SENTIRE A SCOLTARE Matthew Herbert o n l i n e m u s i c m a gazine Micah P. Hinson LUGLIO / AGOSTO N.10 Royksopp Peppe Co nsolmagno Matt Elliott Xiu Xiu Deerhoof Melvins Sufjan Stevens The Free Design Jean Louis Murat Daevid Allen Bright Eyes...di bulimia e pepite d’oro sentireascoltare in copertina Bright Eyes Questo file è la versione mensile di sentireascoltare.com, disponibile in download gratuito sul sito. Sono vietate la vendita e la riproduzione dei contenuti senza il consenso della redazione. copyright © 2005 SentireAscoltare Tutti i contenuti di questo magazine sono proprietà dei rispettivi autori Web: www.sentireascoltare.com Email: info@sentireascoltare sommario 4 News 1 0 Speciali Deus Bright Eye s , M i c a h P. H i n s o n Royksopp, P e p p e C o n s o l m a g n o Record Lab e l . . . 5 1 Recensioni Matt Elliott , X i u X i u , D e e r h o o f , M e l vins, Oasis , S u f j a n S t e v e n s , M a x i m o Park, Depa r t u r e , T h e F r e e D e s i g n , T h e Tears, Billy C o r g a n , Tu r i n B r a k e s . . . 9 1 Dal vivo Beck, Whit e S t r i p e s , A n t o n y & T h e Johnsons, N i c k C a v e , M u s i c a p e r camere... 1 06 Rubriche Classic La u r a N y r o Cinema Gu s Va n S a n t I vagabond i d e l l ’ a n i m a Royksopp Nuova can z o n e f r a n c e s e Jean-Louis M u r a t Arte Luka M o n c a l e a n o Direttore Edoardo Bridda Direttore responsabile Ivano Rebustini Coordinamento Antonio Puglia Stefano Solventi Beck Staff Valentina Cassano Daniele Follero Teresa Greco Hanno collaborato Antonio Amodei, Pasquale Boffoli Filippo Bordignon, Roberto Canella Antonello Comunale, Lorenzo Filipaz Andreas Flevin, Carlo Pastore, Marina Pierri Matteo Quinzi, Michele Saran, Gianluca Talia, Davide Valenti, Fabrizio Zampighi Guida spirituale Adriano Tauber (1966-2004) Grafica Paola Squizzato Squp Edoardo Bridda sentireascoltare Luka Moncaleano news I Franz Ferdinand hanno ultimato il loro secondo lavor o i n s t u d i o Yo u C o u l d H a v e I t S o M u c h B e t t e r . . . W i t h Franz Ferdinand e comunicato alla stampa la scaletta delle canzoni. La copertina, che in origine doveva essere riconoscibile da quella dell’album di debutto solo per la diversa combinazione di colori, ora dovrebbe ritrarre una ragazza che fotografa il nome del gruppo. D o Yo u W a n t To i l p r i m o s i n g o l o è i n u s c i t a i l 1 9 s e t t e m b r e . P e r l’album la pubblicazione è fissata per il 3 ottobre… Si chiamerà Ta k k . . . (ovvero “grazie” in islandese) il nuovo album dei Sigur Ros, la cui uscita è prevista il 12 settembre su etichetta EMI in Europa e Geffen negli Usa... I Flaming Lips hanno participato a Killer Queen, una compilation di cover della band inglese con una versione di Bohemian Rapsody (uscita 2 agosto); pronto inoltre un nuovo singolo, Wedding Crashers, che sarà incluso nella colonna sonora del film “Ambulance driver” (che includerà brani di altre band della scena indie tra c u i B l o c P a r t y, D e a t h C a b f o r C u t i e , S p o o n , R i l o K i l e y e Jimmy Eat World), il brano si aggiungerà ai 6 brani già r e g i s t r a t i p e r A t w a r w i t h t h e m y s t i c s , s e g u i t o d i “ Yo s h i mi battles the pink robot” (2002), previsto per Gennaiofebbraio del 2006. Wayne Coyne ha sarcasticamente descritto la musica dell’album “Dixieland progressive”! Sempre Wedding Crashers sarà incluso nel nuovo DVD d e l l a b a n d , Vo i d ( Vi d e o o v e r v i e w i n d e c e l e r a c i o n ) , i n uscita negli USA il 23 agosto, che conterrà tutti i videoclip editi dalla Warner Bros. Sulle nuove tappe on the orad annunciate per ora niente Europa, ma solo qualche data negli U.S.A. (Masontown, in West Virginia e San Diego)... A 22 anni di distanza dal loro ultimo tour mondiale i Police pubblicheranno un DVD live che documenta il concerto di Atlanta del 1983, che conterrà alcune riprese inedite di Roxanne, Don’t stand so close to me, Sinchronycity II e Invisible sun. Questa nuova edizione conterrà anche il trailer originale del concerto e un’in- sentireascoltare tervista a Melbourne in occasione dell’ultima data del t o u r, n e l 1 9 8 4 . . . Aria di tributo per i 40 anni dall’uscita di Rubber soul, I Metallica faranno da spalla ai Rolling Stones nei pros- il disco della “svolta” dei simi concerti della rock band inglese all’SBC Park di Beatles S a n F r a n c i s c o . I l B i g g e r B a n g To u r d e g l i S t o n e s s b a r - Il cherà in California il 13 e 15 novembre... (già artefice di Badlands: I Fiery Furnaces hanno annunciato sul loro sito ufficiale A tribute to Bruce Spring- che pubblicheranno due album a una manciata di mesi di steen’s Nebraska) ha con- distanza l’uno dall’altro. Rehearsing my choir uscirà ad vocato un gruppo di artisti O t t o b r e , m e n t r e B i t t e r Te a ( c h e a d i f f e r e n z a d e l p r i m o , facendogli reincidere can- sarebbe già pronto) è previsto per l’inizio del 2006... zone per canzone, I candidati al Mercury Prize Coldplay festeggiano le sequenza originale. v e n d i t e d i X & Y: 5 0 0 . 0 0 0 c o p i e v e n d u t e s i n ’ o r a s o l o n e l nomi Regno... q u e l l i d i B e n H a r p e r, e d e i uscito produttore nel Jim coinvolti, 1965. Sampas nella Tra i spiccano Cowboy Junkies. L ’ e x c a n t a n t e d e g l i S u e d e e a t t u a l e f r o n t m a n d e i Te a r s , “This Brett Anderson, ha annunciato l’uscita di un suo album 40th Anniversary tribute to solista per il 2006, dichiarando che il disco, già quasi the Beatles’ Rubber Soul”, pronto, sarà soltanto un progetto parallelo a quelli della uscirà il prossimo 25 otto- band. “Sarà triste, un po’ dark e incredibilmente natura- bre per la Razor & Tie... bird has flown - A le” ha detto Anderson... “Aspettatevi più fiati e più A Michael Jackson va meglio in tribunale che sul mer- canadesi”. cato discografico. Il suo ultimo greatest hits The essen- dichiarato tial Michael Jackson (la sua prima uscita discografica cial Scene a proposito del dopo il processo per pedofilia) ha venduto solo 8000 co- l o r o n u o v o l a v o r o . L’ a l b u m pie negli U.S.A. E pensare che Thriller è stato per circa che vent’anni l’album più venduto al mondo con 60 milioni di veva copie vendute in tutto il globo! fing Nation ora è omonimo. Questo i hanno Broken So- originariamente chiamarsi do- Windsur- N e l 2 0 0 2 , Yo u F o r g o t I t i n In corrispondenza dell’uscita del nuovo album, Black People aveva venduto ne- a c e t a t e ( 3 o t t o b r e ) , l ’ e x Ve l v e t U n d e r g r o u n d J o h n C a l e gli usa più di 77.000 copie intraprenderà un tour europeo che partirà il 18 settem- aggiudicandosi bre... Juno Award. La nuova fati- anche un ca sarà pubblicata il 4 otSiouxie & the Banshees ripubblicheranno l’intera di- tobre... scografia rimasterizzata in digitale nell’arco del prossimo anno. La prima uscita riguarderà l’album di debutto The concert for Banglade- della band, The scream, del 1978. La nuova edizione sh, sarà accompagnata da un cd di inediti che conterrà, tra organizzato l’altro, alcune Peel session di quell’anno e i primi due Harrison e considerato il singoli della band, Hong Kong Garden e Staircase (My- modello dei moderni mega- ster y)... show di beneficienza, ver- il concerto da del 1971 George rà pubblicato in DVD per la Secondo un recente sondaggio di una compagnia di ri- prima volta a fine ottobre. cerca sulla musica digitale (The Leading Question), i In contemporanea verrà an- downloader illegali, tanto temuti dal mercato musicale, che ripubblicata la versio- sarebbero anche quelli che lo mantengono in vita. Se- ne CD, che includerà come condo il sondaggio, infatti, chi scarica musica illegal- bonus mente compra anche molti più dischi rispetto alle altre di Bob Dylan, Love minus t i p o l o g i e d i f r u i t o r i d i m u s i c a (il rapporto sarebbe 5 a 1)... zero/no limit, esclusa dal- track una canzone sentireascoltare la versione originale... I Waterboys pubblicheranno un album live il prossimo 12 settembre. Il titolo del disco è Karma to burn e contiene registrazioni effettuate durante alcuni concerti britannici ed irlandesi che la band di Mike Scott ha tenuto nel 2003 e 2004. Il prossimo novembre Bob Dylan arriverà in Italia per Broken Social Scene due concerti: il 10 novembre al Palamalaguti di Bologna e il 12 al Forum di Assago a Milano. Le due date faranno parte del tour europeo di Dylan che partirà da Stoccolma il 17 ottobre... Alla fine agosto verrà pubblicato No direction home: The soundtrack – The bootleg series vol. 7, colonna sonora del film-documentario diretto da Martin Scorsese, No Direction Home: Bob Dylan. Questa nuova uscita della Bootleg Series sarà composta da due CD contenenti canzoni scritte da Dylan tra il 1959 e il 1966: ventotto brani di cui solo due precedentemente editi; tutte le altre 26 canzoni sono versioni rare o del tutto inedite (la tracklist completa è visibile su Bobdylan.com). Il tutto è accompagnato da un booklet di sessanta pagine... Gli Oasis hanno frantumato il record della Odyssey Arena di Belfast. Il gruppo dei fratelli Gallagher è infatti riuscito a vendere tutti i 10.000 biglietti per il loro show nordirlandese in soli 15 minuti, il miglior risultato, con circa 700 tagliandi al minuto, nella storia della sala. Da notare che il concerto è programmato per il prossimo 18 dicembre, quindi tra oltre 4 mesi!... In uscita il 2 agosto per la Hollywood Records un tributo ai Queen... Il numero di agosto del mensile musicale Mojo dedica un servizio piuttosto ampio al nuovo, fantomatico album di Peter Gabriel, di cui da tempo si conoscono il probabile titolo (I/O, oppure Input/Output) e la provenienza di gran parte del materiale, accumulato durante il lunghissimo procedimento di sedimentazione di Up, il disco uscito ormai quasi tre anni fa. Gabriel ci sta lavorando nei suoi quartieri generali di Box assieme a Daniel Lanois e promette di dedicarvisi a tempo pieno da qui alla fine dell’anno... E’ stata stabilita per il prossimo 26 settembre la data di pubblicazione di Item, un doppio DVD che raccoglierà tutti i video finora prodotti dai New Order... I B l o c P a r t y h a n n o d i c h i a r a t o a N M E d ’ a v e r e g i à 2 0 n u o ve c a n z o n i i n c a n t i e r e . . . L’ a l b u m u s c i r à n o n p r i m a d e l 2 0 0 6 . . . sentireascoltare Anche se Frank Black procede in effervescente auto- tion, in uscita il 9 settembre nomia (è uscito da pochissimo Honeycomb a suo nome), su V2. La band intrapren- non si fermano i progetti dei Pixies che hanno deciso derà ufficalmente di ritornare in studio per dare un seguito a rà anche il nostro Paese a Trompe Le Monde, ultima produzione del gruppo datata Novembre (vedi calendario 1991... in homepage)... L’ i n c o n t i n e n t e D e v e n d r a B a n h a r t è p r o n t o a l l a n c i o d e l S’intitola Chaos and Crea- n u o v o a l b u m , C r i p p l e C r o w, p r e v i s t o p e r s e t t e m b r e e tion recentemente testato sul pubblico romano, a cui ha re- nuovo album di Paul Mc- galato i quattro brani messi in streaming sul sito della Cartney, XL Recordings incorniciati in quadretti di straordinaria settembre. comicità italo-spagnola, affiancato dalla sua carovana ventesimo disco come soli- d i i m p r o b a b i l i f r e a k , t r a c u i a n c h e Ve t i v e r. . . sta dell’ex Beatles e porta un in tour the che Back in tocche- Ya r d uscita Si con sé una novità rispetto il tratta alle il 13 del sostan- E’ online il nuovo sito dell’etichetta indipendente varesi- ziale prece- na Ghost Records dove è anche possibile acquistare in denti registrazioni: è stato esclusiva il singolo di debutto degli Hot Gossip... In seguito a gravi problemi di salute, manifestatisi subito dopo il concerto del 10 luglio a Roma (Villa Ada), il leader dei Karate, Geoff Farina, a è stato cancellare europeo. costretto l’intero Notizie tour tutte da confermare parlano di lesione del timpano. Tutte le date in programma - inclusa quella del 15 luglio, prevista serata nell’ambito d’apertura della del fe- stival di Wuotstock - sono state annullate. E proprio i recenti problemi di salute del leader sembrano essere la causa principale dello scioglimento del gruppo, come annunciato sul sito di Farina. I volumi troppo dEUS alti non gli permettono infatti di continuare un viaggio coprodotto che dura ormai da dodici anni, ma non per questo si per- e Nigel Godrich, produtto- da McCartney de d’animo: continuerà a lavorare ai suoi side project re di Radiohead, Travis e (l’ultimo dei quali riguarda Ardecore, di prossima usci- Beck.... ta con Il Manifesto), nonché alla nascita di una nuova band che, per ovvi motivi, avrà una strumentazione di- Gli sforzi compiuti da Bob versa... Geldof per organizzare il Live Aid e il Live 8 gli A 6 anni da The Ideal Crash tornano finalmente i dEUS, sono con una nuova lineup e un nuovo disco, Pocket Revolu- ra al Premio Nobel per la valsi la candidatu- sentireascoltare pace. A Geldof va infatti il merito di avere sensibilizzato l’opinione pubblica e i potenti della terra sul problema della fame nel mondo e del debito dei paesi in via di sviluppo. La candidatura e’ stata comunicata dal parlamentare norvegese Jan Simonsen, il quale ha spiegato che per ragioni di scadenze temporali Geldof parteciperà all’edizione del 2006. Geldof era già stato candidato al Nobel per la pace nel 1986 a seguito del Live Aid, ma la giuria si era poi espressa a favore di un altro candidato... S’intitola Playing The Angel il nuovo album dei Depeche Mode, in uscita a metà ottobre. Il disco, registrato nella californiana Santa Barbara, segna il ritorno della b a n d a q u a t t r o a n n i d a l p r e c e d e n t e E x c i t e r. A l l ’ o r i g i n e della lunga pausa, la querelle oggi risolta tra il cantante David Gahan e Martin Gore. Al momento i Depeche Mode stanno missando il nuovo materiale a Londra insieme a Steve Fitzmaurice. Tra le canzoni incluse nella tracklist ufficiale l’inserimento di ‘Precious’, ‘Sinner in Me’, ‘Suffer Well’, ‘John the Revelator ’, ‘Macrovision’, ‘ A P a i n T h a t I U s e d To B e ’ e ‘ I W a n t I t A l l ’ . ( S i t o u f f i ciale)... U s c i r à l ’ 11 o t t o b r e e s i c h i a m e r à ‘ T h e r u n n e r s f o u r ’ l ’ o t tavo album (il quarto dal rivoluzionario ‘Reveille’ del 2002) dei Deerhoof... In uscita il 18 ottobre il nuovo album degli Animal Collective, che sarà intitolato Feels. Il disco è stato registrato ai Gravelvoice Studios di Seattle con Scott Colburn ed è descritto come l’album più accessibile della band... Si fa sempre più vicina la possibile reunion degli Smashing pumpkins. Dopo le buone intenzioni espresse da Billy Corgan sulle colonne del Chicago Tribune, anche il batterista Jimmy Chamberlain si è dimostrato entusiasta all’idea di far risorgere la band, dissolta nel 2000 dopo la pubblicazione di Machina… Il nuovo episodio discografico dei Mouse On Mars non sarà un disco di studio, ma un live album, il primo in 10 anni di carriera... Ian Brown, ex leader degli Stone Roses, ha rotto il silenzio sulla possibilità di reunion della band, che era s t a t a i n v i t a t a a n c h e a l r e c e n t e f e s t i v a l d i G l a s t o n b u r y. Brown si è dimostrato molto possibilista e ha annunciato l’uscita di un Greatest Hits (il cui titolo dovrebbe essere The Greatest) con remix e B-side, prevista per il 4 settembre. La raccolta sarà anticipata dal singolo All Ablaze, in uscita il 22 agosto… sentireascoltare digitale che fornisce già repertori di numerose etichette Bene, ma non benissimo, la a servizi come iTunes, Napster e Od2 e che ha tra i suoi diretta sul Live 8 secondo proprietari proprio il responsabile della Cooking Vinyl, i rilevamenti effettuati da Martin Goldschmidt… Auditel: mentre nel pomeriggio la kermesse ha fatto L u t h e r Va n d r o s s , l e g g e n d a d e l s o u l , s i è s p e n t o i l 1 segnare i maggiori ascolti l u g l i o n e l N e w J e r s e y. I l c a n t a n t e , c h e a v e v a 5 4 a n n i con uno share del 19.61 % e una carriera trentennale alle spalle, soffriva da anni (il più alto tra le reti moni- di diabete. Risale al 2003 la sua ultima pubblicazione torate), nel corso della se- Dance with my father… rata i telespettatori si sono divisi tra l’evento rock e i Uscirà l’8 agosto il nuovo singolo dei Super Furry Ani- tradizionali show del saba- mals, anticipazione del nuovo album Love Kraft, pre- to sera. RaiTre ha così fat- visto per il 22 dello stesso mese. Il singolo conterrà to segnare uno share del anche due inediti, Sunny Seville e una versione live di 17.34 % dalle 18 alle 20 e Colonize the moon… 30, del 12.13 % in prima serata e del 17 % in secon- I l c h i t a r r i s t a d e g l i A u d i o s l a v e To m M o r e l l o h a r a c c o n t a - da. Intanto la EMI si è as- to alla rivista inglese Billboard che il gruppo tornerà in sicurata i diritti di vendita studio dopo il tour europeo per registrare nuovo mate- dei concerti e a novembre riale prima di partire per gli U.S.A…. dovrebbe essere pubblica- Gwen Stefani sarà impegnata tra ottobre e novembre in to un Dvd… un tour negli States che partirà da Phoenix il 16 ottobre e si concluderà il 10 del mese successivo a Houston… Il nuovo singolo dei Killing Joke “Millennium” circole- Non c’è pace per Jacko. Michael Jackson è stato nuo- rà sulla rete peer-to-peer vamente denunciato. Per fortuna del cantante, stavolta di KaZaA a partire dal 29 non si tratta di un caso simile a quello per il quale ha giugno: questa volta, però, rischiato la galera. Stavolta Jacko, qualora ritenuto col- lo della pevole, potrà cavarsela con qualche migliaio di dollari. canzone di Jaz Coleman e I fatti: Donna Kyman, una 66enne residente ad Encino, compagni autorizza- nei pressi della villa Neverland del cantante, ha sporto to scambio e tra sarà attraver- denuncia dopo che un cane di Jacko l’ha morsicata. La so i sistemi di protezione donna afferma che il cane, il cui nome sarebbe Flash, di Altnet, sarebbe fuggito dal cancello della proprietà di Michael di contenuti sica, controllato fan film, utilizza il distributore digitali (mu- e, dopo averla azzannata, le ha causato “grandi soffe- che renze, dolore mentale, fisico ed emotivo”. La Kyman ha diffusione denunciato Michael Jackson lo scorso 7 giugno, ma la software) per la on-line dei contenuti presi notizia è trapelata solo oggi... in licenza anche i network di file sharing. Lo ha deciso l’etichetta inglese Cooking Vinyl, che intende promuovere in questo modo il nuovo album della band, in uscita ad ottobre e ancora senza titolo, nonché le ristampe demonium” di (1994) “Pane “De- mocracy” (1996). A gestire tecnicamente è U p l o a d e r, l’operazione distributore sentireascoltare speciale RÖYKSOPP Balearic sounds in the midnight sun di Edoardo Bridda Sapienti miscelatori di pop d’alta classe e appeal elettronico, in un limbo che unisce il calore mediterraneo alle fredde terre del nord. Abili promotori di sé stessi, i Royksopp del debutto, Melody A.M., cavalcavano i tempi senza esserne succubi, eguagliando il successo dei cugini francesi Air. Con il nuovo The Understanding provano a superarli, ma toccheranno anche a loro le stesse alterne fortune? Protagonisti di una carriera fulminea e ca- c k e l , To r b j ø r n B r u n d t l a n d e S v e i n B e r g e paci del medesimo successo di quel feno- hanno condiviso l’amore per i timbri am- meno planetario chiamato AIR a metà no- malianti e femminei dei sintetizzatori, del- vanta, i Röyksopp potrebbero a buon diritto le apparecchiature analogiche degli anni essere considerati la risposta norvegese sessanta e settanta (scovate nei luoghi di a l d u o d i Ve r s a i l l e s t r a s l a t o n e i d u e m i l a . c u l t o d a M o n t m a r t r e a To k y o ) , c o s ì p u r e Come Nicolas Godin e Jean-Benoit Dun- dell’attitudine delicatamente psichedeli- 10 sentireascoltare ca, l’abile associazione delle immagini ai suoni, e non zatori) che li accomuna ai ultimo un felice connubio tra melodie semplici e ricer- cugini cate intelaiature elettroniche che ne hanno decretato no l’ottimo risultato in termini di vendite senza scontentare tout court (campionamenti, la critica. breakbeat, dub e casse in Riconducibile tanto al formato canzone quanto ai vibe quattro della chill-out, la musica del duo riassume, in una formu- delle la immediata quanto ineffabile, le istanze dei Kraftwerk quanto e Va n g e l i s , p a s s a n d o p e r l a m u s i c a p o p o l a r e e l e t t r o n i c a gera e di gran classe tra degli ottanta (il synth pop dei Depeche Mode) fino a ab- pop bracciare gli smalti house e chill out dei novanta (Master giamento At Work); una miscela esotica eppure illuminata, che delicato equilibrio spazio- punta al Mediterraneo senza farsi mancare quel tipico temporale. Il Burt Bacha- fenomeno solare a mezzanotte che solo l’avamposto di rach di Blue On Blue (anno Tromso, terra natale dei Nostri, può dare. E di questa 1963) del singolo ripesca- dualità abilmente giocata sui colori caldi e le superfici t o - e p o c a Te l l è - S o E a s y laminate, sulla sezione terrestre e il cielo, sul benes- (quello che per la cronaca sere e la malinconia (tanto cara a sonorità che saranno convinse ragione di vita per Notwist e la pop-tronica in genere), Of sullo slancio cosmico e i giocattoli spaziali, è fatto il come frizzante singolo d’esordio Epple, composto nella citta- autunnale di In Space (con dina di Bergen, la Bologna norvegese che contempora- synth in odor di Trans Eu- neamente assiste al successo del movimento cosiddetto rope Express e sax felino “neoacustico” con i Kings Of Convenience (oltre poi a in far da madrina a figure altrettanto significative quali il incredibile d j / p r o d u t t o r e B j ø r n To r s k e e i m u s i c i s t i E r o t - s c o m p a r - Night Out (Kraftwerk, we- so nel 2001 ed ex-compagno della popmusician Annie stern, funk, il Carpenter di - , R a l p h M y e r z , K a p t e i n K a l i b e r, D a t a r o c k , R u n d f u n k e F u g a D a N e w Yo r k , B o a r - K a h u u n ; t u t t i p e r s o n a g g i d e l l a s c u d e r i a d i M i k a l Te l l é , ds Of Canada, Deep-hou- capofila dell’omonima etichetta, oltre che delle sub-la- s e , Va n g e l i s e c h i p i ù n e b e l É l l e t - p e r i l p o p / r o c k - e Te l l e k t r o - p e r l a t e c h n o ) . ha più ne metta!) ne sono E proprio la voce timida di quello che diventerà di lì esempi emblematici, ma è a poco il nerd occhialuto più famoso della Norvegia è forse l’elemento chiave del successo planetario dell’album di l’operazione. Il brano sem- debutto Melody A.M (Wall Of Sound, ottobre 2001), li- bra una soul-ballad fuoriu- cenziato dall’etichetta londinese Wall Of Sound presso scita da un sampler della la quale il duo s’è nel frattempo accasato una volta Motown, tuttavia, complice l a s c i a t a l a Te l l é . E r l e n d Ø y e i n f a t t i c a n t a e c o l l a b o r a la superba interpretazione alla stesura di quelli che saranno i top-selling single di succedanei a Epple - Poor Leno e Remind Me - apponen- (norvegese do loro una firma canora che gli garantirà una carriera Bel di crooner house-disco per gli anni a venire. E con la presenta un ottimo esem- deep-house sognante e delicatamente funky del primo a pio gareggiare come evergreen del nuovo secolo e il synth- to nell’introduzione: linee pop giocattolo del secondo a sbaragliare ogni frontiera ammalianti e tinte pallide, ficcandosi a pieno titolo nel cuore del suono pop del profumi ibizenchi e avvol- nuovo millennio, è autentica Royksopp mania; le vendite genti dell’album salgono a un milione di copie, lo stesso risul- dersi e sciogliersi in quel- tato che ebbero gli AIR con il loro esordio (Moon Safari, lo che è un piccolo gioiello Astralwerks, 1998) soul-pop ben al di là dalla Quello che stupisce di Melody A.M. non è tanto l’at- m i s c h i a B u d d a B a r. titudine post-moderna (o il modernariato dei sintetiz- Per tutti questi motivi Me- francesi, l’approccio non elettronico sono novità nel una proprio 2001…), sintesi trasognato e legarran- elettronico l’etichetta Sound a oppure Sparks Doc quanto forme quello l’apice e e Royksopp’s Marian Canto Wall romantico di Anneli in scritturarli), quello figura), di tantome- del- Drecker già con A-Ha), rap- sopraccita- aeree a fon- s e n t i r e a s c o l t a r e 11 lody A.M, oltre che istitu- prima della cittadina di Bergen e successivamente del- zionalizzare una certa ma- la Norvegia nel suo complesso in una caccia al talento niera pari a quella che si era consumata in Islanda ai tempi elettronica di largo consumo, è un album che di Bjork. lascia segno profondo Inevitabilmente, tanta luce di riflettori porta le due più nell’immaginario un pop-tro- popolari riviste musicali del globo, opposte per pubblico nico a venire. (7.2/10) e rigore, The Wire e Rolling Stone, a trattare ampia- I Royksopp non hanno nes- mente tutto il trattabile: la prima si occupa delle scene suna fretta un contemporanee, in particolare quelle legate alle speri- atten- mentazioni avant-jazz (Jaga, Mats Gustafsson e Paal dere ben quattro anni per- Nilssen su tutti), la seconda elogia, oltre che i Nostri, ché una nuova collezione anche Sondre Lerche e naturalmente i Kings Of Conve- di tracce veda la luce, nel nience. frattempo, ripercorrendo Le vendite musicali nel Paese segnano così un incre- un po’ di storia, lungo tutto m e n t o d e l l ’ 11 % e p e r l e s u p e r s t a r B r u n d t l a n d e B e r g e u l - il 2002, mentre il debutto teriore la fama cresce esponenzialmente tanto che l’an- trova seguito. di dargli Bisognerà distribuzione no successivo - a partire da febbraio - è la volta della grazie alla Virgin, Dunckel conquista degli USA. La Virigin rilancia appositamente e Svein s’imbarcano in una Melody A.M. attraverso la sussidiaria Astralwerks (di- lunghissima tournée; suo- stribuzione esclusiva per gli USA) così che il duo può n a n o i n s u p p o r t o a M o b y, promuovere al meglio l’album nelle maggiori metropoli Basement e s t a t u n i t e n s i ( N e w Yo r k , C h i c a g o , S a n F r a n c i s c o e L o s Pulp ampia Jaxx, Orbital trionfal- Angeles). Non accadono miracoli, tuttavia i Royksopp mente l’anno con una man- chiudendo si ritengono soddisfatti e dopodiché, salvo una piccola ciata di concerti nel Regno, pausa, riprenderanno l’attività in occasione dei Summer sempre restio a incensare festival (per l’occasione viene pubblicato l’ultimo singo- musicisti lo della tornata del debutto, Sparks) stranieri eppu- re stregato dal fascino dei A questo punto, non paghi del successo accumulato, e Norvegesi; frattempo troppo impegnati per pensare a un seguito del loro for- fioccano i premi e le nomi- nel tunato debutto, i Royksopp paventano un album che rac- nation: il duo si aggiudica colga tutti i remix commissionati al gruppo negli ultimi il prestigioso Muzik Maga- mesi. La lista del resto è di tutto rispetto e comprende zine Dance Awards per mi- C o l d p a l y, P e t e r G a b r i e l , T h e S t r e e t s , M o b y. “ È i l t e r z o glior album dell’anno, bat- lato di quel che facciamo”, dichiarano alla stampa in- tendo dance glese in quel periodo. “Su disco siamo più down tempo, come Basement Jaxx, Che- così colossi d a l v i v o p i ù u p - b e a t e d i r t y, o r a l ’ a u d i e n c e a v r à m o d o mical Fatboy di scoprire come lavoriamo come manipolatori di suoni Slim, e s’aggiudica quattro Brothers e a l t r u i ” . L’ a l b u m n o n è s t a t o a n c o r a r e a l i z z a t o m a d e l nomination all’MTV Europe resto il duo, salvo dar una mano all’amica Annie per il Music Awards (delle quali suo Anniemal e qualche puntatina come Dj a Bergen, una si trasforma in vitto- impiega l’intero 2004 a comporre e missare le canzoni ria - Remind Me è il Video per il nuovo lavoro. O f T h e Ye a r ) e u n a a l B r i t The Understanding (Wall Of Sound / Virgin, 2005) esce Awards soltanto a giugno del 2005. (recensione a pag. 78) (l’autorevole Best International Group gory). conseguenza E in cate- di tutta questa attenzione mediatica, l’interesse della stampa e delle televisioni si sposta inevitabilmente sull’intero musicale, sottobosco interessandosi 12 sentireascoltare speciale Record Label di Roberto Canella forza di ripetersi, cammi- Bobby Burg ha sempre ap- che profittato del fatto di esse- un’arte quasi inconsapevo- nano re un musicista che cono- le e che oggi – chissà per- piccolo, testardo eroe in- sce altri musicisti e, negli ché – ci appare quasi re- die-rock. (6.0/10) ultimissimi anni, attraver- trò. Aspettiamo comunque so la sua Record Label ha con fatto faceva dello curiosità scazzo l’uscita del dritte, Che dire di impalate. Ryan Un Rapsys mancia- nuovo album su Brilliante, se non che è un gran bat- ta di EP e qualche chicca visto che i precedenti cd terista, ma che proprio non per uscire una collezionisti/completi- riuscivano in qualche modo ce sti. Certo, il giro è sempre a smarcarsi da questa con- buone canzoni? E pensare lo stesso: la Chicago che dizione. Dal canto suo più che il talento c’è, compre- vive gruppi che apprezzabile il contri- sa la capacità di spostarsi che gli hanno dato la fama buto di Elvrum che si/ci la- da uno strumento all’altro, che merita e che ormai non scia andare alla deriva con unite ad una voce tutt’altro esistono più (o fanno usci- l’amara semplicità di In the che disprezzabile. Ma an- re dischi così così). E al- World (che in giro potrete che qui (e senza nemmeno lora: i Joan of Arc in tutte t r o v a r e a n c h e c o m e To B e l’apporto di Nick Macri dei o quasi le salse (e relati- Not Afraid). (6.7/10) C-Clamp) indovina una bel- all’ombra dei la fa a scrivere delle la canzoncina come Some ve incarnazioni), i Chin Up Chin Up, gli Euphone, ecc. Inesausti Kinsella, inesau- Want to Slowly Die per poi Facile allora riunire qual- ribile Tim che neanche du- ripetersi prima e perdersi che amico o invitare qual- rante la sua luna di miele ancora. Alla fine lo preferi- cuno che ha ancora voglia smette di scrivere canzoni, vamo quando faceva urlare di tirare fuori qualcosa di di registrare cose qualun- le pelli coi Gauge o si pre- buono. Nascono in questo que sia la stanza in cui si stava modo Graduate trova. Ne viene fuori un EP dei Joan of Arc. (5.0/10) Series, accomunati da que- che al solito non aggiunge sto desiderio tutto indie di niente di nuovo e di più a Altro discorso per i due ul- fare le cose di testa pro- quanto fatto dal nostro, che timi EP della serie, ancora pria e in assoluta libertà. riesce a conservare un in- due quietante fascino anche in tiamo subito da Ryan Kid- questo Swastika. well che sotto il monicker che dà il ‘la’ alle danze di- Secondo disco solista che Cex ci ha regalato qualche videndo deve all’esperienza buona variazione sul tema Everything un 7” con Phil Joan of Arc: ancora quel- hip-hop bianco e che sem- Elvrum/Mt. Eerie. I L.O.E. le canzoni che ormai uno pre più si è avvicinato a sono del deve continuare a definire una forma di indie-rock sui indie-rock “sbilenche” ma che oggi, a generis. Inutile nasconde- Ed è caro gli EP di proprio la coi Bobby suoi Love quintessenza vecchio Burg of Crucifix tanto alle circonvoluzioni progetti solisti. Par- s e n t i r e a s c o l t a r e 13 re che questo Know Doubt è il pezzo più pregiato fra quelli fatti uscire dalla Record Label. Affiancato speciale da Cale Parks (Aloha, Joan of Arc) Kidwell da il meglio di sé con le (raffinate) sfer- Musica per camere zate di State Secretly e le dissonanze di Contains It, e ancora con di un pezzo davvero inedito come lo strumentale S Opposite dal di Matteo Quinzi l’intimismo sapore qua- si cold wave, con in coda tanto di eterea voce femminile. (7.8/10) Sono giovani, carini e occupatissimi. Sono i nomi più interessanti e chiacchierati della scena cantautorale e del pop d’autore internazionale. Sentireascoltare accende i riflettori su Musica Per Camere, ultima rassegna di una effervescente stagione live romana. L’ u l t i m o E P u s c i t o i n o r d i n e di tempo è quello a nome Parish School dietro cui si nasconde Brian Case, cantante e chitarrista dei 90 Day Men. Ancora prodotto dal fido John Congleton dei Paper Chase, questo esordio si caratterizza per i toni pacati e striscianti che si posano su una riuscita interazione piano/elettro- nica. La voce suadente di Case e l’atmosfera che si respira un po’ in tutte le canzoni, non possono non far venire in mente proprio il gruppo-madre, ma anche qualche soluzione cara ai Rufus Wainwright Radiohead più electro, per Con la prima edizione di Musica Per Camere, rassegna quanto il nostro mostri una organizzata dal Circolo degli Artisti, si è conclusa per sufficiente personalità per quest’anno un’intensa scena concertistica che ha visto ambire a qualcosa di più. la capitale brillare come ormai non succedeva da tempo. Bello loop Nell’arco di due mesi e mezzo il locale di Via Casilina che taglia in due New Joy Ve c c h i a s i è r e s o p r o t a g o n i s t a , n e l p a n o r a m a i n t e r n a - e la sommessa drammatici- zionale, del nuovo cantautorato – pop d’autore di ultima tà della conclusiva Levia- generazione. thon. (7.0/10) Andando a sfogliare il carnet dei partecipanti, balzano ad esempio il agli occhi molteplici affinità, non solo stilistiche, tra gli artisti presenti. Innanzitutto l’età media, veramente bassissima. Infatti tranne qualche nome (Rufus Wainwright o Feist ad esempio), la soglia rimane ben al di sotto dei venticinque anni (Sondre Lerche, Patrick Wolf, Micah P. H i n s o n e J e n s L e k m a n ) , u n c h i a r o s e g n a l e d i c o m e i l messaggio/manifesto Quiet Is The New Loud (lanciato 14 sentireascoltare nel 2001 da Erlend Oye e Eirik Glambek Boe) sia sta- molto da vicino le migliori to prontamente recepito, ampliato e personalizzato da cose dell’indie-menticabile un’intera nuova generazione di giovani songwriters pro- Sarah Records. Come tro- venienti da tutto il mondo. Altro elemento in comune è varsi di fronte i Field Mice la grande maturità delle esibizioni dal vivo. Non è certo o gli Orchids in formazione cosa facile saper affrontare, poco più che adolescen- allargata (con tanto di in- ti e armati il più delle volte solo di voce e strumento terventi di fiati ed archi), preferito di turno, palchi, platee ed interi tour con tale con padronanza e sicurezza. stravaganza in più (visiva Chi ha stupito di più, da questo punto di vista, è stato oltre che musicale) tipica- senza alcun dubbio Sondre Lerche. Il ventunenne norve- mente Beat. gese si è presentato sul palco in veste solitaria, ed ha Semplicemente proposto le proprie canzoni, tratte dai suoi due album new-versions di Tram Num- f i n o r a p u b b l i c a t i , F a c e s D o w n e Tw o Wa y M o n o l o g u e , b e r 7 To H e a v e n , P s y c h o - avvalendosi solamente dell’ausilio di tre chitarre pre- g i r l , I W a n n a B e Yo u r D o g , parate, e sfoderando un sense of humor e della doti di J u l y, e d a l l o s t e s s o l i v e l l o e n t e r t a i n e r d e g n e d e l S a t u r d a y N i g h t L i v e S h o w. I b r a n i alcuni inediti proposti, per sono stati trasportati in una dimensione più intima (da un concerto che ha ripor- piccolo club del Village, per intenderci), nella quale si tato gli spettatori presen- sono potute evidenziare la sua versatilità vocale (ca- ti direttamente ai migliori ratteristica migliore di Lerche) ed un’inattesa perizia momenti dell’ indie ingle- tecnica con la sei corde. Insomma se tanto gli album (in se fine ’80 primi ’90. Un p a r t i c o l a r e Tw o Wa y M o n o l o g u e ) c i h a n n o f a t t o p e n s a r e autentico ad un novello Bacharach, il suo live lo ha reso un degno a braccia e orecchie aper- discepolo di Donovan. tissime) per chi conosceva Rimanendo in ambito di arrangiamenti stravolti e spiaz- Lekman solo tramite i suoi zanti, tali da rendere altro i brani su disco e gli stes- dischi, fatti principalmente si eseguiti live, altre ottime sorprese sono arrivate da di Belle & Sebastian (…e M i c a h P. H i n s o n e J e n s L e k m a n . I l g i o v a n e Te x a n o c o n quindi la faccia da tipico nerd occhialuto, ma con una voce ne lo-fi, suoni gentili, in- capace di far letteralmente paura, ha congelato le atmo- timi, timidi, registrati (vo- sfere bucoliche folk-country (un po’ alla Lambchop) del lutamente?) in economia. A s u o e s o r d i o ( i l v a l i d i s s i m o M i c a h P. H i n s o n & T h e G o - questo punto non resta che spel Of Progress), optando per un suono più elettrico, attendere il nuovo full len- diretto, arrabbiato. Supportato da una sezione ritmica ght, sperando che la stra- potente e precisa (a parte uno squillo di cellulare fuori da intrapresa nella dimen- programma…), Micah ha spinto la sua voce al massimo, sione live coincida, o per fino al limite del punto di rottura, ed ha evidenziato più lo meno confluisca, anche volte un’invidiabile tecnica chitarristica degna dei mi- in quella in studio. gliori bluesman del Delta. I brani sono stati mediamente Decisamente allungati nella durata, lasciando più spazio ai suoi im- bili, ma comunque positive peti vocali (con un registro che può ricordare, di volta le performance di Entran- in volta, sia Kurt Wagner che Bill Callahan), e arricchiti ce e Patrick Wolf, altri due da code strumentali, particolarmente coinvolgenti, dal nomi che negli ultimi mesi chiaro sapore post (Mogwai), per sviluppo e sonorità sono incluse. sulle pagine, di gran parte Dal canto suo, lo svedese più apprezzato e seguito del- degli l’ultima stagione musicale (ambito indie), si è presen- nati del settore. Il primo, tato, in occasione della sua prima tournè in Italia, con con un nuovo look (barba una formazione nuova di zecca. Una vera e propria full incolta band, formata da ben sei elementi (quasi tutti appar- lunghissimi in versione ur- tenenti al gentil sesso), per un suono che ha ricordato ban-hippy) che lo ha reso un tocco di sublimi shock Smiths) stati in più e e le (accolto versio- prevedi- sulla addetti e ironia bocca, e appassio- capelli ricci e sentireascoltare 15 Jens Lekman pericolosamente simile al- cappella di The Gipsy King), aspetto decisamente nega- l’amico Devendra (quando tivo e pericoloso, per un talento certo, ma ancora in via l’influenza stilistica non si di formazione e definizione. ferma solo alla musica…) Ta l e n t o i n v e c e s e m p r e p i ù c o n f e r m a t o , d o p o q u a s i d i e c i ha maniera anni di carriera, per il canadese e due volte figlio d’ar- fedele i suoi mantra folk- te Rufus Wainwright, tornato per la seconda volta nella psichedelici, stagione in corso nella capitale dopo la performance eseguito atmosfera in creando mistica e un’ stra- solitaria dello scorso novembre. niante nella quale si è per- Questa volta si è presentato con una band nutrita, per duto soprattutto l’esecuto- numero e strumentazione scelta, grazie alla quale ha re, rimanendo fisicamente potuto ottimizzare il suo live-act, lasciando sempre il e mentalmente lontano dal suo doloroso, appassionato e umorale modo di cantare pubblico, al quale ha rivol- come fulcro, ma potendo contare anche su valide alter- to un breve cenno di salu- native strumentali e d’arrangiamento. Al momento del to solo all’inizio e alla fine bis, Rufus e Co. si sono esibiti sul palco della Palma della performance. Club (che ha ospitato eccezionalmente l’evento) in uno Il giovanissimo guo irlandese ed striptease collettivo con tanto di cambi d’abito in sce- invece na, passando da personaggi favolistici (Rufus in ver- incentrato la sua scaletta sione fatina è qualcosa di assolutamente imperdibile!) sui brani del recente Wind ad un più consono, visto l’orario (le due passate), abbi- In The Wires, più qualche gliamento notturno (leggasi pigiamoni anni ‘30). Il tutto highlight dal ha ambi- del davanti agli occhi compiaciuti e divertiti della mamma, 2 0 0 3 Ly c a n t h r o p y. A c c o m - salita anche lei sul palco per duettare con il figliol pro- pagnato talvolta da un bat- digo/prodigio, e di una platea a dir poco entusiasta per terista, Patrick ha alterna- l’accaduto. Da annoverare anche come special guest, ad to violino, ukulele, tastiera accompagnare con la sua chitarra e la sua voce calda e per e s e n s u a l e , K . T. T u n s t a l l , c h e d i l ì a p o c o c i a v r e b b e creare incantevoli intrecci iniziato a tormentare con la sua Black Horse and Cherry melodici con la sua voce, Tree. altamente espressiva e do- Rimanendo in Canada, la sosia non ufficiale di Paola tata come poche in circo- Turci meets early Patti Smith, al secolo Leslie Feist, lazione, chitarra debutto acustica, però, ha deciso di esibirsi anche lei full-band, proponendo un in più di un’occasione una mostrando live leggermente più soft rock, lasciando quindi da parte certa dose di autocompia- le sfumature soul del suo Let It Die, ricordando molto da cimento (vedi la versione a vicino la migliore Sheryl Crow (quella dei primi due al- 16 sentireascoltare bum, per