarcitoria sganciata da quella impugnatoria 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) Viene quindi introdotto un limite alla domanda di risarcimento del danno fondato implicitamente sull’art. 1227 c.c. – la c.d. “pregiudizialità attenuta” – a mente del quale il risarcimento non è dovuto per i danni che (il creditore) avrebbe potuto evitare usando l’ordinaria diligenza, anche attraverso l’esperimento degli strumenti di tutela previsti ovvero, nella logica del diritto amministrativo, impugnativa di situazioni lesive e dunque azione di annullamento. 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) Secondo quanto stabilito al comma 5 dell’art. 30, nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Da tale disposizione è dato evincere che la decorrenza del termine decadenziale per proporre l’azione risarcitoria subisce un differimento soltanto nel caso in cui sia stata previamente esperita l’azione d’annullamento. 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) L’azione di condanna al risarcimento del danno ingiusto per lesione di interessi legittimi può, quindi, essere proposta contestualmente ad altra azione, per cui, nel caso di preventiva proposizione dell’ azione di annullamento del provvedimento illegittimo, la domanda risarcitoria da lesione di interessi legittimi può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Lo stesso termine di centoventi giorni è previsto per l’azione di risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi (da illegittimo esercizio dell’attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria per legge). 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) Sotto il profilo dell’effettività di tutela, va sottolineata la presenza di una disciplina profondamente differenziata fra il risarcimento da lesione di interessi legittimi (termine decadenziale) e il risarcimento da lesione di diritti soggettivi (termine prescrizionale), quale ricaduta della difforme consistenza ed intensità delle due diverse situazioni giuridiche soggettive sotto il profilo sostanziale e processuale 2. Azione risarcitoria e pregiudiziale amministrativa (segue) Il Codice amministrativo, in tema di pregiudiziale amministrativa, sembra smentire in buona sostanza il superamento della pregiudiziale in quanto ripristina al contrario la centralità dell’azione di annullamento. Precisamente, l’art. 30, pur non enunciando in modo espresso la regola della pregiudizialità tra azione di annullamento e risarcimento nel caso di lesione di interessi legittimi da provvedimento amministrativo, pone tuttavia uno strumento di dissuasione potente teso a scoraggiare il promuovimento della c.d “azione risarcitoria pura”, da individuarsi nell’art.1227 c.c. e, sotto altro profilo, il termine di decadenza di 120 giorni coincide con quello del ricorso straordinario al Capo dello Stato finalizzato all’annullamento dell’atto amministrativo. 3.1 Il giudizio di ottemperanza Il Codice disciplina, agli artt. 112, 113, 114 e 115, il giudizio di ottemperanza, unificando la disciplina del giudizio di ottemperanza: delle sentenze passate in giudicato; delle sentenze di primo grado e degli altri provvedimenti esecutivi del giudice amministrativo; dei provvedimenti equiparati alle sentenze passate in giudicato per i quali non sia previsto il rimedio dell’ottemperanza (ivi espressamente compresi i lodi arbitrali esecutivi divenuti inoppugnabili) 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Si pone, fra gli altri, il problema della eseguibilità a mezzo del giudizio di ottemperanza delle decisioni assunte in esito alla proposizione del ricorso straordinario al Capo dello Stato. Problema che, più ampiamente, sottende la decifrazione dell’inquadramento sistemico del rimedio (natura giurisdizionale, ovvero meramente “amministrativa”) 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Nell’ambito della declaratoria di cui all’art. 112 rientra,ad esempio, il ricorso per ottenere l'ottemperanza dell'amministrazione all'ordinanza di assegnazione di un credito vantato nei confronti di quest'ultima, emessa dal giudice dell'esecuzione nella procedura di pignoramento presso terzi a seguito di positiva dichiarazione dell'amministrazione ai sensi dell'art. 547 c.p.c., in quanto tale ordinanza, non revocabile dal giudice della esecuzione né reclamabile, si consolida se non impugnata dai soggetti che intervengono nella procedura con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi nel termine e acquisisce, quindi, quel carattere di definitività che consente di agire in ottemperanza. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) L'oggetto del giudizio di esecuzione (anche nella particolare forma del ricorso per l'esecuzione delle ordinanze cautelari del G.A.) è rappresentato dalla puntuale verifica dell'esatto adempimento da parte dell'Amministrazione dell'obbligo di conformarsi al decisum per far conseguire all'interessato l'utilità sostanziale (il bene della vita) riconosciutogli in sede di cognizione. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) L’attività di verifica, che deve essere condotta nell'ambito dello stesso quadro processuale che ha costituito il presupposto della pronuncia di cui si chiede l'esecuzione,comporta da parte del giudice dell'ottemperanza una attività di interpretazione del giudicato, al fine di enucleare e precisare il contenuto del comando. Il giudizio di ottemperanza si atteggia, conseguentemente, come un giudizio “misto”, di cognizione e di esecuzione. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) A tale riguardo, va rammentato che la sentenza di annullamento del giudice amministrativo, oltre al c.d. effetto demolitorio dell'atto impugnato (annullamento), produce, di norma, i c.d. effetti ripristinatori e conformativi. L‘effetto conformativo vincola la successiva attività dell'Amministrazione nella riadozione, ove necessaria per assicurare gli effetti satisfattivi della sentenza, del provvedimento annullato, ovvero nell'adozione delle ulteriori attività strettamente consequenziali e strumentali alla completa attuazione della regola alla quale l'amministrazione si deve attenere nella sua attività futura. L‘effetto ripristinatorio comporta la vanificazione degli effetti dell'atto annullato e cioè l'adeguamento dell'assetto di interessi, esistente prima della pronuncia giurisdizionale e venuto in vita sulla base dell'atto impugnato, alla situazione giuridica prodotta dalla stessa pronuncia di merito. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) La natura “mista” del giudizio di ottemperanza è dimostrata: dall’obbligo di notificazione nei riguardi non solo dell’amministrazione, ma anche tutte le altre parti del giudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza si tratta; dalla concentrazione nell’ambito del giudizio di ottemperanza di azioni cognitorie connesse, per evidenti ragioni di economia processuale. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Confluiscono necessariamente nel giudizio di ottemperanza: - tutte le questioni di inesecuzione, elusione, violazione del giudicato; - tutte le questioni che insorgono nel corso del giudizio a seguito degli atti del commissario ad acta, il cui sindacato viene espressamente affidato allo stesso giudice dell’ottemperanza; - l’azione di risarcimento non solo dei danni derivanti dalla mancata esecuzione del giudicato, ma anche di quelli causati dall’illegittimo esercizio del potere amministrativo (nell’ultimo caso, però, svolgendosi il giudizio di ottemperanza nelle forme, modi e termini del processo ordinario in udienza pubblica e non in camera di consiglio) 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Un’importante novità è costituita dalla previsione della possibilità di promuovere il giudizio di ottemperanza anche al fine di ottenere chiarimenti in ordine alle modalità di ottemperanza. In tal caso, la legittimazione attiva spetta sia alle parti private, che alla pubblica amministrazione tenuta all’ottemperanza, nonché al commissario ad acta. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) L’art. 115 disciplina la natura del titolo esecutivo ed il rilascio di estratto del provvedimento giurisdizionale con formula esecutiva Le pronunce del giudice amministrativo che costituiscono titolo esecutivo sono spedite, su richiesta di parte, in forma esecutiva. I provvedimenti emessi dal giudice amministrativo che dispongono il pagamento di somme di denaro costituiscono titolo anche per l'esecuzione nelle forme disciplinate dal Libro III del codice di procedura civile e per l'iscrizione di ipoteca. Ai fini del giudizio di ottemperanza non è necessaria l'apposizione della formula esecutiva. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Per garantire il principio del contraddittorio, è espressamente prescritta la notificazione del ricorso per ottemperanza prima del suo deposito, mentre non è più richiesta la previa diffida e messa in mora dell’Amministrazione inadempiente. In quanto dal giudicato derivano posizioni di diritto soggettivo, l'azione non è soggetta a termini decadenziali ma è soggetta a prescrizione. L’azione si prescrive con il decorso di dieci anni dal passaggio in giudicato della sentenza. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) In sede di giudizio di ottemperanza il giudice amministrativo può esercitare cumulativamente, ove ne ricorrano i presupposti, sia poteri sostitutivi che poteri ordinatori e cassatori e può, conseguentemente, integrare l'originario disposto della sentenza con statuizioni che ne costituiscono non mera esecuzione, ma attuazione in senso stretto, dando luogo al c.d. “giudicato a formazione progressiva”. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Nell’ambito del giudizio di ottemperanza può essere proposta anche azione di condanna al pagamento di somme a titolo di rivalutazione e interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza (anche del giudice ordinario) nonché azione di risarcimento dei danni derivanti dalla mancata esecuzione, violazione o elusione del giudicato. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) La domanda finalizzata ad ottenere la liquidazione degli interessi e della rivalutazione monetaria può essere formulata per la prima volta nel giudizio di ottemperanza, costituendo uno degli strumenti di determinazione del petitum originario, trattandosi di accessori che afferiscono alla somma capitale e ne costituiscono un naturale 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Nel processo di ottemperanza può essere, altresì, proposta la connessa domanda risarcitoria di cui all'articolo 30, comma 5, nel termine ivi stabilito, per cui nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. In tal caso il giudizio di ottemperanza si svolge nelle forme, nei modi e nei termini del processo ordinario. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Il giudice decide: - con sentenza in forma semplificata prevista dall’articolo 74 del codice, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme; - con ordinanza se è chiesta l'esecuzione di un'ordinanza. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Il giudice, in caso di accoglimento del ricorso: a) ordina l'ottemperanza, prescrivendo le relative modalità, anche mediante la determinazione del contenuto del provvedimento amministrativo o l'emanazione dello stesso in luogo dell'amministrazione; b) dichiara nulli gli eventuali atti in violazione o elusione del giudicato; c) nel caso di ottemperanza di sentenze non passate in giudicato o di altri provvedimenti, determina le modalità esecutive, considerando inefficaci gli atti emessi in violazione o elusione e provvede di conseguenza, tenendo conto degli effetti che ne derivano; d) nomina, ove occorra, un commissario ad acta; e) salvo che ciò sia manifestamente iniquo, e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell'esecuzione del giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Ausiliario del giudice è il commissario ad acta, disciplinato dall'articolo 21. Nell'ambito della propria giurisdizione, il giudice amministrativo, se deve sostituirsi all'amministrazione, può nominare come proprio ausiliario un commissario ad acta. Il commissario ad acta va considerato organo ausiliario del giudice, giacché i suoi poteri non derivano dalla Pubblica amministrazione, ma da una sorta di atto di delega da parte del giudice dell'ottemperanza; di conseguenza, in quanto organo ausiliario del giudice, al pari di un perito o di un interprete, egli è organo giurisdizionale e i suoi atti, i quali non possono che ritenersi atti giurisdizionali, sono impugnabili con reclamo al giudice dell'ottemperanza in base al principio generale secondo il quale l'organo legittimato ad avere cognizione degli incidenti verificatisi in sede esecutiva è lo stesso deputato a dirigere l'esecuzione. 3.1 Il giudizio di ottemperanza (segue) Il termine assegnato dal giudice al commissario ad acta per dare concreta attuazione al giudicato non è perentorio e la sua inutile scadenza non determina alcuna decadenza dei poteri commissariali, il che è coerente con la stessa natura e funzione del commissario ad acta, quale organo ausiliario del giudice la cui attività è necessaria, a causa dell'inerzia dell'Amministrazione, per rendere effettiva la tutela giurisdizionale e cioè far conseguire all'interessato il bene della vita già definitivamente riconosciutogli in sede cognitoria, cessando quindi soltanto con la piena ed integrale attuazione del comando contenuto nella sentenza da ottemperare. Anche al commissario ad acta trova applicazione la disciplina della ricusazione. 3.2 L’accesso La legge 15 del 2005 ha dato una serie di definizioni di diritto di accesso, interessato, controinteressato, documento amministrativo e p.a. La definizione di interessato è relativa al soggetto privato, compreso quello portatore di interesse pubblico diffuso, che abbia un interesse diretto concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. Controinteressato è il soggetto, individuato o facilmente individuabile in base alla natura del documento richiesto, che dall’esercizio dell’accesso vedrebbe compromesso il suo diritto alla riservatezza. a nozione di documento amministrativo è identica a quella precedentemente contenuta nella 241/90. L’art. 22 detta una definizione di documento amministrativo che attiene ad ogni documento, ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico provvedimento, detenuti da una p.a. e concernenti attività di 3.2 L’accesso (segue) Si è lungamente discusso se il diritto d’accesso sia un interesse legittimo o sia un diritto soggettivo. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la decisione n. 7 del 2006 ha affermato il principio che la situazione giuridica soggettiva del diritto di accesso non fornisce un’utilità finale, che è invece tipica del diritto o dell’interesse, perché si tratta di una situazione giuridica soggettiva che offre all’interessato poteri di natura procedimentale volti a tutelare un’altra situazione giuridica soggettiva. 