intenderci), e giocandosi la carta One Evening al momento giusto, cioè a metà percorso. Concludiamo con una serata che verrà ricordata dai presenti come un vero e proprio evento. Infatti la prima volta di Lou Barlow a Roma non può che essere definita in altro modo. Mr Sebadoh, Sentridoh, Folk Implosion e a n c o r a p r i m a m e t à D i n o s a u r J r. , s i è e s i b i t o s u l p a l c o del Circolo alternando brani dal suo ultimo lavoro Emoh (il primo a suo nome) ad alcuni veri e propri classici, per non dire inni generazionali, per la comunità indie. Perfect pop songs come Soul and fire, Cliche, Rebound, On Fire, Ocean, Beauty of the ride, Natural One, Not a friend, Skull, Willing to wait snocciolate una dietro l’alt r a c o n u n a s e m p l i c i t à e s e n s i b i l i t à d i s a r m a n t i . Vo c e , chitarra, drum machine e qualche effetto rigorosamente lo-fi, gli ingredienti di una pozione musicale a dir poco prodigiosa. Quando si dice beata solitudine. Il tutto dopo aver superato un’iniziale nervosismo (caratteristica ahim é t i p i c a e r i s a p u t a d e l l ’ u o m o B a r l o w, c h e l ’ h a p o r t a t o nel corso degli anni a discutere con gran parte dei suoi colleghi-collaboratori) dovuto all’eccessiva, a detta del caro Lou, freddezza da parte del pubblico. Freddezza che in realtà altro non era che rispetto, timore reverenziale e disagio emotivo dovuto alla grandezza e all ’ i m p o r t a n z a d e l p e r f o r m e r. D ’ a l t r o n d e c o m e s i d o v r e b b e sentire un appassionato di pittura figurativa di fronte ad un Degas che tratteggia e delinea una delle sue celeberrime ballerine? E poi le incomprensioni, negli amori con la A maiuscola, non sono altro che l’effettivo banco di prova per saggiarne la solidità e la consistente valenza. Amore quindi confermatissimo ed ulteriormente consolidato per una delle poche vere leggende del rock alternativo (anch’esso con la A maiuscola) degli ultimi quindici anni. Calano le luci ed insieme il sipario sulla prima edizione di Musica per Camere. In attesa della prossima stagione i nostri cuori possono finalmente riprendere un battito più o meno regolare, attenti ad arrivare ben carichi ed opportunamente preparati ad un’estate, a base di festival (Fiberfib a Benicasim, Frequenze Disturbate a Urbino, La Route Du Rock a St. Malò), a dir poco ricchissima e bollente. Un ringraziamento particolare a Giorgio Riccitelli e a tutto lo staff del Circolo degli Artisti di Roma s e n t i r e a s c o l t a r e 17 monografia Bright Eyes d i b ulimia e pepite d’oro un’introduzione a Conor Oberst di Lorenzo Filipaz Autore polimorfo e incontinente, Mr.Conor Oberst dispensa fuffa e pietre preziose con eguale leggerezza da più di dieci anni, mostrandosi a molti europei come un perfetto bersaglio da idiosincrasia epidermica. Abbiamo provato per voi la “Bright Eyes Mania” sulla nostra pelle al fine di trovarvi un vaccino. Ne abbiamo ricavato una guida. Conor Oberst nasce il 15 Febbraio 1980 inatteso interesse, una risposta ad un’im- a Omaha, Nebraska. Il padre, musicista provvisa urgenza espressiva; il ragazzi- a tempo perso in svariate cover-band, lo no, infatti, sforna una canzone per ogni introduce alla musica da subito, anche nuovo accordo imparato (o forse dovrem- se l’approccio con la chitarra è relativa- mo dire scoperto). Un cazzone come tan- mente tardivo (intorno ai dieci anni), il ti, verrebbe da supporre, ma fra i prodotti che lascia supporre si sia trattato di un della sua bulimia la sua diabolica pervi- 18 s e n t i r e a s c o l t a r e cacia tornisce fin da subito piccole pepite d’oro puro, Ambulance o gli split con delineando in nuce la cifra e il fascino (perverso) del Album Leaf, Neva Dinova, personaggio: l’attesa del Satori nello scazzo. Assieme Britt Daniels etc.). In que- al fratello Justin, incoraggiato dai concittadini Lulla- sta pletora di produzioni lo bies For The Working Class, avvia quindi la Lumberjack stile che Oberst forgia si Records, label casalinga di musicassette attraverso la dibatte fin da subito fra una quale distribuisce per Omaha i primi acerbi esempi della componente folk devota ai sua creatività. soliti Nel ’94 depone la chitarra acustica ed entra nei Com- canità delle strade (Dylan m a n d e r Ve n u s , g r u p p o e m o o s s e s s i o n a t o d a i S e a m m a , , N e i l Yo u n g , S p r i n g s t e e n ) inizialmente, niente più che una versione indie degli e un’anima wave britannica Hanson; i progressi della band sono però fulminei, così (Cure, Smiths e addirittura come l’evolversi degli interessi dei singoli membri che Spiritualized), ne cagioneranno la dissoluzione. Robb Nansel – secon- me dal collante indie-lo fi d o c h i t a r r i s t a d e i Ve n u s - a b b a n d o n a p r o g r e s s i v a m e n - dei ’90 assorbito attraver- te le velleità musicali per dedicarsi alla gestione della so Lumberjack che nel ’96 diventa Saddle Creek e che nel J o y n e r. ’98 sforna come primo album del suo catalogo, il de- ti butto sulla lunga durata di Bright Eyes, evoluzione de- l’emotività dirompente del finitiva di Oberst. Quest’etichetta sarà la piattaforma personaggio, la sua fragili- di lancio dapprima per i gruppi nati per partenogenesi tà esibita, contenuta tutta d a i C o m m a n d e r Ve n u s ( C u r s i v e e F a i n t o l t r e a g l i s t e s s i nel suo canto altalenante Bright Eyes) e successivamente per amici, collabora- fra toni sommessi e scop- tori, familiari. Un branco di stronzetti come tanti - ver- pi improvvisi, eternamente rebbe da pensare - e invece in poco tempo la Saddle spezzato in gola. Come ha Creek si trasforma nella Sub Pop del Midwest, per volu- efficacemente me d’affari e risonanza artistica, trovando pure lo spa- McMahan zio per incarnare una proposta originale e innovativa. John Fra le etichette nate dal fai-da-te “emozionale”, come sua voce sembra quella di la K di Calvin Johnson - radicale e sperimentale - o la uno che vive perennemente Dischord dei Minor Threat - antagonista e massimalista nell’attimo in cui gli viene - la Saddle Creek riesce ad impersonare forse meglio riferito che la ragazza da di ogni altra la natura emo (con tutti i pro e contro del cui è stato piantato il gior- caso), mantenendo un approccio “emotivamente” libero no dal sistema dei generi e perciò anche da quello che vie- vista al centro con un nuo- ne catalogato a livello musicale come emocore vero e vo proprio, macinando altresì folk, grunge, pop, wave con il testo di Haligh, Haligh, A quella verginità efebica, talvolta deliziosa talaltra irri- Lie, Haligh). Una spasmo- tante, ma sempre indipendente e cool. dica Oberst vive una dialettica fatta d’egocentrismo e colla- il borazione, alternando progetti collettivi a quello solista ma e aperto, inizialmente subalterno, a nome Bright Eyes. anche solamente a fronte D o p o i C o m m a n d e r Ve n u s ( s e n z a d i m e n t i c a r e l a p a r t e c i - della pazione nei contemporanei Norman Bailer e Magnetas) sovrabbondante seguono il boys & girls group Park Ave., nel quale suona produzione discografica. la batteria (!) e il progetto hard dei Desaparecidos. Ma Nel man mano che Bright Eyes inizia ad acquistare importan- fino ad allora confusiona- za (con Letting Off The Happiness nel ’98, ma soprattut- rio to con Fevers And Mirrors del 2000, con il quale ottie- e ne insperati riscontri di classifica) questi side-project concept vengono abbandonati, trasformandosi in meno invasi- ingrossato ve collaborazioni a due (vedi joint-ventures con Son, una super-produzione ine- il paladini suo per dell’ameri- fuse mentore Scenari Simon assimila- esprimere appieno scritto Tim (praticamente Peel prima di è Omaha), appena ragazzo il la stata (parafrasando lunaticheria personaggio che insie- su cui ci marcia, riteniamo sincera natura 2002 il inizia della suo a lucido. schizoide percorso farsi Esce e sua lineare Lifted, un auto-referenziale da archi e da sentireascoltare 19 in- sulla vicenda artistica di Oberst da dieci anni a questa somma quanto di più lonta- parte. Contagiati dal suo stesso morbo, abbiamo suc- no dalle premesse da cui il cessivamente analizzato e sviscerato in ordine crono- Nostro era partito eppure l o g i c o T U T TA l a s u a p r o d u z i o n e , i n e z i e c o m p r e s e . D i straordinariamente imbe- conseguenza il risultato rispecchia la sua discografia: vuto della sua attitudine sì incontinente, eccessivo e straripante. SentireAscoltare da rappresentarne la sum- declina pertanto ogni responsabilità: l’incauto lettore è ma. avvisato). dita per Dopo Bright tre Eyes, anni, spesi fra le consuete collaborazioni Conor Oberst Filology multilaterali, album di ca- Demota pes role natalizie, tour politi- Se riuscite a sopportare un mocciosetto dodicenne che c i ( i l Vo t e F o r C h a n g e d e l si nasconde dietro a una chitarra acustica suonata con 2004), e poco rispetto degli accordi (di Ginevra, però), che non la fondazione di una sot- disdegna di tanto in tanto di abbandonare il suo nascon- toetichetta la diglio per mettersi a urlare senza preavviso nelle vostre Te a m L o v e ( 2 0 0 4 ) , e c c o l a orecchie; se riuscite a subire pazientemente tutto que- duplice uscita di I’m Wide sto senza pigliare a ceffoni l’aria accanto alle vostre Awake This Morning e Di- orecchie, allora potete addentrarvi nell’ambito più pre- gital Ash In A Digital Urn scindibile della discografia di Conor Oberst: le registra- che sancisce la separazio- zioni catturate sul quattro-piste casalingo. ne netta delle due anime di O è il feticismo a mandarvi o un’insana fregola socio- cui testè parlavamo: quel- logica figlia di Alan Lomax, oppure una webzine che la folk e quella wave, stac- vi ha commissionato una monografia... scherzi a par- cate con te, la descrizione iniziale si riferisce soprattutto alle l’aiuto di levatrici ad hoc: prime due cassette pubblicate, attualmente considerate Emmylou Harris da un lato ridicole dallo stesso autore ma spesso foriere di pia- e dal- cevoli sorprese. Water (Lumberjack; gennaio 1994) è l’altro (oltre al solito Mike uno stream-of-consciousness lungo quaranta minuti che Mogis, dei Lullabies). Stu- spontaneamente fa sorgere il raffronto con due illustri pisce la confezione limpi- cultori della cassetta e dell’imperizia tecnica: i texani da e irreprensibile di que- Jandek e Daniel Johnston. Il primo in quanto pioniere sti due prodotti, totalmente di questo approccio, il secondo per più precise vicinan- depurata (esclusa qualche ze stilistiche. La canzone Half Away A Minute ricorda sporadica da invero molto le Songs of Pain, in essa Oberst appare quelle indulgenze lo-fi su quasi come il fratello maggiore di Daniel – aldilà dei cui il dati anagrafici - poiché laddove il texano si tuffava in nome un’infanzia perduta ma rimasta drammaticamente peren- che senza accorgercene è ne (e fertile) nella sua testa, il Nostro tenta invece una diventato mainstream piaz- disperata fuga da quell’infanzia che gli spetterebbe per z a n d o i s i n g o l i L u a e Ta k e natura, rinunciando ai balocchi per inseguire quelle che It Easy al primo e al se- identifica come le croci e le delizie dell’età adulta: birra condo Billboard. e paturnie. Se un pezzo come Hubcap sorprende per la Il 31 marzo 2005 il video maturità della scrittura e Get Into It, nella confusione, d i Ta k e I t E a s y c o n q u i s t a presagisce vagamente una linea di sviluppo, Blue, unico la vetta della Hot Five di brano supportato da batteria e chitarra elettrica, speri- M T V. P e r l ’ 11 l u g l i o è p r e - m e n t a l a s t r a d a p o i i n t r a p r e s a c o n i C o m m a n d e r Ve n u s . vista dell’ultimo L a s u c c e s s i v a c a s s e t t a H e r e ’ s To S p e c i a l T r e a t m e n t , Mine uscita per la Sings Eunuchs! di Simon Joyner (luglio autocelebrazioni tutta l’una sua, dall’altra Ta m b o r e l l o - Z i n n e r sbavatura) sembrava nome poggiarsi Bright posto Eyes, di l’uscita singolo: Gold Gut- ted. (Queste 1994), sono soltanto documenta un’accresciuta perizia chitarristica le che il Nostro non manca di sciorinare in un drive spes- informazioni indispensabili so gratuitamente veloce. Anche la coerenza interna alle 20 sentireascoltare singole canzoni si è sviluppata, pur rimanendo nel baci- dirittura suggestioni west- no della naivetè ancora poco consapevole. La struttura coast con arpeggi alla Lee che prende forma è quella dell’emo per sola voce bian- Underwood (The Feel-Good ca e chitarra acustica, le canzoni iniziano a lasciare Revolution) i l s e g n o : T h i n g s Yo u K n o w , l a p i ù c o m p o s i t a , T h e D a y chiati the Statues Broke, la più sognante (una vera perla!) e storie di simulazioni e dis- J-Bone, che nel suo piccolo rimanda al Jonathan Rich- simulazioni man più messianico. Un’altra cassetta compare quan- messe in scena da Oberst, d o i C o m m a n d e r Ve n u s h a n n o g i à f a t t o u s c i r e l e p r i m e senza alla fine esercitare p u b b l i c a z i o n i : S o u n d t r a c k To M y M o v i e ( S i n g s E u n u c h s ! ; una rilevante influenza sul sono sullo ammuc- sfondo delle sentimentali gennaio 1996), una raccolta di venti brani selezionati fra una settantina (!) che di fatto segna il debutto di Conor su supporto digitale, allo stato attuale pressoché irreperibile. Il capitolo viene definiti- vamente chiuso con la raccolta A Collection Of Songs Written And Recorded 1995-1997(Saddle Creek; gennaio 1998), prima uscita vera e propria sul mercato (disponibile in CD). Si sono aggiunti strumenti, esperimenti elettronici, collabo- ratori. Le canzoni sono finite e “presentabili”, anche nel loro pressapochismo, e soprattutto Oberst ha cambiato voce, acquistando il timbro che grossomodo ha conservato fino ad oggi. Una distanza abissale separa questo disco dai precedenti demo, ci troviamo di fronte a un prodotto che si sceglie una specifica collocazione nel sistema dei generi: Lofi decisamente slack come molti prima lo sono stati, da suo solipsismo compositi- B e c k a i P a v e m e n t , d a i Ta l l D w a r f s a S m o g a L o u B a r l o w . vo. (5.5/10) La raccolta com’è ovvio include diversi momenti, alcuni più raffinati, altri più grezzi: incursioni nell’elettropop (Driving Fast Through a Big City), retaggi Seam del p e r i o d o C o m m a n d e r V e n u s ( I W a t c h e d Y o u Ta k i n g O f f ) , pigli solenni e stonati che preannunciano i fasti futuri ( E m i l y, S i n g S o m e o n e S w e e t ) , d i v e r t e n t i e s p e r i m e n t i c o l m e t r o n o m o ( F a l l i n g O u t O f L o v e A t T h i s Vo l u m e ) . I m possibile enumerare le influenze, e inutile, soprattutto. S p r i n g s t e e n , G u i d e d B y V o i c e s , S m i t h s , R . E . M . , B u i l t To Spill (Solid Jackson), Violent Femmes (One Straw) e ad- Progetti Collettivi Commander Venu s I Commander quero nel Ve n u s 1994 nac- dall’unio- ne delle menti creative di Oberst (voce principale e chitarra), Tim Kasher (voce e basso, futuro Cursive) sentireascoltare 21 e Matt cori, Bowen futuro media (batteria Faint). dei e i Seam, dichiaratamente (il brano Calling Sooyoung si L’ e t à riferisce a Sooyoung Park, leader dei Seam di ascen- si denze coreane). Si tratta tuttavia di un riferimento non aggirava sui 15 anni. Suc- componenti da poco, elegantemente underground (i Seam, a livello cessivamente aggiunse musicale, come di personale, erano divisi fra l’indie-pop Robb Nansel alle chitarre, si d e i S u p e r c h u n k e i l p o s t - r o c k d i G a s t r D e l S o l e To r t o i - sensibilmente più vecchio. se, ndr) ed elettivamente affine allo spirito di Oberst, Per Oberst fu un’esperien- soprattutto. Il disco però rimane un distillato di ormoni za significativa, uscì ideal- adolescenziali, spesso intriso di rancore verso le ra- mente dalla sua cameretta gazze (si sa che a quell’età preferiscono andare con i per sog- più grandicelli...) alle quali vengono rivolti epiteti che giorno! Infatti, pur trattan- approdare... nel probabilmente i genitori dei protagonisti non avrebbero dosi della loro prima espe- a p p r o v a t o ( I t I s F u n To G r o w O r n a m e n t a l P e p p e r s , M y rienza di gruppo, rimasero Other Car Is A Spaceship). Ma, come nel diario di un inizialmente ancorati alla liceale, accanto ai prodotti più maleodoranti degli umori dell’home- dell’età spesso si trovano pure improvvisi e sorprenden- made, non senza drammi e ti guizzi, nella fattispecie la dissonante linea di basso frustrazioni sia per i musi- della title-track, le pennellate chitarristiche di Sunny cisti sia per gli ascoltatori. Slope o le strofe dell’iniziale Peppermints.(4.5/10) Da un lato Oberst lamenta- L a s e q u e n z a d i l a c e r t i c h e i Ve n u s d i s s e m i n a r o n o p e r va una certa difficoltà nel- tutto il ’95 fino agli albori del ’96 mostra una loro tipi- lo stare a tempo con la bat- ca attitudine successivamente fatta propria da Oberst: teria, dimensione che split, partecipazioni e singoli diventano l’occasione per Bowen non voleva suonare quella uscire dai propri confini stilistici e tentare nuove biz- (nei accomoderà zarre identità, salvo poi abbandonarle subito dopo. Pay dietro al basso), dall’altro Per View , pezzo che compariva nella compila Apollo’s lato noi ascoltatori siamo Salvage costretti a gustarci la voce troppo dal seminato, presenta inusitati stop-and-go di da ragazzina incazzata di sapore hard-rock. Sulla 7-inch compilation “Music Me Oberst e le urla da suino All Over”(ancora Lumberjack; 1995. Presenti anche Lux- a l m a c e l l o d i K a s h e r. M a s i O - Va l u e s , W e l d e N o r m a n B a i l e r d i c u i p a r l e r e m o f r a sa che la pubertà è sem- poco) compariva una canzone intitolata Tulane, un sor- pre un momento difficile e prendente grungettone parodistico con tanto di “yeah- particolarmente yeah-wow-wow”, che inizia fra i miagolii di un gatto e to, Faint batteria ben si però Ghostmeat Records, pur non uscendo que- termina in un inserto di p-funk alla Minutemen. Nel gen- ste voci bianche si faranno n a i o 1 9 9 6 l i c e n z i a r o n o u n o s p l i t - s i n g l e c o i D r i p d i To c - sporche e gutturali. coa – Athens (Georgia)per la Ghostmeat in partnership La prima occasione di usci- con la ex-Lumberjack, la quale, proprio in questa occa- re di casa risale al gennaio sione si tramutò in Saddle Creek; stavolta, con la loro 1995, allorché pubblicaro- B o w To T h e P r o m K i n g , l a m b i r o n o a d d i r i t t u r a i l v i v a c e no il primo full-lenght Do e s g h e m b o b r i t - r o c k d e i B l u r. Yo u F e e l A t H o m e ? p e r l a Dopo aver avviato quasi due progetti paralleli a testa Lumberjack. Titolo sagace (Cursive, Bright Eyes, Slow Down Virginia, Park Ave. (è nella e N o r m a n B a i l e r ) i C o m m a n d e r Ve n u s a p p r o d a r o n o a d canzone omonima viene ri- un’etichetta relativamente grande, la Grass Records , volta a una ragazza che ha poi Wind Up. Label esordiente con personale provenien- appena la presto sgrazia- della domanda lasciato che l’autore te da una major e quindi ancora piuttosto inesperta di ma è pure un chiaro riferi- cose indie. Questi quattro monnellacci non esitarono ad mento alle tecniche di re- approfittarsene senza ritegno, saccheggiando un budget gistrazione) mentre lo è di spropositato e spingendo il più possibile sul pedale del- meno la musica contenuta: l ’ e c c e s s o n e l r e g i s t r a r e T h e U n e v e n t f u l Va c a t i o n ( W i n d emo tutto orientato verso Up/Thick; Luglio 1997) durante le vacanze estive del ’96 22 sentireascoltare (e visto il titolo/i immaginiamo facilmente l’atmosfera d i To d d , n d a ) d e c i d o n o d i e le motivazioni dalle quali scaturì il disco). Ne sortì mettere su un gruppo per un lavoro molto diverso dal precedente album, aldilà abbordare un paio di ragaz- della produzione decisamente più hi-fi e della raucedi- ze carine. Jamie Williams ne sopraggiunta al posto della voce bianca: i ricordi di e Neely Jenkins ovviamen- Seam si rappresero lasciando poche tracce in qualche te non sanno suonare ma intro (Refused By Life, We’ll Always Have Paris) e nel- hanno ben altri argomenti: la sussurrata Life As Expected, presero invece forma Jamie è un gran bel pezzo v i o l e n t i s u s s u l t i h a r d c o r e ( D r e s s To P l e a s e ) e , m e n t r e di ragazza, fa la modella e T h e W a y T h i n g s H a v e To B e p r e c o n i z z a v a i l n u o v o s t i l e la B r i g h t E y e s , p e z z i c o m e T h e U n e v e n t f u l Va c a t i o n p t 1 , m e n t r e N e e l y, s u p p o n i a m o , The Raining Holiday pt. 2, My Collapsing Frame con le deve essere molto simpati- loro soluzioni melodiche originali fecero breccia nella ca (...). Per la nostra deli- s t a m p a l o c a l e , c h e a d d i t ò i C o m m a n d e r Ve n u s c o m e l a zia Conor decide di lascia- next big thing di Omaha dopo i Counting Crows. Profe- re a Clark la chitarra - che zia infelice in quanto il gruppo si sgretolò di lì a poco. ovviamente non sa suona- La formazione subì prima un rimpasto: Kasher preferì re - il quale gli cede a sua occuparsi dei suoi Cursive entrati ormai in concorrenza volta c o n i l g r u p p o m a g g i o r e , s u b e n t r ò To d d B a e c h l e , B o w e n come sopra - ... più tardi si se ne andò, stufo di quella maledetta batteria che lasciò unisce al gruppo la tastie- al ben più energico Ben Armstrong, Oberst mantenne la rista Jenn Bernard, perché sua posizione. Con questo organico rimasero assieme è auspicabile che almeno fino al ’97 quando Nansel abbandonò per dedicarsi a una su cinque sappia suo- tempo pieno alla neonata Saddle Creek. Oberst invece nare qualcosa... si stufò definitivamente della musica emo: ben altre idee Debuttano pubblicando uno si stavano facendo strada nella sua testa. (6.0/10) split con i Wrens (Saddle ballerina la Creek; N o r m a n Bailer / Magnetas O l t r e a i C o m m a n d e r Ve n u s , n e l ’ 9 5 , O b e r s t p a r t e c i p ò ai collaterali Norman Bailer e Magnetas pur svolgendovi grossomodo ruoli da comprimario. I primi furono l’embrione dei Faint, Oberst vi si unì in occasione della realizzazione della cassetta Sine Sierra (Lumberjack; 1 9 9 5 ) a s s i e m e a M a t t B o w e n , To d d B a e c h l e e J o e l P e t e r s e n . M o l t o d i ff e r e n t i d a i C o m m a n d e r Ve n u s , p r a t i c a vano un easy-listening delicato e malinconico. Più affini a i Ve n u s e r a n o i n v e c e i M a g n e t a s d i C h r i s H u g h e s , s e m p r e c o n i l s o l i t o To d d B a e c h l e e B e n A r m s t r o n g e s e m p r e con Oberst alla chitarra (quindi sostanzialmente sempre le solite facce che a turno assumevano il ruolo di leader determinando così la ragione sociale). Quest’ultimi fecero una breve comparsata nella Parts Compilation della Ghostmeat (1996) con il brano Annex Anex, uno scialbo e m o - r o c k s e n z a i l m o r d e n t e d e i Ve n u s , a l t r i d e m o f i n i r o no sparsi tra raccolte e cassette. P a r k Av e in professionale batteria 1997) due – idem dispiegando brani una legge- rezza disarmante: se Wax Museum eccede sistenza, in incon- Cloak And Dag- g e r, c o n u n p o ’ d i f a n t a sia, ricorda Blonde ben il l’alt-pop Redhead sperare, brano sulla e tanto viene dei lascia che riproposto compilation Sadd- le Creek Sampler (Saddle Creek; 1997). La raccolta contiene pure due successivamente pezzi inseriti nella Collection Of Songs di Bright Eyes e due outt a k e s d e i C o m m a n d e r Ve nus, offrendosi così come un interessante raffronto fra i vari progetti in atto d i O b e r s t . I Ve n u s , c o n l e Nel ‘96 Oberst fu posseduto dal diavolo, indubbiamen- scorticate Bent On Broken te. Soltanto grazie a neri contratti con le tenebre può Nerves e Waiting For Eno- infatti aver acquisito il dono dell’ubiquità. Nel gennaio ch Arden, sono quelli che di quel famigerato anno lui e Clark Baechle (il fratello se ne escono meglio, per sentireascoltare 23 quanto prossimi alla fine. delle ragazze e quelle cameratesche dei ragazzi (roba I Lachry- da far impallidire Grease, per intenderci) ma ciò risul- Park mose Ave., con Obsequious Ve h e - ta alla fine secondario, subalterno al culto situazioni- corroborano sticamente celebrato (da Sowder) di band inesistente, ulteriormente le promesse elevata a mito dell’impaccio e della ritrosia. Se avete ma Jamie Williams - quella pazienza di stare al gioco vi regalerà qualche sorriso, carina ovviamente - se ne soprattutto all’inizio quando cantano a cappella: “I don’t va a Londra determinando know why they call us Park Ave /Does anybody park here lo scioglimento della band, anyone but me?” e via avanti con All-Boy Band nella che spalle quale, con la verve di un Gordon Gano, celebrano la qualche nastro, una quin- loro timidezza: “there are a hundred bands that sound dicina scarsa di concerti e like us”. Da un punto di vista più prettamente musicale un paio di aneddoti sulla s o l o I n v i t a t i o n To A C l o s e t r i c h i a m a v a g a m e n t e l o s t i l e loro proverbiale insicurez- che Oberst come Bright Eyes sta maturando. Tirando le za (come quello secondo il somme, il fatto che il progetto non abbia avuto seguiti quale Conor cercò di dis- non lo consideriamo necessariamente un peccato... (5.0 suadere /10) ment Elated, si lascia un alle promoter dal- l’offrire al gruppo una data a Chicago dicendogli che non erano niente di che). 1997-1999: la nascita di una indiestar Nel 1996 esce uno split 7” intitolato Kill The Monster Neely e Jamie si rifaranno B e f o r e I t E a t s B a b y, a n c o r a p e r l a S i n g s E u n u c h s ! d i vedere nei J o y n e r , d i v i s o c o n B i l l H o o v e r d e l l a D a r k To w n H o u s e Tilly and the Wall, avvian- B a n d ( c o l u i c h e a s s i e m e a Te d S t e v e n s d e i L u l l a b i e s do, con il loro debutto del l’aveva spronato a registrare il suo materiale). Il mo- 2 0 0 4 , l ’ a t t i v i t à d e l l a Te a m niker Bright Eyes non è ancora nato, la registrazione è L o v e R e c o r d s d i C o n o r. ancora casalinga (e la bassa fedeltà è ricercata più che Ma recentemente di subita, come dimostra il disco rotto che apre e chiude il brani giacevano inutilizza- intanto una decina lato di Conor) ma la rivoluzione rispetto alla fase demo- ti in qualche nastro in casa tapes è già in atto. In netto contrasto con la voce roca Oberst e sia mai detto che d i H o o v e r - u n b u s k e r - f r e a k a m e t à s t r a d a f r a Wa i t s , Va n il Nostro dimostri un po’ di Vliet e Spence - il mellifluo e triste adolescente Oberst creanza sé esita su un bivio: da un lato, nella ballata depressa ma tenendosi qualche per registrazione!... g i à m a t u r a N o r t h O f T h e C i t y, s i s t a g l i a l a s t r a d a d i r i t t a A dire il vero pare che la dell’indie-folk, al lato opposto Lake Havasu (In Florida) responsabilità sia da attri- conduce verso l’intrigante ma pericolosa direzione del b u i r e t u t t a a S i d S o w d e r, raw-rock più ebbro e sgangherato. Sappiamo quale scel- proprietario ta operò, ma indugiò nel dubbio a lungo. (6.5/10) della Urinine Records nonché appassio- Nello split con gli Squadcar 96 (h. Records, Australia; nato di fallimenti, il quale, 1997) - battesimo di Bright Eyes – gli elementi si me- innamoratosi perdutamen- scolano ma al contempo l’alternativa rock sbiadisce; più te del sound slavato e ti- c h e G o F i n d Yo u r s e l f A D r y P l a c e c h e s e m b r a a p p a r t e - mido dei Park Ave., si fece n e r e a n c o r a a i d e m o t a p e s , c o l p i s c e R a c i n g To w a r d s T h e in quattro per pubblicarne New che ha già la fattezze di una canzone maggiore una Cosìl’amico anche se destinata a rimanere nell’ombra. La batteria Mike Mogis remixò il ma- imparata a suonare con compunzione l’anno prima nei teriale postumo Park Ave. è qui splendidamente controtempo su un az- nel 1999 con il didascalico zeccatissimo riff di acustica scordata, mentre Conor in- titolo di When Jamie Went tona un canto generazionale degno del Morrissey di The To L o n d o n . . . W e B r o k e U p . Boy With The Thorn In His Side. (6.7/10) Diciamo subito che si trat- Ma è nel ’98 l’anno in cui egli può mantenere finalmente ta perlopiù di filastrocche le promesse con la pubblicazione del suo primo album divise in studio Letting Off The Happiness (Saddle Creek; No- raccolta. che tra uscì le esili 24 sentireascoltare vocine vembre 1998). Facciamo un passo indietro: in seguito polarità cardinali del pro- a l d i s a s t r o s o t o u r d e l l ’ a g o s t o ’ 9 7 i C o m m a n d e r Ve n u s s i getto: la contrapposizione sciolgono definitivamente. Per quel natale Oberst vola fra i registri country-folk e ad Athens in Georgia assieme al suo nuovo compagno wave-pop, i cui germi ap- di stanza - nonché amico inseparabile - Joe Knapp e pestavano già la a Matt Maginn (bassista dei Cursive), qui si incontra- Collection Of Songs no con i Drip di Andy LeMaster - vecchia conoscenza che grazie a Mogis vengo- d e i C o m m a n d e r Ve n u s - e i n i z i a n o u n a m i n i - t o u r n é e n e l no qui districati in episodi Sud-Est degli Stati Uniti al termine della quale pure i esemplari come la sequen- caotica ma Drip si sciolgono. LeMaster fonderà i Now It’s Overhead, futura testa di serie della Saddle Creek, ma nel frattempo i Nostri decidono di entrare in studio ed è così che inizia a prender forma il primo vero album di Bright Eyes. Le registrazioni si dividono fra lo studio di Athens e le solite “home-recordings” a Omaha tracciando la prima delle due polarità che caratterizzeranno il disco e poi l’intera opera di Bright Eyes: la contrapposizione fra hi-fi e lo-fi che si ravvisa immediatamente nel succedersi delle prime due tracce dell’album. If Winter Ends, primo grande singalong di Oberst, si dipana nella confusione della bassa fedeltà mentre Padraic My Prince scorre lucida in una veste sonora ineccepibile di limpidi arpeggi, bassi vellutati, batteria “tecnica” ed effettistica da grande produzione. Proprio quest’ultima canzone desta scalpore per il testo che narra di un fratello neonato morto affogato in vasca da bagno per distrazione della madre. Fantasia lugubre che lancia un primo richiamo alle danze macabre in abito da festa di Will Oldham e dell’Americana. Per la realizzazione di quest’album si raduna un certo nucleo di artisti , alcuni occasionali come i fratelli Barnes (Kevin era il leader degli Of Montreal, Jeremy era nei Neutral Milk Hotel e successi- z a To u c h ( c h e r i m a n d a a d - vamente Bablicon e A Hawk And A Hacksaw) – testimo- dirittura agli OMD) - June nianza del prestigio riscosso da Oberst fra gli addetti ai On The West Coast (sba- lavori – altri invece saranno destinati ad essere le colon- razzino ammiccamento ne del suono Bright Eyes negli anni a venire, come il già Dylan). In citato LeMaster ma soprattutto Mike Mogis il quale, con Compare, una lenta coun- le sue chitarre steel da un lato e l’elettronica analogica try-ballad in tempo dispa- dall’altro, sarà corresponsabile della seconda delle due ri squarciata da repentini Contrast a And sentireascoltare 25 stacchi metallici di chitarra momenti di stanca, significativamente espressi dai se- elettrica (forse il momento d i c i m i n u t i d i f r a s t u o n o i n c o d a a l l a f i n a l e Te r e z a A n d migliore del disco), Conor Thomas (canzone che cita Kundera, ndr) che preannun- duetta ciano la ghost-track, un’ovviabile riproposizione “nuda” - la con tipa Neely Jenkins dei di Contrast And Compare. Per avere il completamento di Park Ave, ve la ricordate? questo primo ciclo in cui l’identità Bright Eyes si fissa – bisogna attendere ancora un anno. (6.5/10) che, “simpatica” assieme alla pre- senza dell’amico della pri- Nel frattempo la bella ma trascurabile Pioneer ’s Park m a o r a Te d S t e v e n s d i e t r o appare nella compilation Commercial Food Processor alla batteria, documentano (Unread; 1999), mentre coi Books (non quelli di Lemon l’atmosfera di “grande fa- Of Pink!) incide un gustosissimo split single intitolato miglia” della Saddle Creek To o M u c h O f A G o o d T h i n g … I s A G o o d T h i n g ( V a n i s h i n g in pieno stile parrocchiale Act; 1999) nel quale riemerge l’opzione raw sottoforma (molti dei personaggi, tra i di una sciancata rock-ballad royaltruxiana (Feeling It) q u a l i C o n o r, s o n o p e r a l t r o e d i u n b i z z a r r o , s p e d i t o , t r o t t o s p a g n o l e g g i a n t e ( Va - cattolici…). nishing Act). (6.7 /10) Letting Off The Happiness Anche la produzione minore testimonia il magico mo- , che entra nella selezione mento e nel Novembre del ’99 esce l’EP Every Day And d e i To p I n d e p e n d e n t A l b u - Every Night (Saddle Creek) il quale, nella concisione di ms, rappresenta la preco- sole cinque tracce per neanche 23 minuti complessivi, ce Conor costituisce per molti (tra i quali chi scrive) il vertice di Oberst. Anche questa vol- Oberst nei ’90. Le due tradizionali polarità di cui parla- ta lo stacco dal materiale vamo poc’anzi si aprono qui a ventaglio generando un precedente immaginifico quadretto postmoderno nello stile di Don maturazione è di netto, tavia abbondano 26 sentireascoltare tut- ancora i De Lillo . Dall’iniziale A Line Allows Progress, A Circle Does Not, proteiforme brano in duetto con Joe Knapp, za rispetto alla produzione fino ai beat e ai loop elettronici di Neely O’Hara, si di- progressivamente spiega una girandola di registri perfettamente incastrati più pulita che caratterizza- uno nell’altro che giungono ad uno stato di entropia ove va gli ultimi lavori a nome i significati s’opacizzano dietro a significanti ricchi di Bright Eyes; Il primo lato pathos: persino la voce del corso Linguaphone di russo ad esso riservato si apre che conclude l’EP suona drammatica nel suo lento emer- in un clima da ciucca tri- gere dalla confusione, per quanto peregrina e fredda, ste pervasa da un flauto e ed è in questa “incomunicabilità espressiva” che Oberst un clarinetto sfatti e quasi realizza appieno la sua cifra, sempre più oscura quanto bitonali, un’atmosfera pa- più adulta. Già dalla funerea copertina sino ai contur- ragonabile ai banti rintocchi di A New Arrangement salgono sempre caciara Yo u più convincenti le similitudini con quanto sta facendo Name c o n t e m p o r a n e a m e n t e B o n n i e P r i n c e B i l l y. U n a p r o p o s t a con lo sconforto inelutta- musicale poliedrica e complessa ha preso forma. Una b i l e d i u n a Y o u ’ v e G o t To (indie-)star è sorta. (8.0 /10) Hide e è Beatles My Mae ma Love I’ve da Know Maggie Yo u r pezzo 2000: la svolta di sempre Away Never (il Been Happy Again) e successi- Il sodalizio fra Oberst e Knapp incominciò già negli ul- vamente non basta un dri- t i m i m e s i d i v i t a d e i C o m m a n d e r Ve n u s e f u n s e d a t r a m - ve sincopato ( The Joy In p o l i n o p e r l e i d e e e i p r o g e t t i d i C o n o r. K n a p p f u i n f a t t i Discovery ) o il riemergere il primo collaboratore occasionale del progetto Bright della Eyes, il primo batterista per la precisione, e in segui- nente raw-rock ( The Joy to diede vita a una propria band, gli Ambulance (di cui In divenne cantante e chitarrista). Non passò molto tempo Acceptance ) per risolleva- che fu costretto a modificare la ragione sociale per in- re il morale: siamo all’ipo- giunzioni legali provenienti da una band omonima, poco geo dell’animo di Oberst, male, divenne Son, Ambulance in ragione dell’ordine di o priorità della sua vita: il figlio e la band. Un altro par- propone. rocchiano casa & chiesa insomma, dove la chiesa era la bito come biglietto da vi- Saddle Creek. La cooperazione fra i due sodali si spinse sita fino al dividere lo stesso appartamento. La convivenza col microfono e che frigna perdurò sino a che Neal (il figlio di Joe) non divenne dopo esser stato rimprove- troppo grande e “vivace” per la loro abitazione, soprat- rato dal padre, la musica tutto in considerazione che essa fungeva anche da sala che subito dopo prende il prove perennemente ingombra di preziosi strumenti… via Ed è ben strano l’abbinamento che si realizzò fra le due stile personalità, ravvisabile già nel duetto presente in Eve- ti: ry Day And Every Night, anche solo confrontando i due in stile Graham Nash con timbri vocali: al dolente e drammatico canto di Oberst, un lieve tocco malinconico Knapp contrappone una voce stralunata e spensierata a l l a To w n e s V a n Z a n d t f o r - (il solito Tim McMahan lo paragona a Kermit La Rana, se (The Woman In The Un- per noi - dati i doppiatori italiani - il referente più cal- derpass) ma assolutamen- z a n t e è l ’ O r s o Yo g h i ) . te Ta l e c o n t r a p p u n t o s i a m p l i a e a r t i c o l a n e l l a p r i m a c o l l a - sorta e libero di veleggia- borazione ufficiale: il disco registrato dal vivo, a nome re su fresche arie tropica- Bright li e bossa (Like Billy Budd Eyes/Ambulance, Insound To u r Support Series minoritaria compo- Forgetting/The del personaggio suo è Joy Knapp figlio pone che distantissima dei pezzi folk-rock slegato Cyrano che In ci su- gioca dallo preceden- leggerissimo da De magoni di No. 12 (Insound; 2000). Il disco dura 33’30” e si com- Or Bergerac, pone di tre tracce per testa più un pezzo innominato A s t r u d A s t r u d ) . L’ a l b u m è (qualche volta chiamato Lovers Turn Into Monsters dal- riservato principalmente ai l e p a r o l e d e l l ’ i n c i p i t ) c a n t a t o d a C o n o r. L a q u a l i t à d e l completisti, privo com’è di suono è ai minimi storici, in netta inversione di tenden- particolari guizzi, cionono- sentireascoltare 27 stante la qualità non scen- sorgere ragionevoli dubbi sul suo senso ultimo, soprat- de mai sotto a un certo li- tutto a fronte dei passi più dozzinali ognuno dei quali vello cui da qualche anno però pienamente rappresentativo della sua personalità. la produzione Bright Eyes Ma non c’è altro senso che lui stesso: il caso umano ci ha abituato. (5.5/10) Conor Oberst. La collaborazione con La riconferma di questo andazzo arriva proprio con Fe- Knapp sèguita, fattiva e in- vers And Mirrors (Saddle Creek; Maggio 2000), il nuovo tegrale, per tutto il 2000 e album in cui include addirittura un’intervista a sé stesso vede un nuovo capitolo nel a l l ’ i n t e r n o d e l b r a n o A n A t t e m p t To T i p T h e S c a l e s , r e - secondo album in studio di g i s t r a t a i n l u o g o d e l l e n o t e d i c o p e r t i n a c o n To d d B a e - Bright Eyes. Oberst prima chle e Matt Silcock dei Lullabies For The Working Class di questa nuova esperien- n e l l e i m p r o v v i s a t e v e s t i d i R a d i o D J . L’ i n t e r v i s t a a l t e r n a za partecipa a un tributo a spiegazioni serie sul simbolismo del disco, sul titolo e Jandek, il “famoso scono- sui singoli pezzi a momenti di puro scherno come quan- sciuto” di Corwood: Naked do risponde alla domanda sulla veridicità dei fatti narra- In The Afternoon (Summer- ti in Padraic My Prince (“A dir la verità ho avuto cinque steps; 2000) in compagnia fratelli morti in quel modo” [affogati, ndr] “No, seria- di mente… mia madre ne ha affogato uno all’anno per cin- L o w, Retsin Thurston e artisti, ti una miriade perlopiù carneadi ria Moore, di que anni consecutivi ma si chiamavano tutti Padraic e assolu- questo è il motivo per cui c’è una sola canzone per tutti scude- loro”). Fevers And Mirrors contiene quelle che fino ad della Summersteps. que- oggi sono forse le migliori canzoni del repertorio Bright st’occasione Oberst rivela Eyes eppure, musicalmente, è l’album meno rappresen- il suo versante più speri- tativo del suo stile. Manca quasi del tutto la componente mentale e underground (se lo-fi, se si esclude l’ormai tradizionale field-recording in il un apertura e il breve intermezzo di When The Curious Girl senso) nella cover di Have Realizes She Is Under Glass. La situazione si presenta Yo u E v e r H e a r d O f J a n d e k diversa se si ascolta l’edizione giapponese uscita per Before? accantonando per la Bad News nella quale sono presenti due bonus track un attimo i suoi patemi per a bassa fedeltà: The Joy In Discovery , rubata all’album profondersi in arpeggi dis- con Ambulance e Jetsabel Removes The Undesiderables, sonanti mentre in sottofon- altrimenti inedita. Ma anche dalla versione giapponese do discute svogliatamente è del tutto assente la componente pop-wave, sino ad con allora onnipresente. La tracklist è tutta orientata verso termine gli ha amici In ancora su chi sia Jandek… Altre quel calderone stilistico ormai abbastanza tipico chiainedi- mato Americana, seguitando nella direzione intrapresa te, la delicata Act Of Con- l’anno prima in A New Arrangement. Unica eccezione il trition e la monocorde li- brano The Movement Of A Hand, che sembra rubato al tania di It’s Cool We Can repertorio più introverso dei Radiohead, nella restante Still parte assistiamo a un carosello fatto di sfondi salsa-fla- no due Be in outtakes Friends, due pilation, Second finiscocom- menco (The Calendar Hung Itself…), desertiche e ferali rispettivamente distinte ballate (Arienette), sapori tex-mex lanciati in profondità (Silent abissali (Sunrise, Sunset) e tanta anima folk, talora più Film Soundtracks; 2000) e n o s t a l g i c a ( A S o n g To P a s s T h e T i m e ) , a l t r o v e p i ù m o - T r a n s m i s s i o n O n e : Te a A t dernista (The Center Of The World). Ma qui abbiamo le The Palace Of Hoon (Ho- canzoni di una vita, i classici Bright Eyes come Haligh, zomeen; 2000). Nulla nella H a l i g h , A L i e , H a l i g h o S o m e t h i n g Va g u e , n o n a c a s o produzione di Oberst rima- l’album spopola fra le College Radio e nelle classifi- ne intentato, la sua disco- che degli album indipendenti guadagnandosi l’interesse grafia è un continuo reality della Sony con la quale viene approntato un accordo sul suo songwriting e come di sub-distribuzione tramite la Wichita Recordings. Per per quanto Oberst tenda a minimizzare la faccenda nelle ogni Thoughts reality 28 sentireascoltare può far interviste è ben cosciente che si tratta di un punto di Knapp è buona ma il suo svolta, inizia così un processo che porterà Bright Eyes talento è terribilmente me- alla conquista del mercato mondiale. (8.0/10) dio e, perdonate l’ossimo- Dopo un curioso exploit in Giappone dove Oberst viene ro, la sua leggerezza ap- fatto oggetto di culto e nel quale sperimenta le vesti di pesantisce l’opera facendo idolo delle ragazzine (!), prende via quell’estate una rimpiangere lunga tournee mondiale in America e poi in Europa. Nel di Oberst. (6.2/10) Settembre esce il primo prodotto dell’accordo con la In W i c h i t a : B r i g h t E y e s V s . H e r S p a c e H o l i d a y, s p l i t n e l Giappone i pezzi di Bright quale gli HSH remixano due brani di Bright Eyes e vice- Eyes escono senza la con- versa, anche se più che remixare sarebbe corretto dire troparte di Son, Ambulance “fornire nuovi sfondi sonori”. A Calendar Hung Itself e - poco adatta a quei mer- Contrast And Compare subiscono così uno stravagante cati – con aggiunte il ri- trattamento indietronico, mentre gli HSH diventano tristi facimento di I Never Been indie-folksters nelle mani di Bright Eyes. Happy Again dal disco della 2001: understatement la effetti, solitudine in Europa e Insound e la bonus Mirrors and Fevers (niente più che Il 22 Gennaio 2001 la Saddle Creek licenzia l’epilogo una dell’intensa collaborazione Oberst-Knapp, nelle fattez- da Conor senza accompa- ze di Oh Holy Fools. Un album a tutti gli effetti, regi- gnamento); strato in studio, composto da otto tracce per 41 minuti la Don’t Be Frightened Of divise metà a testa come di consueto, questa volta però Turning The Page ed esce inframezzate l’una all’altra sì da offrire un confronto per più stretto fra i due autori - e che razza di confronto!, partnership con l’etichetta il divario stilistico già chiaro nel disco per la Insound franco-belga si amplifica ulteriormente. Il progresso qualitativo non M a n g e - To u t . L a s t e s s a l a - riguarda solamente la registrazione ma è palpabile so- bel prattutto a livello di scrittura: attacca Son, Ambulance anche col solito intro a base di figlio che riconferma il suo cli- rioso ensemble di polistru- chè di bravo-ragazzo-padre-con-la-chitarra (supponiamo mentisti belgi il cui album eccitantissimo per le teenagers del Midwest cresciute a Les Embarras Du Quotidien Dawson’s Creek e Sacra Bibbia). La sua Brown Park, vede un pezzo per pianoforte e batteria sprizzante candida e saggio e Oberst cantare il infantile allegria, cozza immediatamente con Going For pezzo The Gold, una delle più belle sad-songs di Bright Eyes è l’inedita apertura all’Eu- per sola acustica e flauto, madida di sensi di colpa e ropa Oberst-appeal come non mai. Subito dopo Knapp contro- di Fevers And Mirrors e al stordisce ancora l’uditorio alleggerendo ulteriormente la c o n t r a t t o c o n l a S o n y. ( 7 . 0 s u a p r o p o s t a i n I n v e n t i o n o f B e a u t y, u n v a p o r o s o e a s y - /10) listening con sapori jazz-bossa provenienti dai ’70 più Nel 2001 disimpegnati. Un beccheggio continuo da mal di mare, ne artistico-esistenziale vanamente smorzato a metà disco, quando Oberst tenta Oberst/Knapp volge al ter- i l p e z z o l i g h t c o n O h , Yo u A r e t h e R o o t s … e K n a p p i l mine chiudendo idealmen- pezzo depresso con On The Concourse… niente da fare: te la prima parte del ciclo il primo sembra un suicida che cerca di fare il sereno (e B r i g h t E y e s . L’ u l t i m a c o l - non a caso sigilla la canzone con uno dei suoi versi più laborazione ha luogo nella neri), il secondo sembra Charlie Brown quando scopre realizzazione di Euphemy- che nessuno si è ricordato di chiamarlo alla sua festa di stic, compleanno… la rimanente parte del disco conferma la Son, Ambulance pubblicato piena maturità raggiunta da Oberst che sembra seguire fatalmente le orme di Callahan-Smog approdando ad un ligneo e 2001. Prima di allora Bri- finissimo cantautorato dopo i stravizi lo-fi. La parte di ght poesiola la canticchiata l’EP si Saddle Creek Les distribuisce i Melon Mike al la album Eyes all’epoca Galia, al Parlons seguita di l ’ 11 in Disques Mogis N’en intito- cu- misPlus: successo coabitazio- debutto di settembre rilascia ancora sentireascoltare 29 tre altrimenti mind/I’m certain of this/And I am not certain of anything inediti. I Will Be Grateful bei singoli , poi se ne rida pure e mentre se ne ride per allontanare For A Day esce per la sto- vecchi spettri se ne riconosca l’assoluta maestria del- rica Sub Pop (Marzo 2001) l ’ u o m o . S o o n Yo u W i l l B e L e a v i n g Yo u r M a n , b r a n o p e r fornendo, con canzone sola voce & chitarra - registrato dal vivo - non viaggia eponima, una buona rispo- la molto distante e il titolo ne suggerisce ulteriormente sta a quanti si erano chie- l ’ u m o r e ( 7 . 2 / 1 0 ) . I n f i n e i l D r u n k K i d C a t h o l i c E P, n o t o sti che fine avesse fato la anche come “Three New Hit Songs From Bright Eyes” vena elettro-pop No- (Wichita; Maggio 2001) propone nelle vesti della title- stro. Dopo di track quello che potrebbe essere l’inno perfetto della Americana ritorna l’antico parocchia Saddle Creek, dobbiamo aggiungere altro al- amore la del sbornia per breakbeats ed l’eloquente titolo? Sì, l’azzeccatissima filastrocca per elettronica sottoforma un singolare stico - - quasi cullato pionati, wave, di mocciosi ebbri che ne costituisce il refrain a cui tutti i organi- membri dell’etichetta si uniscono via via in coro (com- chiesastico preso bravo-ragazzo Knapp): The drunk kids, the ca- inno da battiti glitch mentre e sul cam- tholics/They’re all about the same/They’re waiting for chitarre something, hoping to be saved. Nel suo un capolavoro. lato B L’ a r i a d i r i m p a t r i a t a c o n t i n u a n e l d u e t t o a c q u a & s a p o n e non si disattende le aspet- con l’inseparabile Neely Jenkins in Happy Birthday to tative di chi si era ormai Me (Feb. 15th) per concludersi nell’elegia solitaria di affezionato all’ultimo cor- I ’ v e B e e n E a t i n g ( F o r Yo u ) . ( 6 . 0 / 1 0 ) so, riscrivendo When The Curious Girl…, uno dei rari La parentesi Desaparecidos (2001-2002) episodi raw di Fevers…, in Dal ’92, ovvero da quando Conor registrava “a mano” chiave raffinata con la be- le sue cassette, fino al 2002, allorché l’ex-ragazzino nedizione del solito Mogis si apprestò a finire sulla bocca di tutti col successo di sottoforma di banjo, slide Lifted, accanto alle sempre più consistenti acclamazioni e au- della stampa specializzata torme di fans locali, fanzi- alt-coun- nes internettare e predicatori da strada, di volta in vol- una produzione tentico gioiello da t r y. ( 6 . 7 / 1 0 ) ta - ad ogni passo compiuto verso il successo - hanno B l o o d O f T h e Yo u n g ( n o m e incriminato il Nostro di tradimento, meretricio, infamia. del singolo e della produ- Conor ha sempre reagito con malcelata insofferenza a zione) esce invece in 6600 questo genere di critiche e probabilmente sono da inter- copie edizioni pretarsi come atti di orgogliosa indipendenza quel tour in cinque differentemente intrapreso a inizio 2002 lontano dalle luci della ribalta, colorate, ed è un vero pec- accompagnandosi solamente da una chitarra acustica e cato che un pezzo comeMo- d a l s u o p r i m i s s i m o m e n t o r e S i m o n J o y n e r, c o s ì c o m e tion Sickness sia destinato il ritorno a un’esperienza di gruppo cinque anni dopo a rimanere negletto: anco- C o m m a n d e r Ve n u s e P a r k Av e . ra una sad-song come tan- I Desaparecidos, oltre ad Oberst, si componevano di te finora ne abbiamo elen- Matt Baum alla batteria (già turnista per Bright Eyes, cate, certo, eppure la sua poi ’89 Cubs e Red Menace), Ian McElroy alle tastiere, luce fioca e delicatissima Denver Dalley alle chitarre (entrambi poi negli Statisti- ne fa una corsia preferen- cs) e Landon Hedges al basso e alla voce (già nei Good ziale vinilitiche Bri- Life di Tim Kasher e recentemente nei Little Brazil). Il ght Eyes. Si lasci perdere g r u p p o n a c q u e d a u n ’ i d e a d i O b e r s t e M c E l r o y. L’ o b i e t - i nostri discorsi su fiction tivo era quello di ammannire un’alternativa rock ener- e sul marciare del perso- gica, contrapposta al folk intimista e prevalentemente naggio, e ci si lasci cullare acustico di Bright Eyes. Obiettivo raggiunto non senza da versi gravidi di adole- impaccio: alla voglia di rumore e rabbia non fece infatti s c e n z a i r r i s o l t a c o m e : Yo u eco un’adeguata scrittura, invero piuttosto insipida. Il will always stay here in my risultato fu niente più che una fugace panoramica su per l’anima 30 sentireascoltare di come sarebbe stata la musica di Oberst se fosse rima- di Lincoln. Il disco, attra- s t o n e i C o m m a n d e r Ve n u s , p r e c e d e n t e d a c u i i l n u o - verso un arco di chitarre vo combo si diversificava principalmente per l’indubbia ipervitaminiche professionalità sopraggiunta alla naiveté e per le te- ria pestona, scocca frecce matiche socio-politiche insediatesi al posto dei bruschi che colpiscono dritte dritte umori adolescenziali. Già nel primo singolo The Hap- l’american way of life: dal piest Place On Heart (Saddle Creek; Dicembre 2001) menage coniugale ( attra- si palesarono tutte le coordinate musicali: una discre- verso i due atti di Man and ta tecnica, un’ottima ingegneria del suono, rabbia a go Wife:, the Former [Finan- go, canzoni che trascinano sui loro saliscendi ma che cial Planning] e the Latter si dimenticano immediatamente dopo l’ascolto. Un buon [Damaged gruppo emo sufficientemente incazzato e nulla più. I stema economico e di di- testi sono farciti di polemica e sarcasmo piuttosto ve- stribuzione dei beni (Mall lenoso (specie nei pezzi esclusivi del lato B come Give Of Me The Pen) sulla società americana. Gli U.S.A. erano l’esercito e la guerra (nel allora in stato di polizia, in piena caccia al terrorista e singolo Happiest Place On i Desaparecidos (moniker chiaramente riferito al Cile di Heart ) per arrivare ai pia- Pinochet e alle sue pratiche repressive) davano voce a ni regolatori della politica una gioventù col fiato corto, schiacciata in un presente locale inquietante, riempito dalle immondizie disseminate da Le canzoni tendono ad as- un cinquantennio di consumismo e ora drammaticamente somigliarsi incapace ad affrontare i propri scheletri nell’armadio e si intuisce che si tratta più le proprie paure. che altro di tribunette dal- Nel Febbraio 2002, sempre per la Saddle Creek, esce le quali lanciare messaggi l’album Read Music Speak Spanish registrato in una e denunce, sola settimana da Mike Mogis agli studi Presto! (sic) il dovere e batte- Goods]) America e al $$$$) (Greater dal- Omaha). parecchio di si- ma evidenziando testimonian- s e n t i r e a s c o l t a r e 31 za civile molto sentito da si in un forte individualismo egocentrico, evidenziando Oberst e in linea con quel- i n c i ò l ’ i n f l u e n z a p i ù p e c u l i a r e d i M o r r i s s e y. ( 5 . 7 / 1 0 ) la cantautora- Il gruppo intraprende un tour di 28 date per gli Sta- le che da Springsteen af- tradizione ti Uniti come spalla dei Jimmy Eat World e nel luglio fonda le radici in Dylan e 2002 riesce a strappare una presenza nel programma prima di lui in Woody Gu- Yo u H e a r I t F i r s t d i M T V, f a c e n d o s i i n t e r v i s t a r e d a v a n t i thrie e nelle protest son- ad un grande magazzino abbandonato di Omaha (rimar- gs Non candone il carattere di “denuncia locale”, quasi a voler degli hillybillies. mancano di dare una scenografia a un pezzo come Greater Omaha). versi particolarmente inci- Il gruppo si dissolve col finire di quell’estate e con la sive ed espressive ( I got pubblicazione di Lifted di Bright Eyes (13 Agosto), rive- a letter from the Army / So lando il carattere di “vacanza” che l’esperienza ha avu- I think that I’ll enlist / No, to per i protagonisti. I concerti dei Desaparecidos erano I’m not brave or proud of perlopiù occasioni per divertirsi, scherzare e – perché nothing / I just want to kill no – fare un po’ i scemi, tutti atteggiamenti che il sus- something) re- siego richiesto dal repertorio Bright Eyes normalmen- stante parte sono perlopiù te non permettevano. Dalley e McElroy riproporranno anatemi a vuoto, volti più con Clark Baechle le tematiche dei Desaparecidos nel a rappresentare la rabbia p r o g e t t o r a p d e i Te a m R i g g e c h e v e r r à p u b b l i c a t o d a l l a che Te a m L o v e d i O b e r s t e n t r o b r e v e n e l 2 0 0 5 . a nervi le sequenze ma per pungere delle sul la vivo i problematiche storico-sociali da cui quella rabbia scaturisce, tra- dendo in questo punto la 2002: il crollo ed il successo L’ u n d i c i settembre fu una doccia gelata per tutti gli stretta parentela col son- americani, e con quella doccia Oberst si svegliò, lu- gwriting cido come non lo era mai stato - troppo lucido - in un di Bright apparentemente Eyes, così di- verso. La mattino incredibilmente livido. Si ripulì, si guardò allo specchio riconoscendosi dopo tanto tempo, si liberò dai stile segni dell’alcol: non poteva certo presentarsi sbronzo espressivo di Oberst è la priorità sul palco del successo internazionale per il quale si testimonianza diaristica a era preparato la strada fin dalla prima volta che ave- forti tinte, che sia civica va imbracciato la chitarra - in altri tempi forse, non di o intimistica dello cambia. certo in quell’apocalittico inizio di millennio. Una sec- Anche nelle sue pagine in- chiata d’acqua fredda e uno specchio di fronte: ecco il time infatti non mira a ro- modo per andare avanti e guardarsi indietro al contem- vesciare di po. Se l’algida direzione intrapresa con Fevers And Mir- sentimentale rors l’aveva affrancato dal cazzeggio è anche vero che le non equazioni una vicenda per scomporle in simboli l’aveva allontanato da casa. Così ecco i Desaparecidos, come fa un Cohen, vuole il ritorno all’emocore perduto, ed ecco Lifted, il ritorno solamente rappresenta- ai suoi crismi primigenii. Nel frattempo un inquietante re nel modo più realistico sette pollici a tiratura limitata a 666 copie, accluso alla possibile gli effetti, il do- rivista Devil in The Woods, presentava una outtake di lore puro che non sa chie- Bright Eyes - accanto a due brani dei labelmates Sorry dere il perché e che quin- About Dresden e Rilo Kiley – intitolata Blue Angels Air di non è capace di trovare S h o w, u n b e l p e z z o n o s t a l g i c o i n q u e l l a m a t r i c e e l e t - una via d’uscita. Così coi tro-pop all’epoca trascurata. La canzone alludeva ad Desaparecidos cerca nella uno spettacolo visto da bambino, ovviamente protago- denuncia il carattere emo- nisti “aerei che facevano circoli nel cielo”: innocente tivo a scapito della parte casualità? Ad ogni modo la conferma che Oberst c’è. logico-razionale, arrivan- Meno incisiva Entry Way Song, inedito originale acclu- do al canto generazionale s o a l l a r a c c o l t a A m o s H o u s e Vo l u m e I I ( W i s h i n g Tr e e ; paradossalmente aprile 2002), della quale, più che l’incolore prova di 32 sentireascoltare calando- Oberst colpiscono i compagni di compilation: oltre al nel s o l i t o S o n , A m b u l a n c e e c c o E m i l y S p a r k s , l e A z u r e R a y, mai scritto e Loose Leaves gli Elf Power ma soprattutto Elliott Smith, l’alter ego risente addirittura del ven- invecchiato e martoriato di Oberst, anche fisicamente to della “New Rock Revolu- (volendo fare una piuttosto infelice proporzione direm- tion” rivelandosi come una mo che Oberst sta a Elliott Smith come Robert Smith ad rubiconda Ian Curtis). Pure lui nativo di Omaha, l’hanno salvato Strokes. dalla cricca Saddle Creek l’essere nato 10 anni prima di più sommesso, Amy In The quegl’insolenti mocciosetti e la madre che l’ha portato White Coat, partecipa del- i n Te x a s q u a n d ’ e r a p i c c o l o . F u u n p u n t o d i r i f e r i m e n t o la luce radiosa del nuovo costante per Oberst il quale, in seguito al drammatico corso scorrendo candida e epilogo, sarà fra quelli che gli renderanno tributo nel delicata senza i soliti as- novembre 2003, nel famoso concerto-esequia tenutosi sillanti nodi alla gola. Per una settimana dopo il suo suicidio. concludere (l’edizione vini- Nel maggio 2002 (una di quelle annate diabolicamente litica) l’ultima novità: una “ubiquitarie” del personaggio, ancor più del ’96), ad an- c o v e r, ticipare il nuovo album, escono tre lavori a cui Oberst te eseguita, di Out On The presta la sua arte; il primo dei quali è un succulento W e e k e n d d i N e i l Yo u n g ( ! ) . nuovo EP di Bright Eyes, il secondo è uno split mentre (7.0 /10) il terzo è un’ordinaria partecipazione “di parrocchia”. C’è ancora tempo poi per Sono tre esperienze che vale la pena di analizzare per realizzare una nuova col- la gran varietà di stili che le contraddistinguono e so- laborazione, prattutto per l’inusitata, lucida freschezza che ordina Post-Parlo la tradizionale farragine del repertorio Bright Eyes. La C d S e r i e s Vo l . 4 ( P o s t - P a r - partecipazione di parrocchia è quella al caleidoscopico lo; Luglio 2002) ma ormai, album Old blood, di Mayday – il moniker dell’inossida- data la nuova regola ober- b i l e Te d S t e v e n s – n e l q u a l e l a v o c e d i O b e r s t s i m o s t r a stiana sorprendentemente a suo agio (nel brano Confession) intensiva immerso in pura aria Calexico! Più interessante ancora non ha più senso chiamarli T h e A l b u m L e a f C o l l a b o r a t i o n Vo l u m e 1 ( B e t t e r L o o k i n g split. Questa volta è della Records) dove il post-rock molto ritmato, al solito stru- partita m e n t a l e , d e g l i A l b u m L e a f d i J i m m y L a Va l l e t r o v a u n a sciuti genietti dell’alt-pop perfetta sintesi col cantautorato di Bright Eyes in Badd americano: Blood, ma soprattutto in quel piccolo capolavoro che è altrimenti H u n g r y F o r a H o l i d a y, u n a s p l e n d i d a p r o g r e s s i o n e s o - Spoon, autentico costrutto- spesa in un tessuto acustico perfetto. (7.2 /10) re di perfetti congegni pop- I n f i n e T h e r e ’ s N o B e g i n n i n g To T h e S t o r y ( S a d d l e C r e e k / rock Wichita), il singolo-EP che preannuncia il nuovo album. ne subisce fortemente l’in- In apertura From a Balance Beam (brano che verrà poi fluenza e ispirato dal suo incluso songwriting nell’ellepì) sposta subito indietro le lancet- pezzo più ottimistico marcetta Persino perdipiù brano fedelmen- Home: Records di ad il alla The Split partecipazione al uno pezzo più altrui, miscono- Britt Daniels, noto come incastro. Oberst sbarazzino, te dell’orologio: la produzione è molto simile allo stile minimale e rotondo cesella Elephant 6 che aveva contraddistinto molti episodi di il suo “nu rock” di marca Letting Of The Happiness come Padraic My Prince, il newyorkese, testo vive invece della stessa linfa social-velenosa dei sulla strada di Loose Lea- contemporanei Desaparecidos ma quel ritmo spezzato ves quasi –ohibò!- allegro scombina decisamente le carte Days . È un vicolo cieco, in tavola, e il cambio di rotta a base di inusitata verve non avrà seguiti nel cam- interessa tutte le altre tracce (quattro per il CD, sei mino per la versione 12” della Saddle Creek), eccezion fatta momento di effervescenza per la pedestre Messenger Bird’s Song appartenente al- estiva godibilissmo, appe- l’Oberst più tiglioso. In We Are Free Men il Nostro duet- na appena temperato dal- ta con Joyner prima e poi Orenda Fink delle Azure Ray la più riflessiva Southern con di proseguendo Spent Oberst, On ma Rainy è un s e n t i r e a s c o l t a r e 33 State. canto But A Day Is Gonna Come, dall’altro lato col singolo suo non smentisce la sua Daniels dal ( p u b b l i c a t o a p p e n a i n n o v e m b r e ) L o v e r I D o n ’ t H a v e To fama ingegneristica niando due artefatti fettamente co- Love troviamo la sublimazione della strada per la mo- per- dernità, il tutto elevato a imponenza da fior fior di archi aerodinamici e pianoforti a la George Martin, anche in un lenta torch- c o m e Yo u G e t Yo u r s e L e t song come False Advertising. Method Acting si candida T h e D i s t a n c e B r i n g U s To - invece ad essere la canzone più icastica del moniker g e t h e r. ( 7 . 7 / 1 0 ) Bright Eyes: un’orgogliosa dichiarazione di identità del Ma final- s u o f a r e m u s i c a ( W e n e e d a r e c o r d o f o u r f a i l u r e s / Ye s mente il quarto album Bri- in agosto we must document our love ) scandita da uno stomp in- ght Eyes (terzo in studio): calzante e corale, sullo sfondo meastose suggestioni di Lifted (Or) The Story Is In frontiera. T h e S o i l K e e p Y o u r E a r To A l t r o v e g e r m o g l i a i l c o u n t r y - r o c k p i ù c l a s s i c o ( M a k e Wa r, The Ground (Wichita/Sad- Laura Laurent) e trova ancora spazio l’home recording dle Creek), l’epitome del- fra una “spectorata” e l’altra (l’iniziale The Big Picture l’Oberst rinato, il suo te- o Yo u W i l l . Yo u ? W i l l . Yo u ? W i l l . Yo u ? W i l l ) , m a s i t r a t - stamento, Electric ta più che altro di una ghirlanda posta su un marmoreo (Acoustic?) Ladyland. For- monumento, o forse un cimelio del tempo che fu messo se non il il ecco suo al- in questo museo che Oberst ha edificato a sé stesso. Il bum ma certamente il più ragazzo non ha perso il suo tono da confessionale, ma rappresentativo. Una vera è indubbiamente straniante udire una confidenza per- e propria celebrazione del sonale - come sempre sembrano le parole uscite dalla (suo personale) cantauto- voce di Oberst - con accompagnamento di orchestra in rato sfaccettata in una gio- pompa magna! Il ragazzo non ha smesso di deprimersi, stra di colori e atmosfere arriva pure a intristirsi per il successo ( For a song, I che si dipana fra caciara e was bought / Now I lie, when I talk da False Advertising intimità, tristezza e ilarità, ), eppure da ogni parte trasborda una fresca e sorniona chitarra dobro e orchestra aura nuova e quando si profonde nel pezzo più amaro (thanks to suo miglior i e struggente (Laura Laurent) al termine si schermische soliti noti). Esistenzialismo r i d e n d o c o n u n I Wa s R e a l l y G r e y, c o m e a d i r e “ m a g u a r - post-atomico che si espri- da un po’ che corvaccio inconsolabile ero, ma ora è me interrogandosi su come p a s s a t a , l e t ’ s c e l e b r a t e ! ” . L e t ’ s N o t S h i t O u r s e l v e s ( To debba essere una canzone, L o v e a n d To B e L o v e d ) , l a s a r a b a n d a c h e c h i u d e l e d a n - e di conseguenza un auto- ze, dichiara la finale e totale indipendenza dell’autore, re, dopo Dylan, dopo Neil con una frase rivolta anche a chi scrive, fra gli altri: I Yo u n g , d o p o i C u r e , d o p o do not read the reviews / No, I am not singing for you. T h o m Yo r k e e d o p o l e t o r - Eppure quei malnati recensori decantano il suo album ri gemelle. Oberst sa che i n o g n i d o v e f a c e n d o l o d e c o l l a r e i n c l a s s i f i c a ( 11 ° p o s i - la risposta è nella doman- z i o n e n e l To p I n d e p e n d e n t A l b u m d i B i l l b o a r d , n ° 2 n e l l a da e nel modo in cui viene classifica di Heatseekers). Dopo Lifted il nome Bright posta, da qui l’esigenza di Eyes fa il giro del mondo, travalicando definitivamente porla nel più ampio numero il mondo indie. Una sbornia, ma come sappiamo ci sarà di forme al fine di conte- ancora modo di alzare la posta. (8.0 /10) nere tutte le possibilità… L’ u l t i m o p r o d o t t o B r i g h t E y e s d e l 2 0 0 2 è i l c u r i o s o C h r i - Ecco allora che la compat- stmas Album che la Saddle Creek mette a disposizione tezza folk-rock di Fevers… solo su internet per beneficenza, in dicembre. Sono tutti ritorna Mogise con i classici del natale che ogni buon e cattivo cristiano l’antica istanza wave-pop, conosce, manca solo Jingle Bells. Si tratta di una tra- sicchè da un lato il percor- dizione piuttosto consolidata negli States, da Johnny so negli abissi più spettra- Cash fino ai White Stripes, ed è facilmente intuibile che li il sia roba esclusivamente per feticisti di Bright Eyes e suo culmine in Don’t Know per cuori d’oro (strano accostamento, vero?). Ma è inte- e a Mike misurarsi “oldhamiani” 34 sentireascoltare trova ressante notare come Oberst si appropri di questi pezzi acquirenti). Nel settembre, arcinoti facendoli sembrare come propri liberando tutta da segnalare anche la sua la tristezza intrinseca del Natale: si veda ad esempio presenza che valle di lacrime diventa The First Noel dopo il trat- Limits tamento Bright Eyes, e Stille Nacht? Con le sperimen- immortalata in un’omonima tazioni elettroniche a cui è sottoposta diventa persino compilation. inquietante. D’altra parte l’attitudine a stravolgere arie Nel notissime nel consueto tripudio di dolore è ben nota per proseguire il suo ramadan i f a n d i C o n o r ( s i p e n s i a Yo u A r e M y S u n s h i n e i n T h e discografico Calendar Hung Itself). tinua 2003-2004: sul tetto del mondo all’Austin Festival 2004 City che Oberst viene sembra mentre l’attività dal con- vivo e se dobbiamo segnalare un bootleg è immancabile Bri- Il 2003 fu quasi un anno sabbatico per Oberst, non pub- ght Eyes And Friends – An b l i c ò n u l l a p e r l a p r i m a v o l t a i n d i e c i a n n i . L’ a t t i v i t à l i v e Evening Of Solo & Colla- invece non conobbe sosta - inevitabile dopo il tam-tam borative suscitato da Lifted - ma stavolta niente più esibizioni gistrazione in due CD di un introverse in localacci come il Sokol Underground: la concerto tenutosi a Provi- band di supporto si allargò fino ad includere diciannove dence, Rhode Island, il 24 elementi! Nelle trasferte d’oltreoceano andò a caccia febbraio assieme a Jim Ja- di affinità elettive trovando effimere sintonie con Beth mes dei My Morning Jacket Orton e gli Arab Strap (con quest’ultimi la sintonia si e M.Ward (presente anche spinse fino allo studio portando Oberst a collaborare al Maria loro Monday At The Hug And Pint; aprile 2003). re Ray). Vi sono presenti Parlare di bootlegs all’epoca del peer-to-peer è fac- i brani maggiori dei futuri cenda ardua assai, tuttavia è interessante almeno dare album del 2005 e notevoli un’occhiata alle scalette dei concerti per notare come cover di Lucinda Williams spesso le canzoni di Oberst vivano lunghe gestazioni e Bob Dylan. live prima di vedere la pubblicazione. First Day Of MyLi- Sèguita fe, uno dei singoli dell’ultimo album, pubblicato nel mar- abbiamo definito come “at- zo 2005, inizia ad essere rodata già nell’ottobre 2002, tività così come molti pezzi di Lifted si ritrovano in bootlegs in questo caso nell’album registrati nei primi mesi del 2001. Si scopre poi con or- Fall rore che nonostante la luculliana produzione molti sono It’s Overhed del fido LeMa- ancora gli inediti, ad esempio al famoso David Letter- s t e r. È “ g i n n a s t i c a p r o d u t - m a n S h o w d e l l ’ 11 g i u g n o 2 0 0 3 O b e r s t s i p r e s e n t a c o n l a tiva” che anticipa la gros- sconosciuta The Trees Get Wheeled Again, poi inclusa sa n e l l a c o m p i l a t i o n L o s t H i g h w a y : L o s t A n d F o u n d Vo l . 1 l a n a s c i t a d e l l a Te a m L o v e (Lost Highway; settembre 2003) assieme a roba di John- Records, ny Cash, Lucinda Williams e Willie Nelson… stita Il resto del 2003 scorre pacifico fra doveri di vicina- ufficialmente inaugurata in to (le presenze in studio con gli inseparabili Cursive giugno con l’uscita di Wild per il loro bel The Ugly Organ, e poi nel debutto del Like Children dei Tilly And concittadino Stephen Pedersen aka Criteria en Garde The Wall. e in The Transient del folkster David Dondero) e una Intanto compilation, Saddle Creek 50, che vede in tracklist un consueto inutile inedito dei Desaparecidos (Pop’n’Off At The F) e Eyes si rompe con l’usci- l a d i s c r e t a i n n o d i a d i O n e F o o t I n F r o n t O f T h e O t h e r, ta una outtake di Lifted. Poi, visto che al nostro amico non Tw o Ve s s e l s ( C r a n k ! ) , c o l - piace autocelebrarsi, esce un mastodontico cofanettone laborazione in split con i d i s e t t e L P, B r i g h t E y e s V i n y l B o x S e t ( S a d d l e C r e e k ; Neva Settembre 2003) contenente tutta la produzione ober- di vecchia data (primi ’90) stiana (doverosi gli auguri da parte nostra agli eventuali d’ispirazione slowcore ten- Performance, Ta y l o r pure di di dei Now quell’estate: un’etichetta dallo stesso nell’aprile digiuno One Jug Dinova, che vicinato”, Open novità Azu- quella buon Back di delle re- Of un ge- Oberst l’inBright Wine. gruppo sentireascoltare 35 dente L’ o p e r a le urne hanno chiaramente smentito in quel mese, ma di dimostra la notevole disin- al c o u n t r y. Bright Eyes. In novembre escono infatti le avanguardie voltura con la quale negli d e i d u e n u o v i a l b u m , i s i n g o l i L u a e Ta k e I t E a s y c h e ultimi tempi Oberst colla- entro la fine dell’anno riescono a piazzarsi al 1° e al bora con altre realtà, mol- 2° posto di Billboard. Lo scalpore è grande, l’ultimo a to evoluta rispetto ai pugni riuscire in un’impresa analoga era stato Puff Daddy nel nello dell’epoca ‘97, personaggio ben lontano dal cliché dell’indie-kid Oh Holy Fools. La perso- stomaco che giocherella con le cassette di cui Oberst ha invece nalissima vena dell’autore le stimmate. rimane sempre abbastanza La parabola Bright Eyes giunge al suo apice. Guardando indipendente ma l’apporto a ritroso il suo percorso non si può non notare l’impres- altrui ai suoi pezzi spesso sionante sistematicità dell’ascesa, passo dopo passo, fornisce capa- del ragazzino, e viene da chiedersi a cosa potrà mai ce di renderli qualcosa di quel quid puntare ora, e adesso che ha tutto sarà ancora così in- più che materiale di serie consolabilmente infelice? Ovvero, il personaggio che si B buono solo per comple- è creato può continuare ad esistere in questa nuova di- tisti. da mensione di successo stratosferico, assolutamente im- chiaro esempio soprattutto Questo split ne pensabile agli esordi? Lungi da chi scrive il voler rien- i n B l a c k C o m e d y, p e r l e i n - trare in quella categoria di predicatori che gridano al solite soluzioni chitarristi- tradimento riteniamo opportuno fregarcene bellamente che dei Neva Dinova, e in di siffatti dilemmi che attanagliano la rete e canticchia- I ’ l l B e Yo u r F r i e n d , c h e c o n re tranquillamente We Are Nowhere And It’s Now… una brillante sezione fiatistica si candida ad essere la Penny Lane personale di Conor Oberst (!). (7.5 /10) In settembre Bright Eyes è fra gli artisti che in The Late Great ston Daniel (Gammon) tributo John- rendono all’ultimo gran- de fool texano, fra Beck, M e r c u r y R e v , To m W a i t s e tanti altri. La sua versione d i D e v i l To w n , b r a n o t r a t to dall’album 1990, tradisce la vicinanza stilistica col personaggio risalente soprattutto al primo periodo di Oberst. In settembre poi il Nostro si aggrega al c e l e b r e “ Vo t e F o r C h a n g e To u r ” , con R.E.M., Springsteen, Pearl Jam, Ben H a r p e r, J o h n F o g e r t y, C r o sby-Stills-Nash… entrando nel gotha degli “artisti impegnati” americani. Saranno insieme per 34 date fra ottobre e novembre subi- to prima della rivoluzione, non quella americana come 36 sentireascoltare monografia tra mistero e natura: i viaggi sonori di PEPPE CONSOLMAGNO di Stefano Solventi Consolmagno è percussionista, compositore, ricercatore, artigiano. Il Brasile è perno e punto di fuga delle sue strutture ritmiche/timbriche, nelle quali s’incontrano Africa e Asia, Sudamerica ed Europa, tradizioni e avanguardia. In un abbraccio solo. Quando ho ricevuto il pacchetto promozionale della Cajù Records, mi ha preso il solito vecchio timore. Più del solito, a dire il vero. Mi trovavo ad affrontare quattro dischi che la nota stampa faceva supporre piuttosto fuori dalle mie abituali frequentazioni: sperimentali e jazzistici, pervasi d’Africa, di Sudamerica e da un’altra masnada di latitudini. In breve, di tutti i nomi e luoghi e riferimenti citati sapevo ben poco, giusto le intersezioni e i confini con lo sperticato mondo del pop-rock. Di Consolmagno, soprattutto, non sapevo nulla. E mi rodeva, tanto quanto mi affascinava la sua figura di percussionista viaggiatore e artigiano, uno che col legno, il coccio, la corda, interferendo con l’aria e l’acqua, con la terra e i suoi frutti (letteralmente!), impastando geografia e tempo e cuore, costruisce gli strumenti e (quindi) il suono del proprio stare sul mondo. Così mi trovai quei quattro dischi e una lunga nota stampa da affrontare, da scoprire. E quel timore. E quella curiosità. Peppe Consolmagno è un classe ’58, da Rimini. Senza possibilità d’errore può essere definito un percussionista. Ma è anche qualcos’altro: uno che insegue il suono, lo stana, lo inventa, lo danza, lo anima. Uno che sembra cogliere il ritmo dalle vibrazioni nell’aria, perché c’è già, basta sentirlo. Uno che ogni timbro è pulsazione e riverbero, eco di profondità e superficie, attimi corrugati elastici e densi, germogli di vita che avviene. La sua voce (con il portoghese brasiliano come idioma) e quella degli strumenti che si costruisce da sé (per sé e p e r a l t r i , t r a c u i N a n a Va s c o n ç e l o s e Tr i l o k G u r t u . . . ) , è una voce sola, la voce di infinite voci, di suoni che indugiano sul limite tra silenzio e vita, tra vita e rumore. s e n t i r e a s c o l t a r e 37 La sua presenza è l’arredo che squaderna gli spazi, A questo punto, ci è venu- stempera le coordinate nell’unico crocevia possibile tra ta ipermodernità occidentale e naivetè terzo/quarto/altrom- (purtroppo ondista, utilizzando senza alcun preconcetto e con la mail). Ci ha risposto con stessa naturalezza espedienti elettronici e nastri (sem- entusiasmo, pre rigorosamente suonati live). Tu chiamala, se vuoi, semplicità. Non ci aspetta- sperimentazione, vamo altro. però irrimediabilmente condannata alla gioia del puro suonare, ad uno spontaneismo inguaribile, quasi fosse un rito di appartenenza all’ordine dei vivi, di chi non ha rinunciato ad emozionarsi, a stare voglia di intervistarlo soltanto via passione, l’intervista SENTIRE ASCOLTARE: I n n a n - tra le cose come un miracolo quotidiano. zitutto, le coordinate: dove Può sembrare la descrizione di un anacoreta delle sette e come nasce, dove e come note, e invece Peppe negli anni si è fatto un bel carnet vive il tuo “fare musica”? di frequentazioni “secolari”: fu tra i premiati di Arezzo PEPPE CONSOLMAGNO: I l m i o Wave nel ’95, quindi ha partecipato a numerosi festival modo internazionali (dal Festival Banlieues Bleues di Parigi sce da al Jaco Pastorius Music Festival di Coriano, dal Musica l’ho concretizzato dei Popoli di Firenze al prestigioso PercPan – Panorama sionalmente Mondiale della Percussione - di Salvador do Bahia, dal tardi. Sono nato a Rimini, Festival International de Osasse in Tunisia all’Umbria ho vissuto per molti anni a Jazz), trasmissioni radio e televisive (Rai, Canale 5 e la Pesaro, ora vivo in campa- purtroppo defunta Videomusic), senza contare i seminari g n a t r a Ta v u l l i a e G r a d a r a e l’attività di critica musicale per riviste specializzate ai confini con la Romagna. (Percussioni, Jazz, World Music) e non (Il Manifesto). Sono Il Brasile è il suo riferimento sentimentale, un Brasile tà differenti, quella roma- che è stormo di possibilità inesauribili: la vibrazione del gnola da parte di madre e legno, della pelle, della corda d’animale come un gesto quella salernitana da parte di vita, connaturato alla vita, inevitabile alla vita. Per di padre, ma senza profon- questo, l’attività di Consolmagno non è inquadrabile in de radici musicali. La mia un contesto world piuttosto che jazz o addirittura pop: li scuola è stata la vita, le attraversa tutti come se fossero le etichette vuote che, esperienze, i viaggi, la cu- in effetti sono (…?). Applica con entusiasmo teoria e riosità, gli odori, i sapori, pratica del proprio suonare alle situazioni più diverse, il senso pratico e la ma- si tratti del Womad o del Festival Jazz di Montreal, per nualità. Ho sempre cercato poi senza indugio collaborare con una delle ultime si- la libertà, la possibilità di renette della “outro lado” pop, l’ineffabile Cibelle. In poter ogni caso, la sua firma è la stessa, celata in quel ve- accettare spaio festoso, in quegli scarabocchi liquidi. ro di compromessi. Non è E’ semplice, a ben vedere, il linguaggio di Peppe: una facile, richiede uno sforzo semplicità che può anche sembrare difficile tanto ci sia- notevole mo abituati a disattenderla (la semplicità). Prendete i fuori dal comune. Se l’uni- quattro dischi di cui sopra (e di cui più sotto), come co sostegno sei tu stesso, s’impongano quale sfaccettatura diversa d’una stessa per ottenere questo biso- sensibilità, gna calandosi cioè in situazioni lontane con di fare musica lontano nato profes- due scegliere, e se abbastanza tra il na- anche di minor una lavorare, dover nume- coerenza fare espe- però in ognuna la medesima voglia (ora una bramosia rienze, quasi febbrile, altrove una meditativa sospensione zen) sabilità. Per questo motivo di sintesi, d’incontro, di abbraccio tra forme e culture la mia musica non ha con- e individui. Quasi fosse un viaggio che è come dire un fini e cerco di farla vivere ricordo, una testimonianza, una premessa/promessa di ovunque senza limitazioni futuro. Come i tanti viaggi di Peppe, ognuno l’arte e ne vincoli. l’elemento per dare forma ad un nuovo strumento, una S.A.: Il tuo utilizzo delle nuova voce. percussioni è molto parti- 38 s e n t i r e a s c o l t a r e accollarsi real- respon- colare. Sembra che tenti di gia, fanno veicolare pensieri e il loro modo di essere. Si trovarne la voce interna... percepisce, è nell’aria, basta prenderlo ed inseguirlo. Sarà perché le conosci “in Tutto questo ti permette di espandere la creatività e di embrione”, visto che le co- relazionarsi in modo organico con la musica. struisci? S.A.: Il Brasile: non credi che ne abbiamo un’idea terri- P. C . : Costruirsi stru- bilmente stereotipata? In altre parole, sostenere che hai mento aiuta a conoscerlo, nel Brasile il principale referente musicale, non signifi- a ca il rischio di equivocare la portata del tuo progetto? capirlo, a uno rispettarlo. Passando attraverso le sue P. C . : D e l B r a s i l e a n c o r a o g g i l ’ i t a l i a n o h a p u r t r o p p o u n a fibre riesci a comprendere idea piuttosto superficiale… Al di fuori che il Brasile come si esprime e pertanto non è solo spiaggia e fondoschiena, il non tener conto di interagire con lui. Co- quello che muove nel profondo quel Paese, è un aspet- struire il proprio strumento to riduttivo e irrispettoso. Per quanto mi riguarda, è da permette di fare da ponte tempo che ho allontanato questo abbinamento in effetti tra e poco esatto che mi incanala in una unica direzione che la necessità di soddisfare l’esigenza creativa io stesso non gradisco e non mi riconosco. Amo profon- l’esigenza di musicista. Il damente il Brasile, ho scritto molto su questo Paese, mio è un lavoro intimistico parlo portoghese brasiliano. Il mio modo di suonare la basato Lo mia musica è legato al balançou, come dire: il mio me- un tronomo, il mio tempo si muove con la pulsazione bra- comunicatore sociale. Per siliana. Per questo motivo utilizzo parole in portoghese me è importante far parla- brasiliana. Ma non suono musica brasiliana nel senso re lo strumento e questo lo popolare del termine. Tutto viene dall’Africa e di questo riesco a fare utilizzando la nutro un profondo rispetto. La mia musica passa dalla cassa armonica, esaltando foresta alla città, dai luoghi sacri deputati al silenzio il timbro, che determina la al caos delle metropoli, dall’infanzia al momento della qualità