3.2 L’accesso (segue) Il "diritto di accesso ai documenti amministrativi” (indipendentemente dalla sua qualificazione come diritto soggettivo o interesse legittimo) è una situazione giuridica positiva dal carattere essenzialmente strumentale, come dimostrato dalla circostanza che la legge stabilisce un termine di decadenza (30 giorni dalla conoscenza del provvedimento di diniego o dalla formazione del silenzio significativo) per la proposizione dei ricorsi Di conseguenza, il carattere decadenziale del termine reca in sé che la mancata impugnazione del diniego nel termine non consente né la reiterabilità dell'istanza né l'impugnazione del successivo diniego laddove a questo possa riconoscersi carattere meramente confermativo del primo. E’ ammissibile reiterare l'istanza di accesso e pretendere riscontro alla stessa in presenza di fatti nuovi, sopravvenuti o meno, non rappresentati nell'originaria istanza o anche a fronte di una diversa prospettazione dell'interesse giuridicamente rilevante, cioè della posizione legittimante all'accesso; in tal caso, l'originario diniego, da intendere sempre “rebus sic stantibus”, ancorché non ritualmente 3.2 L’accesso (segue) L’ACCESSO INFORMALE Il comma 6 dell’art. 5 del D.P.R. 12 aprile 2006 n. 184 (Regolamento recante disciplina in materia di accesso ai documenti amministrativi), nel disciplinare l’accesso “informale”, prevede che, “la pubblica amministrazione, qualora in base al contenuto del documento richiesto riscontri l'esistenza di controinteressati, invita l'interessato a presentare richiesta formale di accesso”; mentre il successivo art. 6 stabilisce che “qualora non sia possibile l'accoglimento immediato della richiesta in via informale, ovvero sorgano dubbi sulla legittimazione del richiedente, sulla sua identità, sui suoi poteri rappresentativi, sulla sussistenza dell'interesse alla stregua delle informazioni e delle documentazioni fornite, sull'accessibilità del documento o sull'esistenza di controinteressati, l'amministrazione invita l'interessato a presentare richiesta d'accesso formale, di cui l'ufficio rilascia ricevuta”. 3.2 L’accesso (segue) L’ACCESSO INFORMALE IN MATERIA DI APPALTI Il comma 5-quater dell’art. 79 del Codice, come inserito per effetto del D.Lgs. 53/2010, ha previsto che “fermi i divieti e differimenti dell'accesso previsti dall'articolo 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indicano se ci sono atti per i quali l'accesso è vietato o differito, e indicano l'ufficio presso cui l'accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l'accesso sia consentito durante tutto l'orario in cui l'ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio”. 3.2 L’accesso (segue) L’accesso si consente mediante visione del documento ed estrazione di copia. La precedente formulazione della norma (art. 22) prevedeva che il diritto si esercitasse mediante visione o estrazione di copia, la nuova invece di dire “o” dice “e”, il che fa ritenere venuta meno la possibilità di limitare il diritto d’accesso alla sola visione. 3.2 L’accesso (segue) L’art. 116 disciplina il rito dell’accesso ai documenti, prevedendo che contro le determinazioni e contro il silenzio sulle istanze di accesso ai documenti amministrativi il ricorso è proposto entro trenta giorni dalla conoscenza della determinazione impugnata o dalla formazione del silenzio, mediante notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. Sussiste, a pena di inammissibilità, l'obbligo di notifica del ricorso volto ad impugnare il diniego di accesso agli atti ad almeno uno dei controinteressati, individuabili in coloro che dalla conoscenza dei documenti richiesti possano subire un pregiudizio alla propria sfera di riservatezza o in coloro cui si riferiscono i documenti oggetto dell'istanza di accesso. 3.2 L’accesso (segue) In pendenza di un giudizio cui la richiesta di accesso è connessa, la pretesa all’accesso può essere esercitata con istanza depositata presso la segreteria del giudice competente a decidere il ricorso principale, previa notificazione all'amministrazione e agli eventuali controinteressati. 3.2 L’accesso (segue) Non è, pertanto, sufficiente una richiesta istruttoria contenuta in ricorso o memoria (che può comunque preludere ad una attività istruttoria con ordinanza presidenziale e/o collegiale). L'istanza di accesso infraprocessuale è decisa con ordinanza separatamente dal giudizio principale, ovvero con la sentenza che definisce il giudizio. Viene ribadita la disposizione che consente all’amministrazione di essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente a ciò autorizzato, in parallelo a quella che consente la difesa in giudizio delle parti private senza necessità di assistenza tecnica (art. 23). Al di fuori di quei casi nei quali si provvede con ordinanza (per connessione della domanda di accesso con un giudizio già promosso), il giudice decide con sentenza in forma semplificata. 3.2 L’accesso (segue) Al di fuori di quei casi nei quali si provvede con ordinanza (per connessione della domanda di accesso con un giudizio già promosso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. In caso di accoglimento del ricorso: - ordina l'esibizione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni; - detta, ove occorra, le relative modalità e quindi potrà nominare per gli adempimenti sostitutivi, in caso di protrarsi dell’inerzia, un commissario ad acta, al quale trovano applicazione le norme in tema di ottemperanza di cui sopra. 3.3 Il silenzio Il codice del processo disciplina in modo specifico l’azione avverso il silenzio (proponibile fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento), con l’introduzione del limite alla pronuncia sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall'amministrazione. 3.3 Il silenzio (segue) L’interesse all’impugnazione del silenzio non viene meno per il solo fatto che sia stato emesso un atto meramente istruttorio o comunque interno, dovendosi verificare se sia stato emesso un provvedimento che, senza configurare un arresto del procedimento, corrisponda nel suo contenuto a quello tipico previsto dalla legge, sia pure non satisfattivo. Il ricorso previsto dall’art. 117 cpa è finalizzato ad accertare la legittimità o meno del silenzio dell’amministrazione in relazione all’obbligo di conclusione del procedimento amministrativo imposto dall’art. 2 l. 7 agosto 1990 n. 241, con un provvedimento espresso, impugnabile, qualora l’interessato lo ritenga lesivo della propria sfera giuridica. 3.3 Il silenzio (segue) Il ricorso va proposto, anche senza previa diffida, allo scadere del termine assegnato all’Amministrazione per provvedere ai sensi dell’art. 2 della legge n. 241 del 1990, e va notificato all'amministrazione e ad almeno un controinteressato nel termine di cui all'articolo 31, comma 2, fintanto che perdura l'inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. Nel computo del termine di un anno previsto dall'art. 2 comma 5, l. 7 agosto 1990 n. 241, in tema di silenzio, non va compresa la sospensione feriale dei termini, giacché tale termine ha natura non processuale ma sostanziale. È fatta salva la riproponibilità dell'istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti 3.3 Il silenzio (segue) Il ricorso è deciso con sentenza in forma semplificata e, in caso di totale o parziale accoglimento, il giudice ordina all'amministrazione di provvedere entro un termine non superiore,di norma, a trenta giorni. Il giudice, in caso di persistente inerzia dell’amministrazione nomina un commissario ad acta con la sentenza con cui definisce il giudizio o successivamente su istanza della parte interessata e conosce di tutte le questioni relative all'esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario 3.3 Il silenzio (segue) La possibilità di pronunciarsi sulla fondatezza dell'istanza ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge 241 del 1990, non è obbligatoria (“il giudice amministrativo può conoscere della fondatezza dell'istanza”) e deve ritenersi limitata ai casi in cui venga in rilievo un'attività interamente vincolata della p.a., che non postuli accertamenti valutativi complessi e sempre che non sia prevalente il profilo concernente la sussistenza dell'obbligo della P.A. di emettere una pronuncia esplicita sull'istanza del privato. 3.3 Il silenzio (segue) Infatti, se, nel giudizio sul silenzio-rifiuto, si riconoscesse al giudice amministrativo il potere di pronunciarsi in ogni caso sulla fondatezza della pretesa fatta valere, quindi, anche nei casi di esercizio della potestà discrezionale o nei casi in cui l'attività vincolata comporti valutazioni complesse, si finirebbe per ammettere una completa sostituzione del giudice alla pubblica amministrazione, in contrasto sia con i principi generali riguardanti i poteri del giudice amministrativo sia con la natura semplificata del giudizio sul silenzio e della decisione che deve definirlo e che deve essere succintamente motivata, così come prescrive il legislatore . 3.3 Il silenzio (segue) Se nel corso del giudizio sopravviene il provvedimento espresso, o un atto connesso con l'oggetto della controversia, questo può essere impugnato anche con motivi aggiunti, nei termini e con il rito previsto per il nuovo provvedimento, e l'intero giudizio prosegue con tale rito 3.3 Il silenzio (segue) Se l'azione di risarcimento del danno è proposta congiuntamente a quella di cui al silenzio, il giudice può definire con il rito camerale l'azione avverso il silenzio e trattare con il rito ordinario la domanda risarcitoria. Per il risarcimento dell'eventuale danno che il ricorrente comprovi di aver subito in conseguenza dell'inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento, il termine decadenziale di 120 giorni per proporre l’azione risarcitoria non decorre fintanto che perdura l'inadempimento. Il termine predetto inizia, comunque, a decorrere dopo un anno dalla scadenza del termine per provvedere. 3.4 Il procedimento di ingiunzione L’art. 118 disciplina il procedimento del decreto ingiuntivo nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, aventi ad oggetto diritti soggettivi di natura patrimoniale. 3.4 Il procedimento di ingiunzione (segue) Il codice di limita a rinviare dinamicamente al Capo I del Titolo I del Libro IV del codice di procedura civile. Per l'ingiunzione è competente il presidente o un magistrato da lui delegato e l’opposizione si propone con ricorso. Nella fase di cognizione aperta con l'atto di opposizione al decreto ingiuntivo, il giudice non può limitarsi ad esaminare se l'ingiunzione sia stata legittimamente emessa, ma deve procedere a una autonoma valutazione di tutti gli elementi probatori, offerti sia dal creditore per dimostrare la fondatezza della propria pretesa dedotta con il ricorso per l'ingiunzione sia dall'opponente per contestare tale pretesa. 3.4 Il procedimento di ingiunzione (segue) Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si atteggia, nel procedimento davanti al G.A. introdotto dall'art. 8 l. 21 luglio 2000 n. 205, non diversamente da quello delineato dal codice di procedura civile e dà luogo, quindi, ad un ordinario giudizio di cognizione, teso ad accertare la fondatezza della pretesa fatta valere e non se l'ingiunzione fu legittimamente emessa in relazione alle condizioni previste dalla legge, con la conseguenza che in esso solo da un punto di vista formale l'opponente assume la posizione di attore e l'opposto quella di convenuto, perché è il creditore ad avere veste sostanziale di attore. 3.4 Il procedimento di ingiunzione (segue) Dal rinvio contemplato da tale disposizione alla disciplina dettata dal citato capo del codice di rito, trova applicazione anche il combinato disposto degli articoli 641 e 647 c.p.c., per cui il termine perentorio per proporre l'opposizione al decreto ingiuntivo è determinato, in difetto di diversa indicazione, in quaranta giorni dalla notifica del decreto. Tuttavia, l'opposizione al decreto ingiuntivo dinanzi al giudice amministrativo non si propone nelle forme previste dall'articolo 645 c.p.c. - ossia "con atto di citazione notificato al ricorrente“ - bensì, per espressa previsione del codice, "con ricorso", rinviandosi, pertanto, alla disciplina del processo amministrativo, che prescrive, oltre alla notifica del ricorso all'Amministrazione resistente ed ad almeno uno dei soggetti controinteressati, anche il successivo deposito del ricorso medesimo presso la Segreteria del giudice adito. 3.4 Il procedimento di ingiunzione (segue) E’ apparso dubbio se, al fine in esame, sia necessaria la compiuta instaurazione del rapporto processuale amministrativo - che si ha solo con il deposito del ricorso notificato nella segreteria del giudice amministrativo - o sia piuttosto sufficiente la semplice notificazione del ricorso. In relazione alla particolare natura del termine previsto per la proposizione del ricorso a decreto ingiuntivo e tenuto conto degli specifici effetti che comunque sono ricollegati alla notificazione del ricorso giurisdizionale amministrativo, si ritiene che soltanto la notificazione del ricorso debba avere luogo nel termine di quaranta giorni, mentre il successivo deposito va effettuato nell'osservanza degli ordinari termini processuali. 3.4 Il procedimento di ingiunzione (segue) Il mancato rispetto del termine per la proposizione dell'opposizione a decreto ingiuntivo determina la definitiva esecutività del decreto, ossia una situazione processuale assimilabile alla formazione della cosa giudicata. Possono, quindi, applicarsi in via analogica alla fattispecie in esame i principi generali del processo amministrativo che concernono i termini processuali per la contestazione delle decisioni suscettibili di passare in giudicato, ed in particolare il principio per cui l'impugnazione è tempestiva qualora la notificazione del ricorso avvenga entro il relativo termine decadenziale, mentre il deposito dell'atto notificato può avere luogo anche in un momento successivo (purché nel rispetto dello specifico termine previsto per l'adempimento di tale incombente). Tale principio si ritiene applicabile anche al procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo, attesane l'identità di ratio rispetto alle sopraindicate previsioni e nonostante detto procedimento debba considerarsi un ordinario giudizio di cognizione, anziché un mezzo d'impugnazione (Consiglio Stato , sez. V, 28 maggio 2010 , n. 3404). 3.4 Il procedimento di ingiunzione (segue) Il decreto ingiuntivo non opposto definisce la controversia, al pari della sentenza passata in giudicato, ed ha quindi valore di cosa giudicata agli effetti della proposizione del ricorso per ottemperanza 3.5 Il giudizio elettorale Il codice reca importanti innovazioni in materia di giudizi elettorali. Viene, in particolare, configurato uno “sdoppiamento” delle azioni – e dei relativi giudizi – a seconda che oggetto di contestazione sia l’esclusione dal procedimento elettorale, ovvero i risultati di quest’ultimo 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Secondo quanto stabilito dall’art. 129, comma 1, i provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l'esclusione di liste o candidati possono essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati. Al di fuori di quanto previsto dal comma 1, ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni è impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'atto di proclamazione degli eletti. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) L'udienza di discussione viene celebrata, senza possibilità di rinvio anche in presenza di ricorso incidentale, nel termine di tre giorni dal deposito del ricorso, senza avvisi. Il giudizio e' deciso all'esito dell'udienza con sentenza in forma semplificata, da pubblicarsi nello stesso giorno. La motivazione può consistere anche in un mero richiamo delle argomentazioni contenute negli scritti delle parti che il giudice ha inteso accogliere e fare proprie. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Contro tutti gli atti del procedimento elettorale successivi all'emanazione dei comizi elettorali è ammesso ricorso soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all'impugnazione dell'atto di proclamazione degli eletti: a) quanto alle elezioni di comuni, province e regioni, da parte di qualsiasi candidato o elettore dell'ente della cui elezione si tratta, al tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione ha sede il predetto ente territoriale, da depositare nella segreteria del tribunale adito entro il termine di trenta giorni dalla proclamazione degli eletti b) quanto alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, da parte di qualsiasi candidato o elettore, davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, da depositare nella relativa segreteria entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell'elenco dei candidati proclamati eletti. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Coloro che presentano un ricorso in materia elettorale, sia che si tratti di cittadini elettori, che di candidati non eletti, sono tenuti a dare prova della propria legittimazione all'impugnazione nel termine perentorio di dieci giorni dalla notificazione del ricorso. La prova della legittimazione è diversa a seconda che il ricorso sia proposto da candidati non eletti o da cittadini elettori non partecipanti alla competizione. Per i primi la legittimazione si identifica con l'interesse a ricorrere perché il petitum consiste nell'annullamento in toto o in parte qua della proclamazione degli eletti nella parte in cui non hanno sortito un esito favorevole a loro o alla loro lista: la legittimazione può pertanto essere attestata dalla semplice iscrizione nelle liste dei partecipanti alla competizione o in qualsivoglia atto o documento idoneo a comprovare tale requisito. Per i secondi che mirano alla realizzazione dell'interesse collettivo al corretto svolgimento delle operazioni elettorali, la legittimazione è soggetta alla prova di essere cittadino elettore del comune ove si è svolta la competizione i cui risultati sarebbero inficiati da errore. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Il contenzioso elettorale innanzi al giudice amministrativo, pur se soggetto ad un rito speciale, è pur sempre inquadrato nello schema del processo d'impugnazione, onde l'oggetto del giudizio è definito dai motivi dedotti entro il termine di decadenza ed il ricorrente è tenuto a specificarli con l'atto introduttivo, ancorché sia consentita una minore precisione nella prospettazione dei vizi, mentre nelle memorie e nella discussione orale può essere illustrato quanto già dedotto. Pertanto, sarebbe inammissibile il ricorso con cui, nel contestare le operazioni elettorali, si prospettino vizi generici o ipotetici, o una generica omissione nel computo di voti e preferenze, allo scopo di evitare che l'omessa indicazione dei vizi si trasformi in un mero espediente per provocare il generale riesame, in sede di giudizio delle schede elettorali. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Nel giudizio elettorale unica parte pubblica necessaria è l'ente locale interessato, che si appropria del risultato elettorale e sul quale si riverberano gli effetti di un eventuale annullamento, ovvero della conferma della proclamazione degli eletti; per cui in particolare, gli organi temporanei, abilitati a dichiarare i risultati finali del procedimento elettorale, come l'ufficio elettorale centrale, e a maggior ragione gli uffici circoscrizionali e di sezione, non sono portatori di un interesse giuridicamente apprezzabile al mantenimento dei loro atti, per cui il ricorso contro le operazioni elettorali non deve essere ad essi notificato ed ove il ricorso sia stato notificato ad uno dei predetti uffici, questi ultimi devono essere estromessi dal giudizio elettorale per difetto di legittimazione passiva 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Il presidente, con decreto: a) fissa l'udienza di discussione della causa in via di urgenza b) designa il relatore c) ordina le notifiche, autorizzando, ove necessario, qualunque mezzo idoneo d) ordina il deposito di documenti e l'acquisizione di ogni altra prova necessaria e) ordina che a cura della segreteria il decreto sia immediatamente comunicato, con ogni mezzo utile, al ricorrente. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Il ricorso è notificato, unitamente al decreto di fissazione dell'udienza, a cura di chi lo ha proposto, entro dieci giorni dalla data della comunicazione del decreto presidenziale di fissazione dell'udienza a) all'ente della cui elezione si tratta, in caso di elezioni di comuni, province, regioni b) all'Ufficio elettorale centrale nazionale, in caso di elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia c) alle altre parti che vi hanno interesse, e comunque ad almeno un controinteressato. I termini relativi all'introduzione del giudizio elettorale devono ritenersi prescritti a pena di decadenza e la natura perentoria appare logicamente riconducibile al (ed imposta dalla considerazione del) preminente interesse pubblico, evidentemente sotteso al regime processuale in esame, ad una definizione delle controversie elettorali in tempi certi e solleciti. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Il termine di dieci giorni, fissato per il deposito del ricorso elettorale notificato, ha natura perentoria e decorre dal momento in cui il destinatario riceve la notificazione dell'atto e non già dal momento, eventualmente successivo, in cui il notificante riceva l'avviso del perfezionamento della notifica, effettuata tramite il servizio postale. Entro dieci giorni dall'ultima notificazione del ricorso con in calce il decreto presidenziale, il ricorrente deposita nella segreteria del tribunale la copia del ricorso e del decreto, con la prova dell'avvenuta notificazione, insieme con gli atti e documenti del giudizio. Nel processo elettorale il mancato deposito del ricorso nei termini di decadenza prescritti, non è sanata dalla tempestiva costituzione degli intimati, trattandosi di un'ipotesi di decadenza, impedita soltanto dal compimento dell'atto. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) All'esito dell'udienza, il collegio, sentite le parti se presenti, pronuncia la sentenza. La sentenza è pubblicata entro il giorno successivo alla decisione della causa. Se la complessità delle questioni non consente la pubblicazione della sentenza, nello stesso termine di cui al periodo precedente è pubblicato il dispositivo mediante deposito in segreteria. In tal caso la sentenza è pubblicata entro i dieci giorni successivi. Non è più prevista, pertanto, la lettura del dispositivo del provvedimento giurisdizionale in pubblica udienza. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) La sentenza è immediatamente trasmessa in copia, a cura della segreteria del tribunale amministrativo regionale, al Sindaco, alla giunta provinciale, alla giunta regionale, al presidente dell'ufficio elettorale nazionale, a seconda dell'ente cui si riferisce l'elezione. Il comune, la provincia o la regione della cui elezione si tratta provvede, entro ventiquattro ore dal ricevimento, alla pubblicazione per quindici giorni del dispositivo della sentenza nell'albo o bollettino ufficiale dell'ente interessato a mezzo del segretario che ne è diretto responsabile. In caso di elezioni relative a comuni, province o regioni, la sentenza è comunicata anche al Prefetto. 3.5 Il giudizio elettorale (segue) Il tribunale amministrativo regionale, quando accoglie il ricorso, esercitando una giurisdizione di merito, corregge il risultato delle elezioni e sostituisce ai candidati illegittimamente proclamati coloro che hanno diritto di esserlo. In caso di ricorso avverso le operazioni elettorali inerenti il Parlamento europeo, i voti delle sezioni le cui operazioni sono state annullate non hanno effetto. Tutti i termini processuali diversi da quelli indicati negli articoli 129, 130 e 131 sono dimezzati rispetto ai termini del processo ordinario. L'ente comunale, provinciale o regionale, della cui elezione si tratta, comunica agli interessati la correzione del risultato elettorale. L'Ufficio elettorale nazionale comunica la correzione del risultato elettorale agli interessati e alla segreteria del Parlamento europeo. 3.6 Rito ex art. 119 Fissazione del giudizio di merito Il comma 3 dell’art. 119 prevede che, salva l'applicazione dell'articolo 60, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciare sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l'integrazione dello stesso, se ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell'ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l'acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto dell'istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l'ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello e' trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell'udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell'ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale, che ne da' avviso alle parti. 3.6 Rito ex art. 119 Fissazione del giudizio di merito (segue) La disposizione precedentemente indicata consente quindi di delineare due distinti percorsi decisori: Decisione immediata, nel caso in cui sussistano i presupposti di cui all’art. 60 Decisione a 30 giorni, purchè la lettura del ricorso evidenzi profili di fondatezza e sussista, altresì, un pregiudizio grave e irreparabile riveniente dall’esecuzione dell’atto impugnato 3.6 Rito ex art. 119 Fissazione del giudizio di merito (segue) L’esigenza di celerità e concentrazione del giudizio è presidiata da due disposizioni complementari alla fissazione dello stesso nel breve termine di giorni 30: Verifica della completezza del contraddittorio processuale (in caso contrario, ordine di integrazione dello stesso); Ordine di deposito dei documenti necessari ed acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti 3.6 Rito ex art. 119 Fissazione del giudizio di merito (segue) Prevede il comma 2 dell’art. 119 che “Tutti i termini processuali ordinari sono dimezzati salvo, nei giudizi di primo grado, quelli per la notificazione del ricorso introduttivo, del ricorso incidentale e dei motivi aggiunti, nonché quelli di cui all'articolo 62, comma 1, e quelli espressamente disciplinati nel presente articolo” 3.6 Rito ex art. 119 : L’adozione delle misure cautelari La fissazione ex comma 3 dell’art. 119 non postula, necessariamente, la complementare adozione di misure cautelari. Il successivo comma 4 stabilisce, infatti, che con l’ordinanza di cui al precedente comma 3 (fissazione di udienza per il merito a 30 giorni) solo “in caso di estrema gravità ed urgenza, il tribunale amministrativo regionale o il Consiglio di Stato possono disporre le opportune misure cautelari” 3.6 Rito ex art. 119 : L’adozione delle misure cautelari (segue) Ne deriva che, se è pur vero che la stessa fissazione di udienza nel termine breve precedentemente indicato postula che dall’atto impugnato consegua alla parte un “pregiudizio grave ed irreparabile”, soltanto la riscontrata presenza di “elementi di estrema gravità ed urgenza” possono consentire l’adozione della misura cautelare. 3.6 Rito ex art. 119 : L’adozione delle misure cautelari (segue) La motivazione dell’ordinanza che disponga la cautela dovrà quindi, necessariamente, fornire esplicita ostensione alle ragioni di “estrema gravità ed urgenza”, che rappresentano un quid pluris rispetto alla mera “gravità ed irreparabilità del pregiudizio” e che necessitano, conseguentemente, di appropriata e circostanziata emersione 3.6 Rito ex art. 119 : La pubblicazione del dispositivo Diversamente dalla previgente disposizione di cui all’art. 23-bis della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 – ed altrettanto diversamente da quanto previsto, in materia di contratti pubblici, dall’art. 120, comma 9, del codice del processo amministrativo – la pubblicazione del dispositivo della sentenza non è obbligatoria né in primo, né in secondo grado. 3.6 Rito ex art. 119 : La pubblicazione del dispositivo (segue) La predetta disposizione stabilisce infatti che “quando almeno una delle parti,nell'udienza di discussione,dichiara di avere interesse alla pubblicazione anticipata del dispositivo rispetto alla sentenza, il dispositivo è pubblicato mediante deposito in segreteria, non oltre sette giorni dalla decisione della causa. La dichiarazione della parte e' attestata nel verbale d'udienza. 3.6 Rito ex art. 119 : La pubblicazione del dispositivo (segue) Ai fini della pubblicazione del dispositivo sono quindi necessarie: La manifestazione di interesse di taluna delle parti (non necessariamente il ricorrente) La corrispondente verbalizzazione, nel verbale d’udienza, dell’intendimento come sopra manifestato. 3.6 Rito ex art. 119 : La pubblicazione del dispositivo (segue) Il dispositivo e' pubblicato mediante deposito in segreteria, non oltre sette giorni dalla decisione della causa. La “decisione della causa” non necessariamente coincide con il giorno in cui è stata celebrata la relativa udienza di trattazione. Diversamente dalla previgente previsione di cui all’art. 23-bis, comma 6, della legge 1034 del 1971 (la quale prevedeva che “il dispositivo della sentenza è pubblicato entro sette giorni dalla data dell'udienza, mediante deposito in segreteria”) la stabilita decorrenza del termine de quo dalla data di “decisione della causa” indica che tale obbligo va adempiuto con riferimento al momento (eventualmente successivo all’udienza, ove la relativa decisione sia stata dal Collegio giudicante “riservata”) nel quale è intervenuta la definitiva delibazione della controversia con conseguente adozione della relativa decisione 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni Prevede l’art. 134, comma 1, lett. c), del Codice che il giudice amministrativo esercita giurisdizione con cognizione estesa al merito nelle controversie aventi ad oggetto le sanzioni pecuniarie la cui contestazione è devoluta alla giurisdizione del giudice amministrativo, comprese quelle applicate dalle Autorità amministrative indipendenti. 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni (segue) Nel previgente regime normativo, la giurisdizione sulle controversie relative agli atti sanzionatori emessi dalle Autorità era talvolta attribuita al giudice ordinario. In particolare, nei settori creditizio e mobiliare, gli artt. 145 del D.Lgs. 385/1993 e 195 del D.Lgs. 58/1998 prevedevano la giurisdizione ordinaria – e, specificamente, la competenza della Corte d’Appello di Roma – per le controversie afferenti alle sanzioni irrogate, rispettivamente, dalla Banca d’Italia e dalla Consob. La norma ha pertanto omogeneizzato le diverse fattispecie anche in considerazione della stretta connessione tra il potere di vigilanza, qualificabile come servizio pubblico ex art. 33 del D.Lgs. 80/1998, ed il potere sanzionatorio 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni (segue) Da tale disposizione è dato argomentare che, se per tutti gli atti delle Autorità indipendenti il giudice amministrativo ha giurisdizione esclusiva, per gli atti a contenuto sanzionatorio la cognizione è estesa al merito, ovvero il giudice può (più propriamente “deve”) sostituirsi all’Amministrazione 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni (segue) I poteri rimessi all’organo di giustizia amministrativa, per tali controversie, non si limitano, quindi, all’eventuale annullamento dell’atto (irrogativo di sanzione pecuniaria), ma possono estendersi alla riforma dell’atto stesso, suscettibile di essere “sostituito” dalla diversa determinazione contenuta nella sentenza. 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni (segue) L’innovazione introdotta dal Codice in materia segna una profonda modificazione del quadro previgente, in quanto adesso è rimesso al giudice: - Non soltanto un penetrante apprezzamento sui contenuti del provvedimento sanzionatorio - Ma anche l’adozione di una statuizione che ridetermini il contenuto della sanzione individuando, ad esempio, una nuova quantificazione del relativo ammontare 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni (segue) Ora, invece, il potere sostitutivo rimesso al giudice amministrativo si applica indistintamente per tutte le fattispecie nella quali viene in considerazione una sanzione amministrativa pecuniaria adottata da un’Autorità indipendente. 3.6 Rito ex art. 119 : Il giudizio sulle sanzioni (segue) Non è, quindi, più necessario che la rideterminazione della sanzione (nel caso di accertata illegittimità del quantum) transiti attraverso un nuovo provvedimento dell’Autorità: - veicolato dal previo annullamento del provvedimento sanzionatorio impugnato - e “conformato” attraverso l’indicazione dei criteri sulla base dei quali pervenire alla rideterminazione della sanzione. Adesso, il giudice amministrativo può – direttamente e con sentenza – disporre l’annullamento della sanzione e rideterminarla, con statuizione che viene a “sostituire” quella originariamente assunta dall’Autorità 4.1 Lo “standstill” Lo standstill è un impedimento temporaneo alla stipulazione del contratto, che opera ex lege per trentacinque giorni, a prescindere dalla proposizione o meno di ricorsi giurisdizionali. E’ uno spatium deliberandi lasciato ai concorrenti, per valutare se proporre o meno ricorso giurisdizionale, con la garanzia che, se ricorrono, non saranno pregiudicati da una stipulazione già avvenuta. 