sull’emozione. strumento musicale del suono, è suono responsabilità. Non penso a tavolino cosa o come suo- inteso come evento sonoro. nare, suono e basta. Poi nel tempo ho trovato persone Non a caso in alcuni miei che parlavano di me con analogie con l’Oriente con la brani si trova tra l’elenco Mongolia con l’Africa ma questo l’ho saputo dopo. degli musicali S.A.: Ascoltandoti viene da pensare che la tua sia musi- utilizzati il nome simboli, strumenti ca “di ricerca” o “sperimentale”, però allo stesso tempo simboli sembra la più naturale, semplice possibile. E’ uno dei che rappresenta- no l’esperienza dell’uomo. tuoi obiettivi formali/espressivi? Trasporto nello strumento P. C . : R i c e r c a e s p e r i m e n t a z i o n e d o v r e b b e r o f a r p a r t e il mio pensiero, il mio ca- del proprio bagaglio, poi come in tutti i campi è ne- rattere…me Que- cessario trasmetterla in parole semplici e chiare. Per sto è un modo di vedere la stesso. questo motivo, lascio fuori dalla mia musica tutto quel musica, non l’unico, ma è mondo complicato e laborioso. un modo. S.A.: Tu e il jazz: quanto senti di appartenere all’am- S.A.: Anche il tuo rappor- biente o “scena”? Sei un inquilino, un ospite o cosa? to peculiare: P. C . : P r o b a b i l m e n t e p i ù o s p i t e . Q u e s t o v a l e a n c h e q u a n - sembra che ne acciuffi uno do mi relaziono con altri generi musicali. Gradisco far già presente nell’aria (nel parte di progetti, chi mi chiama sa che la mia figura è mood), piuttosto che det- quella e non un’altra. Non mi si chiede fammi questo o tarlo... quest’altro, perchè sarà sufficiente dialogare, intender- P. C . : N o n m i è m a i p i a c i u - si, raccontarsi e poi lasciare libero il proprio modo di to il ritmo finalizzato a se suonare. E’ questo che fa la differenza secondo me, ed stesso di è questo che mi ha caratterizzato in questi anni. Una esercizio impostazione, la mia, confortata da esperienze di altri col ritmo o arroganza è come o di veicolo ginnico. Le persone quando illustri colleghi.. suonano trasmettono ener- S.A.: A proposito, visto che fai anche attività giornali- sentireascoltare 39 stica, come sta il jazz dal tuo punto di osservazione? la P. C . : N o n s o b e n e , d o p o t u t t o i n q u e s t i u l t i m i a n n i è c o s ì ben collocare in musica i tutto difficile che non riesco essere obbiettivo. Fonda- tuoi strumenti senza fini- mentalmente credo che stia bene. Anche qui in Italia re in canali stereotipati e riescono a sopravvivere, anche se sempre a fatica, rivi- pittoreschi. Per me è im- ste del settore, siti web molto ben forniti e documenta- portante lasciare ogni vol- ti, tanti jazz club, tanti appassionati, diverse etichette ta qualcosa a chi viene ad che si occupano di solo jazz. I musicisti jazz italiani ascoltare. sono usciti dal ghetto e riconosciuti in tutto il mondo. Cibelle La musica suonata…periodo difficile in tutti i campi…ma che, perché no! passerà. I cicli sono cicli, il problema è che durante il S.A.: A proposito di colla- tempo concesso alla propria esistenza non se possono borazioni, vedere molti. molte. A parte l’importanza S.A.: Ti capita di provare interesse per qualche disco o dei singoli nomi, quale col- genere o musicista di area pop/rock? laborazione ti ha lasciato P. C . : C o n t u t t a f r a n c h e z z a è u n g e n e r e c h e h o s e m p r e di più sul piano umano? frequentato poco. Mi capita a volte di ascoltare qualco- P. C . : N o n s o n o c o s ì t a n t e sa e solo raramente lo faccio con interesse. Anche in devo dire. Certo ognuna ha questo genere ci sono cose molto belle e non necessa- la riamente banali. Tutto sta in chi suona, tra chi guarda quelle negative ti aiutano le cose in maniera rigida o chi le vede in maniera libera a crescere. e creativa. Come dire: poco esibirsi, molto integrarsi. Il Di certo quella con Nana pop/rock è un ambiente differente ma non incompatibile, Va s c o n c e l o s è s i c u r a m e n - ci sono tanti esempi di musicisti jazz, world, etc. che te la più forte e aneddoti- collaborano con gruppi pop/rock facendo cose eccellen- ca. Ci conosciamo da tanto ti. Anche io stesso ho collaborato con questo genere tempo, ma la nostra amici- divertendomi… cosa che non capita così spesso. Ripeto zia si è rafforzata e con- la questione la muove la persona. cretizzata negli ultimi due- S.A.: Cibelle, con cui hai suonato, rappresenta a mio tre anni. Ci siamo guardati avviso la dimostrazione che il pop può raggiungere sen- per anni con una certa cu- za sforzo un compromesso tra qualità e gradevolezza. riosità La ragazza, che se non erro vive a Londra, ti sembra un di nome su cui puntare per il futuro? accade quando due perso- P. C . : C i b e l l e è u n e s e m p i o m o l t o c a r i n o . H o c o l l a b o r a - ne si incontrano con per- to con lei lo scorso anno. E’stata una esperienza molto sonalità forti. Per me Nana interessante e piacevole. Questa tua domanda mi dà è stato un ottimo maestro, la possibilità di poter tornare su discorsi che ho fatto da lui ho appreso la manie- prima raccontandoti un altro aneddoto: venni inviato di ra di dar valore a strumenti suonare con Cibelle dal suo management, nessuna pro- come i caxixi, il berimbau, va, solo un cd inviatomi a casa un po’ di tempo prima. l’udu, i semi etc. Ho inizia- Da programma ci saremmo conosciuti direttamente sul to a costruirmeli in pieno p a l c o d e l Te a t r o V e r d i d i M a n i a g o i n p r o v i n c i a d i P o r d e - rispetto di lui. Forse… non none. E’pomeriggio e tutti siamo occupati nei preparati- a caso dopo anni di ricer- vi. Un saluto caloroso, due parole per rompere il ghiac- ca sul timbro, sui materia- cio, una veloce scaletta ed è già ora di suonare. Una li, sulla tecnica costruttiva serata con orecchie e mente aperta e buona la prima. e sul suono, Nana su sua U n a e s p e r i e n z a p e r t u t t i i n d i m e n t i c a b i l e . Vo g l i o d i r e : s e richiesta non sei disposto a metterti in gioco, non sei abituato cuni miei strumenti, quelli ad improvvisare e creare all’istante, questi incontri non che più lo rappresentano. potrebbero accadere. E’ necessario crearsi il proprio E’ il nostro un rapporto di spazio e imporre senza doverne parlare il proprio modo profondo di suonare, trasmettendo amore e rispetto profondo per invadenza, 40 sentireascoltare tua sua musica, nel saper Puntare per il su futuro…an- puoi vantarne peculiarità, ma sospetto anche come oggi Anche con po’ sempre utilizza rispetto, di di non di al- non arro- ganza. Nana in Peter Kauffmann che crede nei miei progetti, ha fatto giornalista uscire in aprile 2005 questi 4 cd a mio nome. Uno sfor- al Festival Mondiale della zo non piccolo, ma necessario, che concretizza quattro Percussione (PercPan) che miei lavori da tempo nel cassetto e che mi vedono coin- si tiene a Salvador Bahia volto in contesti differenti tra loro. Per quanto riguarda e da lui diretto per svaria- la craccatura: è un fenomeno preoccupante, da regola- te edizioni. E’ stato ospi- mentare, ma in Italia è così. Se vai con la macchina in te a casa mia. Direi però una strada a 80 km orari dove il limite è di 50 km orari, che tutto è maturato l’an- il poliziotto addetto al multa velox ti fa una multa di no nostro 150,00 euro e ti toglie due punti dalla patente, la stessa primo concerto in trio con velocità che magari lui stesso tutte le mattine percorre Antonello Salis eccellente con la macchina in servizio, senza cinture, braccio di fisarmonicista Brasile mi come passato invitò con il pianista, fuori e sigaretta in bocca, e parla con la collega. Nella di cui e’ stato pubblicato stessa catena Musica-Cd, quanti studi di registrazio- il Cd per la Cajù Records. ne usano software regolari, quanti musicisti etc. etc. . Come percorso Sarei dell’idea non di abbassare di tanto il prezzo del lungo e articolato che mi cd al pubblico, ma di alzare la quota destinata a chi fa ha lasciato un profondo si- il prodotto e non di quello che ci lavora dopo. Questo gnificato. permetterebbe di fare lavori professionali, pagare cor- S.A.: A proposito, i quattro rettamente i professionisti che intervengono nella rea- dischi per Cajù escono in lizzazione del cd, dal grafico, al fonico, a chi cura il un momento molto delica- mastering e l’editing etc.. Oggi si dice che si fa un cd to, con tutto un sistema di con pochi euro…è così vero? Può essere se hai grafica produzione che e master pronti a spese zero e se fai i conti solo i conti lamenta i danni provocati della stampa e siae. Diciamo le cose come stanno: la da masterizzazioni selvag- musica è considerata ancora oggi un divertimento e non ge una professione. e dirti: e un e vendita p e e r - t o - p e e r. Come vedi questo scenario? S . A . : To r n a n d o a i d i s c h i , i l l i v e d e l 2 0 0 1 a l W o m a d s o t t o P. C : I n g e n e r e l a q u a n t i t à l’egida Ishk Bashad ha una carica spirituale pazzesca, e di dischi che vengono ven- al contempo comunica gioia, immediatezza (a meno che duti ad esempio di un mu- questa non sia la gioia del puro ascolto). Hai qualche sicista ricordo particolare legato a quell’avvenimento? jazz, equivalgono alla quantità di dischi che P. C . : H a i c o l t o b e n e , l e e m o z i o n i c h e d e s c r i v i s o n o r e a l i una produzione pop desti- e sicuramente più forti nel vedere il concerto. Il gruppo na alla promozione. Capi- Ishk Bashad, ancora attivo, nasce dall’idea del pianista sci bene, che se anche il Giuseppe Grifeo con cui collaboro da tempo, insieme ol- livello è tre a me ci sono la suonatrice di Oud e cantante tunisina alto e il suo settore è di di Mouna Amari e il violinista siciliano Enzo Rao. Fummo interesse culturale impor- invitati nel 2001 a suonare al prestigioso Womad Fe- tante, comunque stival, quello di Peter Gabriel tanto per intenderci, che di un ambiente per pochi, oltre a festival inglese ha altre collocazioni nel mondo mosso fa persone quell’artista parte sempre che e solo da come nel nostro caso a Palermo. Di quel momento ho un credono in ricordo molto buono, tanta energia, tanta voglia di suo- quel progetto, amano quel- nare, molta professionalità. I fonici di Gabriel capirono la musica, lontano da conti immediatamente cosa dovevano fare, soli venti minuti economici fatto di piccoli di sound check, e pronti per suonare. Il concerto fu re- guadagni e con molta pro- gistrato da Peter Kauffmann. Al nostro ritorno riascol- babilità anche in perdita. tammo la registrazione e l’idea che fosse possibile farla Sopravvivono, soprat- finire in un cd sembrava molto fattibile… e così è stato. tutto fanno di tutto per far ma La collocazione, l’organizzazione, il luogo, il service, il sopravvivere il loro modo fonico sono gli elementi che contribuiscono alla riuscita vedere il mondo. Lo stesso di un buon spettacolo. sentireascoltare 41 S.A.: Timbri dal Mondo può essere considerato il tuo e realista, alle parole pre- autoritratto sonoro, oppure è solo una parentesi che ti ferisco far seguire i fatti. sei concesso? Purtroppo le solite ristret- P. C . : A s s o l u t a m e n t e u n m i o a u t o r i t r a t t o . T i m b r i d a l m o n - tezze economiche, le pro- do è una solo performance che faccio da tanti anni. Il blematiche Cd uscito per la Cajù Records testimonia questo mio il poco tempo a disposizio- lavoro. Tieni presente che essendo registrato su due ne tracce e dal vivo, rispecchia esattamente il mio spetta- chi colo. Tutto quello che si sente è quello che io faccio dal giorno, vivo, utilizzando voce, percussioni e live sample. Anche nici sempre in agguato, di- il libricino che accompagna il Cd, ricco di belle foto e stanze di racconti ben mirati, mette in evidenza il mio modo di etc. portano inevitabilmen- essere. te a insuccessi. Alle tante S . A . : C o m e n a s c e i l p r o g e t t o l i v e c o n Va s c o n c e l o s e belle parole, spesso segue Salis? il niente. La vedo così: po- P. C . : I l m i o r a p p o r t o d i a m i c i z i a e p r o f e s s i o n a l e c o n che idee molto concrete e Nana come ti ho accennato è abbastanza lungo nel tem- realizzabili po. In verità non avevamo mai suonato insieme a parte tempo un accenno nel 2001 in un doppio concerto a Firenze. te in avanti, La tecnica a Nana mi chiese se potevo trovare la possibilità di suo- due tracce è una fotogra- nare di nuovo in Italia con Antonello Salis con il qua- fia di quel momento, non le registrò Lester quasi 20 anni fa, un cd memorabile. si possono fare tanti ritoc- La sorpresa fu quando mi propose di suonare con loro, chi, è così come lo sentiva idea che si concretizzò con il breve tour del 2004 che il pubblico e tu dal palco. toccò come prima data Roma. Si trattò di una prima as- Questa cosa mi piace, ov- soluta del trio. Per evidenziare maggiormente il modo vio che da meticoloso come nel quale sono abituato a lavorare ti racconto questo sono, gradisco lavorare in altro aneddoto: Ci siamo incontrati soltanto il giorno maniera più completa. Ri- prima del concerto: giusto il tempo di scambiarsi i sa- peto: intanto così si fa e si luti e andare in Rai per partecipare alla trasmissione fa piuttosto bene. Stanza della Musica di Rai Radio Tre Suite. Il giorno S.A.: Infine, il mio prefe- successivo in solo un’ora e mezzo siamo riusciti, sotto rito, quel Kalungamachine la direzione di Nana, a preparare il programma della che è world, jazz, ambient, s e r a t a . Ve r a m e n t e p o c o i l t e m p o a d i s p o s i z i o n e , a n c h e intensità e divertimento, un questo concerto venne registrato da Kauffmann e oggi è inno intimo e panteista... in catalogo Cajù. Un trio particolarmente intrigante, fra Come è avvenuto l’incon- composizione e improvvisazione, a cavallo fra tradizio- tro con Marangolo? ne e modernità. Un incontro speciale, superfluo parlare P. C . : M i f a p i a c e r e c h e t i d e l l ’ i m p o r t a n z a d i u n a p e r s o n a c o m e N a n a Va s c o n c e l o s piaccia molto. Kalunguma- che da oltre 40 anni spicca nel panorama musicale mon- chine è una ristampa del cd diale e di un musicista vulcanico come Antonello Salis, realizzato nel 1994. E’ sta- un incontro per entrambi ricco di sorprese. In Aprile di to ristampato proprio per- questo anno abbiamo suonato a Parigi. ché ancora richiesto. Come S.A.: La registrazione del concerto su un due tracce di- spesso accade non abbia- gitale provoca una fragranza, una sincerità non comuni. mo capito bene come mai Sembra di stare seduti per terra con le dinamiche che questo lavoro ha riscosso frullano ad altezza d’uomo. Vuoi parlarne? e riscuote grandi apprez- P. C . : S ì , è p r o p r i o c o s ì ! L a r e g i s t r a z i o n e s u d u e t r a c c e zamenti. Questo cd fu regi- è un modo veloce e pratico, ma come dire: “o la va o la strato in studio, ma anche spacca”. Sicuramente con un banco di regia destinato, qui la logica è sempre la doppio fonico, etc. etc. si potrebbe lavorare con più dati stessa: tre soli pomeriggi e con più certezze. Sono sempre stato un tipo pratico senza prove, si suona, si 42 sentireascoltare per organizzative, familiarizzare dovrai lavorare inconvenienti chilometriche e aperte allo e con quel tecetc. stesso proietta- Peppe Consolmagno Tim b r i d a l mondo (Cajù Records, 2 0 0 5 ) ascolta, si archivia, si lavora finché le energie e le idee ci sono e il cd è usci- di ©2005 Stefano Solventi to. Con Antonio già lavora- Questo è lo spettacolo in vo da qualche anno. Prima, cui Consolmagno mette in nel 1990 con il suo Maran- scena se stesso, one man golo Quartetto Orizzontale band alle prese con un tap- suonammo al International peto di arnesi sonori, alcuni Jazz Montreal costruiti da sé, altri testi- in Canada. Peccato che di moni del suo girovagare in questo cerca di, del suo spandere Festival di quartetto ancora esistente, ci sia un master vita passando. Insomma, è pronto, mai pubblicato. Tra il suo autoritratto: una impressionistica sarabanda di me e Antonio ci lega una suoni che tratteggiano l’esistenza affettiva di Peppe, la buona amicizia e una buo- sua fede nel sottobosco magico che anima le cose, nelle na vibrazioni che mormorano una semplicità misteriosa. conoscenza dei nostri pregi e difetti. Persona di Sospesi tra ieraticità e gioco, episodi come Lion heart alto valore musicale e do- e Picolé definiscono frammenti d’una visione tenera, tato di una grande capaci- come marce in punta di piedi tra sogni d’infanzia, come tà che gli permette di en- istintive pratiche d’incanto. Altrove, lo scenario cambia, trare e uscire nella musica ti scivola sotto ai piedi, squaderna modi e mood senza con preavviso: ora è una questione di rimbombi cupi, fischi disinvoltura. Questo ha permesso di realizzare spersi prodotti come Kalunguma- sotto i piedi (Lua), ora uno schizzo spiritoso con una chine, 37 minuti , un con- magia nel taschino (Xarà), ora una vera e propria ode al centrato di libere idee e di berimbau, questo gracchiare degli dèi, questo filo spi- suonare anche oggi anche in duo, ogni volta con sor- nato e volo sfrenato di capoeira (Baurimbé). Il canto, in portoghese brasiliano, si snoda dolciastro, prese. oscuro e sornione, col peso specifico d’una fiaba: come S.A.: Il suo sax e la tua in A minha Carlotta, coi caixixi che strinano un ritmo voce - anzi le tue “voci”, guizzante, o come in A criativitade è uma dança, ninna se così possiamo chiamare nanna che scova i battiti del mondo. Per quanto man- anche quelle dei tuoi “fi- chi all’ascolto lo spettacolo visivo di lui che armeggia gliocci” percussivi - si ab- gli strumenti cavandone la voce, c’è evidente in queste bracciano come se fossero tracce lo sforzo di “visualizzare” la suggestione che le una cosa sola... ha provocate, come accade in Segredo da noite (voci P. C . : la atonali come minacce addormentate logica e vibrazioni, l’Africa, i Carabi, l’oriente, la tavolozza straniata dagli effetti elettronici, il ritmo primario delle il nostro modo di vedere le congas e la bizzarria fumigante del flauto andino), e cose. Non è una cosa crea- ancor più in Manaus, dove le frequenze si fanno torbide ta apposta, premeditata, è e limacciose, dove in una fauna impenetrabile si aggira quello che siamo. un motivetto adesivo alla stregua del Wyatt più briccon- Per è stridori adoperata, ma soprattutto S.A.: Questa e concludere: la musica può ancora sugge- cello. L’ a r c o e s p r e s s i v o è i n s o m m a t e s o c o m e u n o r i z z o n t e : rirci una direzione? laggiù la tensione panica, l’attesa drammatica di fronte P. C . : La musica è troppo al manifestarsi del suono (come nella stupenda Incontro Se das aguas, tra riverberi e persistenze, ronzii e sciabor- la musica esce dall’anima dii) che evoca addirittura certo Brian Eno; quaggiù lo come non può riuscirci? scherzo, il guizzo colorato, come quella Uekke, uekke importante e potente. c h e s e m b r a u n a v e r s i o n e p r i m o r d i a l e / m i n i m a l e d e i To m To m C l u b . N e l b e l m e z z o , n e l c u o r e d e l p u n t o d i f u g a , circondato dalle sue propaggini sonore, Peppe Consol- sentireascoltare 43 magno armeggia, indugia, Giardini incantati nella fibrosità ipnotica del berimbau escogita il proprio punto di (Lion heart), il pianoforte che romba romanticherie cupe vista, dal quale non smette per poi sciorinare melodie scivolose e pazzarielle (Vinho mai di osservare. Vivendo. branco) o acide ebbrezze (Vinho tinto). Poi ancora an- (7.6/10) siti e voci wyattiane dopo tempeste jazzy (Manaus), il sacro senza quartiere tra schiocchi, strepiti, schianti e f r u s c i i ( Va m o s p r a s e l v a ) , q u i n d i l ’ a n g o s c i a p a n i c a a n z i l’incanto evanescente di Lua. Si chiami pure di sperimentazione, questo tracciare una via tangente tra Sudamerica e Asia, concettualizzando un respiro jazz d’Europa e frastagliando ritmiche e timbriche d’Africa. Tuttavia, è un suonare che non si scorda la pura giocosità del proprio nascere popolare, ed ecco allora la pulsante bizzarria afro-doowop-funk di Uekke, uekke, ecco il mambo jazz dal piano spiritato di Nogales, ecco la marcia bahiana tutta sussulti, scoppi e frizzi di Caribbean dreams, ed ecco il vitalismo febbrile della fisarmonica nella malinconia strisciante di Loro. P e p p e C o n s o l m a gno, Nana Va s c o nc e l o s , A n t o nello Salis V a s c o n c e l o s _ S a l i s_Consolmag n o ( C a j ù R e c o r d s, 2005) di ©2005 Stefano Solventi I tre si conoscevano, certo. Il percussionista brasiliano Va s c o n c e l o s e d i l p i a n i s t a / fisarmonicista Salis ave- Alla fine sarà proprio quest’ultimo il sapore dominante, per quanto difficile o addirittura arduo sia stato talora il viaggio. E’ come aver navigato sulla superficie di un fiume, averne saggiato le anse, i letti, le rapide, il putridume e la freschezza, e poi il mare che è l’ultima parola del suo essere comunque fiume. Pure un bambino lo sa che è così. (7.4/10) me (un album in condomi- Peppe Consolmagno, Antonio Marangolo Kalungumachine (Cajù Records, 2005) nio, Lester del 1985), ma di ©2005 Stefano Solventi il vano anche lavorato assie- percussionista Risale al ’94 questo incontro di due personalità ina- Consolmagno rappresenta- spettatamente osmotiche, questi patrimoni d’esperien- va una novità assoluta. Di ze e culture così lontani, così vicini, così inevitabili. più, appena due giorni pri- L’ u n l ’ a l t r o , l ’ u n o n e l l ’ a l t r o , t a n t o c h e l ’ a b b r a c c i o t r a l e ma di questo concerto, ac- voci (il sax, il baflaphone e l’harmonizer) di Marangolo caduto nel luglio del 2004 e quelle di Consolmagno (live sample, conchiglie, cim- al Fandango Jazz Festival bali, gong, caxixi…), o se preferite tra l’estetica fusion di mai maculata di night club, cantautorato e colonne sonore state fatte prove, non esi- del primo e quella sorta di panteismo intimista e gioioso steva del secondo, avviene con la leggera inesorabilità di un trio col Roma, non una erano scaletta. C’era solo l’idea, la voglia, l’ec- evento naturale. citazione Detto La confluenza di due fiumi, un denso riverberare, il ba- ciò, capite perché questo flaphone che zufola minimi termini segreti, found soun- disco mi sembra – è - sen- ds e pennellate ambientali: è il caso di Incontro das sazionale? di farlo. fragran- aguas, che in forza del suo realismo tra il magico e il za radente del due tracce naif spiega il senso di tutto il lavoro. Opera che sa al- digitale, magia e mistero, tresì sbraitare panneggi free e calligrafismi intangibili gioia e cupezza, spirituale (Kobaltus), agitare lo spirito di Robert Wyatt (nei vo- e animalesco si spampana- calizzi traslucidi nel teatrino impressionista/animalesco no e impastano con impe- di Manaus) ed angosce Eno/Bowie (tra gli ectoplasmi di tuosa duttilità, con saggio harmonizer e cimbali di Lua). Che sa imbastire astratti- dinamismo. smi dada tra i grovigli e la giocosità mambo di Klee. Che Nella 44 sentireascoltare sa incedere sulla linea di in tiro tribale, (creatura di Peter Gabriel, bisbigliano meditando jazz al confine per quei due o tre che non mondo. tra civiltà e natura (come lo sapessero), Ishk Bashad Registrato nella splendida ovvietà di erano una band di quattro ce Lembranças do nordest). persone polazioni in studio, suona Che sa chiudere insomma volontà, cultura, spirituali- come l’abbraccio tra arcaismo e tà e gioia, semplice gioia te (post)modernità di certe cose che avvengono tra urbano e col fare occasione che esistere del Womad incrociavano nell’incontro tracciano disegni fruscio su due digitale, e un lunari, il senza miracolo fragile. Suona manipotencome del loro suonare. portandosi tle track, per poi spegnersi Suoni densi di passato ine- per non accadere mai più in una ninna nanna impa- stricabile, eppure fragran- uguali. (7.2/10) stata d’incanto e timore (il ti di presente. Il pianoforte sogno adulto per pulsazio- romanticamente ne liquida, canto flautato e di baflaphone di A criativita- corso di tentazioni jazz e de è uma dança). p r o g r e s s i v e . L’ o u d v i b r a t i - Disco le e i melismi accorati del- meravigliosamente rannicchiato nel proprio sortilegio. (7.6/10) il trac- agile ed esoterico della ti- Giuseppe via del clichè, irrequieto Grifeo, per- la tunisina Mouna Amari. I peana lancinanti del violino di Enzo Rao. E, tra di essi, la ragnatela imbastita dalle percussioni di Pep- pe Consolmagno, un gioco vivo vibratile frastagliato, un muggire di vasi, un sonagliare di conchiglie, un fruscio e un tramestio che si nutre di quello che vibra nell’aria. Dal buio incantato in cui sorge Che vi sia pace alle strategie sospese di Der- I s h k B a s h a d Live at Womad 2001 ( C a j ù R e c o rds, 2005) vish, l’interplay fra i quat- di ©2005 Stefano Solventi elastica tro definisce una tensione tra libertà e mi- Ishk bashad è un saluto, un stero, unisce in un solo di- augurio di pace, un incon- segno effluvi latini e irre- tro di volontà. Quello che quietezze balcaniche, jazz più una e progressiva, il ponente e sera o meno accadde 2001, il levante di un intangibi- soltanto pochi giorni prima di Agosto le medioevo (emblematica quindi tra i n t a l s e n s o Ya q a l b i k h a l l i oriente ed occidente – frat- elhal), salvo poi scompa- tura culturale, economica, ginarsi come un mandala, religiosa, esistenziale – si disfare le densità atmosfe- facesse larga e profonda e riche nera, ferita di cui – ahinoi linelli – siamo lontani oggi dallo (Zinkolah). Quella gioia e scorgerne quella spiritualità di cui di- Ma che quella la del la frattura guarigione. sera, appun- to, quella sera a Palermo, (Gianub) d’ombra come e mu- sabbia cevamo insieme ammaliano e scorticano la memoria, sentireascoltare 45 monografia Micah P. Hinson di Edoardo Bridda e Marina Pierri La voce di un adulto dentro al corpo di un fanciullo. L’impeto di un ventenne che la dimensione live restituisce nella carnalità del miglior country d’autore. Eppoi quella spontaneità, sfrontatezza e finezza che puntano diritte al cuore. Una riflessione su e con Micah P. Hinson. La voce di un adulto dentro al corpo di d’autore. La corrosione di un’anima che un rocker si scioglie nella melodia e consegna, a f i e r o e i n d i ( e ) p e n d e n t e . L’ i m p e t o d i u n chi ha la pazienza di ascoltare, piccole ventenne distillato dalle registrazioni in suite placide ma pericolose, come pozze studio e che la dimensione live restitu- dalla superficie cheta e dal fondo in eb- isce nella carnalità del miglior country o l l i z i o n e . E b b e n e s ì : M i c a h P. H i n s o n è fanciullo calato 46 sentireascoltare nel ruolo di cresciuto troppo in fretta, è un ragazzo “l’unico modo di far passare il tempo è che si è visto ad un tratto riflesso nello farsi di metanfetamine e narcolettici nei specchio, sorprendendosi a cantare con college cattolici” e nel quale “mettere in- l’urgenza di chi ha già visto e vissuto. cinta una ragazza sembra l’unico modo di Bruciando le tappe. Bruciandosi gli oc- far cambiare le cose”, ma dove, d’altra chi e l’anima. Eppure, al di là delle forme parte, trovare una via d’espressione nel- dei toni e dei registri, le trame ordite con la scrittura aiuta a migliorarsi e sentirsi spontaneità e finezza puntano diritte al v i v i ” . L’ a u t o r i t r a t t o d i a r t i s t a c h e c i o ff r e cuore, romantici è tinteggiato di una consapevolezza pro- che, contagiati da tanta e tale disperazi- tessendo melodrammi fonda e assieme una schiettezza sfron- one, finiscono per trasformarsi in intrighi tata (“Le mie canzoni sono stupide, lo so. di sottesa paranoia, in nevrotici impasti Roba da adolescenti. Parlo di ragazze, di d’amore e nostalgia. rabbia, di incontri clandestini e fortuiti, From the Early days to the satellites di telefonate che non arrivano”) dal momento che, come il Cobain di Aberdeen, T r o v a r s i a t u p e r t u c o n M i c a h P. H i n - si dichiara cresciuto in uno dei tanti sub- son vuol dire rendersi conto del groviglio urbs a stelle e strisce dove la noia div- di in enta una muttura con la quale dover fare contraddizioni nuce nella sua - già parzialmente della i conti, e il paese una sorta di fanta-hor- duplice identità di ventenne dalla voce ror di alieni lobotomizzati contro i quali, e dall’esperienza di vita di un vecchio a un certo punto, è necessario cospirare, country tramare, o perlomeno, ribellarsi. man – musica, che ne riflesso costituiscono la natura stilistica e personale. Il vecchio Eppure, come in ogni vecchia stramale- corvo e il ragazzino scalmanato, la verve detta polemica trarsi e la frenesia adolescenziale, storia e/o rivolta, inevitabilmente occorre con lo sconsmarri- l’aria navigata e lo sguardo basso, il nar- mento: la disperazione che, tra le tante cisismo palpitante vie di fuga possibili, cerca (quando non campionario di contrasti cui non sfugge e l’insicurezza. Un trova) l’amore come migliore o perlom- la “manifestazione” live: anche il trion- eno più vicina strada maestra verso una fante tour della scorsa primavera, culmi- salvezza che sarà, forse inevitabilmente, nato al Primavera Sound, è una splendida l’anticamera di un’altra lacerazione. ferita che ancora brucia. ( D e l r e s t o , i l Te x a s d i M i c a h è l o s t e s - La sua è una pasta tra le più schiette, so dei natali tormentati di un cantore del come parole disagio americano, della purezza alien- declinate nei racconti più o meno spezza- ata, dell’amore come alpha e omega di ti del ragazzo che è ora, felice del corso una quotidianità arida e sabbiosa: Daniel che ha preso la propria vita da un lato ed Johnston. Il genio storto di cui - non trop- i suoi testi, breviari di una tragica ado- po curiosamente dal momento che sono lescenza, dall’altro. Le impressioni con compagni cui si va via dopo il suo concerto al Covo – Micah porta la spilletta sul cappello a di Bologna ed il giudizio complessivo che visiera). chiaramente emerge dalle di etichetta, la Sketchbook ne deriva, specie – appunto - dal vivo, non possono che tener conto di tutte le antinomie che circondano e compongono il personaggio, ricco com’è di sincero emotional folk-punk nutrito di pacato dis- Dagli unforgettable love struggle all’esperienza mancuniana con gli Earlies Attraverso i suoi racconti, intravediamo, incanto, medicamento e sedativo pronto o crediamo di intravedere, molti ricordi. all’uso. La leggenda vuole che il giovane insider L a f i g u r a d i M i c a h P. è i l r i s u l t a t o d i u n d e l l a s c e n a t e x a n a M i c a h P. H i n s o n u n compromesso musicale: bel giorno si sia innamorato perdutamente un ragazzo che s’è rotto ossa e sinapsi di una vedova nera; una femme fatale in nella profonda provincia americana dove senso quasi classico che ha usato il cau- esistenziale e sentireascoltare 47 stico impasto di attrazione e ingenuità di il profluvio di invettive contro i figli di un ventenne per ottenere ricette false di papà e all the young art dudes che carat- narcotici. Una brutta abitudine che è co- terizzano le metropoli del Regno texano, stata molto a quello che era probabilmen- ben conosciuto durante la registrazione te il fanciullo-artista di allora, che, per del meglio dire, ha trasformato quel ragaz- faccia, con una sincerità pari a quella di zo nel male e nel bene: gli ha procurato un vecchio veneto in odor di campagna e l’esperienza della galera, della solitudine con un misto di cronaca e compiacimento, e, pare, persino dell’accattonaggio. lo statement per cui “un appartamento, Ma d’altro canto, forzandolo a vivere ne- anche il più piccolo e infame costa mille gli stenti, gli ha fornito il male di vivere dollari, e che tutti quei gruppi che si chia- che proverbialmente funziona così bene m a n o T h e L i b e r t i n e s , T h e B r a v e r y, s o n o d a f o n t e d i i s p i r a z i o n e . M i c a h P. H i n s o n dei perfetti cretini, che non dicono nulla è m o r t o , q u i n d i è n a t o i l M i c a h P. H i n s o n di nuovo ma sono gli idoli della masse e sensibile, iroso, intenso e costernato ca- popolano i rotocalchi” e per questo non pace di scrivere le canzoni che sono an- vorrebbe mai vivere in Inghilterra, in quel date a finire sul suo debutto più che (me- postaccio dove “tutti aspettano, ancora r i t a t a m e n t e ) f o r t u n a t o – M i c a h P. H i n s o n oggi, i nuovi Beatles e Rolling Stones, and the Gospel of Progress. La rabbia e nel quale i Franz Ferdinand, dormono nei la vitalità accumulate nel “periodo buio”, cinque stelle, i Kaiser Chiefs vestiti come imprescindibile fase di transizione tra la damerini provano a entrare nel caldero- fine e il nuovo inizio, si fondono perfetta- ne dei revivalismi giusto perché così va mente tra le chitarre e le batterie dei fidi di moda e, come se non bastasse, per la Earlies, il gruppo dei fratelli Madden che, strada non fai che sentire quale stupefa- come ancora una volta leggenda vuole, a cente droga si è fatto Pete Doherty”. un certo punto tirano su il giovane let- Del resto, aggiunge, paese che vai moda teralmente dalla strada offrendogli tetto, che cibo e sigarette. attorno a Daniel Johnston è disgustoso Loro, i Gospel of Progress, sono i re- proprio come certe pose già posticce di sponsabili di quella trasferta a Manche- gente come Devendra Banhart e, in spe- ster che porta alla registrazione del disco cial modo, Johanna Newsom e Cocorosie così come lo conosciamo. E’ interessan- assortite, sui quali, nonostante siano in te come dalla conversazione emerga un tour assieme, Micah non lesina commenti ricordo di sagaci, spiritosi e irriverenti. In ogni caso studio, nel quale l’imbarazzo del texano le varie dichiarazioni di antipatia suona- (“Durante le session non conoscevo nes- no come sfoghi che sono anzitutto figli suno, né i fonici né i musicisti, nessu- di una rabbia più profonda e generalizza- no, io e degli estranei, non è stato facile ta, oltre di una conquistata scafataggine raccontarmi attraverso la mia musica e i e miei testi davanti a gente che non ti ha te: sono perciò lungi dall’instaurare un mai visto prima”) si confonde a quello che contro-snobismo da baraccone, piuttosto ha l’aria di una sorta di velato disprezzo; aprono la strada ad altri discorsi più in- quello che dovrebbe, a rigor di logica, es- timi. sere un sentimento di gratitudine è stato La voce di un adulto dentro al corpo di un spazzato via dalla sensazione stringente fanciullo di sentirsi pesce fuor d’acqua forte della Infatti, lucida e strafottente visione della realtà le sue canzoni. Certi suoi discorsi pro- che lo circonda e che pare averlo segnato vano il suo non essere ancora comple- in maniera irreversibile. tamente uscito fuori dai drammi psichici Una profonda disillusione che segna di che lo hanno portato vicino all’auto-an- acido cinismo la poetica di Micah, al pun- nientamento: Micah spiega nervosamen- to da risultare in qualche modo divertente te la sensazione di rivivere tutto quello molto crudo 48 sentireascoltare delle sessions disco. trovi Invettive e certamente si in che ci madrepatria di arriva una grinta presto a sbattono il in business prorompen- parlare del- Micah P. Hinson & The Gospel Of Progress Self Titled (Sketchbook /Goodfellas, 2004) © 2004 di Stefano Solventi Prendiamo queste canzoni: struggenti canzoni d’amore, melodrammi senza melensaggine. Patience è la lamentazione di un coyote che accumula mal di cuore fino ad e s p l o d e r e d i w a t t . D o n ’ t Yo u u n ’ i m p l o r a z i o n e c i r c o l a r e , le spire di una collana di vetro che stringono fino a soff o c a r t i d i z a m p i l l a n t e a p p r e n s i o n e . Yo u L o s t S i g h t O n Me è guardare il tramonto asciutto delle aspettative, come potrebbe un Will Oldham con voce baritonale colto che ha passato ogni volta che si riaccendono le luci del palco, raccontando per l’ennesima volta i racconti disastrosi le dei sconfitte, dalla giorni della grazia e del- caduta della fine. Adesso, continua, si ritrova paradossalmente a essere fidanzato con la sorella della “vedova nera” causa dei suoi guai (la prima appare di spalle nella copertina del disco omonimo ndr) e sta bene. A vedere Micah P. Hin- son, a conti fatti, non gli si darebbero Abbracciato tarra, sul sedici a anni. quella palco, chi- pare un misto tra Costello e Woody Allen, riva eppure il quando momento di arcan- tare si trasforma in un alt. folkster dalla naturalezza verosimilmente innata, il suo corpo si mimetizza e sparisce nel corpo sonoro: il cuore della questione è ben oltre l’ostacolo dei segni e delle forme. Micah respira lontano, lontanis- simo, altrove, coi polmoni pieni del fumo delle sue da conati di tenerezza (la slide trepida, quelle strane emulsioni di synth). C’è poi la mestizia coreografica à la Black Heart Processiondi Stand In My Way (valzerino gotico, violoncello, piano e chitarra), c’è l’incanto vagamente Cocorosie d e l l ’ i n i z i a l e C l o s e Yo u r E y e s ( g h i r i g o r i l i q u i d i e p a s t e l l i vellutati, l’enfasi che monta pastorale e fiabesca fino a deragliare), e c’è – soprattutto - la conclusiva The Day Te x a s S a n k To T h e B o t t o m O f T h e S e a , u n i n c a n t o m a lato, tristezza che si posa come neve grigia, crescendo che impasta speranza e remissione, struggimento e disillusione, spazi angusti e prospettive spalancate. C’è questo e c’è altro, sempre nel segno di una disarmante franchezza, di un intimo percuotersi il cuore di cui la canzone è il primo rimbombo. E qui sta il segreto, o uno dei tanti: sussurrare preghiere che scavalcano gli orizzonti, prendersi in mano l’anima abbracciando tutte quelle sintonizzate. Un processo chiuso in se stesso che schiude le porte dello stare al mondo, uno sguardo che spiegandosi spiega. Un “io” che “tutti”. C’è anche però che al disco manca qualcosa per essere un capolavoro, perché la scrittura non sempre raggiunge l’eccellenza, perché le melodie s’inseguono e si riflettono l’una sull’altra innescando una strisciante (e alla lunga un tantino spossante) claustrofobia. Forse manca al caro Micah di beccarsi ancora un bel po’ di spallate e riceverne, il duro dell’asfalto e l’agro della polvere, quell’asciuttezza pietosa che potrà scoprire solo vivendo. Nessuno, credo, potrà biasimarlo per questo. Rimane quindi la sensazione di un’opera che vale innanzitutto per questo segnale che regala: d’essere possibile per il folk incarnarsi (ancora) giovane e vivo, d’essere il folk (ancora) possibile senza sembrare frutto criogenizzato di ieri. Alleluja. (7,1/10) sigarette e si grida con la voce rauca di chi ne ha fumate troppe. La voglia e la necessità di esprimersi vengono prima di tutto: il resto segue a ruota, fra- Micah P. Hinson The Baby And The Satellite (Sketchbook / G o o dfellas, 2005) di ©2005 Edoardo Bridda Completato dopo due anni nelle pause tra una data e sentireascoltare 49 l’altra delle tournée nelle quali è stato riarrangiato più volte, The Baby & The Satellite raccoglie una manciata di canzoni scritte originariamente nel 2001 e perciò a n t e c e d e n t i a q u e l l e c o n f l u i t e i n M i c a h P. H i n s o n & T h e Gospel Of Progress. È un album meno arrangiato e struggente dell’esordio, c h e n o n p u ò v a n t a r e a l t r e D o n ’ t Yo u e P a t i e n c e m a d a l l a sua possiede almeno quattro momenti dignitosi caratterizzati da un piglio più pacato e asciutto. Manca insomma quell’“io che tutti” che caratterizzò l’esordio, al suo posto, una scrittura sufficientemente matura, come a c c a d e n e l l a d e l i c a t a e f a t a l i s t a b a l l a t a T h e D r e a m Yo u Left Behind e, subito dopo, attraverso le ammalianti des e r t i c h e l i n e e c o s t i e r e d i Wa s t e d A w a y. Hinson si concede folk più convenzionali che seppur non e p o c a l i s u o n a n o g e n u i n i ( T h e L e a d i n g G u y, T h e D a y T h e Vo l u m e Wo n ) e n o n t a r d a a a c c e n d e r e l a f i a m m e l l a c o n un brano retto su una drum machine e degli inserti di dialoghi in field recording, forse il più accessibilmente arioso del breviario. La traccia 9 intitolata The Baby And The Satellite contiene le session del 2001 nella loro versione originale quando a accompagnare il cantautore c’erano gli Earlies. È più che altro un documento musicologico che dimostra come il cuore pulsante di queste canzoni è sempre lo stesso, a cambiare soltanto qualche gingillo formale. (6.8/10) 50 sentireascoltare recensioni Matt Elliott D r i n k i n g S ongs (Acuarela / Ici d’ailleurs / Venus, 2005) di Antonello Comunale Matt Elliott, personalità scostante e oltremodo appartata della musica rock “di ricerca” degli ultimi anni, sigla c o n q u e s t a c i t a z i o n e d i A . J . P. Ta y l o r ( u n o d e g l i s t o r i c i inglesi più dibattuti e controversi, cui si deve tra le altre cose, un attento studio sui problemi dell’unificazione italiana e ancora di più un approccio radicale agli eventi storici) un disco che ha tutti i connotati del piccolo classico da collezione, di quelli che con il tempo solo la polvere smossa degli appassionati potrà conservare a memoria. Le sette Drinking