4.1 Lo “standstill” (segue) Con lo standstill si cumula, per chi fa ricorso giurisdizionale, un ulteriore beneficio, che è una tutela cautelare ex lege, riconnessa alla notificazione del ricorso giurisdizionale. Tale effetto sospensivo costituisce un effetto sostanziale che deriva dalla proposizione del ricorso giurisdizionale (così come la sospensione del termine di prescrizione). Pertanto, sul piano sistematico, la regola è stata inserita nell’art. 10, codice, tra le norme sostanziali che regolano l’agire delle stazioni appaltanti, e non negli artt. 245 e ss., codice, che regolano il processo, anche se, nell’originaria versione del testo, era stata invece collocata proprio nell’art. 245. 4.1 Lo “standstill” (segue) Con lo standstill si cumula, per chi fa ricorso giurisdizionale, un ulteriore beneficio, che è una tutela cautelare ex lege, riconnessa alla notificazione del ricorso giurisdizionale. Tale effetto sospensivo costituisce un effetto sostanziale che deriva dalla proposizione del ricorso giurisdizionale (così come la sospensione del termine di prescrizione). Pertanto, sul piano sistematico, la regola è stata inserita nell’art. 10, codice, tra le norme sostanziali che regolano l’agire delle stazioni appaltanti, e non negli artt. 245 e ss., codice, che regolano il processo, anche se, nell’originaria versione del testo, era stata invece collocata proprio nell’art. 245. 4.1 Lo “standstill” (segue) Il dies a quo di tale effetto sospensivo è la notificazione della domanda cautelare alla stazione appaltante (art. 11, co. 10-ter, codice). Tale notificazione deve avvenire entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva. Posto che lo standstill dura trentacinque giorni, e decorre dall’ultima delle comunicazioni dell’aggiudicazione, l’Amministrazione, fisiologicamente, dovrebbe venire a conoscenza della notificazione del ricorso entro tali trentacinque giorni, e così essere in grado di bloccare ulteriormente la stipulazione del contratto. 4.1 Lo “standstill” (segue) Il legislatore comunitario ha avvertito l’esigenza di una nuova direttiva che rafforzi la tutela muovendo dall’osservazione che l’attuale tutela giurisdizionale, anche cautelare, nella pratica non sempre è effettiva, atteso che non si riesce ad impedire che, nelle more del giudizio avverso l’aggiudicazione, la stazione appaltante stipuli comunque il contratto, vanificando così l’aspettativa del ricorrente vittorioso di conseguire il contratto stesso. Di qui la previsione, con la nuova direttiva, di meccanismi di standstill, vale a dire di sospensioni legali della possibilità di stipulare il contratto, per un determinato lasso temporale dopo l’aggiudicazione. La direttiva contempla due meccanismi, uno denominato standstill, e l’altro effetto sospensivo automatico. 4.1 Lo “standstill” (segue) Lo standstill in senso tecnico è l’impedimento temporaneo alla stipulazione del contratto per un certo lasso temporale dopo l’aggiudicazione definitiva, vale a dire il termine dilatorio che deve intercorrere tra aggiudicazione e stipulazione, e ha lo scopo di consentire agli interessati di presentare un ricorso (amministrativo o giurisdizionale, nel disegno della direttiva), con la garanzia che nel frattempo il contratto non venga stipulato. 4.1 Lo “standstill” (segue) Ciò che si vuole paralizzare è che il contratto, quale che ne sia la forma, e occorra o meno la sottoscrizione, possa dirsi perfezionato. L’effetto sospensivo automatico deriva dalla proposizione di un ricorso, e consiste nell’impedimento alla stipula del contratto, se un ricorso è presentato, fino alla decisione cautelare o di merito. In sintesi, si può definire lo come il termine dilatorio ex lege tra aggiudicazione standstill e stipulazione, e l’effetto sospensivo come l’impedimento alla stipula del contratto derivante dalla proposizione di un ricorso avverso all’aggiudicazione, che decorre dalla notifica del ricorso e arriva fino al provvedimento del giudice. 4.1 Lo “standstill” (segue) Il termine di standstill è stato coordinato con il termine di ricorso giurisdizionale, in modo che quando viene adito il giudice, il contratto non è ancora stipulato; collegandosi, poi, alla proposizione del ricorso giurisdizionale, un effetto sospensivo automatico, che si riconnette allo standstill senza soluzione di continuità, al momento in cui il giudice è chiamato a pronunciarsi tutto è ancora impregiudicato, essendo la situazione a bocce ferme, ossia res adhuc integra. 4.1 Lo “standstill” (segue) DISCIPLINA DEI TERMINI DELLE COMUNICAZIONI La comunicazione dell’aggiudicazione definitiva avviene a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o di notificazione, o con posta elettronica certificata o con fax Se la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva avviene a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento, o di notificazione, dell’avvenuta spedizione è data contestualmente notizia al destinatario mediante fax o posta elettronica anche non certificata La comunicazione dell’aggiudicazione definitiva deve essere accompagnata dal provvedimento di aggiudicazione medesima e dalla relativa motivazione e l’onere può essere assolto anche mediante invio dei verbali di gara La comunicazione dell’aggiudicazione definitiva a tutti i destinatari deve essere, ove possibile, contestuale, ossia spedita lo stesso giorno a tutti, salva oggettiva impossibilità di rispettare tale contestualità a causa dell’elevato numero di destinatari, della difficoltà di reperimento degli indirizzi, dell’impossibilità di recapito della posta elettronica o del fax a taluno dei destinatari, o altro impedimento oggettivo e comprovato 4.1 Lo “standstill” (segue) DISCIPLINA DEI TERMINI DELLE COMUNICAZIONI Il termine di ricorso è stato fissato in trenta giorni decorrenti dalla ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva (art. 245, co. 2-quinquies, lett. a), codice) Il termine di standstill è leggermente più lungo del termine di ricorso, e in particolare è stato fissato in trentacinque giorni decorrenti dall’invio della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva a tutti i destinatari, atteso che si può ragionevolmente ritenere che cinque giorni siano necessari affinché la comunicazione dell’aggiudicazione definitiva raggiunga tutti i destinatari 4.1 Lo “standstill” (segue) DISCIPLINA DEI TERMINI DELLE COMUNICAZIONI Vi è una diversa decorrenza del termine di standstill e del termine di ricorso; infatti il termine di standstill riguarda l’agire dell’amministrazione, e decorre da quando essa invia l’aggiudicazione definitiva a tutti i destinatari, invece il termine di ricorso riguarda i singoli concorrenti, e ha decorrenze diverse per ciascuno di essi, in quanto per ognuno decorre dal ricevimento della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva; si comprende perché l’art. 79, codice esiga che l’aggiudicazione definitiva sia comunicata contestualmente a tutti i destinatari, in modo che vi sia una data unica di decorrenza dello standstill; ove la stazione appaltante non riuscisse a rispettare tale contestualità, il termine di standstill si sposterebbe in avanti, atteso che l’art. 11, co. 10, codice, nel testo novellato, dispone che il termine di standstill decorre dall’invio dell’ultima delle comunicazioni del provvedimento di aggiudicazione definitiva; è dunque interesse della stazione appaltante che abbia premura di stipulare il contratto, provvedere a comunicazioni contestuali e non dilazionate nel tempo. 4.1 Lo “standstill” (segue) LE DEROGHE ALLO STANDSTILL Nella direttiva 2007/66/CE (artt. 2-ter, direttiva 89/665/CEE e 2-ter, direttiva92/13/CEE), lo standstill può essere derogato nei seguenti casi: a) se le direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE non prevedono la previa pubblicazione del bando; b) se l’unico offerente interessato è colui a cui è stato aggiudicato l’appalto e non vi sono candidati interessati; c) in caso di appalti basati su un sistema dinamico di acquisizione, sia nei settori ordinari che nei settori speciali; d) in caso di appalti basati su un accordo quadro nei settori ordinari. 4.1 Lo “standstill” (segue) LE DEROGHE ALLO STANDSTILL La legge delega (art. 44, l. n. 88/2009) consente la deroga allo standstill in un numero più limitato di casi, rispetto a quelli in astratto consentiti dalla direttiva comunitaria, e, in particolare, nel solo caso in cui a seguito di pubblicazione del bando o avviso, o invio di lettere invito, sia stata presentata una sola offerta, ovvero ammessa una sola offerta e non vi siano impugnazioni pendenti: infatti l’art. 44, co. 3, lett. e), legge delega, chiede il recepimento dell’art. 2-bis, e dell’art. 2-ter limitatamente alla sua lett. b), non consentendo, dunque, le deroghe di cui alle lett. a) e c). 4.1 Lo “standstill” (segue) LE DEROGHE ALLO STANDSTILL In sede di decreto delegato sono state recuperate anche le altre deroghe, con meccanismi diversi. Intanto, è stata prevista la deroga ipotizzata dalla delega, e dunque si prevede la deroga nelle procedure con bando, o avviso di gara, o lettera invito, se è stata ab initio presentata una sola offerta o, pur essendovi più offerte, una sola è stata ammessa, e non vi sono impugnazioni pendenti (per non essere state proposte, o essere state già respinte con decisione definitiva). Per quanto riguarda le procedure senza bando, siano esse sopra o sotto soglia comunitaria, non è stata tecnicamente prevista una deroga allo standstill, ma solo la possibilità di esecuzione in via di urgenza di cui all’art. 11, co. 9, codice. Dunque il contratto continua a non poter essere stipulato, ma può essere eseguito in via di urgenza. Per quanto riguarda accordo quadro e sistema dinamico di acquisizione, in accoglimento del parere della Camera, è stata prevista una deroga allo standstill (art. 11, co. 10-bis, lett. b), codice). 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura Lo standstill è un impedimento temporaneo alla stipulazione del contratto, che opera ex lege per trentacinque giorni, a prescindere dalla proposizione o meno di ricorsi giurisdizionali. E’ uno spatium deliberandi lasciato ai concorrenti, per valutare se proporre o meno ricorso giurisdizionale, con la garanzia che, se ricorrono, non saranno pregiudicati da una stipulazione già avvenuta. Con lo standstill si cumula, per chi fa ricorso giurisdizionale, un ulteriore beneficio, che è una tutela cautelare ex lege, riconnessa alla notificazione del ricorso giurisdizionale. 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura (segue) Tale effetto sospensivo costituisce un effetto sostanziale che deriva dalla proposizione del ricorso giurisdizionale (così come la sospensione del termine di prescrizione). Pertanto, sul piano sistematico, la regola è stata inserita nell’art. 10, codice, tra le norme sostanziali che regolano l’agire delle stazioni appaltanti, e non negli artt. 245 e ss., codice, che regolano il processo, anche se, nell’originaria versione del testo, era stata invece collocata proprio nell’art. 245. Il dies a quo di tale effetto sospensivo è la notificazione della domanda cautelare alla stazione appaltante (art. 11, co. 10-ter, codice). Tale notificazione deve avvenire entro trenta giorni dalla ricezione della comunicazione dell’aggiudicazione definitiva. Posto che lo standstill dura trentacinque giorni, e decorre dall’ultima delle comunicazioni dell’aggiudicazione, l’Amministrazione, fisiologicamente, dovrebbe venire a conoscenza della notificazione del ricorso entro tali trentacinque giorni, e così essere in grado di bloccare ulteriormente la stipulazione del contratto. 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura (segue) L’art. 11, co. 10-ter, codice, dispone che l’effetto sospensivo dura per almeno venti giorni decorrenti dalla notifica del ricorso alla stazione appaltante, a condizione che entro tale termine intervenga almeno il provvedimento cautelare di primo grado o la pubblicazione del dispositivo della sentenza di primo grado in caso di decisione del merito all’udienza cautelare. Se invece entro venti giorni non intervenga uno di tali due provvedimenti, l’effetto sospensivo si protrae fino alla pronuncia di uno di essi. 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura (segue) L’effetto sospensivo si consolida se la pronuncia cautelare o di merito ritengono il ricorso fondato. L’effetto sospensivo invece cessa, purché siano scaduti i venti giorni: a) se il ricorso, in sede cautelare o di merito, è ritenuto infondato, b) se in sede di esame della domanda cautelare il giudice si dichiara incompetente; c) se in sede di udienza cautelare il giudice fissa l’udienza di merito senza concedere misure cautelari; d) se in sede di udienza cautelare il giudice fissa l’udienza di merito e rinvia a tale udienza di merito anche l’esame della domanda cautelare, con il consenso delle parti, che è da interpretare come implicita rinuncia all’immediato esame della domanda cautelare. 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura (segue) Lo standstill dura trentacinque giorni, decorrenti dall’invio della comunicazione dell’aggiudicazione a tutti gli aventi titolo. L’effetto sospensivo dura venti giorni decorrenti dalla ricezione della notificazione da parte della stazione appaltante, o fino al provvedimento cautelare di primo grado o al dispositivo della sentenza di primo grado, se successivi a tali venti giorni. Il termine di trentacinque giorni e quello di venti giorni si sommano in consecuzione, cioè 35 + 20, se la notifica del ricorso avviene al 35° giorno dall’invio della comunicazione dell’aggiudicazione. Se la notifica del ricorso avviene prima del 35° giorno, si verifica una parziale sovrapposizione dei due termini: p.es. se la notifica avviene al 25° giorno, al termine di standstill ancora in corso, si sovrappone quello di venti giorni. I due termini, comunque, anche in caso di sovrapposizione, restano autonomi, nel senso che il termine di standstill, anche se ancora in corso alla data di proposizione del ricorso, non viene sostituito dall’effetto sospensivo automatico. 4.2 Ricorso giurisdizionale e sospensione della procedura (segue) STANDSTILL, EFFETTO SOSPENSIVO AUTOMATICO ED ESECUZIONE D’URGENZA L’art. 11, codice, nel testo anteriore al recepimento, oltre a prevedere lo standstill e possibili deroghe, prevedeva anche l’esecuzione d’urgenza del contratto, ossia l’avvio dell’esecuzione, che può prescindere dall’avvenuta stipulazione del contratto, ovvero dai controlli sulla stipulazione del contratto (art. 11, co. 9, codice). 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI Art. 79. Informazioni circa i mancati inviti, le esclusioni e le aggiudicazioni. 1. Le stazioni appaltanti informano tempestivamente i candidati e gli offerenti delle decisioni prese riguardo alla conclusione di un accordo quadro, all’aggiudicazione di un appalto, o all’ammissione in un sistema dinamico di acquisizione, ivi compresi i motivi della decisione di non concludere un accordo quadro, ovvero di non aggiudicare un appalto per il quale è stata indetta una gara, ovvero di riavviare la procedura, ovvero di non attuare un sistema dinamico di acquisizione. 2. Le stazioni appaltanti inoltre comunicano: a) ad ogni candidato escluso i motivi del rigetto della candidatura; b) ad ogni offerente escluso i motivi del rigetto della sua offerta, inclusi, per i casi di cui all’articolo 68, commi 4 e 7, i motivi della decisione di non equivalenza o della decisione secondo cui i lavori, le forniture o i servizi non sono conformi alle prestazioni o ai requisiti funzionali; c) ad ogni offerente che abbia presentato un’offerta selezionabile, le caratteristiche e i vantaggi dell’offerta selezionata e il nome dell’offerente cui è stato aggiudicato il contratto o delle parti dell’accordo quadro. 