Songs (l’ottava è un remix dal primo disco e non va contata per stessa ammissione di Elliott) sono altrettante riflessioni sugli eventi della vita, sul fato, su tutti quelli caduti vittima di meccanismi più grandi di loro. Epitaffi nostalgici e malinconici che trasudano spleen esistenziale. Andando a ritroso, questo è il passo successivo a The Mess We Made, il disco del 2003 che segnò, per la prima volta senza l’appellativo Third Eye Foundation, l’affacciarsi solista di questo timido bristoliano trapiantato in Francia. Di quell’esperienza il Nostro conserva tutt’ora la capacità di manipolare i suoni, trattandone la filigrana con intelligenza e buon gusto. Ma se il suono TEF era essenzialmente elettronico, quello dei dischi solisti è prettamente folk. Un folk fantasma, ovattato e rivisitato dall’elemento elettronico. Profondamente radicato nella tradizione europea, il folk di Matt Elliott lambisce i territori della musica balcanica e dell’est Europa, finendo per sembrare in alcuni punti u n p a r e n t e d e p r e s s o d i Ya n n Ti e r s e n ( g i à o m a g g i a t o , d e l r e s t o , s u l d i s c o d i r e m i x d i T h i r d E y e F o u n d a t i o n , I p o o p o o o n y o u r j u j u ) . S i n d a l l e i n i z i a l i C . F. B u n d y e T r y i n g to explain gli arrangiamenti seguono le stesse coordinate per tutto il disco: arpeggi di chitarra, timide frasi di piano in sottofondo, ed evocativo coro di voci; tra la disperazione e l’abbandono di The guilty party (Cos we can never undo. All the stupid things we do), la bossa nova da disperati ubriachi di periferia di What’s the wrong e la struggente dedica “to those lost at sea” di The Kursk (sorta di appendice ambientale alla splendida Sinking Ship Song, presente su The Mess We Made), il tono poi si fa melodrammatico, arricchito anche da cori di vago sapore morriconiano. Te t r a , p a s s i o n a l e e i n c r e d i b i l m e n t e m a l i n c o n i c a , l a m u s i c a d i M a t t E l l i o t t v i a g g i a s u lunghezze totalmente e volutamente diverse da quelle dell’attualità rock e si ciba di atmosfere e soluzioni ormai sempre più in disuso. Troppo diverso e rétro per piacere alla maggioranza degli ascoltatori indie, Elliott seguirà un destino analogo a quello dei suoi piccoli eroi dimenticati dal tempo e dalla storia; certo comunque, che se anche un solo cuore sarà conquistato dal suo timido e alcolico folk da bettola, il suo sforzo non sarà stato vano. (7.5/10) sentireascoltare 51 400 BLOWS A n g e l ’ s T r u m p e t s and Devil T r o m b o n e ( G S L , 2OO5) sulle “virgin little tits” po- terà mai la testa a posto. trebbe Troppo ironico e sopra le Vi ricordate quando, al li- righe, di Antonio Amodei ceo, facevamo a gara per prende Vo r r e m m o i n n a n z i t u t t o c a - impressionarle? Ma le più serio, il Nostro lascia che belline, la verve dissacratoria dei pire perché mai si ostinino a scippare l’omonimia di quello che fu un pioniere gruppo funk sperimentale britannico a lungo presente sui palcoscenici d’Europa. Non esistono aggettivi soft per quest’album d’esordio, che si può amare o detestare (noi mezzo staremmo con un nel apprezza- bile scappellamento a destra…): una metastasi di punk innovativo e purulento, armato tuttavia di listening orecchiabile, quasi un groove avverso alla melodia ma eccentrico e ritmico, sabbatico ed incompromesso. La formula nota, è trita e del resto stantia per quanto ci riguarda, anche se si può dissentire: rozza anticorporativa adesione alla protesta in musi- ca, distorsioni e potenza, drumming speedigonzalico e voci d’assalto. Ammirabile l’onestà e l’omogeneizzazione dei brani; del ma la lezione punk diviene classica quando è riproponibile in tempi non sospetti e, personal- mente, ho difficoltà nel distribuire per le connotazioni un’informazione cor- retta. Adolescenziale e potenzialmente tale trio di cassetta, losengelino pro- duce musica “to play loud”, appassionata ed antimelodica solo all’apparenza, ben al riparo dalle forche eighties. Semmai, l’effetto 52 sentireascoltare essere le più scaricatici, immediato. stupidine, viravano laddove Oberst dannatamente si sul l’at- suoi testi corroda come un tenzione ai ganzetti di tur- acido il folk pop partorito no. Perdonatemi l’orrenda dalla sua chitarra. paternale, ma l’impatto che Se nel precedente Friends questo sound ha su di me è of Mine la parte del leone pari al fastidio del ricordo la faceva Jessica, dedica- di quelle troiette… Chiedo ta a Jessica Simpson, teen scusa. (4.5/10) star per cervelli ingabbiati d a M T V, s u G e m s t o n e s s i Adam Green Gemstones 2005) possono ascoltare rime ba- (Rough Trade, ciate dall’indubbio effetto satirico di Antonello Comunale come “Carolina/ vagina” o giustapposizioni Adam Green era il ragazzi- come “Choke on a cock”. Il no dispettoso che qualche pericolo maggiore semmai, anno fa con i Moldy Pea- è proprio quello di trasfor- ches si divertiva a smonta- marsi re il lo-fi pop di ascenden- da za ne. Sarebbe comunque un Beat Happening; dopo in un cabaret commediante di terz’ordi- aver chiuso quell’esperien- peccato za, oggi è un crooner sbar- scrittura smaliziata e cri- bato giunto al quarto giro stallina, che prosegue nel- di boa in versione solista, lo stile ormai maturo (non questo Gemstones, in virtù troppo dissimile da quello del quale può dirsi ormai di Josh Rouse) mostrato in autore maturo e navigato. Friends of Mine. Gemsto- La giovane età e il richia- nes centra quasi sempre il mo alla tradizione cantau- bersaglio, tra ritmi sinco- torale (Dylan, pati (Down On The Street Yo u n g , C o h e n ) l o a c c o m u - e Over the Sunrise), sug- nano all’altro grande gio- gestive intro che richiama- vane del rock contempora- no Burt Bacharach ( Before neo, quel Conor Oberst che my bedtime), e filastrocche a nome Bright Eyes si è ri- acustiche dai toni cohenia- tagliato un proprio spazio n i ( W h o ’ s Yo u r B o y f r i e n d ben frequentato dal popolo e indie di questi anni, anche Green se tra alti e bassi. dere La stessa cosa non sembra lescente accadere ad Adam Green, Moldy Peaches, ma ormai abbastanza riversa tutto il suo sarca- americana Europa e appena nosciuto negli differenza due sta ignorato in più U.S.A. maggiore coLa tra i nell’atteggiamen- to: Adam Green non met- veniale Country smo Road) continua la nel vista malizia . a Adam posse- dell’ado- provocatore formato la dei classico della canzone pop con risultati altalenanti, ma mai scialbi. (6.0/10) Alvin Curran T o t o A n g e l i ca (I dischi di Ange l i c a / R e R Megacorp, 2005) seriva di Daniele Follero importanti A distanza di quattro anni, dopo varie aggiunte e accorgimenti a cura di Massimo Simonini e dell’autore, viene pubblicato dalle Edizioni Angelica, il tributo di Alvin Curran al festival di nuova musica più importante d’Italia. La performance del compositore americano, elaborata per il decimo anniversario di Angelica (1991-2001), è una sorta di pastiche concettuale, un frammentato continuum pei (tra cui la celebrazio- costruito su campionamenti presi a prestito e accuratamente selezionati dalle registrazioni delle varie edizioni del festival. C’è posto per tutti quelli che sono riusciti a dare voce a una rassegna che ha fatto e della sperimentazione dell’improvvisazione sue principali vita: pezzetti ragioni di le di Shelley Hirsch, Phil Minton, Catherine Jauniaux, Giovanna Marini, Mike Patton, John Zorn, Fred Frith, Butch M o r r i s , G i a n n i G e b b i a , To m Cora, Tristan H o n s i n g e r, Stefano Scodanibbio, Bob Ostertag, de, Otomo Chris C u t l e r, Yo s h i h i Heiner Goebbels, Lol Coxhill (per citare solo i più noti) accuratamente selezionati se- condo il gusto dell’autore e frullati insieme ricreando un paesaggio sonoro al tempo stesso suggestivo e schizofrenico. Una sorta di strano flusso di coscienza digitale significativamen- te introdotto dalla vocina elettronica di accenzione del Macintosh. La performance, che si in- ampio di Curran di elabo- Annelies Monsere Helder (Blue Sanct, 2o o 5 ) razione di ritratti sonori di di Antonio Amodei in un progetto festival più euro- ne dei settantacinque anni di Donaueschingen), vede la luce solo oggi grazie alla passione e alla determinazione di Massimo Simonini, direttore artistico della rassegna bolognese, che insieme all’autore ha aggiunto altri “pezzi” alla registrazione originale e li ha mixati insieme alle rielaborazioni al computer di Domenico Sciajno, partner di Curran nell’ultima edi- zione del festival. Ne è venuto fuori un album prezioso nel quale all’esecuzione originale (leggermente elaborata) di quell’8 maggio 2001 si aggiungono: il rimissaggio di Simonini (che enfatizza alcune elaborazioni elettroniche non nell’origina- presenti le); una serie di otto brevi composizioni realizzate sulla base di alcune registrazioni in studio del duo Curran-Sciajno e una versione per piano preparato della canzone Oh Johnny (Erat verbum John) esplicitamente dedicata a John Cage. Un disco che fissa un momento significativo del percorso di Angelica proprio in una fase di radicale trasformazione del fe- stival. Importante per chi segue da molto il percorso artistico di Curran, curioso e divertente per chi vuole immergersi in una singolare storia di Angelica. (7.0/10) Annelies Monseré è una songwriter belga di stanza in Olanda. Pianista mini- malista, è devota alla lezione di Wim Mertens ed alla scuola, fiamminga app u n t o , S o l e i l . L’ a l t r o s t r u mento è la propria candida voce che, occasionalmente, condisce con intermittenze atonali e crepuscolari, frutto di uno scandire basale di remoti cello, chitarre e glockenspiel. Le melodie, poco incantate, assemblano tessiture semplici e rare, che rimandano più alla Jessica intrinseca Bailiff che geme a l t e l e f o n o c o n Ta r a J a n e O’Neil. L’ a l b u m d i d e b u t t o , q u e s t o H e l d e r, risente dell’atmo- sfera della scuderia Bluesanct, etichetta merito- ria per aver diffuso entità striscianti Drekka, come Rivulets, Itidarod, Low ed altri più o meno gerarchiche voci dell’oscurismo emozionale degli ultimi lustri. Un folk meteoropatico farcito di lanconia solitudine, ed angosciato me- alienazione, e feticistica- mente disastrato, sensibile come una corda e privo d’ogni ironia o voglia di discutere i mali del mondo, dati astrologicamente. Prologhi vagiformi, epilo- ghi abbrutenti, canti di sirene in fiamme: una prova d’originalità e rispetto, destrutturata solo apparentemente, accigliata ma netta da incarti mentali od universi catacombali. sentireascoltare 53 dell’ani- che fanno tanto salotto in mo umano scandagliata in stile Domus nel bel mezzo bianco e nero, nell’assen- di un cocktail estivo (vedi Billy Corgan The Future Embrace (Warn e r Brothers, 2005) za della luce mentre fuori Mindset tra basso ammic- di Stefano Solventi piove e con i traumi della cante, squilli di trombe qua consapevolezza di non ap- e là, drumming da accom- L’ e s o r d i o partenenza. pagnamento), La profondità Riverberi esistenzialisti, chitarre ne da aride, scrivere Connery in 007 alle pre- camini se con la bella di turno (il sinestetizza- vibrafono un po’ sognante compassionalmente, e il flauto fischiettante di gracchianti, no macchie accattivanti e glamour come uno Sean per non dover dissimulare Getting l’estraniazione che invilup- fiati e le tastiere da piano pa e fa decadere il pianto. bar La (ap- ver) o come dei Kings Of saturare Convenience (le chitarre e i toni e presenta al mondo gli ottoni che aprono Anyo- la propria Weltanschaung, ne Anywhere) rimpinzati di erta di silenzio e morte, di effettini pause della possibilità, di spruzzatina soul – bossa- vita embrionale che, senza nova (la voce un po’ anoni- retorica, piccola Annalisa pena 19enne) fa affligge la Starter sixtees oppure in Cloud electro con i Co- una riso- ma - leggi da gatta - della nanza glaciale del rigurgi- Pope, che in Troublemaker to di nihilismo che - pare vorrebbe – s’aggiri nuovamente tra i bel Gilberto da classifica, solchi della vecchia Euro- senza pa continentale. Quasi un sualità malinconica). Sen- salmo post-isolazionista, za contare poi la più che un tubo stridente di gioia evidente derivazione Zero giovanile, incomparabil- 7 nella simil-ballata Eyes mente malsano, ma alleato Open Wide e quel richiamo del divenire. (6.2/10) pasticciato agli Ottanta di Ashby L o o ks L i k e Y o u ’ v e Already Won ( M a r i n a / A u d i o g lobe, 2005) d i Va l e n t i n a C a s s a n o la essere sua una tipica Besen- He Likes The Sound (che sia questo il pezzo da novanta dell’intero lotto?). Insomma, pare con proprio gli di Ashby trovar- Con un disco come Looks si ad un party in piscina Like Won dell’alta borghesia ameri- del duo bostoniano Evelyn cana degli anni Sessanta, Pope / Bill Cowie, ovvero con un manhattan in mano, A s h b y, mentre Yo u ’ v e non Already si sa proprio si cosa fare. Da quale parte pegnative prenderlo? quale Come comin- affrontano im- discussioni su colore sia meglio ciare? E soprattutto, cosa per la cucina della nuova salvare? Impresa difficile, villa a Malibù, tra sorrisi considerando finti e complimenti dovuti. della la proposta: banalità niente di più che una trita e ritrita lounge music troppo sta- gionata. Atmosfere soffuse 54 sentireascoltare Un incubo. (4.0/10) solista di Bil- ly Corgan: lo dici così, e quasi non sembra vero. Comunque, temevo rappresentasse l’atterraggio ro- vinoso dopo una caduta a precipizio lunga due album (Machina e Zwan) che dire catastrofici è poco. Invece, giunto a pochi centimetri dal suolo, il buon Billy afferra la leva di sicurezza e apre il paracadute: un vivido, sfrigolante, appiccicosetto paracadute elettro-rock, senz’altro memore degli esiti conseguiti assieme alla buona stella New Order qualche anno fa. Trovare il punto di fusione tra ruvidezza rock e iridescenza synth-pop non deve essere stato così difficile, anzi sembra proprio che Corgan abbia abbracciato a bella posta ipotesi soniche già Depeche Mode (il mortaio wave Mina Loy) quando non Japan ( la vischiosa Sorrows) o XTC ( l ’ a m m a l i a n t e P r e t t y, p r e t t y S TA R ) . Crogioli di chitarre, moog ghignanti, distorsioni magmatiche, quadrature ritmiche in spregio ad ogni rischio di prevedibilità: una ricetta che si è dimostrata valida in molte circostanze, a patto che le intuizioni melodiche da “cucinare” dimostrino anche solo una parte della freschezza ardente dei bei tempi Pumpkins. Invece, e purtrop- po, tocca fare i conti con episodi quali Now (and recensioni Xiu Xiu L a F o r e t ( A cuarela, 12 luglio 2005) di ©2005 Stefano Solventi James Stewart ostenta la benedizione e la prigionia del feticcio Xiu Xiu: vale a dire, il massimo dell’auto-referenzialità proprio quando la calligrafia espressiva azzecca la massima definizione. Un rischio prevedibile, del resto, da mettere in conto quando ciò che conta è l’intransigenza della propria visione. Il gentile pubblico si adegui: queste undici tracce sono ancora una disanima d’angoscia e nevrastenia, sono segni scolpiti sul fusto d’un dolore irredimibile che sa farsi beffa e capriola giusto un attimo prima di riprendere a sanguinare. James è livido e splendente, ligneo e febbrile, contorto ed etereo. E’ se stesso il proprio feticcio, il limite del campo d’indagine, il luogo nel quale insiste/esiste la crudele concomitanza di norme e (mis)fatti. In sé – anzi nel proprio manifestarsi “musicale - Stewart sperimenta la difficoltà d’essere (principalmente se stesso): per questo ogni canzone sembra sottrarsi, come se volesse rappresentare anche il non-essere di questa esistenza (come la lenta progressione di nebbie – archi, synth, harmonium – e brandelli di voce di Rose of Sharon). Romanze di disperazione dunque, fosche iridescenze, eteree instabilità: c o m e l ’ i n i z i a l e C l o v e r, s t o p p o s a , r a d a , p i ù c o m p l e s s a d i q u e l c h e s e m b r a c o n t u t t a quella trama e sottotrama di glockenspiel, contrabbasso, inserti d’organo e mugliare sintetico come l’incombere di una dimensione accanto. Poi il viceversa, l’alter ego febbrile, l’incontrollabile servo/artefice di schizoidi armature sintetiche: la cruda quiete devastata di Baby captain, le folate spioventi di rumore bianco e i sussurri placidi di Muppet face (tra allure danzereccia e invettive echoizzate, come un incidente al trivio tra Bjork, Depeche Mode e The Books), gli Smiths androidi di Bog people, gli squarci, le sovrapposizioni, le iridescenze algide e p u l s a n t i d i M o u s e y t o y. N u l l a d i n u o v o , q u i n d i . M a a l m e g l i o . Come massimamente accade in quella specie di industrial/psych che risponde al nome di Saturn, con l’harmonium e i tamburelli ad ottemperare il ruolo di fattore umano laddove una voce scarnificata non vuole. E che in Ale tenta di abbozzare la teatralità astratta e angosciosa di certo Cage, per non dire della processione fosca – u n r i t u a l e p a g a n o s c o r t i c a t o d a s i b i l i c i b e r n e t i c i - d i Ye l l o w r a s p b e r r y i n c h i u s u r a d i scaletta. Non riesce, non sa, il nostro caro Stewart, rompere il cerchio della propria ossessione. Ci rifila il solito lancinante brodo, ci dimostra una volta ancora la straordinaria abilità e naturalezza nello stemperare influenze apparentemente lontane e p o c o c o n c i l i a b i l i , c o m e l a d i s a r t i c o l a z i o n e i p n o t i c a d e i Ta l k Ta l k , l ’ a n g o s c i a l i e v i t a n t e d e l B o w i e “ e n i a n o ” e i F l o y d p i ù e t e r e i i n D a n g e r o u s Yo u S h o u l d n ’ t B e H e r e . Il gioco mostra la corda, ma la corda è ancora tesa. (6.7/10) sentireascoltare 55 then), che potrebbe essere si quasi dove a mancare è proprio la mutazione wave di una inutile. Educato all’inutile. quel tocco che fu la fortuna ninnananna folk alla Gala- (5.6/10) e il marchio di gente come pagos, che vorrebbe rivangare certi delicati deliri M y B l o o d y Va l e n t i n e , i n v e ce non sa andare oltre le limita ad essere Autolux Future Perfect (Full Time Hobby / Audioglobe, 18 luglio 2005) Kevin Shields e i fratelli Reid (chi? Sì proprio loro, i troppo presto dimenticati Jesus And Mary Chain…). temperature emotive degli di Edoardo Bridda ultimi bolsi e patinati U2. Il O quella All things chan- notte ge che ci prova col trucco t o s h o e g a z e . L’ a v v i c i n a r s i mentre il fumo tossico tra i vecchio come il cucco del della tempesta da ponen- capelli cotonati e le serra- chorus prima delle strofe, te. sonica. te partiture sotto control- ma l’uno è banalotto e le Il sogno di lui e di lei tra lo di Subzero Fun ricorda- altre balbettano che ti ca- le tentazioni che striscia- no alcune tracce di Sonic dono le braccia (e anche no sotto la porta, il presa- Nurse. il resto). C’è poi il vacuo gio a scivolare fuori. Deri- Abbassate le prese di po- allarme di Walking Shade, va cosmica e luci di tuoni sizione, la lancinante insulsaggine in lontananza. ne-furbacchione come Su- di DIA, una I’m ready che Filo diretto tra la Dublino garless strizza d’occhio ai ci vorrebbe il sex appeal d e i M y B l o o d y Va l e n t i n e e D i n o s a u r J r. : p o t r e b b e f o r - bionico di una Kilye Mino- l a N e w Yo r k d i S o n i c Yo u t h se gareggiare per il miglior gue… e perciò autentico crocevia brano Sarebbe ingeneroso parla- sonoro a cavallo tra ottan- alle povere (ma efficacis- re di fallimento, vista an- ta e novanta, Future Per- sime) c h e l a b u o n a c o v e r d i To fect, esordio europeo sul- di The Great Days For The love la lunga distanza del trio Passenger Element o agli losangelino Autolux per la abbandoni una raggelata disperazione Full post-curtis The Cure (c’è infatti Robert cato precedentemente ne- T h e Tr i g g e r, m a g l i A u t o - Smith a chitarra e cori, più gli USA sul finire del 2004 lux non hanno di certo ma- qualcosa della sua anima per cinato negli Bee somebody Gees), (a firma percorsa da sonno Così Angry Candy è puro inquieto urbana. Deflagrazione Time la Hobby DMX), della Stordimen- (pubbli- rappresenta pilota automatico dopo una notte di Dirty un listening, brano dell’album tele sornio- assieme psichedeliche neworder-iani di Asleep l’underground At per bordoni il succo di una delle sinte- accontentarsi di così poco di synth), e soprattutto la si possibili tra le sonorità e dunque, con Blanket, si conclusiva Strayz, col suo noisy pop della scena an- torna a rincorrere il mito disegnare meste delicatez- glosassone e quella madre della distortion e con esso ze e cupe sospensioni, con della Grande Mela, quella ricomincia, di nuovo, il gio- le linee di basso soul/jazz stessa in co di specchi e di rimandi. e le belle rifrazioni di ta- Glenn Branca un maestro e Con una Plantlife ricorda- stiera un grande ispiratore. re meno suadentemente gli ti struggenti e i ben sfrigolii incastona- glitch, con la La parte voce – quella intrattabile, toast capricciosa, mentre eternamen- che si ha trovato imburrata sgama l’opener del presto: Turnstile Svedesi Radio Dept. c’è poco altro da aggiungere: gli Autolux te risentita di Billy – che Blues sciorina una melodia dilettanti, sembra non sono quest’album dei è come catchy che avrebbe potuto evidentemente una summa a svelare il gioco giocato essere partorita dalle par- di svariate session e fati- finora. ti No, non è un disco da but- in tare, urbano-americana è infine un vera, disco che si di Glasgow seguito o Dublino, che, ciò nondimeno è una coolness raccolta di tracce alle qua- prende li si chiederebbe più indi- portandosi pendenza e libertà dai mo- una macchia di un peccato ma- il dornale: appresso una serie di ar- delli. monie Se il gruppo si è costruito re le per velleità non rischia- precedenti, 56 sentireascoltare sopravvento vocali in derivata una nutrita schiera di fan lay si è sempre dimostrato to hardcore negli USA, forse versatile za, infine, risultare simile è verso la performance live l’avvicinarsi ai vari generi, a che atteggiamento tutto dobbiamo orientarci. (6.4/10) in B e n j a m i n B iolay A l ’ o r i g i n e (EMI/Virgin, 2005) di Andreas Flevin Di Benjamin quando è B i o l a y, apparso da quanto elastico nel- spiegabile nella sua idea o contraddittorio; nessuno. In A l’origine suona coerente sen- decisamente ed autentico. E’ non è il genere, l’etichet- palese in tutta la scrittura ta a fare la differenza tra dell’album, una musica e l’altra, ben- ed una sicurezza che negli sì il pensiero che vi è die- altri album non mancavano, t r o . L’ a t t e g g i a m e n t o . C o s ì ma non erano tuttavia così è evidenti. Qui Biolay pren- possibile che un cer- una decisione la to umore o pensiero pos- de prima volta su questa ru- sa essere all’origine delle propria voce, notoriamen- brica, si è detto molto e an- più svariate manifestazio- te cora molto si sta dicendo. ni dello spirito e che possa dola anche in modi inediti, La sua fama ormai interna- fungere da comune deno- forzandola, raschiandola; zionale lo ha naturalmen- minatore così nella te temente molto con molteplici culture mu- loro. Biolay sicali, nonchè con giudizi come i testi sono sempre no, estremamente vari e con- estremamente di strane voci di donne e traddittori. li e A l’origine è un album bambini Non mancano poi le varie profondamente triche ipotesi di discendenza ar- per quanto il tentativo sia definitiva tistica costretto e al per ed confronto debiti In a stili apparen- diversi la totale possesso sussurrante, come della utilizzan- musica tra non manca in quasi nessun musica brano l’azzardo di un suo- personapersonale, l’improvviso e ingresso chitarre molto elet- effettate. non manca In mai musicali. quello di creare paesaggi l’idea che vi sia la volontà C’è chi lo trova straordina- e sensazioni nei quali far di rischiare, ma con la co- rio e chi invece lo giudi- riconoscere l’ascoltatore, scienza di sapere come e ca il classico (per non dire così come Biolay stesso vi perché. Le basi elettroni- scontato) si riconosce. che mischiate a strumenti strimpellatore senza voce, che non esita Le esperienze ad arco, tastiere, riprodu- a rubacchiare qui e là nel- di Rose Kennedy e Negativ zioni in stile dub con ar- la musica francese come in hanno dato modo a Biolay peggi di chitarra classica, quella anglosassone. di tastare il terreno, di ini- evidentemente non rappre- Al di là di tutto ciò, Benja- ziare ricostru- sentano un problema nel- min Biolay è un autore e zione di quel complesso e l’ottica della coerenza sti- un la- variegato edificio che è la listica. voro va ascoltato attenta- sua vena artistica, fatta di E’ persino presente un bra- mente e nei dettagli e so- tanti tasselli, tanti cassetti no in levare di pura ispira- prattutto ricercatore. Il suo l’opera di rivisto in ognuno dei quali si cela zione ska, nel quale però, con il senno di poi, con la una canzone, un progetto, delle inquietanti diminuzio- possibilità di riconsiderare un per ni in minore o il ritorno del la produ- questo che il singolo lavo- leit motiv del brano che dà zione come tanti pezzi di ro di un autore non può in il titolo all’album, rendono un’unica idea ed un’unica nessun modo essere esau- il pezzo singolare al punto mente. stivo rispetto all’interezza da non farlo più sembra- E’ partendo da questo ap- del suo pensiero. La gran- re uno standard. Scavan- proccio che A l’origine, il dezza di Biolay in questo do più a fondo è certo che suo ultimo risulta nuovo lavoro è la capacità viene con evidenza sua andrebbe precedenti vastissima album, E’ fuori un retroterra prodotto di far convivere più ispira- di di tutte le esperienze pre- zioni e gusti, più epoche alla cedenti e in un solo risultato senza così come è palese l’infa- Bio- essere minimamente forza- tuazione per l’indie anglo- di produttore il arrangiamento. compositore artistico. cantautore tradizione ascrivibile francese, sentireascoltare 57 sassone, il folk americano di trovarsi di fronte ad un ne di Petulia Mattioli, Poe- e gli studi classici; resta classico, a qualcosa che ci sie di Mara Bressi, Musica tuttavia che ha segnato e con il quale di Eraldo Bernocchi ed Ha- la comunione di tutti que- sorprendente conviviamo da molto tem- sti spunti abbia dato vita po. rold Budd. Una notte ad un sound assolutamente L’ o r i g i n e d i c u i s i p a r l a è dei personale, tanto da poter- quella che ha segnato i no- mentali lo definire Biolayano. Non stri comportamenti e modi saturata dai beats è di drones, dai soundscapes forse questo un album pensare; è un’origine mille magica in palazzi uno rinasci- della To s c a n a , e dai d’amore al primo ascolto, così tempo di uno dei più emozionali come poteva esserlo Rose che quasi stentiamo (o ci concerti dell’anno 2003 e K e n n e d y, m a c e r t a m e n t e è rifiutiamo) che trova finalmente meri- la miglior sintesi dei i suoi ci in essa, persi nel ten- tata luce discografica. due primi album, nei qua- tativo di diventare ciò che Il meraviglioso piano alie- li le differenze tra eredità siamo guardando al futuro. no musicali ed i suoi ascolti Benjamin collaboratore erano invece identificabili trario, come artista, sem- disegna il paesaggio sono- singolarmente. Con queste bra ro perduta nel a riconoscer- B i o l a y, proprio al che con- nell’Ori- di Bernocchi, a di congeniale lungo Laswell, al maestro quattordici gine abbia (ri) trovato se Budd. tracce che parlano di amo- stesso.Abbassate le prese La prospettiva assume una re come della condizione dell’individuo nel di giorni ni straordinari, Biolay normali ha di posizione, un brano sor- composizione mondo, nione-furbacchione come maratona che brucia lenta- e Sugarless strizza d’occhio mente di rintocchi, balsa- ai mi gior- Benjamin potreb- aurali, spezie psiche- be forse gareggiare per il deliche, aforismi tribali ed miglior inni afrotibetani. Le fluore- chio di fabbrica grazie, na- assieme turalmente, alle molteplici efficacissime) esperienze con le quali si chedeliche è confrontato anche in ve- Days ste di produttore e non solo Element o agli abbandoni presente di menti seletti- per neworder-iani post-curtis ve, capaci di convogliare, ren Ann, Coralie Clement, d i A s l e e p A t T h e Tr i g g e r, con la loro alchimia, inno- F r a n ç o i s e H a r d y, e t c . ) . E ’ ma gli Autolux non hanno vazione e sperimentazione così che il materiale grez- di certo macinato l’under- con la classicità del jazz zo ground accontentarsi elettrico prende vita attraverso quel di così poco e dunque, con morbida processo alchemico che è Blanket, si torna a rincor- d’eniana memoria. la di una così ovvero ni stesso (vedi Ke- registrazione detta produzione: e brano alle For dell’album povere (ma scenze melliflue di compo- tele psi- sizioni trasverse deliziano Great di romanticismo tecnologi- Passenger co, sostanziano passato e di The The per culla una elettronica rere il mito della distortion Il e con esso ricomincia, di elitismi e le chiusure ari- trasformar- dei duo attraverso suo- prendere sporchi il J r. : una suo brevetto, il suo mar- se sintetizzato Dinosaur aperta, evita spocchiosi nuovo, il gioco di specchi stocratiche li attraverso un’idea forte e di rimandi. la tetragonia di tendenza, in sound, in espressione. Eraldo B ernocchi / Harold Budd Msic for “Fragments from In side”, (SUB ROSA / Audioglobe 2OO5) trovando lucidità nella co- Biolay in questo è diventato un mago, così come molti autori contemporanei francesi che negli ultimi anni prestano sempre più importanza alla lavorazio- di Antonio Amodei Location: Palazzo del- struzione di semantici, grande tipiche nuovi del- mondi arrangiati gusto, con altrimen- ti erosi con l’arte sublime della sottrazione, silenzio. sino L’ i n c e d e r e al stra- le Papesse, Centro d’Arte bico e solenne è musica a Ascoltando A l’origine più Contemporanea Siena. tutto campo. Eterogenesi, volte Object: Installazio- radici popolari, versatilità, ne del suono. si ha l’impressione 58 sentireascoltare Video – un d’improvvisazione, tracce di garbo post-rock in des (7.2/10) l’onestà contaminata di un pò rilascio, il secondo attinge virus mutante di una me- da Sigur Ros e dall’elettro- tamorfosi e n i c a m i n i m a l e d e i Ta r w a t e r Bohren & Der Club Of G o r e Geisterfaust (Wonder, 2 o o 5 ) dissacratoria, condite con ; in entrambi i casi le sod- di Antonio Amodei senso del limite. I Nostri disfazioni, seppur non nel- Brillante sono la del interpretativa fondamentalmente forma dell’originalità, seconda quartetto prova strumentale No-Metal tedesco con sede creature immaginifiche, in- non mancano. Proprio come s’è detto per seguite con quanto riguarda cantautori agio nuovi caleidoscopi minimal post-Kid A come Finn e Sé- jazz dal doppio basso e dal replicanti. Il gatto e il topo, b a s t i e n S c h u l l e r, c i t r o v i a - lentissimo mezzo passo. dall’approccio due bimbi alle e prese con soppresse a Colonia, assai più a suo con gli utensili del serissimo mo di fronte a buoni, buo- Tra le band più oscure del alla materia, quasi sacra- nissimi lavori d’artigianato momento, li, pop-elettronico nel dei rintocco rimandi e elegiaco dell’asinto- nordico to creativo, spontaneo ma lenza dolcissimo, mente gracile nella nei si di stampo le quali l’eccel- retorici, scorge nelle generale maggior- forme, delinearne i diffici- connotati tetragonicamen- te teutonici. Senza dubbio più parto delle nuvole pesanti forza della grazia elettro- in weltan- del black, se ne distanzia- nica dei drones. (7.5/10) shauung complessiva, no per l’adozione del noir; B l i n d f o l d S elf Titled Ö l v i s T h e B l ue Sound ( R e s o n a n t , 2005) piuttosto che nel colpo di poco inclini alla sofistica- genio o nella folgorazione zione, suonano dunque eli- di tari un nella e risulta episodio. S’apprez- e inequivocabilmente zano i timidi drappi vocali speciali. Geisterfaust (alla (in odor di Jon Thor Birgis- lettera, pugno fantasma…) son) di Sleepless Nights, le appunta cinque brani, uno Resonant (etichetta ingle- distese per se ha sugli scrosci dei glitch di letro ar- di Edoardo Bridda Due ottime nata nel annoverato tisti Do uscite 1999 tra i Make per che cinematiche rette ogni dito maniacale segnaletica di lande chiaroscurale. American-Ra- sche- moncherini Blindfold e le affascinanti Pan dello umano, Think, suoi Say la Bailiff d i o h e a d d i I S e e Yo u T h r o u - Impossibile da assorbirsi a e i genovesi Port Royal), gh Me per Blindfold, un al- manciate, la piccola dose parliamo degli Ölvis ovve- bum che incrocia il pathos sorseggia composizioni au- ro Orlygur Thor Orlygsson, ambiental emotivo mano a stere, distrattive, dove ciò alla seconda prova disco- mano avviciniamo che accade, procede adat- grafica, e dell’esordio dei alle tracce centrali del suo tivamente con le ausculta- Blindfold, percorso Ta r e n t e l , Jessica il moniker di Biggi degli Ampop. che ci cinematico-soni- zioni dell’interiorità di un co (7.0/10); per quanto ri- milieux tombale, heidegge- nella guarda Ölvis segnaliamo le riano, allocato con candele capitale islandese e impe- cosmiche distese e le lan- infiltranti gnati Entrambi residenti nella coscienza sinuo- guide vocalità di Acid Trip dell’ascoltatore. se di un pop raffinatissi- Festival, Mental Freedom, finger è un’esperienza li- mo, glacialmente amabile, Warfare And Welfare, End quida orchestralmente dilatato, of ferormonica e microtessu- ambientalmente ovattato, nelle pieghe the N i g h t , J u p i t e r, ma- di Zeige- destrutturazione neggevoli sinfonie in quat- tale Orlygur e Biggi, pur acco- tro minuti; Daumen impone la munati da quest’approccio v e n z i o n i t r a i To r t o i s e p i ù Pax avvolgente sole soffusi e il Douglas Pierce da miliardi di gocce lussu- esplorano (cantautore) maggiormente reggianti e petali carnosi eppur os- languido, tra i Pink Floyd d’aurale, albeggiante, per- angolazioni di Dark Side of The Moon e cezione telescopica; Klei- differenti: il primo nutre le gli AIR di The Virgin Suici- nerfinger è un concentrato a come mezzanotte, ambienti simili servandoli da il minuti e abili circon- di 20, glaciale, interminabili, magnificata sentireascoltare 59 recensioni Deerhoof G r e e n c o s mos (Toad, 2005) di ©2005 Daniele Follero Se tutti i colori dell’universo si filtrassero attraverso un prisma, il colore risultante sarebbe verde. Questa intuizione di alcuni ricercatori della John Hopkins University deve aver colpito particolarmente i Deerhoof, che hanno deciso di intitolare il loro ultimo lavoro in studio Green Cosmos, proprio in riferimento a questa ipotesi di verdi galassie. Difficile capire il perché, ma, con un po’ di fantasia si potrebbe considerare questa teoria come una sorta di metafora della musica della band di San Francisco: art-rock, noise, pop, kitsch, prog, post-rock, il tutto filtrato attraverso l’ideale prisma della vena compositiva dei quattro, arrivati ad un livello eccellente di maturità stilistica che rende il tutto di un’omogeneità e di una compattezza impressionanti, vista la varietà degli elementi messi in campo. Green Cosmos è un ep che più che anticipare nuovo materiale, conferma e rafforza le idee musicali dell’ottimo Milk Man. Scariche soniche mischiate alla dolce e infantile voce di Satomi Matzuzaki, motivetti da jingle pubblicitario arricchite di arrangiamenti finissimi e un’irresistibile ironia di fondo. 15 minuti, nient’altro che un assaggino. Ma che bocconcino prelibato! L’ i n i z i a l e C o m e s e e t h e d u c k g i à l a d i c e t u t t a s u l l e i n t e n z i o n i d e l l a b a n d : u n m i n u t o scarso di esplosioni di chitarre distorte e stoppate che fanno da sfondo alla vocina di Satomi, che recita insistentemente la frase del titolo. La cantante si diletta in quasi tutti i brani a cantare nella sua lingua madre, il giapponese. Ecco allora che la title track si trasforma in una canzoncina da cartone animato nipponico, ma con un arrangiamento notevole e un risultato altamente sarcastico; in Malalauma, invece, le atmosfere si fanno più soffuse e ricordano il post-rock degli Slint nelle improvvise scariche soniche. Impressionante come i Deerhoof riescano a concentrare in così pochi minuti stili musicali così diversi, con voli pindarici che toccano la psichedelia (Koneko Kitten), sfiorano la dance (Byun sembra una rivisitazione dei Subsonica fatt a d a g l i A r t B e a r s ) e a r r i v a n o f i n o a i C a r a b i ( S p i r a l G o l d e n To w n , s o r t a d i m i s c e l a t r a reggae e polka su melodie pomposissime) per poi aprire una parentesi simil-vaudeville con Hot mint Air Balloon. Il marchio di provenienza è comunque lo stesso, riconoscibile come sempre, tanto che si potrebbe ormai parlare di uno stile-Deerhoof. Se subito dopo Milk Man eravamo già curiosi per il suo seguito, ora non stiamo più nella pelle.. (8.0/10) sentireascoltare 60 di significanti distillati da i C u t C i t y, u n t r i o S v e d e s e rito di passaggio, un nuovo una miriade di capolinanti determinato a entrare nel livello di consapevolezza, strumenti. Le altre dita perseguono il frullatore dell’emul rock di un ground zero per riparti- questi medesimo monolitico sub- volta le alchimie di Joy Di- re uguali e diversi. Questo per spiegare sonico ordito, quantunque vision, XTC e Echo & The ché non mi andava molto di alcune tracce d’ordinata tempi. Ancora una per- Bunnymen, vengono rilette recensire l’esordio su lun- intrusione malcelano il si- alla dell’importante ga lenzio di voci stupite bian- riedizione di Camera 237, che proprio a che, cool, distorte come le tà da parte di gruppi quali quello flebili note di una chitarra Interpol, chiarano esplicitamente di trattata, serpeggiante tri- e The Hives. stissima Chitarre meraviglia tali Franz sonori- Ferdinand distanza dei pseudo cosentini genere di- rifarsi. Però, un po’ per la refrain citazione kubrickiana del- l’inizio all’uscita del tun- amfetaminizzati e quel de- la ragione sociale, un po’ nel. Nessun raggio di luce clamare dark-romantic che per il nome di Fabio Ma- all’orizzonte, deserto f a t a n t o m o d a ( To n i g h t , To - gistrali tra i credits, mi si della speranza, un iceberg night I’m sending you this è squagliata ogni remora. neurale, post Al Magister è infatti affida- il che una dal- luce doom affilate, card), sono dunque band può monitorare e tra- gli an- ta la produzione artistica sformare in positivo prelu- che di questa formula sen- d i q u e s t o Ve c t o r i a l M a z e , dio consapevolezza, za personalità ma almeno che suona con quel tipico sottraendo compatta, efficace e cali- misto di flagranza e nitore pre più, sino al silenzio. brata. Ed è il fattore che che è un po’ il suo marchio Nati dalle ceneri dell’har- maggiormente di dcore band 71inch Boots, la alla ottenuta Bohren l’altro di base apprezzia- fabbrica. Ma è chiaro mo di un gruppo che se da che lui è solo un “principio del suono una parte sciorina tuttalpiù attivo”: ingredienti e abili- dipana verso delle b-sides del gruppo di tà ce li mette la band, che Daniel dispone dimensione dei sem- elementi estremo estetico, K e s s l e r, dall’altra quindi nove “ca- scremato, tattile, che tenta è in grado di proporre una mere” torbide e accorate, l’impossibile manciata nove situazioni dalla strut- sincretismo di tracce suffi- tra doom e darkness, sem- cientemente preché frizzanti, fresche e senza (meditazione, fronzoli. (6.0/10) ne, crescendo e deflagra- la un sax listening Emergono mantenga orecchiabile. di pop e arrangiamenti dal jazz classico, rimaneggiamenti variegate abbruciacchiati aritmico, armonie tura piuttosto zione Cam era 237 Vectorial Maze 2005) (Wallace, sospensio- nelle canoniche) prevedibile combinazioni ma dal cuore vivo, palpitante. E’ un merito notevole: se di Stefano Solventi da mantiche e brutali, essen- Probabile che non ascolte- – sembrano quasi non pro- ze ectoplasmi rò più un disco allo stesso varci beltà, decapitate, horror grattugie per concilianti. La ro- de- un lato non neppure, riescono sembrano modo grazie al post-rock, esteticamente disinteres- miurgo dell’angelo stermi- ma sati nell’impre- natore. (6.8/10) le che non avrò più tanta sa di restituire urgenza al voglia di ascoltare un di- “genere”, Cut City P o s t c a r d ( Gold Standard Labor a t o r i e s , m aggio 2005) sco post-rock. In effetti, il scorrere entro questi argi- post-rock da ni flussi sonici struggenti, tempo il suo appeal, e non intensi, pervasi di un fa- di Edoardo Bridda c’è scino è altrettanto da ha probabi- bruciato stupirsi, essendo a farlo – dall’altro assieme austero e scontroso e pro- stato più una convergenza amichevole, e funk-punk sentimentale piuttosto che febbrile. Dando Standard Laborato- un apparato di convenzioni sione controllare ries (Rapture, !!!)arrivano stilistiche. Un vaccino, un con Dall’etichetta poste Gold avant delle di fanno l’imprestutto un’autorevolezza al sentireascoltare 61 limite della solennità. Po- David Pajo Pajo (Drag City, 2005) perlacea, quella psichede- trebbero sembrare dei Mogwai - tolti quintali di furia di Stefano Solventi tro di queste ipotesi folk. – alle prese con un reper- Una carriera ormai lunga, Ipotesi che torio anche se non sembra. Pro- latente senso prio tà, strutturate come sono apocrifo Painters Red dopo un House periodo sabbatico passato a meta- perché simularsi, lia strascicata, sta al cen- spesa a a dis- nascondersi sulla inseguono di un assurdi- giustapposizione di bolizzare certa black mu- dietro una missione, anzi chitarre e voci lo-fi (l’hiss sic a cavallo tra sessanta un ruolo anzi un compito. spampana sistematicamen- e settanta (!). Ovvero, è un Così, tanto per stravolgere te i contorni armonico/me- crogiolo fumigante e visio- un po’ di coordinate ai roc- lodici) nario, una processione di kettari d’ogni ordine e gra- gitali iridescenze drammatiche, e ammennicoli appena di- abbozzati. do. In primis, sotto l’egida Diciamo un incrociarsi di arpeggi e Slint: nel breve di due di- trovata non è nulla di ec- ugge osti- schi, il crollo e la (parzia- cezionale, roba che ne ab- nati ritmici e folate psych. le) riedificazione del tem- biamo già sentita a pacchi Tra i pezzi, citerei su tutti matematiche e subito che come pio, praticamente tutta la (da r_rum/rvm, indefinito con- parabola “poetica” del post a Grandaddy a Sufjan Ste- gegno wave-soul tra loop Linkous/Sparklehorse rock. Chiusa la parentesi, vens, dense, David s’ingegna ad esplo- que, e in fondo, è scelta raffiche marziali e pennate robotici, sincopi per dire). rare altre ipotesi estetiche adeguata sospese. Meritano senz’al- raggiungendo canzoni. tro citazione anche il valzer To r t o i s e , c i r c a i q u a l i c ’ è Le quali però – uff - sono di poco da aggiungere. Sono preda degli inesorabili ri- tra sussulti medievaleschi gli Pajo, mandi che dicevo: per una imbastito da camera n° 55, quelli potremmo Let me bleed brunita Black o la lenta eruzione funky lucciole malinconiche anni l’avamposto migliori ruggenti di dire. Ma anche più avanti Heart in coda a camera n° 77, o non il tracce noise spampanato (cir- alla Comun- cifra Procession delle e illan- di lasciare guidita come il Lanegan di singolari, mancherà quando I ’ l l Ta k e C a r e O f Y o u , e c c o c a S o n i c Yo u t h ) t r a s p i a t - non importanti. Sempre im- una War is dead che con la tate selvatiche di camera mancabilmente mimetizza- sua blanda rudezza stem- n° 77 (parte b), e ancora to dietro un moniker o una pera lo Springsteen di Sta- le vibrazioni sornione/mi- collaborazione (eccellente te trooper e di Spare par- n a c c i o s e d i c a m e r a n ° 11 . quella Oldham, ts; per una High lonesome Così, tra riverbero e niti- catastrofica - e inspiega- moan che inscena un bru- dezza, irruenza e ristagno, bile - quella con Billy Cor- sio narcosi folk-rock e ipotesi gan). Oggi, come altrove la voce è du- jazz-soul, precipizi emoti- vol- plicata, col falsetto che si vi e oasi sciroppose, ger- ta, un disco a suo nome. “sbina” solo nel ritornello) mogli E p u r e o m o n i m o . Ve r r e b b e ed arpeggi bucolici Simon da & gini rock indolenziti e “ambientali”, dei farrail Camera post 237 si con per Will la prefigurarlo prima il suo di- vocale floydiano Garfunkel, c’è la spu- sco più scoperto e perso- dorata offre come un’architettura nale, Smith (qui più che altrove) poeticamente devitalizzata Pajo il cantautore. Invece, di ma vitalissima nella forma. sorprendentemente almeno rendo, per una sarabanda La sostanza segue a ruota. per chi scrive, è un disco citazionista capace più di Ragion che paga molti debiti pra- frastornare ticamente in ogni canzone. casomai questa fosse sta- In primis al fantasma di El- ta liott Smith: lui, la sua cal- ciò, sembra crederci dav- ligrafia pigra e delirante, vero, il buon David. Sarà quella trepidazione madre- anche per cui, (6.6/10) 62 sentireascoltare chapeau. la consacrazione di emulazione (qui Icicles. E via che l’intenzione. un vezzo Elliott discor- d’irretire, Con – lo tutto è - questo teatrino di masche- mi in levare (in bilico tra to con la Parlophone dopo re inafferrabili, ma riesce la i appena un anno dal primo a spiattellarcelo col giusto nuovi e concerto e già sulle coper- trasporto. Per cui l’ascol- teatralità vocali degne del tine delle riviste specializ- to procede tutto sommato Peter Murphy più ispirato, zate costituiscono tuttalpiù piacevole. Fino a che non il una s’incontra Francie, la trac- ton mostra buone capacità agli Interpol, con la sfor- cia conclusiva - dove una di scrittura ed esecuzione, tuna di essere arrivati un ballata si mantiene prodi- che po’ tardi. Anche questo, un giosamente allo stato em- territori familiari al feno- inequivocabile brionale, ruminando ener- meno emul per eccellenza, nostri tempi. (6.4/10) gia sintetici, gli Interpol. Rispetto alla loop di chitarra e una nar- band di Paul Banks e soci, razione greve in primo pia- i Departure sfoggiano però Dj Balli Is The Wrong N i g g a T o Fuk Wiz! (-Belligeranza , 2 0 0 5 ) no – e finalmente realizzi un piglio sicuramente più di Edoardo Bridda il “quid” alieno dell’autore straight-edge e appa- Dj Balli non ha forse biso- e rentemente meno incli- gno di presentazioni: figu- pop, ra di culto negli ambienti tra effetti assieme quanto questo old school Franz e di Northamp- portano - spesso – alternativa segno dei ne ne sprecata. (6.0/10) mettendo in scena spesso rave e volentieri un suono spi- critica specializzata (Ste- goloso fano del Bianchi su tutti) paragonato a Kid 606 -, il musicista recupero discutibile propensione al affermato in Italia (ma an- anni melodismo romantico tipi- che a livello europeo e in camente special che travolgendo la All I. e Time evidenziano un’in’80 come tuttavia dalla - tanto da essere spesso degli momenti acido; apprezzato ped Out, Arms Around Me culturale sta e e Map- di Antonio Puglia Nell’ottica compromesso in possibile Pajo sia anche un’occasio- Departure D i r t y W o r d s (Parlophone / EMI, 2005) al War Ferdinand) quintetto li di eighties (in più bolognese modo in si è Francia) questi di un momento vengono in come figura di riferimento anni (rappresentandone in mente Psychedelic Furs e della scena breakcore, eti- tutta tratto Chameleons, due tra i re- chetta bastarda figlia pu- più significativo), c’è sem- ferenti più immediati della tativa di quella drill’n’bass pre ripescare band di Antics, tra l’altro). che romanticismo, In definitiva il risultato non l ’ A p h e x Tw i n s e c o n d a m a - appannaggio di certa new deluderà niera wave Bunnymen passionati del genere, sia sanfranciscoiana in poi, magari impreziosito vecchi che nuovi; purtrop- Blectum from Blechdom e con spruzzate di decaden- po il rischio che corre tutta Kid per l’appunto). tismo à la Bauhaus / Cure. questa nuova generazione Sempre Detta così sembra più una di musicisti è proprio quel- compromessi, ricetta una lo di passare inosservati o musicista, grazie a armi da in di venire esaltati non ap- taglio al coriandolo e brac- sostanza è ciò che espri- pena si calcano le scene cio armato macrobiotico - mono gli esordienti Depar- (che spesso risulta essere …l’arto Sonicbelligeranza - ture, protagonisti insieme la stessa cosa). , si è distinto dalla mischia a B r a v e r y, Sono molto lontani i tempi dei wiz kids amfetaminici, Art Brut e Wilderness del- in cui quattro giovani irlan- oltre che per le accattivan- la desi puntavano dritti verso ti soluzioni turntableiste in il futuro costruendo passo up and down tempo, anche di dopo passo un lungo per- per un indubbio gusto kit- scuola Edge (di cui il chi- corso che li avrebbe por- sch nei campionamenti che tarrista Sam Harvey è im- tati in cima al mondo; oggi lo hanno portato a paccot- pressionante epigono), rit- i Departure, sotto contrat- tigliare Casadei e mazur- scena un musicale di probabilità spazio tipo da formula U2 e culinaria che musicale, Maximo più per di il Park, recente emuli. Tra chitarre ma ondata taglienti di di certo gli ap- fu e caratteristica poi della estremo del- “scena” ( L e s s e r, e senza l’istrionico sentireascoltare 63 recensioni M a t t h e w H e rbert P l a t D u J o u r (Accidental / Wide, 2005) d i Va l e n t i n a C a s s a n o E r o d a v v e r o i m p a z i e n t e d i a s c o l t a r e P l a t D u J o u r, n u o v o a l b u m d i M r. M a t t h e w H e r b e r t , p e r c h é s i , l o a m m e t t o , ho un debole per questo piccolo genio dell’elettronica inglese. Anche quando si nasconde dietro improbabili moniker ( Doctor Rockit in ambito electro-jazz, Wishmountain poi Radioboy nella versione techno, nome e/o cognome per tutto il resto), la sua mano si riconosce all’istante. Musicista, dj e produttore dalla fantasiosa e multiforme creatività (visto recentemente all’opera per l’intrigante debutto solista dell’ex Moloko Roisin Murphy), in dieci anni di attività ha trovato il modo - sampler estrapolati da ogni tipo di fonte organica - e il tempo - tra una performance al Sonar ed una al Montreux Jazz Festival - di esplorare circuiti sonori quanto più diversi, ma sempre all’insegna dell’indipendenza (sue sono le label Accidental e Soundslike) e dell’integrità artistica (da notare il “Personal Contract for the Composition Of Music”, una sorta di promemoria personalmente stilato e aggiornato). A rimarcare poi la sua natura di uomo tutto d’un pezzo - nel caso non fosse abbastanza chiara - è il messaggio politico (un’eresia?) di cui la musica si fa portatrice. Che sia una critica esplicita, come i titoli - nonché vere e proprie fonti di suoni - di The Mechanics Of Destruction del 2001 firmato Radioboy ( McDonald’s, Rupert Murdoch And Vivendi, Coca Cola, Henry Kissinger sono solo alcuni, e non è un caso che l’album non sia stato commercializzato, ma regalato durante i live e messo gratuitamente in download sull’omonimo sito) o si tratti solo di un’allusione, come la scelta di campionare le funzioni del corpo umano - con i microfoni utilizzati dagli amici Matmos - nella melanconia jazz-house di Bodily Functions, dello stesso anno ma a nome Herbert (in risposta all’edonismo imperante di questi anni), il Nostro non perde occasione per dire la sua. Non lo ha fatto quando si è trovato a scrivere composizioni in stile Gershwin per la sua Big Band in Goodbye Swingtime del 2003 (i fruscii che si riescono difficilmente a percepire provengono dalle pagine dei libri d i N o a m C h o m s k y, M i c h a e l M o o r e e J o h n P i l g e r, i n s e g n o d i p r o t e s t a p e r l ’ i n v a s i o n e d e l l ’ I r a q ) , f i g u r i a m o c i s e p o t e v a s o t t r a r s i a l l a s u a m o r a l e n e l l ’ u l t i m o P l a t D u J o u r. E così sia, allora. Dopo una ricerca con il fido registratore attraverso tutto il Regno Unito durata due a n n i ( a l f i a n c o d i e s p e r t i e a u t o r i t à ) e d o p o s e i m e s i d i l a v o r o i n s t u d i o , M r. H e r b e r t ci svela i segreti del cibo, o meglio, i segreti delle grandi corporation dell’industria alimentare. E quindi ecco che il verso di 30mila polli, 40 galline e 24mila pulcini appena nati - tutti di allevamento - dà vita a The Truncated Life Of A Modern Industrialized Chicken, al ritmo scandito quasi orientaleggiante di una dozzina di uova biologiche rotte in una ciotola di pirex, mentre una miscela di ben nove differenti sentireascoltare 64 marche di acqua minerale fa scivolare in un’atmosfera jazzy These Branded Waters, accompagnata dalle percussioni del fondo di una bottiglia san pellegrino, a 182 bpm (in riferimento ai 182mila litri di acqua necessari per fare una tonnellata di acciaio) per una durata di 5’30’’ (dove 53 è la percentuale della copertura sanitaria nel Bang a d l e s h ) . To c c a p o i a l c a f f è r e n d e r s i p r o t a g o n i s t a d i A n E m p i r e O f Coffee, 60 semi di robusta (un tipo di qualità) stillati in un contenitore di roundup, pesticida usato dalla monsanto (nome noto nel mondo delle biotecnologie e del transgenico), su un frenetico sampler di tazze, lattine e confezioni di caffè (in particolare nestlè), come se ci si trovasse all’interno di una delle grandi fabbriche produttrici. Altro colpo messo a segno è la frizzante Celebrity - a metà tra house e hip hop a suon di pepsi -, unico brano cantato in cui la cristallina voce di Dani Siciliano si fa gioco delle star (viene citata una certa Beyonce…), gli sponsor più richiesti quando si tratta di alimenti per bambini dal dubbio valore nutritivo (tra i bersagli preferiti del Nostro troviamo i cerali del film animato Shrek). Sono questi gli episodi migliori - insieme alla cartoonesca leggerezza ritmica di The Final Meal Of Stacey Lawton, che in realtà si riferisce all’ultimo pasto consumato dal condannato Lawton, prima di essere giustiziato - di un piccolo vademecum sul linguaggio internazionale del cibo, anch’esso sempre più globalizzato. Idealmente divisibile in due, la seconda parte di Plat Du Jour non brilla però per accessibilità e gradevolezza, dispiace ammetterlo. Pur non risparmiando da critiche l o z u c c h e r o ( H i d d e n S u g a r s p o t r e b b e t r o v a r s i a n c h e s u u n a l b u m d i R a d i o b o y, n o n f a r e b b e a l c u n a d i ff e r e n z a ) , l e b a r r e t t e d i e t e t i c h e ( F a t t e r, S l i m m e r, F a s t e r, S l o w e r ) o i l p r a n z o d e l p r e s i d e n t e a m e r i c a n o B u s h c o n i l p r i m o m i n i s t r o b r i t a n n i c o B l a i r, p e r ringraziarlo del suo appoggio in Iraq (la cacofonia assordante di Nigella, George, To n y A n d M e ) , H e r b e r t s e m b r a c a l c a r e u n p o ’ l a m a n o c o n c a m p i o n a m e n t i e f i e l d r e cording, tanto da far suonare il tutto come un riciclaggio di tecniche (la delicatezza melodica di The Nine Seeds Of Navdanya e Waste Land non è poi molto distante da q u e l l a d i B o d i l y F u n c t i o n s ) . Te c n i c i s m o d i c u i è u n i n d i s c u s s o l e a d e r - e d i o t t i m e p r o ve ne abbiamo avute a sufficienza -, ma che nell’insieme risulta fine a sé stesso, se non proprio autocelebrativo. Insomma, mi pare che la grandiosità del progetto abbia fatto perdere al piccolo genio il filo del discorso, concentrandosi più sul contenuto politico, a cui spetta un meritato 8/10, e meno sulla forma musicale, che deve invece accontentarsi di un (6.7/10) che in furiosi spara e fug- di forchetta del macchero- dopo gi ritmici, a farcire ni west entrano dunque nel il cameo con un flavor hip- humor che lo conduce ora collage hop con l’eppì From The Insi- una allusiva/disillusiva/en- di roland, rottami sonici) de a saccheggiare il patri- doscopica in perfetto ghetto blaster monio audiofonico popolar più che alle fotografie del- newyorchese televisivo in quello che lui le città italiane porta diritti spalla facoltativa). stesso ha definito “un di- alle Ve r a m a t e r i a p r i m a p e r d j sco utensile per dj”. tomiche della famosa band non grindcore Carcass. dal vivo al Vicolo Bolognet- L’ a l m a n a c c o caratteristico hamburger del giorno avant-classico copertina, lastre di che intestinal-ana- suite, l’eppì assume le sembian- l o s c o r s o 11 l u g l i o d a B a l l i ze n.9 in persona, From The Insi- che alcuni cavalli impazziti con del de ha sprigionato tutto il (uno di questi sicuramente bianco Lennon e qualche lato oscuro della forza con Nestore) e tanti spari e giri grasso nerone in pennica risultati nella parte nel presentato vatore Baccaro, come an- Revolution ti allienati, a gesta dell’attore trash Sal- Balli di (radiolona Ascoltato una mo’ sincopi dopo, il carosello e pure le di a (breakbeat, capoluogo tra il emiliano devastan- sentireascoltare 65 te e l’ilare; tra i momenti pea del 2002, ne è illustre defessi, stuzzicare i nuo- migliori la soundtrack che vi arrivati), e di svalutare fu del nostro Meteo spal- esempio. Soltanto due brani. Il primo, mata sui- Dissolution III, è un flusso show veri e propri. La ti- te lisergica, e persino (in continuo di suoni irti ge- tle-track era già presente fuoriprogramma) di nerati dalla sola chitarra, in Forza Italia massacrato a basato su continui richiami 2005). Tiratura colpi alla 1500 copie. (3.8/10) in un’ipnotica di l’inno scratch, glitch e scena psych neo-ze- persino la portata dei live 070796LIVE (Autofact, limitata a campionamenti belligeran- l a n d e s e . Ta l v o l t a c i s ’ i n a l - ti, l’ideale aggiornamento/ bera per pochi secondi, ma adattamento nostrano del- si torna presto a dronare la con la medesima intensità Esmerine Aurora (Madrona / Souther n , 2005) per tutti i 15 minuti scarsi d i Va l e n t i n a C a s s a n o della sua durata, al mas- Nel nel- simo accentuando la dina- verso il giorno, un chiaro- straight mica di un nonnulla. E’ un re proveniente da oriente edge lavora senza compro- brano affidamento avanza, prima che il sole messi e con le lampadine alle svirgolate distorte con si alzi nel cielo. E’ l’auro- dell’ingegno sempre acce- pigmentazione ra. se sopra la console. Deicide, ma spesso virati fugace da confondersi con Nella copertina dell’album all’atonalità ostentata. l’alba. appare Living In The Gleam Of An so, fisico dell’oscurità con non è un disco breakcore” Unsheathed una la luce, quando si è anco- …ha ciclopica che ra Star Sprangled Banner hendrixiana. Analogon di Billy (fortunatamente l’aspetto), Corgan solo Balli lo sticker ragione, “questo ma lo può che fa death Sword alla - maratona volgere Un della momento talmente L’ i n c o n t r o lontani notte amoro- dall’esser niti- diventare in qualsiasi mo- sfiora l’ora di durata - rie- di, ma non si è più avvolti mento. (7.0/10) sce a fare di peggio. Car- dai foschi drappi delle te- lson nebre. Un attimo visibile, si Earth L i v i n g I n T h e G l e am Of An Un s h e at h e d S w o r d (Troubleman Unlimited, 2005) dalla di Michele Saran fa accompagnare batteria Adrienne suonata Davies, forse in misura maggiore, mentre in quella porzione di volta i celeste che sovrasta Mon- suoi fuzz più monolitici e tréal, dove l’immaginazio- avari della benché insigni- ne La recente attività disco- ficante Esmerine grafica Carlson qualche è ben misera. Live album, razione, demo-tape, raccolte di re- zone della dovizia di particolari, una mix. Tutti ponti (ormai al- tessitura). A questo si ag- lungati all’inverosimile e giunga la mastodontica du- vivida istantanea. Infatti Aurora è il titolo del sempre più verso di Dylan riprendono da imperterriti concessione leggera di nonché (solo accelescontate rarefazione e la Cawdron sensibilità degli (ovvero Bruce e Beckie Foon) riescono a scattarne, con rata, per la quale arrivare loro secondo album: uscito la nuova opera di studio, il ad è a due anni di distanza dal- seguito dell’ormai arcaico opera monumentale anche l’esordio If Only a Sweet ultimo album a nome Earth, per Surrender to the Nights to quale fragili) ascoltarne il più la metà paziente degli ascoltatori. Come 1996). Quando arriverà, se Te r r i b i l m e n t e i g n a r o d e l l e seguendo le stesse coordi- arriverà. nate, allungando le traiet- Pentastar (SubPop, conseguenze a ci si deve sorbire questa va questo paccottiglia nico Per il di momento materiale incontro, erroraccio cui andatita- discogra- Be torie, uno True, si proiettandole spazio muove verso infinito. Tutto di bassa qualità. Living In fico raggiunge con tronfio è costruito attorno alla co- The Gleam Of An Unshea- eroismo stante, thed Sword, registrato dal tivo di far sprofondare le presenza vivo durante alcune delle forse oneste intenzioni di voce date Carlson (sfamare i fan in- puramente strumentali so- della tournèe 66 sentireascoltare euro- il duplice obiet- di e quasi del sei invasiva, violoncello, composizioni stanziate da primitive ed naturali, apprestandosi a la potenza aggressiva diventare una compiacente Chrome a soundtrack per animi fragi- ming velocissimo e chitar- li nel prossimo inverno. re segate più che suonate, (6.7/10) ferme su un’ unica nota. differenza progetti dei che li diversi hanno vi- sti protagonisti (Godspeed Yo u ! Fire Black To E m p e r o r, Flames, A Set Silver Mt. Zion), in questa nuova creatura Cawdron e Foon Ex Models Feat. Kid Millions Chrome Panthers (Psychotica/ X-Mist,2005) non lasciano mai che il fu- di Daniele Follero rore prenda il sopravven- Chi to. Swans La tipica struttura in ricorda sommato drum- un lavo- ro interessante, anche se probabilmente rimarrà esperimento, un difficilmente ripetibile vista la radicali- Cop forse Tutto Panthers: di energiche percussioni, ma degli condividerà tà della proposta musicale. Interessante sarà se- post-rock con me, ascoltando questo guire gli sviluppi di questi - seppur minima - rimane, ep, il ricordo di quel pe- esperimenti senza sfociare però in un sante ripetitivismo ipnoti- per scoprire in che modo fragoroso noise chitarristi- co, di quella musica sen- possano co (cifra stilistica dei Mo- za compromessi. Con uno turo prossimo della band. gwai) o nella magniloquen- stile molto più nervoso e (7.0/10) za orchestrale; preferisce schizofrenico i newyorche- piuttosto si Ex Models ripercorrono crescendo del una deflagran- nel fu- Fear Of Music Self Titled (Blowout / W i d e , l u glio 2005) quella corsa in chiusura di Quel- fatta ques Mots Pleins D’Ombre, ripetuti incredibilmente placida a ossessivo Mentre il revival wave ot- un continuum. Chi è abituato tanta impazza, dando sem- a pre più la sensazione che suo piaceo attacco), dialogo op- marimba- di musicale incidere te batteria (la forsennata nel filosofia “minimalisti” monoliti elettrici all’infinito comporre un ricercare puro quasi piacere di Edoardo Bridda glockenspiel-violoncello fisico nella musica non è la (la tensione dei quasi di- proprio l’ascoltatore idea- finita, ciasette minuti di Histories le di questo disco. 6 tracce scalano la marcia del Glam Repeating estreme, (Hard) As One Thou- coraggiose, os- mareggiata le buona sia leve che nuove Rock per nuovo sand Hearts Mend) oppure sessive in cui i graffi delle millennio un estatico pianoforte sul chitarre vanno letteralmen- con loro i decibel, il pathos quale s’innestano le malin- te in loop con la batteria e chiaramente i farsetti. coniche corde della Foon, martellante di Kid Millions Il nome circondati degli il titolo da nel accennati bel mezzo disturbi ru- del Oneida, nelle collaboratore Se That’s vesti non il Fear mancano Of e Music dell’album - della d’ecce- s v o l t a “ e t n i c a ” d e i Ta l k i n g funny Heads - come anche il riff moristici (la splendida Why zione. She Swallows Bullets And don’t feel like a shithead e I coriaceo Stones). Nonostante una caduta di Headlines conservano an- della prima traccia A Stran- cora qualche richiamo alla g e K i n d O f Te r r o r o l e s o - tono al sintetizzatore Spring no wave (suonata però su norità plagio da Pixies-Ra- Tide, Neap Tide, Flood (un un disco graffiato che ri- diohead di Skin & Bones, riempitivo in Ebb Tide, campane pete sempre lo stesso riff), non e campanelli di cui, fran- in brani come l’intro Chro- ganno: il quartetto di Man- camente, si poteva fare a me ame- c h e s t e r, c h e r e c e n t e m e n t e meno), ricans qualsiasi ha firmato per l’autoctona solo Aurora rimane un panthers si e Buy perde devono in parvenza di forma, preva- indie luminosi in paesaggi lunari le la distorsione più pura, che cercare una che l’occhio umano non è in isolata. via, sembra ricalcare grado di cogliere, un gla- E’ però nella finale Chro- tutto e per tutto le sono- ciale tepore dai movimen- me rità ti gentili, accurati eppure potentemente dove si più pre- esprime di Blowout, in- album fotografico di scorci hearts label trarre evidenti più propria in bignamini quali Placebo e soprattut- sentireascoltare 67 recensioni Melvins Mangled Demos From 1983 (Ipecac / Wide, 2005) di Lorenzo Filipaz King Buzzo e Dale Crover hanno sempre voluto essere nei Kiss, apprezzandone soprattutto la macchina mitopoietica e la cifra buffonesca della loro tracotanza. I Melvins hanno costruito il loro motore sulla base dello stesso progetto, trasponendo sovversivamente questa egoarchia parossistica nei torbidi circuiti dell’underground americano. In linea con questa politica hanno foraggiato i loro fan, soprattuto negli ultimi tempi, di demo, bonus-tracks e alternate takes attraverso una pletora di ristampe e compilation, istoriando via via la loro discografia con sempre nuove leggende sulle origini. Con Mangled Demos siamo arrivati alla Genesi, ci troviamo infatti alle prese con le primissime registrazioni, quando Crover non era ancora della partita e i Melvins erano quindi Buzz Osborne, Matt Lukin e Mike Dillard. E r a i l p e r i o d o i n c u i B u z z o p a s s a v a a C h r i s t N o v o s e l i c i d i s c h i d e i F l i p p e r, d e i C i r c l e Jerks, dei Black Flag… era il periodo della “promiscuità” con i futuri Nirvana in effimeri progetti come i Fecal Matter (con Cobain alla batteria, Crover al basso e Dillard alla chitarra!). I protagonisti avevano 18-19 anni, l’indie americano era ancora in fasce ed il concetto di Alternative non era ancora nato. Ed è proprio il valore storico a rendere alettanti questi Demos anche al di fuori della cerchia dei più infoiati melvinmaniaci, si tratta infatti di una full-immersion in quell’oscura e brulicante brodaglia chiamata post-hardcore, dalla quale avrebbero attinto linfa malata Butthole Surfers, Scratch Acid, Cows, Big Black. I Melvins erano appena passati dalle cover di Hendrix e Who al punk di Sex Pistols e Black Flag e nel testone di Buzzo (ancora piuttosto contenuto all’epoca) allignava già la luciferina idea di unire l’hard-rock/metal all’hardcore-punk, incrocio su cui sostanzialmente avrebbero poggiato le impalcature di tutto l’Alternative a venire, dal grunge al thrash. Come si può facilmente arguire dall’ascolto le componenti erano nel ’83 ancora piuttosto disgiunte, così in qualche pezzo affiorava la più plumbea polpa sabbathiana (vedi le due takes di Matt Alec), altrove emergeva invece la più feroce ignoranza hardcore (come in Pencil o nella prima versione di Forgotten Principles, poi nei singoli), capitava anche che si giocasse d’eclettismo combinando insieme le due anime ma senza imbastardirle (Flowers) ma poi ecco che infine le cose inziavano ad amalgamarsi in stupefacenti hard-rock settantini iniettati di lascivia punk (I’m Dry) o in numeri hardcore declinati in spirito metal (la prima versione di Snake Appeal). Siamo ancora ben lontani dalla formula di 10 Songs e Gluey Porch Treatments fatto di magma proto-doom dalle sfumature sludge (anche se il loro primo classico Set Me Straight qui presente indica già la via) a cui Buzzo giungerà soltanto con l’apporto d e l d r u m m i n g m a s s i c c i o e f u n e r e o d i C r o v e r, m a p r o p r i o i n r a g i o n e d e l l ’ a m a r o g n o l a immaturità del frutto esso ci risulta pregiato. sentireascoltare 68 I fan non potranno non apprezzare la chicche, come la primissima registrazione del gruppo ad un Elks Lodge Christmas Broadcast (!!!), mentre chiunque sia interessato alle dinamiche dell’humus proto-indie americano degli ’80 troverà imperdibile l’alto valore storico di questo artefatto, il quale - come si può facilmente intuire - è inversamente proporzionale al suo valore musicale, per questa ragione siamo costretti a fare un’infelice media e approdare a un freddo e politico (6.0/10) gruppo ad un Elks Lodge Christmas Broadcast (!!!), mentre chiunque sia interessato alle dinamiche dell’humus proto-indie americano degli ’80 troverà imperdibile l’alto valore storico di questo artefatto, il quale - come si può facilmente intuire - è inversamente proporzionale al suo valore musicale, per questa ragione siamo costretti a fare un’infelice media e approdare a un freddo e politico (6.0/10) to Muse. C’è da dire che lo Impressionista fanno nel migliore dei modi scurale ( A S t r a n g e K i n d O f Te r r o r , situazionista e Millions Screaming), come sta stesso, anche che, con ogni proba- saccheggiare a destra e a bilità, il loro rock epico e manca non guasta, per chi stereotipato farà la felici- mira tà dei soli a ficionados del mento (stile l’ultimo Mozart genere. (6.0/10) alimentare…) F i n a l F a n t a sy H a s A G o o d Home (Tomlab / Wide, 2oo5) al ma tempo a e chiaro- incisivi non troppo, w h i s k y, m a c h e , p e r i l m o - razionali- mento, generano arsura e comporre a ché paga- arrangia- secchezza delle fauci. Se son rose… (5.0/10) Finn The Ayes Will Have It ( S u n d a y Service / Wide, luglio 2 0 0 5 ) Alle periferie delle mappe meno illustri. Il clichè del genio pazzoide che della strada fa tesoro, lo fuori dal coro, in libera nista negli Arcade Fire e al di Edoardo Bridda e To r o n t o è l a s c e n a p r o m e s - gne di Owen Pallet, violi- crema illustri la metafora del menestrel- si direbbe, stando alle la- una menti per archi per locali di Antonio Amodei sa della terra neofolk. Non di uscita e funambolicamen- te proletario, non regge di fronte a sfaccettature monotone, desolanti ma non pop del dopo Kid A, a Nord o forse ancora più a Nord, vicini al Polo, nascosti nei fiordi oppure nel fondo di una piscina brulicano tautori abbandonata, miriadi intimi romantici e e di can- uggiosi, appartati. Un titolare del progetto Final sussurranti. Fantasy: troppo pop perché La selezione timbrica non gato alle sinapsi dei loro convinca dilata concrescimento cervelli e di certe serialità, i ruralisti, poco un cuore elettronico è colle- intimista per suonare ma- strutturale, elettrolitica- troppo comode e potenti: è linconico, troppo raffinato mente insolubile; il lirismo troppo tardi per potersene per suscitare le brume dei trasuda una precottura sti- disfare, per reincarnare un violini stile Dirty Three. La lematica, bios che non c’è più. Penguin Cafè Orchestra lo twilights di confine e nu- I circuiti vengono tuttavia citerebbe per plagio (ono- trendosi mi- addomesticati, certi smal- re stificazioni, dedite all’ac- ti analogici emulati, come Jeffes…), dopo un giro di calappiamento altrettanto consultazioni modaioli, cui somministra- chitarre e violini, corde e di Michael Nyman e Steve re archi Reich. Per ciò che concer- temi facili facili dello steel degli alberi, dei boschi e ne il tributo a Nick Drake pedal, mascherati di ruggi- di lì… ecco il dispiegarsi (Adventure. ne esistenzialista. della neve, l’ovatta, la so- orecchie per ascoltare… Certo, la classe non è ac- litudine e la melanconia. Il Di qua. E qui, di liquidi ce ne mondo sintetico che sogna sarebbero, il al compianto materia trattasi: con Exe), da Simon i legali chi ha classifica melodie stantie e melomanie epidermiche. senza di generare sommarie acquarelli di mercati ridotti meno coi melliflui di un caffè irlandese, più La al accade sapor reale, del per legno, l’incontaminato. Natura lontana dagli sentireascoltare 69 Uomini. Dopo Sébastien S c h u l l e r, te della promozione e del proposta che unisce i so- marketing. praccitati E Speculate, elementi, allo- è il turno dell’amburghese Speculate - per voce, ar- ra le aspettative si alzano Patrick calpesta- chi e arpeggio di chitarra re i bianchi sentieri e la- - non sarà capolavoro, ma vertiginosamente. Stiamo parlando di sciare tracce sul terreno, almeno specchio nel qua- Was The Pace Of My Hear- e Zimmer due le intravediamo più slancio tbeat anni di distanza dal graci- che forma , maggiore cen- del trio pianistico In The l e e s o r d i o E x p o s e Yo u r s e l f tratura nell’evocazione che C o u n t r y. Tr e g i o v a n i e d a f - To L o w e r E d u c a t i o n ( 2 0 0 3 ) nelle vernici, come accade faccendati musicisti - Mor- con il nuovo The Ayes Will anche in No, I’m Not, l’uni- ten Qvenild al piano (già Have ri- ca in cui la voce del No- nei Jaga Jazzist, ora mem- sultati in tutto e per tut- stro è scoperta e vibrante bro degli Shining e dei Na- to similari al citato autore (un po’ come piacerebbe al tional di questo avviene It, che a presenta , album This Bank, nonché biondo Chris Martin). e L’ o m i n o f u m e t t o i n b i a n c o sanna), menti e naturalmente Ra- e nero nel complesso fila, basso (presente anche nei diohead e Sigur Ros come anche se i suoi tratti co- progetti Dump e Subtonic) riferimenti Perplessità orchestra vera dunque, ma anche bei mo- Happiness. intera d’esordio Roger di Su- Arntzen al che, minciano a convergere ver- e Pål Hausken alla batte- anche in questo caso, ani- so una funzione che va da ria (quarto componente del mano una dialettica dalla qui al prossimo enfant pro- Tub Quartet e parte fonda- fragranza dige (indie) pop-tronico. mentale della country band Non principi maggiormente demo- Christer Knutsen And Sa- distribuzione cred Heart ) - che usano gli islandesi impressi nel- dei talenti. Il giocattolo si lo spazio come approccio la mente è difficile rima- romperà. (6.2/10) al jazz. folky e/o cantautorale. Si parte sospettosi. Con c’è crazia mai nella stata Se in un primo momento le nere estasiati dall’operner In The Country This Was The Pace Of My Heart beat (Rune Grammofon / Wide, 2005) composizioni aperture in delicata lievi- d i Va l e n t i n a C a s s a n o (l’intima apertura di Where tazione; come pure non ci Che la Norvegia fosse una We Can Go oppure la lan- vuol molto a tracciare li- ribollente - nonostante le guida Tree Canopy Walkway nee ben poco oblique nelle temperature glaciali - fuci- ) per la forte personalità armonizzazioni Electri- na di ottimi e variegati ar- nell’interpretazione, quasi fy che, seppur in insalata tisti lo sapevamo già (pen- fosse un commento sonoro russa, rimandano dritte al siamo alla recente fioritura ad immagini in movimento, g r u p p o d i Yo r k e e a l l a d i v a di in realtà sono ben altre le d e l l a C o r n o v a g l i a S i r. P a - sempreverdi Kim Hiorthøy e influenze, trik Wolf. Nelle studiate pose intimi- N i l s P e t t e r M o l v a e r, o p p u r e lo ai ragazzi della porta ac- te Coleman, Kenny Whee- ste di A Computer Au Pa- canto Kings Of Covenien- l e r, lais le lancette si posano ce). Così come conoscia- Sono sui Notwist, ma quel che è mo la validità della Rune fonti d’ispirazione per un lecito aspettarsi a questo Grammofon nel promuovere suono dall’astratta ritmica punto è che Zimmer calchi realtà musicali innovative (il nucleo centrale di Bea- almeno un e ricercate (Supersilent e ver Creek sembra smarrir- arrangiamento che gli per- Susanna And The Magical si per ritrovare sul finale metta di sopravvivere con Orchestra, la quel minimo un paio). Quando poi ci si nasce), dove il tempo del- fuori dai trova davanti ad una nuova l’improvvisazione To - a n d F r o f a c e n d o m a g a ri finta d’essere vergini, di non aver mai ascoltato certe soluzioni una canore di melodia, e d’autonomia, giochi 70 sentireascoltare a roulet- Hanne Hukkelberg, solo per ai dirne possono ri- cordare la lezione modale di Keith Jarrett o del più grande maestro Bill Evans stesso come Qvenild: Messiaen queste linea afferma Ornet- e Feldman. le maggiori melodica da cui serve a portare aria o, se si vuole, lava dei nuovi Franz Ferdi- prio delle vicissitudini dei maggiore concretezza. Un nand e di una seconda età ragazzi nei sobborghi della modo di sentire e vedere la d’oro del brit-pop. loro città, Leeds, dei locali musica che non si limita al La trafila mediatica, il suc- da ballo, delle squinzie, e jazz, ma che si nutre anche cesso, la fama e la gloria, lo fanno nel più campani- del rock americano (la stu- come le ambizioni e le bra- lista e retorico dei modi, pefacente mosie, senza nudità della In non costituiranno l’ironia esasperata My Time Of Need di Ryan di certo delle novità per il Eddie Argos o il pathos di Adams) classicità lettore emancipato e infor- Paul Smith, tuttavia sban- (la rilettura con una casio mato sui meccanismi del- dierando sk-10 della handeliana La- l’industria musicale dell’ex cartucce schia Ch’io Pianga). impero, dunque zeppe di riferimenti seven- Un trio dalla marcata ver- aggiungere favoriti ties, più una serie di qua- satilità e dalle sorprenden- dell’estate duemilacinque, dretti ti doti tecniche, che solo i prossimi a essere spinti Kinks dove il riff è tenuto il nell’arena drugs dal pianoforte e la chitarra nord e della Europa autentici - talenti terra - di basterà che del i sex, in una manciata di punk-melodiche mid-tempo à la poteva & r ’ n ’ r, n o n c h é i c a n d i d a t i infila gli assoli. Sono pro- portare alla luce. A questo al Mercury Music Prize (e prio quest’ultimi a punto si spera di ascoltarli questo sì, ricordiamolo: la rare l’attenzione con presto dal vivo in uno dei vincita ammonta a 20,000 Yo u C a n H a v e I t A l l t r a B e - numerosi festival jazz che pound), sono proprio loro: atles e Duran Duran (!), il affollano la penisola itali- cinque Leeds fortissimo ascendente Da- ca. (7.0/10) che per l’oramai consueta m o n A l b a r n d i Te a m M a t e e rincorsa alle alci sul muro la migliore di tutte Oh My hanno God per cori sixites e chic K a i s e r C h i e fs E m p l o y m e n t (Universal, marzo 2005) ragazzi scelto di d’appendere cattuuna q u e l l a d i P a u l We l l e r. Proprio dal primo gruppo glam. del cantautore - The Jam vario, In un’intervista concessaci - sembrano esplose queste dica il verbo della nuova nella primavera del 2005, veloci wave M i c a h P. H i n s o n n o n s i e r a eleganti a partire dal ve- lendo la mira (Everyday I risparmiato sprez- stiario, giacché fu proprio L o v e Yo u L e s s a n d L e s s , I zanti commenti sugli allo- lo Style Conuncyl a ripor- Predict A Riot, Na Na Na ra poco conosciuti Kaiser tare in auge lo stile mod Na Naa), ma che si salva Chiefs: il cantautore parla- in epoca punk rivestendo- in zona cesarini con buone va di perfetti damerini da lo musicalmente di febbri- trame vocali di puro, puris- rotocalco, simo english pop. (6.0/10) di Edoardo Bridda alcuni ideali e stilose canzoni, seguaci le e amfetaminica energia, di quel fenomeno che noi senza mancare d’omaggia- abbiamo re chiamato emul quell’accento working rock, il sinonimo, nelle sue class che diventerà tratto parole, di un ondata di mu- distintivo del punk inglese. sicisti più attenti all’abbi- Weller gliamento che dunque come mo- Employment, è un modaiolo album che pre- anglosassone fal- Lali Puna I Thought I Was Over Tha t : R a r e , Remixed, and B-Sides ( M o r r / Wide, 2005) di Carlo Pastore al bisogno dello al piacere ma generazione - Maxïmo C’è qualcosa che va oltre di far musica assieme. Park e Art Brut - cresciuta tutti gli insoddisfacenti ter- Appena prima a pane, gessati Strokes e mini che usiamo per tentare pubbli- d’esprimersi un l’Universal e mese quest’ultimissi- Interpol, quella che ritorna di descrivere questa musi- del là dove il vestiario era una ca. Qualcosa di immenso, quintetto - Employment - e vera e propria filosofia di inesplorato, si stava preparando a pro- vita, pulsazione muoverlo che parlano ai kids. sottocutanea. I Kaiser Chiefs parlano pro- di fondo che permea ogni cato il aveva per debut in album grande stile mentre la stampa già par- quella fatta da kids etereo. sanguigna Una Una e grazia s e n t i r e a s c o l t a r e 71 piccolo e curato particola- Nella seconda parte dedi- “prewar” che viene spesso re di un disegno sensuale cata ai remix, poi, è qua- accomunato. Non mancano e ammaliante. Non so se lo si certo le ragioni per farlo, si possa definire. Ma c’è. E ascolto a Dntel, che priva ma lo si ritrova in questo disco della The distinguo: intanto, non c’è dei Lali Puna. Una raccolta Dream Of Evan And Chan traccia dello spaesamento di b-side e remix, tanto per in un gioco teutonico ormai naif che circonda il buon riscoprire collaudatissimo sempre Devendra Banhart e com- lezza di fondo che avvol- u l t r a r a f f i n a t o , e a n c o r a To pagnia freakeggiante. Non ge ogni creatura di questa Rococo Rot e Alias, rispet- è un particolare da poco. band tivamente stranita Langhorne Slim può forse Grean and bear e in una passare per un tipo bizzar- ca, ma sicuramente le ha riuscita Alienation. ro, un giovin guitto dalla donato il più carezzevole e Insomma, se c’era bisogno strada affascinante dei vestiti. di stabilire - di nuovo - chi, le, defilata. Ma non certo Quelli di Pitchfork sosten- con apparente semplicità, per un freak. Non si è per- gono disco fosse capace di dare al pop so nessun venerdì. Non si veri una forma moderna, evoca- è dimenticato l’era in cui Lali Puna ai loro estimato- tiva e calda, traducendo in vive (non sembra importar- ri, controverso canzoni dotate di gioia le gliene troppo). Gli anni non Faking The Books che ave- pulsazioni di una genera- se lo sono masticato vivo, va mischiato le carte della zione che ha voglia di bal- sputandolo come un bolo di band con quelle dei cugini ha l’immensa tedesca: inventato che potrebbe dopo bel- forse non l’indietroni- questo restituire quel i stupefacente voce prestare (This in Is) e una neanche gli opportuni sbilenca, umbrati- lare, beh, quel nome è Lali callosa fraterni Notwist, avvicinan- Puna. Dia loro il bentorna- ci tiene allo stile. Ce l’ha, do - con la scelta di ricor- to uno stile. E la dinamite tra rere a sonorità più fisiche li persi; si emozioni chi a chitarra - i due lati della medaglia. questa band