3. Le informazioni di cui al comma 1 e di cui al comma 2 sono fornite: a) su richiesta scritta della parte interessata; b) per iscritto; c) il prima possibile e comunque non oltre quindici giorni dalla ricezione della domanda scritta. 4. Tuttavia le stazioni appaltanti possono motivatamente omettere talune informazioni relative all’aggiudicazione dei contratti, alla conclusione di accordi quadro o all’ammissione ad un sistema dinamico di acquisizione, di cui al comma 1, qualora la loro diffusione ostacoli l’applicazione della legge, sia contraria all’interesse pubblico, pregiudichi i legittimi interessi commerciali di operatori economici pubblici o privati o dell’operatore economico cui è stato aggiudicato il contratto, oppure possa recare pregiudizio alla leale concorrenza tra questi. 5. In ogni caso l’amministrazione comunica di ufficio: a) l'aggiudicazione definitiva, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, all'aggiudicatario, al concorrente che segue nella graduatoria, a tutti i candidati che hanno presentato un'offerta ammessa in gara, a coloro la cui candidatura o offerta siano state escluse se hanno proposto impugnazione avverso l'esclusione, o sono in termini per presentare dette impugnazioni, nonché a coloro che hanno impugnato il bando o la lettera di invito, se dette impugnazioni non siano state ancora respinte con pronuncia giurisdizionale definitiva (135); b) l’esclusione, ai candidati e agli offerenti esclusi, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni dall’esclusione; b-bis) la decisione, a tutti i candidati, di non aggiudicare un appalto ovvero di non concludere un accordo quadro (136); b-ter) la data di avvenuta stipulazione del contratto con l'aggiudicatario, tempestivamente e comunque entro un termine non superiore a cinque giorni, ai soggetti di cui alla lettera a) del presente comma (137). 5-bis. Le comunicazioni di cui al comma 5 sono fatte per iscritto, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o mediante notificazione o mediante posta elettronica certificata ovvero mediante fax, se l'utilizzo di quest'ultimo mezzo è espressamente autorizzato dal concorrente, al domicilio eletto o all'indirizzo di posta elettronica o al numero di fax indicato dal destinatario in sede di candidatura o di offerta. Nel caso di invio a mezzo posta o notificazione, dell'avvenuta spedizione è data contestualmente notizia al destinatario mediante fax o posta elettronica, anche non certificata, al numero di fax ovvero all'indirizzo di posta elettronica indicati in sede di candidatura o di offerta. La comunicazione è accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione contenente almeno gli elementi di cui al comma 2, lettera c), e fatta salva l'applicazione del comma 4; l'onere può essere assolto nei casi di cui al comma 5, lettere a), b), e b-bis), mediante l'invio dei verbali di gara, e, nel caso di cui al comma 5, lettera b-ter), mediante richiamo alla motivazione relativa al provvedimento di aggiudicazione definitiva, se già inviata. La comunicazione dell'aggiudicazione definitiva e quella della stipulazione, e la notizia della spedizione sono, rispettivamente, spedita e comunicata nello stesso giorno a tutti i destinatari, salva l'oggettiva impossibilità di rispettare tale contestualità a causa dell'elevato numero di destinatari, della difficoltà di reperimento degli indirizzi, dell'impossibilità di recapito della posta elettronica o del fax a taluno dei destinatari, o altro impedimento oggettivo e comprovato (138). 5-ter. Le comunicazioni di cui al comma 5, lettere a) e b), indicano la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto (139). 5-quater. Fermi i divieti e differimenti dell'accesso previsti dall'articolo 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indicano se ci sono atti per i quali l'accesso è vietato o differito, e indicano l'ufficio presso cui l'accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l'accesso sia consentito durante tutto l'orario in cui l'ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio (140). 5-quinquies. Il bando o l'avviso con cui si indice la gara o l'invito nelle procedure senza bando fissano l'obbligo del candidato o concorrente di indicare, 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) Nel nuovo sistema di contenzioso sui pubblici appalti, ancorato ai termini dilatori per la stipulazione del contratto e all’esigenza di una celere definizione della lite, acquista particolare importanza la tempestiva e completa conoscibilità degli atti di gara, in vista dell’attivazione degli strumenti precontenziosi e contenziosi. Da un lato, dalla comunicazione a tutti i concorrenti dell’aggiudicazione definitiva, decorre, per la stazione appaltante, il termine di standstill per la stipulazione del contratto. Dall’altro lato, dalla ricezione, da parte di ogni singolo concorrente, dell’aggiudicazione definitiva, decorre, per ognuno, il termine di proposizione del ricorso giurisdizionale, e alla proposizione del ricorso giurisdizionale si ricollega l’ulteriore sospensione legale del termine di stipulazione del contratto, fino alla pronuncia del giudice. E’ allora interesse sia della stazione appaltante, che dei concorrenti, che vi siano termini e forme certi di comunicazione dell’aggiudicazione definitiva e di tutti gli atti di gara rilevanti. 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) E’ stato pertanto novellato l’art. 79, codice, secondo quattro linee portanti: a) ampliamento dei destinatari della comunicazione dell’aggiudicazione; b) ampliamento degli atti e fatti oggetto di comunicazione; c) indicazione dettagliata della forma, delle modalità e del contenuto delle comunicazioni; d) imposizione ai concorrenti dell’onere di indicare l’esatto indirizzo, anche elettronico, per la ricezione delle comunicazioni inerenti la gara. 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) I DESTINATARI Oggetto di comunicazione è solo l’aggiudicazione “definitiva”, e non quella provvisoria, e che essa va comunicata, oltre che all’aggiudicatario, al concorrente che segue e a tutti coloro che hanno presentato una offerta ammessa in gara, e a coloro la cui offerta sia stata esclusa, anche a: a) coloro la cui candidatura sia stata esclusa; b) coloro che hanno impugnato il bando o la lettera invito, se le impugnazioni sono ancora pendenti per non essere state definite con pronuncia definitiva (art. 79, co. 5, lett. a), codice, come novellato). Tale ultima puntualizzazione vale per l’ipotesi in cui chi ha impugnato il bando o la lettera invito non rientri già nel novero dei concorrenti ammessi in gara. 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) FATTI E ATTI OGGETTO DI COMUNICAZIONE Devono essere comunicati, a tutti i soggetti sopra visti, anche i seguenti fatti e atti: a) l’atto di aggiudicazione con la relativa motivazione, ovvero, in alternativa alla motivazione, con i verbali di gara; b) la data di scadenza del termine dilatorio per la stipulazione del contratto (art. 79, co. 5-ter, codice); c) il fatto dell’avvenuta stipulazione del contratto con l’aggiudicatario, con indicazione della relativa data; e tale comunicazione va fatta tempestivamente e comunque non oltre cinque giorni (art. 79, co. 5, lett. b-ter, codice). 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) FATTI E ATTI OGGETTO DI COMUNICAZIONE Quanto al contenuto delle comunicazioni, la comunicazione di ciascuno degli atti elencati nel co. 5 alle lettere a), b), b-bis), (aggiudicazione, esclusione, decisione di non aggiudicare l’appalto o di non concludere l’accordo quadro) deve essere accompagnata dal provvedimento e dalla relativa motivazione. La motivazione deve avere il contenuto minimo già indicato nell’art. 79, co. 2, lett. c). L’onere di motivazione può essere assolto anche mediante invio dei verbali di gara. Quanto alla comunicazione di cui alla lett. b-ter (data di stipulazione del contratto), essa non deve essere accompagnata dal contratto, in quanto oggetto di comunicazione sono i “provvedimenti” e non è tale il contratto; va invece mandata anche una motivazione sintetica ma è sufficiente rinviare per relationem alla motivazione del provvedimento di aggiudicazione, se già inviata. Inoltre la comunicazione di tutti gli atti di cui al co. 5 dell’art. 79 deve anche indicare: a) se ci sono atti ad accesso vietato o differito; b) l’ufficio presso cui l’accesso può essere esercitato, e i relativi orari. 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) FORMA DELLE COMUNICAZIONI Quanto alla forma delle comunicazioni, si stabilisce la forma scritta, e la trasmissione con uno dei seguenti mezzi alternativi: a) la lettera raccomandata con avviso di ricevimento; b) la notificazione; c) la posta elettronica, solo se certificata; d) il fax solo se l’utilizzo del fax sia espressamente autorizzato dal concorrente (art. 79, co. 5-bis, codice). 4.3 FORMA E TERMINI DELLA COMUNICAZIONE DELL’AGGIUDICAZIONE DEFINITIVA E DI ALTRE COMUNICAZIONI (SEGUE) Quanto alla modalità delle comunicazioni, se esse hanno ad oggetto l’aggiudicazione definitiva o la stipulazione del contratto, occorre che la comunicazione e la notizia della spedizione siano inviate contestualmente a tutti i destinatari, vale a dire lo stesso giorno. E’ consentita una deroga al principio di contestualità se ricorre una oggettiva impossibilità di rispettarlo, a causa dell’elevato numero di destinatari, della difficoltà di reperimento degli indirizzi, dell’impossibilità di recapito della posta elettronica o del fax a taluno dei destinatari, o altro impedimento oggettivo e comprovato (art. 79, co. 5-bis, codice). 4.4 L’AVVISO VOLONTARIO PER LA TRASPARENZA PREVENTIVA Art. 79-bis. Avviso volontario per la trasparenza preventiva 1. L'avviso volontario per la trasparenza preventiva il cui formato è stabilito, per i contratti di rilevanza comunitaria, dalla Commissione europea secondo la procedura di consultazione di cui all'articolo 3-ter, paragrafo 2, della direttiva 89/665/CE e di cui all'articolo 3-ter, paragrafo 2, della direttiva 92/13/CE, contiene le seguenti informazioni: a) denominazione e recapito della stazione appaltante; b) descrizione dell'oggetto del contratto; c) motivazione della decisione della stazione appaltante di affidare il contratto senza la previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia; d) denominazione e recapito dell'operatore economico a favore del quale è avvenuta l'aggiudicazione definitiva; e) se del caso, qualunque altra informazione ritenuta utile dalla stazione appaltante. 4.4 L’AVVISO VOLONTARIO PER LA TRASPARENZA PREVENTIVA (SEGUE) Nella parte del codice dedicata alle comunicazioni e agli avvisi viene inserita la disciplina di un nuovo avviso, quello volontario per la trasparenza preventiva (art. 79-bis, codice), il cui scopo è quello di porre la stazione appaltante al riparo dalla privazione di effetti del contratto, quando essa abbia seguito una procedura senza bando (sia essa una procedura negoziata senza bando o un affidamento in economia). A tal fine la stazione appaltante deve seguire un’articolata procedura che si snoda in tre passaggi, uno dei quali è l’avviso in commento. Il primo passaggio è un atto motivato con cui la stazione appaltante dichiara di ritenere che il diritto comunitario o nazionale consentano di omettere la pubblicazione del bando di gara. Il secondo passaggio è la pubblicazione dell’avviso volontario per la trasparenza preventiva. Il terzo passaggio è il rispetto di un termine dilatorio di almeno dieci giorni per la stipulazione del contratto, decorrenti dal giorno successivo a quello di pubblicazione dell’avviso volontario per la trasparenza preventiva. 4.4 L’AVVISO VOLONTARIO PER LA TRASPARENZA PREVENTIVA (SEGUE) Esso deve contenere le seguenti informazioni: a) denominazione e recapito della stazione appaltante; b) descrizione dell’oggetto del contratto; c) motivazione della decisione della stazione appaltante di affidare il contratto senza la previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia; d) denominazione e recapito dell’operatore economico a favore del quale è avvenuta l’aggiudicazione definitiva; e) se del caso, qualunque altra informazione ritenuta utile dalla stazione appaltante. 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA Art. 79, comma 5-quater Fermi i divieti e differimenti dell'accesso previsti dall'articolo 13, l'accesso agli atti del procedimento in cui sono adottati i provvedimenti oggetto di comunicazione ai sensi del presente articolo è consentito entro dieci giorni dall'invio della comunicazione dei provvedimenti medesimi mediante visione ed estrazione di copia. Non occorre istanza scritta di accesso e provvedimento di ammissione, salvi i provvedimenti di esclusione o differimento dell'accesso adottati ai sensi dell'articolo 13. Le comunicazioni di cui al comma 5 indicano se ci sono atti per i quali l'accesso è vietato o differito, e indicano l'ufficio presso cui l'accesso può essere esercitato, e i relativi orari, garantendo che l'accesso sia consentito durante tutto l'orario in cui l'ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio (140). 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA (SEGUE) Per restringere i tempi processuali, il legislatore ha ritenuto di disciplinare per legge tempi e modi dell’accesso, per cui, fatti salvi i casi di divieto o differimento dell’accesso, tutti gli atti sono in linea di principio accessibili ex lege, e nei tempi indicati dalla legge, non occorrendo più né una richiesta di accesso, né un provvedimento che consente 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA (SEGUE) Sono accessibili ex lege tutti gli atti del procedimento di gara e relativi subprocedimenti, in cui sono adottati gli atti oggetto di comunicazione ai sensi dell’art. 79, co. 5, codice (art. 79, co. 5-quater, codice), con l’eccezione degli atti per i quali l’accesso è vietato o differito ai sensi dell’art. 13, codice. L’accesso è ex lege consentito entro dieci giorni dall’invio della comunicazione dei provvedimenti, mediante visione ed estrazione di copia, pertanto non occorre istanza scritta di accesso né provvedimento di ammissione, fatti salvi i provvedimenti di esclusione o differimento adottati ai sensi dell’art. 13, codice. 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA (SEGUE) Allo scopo non già di concedere l’accesso, già concesso ex lege, ma di consentirne il concreto esercizio, è prescritto che le comunicazioni degli atti indicano anche se ci sono atti ad accesso vietato o differito, e indicano l’ufficio presso cui l’accesso può essere esercitato, e i relativi orari. La stazione appaltante deve comunque garantire che l’accesso sia consentito durante tutto l’orario in cui l’ufficio è aperto al pubblico o il relativo personale presta servizio. Non sono stabilite le conseguenze in caso di mancato esercizio dell’accesso nel termine legale di dieci giorni. 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA (SEGUE) Si pone perciò la questione se si verifichi una decadenza dall’accesso, o se invece l’accesso possa essere esercitato nei modi ordinari, mediante istanza e relativo provvedimento di ammissione. Si pone anche l’ulteriore questione se la decadenza dall’accesso precluda la proposizione di motivi aggiunti di ricorso. 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA (SEGUE) Per una prima teoria, scaduto il termine legale di dieci giorni, l’accesso non può essere esercitato nei modi ordinari. Residua, però, la possibilità di ottenere l’esibizione degli atti nel corso del giudizio, sollecitando un ordine del giudice. Eventuali motivi aggiunti potranno perciò essere proposti dopo l’esibizione degli atti in giudizio, ma in tal caso, ove l’annullamento degli atti di gara consegua all’accoglimento di motivi aggiunti proposti dopo il deposito degli atti in giudizio, il giudice dovrà tener conto della condotta della parte che non ha esercitato l’accesso nel termine di legge, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1227 c.c. 4.5 L’ACCESSO AGLI ATTI DI GARA (SEGUE) Per una seconda teoria, inutilmente il previsto termine di dieci giorni, l’interessato non perde definitivamente il diritto all’accesso: la scadenza realizza solo la presunzione legale assoluta di conoscenza degli atti messi a disposizione dalla stazione appaltante. A partire da tale momento l’interessato potrà esercitare il diritto di accesso nei modi ordinari, pur senza potersi avvalere della conoscenza degli atti ai fini della tutela giurisdizionale. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE Art. 243-bis 1. Nelle materie di cui all'articolo 244, comma 1, i soggetti che intendono proporre un ricorso giurisdizionale informano le stazioni appaltanti della presunta violazione e della intenzione di proporre un ricorso giurisdizionale. 2. L'informazione di cui al comma 1 è fatta mediante comunicazione scritta e sottoscritta dall'interessato, o da un suo rappresentante, che reca una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio, salva in ogni caso la facoltà di proporre in giudizio motivi diversi o ulteriori. L'interessato può avvalersi dell'assistenza di un difensore. La comunicazione può essere presentata fino a quando l'interessato non abbia notificato un ricorso giurisdizionale. L'informazione è diretta al responsabile del procedimento. La comunicazione prevista dal presente comma può essere effettuata anche oralmente nel corso di una seduta pubblica della commissione di gara ed è inserita nel verbale della seduta e comunicata immediatamente al responsabile del procedimento a cura della commissione di gara. 3. L'informativa di cui al presente articolo non impedisce l'ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto, fissato dall'articolo 11, comma 10, né il decorso del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale. 4. La stazione appaltante, entro quindici giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall'interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela. L'inerzia equivale a diniego di autotutela. 5. L'omissione della comunicazione di cui al comma 1 e l'inerzia della stazione appaltante costituiscono comportamenti valutabili, ai fini della decisione sulle spese di giudizio, nonché ai sensi dell'articolo 1227 del codice civile. 6. Il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti (comma così sostituito dalla lettera b) del comma 19 dell’art. 3 dell’allegato 4 al D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104, a decorrere dal 16 settembre 2010, ai sensi di quadiuanto disposto dall’art. 2 dello stesso 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) Finalità, oggetto e ambito dell’informativa preventiva Secondo l’espressa formulazione della norma, l’informativa sortisce l’effetto di sollecitare l’esercizio dei poteri di autotutela da parte della stazione appaltante. Emerge, dunque, una chiara finalità deflattiva dell’informativa, in quanto l’amministrazione, resa edotta di possibili o probabili vizi dei propri atti, può emendarli così evitando un contenzioso giudiziario. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’informativa preventiva ha per oggetto l’indicazione della presunta violazione e la comunicazione dell’intento di proporre un ricorso giurisdizionale: da un lato si enuncia un dato oggettivo, la presunta violazione, e dall’altro lato si enuncia un intento soggettivo, quello di impugnare. Quanto al suo ambito, essa si riferisce non a qualsivoglia contenzioso in materia di pubblici appalti, ma al solo contenzioso sulle procedure di affidamento, che è quello attribuito alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo dall’art. 244, co. 1, codice. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’informativa è prevista come doverosa da parte del candidato o concorrente che intende proporre un ricorso giurisdizionale. Tuttavia l’omissione dell’informativa non va incontro a sanzioni dirette, e, in particolare, non vi è decadenza alcuna in ordine al successivo ricorso giurisdizionale, né l’informativa costituisce condizione di promuovibilità o procedibilità del ricorso medesimo. Vi è una sanzione solo indiretta, in quanto l’omessa informativa costituisce comportamento valutabile dal giudice, nel successivo giudizio, al fine della pronuncia sulle spese e ai sensi dell’art. 1227 c.c. Se il ricorso giurisdizionale è infondato, ne conseguirà una maggiore severità nella imputazione e nella misura delle spese di lite. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’informativa va fatta mediante comunicazione scritta, che viene sottoscritta dall’interessato o da un suo rappresentante. L’interessato può anche avvalersi di un difensore. Essendo comunque l’informativa un atto stragiudiziale, esso è atto della parte, e quindi da un lato l’assistenza del difensore è solo facoltativa, dall’altro lato essa deve essere sottoscritta dalla parte e non può essere sottoscritta dal solo difensore, a meno che a questo non sia conferita specifica rappresentanza sostanziale. In un caso si consente l’informativa orale, e in particolare se essa è fatta nel corso di una seduta pubblica della commissione di gara; in tal caso è inserita nel verbale di gara a cura della commissione. Sul piano contenutistico, l’informativa deve recare una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di illegittimità e dei motivi di ricorso che si intendono articolare in giudizio. L’indicazione sommaria, fatta nell’informativa, in ordine ai futuri motivi di ricorso, non è in alcun modo condizionante 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’informativa può essere presentata fino al momento della notifica del ricorso giurisdizionale da parte dell’autore dell’informativa. Anche se non è detto espressamente, vi è un ulteriore termine implicito, che coincide con quello massimo per la proposizione del ricorso giurisdizionale. Infatti, alla scadenza di quest’ultimo, delle due l’una: a) o il ricorso giurisdizionale è stato presentato, e in tal caso perde di utilità la fase precontenziosa; b) o il ricorso giurisdizionale non è stato presentato, e in tal caso il provvedimento amministrativo si consolida, e l’amministrazione non è più tenuta, in base all’art. 243-bis, codice, ad esaminare le istanze di intervento in autotutela. In entrambi i casi, però, restano fermi gli ordinari strumenti di autotutela. Quanto ai destinatari, l’informativa ha per destinatario il responsabile del procedimento. Tuttavia, si consente di presentare l’informativa anche oralmente nel corso di una seduta pubblica della commissione di gara; in tal caso la commissione la inserisce nel verbale di gara e la comunica immediatamente al r.u.p., che rimane l’unico destinatario di essa. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’informativa non impedisce né l’ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine di ricorso giurisdizionale, né incide sul decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto. L’unico effetto che sortisce è quello di attivare, da parte della stazione appaltante, l’esame doveroso dell’informativa. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’art. 243-bis, codice, assegna alla stazione appaltante un termine complessivo di quindici giorni per pronunciarsi sull’informativa, e per stabilire se intervenire o meno in autotutela. L’inerzia della stazione appaltante è per legge equiparata al diniego di autotutela. La qualificazione dell’inerzia in termini di atto con valore legale tipico di diniego fa escludere che avverso l’inerzia possa essere attivato il rimedio del ricorso avverso il silenzio-inadempimento. Ciascuna stazione appaltante dovrà distribuire tale termine tra il r.u.p. e l’organo che ha la rappresentanza esterna della stazione appaltante. Quanto alle possibili alternative che si aprono alla stazione appaltante esse sono: a) il non luogo a provvedere, se ritiene che l’istanza sia infondata; b) l’avvio e ove possibile la conclusione del procedimento di autotutela, se ritiene che l’istanza sia fondata. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) Il procedimento di annullamento di ufficio implica che: 1) si dia avviso a tutti gli interessati; 2) si acquisiscano i pareri acquisiti sull’atto del cui annullamento si tratta; 3) vi sia un interesse pubblico concreto e attuale all’annullamento. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) L’inerzia della stazione appaltante subisce, al pari dell’omessa informativa, una sanzione indiretta, nel senso che può essere valutata dal giudice al fine delle spese e ai sensi dell’art. 1227 c.c. Se il ricorso è infondato, l’inerzia acquista rilievo non ai sensi dell’art. 1227 c.c., ma solo ai fini delle spese di giudizio, che potrebbero essere compensate se il giudice valuta che una tempestiva risposta dell’amministrazione avrebbe evitato il giudizio. Se il ricorso è fondato, l’inerzia acquista rilievo sia ai fini della condanna della p.a. alle spese, sia ai fini del risarcimento del danno. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) Se la stazione appaltante adotta un provvedimento in autotutela, esso è impugnabile dagli interessati. Sono tali, ordinariamente coloro che hanno una posizione antitetica a quella di chi ha chiesto l’intervento in autotutela, ad. es. l’aggiudicatario la cui aggiudicazione viene annullata in autotutela. Ma interessato potrebbe anche essere chi ha sollecitato l’autotutela, se l’atto adottato in autotutela non è pienamente satisfattivo: ad es. annullamento di un’ammissione in autotutela, per difetto di un documento, con contestuale rimessione in termini per presentare il documento. Se la stazione appaltante dispone il non luogo a provvedere, ovvero rimane inerte, il diniego o il silenzio non sono impugnabili autonomamente. E dunque neppure vi è un onere di impugnazione, né l’omessa impugnazione di essi rende improcedibile il ricorso avverso l’atto principale. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) Mentre l’originaria versione del comma 6 dell’art. 243-bis prevedeva che il diniego e il silenzio potevano essere contestati congiuntamente all’atto cui si riferiscono, o anche con motivi aggiunti, che devono essere proposti entro quindici giorni, le modificazioni al predetto comma introdotte dal Codice del processo amministrativo impongono, ora, che “il diniego totale o parziale di autotutela, espresso o tacito, è impugnabile solo unitamente all’atto cui si riferisce, ovvero, se quest’ultimo è già stato impugnato, con motivi aggiunti”. 4.6 L’INFORMATIVA IN ORDINE ALL’INTENDIMENTO DI PROPORRE RICORSO GIURISDIZIONALE (SEGUE) Il termine di quindici giorni assegnato alla stazione appaltante va inteso come un termine entro cui la stazione appaltante può, alternativamente: a) disporre il non luogo a provvedere; b)avviare il procedimento di autotutela. Se la stazione appaltante opta per l’avvio dell’autotutela, non è però tenuta a concludere il procedimento entro i detti quindici giorni. Può pertanto verificarsi che il provvedimento di autotutela sopraggiunga quando il processo è stato già instaurato. Si verificano in tal caso, in ordine al processo, le ordinarie conseguenze che determina il provvedimento sopravvenuto, in ordine alla improcedibilità, o cessazione della materia del contendere, o proponibilità di motivi aggiunti. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE Con il recepimento della direttiva comunitaria il legislatore italiano ha colto l’occasione per disciplinare, per la prima volta, la sorte dell’appalto dopo l’annullamento dell’aggiudicazione, ponendo fine ad un annoso dibattito. La nuova disciplina può essere riassunta in alcuni punti essenziali che di seguito si sintetizzano e poi verranno esaminati analiticamente nelle loro criticità. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 1) 2) 3) Se l’aggiudicazione viene annullata, il vizio che affligge il contratto è un vizio radicale di invalidità derivata dall’illegittimità dell’aggiudicazione, e dunque tale invalidità, qualificata come “inefficacia”, consegue in linea di principio automaticamente all’annullamento dell’aggiudicazione, a prescindere dalla domanda di parte (art. 245-bis, co. 1, codice). Siffatto automatismo, combinato con i principi di effettività della tutela, accelerazione e concentrazione, ha indotto il legislatore ad attribuire al giudice amministrativo, che conosce dell’aggiudicazione, la giurisdizione anche sulla sorte del contratto (art. 244, codice). L’inefficacia del contratto è conseguenza immediata e diretta dell’annullamento dell’aggiudicazione, a prescindere dalla domanda di parte, ma gli spazi che la direttiva lascia per salvare il contratto sono affidati dal legislatore italiano al giudice amministrativo, chiamato a compiere delicate valutazioni sugli interessi pubblici e privati in gioco. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 4) In conformità alla direttiva, il contratto deve, di regola, essere dichiarato inefficace nel caso delle più gravi violazioni vale a dire quando: a) l’aggiudicazione di un appalto è avvenuta senza previa pubblicazione del bando, laddove la pubblicazione del bando sia imposta dal diritto comunitario o nazionale; b) la stazione appaltante ha violato lo standstill o l’effetto sospensivo automatico, se tale violazione si aggiunge a violazioni sostanziali delle procedure di gara, e abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipula del contratto o della possibilità di conseguire l’affidamento; c) il contratto è stato aggiudicato a seguito di accordo quadro o sistema dinamico di acquisizione, violando le relative procedure. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 5) Tuttavia, anche nel caso di violazioni gravi, spetta al giudice: a) scegliere di mantenere il contratto, valutate tutte le circostanze, alla luce delle esigenze imperative connesse ad un interesse generale (art. 245-bis, co. 2, codice); in tal caso si applicano sanzioni alternative; b) in mancanza di tali esigenze imperative, dichiarare inefficace il contratto, in tal caso fissando la relativa decorrenza, retroattiva o ex nunc, (art. 245-bis, co. 1, codice), e applicando sanzioni alternative se la privazione di effetti avviene ex nunc. 6) Le esigenze imperative che giustificano il mantenimento del contratto devono essere connesse non ad un semplice interesse “pubblico” quale può essere quello della stazione appaltante, ma ad un più qualificato “interesse generale”, e tra le esigenze imperative non rientrano i soli interessi economici legati direttamente al contratto. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 7) Nel caso di violazioni dello standstill o dell’effetto sospensivo, che non abbiano impedito la tutela giurisdizionale e la possibilità di ottenere l’affidamento, e che non si sommano a vizi sostanziali dell’aggiudicazione, la violazione è considerata meno grave, e la legge direttamente stabilisce che il contratto resta in vita e si applicano solo le sanzioni alternative (art. 245-quater, co. 3, codice). 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 8) Fuori dai casi sopra visti, quando ci sono solo violazioni del procedimento di aggiudicazione, il giudice valuta caso per caso se dichiarare inefficace il contratto, ovvero mantenerlo accordando il risarcimento del danno solo per equivalente, e in tal caso, se il contratto resta in vita, non si applicano sanzioni alternative (art. 245-ter, codice). 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 9) Nel caso di violazioni dello standstill o dell’effetto sospensivo, che non abbiano impedito la tutela giurisdizionale e la possibilità di ottenere l’affidamento, e che si sommano a vizi sostanziali dell’aggiudicazione, nulla dice espressamente la disciplina statale, anche se la versione originaria per tale ipotesi lasciava al giudice la scelta tra declaratoria di inefficacia del contratto, o suo mantenimento con applicazione di sanzioni alternative. Da una interpretazione sistematica si desume che a tale caso si applicano sia l’art. 245ter che l’art. 245-quater, co. 3, codice, rientrando esso in entrambe le previsioni; per cui il giudice valuta se dichiarare inefficace il contratto, ovvero mantenerlo applicando sanzioni alternative. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 10) Le sanzioni alternative previste sono la pena pecuniaria proporzionata al valore del contratto e la riduzione della durata residua del contratto (art. 245-quater, codice); spetta al giudice applicarle, alternativamente o cumulativamente, e graduarle tra i minimi e i massimi di legge. Art. 245-quater: 1. Nei casi di cui all'articolo 245-bis, comma 4, il giudice amministrativo individua le seguenti sanzioni alternative da applicare alternativamente o cumulativamente: a) la sanzione pecuniaria nei confronti della stazione appaltante, di importo dallo 0,5 per cento al 5 per cento del valore del contratto, inteso come prezzo di aggiudicazione, che è versata all'entrata del bilancio dello Stato - con imputazione al capitolo 2301, capo 8 «Multe, ammende e sanzioni amministrative inflitte dalle autorità giudiziarie ed amministrative, con esclusione di quelle aventi natura tributaria» - entro sessanta giorni dal passaggio in giudicato della sentenza che irroga sanzione; decorso il termine per il versamento, si applica una maggiorazione pari ad un decimo della sanzione per ogni semestre di ritardo. La sentenza che applica le sanzioni è comunicata, a cura della segreteria, al Ministero dell'economia e delle finanze entro cinque giorni dalla pubblicazione; b) la riduzione della durata del contratto, ove possibile, da un minimo del dieci per cento ad un massimo del cinquanta per cento della durata residua alla data di pubblicazione del dispositivo. 2. Il giudice amministrativo applica le sanzioni, assicurando il rispetto del principio del contraddittorio e ne determina la misura in modo che siano effettive, dissuasive, proporzionate al valore del contratto, alla gravità della condotta della stazione appaltante e all'opera svolta dalla stazione appaltante per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione. In ogni caso l'eventuale condanna al risarcimento dei danni non costituisce sanzione alternativa e si cumula con le sanzioni alternative. 3. Il giudice applica le sanzioni di cui al comma 1 anche qualora il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito per la stipulazione del contratto, ovvero è stato stipulato senza rispettare la sospensione della stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione definitiva, quando la violazione non abbia privato il ricorrente della possibilità di avvalersi di mezzi di ricorso prima della stipulazione del contratto e non abbia influito sulle possibilità del ricorrente di ottenere l'affidamento. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) 11) Se il giudice ritiene che il contratto non debba essere privato di effetti, accorda al ricorrente il risarcimento del danno solo per equivalente pecuniario (art. 245-quinquies, co. 1, codice); il danno deve essere comprovato dal ricorrente, e spetta solo al ricorrente avente titolo all’aggiudicazione; se invece il giudice ritiene che il contratto debba essere privato di effetti, non ne consegue senz’altro il subentro nel contratto in favore del ricorrente avverso l’aggiudicazione, perché a tal fine occorre la domanda, non solo di annullamento dell’aggiudicazione, ma anche di ottenere l’aggiudicazione e il contratto; ma se il ricorrente, senza giustificato motivo, non chiede l’aggiudicazione e il contratto, oppure, pur avendoli inizialmente chiesti, li rifiuti in prosieguo senza giustificato motivo, tale condotta viene valutata dal giudice ai sensi dell’art. 1227 c.c., vale a dire che il giudice potrà negare il risarcimento del danno per equivalente (art. 245-bis, ultimo periodo, e art. 245-quinquies, co. 2, codice). 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Occorre anzitutto chiedersi se ancora c’è, e quando c’è, un problema di sorte del contratto, atteso che la direttiva, prevedendo il meccanismo di standstill e l’effetto sospensivo derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l’aggiudicazione, dovrebbe scongiurare, a monte e in radice, nella maggior parte dei casi, che il contratto possa essere stipulato prima di una pronuncia del giudice, quanto meno cautelare. Sicché, con tali meccanismi preventivi, il più delle volte non ci dovrebbe essere un problema di “sorte del contratto”, perché il contratto non dovrebbe essere stipulato prima che ci sia una pronuncia sull’aggiudicazione. Tuttavia, il problema, per quanto ridimensionato, permane, e non è neppure residuale, a causa delle modalità del recepimento della direttiva, quanto alle deroghe allo standstill e alla durata dell’effetto sospensivo automatico. Infatti, in sede di recepimento, sono state previste tutte le possibili deroghe allo standstill consentite dal diritto comunitario, e inoltre è stata prevista la possibilità di esecuzione d’urgenza, che costituisce un aggiramento dello standstill 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Sicché, il contratto potrebbe essere stipulato senza attendere lo standstill, non solo nel caso di assenza attuale o potenziale di contenzioso (quando c’è un unico concorrente, o quando c’è un unico concorrente ammesso, e non ci sono impugnazioni pendenti), ma anche in caso di contratti basati su accordi quadro o sistemi dinamici di acquisizione. E l’esecuzione d’urgenza è possibile in caso di procedure senza bando, o in casi di assoluta urgenza e nocumento che il ritardo comporterebbe per l’interesse pubblico. Ma in tali ipotesi, l’aggiudicazione potrebbe essere annullata in sede giurisdizionale, a contratto già stipulato ovvero, ancorché non stipulato, già eseguito in via di urgenza. Si pensi ai casi in cui: a) le procedure senza bando sono giudicate illegittime, perché utilizzate in difetto dei presupposti; b) ci sono vizi della procedura di affidamento del singolo contratto a seguito di accordo quadro o sistema dinamico di acquisizione; c) vi è stata l’esecuzione d’urgenza, ma l’aggiudicazione è illegittima. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Le gravi violazioni Omessa pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara Le violazioni gravi sono dalla direttiva ricollegate o a ipotesi in cui la violazione delle regole di trasparenza ha in radice minato la correttezza della gara, o a ipotesi in cui il mancato rispetto di termini dilatori si traduce in un pregiudizio per le possibilità di difesa del ricorrente e si somma con violazioni dell’aggiudicazione. Una prima violazione radicale è costituita dalla mancata pubblicità del bando di gara o avviso con cui si indice una gara, se essa sia prescritta dal diritto comunitario o nazionale. A tale genus va ricondotto anche il caso in cui l’affidamento viene fatto con procedura negoziata senza bando, o con procedura in economia, al di fuori dei casi consentiti, e ciò abbia perciò determinato l’omissione della pubblicità di un bando o avviso di indizione di gara, invece prescritti dal diritto comunitario o nazionale (art. 245-bis, co. 1, lett. a) e b), codice). L’omessa pubblicità del bando o avviso di indizione di gara costituisce il vizio più radicale del procedimento di affidamento, perché mina in radice la conoscibilità della procedura e dunque la possibilità di concorrenza. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Le gravi violazioni Omessa pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara Nell’ipotesi di omessa pubblicità di bandi o avvisi di indizione di gara, e nell’ipotesi di illegittimo utilizzo di procedure negoziate senza bando e procedure in economia, la dichiarazione di inefficacia non trova applicazione se, a monte, la stazione appaltante abbia seguito una procedura di trasparenza, incentrata sul c.d. avviso volontario di trasparenza preventiva (art. 245-bis, co. 5, codice). In particolare, occorre che la stazione appaltante abbia, preventivamente, cioè prima della stipulazione del contratto, seguito la seguente procedura: a) abbia con atto motivato anteriore all’avvio della procedura di affidamento dichiarato che la procedura senza previa pubblicazione del bando o avviso con cui si indice la gara sia consentita dal codice degli appalti; b) abbia pubblicato un avviso volontario per la trasparenza preventiva, con cui manifesta l’intenzione di concludere il contratto; la pubblicazione deve avvenire nella G.U.C.E. o nella G.U.R.I. rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia; c) il contratto non sia stato concluso prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso volontario per la trasparenza preventiva. Il contenuto di detto avviso è disciplinato in dettaglio (art. 79-bis, codice). 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Le gravi violazioni Omessa pubblicità del bando o avviso con cui si indice una gara L’avviso volontario per la trasparenza preventiva il cui formato è stabilito, per i contratti di rilevanza comunitaria, dalla Commissione europea secondo la procedura di consultazione di cui all’art. 3-ter, par. 2, direttiva 89/665/CEE e di cui all’art. 3-ter, par. 2, direttiva 92/13/CEE, contiene le seguenti informazioni: a) denominazione e recapito della stazione appaltante; b) descrizione dell’oggetto del contratto; c) motivazione della decisione della stazione appaltante di affidare il contratto senza la previa pubblicazione di un bando di gara nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea o nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, rispettivamente per i contratti di rilevanza comunitaria e per quelli sotto soglia; d) denominazione e recapito dell’operatore economico a favore del quale è avvenuta l’aggiudicazione definitiva; e) se del caso, qualunque altra informazione ritenuta utile dalla stazione appaltante. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Violazione dei termini dilatori per la stipulazione del contratto Un secondo gruppo di violazioni comprende la violazione del termine di standstill e/o del termine sospensivo in pendenza del processo. Occorre, perché tale violazione sia considerata grave, il concorso di tre condizioni: a) la violazione del termine dilatorio per la stipula del contratto; b) il pregiudizio per le possibilità di difesa effettiva del ricorrente; c) la violazione di altre regole contenute nella direttiva 2004/18/CE e 2004/17/CE e relativo recepimento, che si traducano in vizi dell’aggiudicazione 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Violazione delle regole procedurali in materia di accordo quadro o sistema dinamico di acquisizione Secondo la direttiva, la violazione di alcune regole procedurali in materia di accordo quadro o sistema dinamico di acquisizione comporta la privazione di effetti del contratto, nei casi in cui gli Stati membri si avvalgano della deroga allo standstill per i contratti stipulati sulla base di un accordo quadro o di un sistema dinamico di acquisizione (art. 2-quinquies, co. 1, lett. c) direttiva 89/665/CEE e art. 2-quinquies, co. 1, lett. c), direttiva 92/13/CEE). 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) L’interesse generale che impone il mantenimento del contratto per esigenze imperative è da intendersi come quello dell’intera collettività al mantenimento del contratto in funzione della celere realizzazione dell’opera pubblica, e non come il solo interesse pubblico della stazione appaltante. Esemplificativamente sono comprese tra le esigenze imperative quelle imprescindibili di carattere tecnico o di altro tipo, tali da rendere evidente che i residui obblighi contrattuali possono essere rispettati solo dall’esecutore attuale (art. 245-bis, co. 2). Non sono esigenze imperative gli interessi economici legati direttamente al contratto, che comprendono fra l’altro i costi derivanti dal ritardo nell’esecuzione del contratto stesso, dalla necessità di indire una nuova procedura di aggiudicazione, dal cambio dell’operatore economico e dagli obblighi di legge risultanti dalla dichiarazione di inefficacia (art. 245-bis, co. 2). Gli interessi economici possono essere presi in considerazione come esigenze imperative solo in circostanze eccezionali in cui l’inefficacia del contratto conduce a conseguenze sproporzionate, avuto anche riguardo all’eventuale mancata proposizione della domanda di subentro nel contratto nei casi in cui il vizio dell’aggiudicazione non comporta l’obbligo di rinnovare la gara (art. 245-bis, co. 2). 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) In presenza di gravi violazioni, il contratto deve essere privato di effetti e solo la sussistenza di esigenze imperative giustifica il mantenimento del contratto. Tra gli elementi da valutare per ritenere sussistenti le esigenze imperative non rientra la buona fede del terzo contraente. La sussistenza di gravi violazioni comporta per presunzione assoluta l’esclusione della buona fede del terzo o, piuttosto, si tratta, per la direttiva comunitaria, e per il recepimento nazionale, di un elemento giuridicamente irrilevante. Si tratta, a ben vedere, di una moralizzazione che richiama l’aggiudicatario alle proprie responsabilità e che gli impone, implicitamente, l’onere di verificare che: venga rispettato lo standstill; venga rispettato il termine processuale sospensivo; vengano rispettate le regole sulla pubblicità dei bandi di gara; vengano rispettate le regole in tema di accordo quadro e sistema dinamico di acquisizione. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) In relazione al settimo punto è evidente che la disciplina ha una chiara finalità deterrente, perché la stazione appaltante viene sanzionata per il solo fatto che è stato violato lo standstill o l’effetto sospensivo processuale, anche se la violazione è innocua, perché il ricorrente non ha perso le possibilità di tutela, e perché l’aggiudicazione è comunque legittima e dunque il ricorso è infondato. Sicché, il concorrente che formula ricorso giurisdizionale, anche se ha torto nella sostanza, diventa una sorta di pubblica accusa, il veicolo per far sanzionare la stazione appaltante anche nel caso di illegittimità innocua. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) In relazione all’ottavo punto il giudice, in caso di violazioni non gravi, per stabilire se mantenere il contratto o privarlo di effetti, deve tenere conto degli interessi delle parti in gioco, onde valutare, sulla base di elementi giuridici, e non di mera opportunità amministrativa, se vi sia la possibilità che il ricorrente possa agevolmente ed effettivamente subentrare nel contratto. Occorre pertanto valutare, a tal fine: a) il tipo di vizio riscontrato, che sia tale da consentire, oltre che l’annullamento dell’aggiudicazione, anche l’aggiudicazione in favore del ricorrente, senza necessità di rinnovare la gara; b) lo stato di esecuzione del contratto e l’interesse reciproco delle parti; c) la avvenuta presentazione, da parte del ricorrente, di una domanda di subentro nel contratto; d) la buona fede del terzo contraente. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) La privazione di effetti del contratto postula che il ricorrente abbia l’effettiva possibilità di subentrare nel contratto, perché ha titolo comprovato all’aggiudicazione. In secondo luogo, anche ove ricorra tale situazione, occorre tener conto dello stato di esecuzione del contratto: se l’esecuzione è ultimata o sta per essere ultimata, o comunque è ad uno stadio avanzato, può essere contrario sia all’interesse del ricorrente, che a quello della stazione appaltante, invalidare il contratto e far subentrare il ricorrente. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Occorre poi valutare i primi due elementi indicati in modo combinato, schematizzando i seguenti casi: a) non è certo che il ricorrente può conseguire l’aggiudicazione e il contratto è ultimato o a uno stadio avanzato; b) è certo che il ricorrente può conseguire l’aggiudicazione ma il contratto è ultimato o è a uno stadio avanzato; c) non è certo che il ricorrente può conseguire l’aggiudicazione, e l’esecuzione del contratto non è iniziata ancora o è appena iniziata; d) è certo che il ricorrente può conseguire l’aggiudicazione, e l’esecuzione del contratto non è iniziata ancora o è appena iniziata. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Nei casi a) e b) il giudice ragionevolmente deciderà di mantenere il contratto. Nel caso d) il giudice ragionevolmente si determinerà per la privazione di effetti del contratto. Il caso c) è quello che può lasciare maggior margine alle valutazioni caso per caso. Per tale ipotesi si può immaginare, come proposto nella originaria versione dello schema di recepimento della direttiva, una sentenza parziale che si limita ad annullare l’aggiudicazione e dà alla stazione appaltante un termine per l’ottemperanza, ossia per rinnovare gli atti di gara annullati, fissando il termine per la nuova udienza, nella quale, a seconda dell’esito del rinnovo degli atti di gara, e cioè a seconda che l’esito sia o meno favorevole al ricorrente, si decide se privare o meno di effetti il contratto. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) In relazione all’undicesimo punto, va osservato che al giudice amministrativo viene attribuita una competenza del tutto nuova nel panorama dei suoi compiti, quella di irrogazione di vere e proprie sanzioni, che hanno i connotati di sanzioni amministrative. Le sanzioni sono la diretta conseguenza di un accertamento giurisdizionale e pertanto è corretto che ad irrogarle sia il medesimo giudice che conduce l’accertamento giurisdizionale. Quanto alla non giustiziabilità se le sanzioni vengono irrogate per la prima volta nel giudizio di appello, non si profilano vizi di incostituzionalità, perché il doppio grado di giudizio è costituzionalizzato, nel processo amministrativo, solo nel senso che se si pronuncia il giudice di primo grado non può essere precluso l’appello, ma non è impedito un giudizio in unico grado davanti al giudice superiore, ossia davanti al Consiglio di Stato. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Le sanzioni alternative si applicano, in sintesi, nei seguenti casi: 1) se c’è una violazione grave e il giudice ritiene di mantenere il contratto, per esigenze imperative; 2) se c’è una violazione grave il giudice dichiara il contratto inefficace solo ex nunc; 3) se c’è una violazione delle regole sui termini dilatori di stipula del contratto, che non abbia privato della tutela giurisdizionale e non si accompagni a vizi dell’aggiudicazione, e il contratto resta ex lege in vita; 4) se la violazione delle regole sui termini dilatori di stipula del contratto, pur non privando di tutela il ricorrente, si accompagni a vizi dell’aggiudicazione, e il giudice decida di mantenere il contratto. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Sono inoltre fissati adeguati parametri sia in ordine ai presupposti che alla graduazione della sanzione, sicché non vi è uno spazio per sconfinamenti da parte del giudice nel merito amministrativo. La sanzione pecuniaria, in particolare, è ancorata al valore del contratto inteso come prezzo di aggiudicazione, e va graduata tra un minimo dello 0,5% e un massimo del 5% di tale importo. La riduzione della durata del contratto va graduata da un minimo del 10% ad un massimo del 50% della durata residua del contratto alla data di pubblicazione del dispositivo. Tale sanzione ben si attaglia ai contratti ad esecuzione continuata o periodica come le forniture, i servizi, i lavori di manutenzione. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) La riduzione della durata del contratto è una sanzione self executing. In caso di mancata attuazione da parte della stazione appaltante, è da ritenere che gli interessati possano adire il giudice in sede di giudizio di ottemperanza. La sanzione pecuniaria incide solo sulla stazione appaltante, essendo da essa dovuta. La sanzione della riduzione della durata del contratto incide anche sul terzo contraente. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Resta fermo che l’eventuale condanna al risarcimento del danno non costituisce sanzione alternativa e si cumula con questa. La sanzione della riduzione della durata residua del contratto, incidendo anche sul terzo aggiudicatario, diventa di fatto uno strumento per colpire anche l’aggiudicatario, quando costui ha concorso all’illecito della stazione appaltante. Pertanto, nella scelta tra le due sanzioni alternative, il giudice dovrà anche essere guidato dalla individuazione dei soggetti responsabili dell’illecito e dell’illegittimità, se solo la stazione appaltante o anche, in concorso, l’aggiudicatario. La riduzione della durata del contratto è formalmente una sanzione, e per la sua applicazione sono indicati criteri tipici delle sanzioni. Tuttavia, è da ritenere che nella sua applicazione il giudice, almeno di fatto, sarà mosso da considerazioni analoghe a quelle che svolge quando priva di effetti il contratto. 4.7 LA SORTE DEL CONTRATTO DOPO L’ANNULLAMENTO DELL’AGGIUDICAZIONE (SEGUE) Formalmente, la riduzione della durata del contratto differisce ontologicamente dalla declaratoria di inefficacia del contratto stesso, ma in concreto gli effetti potrebbero essere molto simili. Infatti nella declaratoria di inefficacia il contratto viene vanificato, o retroattivamente, o ex nunc, quindi non può proseguire. Nella riduzione della durata residua del contratto, il contratto resta in vita ma ne viene anticipata la scadenza; dunque per un certo lasso temporale il contratto prosegue con l’originario aggiudicatario. In concreto, può succedere che le conseguenze della riduzione della durata residua del contratto sono molto simili alla privazione di effetti ex nunc: se infatti la durata residua del contratto è molto breve, si supponga due mesi, e si applica la sanzione della riduzione del 50%, il contratto resta in vita per altri trenta giorni, effetto che ai fini pratici è simile alla privazione di effetti ex nunc. 4.8 Disposizioni processuali Le previsioni di carattere processuale introdotte nel Codice degli appalti per effetto del D.Lgs. 53/2010 (recepimento della Direttiva ricorsi) sono state abrogate per effetto dell’entrata in vigore del nuovo Codice del processo amministrativo, di cui al D.Lgs. 104/2010. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Si è venuta, quindi, a delineare una (forse fin troppo) rapida transizione fra due testi normativi, atteso che: Le modifiche introdotte dal D.Lgs. 53/2010 (che ha recpito la Direttiva ricorsi) sono entrate in vigore il 27 aprile 2010 Il Codice del processo amministrativo è entrato in vigore il 16 settembre 2010. C’è da chiedersi quale urgenza abbia determinato l’approvazione del D.Lgs. 53/2010 quando: Il termine per il recepimento della Direttiva comunitaria ricorsi era, comunque, scaduto il 31 dicembre 2009; Meno di cinque mesi dopo è entrato in vigore il codice del processo amministrativo, in esito al quale tutte le norme processuali introdotte dallo stesso D.Lgs. 53/2010 sono state “riscritte” ed eliminate dal Codice dei contratti. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Il nuovo Codice processuale ha, infatti, “svuotato” e sostituito gli artt. 244, 245, 245-bis, 245-ter, 245-quater e 245-quinquies del Codice dei contratti. mediante formulazione di un rinvio “dinamico” alle norme contenute nello stesso codice di rito 4.8 Disposizioni processuali (segue) Questa la “nuova” – ed ora vigente – formulazione degli articoli sopra indicati: Art. 244. Giurisdizione. Il codice del processo amministrativo individua le controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di contratti pubblici Art. 245. Strumenti di tutela. La tutela giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del processo amministrativo Art. 245-bis. Inefficacia del contratto in caso di gravi violazioni. L’inefficacia del contratto nei casi di gravi violazioni è disciplinata dal codice del processo amministrativo Art. 245-ter. Inefficacia dei contratti negli altri casi. L’inefficacia del contratto nei casi diversi da quelli previsti dall’articolo 245-bis è disciplinata dal codice del processo amministrativo Art. 245-quater. Sanzioni alternative. 1. Le sanzioni alternative applicate dal giudice amministrativo alternativamente o cumulativamente sono disciplinate dal codice del processo amministrativo Art. 245-quinquies Tutela in forma specifica e per equivalente. 1. La tutela in forma specifica e per equivalente è disciplinata dal codice del processo amministrativo 4.8 Disposizioni processuali (segue) Il Codice del processo amministrativo (D.Lgs. 104/2010) propone, per quanto concerne gli appalti, una “doppia” disciplina speciale che “deroga” allo svolgimento “ordinario” del rito processuale dinanzi agli organi della giustizia amministrativa. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Infatti, se il comma 1, lett. a), dell’art. 119 del Codice di rito stabilisce che “le disposizioni di cui al presente articolo si applicano nei giudizi aventi ad oggetto le controversie relative ai provvedimenti concernenti le procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture, salvo quanto previsto dagli articoli 120 e seguenti, quest’ultimo detta le “Disposizioni specifiche” relative ai giudizi indicati nella predetta lettera a) del comma 1 dell’art. 119. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Il primo comma dell’art. 120 prevede che: Gli atti delle procedure di affidamento, ivi comprese le procedure di affidamento di incarichi e concorsi di progettazione e di attività tecnico-amministrative ad esse connesse, relativi a pubblici lavori, servizi o forniture, nonché i connessi provvedimenti dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, sono impugnabili unicamente mediante ricorso al tribunale amministrativo regionale competente. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Il comma 2 dell’art. 120 stabilisce che Nel caso in cui sia mancata la pubblicità del bando, il ricorso non può comunque essere più proposto decorsi trenta giorni decorrenti dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva di cui all’ articolo 65 e all’ articolo 225 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, a condizione che tale avviso contenga la motivazione dell’atto con cui la stazione appaltante ha deciso di affidare il contratto senza previa pubblicazione del bando. Se sono omessi gli avvisi o le informazioni di cui al presente comma oppure se essi non sono conformi alle prescrizioni ivi contenute, il ricorso non può comunque essere proposto decorsi sei mesi dal giorno successivo alla data di stipulazione del contratto. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Importante, poi, è la disposizione di cui al comma 5, secondo la quale: Per l’impugnazione degli atti di cui al presente articolo il ricorso e i motivi aggiunti, anche avverso atti diversi da quelli già impugnati, devono essere proposti nel termine di trenta giorni, decorrente dalla ricezione della comunicazione di cui all’ articolo 79 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, o, per i bandi e gli avvisi con cui si indice una gara, autonomamente lesivi, dalla pubblicazione di cui all’ articolo 66, comma 8, dello stesso decreto; ovvero, in ogni altro caso, dalla conoscenza dell’atto. 4.8 Disposizioni processuali (segue) Ecco il motivo, in proiezione processuale, dell’importanza delle comunicazioni di cui all’art. 79 del Codice appalti: è da esse, infatti, che decorre il termine per proporre ricorso giurisdizionale. Ed ecco, ancora, il motivo per cui il comma 2 dell’art. 120 disciplina i casi di impugnazione in mancanza di pubblicazione del bando, stabilendo che i trenta giorni decorrano dal giorno successivo alla data di pubblicazione dell’avviso di aggiudicazione definitiva 4.8 Disposizioni processuali (segue) È importante osservare come il comma 5 stabilisca che il ricorso ed i motivi aggiunti debbano essere proposti entro trenta giorni, ma nulla dica con riferimento ai termini per la proposizione del ricorso incidentale. Tale – evidente – dimenticanza del Legislatore delegato comporta, allo stato, che per il ricorso incidentale opera la disciplina contenuta dall’articolo 119 del codice, secondo cui il termine per il ricorso incidentale non è dimezzato. In base all’articolo 42 del codice, il ricorso incidentale si propone nel termine di sessanta giorni decorrente dalla ricevuta notificazione del ricorso principale. In questo modo si verifica una evidente disparità di trattamento tra le parti, perché il ricorrente incidentale, nel rito dei contratti pubblici, può beneficiare del più lungo termine di sessanta giorni, a fronte dei trenta spettanti al ricorrente principale. Poiché non emerge una spiegazione razionale della soluzione voluta dal legislatore delegato, è auspicabile una rapida correzione del testo 4.8 Disposizioni processuali (segue) Quali i tempi per la definizione del ricorso giurisdizionale? Il comma 6 dell’art. 120 prevede che esso: possa essere immediatamente definito ai sensi dell’articolo 60 (quindi, con sentenza in forma semplificata in sede di decisione della domanda cautelare, purché siano trascorsi almeno venti giorni dall'ultima notificazione del ricorso e salvo che una delle parti dichiari che intende proporre motivi aggiunti, ricorso incidentale o regolamento di competenza, ovvero regolamento di giurisdizione) o che, laddove non intervenga tale definizione “immediata”, l’udienza di merito possa essere indicata dal collegio ai sensi dell’articolo 119. comma 3; ovvero, in mancanza di tale indicazione, che la stessa udienza di merito debba essere “immediatamente fissata d’ufficio con assoluta priorità”. 4.8 Disposizioni processuali (segue) A sua volta, l’art. 119, comma 3, stabilisce che “Salva l’applicazione dell’articolo 60, il tribunale amministrativo regionale chiamato a pronunciare sulla domanda cautelare, accertata la completezza del contraddittorio ovvero disposta l’integrazione dello stesso, se ritiene, a un primo sommario esame, la sussistenza di profili di fondatezza del ricorso e di un pregiudizio grave e irreparabile, fissa con ordinanza la data di discussione del merito alla prima udienza successiva alla scadenza del termine di trenta giorni dalla data di deposito dell’ordinanza, disponendo altresì il deposito dei documenti necessari e l’acquisizione delle eventuali altre prove occorrenti. In caso di rigetto dell’istanza cautelare da parte del tribunale amministrativo regionale, ove il Consiglio di Stato riformi l’ordinanza di primo grado, la pronuncia di appello è trasmessa al tribunale amministrativo regionale per la fissazione dell’udienza di merito. In tale ipotesi, il termine di trenta giorni decorre dalla data di ricevimento dell’ordinanza da parte della segreteria del tribunale amministrativo regionale, che ne dà avviso alle parti 4.8 Disposizioni processuali (segue) Per il comma 7 dell’art. 120, tutti gli eventuali “nuovi atti” attinenti la medesima procedura di gara devono essere impugnati con ricorso per motivi aggiunti, al fine di evitare che la decisione in ordine ad una medesima procedura di gara possa essere “parcellizzata” in più giudizi laddove tali atti vengano impugnati “separatamente” (principio della concentrazione dei giudizi – economia processuale) 4.8 Disposizioni processuali (segue) Il dispositivo del provvedimento con cui il tribunale amministrativo regionale definisce il giudizio è pubblicato entro sette giorni dalla data della sua deliberazione (comma 9 dell’art. 120). È da notare che tale previsione opera esclusivamente per quanto riguarda il giudizio di primo grado (T.A.R.) e non anche per l’appello dinanzi al Consiglio di Stato. A quest’ultimo giudizio (secondo quanto previsto dal comma 11), infatti, si applicano le sole disposizioni di cui ai commi 3, 6, 8 e 10 e non anche quella del comma 9: quindi in appello non c’è pubblicazione del dispositivo, ma solo della sentenza (in tempi, evidentemente, 4.8 Disposizioni processuali (segue) Peraltro, dinanzi al Consiglio di Stato, la parte può proporre appello anche avverso il (solo) dispositivo, al fine di ottenerne la sospensione prima della pubblicazione della sentenza