non chiedeva alla voce (il modo in cui la E perché nient’altro che continuare usa, la spara, la stura), è in questo disco il gruppo si a fare quelle cose lì. Quel- uno le belle. (7.7/10) Frank Black, Ben Harper e potrebbe darsi, riappropria di una dimensione quasi totalmente in- chi affermava di aver- obsolescenza: e banjo. strambo lui Quanto centrifugato Gordon Gano (guarda caso, drum machine e soffici gio- Langhorne Slim When The Sun’s Gone Down (Narnack/ Goodfellas) chi di produzione. Troviamo così - nella pri- di Stefano Solventi Dal punto di vista del “pro- so che si arrampica lungo ma metà della collezione, dotto” un albero genealogico che dedicata a collaborazioni e ne Slim – al secolo Sean annovera cover - 40 days degli indi- Scolnick, 24 anni da Lan- fheart, menticabili Slowdime, ripu- ghorne, è Bringing it all back home, lita un dietronica, riabbracciando glitch, pulsazioni di calde dalle abrasioni shoe- quello di D e L o r e n z o , f i g l i o d i Vi c t o r, ex Violent Femmes). Questa la pelle di un discor- Langhor- Pennsylvania i Captain Dylan Bee- (quello di Per- dove della parola conta più fetto anche nel non sem- lo strazio che il senso) e i dimensione assolutamente brarlo. Canzoni brevi come To m W a i t s q u a l i a v a m p o s t i seducente, in raffiche, o aspre come un di una torma blues e blue- coppia con Bomb the Bass, sorriso di sbieco, o dolcia- grass aureolata di mistero decisamente stre e l’accoppiata Cut massiccia, da e applausi come prodotto. - i gaze e riconsegnata in una Clear signor al disco collabora Malachi amori di spal- leggenda (dichiarata la le. E una vena che sembra predilezione per Leadbelly Re- pescare vita nel profondo, verse e The Daily Match, tra sedimenti, scarti e ra- e Skip James). E allora? Allora – insisto - perfettamente sospese tra dici. Un po’ come i White credo che additarlo quale onirismo pop e gusto soft Stripes, verrebbe da dire, esponente del “prewar folk dance. non fosse che è al filone blues” sia un pochetto az- formata da Harrison 72 sentireascoltare recensioni Of Montreal T h e S u n l a n dic Twins ( Polyvinyl / Audioglobe, 2005) di Lorenzo Filipaz Anni ’60 e anni ’80 rappresentavano fin poco tempo fa due ideologie contrapposte, simboli di due stili di vita apparentemente inconciliabili. Dopo il revisioni- smo operato dall’electroclash e la sua rivalutazione del cheap-pop in PVC di vent’anni fa c’è ora chi si oppone a quella storica cortina di ferro, permettendosi di dar vita a sorprendenti meticciati fra abiti floreali e sintetici, abbinando sari colorati da Carnaby Street con latex da Studio 54. Si tratta di gaudenti eresie annidate fra le pieghe dell’indie-pop, eliofobe nonostante la loro congenita solarità: occorre andare a pescare nel filone “pastorale” della Psychedelphia, scena negletta come i suoi adepti che rispondono al nome di L i l y s , B e n t L e g F a t i m a , T h r e e 4 Te n s ; o p p u r e c ’ è d a s e t a c c i a r e l e s e m p r e s p u m e g g i a n t i l a n d e d e l Te x a s d a l l e p a r t i d i B r i t t D a n i e l s / S p o o n ; s i p u ò m a g a r i r i p i e g a r e s u attuali nomi di culto come Oneida ed El Guapo, ma, se avete in uggia qualisvoglia sperimentalismo che non sia in grado di comunicare potenzialmente con tutti, allora dovete rivolgervi al collettivo Elephant Six e chiedere di Kevin Barnes e dei suoi Of Montreal. I n i z i a l m e n t e a m a n u e n s i f e d e l i s s i m i a l d e t t a t o d i B r i a n W i l s o n e L e n n o n - M c C a r t n e y, dallo scorso anno (con l’album Satanic Panic In The Attic) hanno incominciato a convergere viepiù decisamente verso la contaminazione di cui dicevamo, pienamente s b o c c i a t a i n T h e S u n l a n d i c Tw i n s . S e i B e a c h B o y s s i f a n n o a n c o r a s e n t i r e i n p e z z i come Death Of A Shade Of A Hue, ecco invece che un frizzante sixties-pop deliziosamente bugiardo - innervato di synth-music ammiccante come manco gli Adult - emerge d a l l e b a t t u t e d i I W a s N e v e r Y o u n g . F r u l l a t o d i Ta l k i n g H e a d s e M e r s e y B e a t , c h i t a r r a f u n k y b i a n c a e c o r e t t i d ’ a n n a t a . W r a i t h P i n n e d To T h e M i s t & O t h e r G a m e s a b b i n a A b b a e S y n t h - p o p , I W a s A L a n d s c a p e I n Yo u r D r e a m o m a g g i a K e v i n A y e r s a l i m e n t a n do un caleidoscopio maledettamente ben arrangiato e variegatissimo nei riferimenti, psych e wave intimamente connessi in una musica che risponde finalmente agli appelli per anni inascoltati di pioneri come Robyn Hitchcock, XTC (o forse dovremmo dire Dukes Of Stratosphear) e dei protagonisti della Liverpool by 80s. La ruffianeria di certo non difetta a Barnes (così come agli altri alchimisti impegnati in stregonerie simili), ma la positiva freschezza e il savoir-faire superiore di questi bricconi non ci lascia indifferenti.. (7.0/10) s e n t i r e a s c o l t a r e 73 zardato. robivecchi e un minestrone modeste, un rinfresco alla rebbero un paio di amplifi- primordiale, corte di Mascis (Idol Wor- catori in più (belli vintage, ra che progetti al millime- ship), se volete) e la somiglianza tro ma che sta in piedi solo Whigs, coi due famigerati (fratel- se le travi sono ben con- potenza che lascia pensa- li? Coniugi?) White sareb- ficcate nel cuore, in quella re ai Come, ma che riman- be ben più marcata, quasi passione-ossessione da sfacciata. E simile quindi dicevamo. evidente- temperamento hard di una dovrebbe essere la “dispo- mente muove il buon Slim, “Nuggets Psychedelia”, cui sizione d’ascolto” di que- che lo conduce e ci con- i sto When the sun’s gone duce down, durante il quale si amarezza di I love to dan- devoti. Sam Jayne appartiene compie la rappresentazio- ce, una malefica, ne land che gonfiano fino alla usa il songwriter classico messa in scena fracasso- caricatura, a quale bestemmia creativa. na e accorata di una com- sviscerare umori waitsiani, Determinata, paludata, in- media di Per dire, baste- un’ossessione, la fino codici un’impalcatu- Che alla che goliardica somatici il dixie- trombone ai un’aritmia una primi Nostri Afghan concomitante Pavement, al s’inginocchiano covata ad che il congedo di un crepusco- sopprimibile commedia bislacca e sfer- lo asprigno. te, zante, abrasiva come l’ar- Disco emblematico circa le così riassunta informa, per monica di And if it’s true, odierne sua languida come la steel dalità del pop al suo me- T h i n L i z z y T. R e x To m P e t t y guitar M a r y, fragrante glio, culmine di artificio e primo stimolo. Ne scaturi- cuore. (6.9/10) scono gemme confezionate in di costume. Una e nevrotica come l’iniziale In the midnight. Tra i protagonisti e le comparse, s’incontrano mezzi d’organino, intercoretti possibilità e mo- Love As Laughter Laughter Fifth (Sub Pop / Audioglobe 2OO5) la ed incessan- sovranità diegetica stessa ammissione, come trappole da vecchio porco del Ta s c a m , ruvide perle di sericea trasparenza, ma certamente sudicie, slavi, campanellini, anche di Antonio Amodei un violoncello d’improvvi- I so a copulare con la sli- Love as Laughter ci ammo- gasmico. de (I ain’t proud), il banjo nivano pre- Laughter Fifth si masturba che una punk drenata da MC5, New con un soul fatto in casa, mitraglia punk. Tra i mo- Yo r k D o l l s e t e r r o r i s m i d i cimentandosi senza menti migliori, certe dolci/ genere; con il nuovo album assumendo, perciò, frenetiche ragnatele coun- la stile t r y, b a l l a t e c h e c u c i o n o f a - parte invece da un sound perfetto, perso tra una jam talismo, tenerezza, il folk classicamente incapace di acustica e la ballata deser- e il gospel ( la stupenda invecchiare. tica, catturata a metà stra- The s’incendia electric come band della dal albums dei lezione Delaware di- limite dell’onanismo autor- sfumato, uno dall’effetto letter). S’intende dalla copertina - da, acidamente amministrata - e furbe allusioni musicali, coyote struggente, che ora che di late sixtees trattasi, lirici annuendo e pulsanti sembra un declama ovatta- probabilmente. Essenziale, heartbreaking. Si scomoda, to, ora la vena ulcerata del strippato e malinconico, il addirittura, la West Coast Dylan di It’ s all right ma’, quinto capitolo di una de- Pop Art Experimental Band ora cade (I McGowan fos- consacrata allo sti- tra stile, E la voce, quella voce da Shane love precedenti scomunicate, ostentate, al Won’t riverberi Hurt tematici Yo u ) , visto se stato africano, ora un le vocale del leader Sam che il cult si presta al ri- hobo fatalista che sputac- Jayne, miscela dosi heavy maneggio, ma soltanto dal chia raucedine esistenzia- e degli genio. Jayne sa di poterlo le, ora il delirio lunatico e ’ 8 0 , p a i s l e y e N e i l Yo u n g , fare, e gli piace dimostrar- ineffabile di un Paul Simon Ve l v e t lo, senza fronzoli. alticcio… Una girandola e Suicide (Pulsar Radio). E’ Tutto il CD è immerso nel- un patchwork, un baule di un’alchimia di frattaglie im- l’atmosfera perdente di un 74 sentireascoltare post psichedelia (Canal Street) e fumogeno bar di periferia, non possono passare inos- mini riproponendo (soprat- lercio e catatonico, alcoo- servati. Agli esordi gli Oa- tutto lico, lucido, disperato, in- sis erano praticamente una intenzioni) telligente. Visti tempi, one man band, con Noel a trasgressivo abbronzati ed abbacinati, firmare tutti i brani e gli bei tempi andati, rivelan- altri - compreso il fratelli- dosi alla fine dei simpati- no Liam - a svolgere il ruo- ci cialtroni e/o (dis)onesti lo di comprimari; allo sta- amanuensi. to attuale le penne su cui in sintonia con i tempi che i mancuniani possono fare corrono, a pensarci bene. affidamento (5.2/10) i necessario. (7.0/10) Oasis D o n ’ t b e l i e ve the truth (Big B r o t h e r / Sony, 2005) di Antonio Puglia A tre anni Heathen dal mediocre Chemistry i fra- telli Gallagher tornano alla carica e riprovano a conquistare lo scettro sfuggitogli di mano all’epoca di (What’s The Story?) Mor- ning quando tutto G l o r y, il mondo era ai loro piedi. Oggi la (ex) “migliore band d’Inghilterra” mente sta risalendo lentala chi- na dopo l’inevitabile calo di popolarità degli ultimi tempi: a rinfocolare l’attesa per questo nuovo album hanno sicuramente contribuito le insistenti voci riguardo una collaborazio- ne (abortita) con i Death i n Ve g a s e i l r e c l u t a m e n t o ai tamburi del figlio d’arte Zak Starkey; niente di nuovo, quindi, considerando che i fratellini hanno già bazzicato con l’elettronica (Chemical Brothers e Goldie) e che la loro beatlemania compulsiva non è certo un mistero. sono quattro ( o l t r e a i G a l l a g h e r, a n c h e il chitarrista Gem Archer e l’ex Ride / Hurricane #1 Andy Bell). Il risultato questa ricavato nuova sicuramente neo (tanto da alchimia più è eteroge- che gli autori nella forma lo e nelle spirito del rock più dei Perfettamente Matthew Bayot Circling Buzzards (Fire R e c o rds, 2005) di Antonello Comunale Dopo l’ondata smossa Devendra Banhart, reno novelli dei il da ter- folkster dei singoli brani sono fa- americani è oggi talmente cilmente riconoscibili), ma inflazionato a sostanza cercare di tanto. nuove vira deci- conti non Il fatti cambia suono la più ormai di per mucchio; il che occorre battere strade emergere dal rischio di- di samente verso il rock, con ventare l’ennesimo epigo- Rolling no di Will Oldham e Jason Stones (il singo- laccio Lyla), Who e addirit- Molina tura Stooges (The Meaning una Of Soul) e Ve l v e t (o peggio variante di ancora Banhart) Under- è altrimenti una condanna ground (in Mucky Fingers) senza appello verso cui si come numi tutelari; pecca- va to che il più delle volte si Nel nostro caso la ricetta vada a parare verso il pop di Bayot, giovane songwri- rock più scontato e insipido ter esordiente da St Louis, (le stucchevoli Love rapidamente incontro. Like è quella di proporre un folk A Bomb, Keep The Dream americano canonico condi- Alive e l’immancabile bal- to con arrangiamenti india- latone ni. beatlesiano di Let There Be Love), anche se Bombay che invade il Mis- alcune intuizioni non sono souri. proprio è un “Hollywood party” di da buttare (certe Circling Buzzards consi- cadenze acid folk in Turn buona ste invero in un approccio Up the Sun e Guess God freddo musicale in qualche modo Thinks I’m Abel) e il tenore resto, ispirarsi alle sono- diverso rispetto agli esor- di Don’t Believe the Truth rità orientali in generale, di: se il profilo mediatico è sicuramente più alto ri- e a quelle indiane in par- e pubblico dei Nostri è ri- spetto ai precedenti passi ticolare, non è il massimo masto lo stesso (quell’ar- falsi. Insomma, il giochino dell’innovazione in ambito roganza da pub tipicamen- è sempre quello a cui i Gal- rock, anche perché non ba- te british è dura a morire), lagher abituato sta comporre un pezzo in certi sforzi dal punto di vi- da più di dieci anni: vesti- perfetto stile country folk sta artistico e compositivo re i panni dei propri benia- e poi metterci sotto le ta- La relativa novità ci hanno scuola, nei ma un risultati. po’ Del sentireascoltare 75 blas e parte della stampa specia- Il problema di una propo- lizzata: sembra sta come quella dei Maxï- transculturale a cui vorreb- spianata, l’iter è il solito mo Park in verità è sostan- be aspirare l’intera opera- a zialmente zione di Bayot. Se la Real ti (risparmiando i dettagli far risultare noioso e nau- World di Peter Gabriel nel che già potrete facilmente seante anche quanto c’è di corso di questi anni ha si- immaginare). Accantonan- positivo in tutta la “scena” gnificato do retoricissimi emul. Se il rischio inflazio- anche il pubblico di mas- discorsi che vengono natu- ne, viene da sé, di questi sa occidentale si rende or- rali quando una di queste tempi è altissimo, adesso mai conto che le musiche band si affaccia sulla sce- bisogna di na (emulazione, arte, plagi più per e una frase ottenere il di qualcosa, qualunque cultura si sitar crossover allora tradizione strada siamo i bene soliti, abitua- uno: tenere gli occhi quello ancora di le die- etc etc etc), concentriamo- orecchie) ci sulla musica che, quan- enjoy anche questa ca, un proprio linguaggio. do è buona, spazza via tut- ta, avanti il Quello che fa Bayot (e che te le chiacchiere, in barba (6.0/10) prima prossimo. fatto anche è semplice esotismo musi- critici) più intransigenti. In questo disco troviamo cale. A conti fatti, il disco un approccio scorre in modo piacevole, te punk senza troppi sussulti emo- Party), l’accelerato- La riesumazione degli anni tivi; l’unica volta in cui si re spinto sulle chitarre, i Ottanta non accenna a fi- lascia andare alla ricerca cori e certe cadenze new nire. dei raga indiani è nei 13 wave di stampo britannico quella minuti di Gin With Jodi, per dettate dai synth: nel so- re l’ossessione del nuovo il resto la forma di base è lito millennio quella della folksong con 3 il primo nome che viene in do / 4 minuti di fingerpicking mente è quello degli Ultra- che, mode e costumi. E se (termine assai di moda ul- vox! (quelli di John Foxx, in testa all’elenco dei più timamente…) e il canto un col punto esclamativo), ma saccheggiati troviamo Joy po’ anche Smiths (in Postcard Division, (5.5/10) of a Painting, e in gene- da Suicide e Devo (senza Maxïmo Park A C e r t a i n T r i g g e r (Warp / Self, 2005) rale in certe impostazioni contare vocali) o primi Cure e Jam. denza A posto accattivan- conquistano anche i Depe- di Antonio Puglia te (vedi l’insolito recitato- che Mode, grazie al synth- I Maxïmo Park sono uno tra dream pop di Acrobat), alla p o p d e i M o n e y Yo u r L o v e . i nomi più recenti di quella lunga però sfugge l’identi- Tre grande ondata revivalisti- tà complessiva del tutto. O cia danese con alle spal- ca (che noi di SA amiamo meglio, se una certa cifra le militanze in gruppi più chiamare emul) avviata in stilistica si può comunque o tempi individuare, ancora il liceo si trasferisco nel- non del Nostro. sospetti dagli gioco parte decisamen- (simile con (o vol- rock) anonimo ascoltatori Oppure, hanno altri agli aperti. musicisti tanti lui e di (pardon, tro una propria grammati- di portano cui la dei ai riferimenti, qualche indubbiamente Bloc episodio fatica Money Your Love The Spit On Your Parade (Dr a ma! Kings, 2004) d i Va l e n t i n a C a s s a n o L’ o n d a che montante sembra sta esse- travolgen- produzioni, classifi- seguiti l’atavica a ruota discen- kraftwerkiana), di tutto giovani meno di rispetto della un lo provin- eterogenei, dopo cavalcata dai ad attecchire nelle compo- la capitale focalizzando la Ferdinand, Li- sizioni, forse troppo etero- loro attenzione sul versan- bertines, Killers, e in ulti- genee e ancora immature; te elettronico. Come ogni mo luogo Arcade Fire, Bloc non escluso favola che si rispetti, nel- P a r t y, A r t B r u t . L a b a n d d i che, Killers, l’autunno del 2002 il loro Newcastle esordisce con un l’obiettivo (quanto a con- demo album, A Certain sensi) mani della persona giusta, Interpol vari e Franz Tr i g g e r, già ben pompato da buona 76 sentireascoltare è comunque come per venga raggiunto. i comunque finisce dritto nelle i n q u e s t o c a s o M o r t e n Va - rano (proprietario dell’etic h e t t a Va r a n o M u s i c ) c h e l i fa accasare presso la sua sublabel Drama! Kings. Il debutto arriva nel 2004 con questo The Spit On Morose People Have Ceased to Ask Me About You (Suiteside , 2oo5) di Anotnio Amodei Apaticamente, toni corda, i Malicorne?). progetto Morose estetico è dei pedagogico, dilatano di ordinario disadattamen- pabile ar- me alla Follia, all’Erotica to giovanile nella giungla tistica ed esistenziale dei ed alla Filosofia, è l’Edu- metropolitana cavalcano Morose, quartetto spezzino catrice per eccellenza, la animano, al secondo compiuto lavo- più alta, la sola che, senza la ro. La bellezza delle can- parole, epifanizza l’assur- le zoni e delle interpretazioni do di un mondo che esiste, procurano leni- al posto del nulla. Chiun- totalmente que giunga all’ingresso è o sonorità che dovrebbero metropoli animare, stessa. avanguardie Non meccaniche dei Pere Ubu né il collage tivo e sarcastico ogni e impal- Funeste) Yo u r P a r a d e , i n c u i s t o r i e le l’onirismo Plaisir malicorniana (chi se li riIl pigramente (Un precarizzano una saudade l’esperienza beneficio permea ed invitato ad entrare e spo- bensì il più familiare dan- e m o t i v o . L’ a r t e d e i M o r o s e sare gli arpeggi rintoccan- ce-pop di Human League e ha ti di campanelle tibetane, Soft Cell. Melodie facili, a le che svela le ragioni per magicamente amministra- presa rapida (vedi il grade- tentare di continuare a vi- te al esorcizzare v o l e s i n g o l o F o r K r i s t o ff e r, vere in solitudine, informa il distacco, abbastanza ipnotico da en- la battaglia campale contro che già nel primo lavoro ( trare in testa); un cantato la depressione fagocitante La Mia Ragazza mi ha La- mono-tonale che però non di un mondo indifferente al sciato) ha dolore ed all’assurdità. re, disperazione, brandelli Il devastanti di buio prosse- nulla tossica dei della di Residents, sensualità Gahan (Family artificio psichico giacché la Musica, assie- qualcosa d’insondabi- processo d’affinazione fine di l’abbandono trasudavano dolo- Gun), con frequenti call & del percorso musicale del- mico, response e coretti la-la- la la band illumina il cuore: il ranza. (The One); un profluvio di loro suono è contenuto nel- ammonirono: synth, drum machine (feb- la essenziale, chi non ha sofferto è pura brile e convulso in City No una specie di principio pi- chiacchiera”. Così, se “La More), tastiere (Royalty ri- tagorico che affonda radici gente ha smesso di chie- corda sin troppo Enjoy The nella consapevolezza cto- dermi di te” l’apocatastasi Silente) e chitarre appena nia dell’ “Io sono, dunque redentrice di un recupero, rumorose suono”. La partecipazione l’uscita dal tunnel della se- Razor Blades) che inizial- ai del parazione ed il riguardarsi mente fanno alzare la te- suono riposa nella perma- intorno pensando positivo sta dal giornale, in segno nenza di monti lontanissi- genera vertigini temporali, di Curiosità mi, di evocazioni deserti- all’indietro perché lei non che tuttavia si spegne già che, icebergs di speranza c’è più, in avanti, perché al secondo ascolto, quan- (Sigur do italo/berlinesi da io sono la sua nostalgia. Dei Black Forest/Black questione Lou Reed applicano a me- Sea neutralizzano l’asperi- non solo non ha brani da tafisiche ninne nanna (Wor- tà di grattugie strumentali, tramandare ai posteri, ma ds are Playthings). E se un shakerandoli ha sorgere dolente Roy Harper (Some Heart Procession una domanda cruciale: ne Squeaking Bones) gioca a sione slowcore, avevamo davvero bisogno? rimpiattino con un malce- mente inefficace. E mentre (5.6/10) l a t o D a n i e l L e v y, m a e s t r o fuori tira aria d’ombrello- dell’eufonia psicoterapeu- ne, noi vermiciattoli diafa- tica, improbabili ma sedu- ni e sericei, che non ab- centi biamo avuto l’onere ed il il (l’opener attenzione. ci si rende dischetto persino in conto fatto New che vibrazione movimenti dolorosi Ros) che bambini prestati ammiccamenti bre- turbamento Leopardi e e spe- Cioran “parlare con i in con Black ver- ipnotica- s e n t i r e a s c o l t a r e 77 recensioni Royksopp T h e U n d e r s tanding (Wall Of Sound / V irgin, 2005) di Edoardo Bridda Non è un mistero che molti grandi debutti sono stati nello stesso tempo croce e delizia: difficili da replicare, impossibili da dimenticare. Fobie probabili e giustificate. Sta di fatto che la nuova prova dei bergeniani replica, come giusto che sia, molte delle intuizioni di Melody A.M. sottoponendole, però, ad una più ragionata complessità d’esecuzione (le sacre lezioni Kraftwerk e Va n g e l i s a b i l m e n t e l a v o r a t e n e i f o n d a l i , a d e s e m p i o ) , senza perderne in pathos e immediatezza ma tenendo semplicemente conto di quattro a n n i t r a s c o r s i t r a t o u r, p r o m o z i o n e , r e m i x e u n a c r e s c i t a u m a n a e p r o f e s s i o n a l e c h e hanno inevitabilmente temprato un modus operandi. The Understanding è dunque un figlio maturo, come dimostrano brani come Only This Moment (che potrebbe essere la degna erede di Epple) o la splendida Beatiful Day W i t h o u t Yo u , m a a n c h e u n l a v o r o c h e l a s c i a i n t r a v e d e r e f u t u r i o r i z z o n t i d ’ e p i c a a m b i e n t a l e d i m a r c a M o r o d e r - Va n g e l i s ( Tr i u m p h a n t , A l p h a M a l e ) , c o m e a n c h e a m m i c c h i a g l i o t t a n t a c h e v a n n o t a n t o d i m o d a ( F o l l o w M y R u i n , C i r c u i t B r e a k e r, l a f u n k y i n sincope Someone Like Me e la stessa Only This Moment); soprattutto, come ammesso dagli stessi musicisti, è una collezione di tracce fortemente improntata sulla cura melodica. Se togliamo una debole emula di Bjork e Enja - Karin Dreijer dei Knife - a far rimpiangere Anneli Marian Drecker in What Else Is There? (una ballad new age pretestuosamente matura), e un non stupefacente Chelonius Jones (in prestito dalla label tedesca Get Psysical) in 49 Percent (un crescendo elettro-dub-soul che apre a uno stucchevole bridge ultra commerciale), l’ugola dei restanti episodi è proprio q u e l l a d i To r b j ø r n B r u n d t l a n d e S v e i n B e r g e e i l r i s u l t a t o n o n è p e r n u l l a m a l e . I d u e c a n t a n o i n c o r o , p r o p r i o a l l a m a n i e r a d e g l i A I R d i Ta l k i e W a l k i e , d i v e r t e n d o s i n e l l a leggiadra Circuit Breaker e surclassano ogni dubbio con Someone Like Me degna dei Maestri parigini. Il “fatidico” terzo disco (quello difficilissimo…..) è la prova che attendiamo con maggiore voracità. Per il momento, ci siamo capiti. (6.8/10) s e n t i r e a s c o l t a r e 78 coraggio di abbandonarci ad una spiaggia ed abbronzante, cocente ci scuo- (una soluzione baluginante e in definitiva pasticciona di chitarrina, archi, piano come i Counting Crows di e pigolii sintetici). Recovering The Satellites. tiamo coi gelidi sommessi Alla di strazianti ombre novem- da brine, queste undici tracce, che to turne, come la nostra uto- si una certa propensione allo pia. country-pop tra il sognan- scompiglio perennemente Questo è il not- migliore dei band pensare tratti E viene La band di Adam Duritz è spesso lungo un altro punto di riferimen- di M r. della sveltezza plausibile, assieme psichico a Cure: te e il friabile di Song of l’improbabile mondi possibili e resistere, our so-called friend o del queste istanze si realizza marxianamente, per mutar- folk nell’afflizione senza limitatore di impasto tra scalciante lo, appare penoso e risibi- melodramma le: la salvazione è fuori dal banjo, principio individuationis e xilophono…) di A king and un nessun lieto fine potrà mai a Come del resto l’indie pop ammendare la tragedia di sguaiataggine un po’ forzo- scombussolato esservi stati ejettati. Con- (harmonium, w u r l i t z e r, queen, o tromba, ancora della di Black, e – ci credereste? – ne viene fuori pure oggettino sa di For real (riff a sciabo- test tro la nostra volontà. Pun- late sulla quiete tesa delle filamenti to e basta. (7.2/10) strofe, direzione O k k e r v i l R i ver B l a c k S h e e p Boy (Jagjaguwar / Wide, 2005) di Stefano Solventi ugola scomposta, toughs, gradevole. di The che Robert la- traccia Smith C o l d p l a y, in risul- così tando un po’ malfermo ma vicina al subbuglio stilistic o d e l l ’ i r r i s o l t o S o u l j a c k e r. in fondo riuscito. Non bastevole però a te- A proposito, pun- nere sopra la linea di gal- to: la ricerca di squilibrio leggiamento un lavoro che emotivo/formale nevrastenia diffusa), ecco il spande meritava più fiducia in se quello che s’innamora del- su tutto il suo retrogusto stesso, nell’intima e inten- le proprie opinioni e poi le d’artificio, sa ispirazione che a tratti difende e strategia decisa a tavolino lo tutti, ma gli Okkervil River da Will Sheffe e compagni un più semplice approccio continuano per statura formale. Perciò la chiusura cermi. E dire che non man- artistica dignitosa ma tut- d i A g l o w, c o l s u o b a r c a m e - cherebbero loro i requisiti narsi tra parodia e languo- minimi per farmi innamora- t’altro che eccezionale. Prendete In a radio song: re, tanto più in coincidenza trame delicate e malinconi- si propone come il migliore di questo quarto lavoro in che, sperse come gli ultimi dei paradigmi. O degli epi- cui lo stile opportunamen- Wilco, indolenzite come un taffi. (5.7/10) te s’intossica e scompone, guaito si questo Non voglio passare malgrado a per tutto non convin- quasi dribblare Will fosse una Oldham, la però muove, a vantaggio di re di certe ballate fifties, non soffocato da uno scriteria- più solo folk ballad su folk to sovraccarico formale, da Paolo Zanardi Portami a fare un giro ( O l i v i a records / Venus, 2005 ) ballad come in Down The quel troppo stropicciarsi la di Stefano Solventi River Dreams, voce, ad ostentare il marti- C’è nessuno la fuori? Nes- ma anche scenografie aci- rio emotivo a mo’ di bande- suna dule, vibrazioni ruola. Accade più o meno ra, o con un po’ di residua emo, pulsioni indie e dif- lo stesso nell’emblematica voglia fuse Il So come back, I am waiting, mai, è il caso di segnarsi tutto per un concept la cui che prima spunta spettra- il nome di Paolo Zanardi, criptica le e fiabesca, poi diventa già membro dei baresi Bor- a partire dalla title track, una cuore go Pirano, vincitori di un cover nero, lan- Te n c o n e l ’ 9 6 e d i u n C i t - suo secondo, splendido al- cinante e ipertrofica (pia- tà di Recanati nel ’98. Da bum) rifatto in salsa Eels no, organo, archi, trombe) qualche tempo si è messo fa isterico trepidante. Of e oscuro Insomma, Golden febbrili irrequietezze di trama Tim art. e s’innesca Hardin (dal bendiddio processione quindi finisce a sbraita radio di (ancora) libertà? libeCaso- sentireascoltare 79 in proprio, bazzicato panchina sembra un Paolo (termine abusato ma quan- soddisfazio- Conte giovane ma già di- tomai calzante) che messe ne l’ambiente dell’adorato sincantato, tra viola e pia- in fila non superato i tren- cinema e oggi – per inter- noforte, O ta minuti complessivi, ed il cessione del tastierista e come quando crogiola uno minuto e mezzo di media, e produttore spleen tantomeno con ha qualche Giorgio Spada palpiti e luci. madreperlaceo in i Peppermints, – taglia finalmente il tra- Odette, col profilo di Mar- che navigano a vista sul- guardo del primo album col co balugina le rotte di un garage-punk- qui presente Portami a fare tra lo sfarfallio jazzy dei noise posseduto e deviato un giro. Merita proprio farsi un giro piatti e della tromba sordi- all’ insegna della bassissi- nata. O come quando nella ma fedeltà, tra Jello Biafra tra questi teatrini cinici e bossa sonnacchiosa di Pia- taglienti, in questo sarca- ni di fuga, tra una tromba e S o n i c Yo u t h . A l l ’ a t t a c c o d i Ye l l o w R a i n smo che si strizza un po’ il dimessa e fantasmi di sli- si cuore e poi scrolla le spal- de, si fa luce un testo dal- muro le, attraversando storie di la sconcertante crudezza à che efferata quotidianità che viene investiti sonoro ricorda da un post-noise tanto i Les la Manuel Agnelli. Georges Leningrad (parec- fatalismo di chi ha perduto Detto questo, forse il me- chio apprezzati da queste già troppo, leggero e pe- rito più grande del disco e parti) sante, comunque sempre a del suo autore è riproporre parti vocali – appannaggio muso duro. Se volete far- a tutto cuore la magnifica di vi pen- Caldo a firma Federico Fiu- Hot Chocolate (!) – ma è pungen- un’idea sate tipo, una approccio fantomatica Mrs. tutto ziale malinco- confusionario che si rima- (il reggae acidificato beat nico, sdegnoso, l’organino ne storditi. La speranza di dell’iniziale alla da campo di fragole, il bru- capirci qualcosa è poi de- (s)mania twee pop dei Per- sio delle spiagge, il can- finitivamente turbazione (Il farmacista), to diciassette sorelle succes- al Battisti più discordante rata rudezza di un Giorgio sive, ed esotico (Matisse), alle Canali. Si aggiunga che il non cambia, per fortuna o impertinenze suono non si rifugia affatto in una comoda panoramica purtroppo. Tra spasmi isterici e con- retrò vulsivi maginate di Gas), del title il miglior track). tutto cianfrusaglie Im- condito Caposse- accigliato, sintonizzato ma bazioni sull’acco- azzarda sintetiche perturanche talmente e mani, quel torpore esisten- (la scazzo come t e d e l p r i m o Va s c o R o s s i Dalla allo del col Parente nelle camente effimero uccisa quali risulta e dalle il trend poi prati- impossibile de- la, saltimbanchi Gaetano e coraggiose (vedi il chorus cifrare le liriche che pare beffarda indignazione Jan- livido di Come una lampa- si occupino – nel rispetto nacci dina, adult-pop di un’ottica prevedibilmen- ecco che sparso in mezzo come raramente capita di te irriverente e blasfema, a dovreste sentirne dalle nostre par- dunque punk fin nelle bu- intravedere la sagoma del ti), e il cerchio – anzi il della - di dissacrare, come signor Zanardi. Come tentativo d’identikit giro compiu- facilmente intuibile dal ti- to. I (liberi) compilatori di tolo e dalla copertina, vita è fin troppo assortito, ep- playlist sono avvertiti. e pure rischia di sminuire il (7.2/10) naggi biblici in una sorta (Giocattolaio), queste tracce ed personaggio, perché appro- manufatto – può dirsi spinta che fa vacillare la Peppermints Jesus Chryst (Paw Tracks / Goodfellas, 2005) vettura e ti obbliga a te- d i G i a n l u c a Ta l i a nere Non fondendo l’ascolto spunta un piglio, un’energia, una bordo in considerazione della strada. il Come quando nella conclusiva La 80 sentireascoltare è facile opere di alcuni perso- di concept-album. Non raggiunge nemmeno i trenta minuti, si diceva, ma non potrebbe essere altrimenti perché la formuinquadrare la non si presta ad ascolti sue che richiedano maggior im- diciotto schegge impazzite pegno anzi, già dopo una Jesus Chryst con le manciata incorporeità, culla di sogni Due tenzione comincia a venir notturni tesoro che si perdono e si ritrova- meno e di minuti tra e privati, timbri vocali opposti rumori- di mille giorni vissuti, We no lungo un album di nove stiche camuffate da brani Are Waiting All For Hope tracce, che molto ha in co- veri e propri e tanto rumo- è mune (o forse deve) all’af- re fine a se stesso, a lungo rivelazioni. nella flato poeticamente emotivo andare l’orecchio arranca. carriera del gruppo detroi- d e i L o w. N o n o s t a n t e q u a l - Genuinamente provocatori tiano di casa a Seattle, si che incertezza/preferenza, o cialtronescamente impo- schiude attraverso un pia- è indubbio che questedue stori è però inevitabile non noforte, una chitarra e un anime coesistenti siano il provare una sorta di simpa- violoncello (quello di Bob riflesso delle diverse sen- tia mista a rispetto per chi Smolenski) e non ha biso- sibilità che ognuno di noi nel 2005 rivendica ancora gno (inconsciamente) con namento, niente ghirigori, possedere, (e non è un modo di dire) nessuna mega-produzione cilmente riesce a far tra- il proprio posticino all’in- - ma la mano asciutta e se- sparire - la vulnerabilità è terno del gran carrozzone vera di Albini. Solo semplicità un del rock’n’roll, mettendoci ciò che di più caro si pos- tà, Can ta, e dell’arte in generale, sa avere, la propria faccia. Yo u F o r g i v e , c h e p r o c e d e è dunque ricordare questa (6.1/10) a passi lenti ma inesorabili nostra attraverso melodiche stan- re che essa ci sorprenda. ze acustiche, pesantemen- Sempre. (6.8/10) tutto code l’at- il proprio fiato Saeta W e A r e W a iting All For Hope ( G h o s t R e c ords / Audioglobe, 2005) d i Va l e n t i n a C a s s a n o Ci sono elementi, un’opera di dalle altro. sin magiche Te r z o Nessun e or- umani- dall’iniziale te solenne nella sua grandezza, per lasciare il posto al preziosismo di Grand Canyon (cover dei maestri appa- synth pop Magnetic Fiel- rischio ma sa che troppo di diffi- alto da correre. Compito dei Sae- alterità e lascia- Saint Etienne Tales From Turnpike H o u s e (Mantra, 2005) di Michele Saran ds) interpretata dalla sola I Saint Etienne ci riprova- Wood, ogni no. Convinti che la loro se- no un’alchimia unica. Una orpello eppure ricca di un conda incarnazione, quella lattina fulgido trasporto che della serigrafia in Warhol. che esalta l’originaria S o u n d O f Wa t e r, d e b b a a n - La brutalità della vita e la bellezza. Spetta poi a Me- cora vedere l’età dell’oro. poesia in Bukowski. novcik mostrarsi nella sua Ta l e s F r o m T u r n p i k e H o u - Le periferie dell’esistenza solitudine con se è una sorta di concept u m a n a e i l c i n e m a i n Va n dal pianistico Sant. Il risultato è un’iro- ferto e quasi titubante, per degli abitanti di una Fou- nica confessione nel primo riunirsi cault-iana caso, un’alcolica verità nel Here, un secondo, dove non rentemente messi estranei, insieme che sprigiona- Campbell e l’arte denudata ne tocco in di emotivo Yo u Fade, sof- Anywhere ritmo But sostenuto comincia dedicato con col agli ceruleo aneddoti casa-panopti- strutturata “a caselli attimi autostradali” (Carole King te scoperta nel terzo. Allo di sospensione per accre- direbbe “a cubicoli”), nel- stesso scere il pathos. Ed è ancora la Wood a re- l’East End londinese, lungo sa voce di Matt Manovcik stride a contatto con quel- galare in chiusura un dram- Il trio di Camden (ma origi- la limpida di Lesli Wood, matico Smi- nario di Croydon, ndr) pro- completandola. risulta- ths questa volta, con Last va a fare sul serio, forse to: i Saeta, in una parola Night I Dreamt That Some- come mai in vita sua. emozione. body più I brani che più convinco- illu- trattenuta nel suo avanza- no sono i lounge-tropicalia sorio che ha il dono del- re e per questo ancora più acustici la levità, della seducente ammaliante. ning, Side Streets), dotati un’agghiaccian- modo Contrasto la caverno- Il puramente mancano omaggio LovedMe, agli molto l’arco delle ventiquattrore. (Sun In My Mor- s e n t i r e a s c o l t a r e 81 recensioni S u f j a n S t e v ens I l l i n o i s - S ufjan Stevens Invites You To: Come On Feel The Illinoi s e ( R o u g h T rade / Self, 2005) di Antonello Comunale Sufjan Stevens riprende il suo viaggio tra gli stati americani, arricchendo il suo excursus di una seconda, cruciale, tappa. Partito nel 2003 dal Michigan, varca questa volta i confini dell’Illinois, raccontandone la storia, i personaggi e il carattere, con la verve del cantastorie post moderno. Sempre in bilico tra bozzettismo acustico e vocazione alla magniloquenza, questa volta il Nostro propende decisamente per la seconda strada, consegnando alle stampe un disco che “pesa” (e chi lo conosce lo sa) innanzitutto in termini di minutaggio (22 tracce per 70 minuti di musica) e che si caratterizza per una capillare e minuziosa raccolta di dettagli. Il fantasioso e fragoroso barocchismo del nuovo lavoro risulta frastornante, soprattutto se lo si mette a confronto con il minimalismo acustico del precedente Seven Swans. Laddove li era tutto raccolto, qui l’intento di allestire una piccola opera da palcoscenico viene denunciato già dal sottotitolo. C’è di tutto in Illinois e il carattere multiforme delle composizioni riprende ed enfatizza quanto già mostrato in Michigan. Momenti più raccolti, in cui il Nostro rispolvera banjo e chitarra acustica, viaggiano fianco a fianco ad ariose sortite pop coadiuvate d a l l ’ I l l i n o i s e m a k e r C h o i r, q u a r t e t t o d i v o c i f e m m i n i l i , c h e m a r c h i a a f u o c o l e m e l o d i e . Il geniale lavorio melodico del Nostro tocca qui probabilmente il suo apice. Chicago è una irresistibile marcia condotta sui binari ariosi degli archi e delle voci, una piccola lezione di pop song. Jacksonville e Decatur sono classici country cantautorali u n p ò N e i l Yo u n g e u n p o ’ D o c k B o g g s ; T h e M a n o f M e t r o p o l i s h a l a v e r v e r u m o r o s a e sbarazzina di una canzone degli Eels e They are Zombies… si disegna piano piano con strumentazioni peculiarmente sixties. Non c’è fine alla creatività degli arrangiamenti. Padrone della scena e deus ex machina del suo piccolo mondo, Sufjan Stevens si concede alla ricerca stilistica e non si lascia sfuggire la possibilità di sottolineare u t i l m e n t e i p a s s a g g i m e l o d i c i , c o n r a p i d e f r a s i d i p i a n o i n J o h n Wa y n e G a c y, J r. ( d e dicata alle vittime del celebre serial killer) o con intense e morriconiane voci, che a c u t i z z a n o l a d r a m m a t i c i t à d i T h e S e e r ’ s To w e r . A l t r o v e r i c h i a m a i l J i m O ’ R o u r k e p i ù sofisticato e si lancia in aggraziati pattern ripetitivi alla maniera di Steve Reich nella conclusiva Out of Egypt…. L’ i m p i a n t o t e s t u a l e d e l d i s c o n o n è m e n o c o m p l e s s o . P i e n o d i r i f e r i m e n t i e p e r s o n a g gi storici, che vanno da Abraham Lincoln a Carl Sandburg, passando per Frank Lloyd Wr i g h t e i l S u p e r m a n c h e l a D C C o m i c s h a i n t i m a t o d i t o g l i e r e d a l l a c o v e r, d o p o l a prima tiratura di stampa. E’ fin troppo facile, a questo punto, considerare Illinois come il disco della svolta, quello che secondo i bravi critici e commentatori, può essere etichettato come “il lavoro della maturità”. Sufjan Stevens, nel giro di appena sei anni, ha dimostrato di essere un autore spiazzante e pieno di un talento febbrile e fuori dal comune. Dopo aver ascoltato Illinois, c’è quasi da crederci che riuscirà a completare l’opera magna dei 50 dischi. (7.5/10) sentireascoltare 82 di o un di ree song-form riuscito, tradire una sfiducia inci- sturbato atmosfere da Shiva- piente negli arrangiamenti tà intiepidita, o ancora dalla paranoide, personalia beneficio sofisticati. Le prime copie dell’ugola, dei sussurri Lesley Gore- allegavano com- tutti i costi sminuendo, di iani di Cracknell a scivo- posto brani-curiosi- conseguenza, ogni struttu- lare dolcemente in chorus t à : Yo u C a n C o u n t O n M e , ra armonica dell’accompa- a-cappella Barnyard Brouhaha , Let’s gnamento, Build minimalista. Wilson-iani. primeggiare c’è poi Bottle S y m p h o n y, manza tripartita dance-pop, con una in A Milk ro- salsa cori Bar- bershop e una delle nenie più tenere mai scodellate dalla frontwoman. Stars Above Us Anche possiede di un 6 A EP Zoo, Bedfordshire, Excitation, Night Owl. (5.7/10) Scout Niblett Kidnapped By Neptune (Lain, 2oo5) di Antonio Amodei valorizzata a inevitabilmente Poco a che vedere con l’indie-folk s i n g e r, la strizza piuttosto Niblett l’orec- chio all’elettrodance ritmica, reiterativa, monotona talvolta, ma puntuale nell’esattezza dei termini di elementi incisivi: ritornel- Kidnapped by Neptune è il riferimento promordiali. Di lo contagioso, scatto bal- terzo album della polistru- rock labile Sledge, mentista cantante albioni- trattasi, basso sculettante. Lo stru- ca, dopo il successo di I scrigno creativo assoluta- mentale di The Birdman of Am (2003), che l’ha consa- mente EC1 (tutto synth liturgico crata epigone di Cat Power zialmente e chitarre oniriche), è una e gusto, sciafilo, per ordini gustosa sità alla Sister opera d’incastri PJ H a r v e y, per emotiva, l’inten- l’energia, seminale, minori in verità, spontaneo; originale e uno poten- pericoloso, della platea. anCon- sonori. Il resto dell’album si spa- la sensualità che pervade sigliata ogni passaggio del suo già (6.2/10) paranza placido su livelli maturo percorso di compo- non propriamente sopra la sitrice. media. Non basta il duetto Prodotto doo-wop-recital con David l’album Essex di Relocate, o i pun- voce, alla chitarra, al pia- di Marina Pierri zecchiamenti ai film-score no e, come recitano alcune Cocciute, integerrime fino d i M o r r i c o n e ( Te e n a g e W i n - note di copertina, si dispo- all’osso, forti di una logica ter), o lo sparuto interven- ne ad autoeleggersi quale post-femminista monolitica to di uno straniante hard- reincarnazione synth à-la Joan Jett (Last louisiano, Orders For Gary Stead), e die, nemmeno la banalotta rie- improvvise, lirismo austero nifesto vocazione delle loro stes- ed inquieto, ammaliante ed le post-punk come stile di se origini (A Good Thing). ipnotico. In tour si esibisce vita, hanno tenuto la loro Ha dalla sua la meticolo- sempre con la stessa par- bandiera bene in vista, is- sità rucca bionda (esercitando sata bene in alto, per die- mnestiche ci anni suonati - in senso domestica zoni, gli delle intrecci can- raffina- da Steve Albini, vede tra brandelli Scout alla la prenotazione. Sleater-Kinney The Woods (Sub Pop / A u d i oglobe, giugno 2005) del blues fino al punto da risultare dolci melo- a tratti irritante ai più: le chitarre S l e a t e r - K i n n e y, o r m a i m a - di della O’Con- vivente del fema- nor?...): una coperta di li- letterale. parzialmente nus, vista la giovane età; A distanza di tre anni dal riacquistata. Ha, di contro, e se la Joplin s’imposses- pulito la dimensione farraginosa sa della sua creatura tan- Beat, il ritorno del trio si del to (Fuck chiama The Woods ed è un Good corpo scenico a tre teste ti e della una strumentazione, verve concept inventiva e nella l’appiattita scrittura. pervasivamente Treasure Me), Island la , e cerebrale One Abuso delle armonie vocali To scarnificazio- dallo scheletro fondamen- d i To n y R i v e r s - a n c h e s e ne mediante ossature per- talmente immutato. La no- ben mixate dalla produzio- cussivo-ossessive, sottrae vità, oltre che nel cambio ne del solito Ian Catt -, a morbosamente il suono di- di etichetta (dalla Kill Rock s e n t i r e a s c o l t a r e 83 Stars di Olympia alla Su- ds on The Bad One e Dig dei dEUS. Nel mezzo, uno bpop di Seattle) sta tutta Me Out, la qualità distorta spettacolo nel ricorso a un nuovo ve- impressa dalla produzione Flaming stito sonoro, un abito del- ad spensioni la domenica messo a punto saturo, fanno del sesto di- blues di Green river killer), da un grande sarto come sco della band un episodio striscianti misteri Led Zep- Dave Fridmann (che di re- inequivocabilmente isolato pelin (tra le ma(g)lie folk cente ha peraltro lavorato all’interno di una delle di- di Salix dead tree), turgi- all’ultimo disco dei Low), scografie più omogenee e, do caleidoscopio à la Kula produttore dalla mano abi- bisogna dirlo, interessanti Shaker le degli ultimi dieci anni. ziati, Un campanaccio (quello di te, l’organo e il wah wah Rollercoaster) di e capace modifiche sostanziali delli di apportare sostanziose anche e ai mo- apparentemente più un sound quanto non mai basta di sordidezze Lips gli (tra il Sand) (tra e i watt sax e le so- strattoni scre- starnazzan– soprattutto a fare punk-funk e sicura- - una verve funky di stam- riusciti o completi. E del resto bene così, per- mente Fridmann po Red Hot Chili Peppers non basta a cambiare com- che scombussola traietto- ché pare che le tre ragazze pletamente coordinate rie già di per sé oblique, desiderassero cambiare: di rotta di quello che or- che si tratti della spiritata il loro stile teso, miscela mai è un lungo viaggio, ma Ed precisa al millilitro di pop scegliere tra tanti produt- grunge, e (post)punk doveva e vo- tori molto meno aggressi- psych deviante, punk bal- leva, dischi, vi un personaggio del suo zano come dei Sex Pistols non solo “rifinirsi”; dove- calibro e della sua fama è dada) o della fastosa schi- va e voleva prendere una indice chiaro di una svol- zofrenia deviazione distinta che nel ta La venato gospel che precipi- caso di The Woods finisce qualità di The Woods, che ta su inauditi scenari prog/ nella landa a cielo aperto questo non sfugga, è inne- psych).Non è un merito da della gabile: che poco farsi catalizzatore di dopo cinque psichedelia ties del che abbiano pezzo seven- Dave le chiamata, attesa. dispiace solo Gain (ipotesi garage/ coretti di So spiritati, fine (funk lungo la vera vittima del cambia- istanze così diverse, spar- scritto, mento sembra essere stata se in un autentico guazza- Let’s Call it Love. O, in al- quella loro capacità unica buglio ternativa, nel parco giochi di scrivere canzoni memo- fugaziano del primo singo- rabili come Dig Me Out - ziotemporali. Ma il bello è lo e probabilmente miglior canzoni che a distanza di quante pezzo del disco, una Enter- quasi dieci anni ci si tro- da, tain la cui batteria pesan- va te, depistando riferimenti, te chiama più un mai raccolta ad uno di cantare spirito polemico che porta la e quasi il nome del miglior court, disco lo. (7.1/10) dei a ancora Gang of F o u r, manifestando un dissenso presumibilmente anti-Li- bertines o anti-Franz Ferdinand nelle liriche (1984, oh you’re such a bore reci- che a qui, aver voglia di coordinate che spa- direzioni dissimulando per prenimpron- squarciago- accartocciando quasi - il sound degli Slugs sa mancano tout- all’appel- rimanere filiazioni saldamente ag- grappato a se stesso, alla Slugs Bob Berdella Bizarre Bordello (Black Candy Records / Audio globe, 2005) propria tensione di visioni intossicate, ai mostri- ciattoli che riaffiorano dal brodo irrequieto della psichedelia. Organi e chitarre ta Corin Tucker). Altrove, di Stefano Solventi per quanto Agli estremi del ventaglio sostrati e aguzzini gli uni te Sleater-Kinney” stilistico in delle altre, aerei o carno- “classicamenpos- squadernato si affiancano frizionando, come questa seconda prova, gli si secondo che ci sia da Wilderness o Modern Girl, Slugs pongono le asprez- spumeggiare aciduli (come che ze acide del garage e la in coda all’allucinante The teatrale day sano suonare riportano pezzi rispettiva- mente ai tempi di All Han- 84 sentireascoltare problematicità they put down land recensioni T h e F r e e D esign T h e N o w S o und Redesigned (Light In T he Attic, luglio 2005) di Lorenzo Filipaz Come spiegare adeguatamente tutto il valore simbolico contenuto in questo The Now Sound Redesigned, frutto di un processo culturale pluridecennale, nello spazio esiguo di una recensione? Cominciamo col fornire qualche coordinata spazio-temporale sui Free Design: fine anni ’60, l’East Coast tentava un’improbabile golpe contro il dominio incontrastato della solare West Coast. Ecco allora che al rock della Bay Area si contrappose l’artificiosissimo Bosstown Sound ed ecco che al Sunshine Pop di Mamas & Papas e Turtles risposero le creature d i C u r t B o e t t c h e r ( A s s o c i a t i o n , M i l l e n n i u m , S a g i t t a r i u s ) , To d d R u n d g r e n ( T h e N a z z ) , Michael Brown (Left Banke, Montage). Ma a fronte degli Association che ce la fecero ci furono innumerevoli altre realtà che fallirono, fra queste la più illustre fu quella dei Free Design: emblema delle superproduzioni barocche dell’Est a cui spesso non c o r r i s p o n d e v a n e m m e n o u n a s o r t i t a n e i To p 1 0 0 , s i m b o l o d i o t t i m i s t i c h e i n n o d i e a i cieli tersi celebrate in grigie lande, di Sole invero parche. Probabilmente la bizzarria tragicomica di questi macroscopici, spesso titanici, paradossi (ed è particolarmente calzante la metafora del Titanic - la nave più grande del mondo che affonda al primo viaggio urtando contro un pezzo di ghiaccio…) ne hanno fatto un oggetto di culto - nonché uno specchio - per quella generazione “out” che dagli ’80 in poi hanno sognato di riprodurre i fasti di Martin e Spector con i poveri mezzi della propria cameretta (o attico) e delle proprie psicosi; parliamo di freaks inossidabili come Daniel Johnston, Beck, Calvin Johnson… e dei cacciatori di coolness innamorati del muzak, dai nipponici dello Shibuya-Kei ai riciclatori hip-hop più sommersi di area Stones Throw e Anticon, senza dimenticare gli apologeti del lounge del vecchio continente (Stereolab) e i favoleggiatori dell’arcadia-sixties di scuola celtica (Super Furry Animals, Gorky’s Zygotic Mynci, Belle & Sebastian), tutti accomunati da una visione casalinga e personale – da novelli Pupkin - del mito dei ’60 più hollywoodiani, apice di quella tradizione tutta fantasia e opulenza che nei ’50 v e d e v a p e r s i n o l e s h o r t s t o r i e s d i To m & J e r r y a c c o m p a g n a t e d a l l e m e g a - o r c h e s t r e d i S c o t t B r a d l e y. Dunque l’enorme raggiunto nel piccolo di un campionatore, il chic attraverso il pacchiano… tutti questi impulsi sono ben riassunti nell’operazione della Light In The Attic, etichetta di culto ossessionata dai Free Design, che consiste nel sottoporre il loro repertorio al remix degli eredi più in vista di quella corrente che abbiamo fin qui descritto. The Now Sound Redesigned è il capolinea del progetto in quanto riunifica il materiale originariamente uscito in una serie limitata di tre 12”. La scaletta, con intro esplicativa e continue intrusioni e stacchetti - a recuperare con spirito camp la forma della rock opera – spazia fra il classico Where Do I Go (dal musical Hair) spezzato sui beats di Madlib, a Umbrellas trasformata dal patron della S t o n e s T h r o w, P e a n u t B u t t e r Wo l f , i n u n p e z z o d e g l i H e a t w a v e a l l ’ e p o c a d e l G - F u n k , e avanti in un baluginio di acid-jazz (Sharpshooters), “indietronica” (Styrofoam feat. sentireascoltare 85 Sarah Shannon , Mellow), nu-lounge (Stereolab & The High Llamas), hip-hop obliquo (Koushik & Dudley Perkins, Danger Mouse & Murs, Kid Koala & Dynamite D, Nobody feat. Ikey Owens) trovando le interpretazioni migliori negli episodi di più caotico trasversalismo come nella happy-disco di The Proper Ornaments ritradotta dai Super Furry Animals ma soprattutto in Dan Snaith/Manitoba/Caribou per il quale tutta l’operazione pare essere stata concepita tanto a suo agio si trova in questi panni il virgulto canadese (Dorian Benediction). Se il cozzare di sampledelia e hip-hop con la prosopopea sixties vi suona eccessivamente peregrino la Light In The Attic vi dimostrerà con questo artefatto che si tratta invece di una forse piccola ma significativa quadratura di bilancio. (7.0/10) from hollywood) o affonda- lo tempo un paio d’ascol- re la lama (nella veemente ti. Impress metal packaging, o descente nel morboso crogiolo della dei ghost track). da di spunti melodici e il Ci sarebbe poi da rimarcare frastagliato un utilizzo parco ma insi- espedienti dovrebbero as- dioso di ammennicoli come sicurargli una gustosa lon- gli archi, il già citato sax gevità. (7.6/10) e addirittura un luccicante glockenspiel, ognuno calato ad agitare le acque con stringente funzionalità. Ma più che le orchestrazioni colpisce la disinvolta schizofrenia delle strutture, gli stranianti voltafaccia stilistici, quel condire folk zie malinconici psych e di spe- punteggiarli di possibilità errebì e poi strapazzarli in un coret- to ossessivo (I could have been a contender); oppu- re la delicatezza tossica e lasciva risucchiata da un vortice psych e quindi appallottolata soul (Love part two); infine, e soprattutto, il funkone crudo, sferzante e sovraccarico di Requiem for a dead rabbit, capace di sterzare wave-psych e poi adagiarsi su una protrazione di piano e sottili riverberi il canto cosmici, aleggia dove solenne prima di stendersi su una seducente lungaggine Ultimate Spinach/Brian Eno. Disco che ti entra in circo- 86 sentireascoltare Dopodichè, l’incan- caleidoscopio timbri, la saraban- bailamme di The Superimposers Self Titled (Stereo Deluxe /Au dioglobe, luglio 2005) e compagnia bella; dentro piuttosto un tris di cuori al gusto di nuggets (le “noccioline”figlie della compilation del genere per eccellenza) e, perché no, colonne sonore (queste sì sul filo del recupero AIRZero 7) e pure i Doors soff u s i d i Yo u ’ r e L o s t L i t t l e Girl dritti a Los Angeles, in spiaggia. Risultato? Un album lounge pensato da folkster persi di Edoardo Bridda nel tempo, appena sporca- Il recupero di certe sonori- to di scrosci di vecchi vi- tà andate, del folk inconta- nili, effetti radio, theremin minato dei bucolici sixties e una piccola sorpresa: la probabilmente non smette- scrittura rà mai, o perlomeno non se tutte le 9 tracce del disco ne con vedono segni d’archi- tiene bene l’ombrellone per sempre viazione. Già al voltar del a p e r t o c o n t r o i r a g g i U VA secolo del Band, gruppi come Beta AIR, Zero 7 rinfoco- lavano il mito della melodia psych-pop perfetta e ora, in particolare dai primi, ripartono i Superimposers, un gruppo tutto proteso al passato che di post-modernismi e contaminazioni eccentriche proprio non vuol sentir parlare. Via perciò le sofisticate elettroniche, l’hi-fi, le patinate atmosfere dei Kings Of Convenience (che di convenienza nella forma non sono mai stati parchi…), e men che meno le ibridazioni à la page di Of Montreal, Elephant six posticcio e dell’anti- quariato bacharach-iano . Non un capolavoro ma sì, un lavoro onesto. (6.0/10) The Silver Mt. Zion Memor i a l Orchestra & Tra La La Band Horses In The Sky (Constell ation, 2005) di Antonello Comunale Tutto il dolore del mondo e il canto popolare come antidoto: questo sono ormai diventati i Silver Mt. Zion alla loro quarta uscita sulla lunga distanza. This is Our Punk Rock (2003) aveva tracciato le coordinate del nuovo suono a partire dallo stupefacente coro po- lifonico posto in apertura Animal Collective. Efrim è del disco; da li i canadesi sempre hanno cambiato progressi- di qualità, un’icona di suo- vamente ni senza compromessi e di pelle, mutandosi più un trademark da ensemble post rock ca- atmosfere meristico alla stregua dei e tormentante; i suoi Sil- Rachel’s in una formazione ver Mt. Zion, partiti come che fa musica folk distur- costola minore dei GYBE! bata da tendenze progres- sono ormai una realtà a se sive. Il nuovo manifesto sta stante, che con il passare tutto dei God nella Bless prima Our traccia: Dead dischi problematiche rischia di infi- Ma- ciare anche la torre d’avo- rines apre con rasoiate di rio, dentro cui è custodito violino e un febbrile Efrim l’alone di culto della band che intona “Put the angels madre. (7.0/10) on the electric chair”. Il crescendo strumentale a venire è tipica ascendenza dai GYBE!, a testimonianza che l’evoluzione non preclude il portarsi dietro le proprie radici. E’ musica tormentata che si attorciglia su se stessa alla continua ricerca di un climax. Il secondo brano, Mountains Made Of Steam, è interamente costruito sulla fi- gura di un valzer e mostra una parentela inaspettata tra i nuovi Silver Mt. Zion e il Matt Elliott di Drinking Songs, condividendo con lui il recupero di certe figure stilistiche, come il valzer e la mazurca, prese a prestito dalla tradizione folk svelt europea. Guns Te d d y Roo- Ring Them e Bells (Freedom Has Come And la Gone) hanno teatralità di un invece dram- ma senza lieto fine, con i crescendo alla godspeed, i timidi arpeggi di chitarra che aprono e la batteria marziale ad inscenare il finale. La penultima traccia, è invece una riflessione da falò. Intermezzo semi acustico, che fa rima con certe atmosfere tipiche degli TBA Annulé (Max Ernst, 2005) di Antonello Comunale Per chi segue le gesta della Max Ernst di Thomas Brinkmann, TBA non è un to be announced qualsiasi, ma il nome d’arte scelto dalla 25enne Natalie “Tusje” Beridze, vulcanica artista proveniente dalla Georgia e membro del collettivo artistico Goslab. La Nostra aveva già dato alle stampe nel 2003 un omonimo debutto, che alternava con gusto minimal techno e ambient glitch. Il disco, pur buono, non si sollevava dalla pletora di produzioni analoghe e non lasciava minimamente prevedere l’impressionante salto di qualità che la vede protagonista oggi. un disco particolarmente affascinante è la sua doppia anima, sempre contesa tra suggestivi lampi pop e vigorose sterzate verso l ’ a v a n g u a r d i a . L’ o p e r a s e c onda porta TBA fuori dalla fredda risacca elettronica e la trasforma in una piccola stella della comunicazione globale, capace come tale di trasmettere feroci invettive politiche (il titolo “Annulé” richiama il timbro di annullamento del permesso di soggiorno) e poetiche elegie della memoria. A suo modo è precisa scelta politica anche il voluminoso dispiego di stili, che portano il disco a seguire tante rotte diverse, dall’avanguardia pianistica dell’iniziale Beba plays, all’asettico trip hop alla Tricky di Beslan (dedicated to the bottom of the ocean deep), passando per la minimal techno di scuola Brinckmann in episodi come Zinavs e Get Going e per le geometriche costruzioni alla Plaid di Tuesd e Soshi. I bozzetti strumentali non mancano, ma a differenza dell’esordio non costituiscono l’ossatura del disco, che oltre alla varietà dei suoni veicola anche quella delle parole: le frasi cantate da TBA in una sorta di sussurro anemico e filtrato, a metà tra una Laurie Anderson meno istrionica e una AGF meno marziale e fredda, sono ricche di immagini e suggestioni (I speak within citations / I battle for the failed) che chiariscono in modo diretto le peculiarità politiche della sua verve artistica (in questo può essere presa per una versione meno iraconda e feroce di Meira Asher). Cita Dylan Thomas nella fenomenale Sleepwalkers (Do not go gentle into that good night) e non manca di ricordare Raymond Scott in Dread e un wrestler georgiano in Chegem. Disco complesso e lungo, pieno di strati sovrapposti, Annulé è un’opera che tradisce chiaramente la sua provenienza, ricolma come è di malinconie ed invettive dal popolo dell’ex Unione Sovietica, smarrito nella contemporaneità dei suoni e delle idee. (7.3/10) s e n t i r e a s c o l t a r e 87 The Tears H e r e C o m e T h e T e ars (Independiente/V2, 2005) di Carlo Pastore C’è ritorno e ritorno. Il ritorno che fa male, rievoca gli scenari del passato e stride con l’oggi che ha fatto a botte coi ricordi, arroccandosi nel diritto all’oblio e trovandovi rifugio dopo la fine della fiaba. Il ritorno di fiamma, che accende l’aria come se l’ossigeno fosse gas. E il ritorno semplice, semplicemente un ritorno. Il coming back che quando ti chiami Mario Rossi probabilmen- te si annulla nell’entropia dell’universo, ma se siete Bernard Butler & Brett Anderson, avete appena chiuso la vicenda di un gruppo chiamato Suede e decidete di riaffacciarvi al mondo s c e g l i e n d o T h e Te a r s c o m e ragione sociale, beh, ci si aspetta perlomeno di farcela scappare, una lacrimuccia. Di lasciarci un pezzo di cuore. Di rimanerci. questa torrida estate. La noia avanza to del New Acoustic Move- come un ment per poi rifugiarsi in esercito che occupa la cit- uno tà, e se questo crea scon- crepuscoli e toni umbratili. forto di per sé, affligge che Fine della monografia. a guidare le truppe siano Dopo due musicisti splendidi, in sta passato gloriosi condottie- Paridjanian ri di emozioni, un piccolo sentono pezzo con- maturi per affrancarsi dal- fronti del quale la resa non le pastoie con le quali la è ammessa. critica Così di storia mi monolitico aver vena sfruttato per due e quealbum Knights ora li tutto si abbastanza aveva facilmen- accontento te catturati al debutto: via d e l l a m a g n i l o q u e n z a d i Tw o a l l o r a J e f f B u c k l e y, v i a l a Creatures o della soffice psichedelia acustica e via preghiera di The Asylum, Simon & Garfunkel, via an- ma non nei stile incalzo l’esercito ne- che gli ultimi riferimenti al mico, e mi chiedo se non NAM sarebbe stato meglio (il tipico strumming ag- del duo viene qui ridotto a giungere dopo il titolo un fattore superficiale, niente punto Here più che una sbiadita griffe) C o m e T h e Te a r s ? U n a r i - interrogativo: e via persino quello stile sposta l’avrei: speriamo di crepuscolare (rimasto però no, volevamo decisamente in copertina!) su cui sem- di più. (5,5/10) brava Turin Brakes Jackinabo x (Source - Virgin / Emi, 2005) poggiarsi il Turin Brakes. Finalmente liberi nome dunque, ma cosa rimane dopo tutta questa repulisti? Niente: il di Lorenzo Filipaz più Monografia sintetica (a cui nulla. Ci si può sorprende- effettivamente non saprem- re a tenere il tempo sulle assoluto, radiofonico, mo aggiungere altro): fra i note della title-track, cer- E invece parte Refugees, il tanti albionici folgorati dal- to; ci si sorprende ancora singolone, e già qualcosa la “grazia” di Jeff Buckley di più nel realizzare che il non va. Non tanto perché i Turin pezzo il pezzo sia brutto, quan- quelli to non glio, trovando nella provvi- qualunque esplode mai. Il tutto si as- denziale coniugazione con due precedenti album. For- sesta su una manciata di la quiet english psychede- se canzoni d’ordinanza, buo- lia dei Floyd acustici mino- scegliere le mani a cui af- ne canzoni, che è già trop- ri e con l’aiuto del santino fidarsi (dopo il felice tocco po definire così. Suede e di Simon & Garfunkel una d i To n y H o f f e r , g i à a l s e r v i - Mercury Rev si intrecciano discreta personalità, certo z i o d i B e c k e d A i r, è i l t u r n o in un brit rock sofisticato un po’ diluita ma, se debi- d i M a r k S p i k e Te n t e d e l l a e decisamente pop, illumi- tamente distillata, capace coppia nando i sobborghi con rari di una manciata di canzo- recentemente lampi, e spesso indirizzan- ni consolle doci perché la musica Brakes che furono risposero veramente fra me- mozzafiato migliore del disco sfigura al confronto di un hanno riempitivo sbagliato dei nello Treahearn-Haggett per dietro Linkin alla Park, che c o m e T h e D o o r, M i n d O v e r B r i t n e y, B l a c k E y e d P e a s … non assolve alla funzione Money e The Long Distan- non di rifugio rinfrescante del ce. più più affini ai Brakes), ma la quale avremmo bisogno, in possibile del trend aborti- scelta dei tecnici pare un verso un’ Oasis 88 s e n t i r e a s c o l t a r e Approfittarono il proprio le musicalità effetto del loro nuovo stile che l’eclettismo non deve nato tra brusii di pubblico più essere - non è - l’antidoto (citazione di Berlin?) e ri- vano suonare freschi però automatico banalità, succhi cosmici di Damaged gustosi e lo sono nella mi- perché anche il più eclet- woman, oppure - e soprat- sura in cui lo è dell’acqua tico degli ingegni deve ag- tutto - con la psichedelia bevuta da un bicchiere la- grapparsi rurale vato male, indi “imprezio- “visione” decisa ad esse- acidulo di Borderline per- sita” del re se stessa, che si tratti sonality (mi questa che una dal frappè causa: vole- retrogusto del giorno alla al fusto di una trasfigurata beat sembra di prima del più scazzato disincan- vederla, unito a una “sana” punta di to o del più crasso dei voli cella, detersivo, pindarici. Col qui presen- spacciandosi per la nuova te, Matinée). quello sì della miglior marca. (3.0/10) W a r A g a i n s t Sleep I n v i t a t i o n To The Feast (Fire R e c o r d s , 2 005) invece, il bristoliano intenta marpiona sedurvi M r. D u n c a n F l e m i n g – d e i E se poi non vi basta? E WAS il demiurgo - ha rea- se lizzato una scaltra parata ra? Nessun problema, c’è di l’ammiccamento tecniche di seduzione, poi ne volete anco- al Cave un calciomercato sintoniz- più sdilinquito di Bedmin- zato più alla pubblicistica ster parade, ci sono i go- Opera seconda per il com- che alla quadratura atleti- spel germogliati nel deser- bo War Against Sleep dopo ca, tecnica e umana della to di May I harm none, le l’acclamato di Stefano Solventi del squadra. Poco conta quan- liquefazioni psych-soul tra nul- to e se fossero franchi gli patina la vi dico perché nulla so intenti originali: basta l’in- progressiva (vogliate sincerità freddezza, nach di Suffering e – argh! 2003, Messages circa questo il quale perdonarmi). Invitation To Su – la Cousteau e ascesi Ultimate Spi- The l’inefficacia - del prodotto - la tautologica disartico- Feast, invece, qualche idea finito, quel volersi a qua- l a z i o n e A i r / B r a n Va n 3 0 0 0 / me la sono fatta. Una sca- lunque Gelb letta che - non so se in vir- zione bizzarra d’una band land. Ripeto, mi sono an- tù di una faccia tostissima bizzarra quando è piutto- che o per incarnita incoscienza sto il cinerama promozio- i primissimi - mette in fila folk bucolici, nale d’un gruppo poco più è vero ammiccamenti disco soul-jazz, costo manifesta- e dEUS di divertito, Dolphin- soprattutto assaggi. d’altronde pop, acces- si dub striniti, date possibilità che l’ascol- male a nessuno, o almeno agri errebì, elettroniche e to possa sembrarvi diver- non che io ricordi. Tutta- ottoni, tente. Eh, già: se vi viene via, e sgocciolii di piano, cin- la bella ascolterò questo Invitation cischi, ammucchiata l’ardore To T h e F e a s t u n a v o l t a d i ghigni di languori chitarre e decolli fregola per una con come se fosse la cosa più cavernoso naturale del mondo. Quan- (Changing of the season), do anzi la pastorale indiedelica di scopo stampo Eels (Puppies and invece è chiarissimo chiaro che lo dei del gioco è abbagliare gli kittens), implumi come t r a K i n k s e B o w i e ( Te l e t e x t mezzo nights) e le brume jazzy à ascoltatori fossero leprotti in i Cousteau cascami glam più. - non quanto un barocchismi cone per che che ordinario. Detto questo, ci sono fon- lisergici, – Ed ha bric- mai fatto semplicemente, Potete non scommetterci. (5,2/10) White Out w/ Jim O’R o u r k e & William Winant China is near (ATP Rec o r d i n g s / Goodfellas, 2005) la Scott Walker (in Song of di Daniele Follero Intendiamoci, non è che mi songs), così tutti insieme I White Out non sono nuovi spiaccia appassionatamente, a collaborazioni importan- alla strada. farmi sballotta- fatevi re da un fondo scala sti- pure sotto e dateci dentro. ti listico Non Watt, all’altro lungo un scandalizzatevi però (Thurston Nels stati Moore, Cline) da meno Mike e non qualsiasi programma di un se nell’orgia vi ritrovate a sono qualsiasi disco rock. Solo tu per tu col dub incasto- scelta dell’organico per il nella sentireascoltare 89 loro terzo album in studio. altezza indeterminata e le finire picchiati nel classi- L’ e x loro co vicoletto mal illumina- Gastr O’Rourke, Del Sol alla Jim docet). to, e negli USA poi, nella Eppure i quattro (o anche, Baia più famosa della Ca- newyorchese, questa volta la doppia coppia) non sem- lifornia, dove il punk ave- ha abbandonato la chitarra brano scavare a fondo nei va preso pieghe ancor più per dedicarsi ai soli sinte- meandri strumento, radicali, le cose sarebbero tizzatori in coppia con Lil accontentandosi di un dia- andate anche (e anzi sicu- Culbertson; con a il fare ( Va r è s e dello logo interessante ma tutto ramente) p a g n i a a To m S u r g a l a l l e sommato non sbalorditivo. grazie all’effetto parallas- percussioni Lo c’è, com- esecutive possibilità duo collaborazione seconda svariate invece, standard (perchè peggio. Eppure, di se e all’edulcorante revi- William Winant, nome noto standard si può ormai par- val di questi anni, succede nell’avanguardia musicale lare, visto che lo si con- pure questo e, a forza di americana, se non altro per sidera ormai un genere) è girare e rigirare la frittata, le sue numerose collabora- quello dell’improvvisazione l’emul-rock giunge alla più zioni, che vanno da John libera, che affonda le sue fedele e inutile delle cele- C a g e a Ya n n i s X e n a k i s , d a radici Steve Reich a John Zorn. europea ispirazione) brazioni. I ragazzi di Baltimore han- Un binomio, quello di sin- e nella no wave (per for- no impiegato quasi un lu- tetizzatori percussioni, mazione musicale). Nono- stro che timbricamente funziona stante ciò, l’effetto sonoro dieci tracce, un tempo lun- molto bene: i suoni analo- del binomio synth analogi- ghissimo che è valso alme- gici si amalgamano a quelli ci-percussioni mi ricondu- no un nome di tutto rispetto percussivi (tra gli strumen- ce Po- che riporta la mente tanto ti usati: timpani, campane, pol Vuh di Affenstunde o ai a una canzone dei Joy Di- batteria, tam tam) creando corrieri vision quanto al consueto fantasiosi sonori e, in ogni caso ha un sapo- Oscar come re inconfondibilmente anni ovvero - dall’inglese - ina- emozioni, riuscendo a pas- ’70. China is near può coinvolgere all’ascolto, ma anche (legittimamente) annoiare. Mai travolgere. (7.0/10) bitato, che si sare e tessuti trasformano da stati di assolu- ta calma (Stifled moon) a momenti più concitati, più nervosi (Favorite jungle, Mutinous). Sembra essere proprio questo compositivo processo basato sulle trasformazioni emozionali, sull’alternanza tranquillo- nella musica (per inevitabilmente cosmici colta ai tedeschi Wilderness Self Titled (Jagjaguwar / Wide, luglio 2005) di Edoardo Bridda una incidere Wilde; ostile, sotto l’ombrello c h e B o n o Vo x e l o s c i a m a nesimo del padre di tutti loro, quel Jim Morrison da cui tutto è iniziato. Ma a discapito della bella posta è la tra musica le più prosteri- Chissà sarebbe bum, che se ha un punto di debole, è quello di risulta- trent’anni re un po’ povero di idee. Si ha l’impressione che tro quello sia acchittati con magliette a di possi- quadrettoni, felpe e capelli à la Richard Butler (ricor- bilità reali degli strumen- che non vi dico. date le psichedeliche pel- ti impiegati. Non c’è fonte All’epoca, nel Regno, sa- licce di Heaven?), fattore sonora più variabile e adat- rebbe bastato stare anche che sposta l’asse emotivo ta sperimentazione di poco vicini alle corde di in di sintetizzatori quel che Julian Cope aveva te e percussioni, con la loro definito Dio in persona per però cambiare davvero la che si rispetto alla musicale sente alle 90 sentireascoltare aspettato li di questi ultimi mesi: il scimmiottato, cantante ammorba le trac- mai vedersi si che cale trainante di quest’al- della Lydon desertico, sociale vate quali Curtis, McCullo- etichetta, John Wilderness, ragione accoglie queste agitato, il pensiero musi- poco se per dopo, da normalissimi provincia quat- giovani americana ce con deliqui spesso irritanti post-punk e quando cerca di levarsi le scimmie dosso para direzione su registri maggiormen- dark-romantic senza sostanza: il declamare a picco macina a vuoto i ben più caratterizzanti rantoli dell’ex non ex Sex Pistols. E che dire del restante gruppo? Proprio come una gloriosa (cover) guitar band, non fa che intessere epiche messinscena copie carbone dei primi Echo & The Bunnymen, U2, Psychedelic Furs e Chameleons (quest’ultimi già abilmente saccheggiati dagli Interpol tempo fa). Vi sarebbe da ribadire la bontà di zazioni, queste specie armonizin Margi- n a l O v e r , Yo u r H a n d s , S a y C a n Yo u S e e , t u t t a v i a - p e r quanto preziose - assomigliano alle scenografie di certi ci ce, set cinematografi- hollywoodiani: laccate, postic- perciò inutili quanto il remake che perpetuano. Non stiamo iniziando raccomandare la a sezione classic del nostro magazine con lo spirito passatista e patetico di chi, schifato dal presente sempre e comunque, si chiude a riccio nel passato, tuttavia, per una volta (vien proprio da scriverlo a lettere cubitali) riascoltiamoci gli originali (il Metal Box dei Pil, Crocodiles degli Echo & The Bunnymen, Boy degli U2), riandiamoceli (anche a comprare rimasterizzati in ottime e costose confezioni deluxe)! Ne vale la pena …loro no (4.5/10) Yann Tiersen L e s R e t r o u vailles (Virgin/EMI, 2005) d i G i a n l u c a Ta l i a È stupefacente come tra collaborazioni, lavori a quattro mani, partecipa- z i o n i e c a m m e i Ya n n Ti e r sen sembri beneficiare di una sorta di ubiquità, riuscendo perfino a trovare il tempo per ritirarsi su un isolotto bretone – lo stesso che già aveva ispirato Le Phare - per concepire un album nuovo di zecca. impronta di Marvin Staples E un verrebbe distribuito gratis lavoro che pare, per strut- con ricetta medica a tutti tura, voler riprendere il di- (e siamo tanti) quei mala- scorso ti di metropolismo, affetti Les Retrouvailles lasciato in è sospe- dei Tindersticks sull’au- stera Secret Place. Se i cataloghi di dischi seguissero i principi di quelli dei medicinali Ya n n Tier- sen rientrerebbe nella fascia A e Les Retrouvailles so ai tempi del trasognato da p r e c e d e n t e L’ A b s e n t e , r u o - servirà tando come sempre intor- fermarsi chiudendo gli oc- no ad un pugno di canzoni chi e riposando le stanche tinte grigio membra tra una (rin)corsa acceso, con rinnovata ca- affannata e l’altra, questo pacità di rapire e cullare, si. (6.9/10) del consueto frenesia a apatica. guarirne, Non ma a sollevando con delicatezza l’ascoltatore per condurlo ancora una volta sino ai margini dei ben noti ed affollati marciapiedi di Montmartre, cosi come alle dune delle fredde e semideserte spiagge della Bretagna, in un viaggio ora suggestivo (La Boulange) ora magnificamente malinconico (A Ceux Qui Sont Malades Par Mer Calme). Fortunatamente del dolce il esilio regime isolano non è di quelli ferrei e le frequenti elusioni permettono le visite di ospiti venuti anche da molto lontano per render visita e che, nella miglior tiersen-iana, tradizione non manca- no di lasciare il segno con qualche dono della loro terra. Su tutti sarebbe delittuoso non menzionare la solenne sensualità di Jane Birkin nella politicizzata P l u s d ’ H i v e r, o l a g r a z i a d i L i z F r a z e r ( C o c t e a u Tw i n s ) alla prese con l’insoste- nibile leggerezza di Kala, così come la rassicurante sentireascoltare 91 dal vivo Beck F e r ra r a S o t t o L e Stelle (Ferra r a , 2 2 g i u g n o 2 0 05) di ©2005 Stefano Solventi Dicesi un “illusione evento che lunare” si ripete ogni 18 anni. Accade che la luna, sorgendo, si presenta insolitamente bassa all’orizzonte. In ragione di ciò, per una legge ottica che non sono sicuro di aver ben capito - ma non mi stempierò certo per questo - il suo faccione cianotico appare enorme, o comunque più sueto. grande Ve d i del con- quante cose s’imparano dai giornali radio? Chissà che non torni buono come cappello alla recensione del concerto di B e c k , v i s t o c h e - u h - M r. Hansen suonerà proprio in questa sera di luna ipertrofica sotto le magiche stelle di Ferrara. Tuttavia, da qui a costruirci un qualsivoglia parallelo (romantico o esistenziale) ce ne passa, perché fin dal suo sul palco vedi bene che il mingherlino è appunto quel che si dice Beck avventarsi un mingherlino, con la gra- nacciosa da far invidia al padano, casomai, toccherà cilità spigolosa di chi ha Benigni dei bei tempi. ad altri: qui stasera c’è un appena tolto un piede dal- Quanto alla musica, inve- obiettivo preciso, ed è fare la fossa, lo sguardo un po’ ce, non c’è rischio di con- festa, vacuo un po’ indiavolato e fondersi, perché è fin da pening soprattutto subito chiaro che il com- beckianità. Come ben sug- pito gerisce del resto l’iniziale assieme quella stentorea 92 sentireascoltare fisicità e mi- d’incendiare il piano imbastire di un hap- quintessenziale Clap hands, pro- ro e Odelay gli album più saccheggiati). Impressiona gli più d’ogni altra cosa la disinvoltura anzi la noncuranza astanti iniziano a scaldare con cui il signorino Hansen spende gemme quali Devil’s i palmi come si deve (alla haircut o New pollution o Hot wax o - naturalmente - fine saranno incandescen- L o s e r, d u e m i n u t i e v i a , s e n z a e n f a s i n é s b r o d o l a m e n - ti, i palmi e gli astanti). La band: basso, chitarra, ti, solo l’esplosione del proiettile, l’eco dell’impatto, tastiere, un Non si segnalano particolari eclatanti dal punto di vi- cazzone di percussionista/ sta strettamente sonico, ad eccezione di una Round the ballerino che alla bisogna bend inopinatamente trasfigurata in chiave world (!) e di sbraita una Minus che brucia punk rock come non mai. pedeutico sul cui scorazzare batteria, cori più senza troppa l’odore dello sparo. arte né parte però ci mette Tutto va all’incirca come deve andare su questo con- impegno e ci fa la sua por- voglio ebbro, rapido e caracollante. Un party che tocca ca figura, insomma più che il primo paradossale apice nella parentesi unplugged, allo scellerato Fatur viene quando la band s’accomoda ad un desco improvvisa- da pensare al ballerino dei t o l a s c i a n d o B e c k s o l o c o n l a s u a a c o u s t i c g u i t a r, s a l - Frankie Goes to Hollywood vo poi accompagnarlo tintinnando scodelle e bicchieri: (uno slippino in latex a chi spassoso e magico, è tutto così palesemente costruito si ricorda il se eppure si fa accettare come fosse una schietta goliar- versio- d a t a . L’ a p i c e n ° 2 a r r i v a c o l b i s , q u a n d o u n m a n i p o l o d i ne speculare e bullesca di fans viene chiamato a popolare di frenesia il palco per Beck esempio una versione fluviale (venti minuti, a spanna) di Mixed quando duellano l’un con- businness, la band en travestì (una tuta antiradiazioni) tro l’altro di banjo armati e il Nostro impegnato in un call and response senza so- in Sexx laws). Si balla e sta col pubblico, lo spirito di Sly Stone nel taschino, il si canta quindi, ben felici sempre invidiabile svacco e il cappello immancabilmen- che il funk e la bossa e il te sulle ventitré. soul e l’hip hop si sgranino Due ore scarse che mi hanno coinvolto più di quanto mi annodandosi, preferite nome) ad stesso una (ad o scivolando- aspettassi, al punto che quando mi sono ricordato di far si dentro, mutandosi l’uno caso alla luna galleggiava ormai alta nel cielo. Pazien- nell’altro e a momenti pure za, diciotto anni passano presto. Quanto al Beck, inve- in ce, ci ho fatto caso: nessuna illusione, nessuna delusio- qualcos’altro m’è duro. Nel che bel dir mezzo ne, è grande quanto sapevamo. Né di più, né di meno. di questa sfarfallante quadratura d’intenti, Beck si muove come una perturbazione, interviene agitando Fantomas + Sonic Youth Ferrara sotto le stelle, Ferrara (27 giugno 2005) un profilo minimo di can- di Edoardo Bridda to e strali sonici, qualche Per alcuni, è proprio vero, gli anni sembrano non passa- scratch e un assolo sgan- re. Rivedere quel Mike Patton ora, trascorsi dieci anni gherato, parsimo- da quella piccola parentesi bolognese nella quale il mu- niose ma cariche di senso, sicista familiarizzò con la cultura più thrash del nostro decise cioè a sottolineare Paese, comparve a sorpresa nei negozi di dischi e mise ulteriormente il mood del- a soqquadro via del Pratello, è come tornare indietro la esse- nel tempo, all’epoca dei Faith No More: i capelli leccati deci- come un siciliano sono gli stessi e uguali pure le ca- so, febbrile “divertiamoci”. ratteristiche pose da tenore indemoniato, gli altrettanto E noti scatti isterici (ma prosaici) e soprattutto quel sor- re, cosa: mosse che ripeto, ci un riesce, vuole teso, porco cane. Non concede tregua, snoc- riso arcigno, affilato, unico. ciolando dietro Eppure Patton è cresciuto, e negli anni successivi allo l’altro (quelli più caldi ci scioglimento del suo progetto più famoso ha sempre sono più o meno tutti, Gue- guardato avanti e sempre più in là, tanto che sul palco un titolo sentireascoltare 93 di Ferrara sotto le stelle, più che al concerto degli zii della serata infatti sono i degli Isis, assistiamo all’esibizione di una costola del- S o n i c Yo u t h . l’archibugio Tzadik con il leader maximo dei Fantomas E dei sonici si è già det- nella parte del maestro John Zorn (che di quella realtà to molto in queste pagine rappresenta il fondatore e capofila) e una macchina rit- web tanto che parrebbe più mica al servizio di quello che ha tutto il sentore di uno onesto rimandare il lettore spasmodico e febbricitante schizzo sonico da manuale altrove piuttosto che rimu- d’avanguardia newyorchese (anzi diciamo pure del XX ginare secolo). Non che chi vi scrive abbia scoperto l’acqua calda, le razioni. collaborazioni e gli intrecci musical-sperimentali tra i un credito particolare per due sono risaputi tanto dalla critica quanto dal pubblico il successo di una perfor- emiliano, orfano del personaggione dai tempi dell’ulti- mance come non se ne ve- ma apparizione ai giardini margherita a Bologna, che devano da tanto tempo. Si adesso attende la serata Castello merita sa, Moore e co. sono dei professionisti sì, ma un po’ Lombardo, il micidiale picchiatore in controtempo della lunatici, amano confrontar- formazione originale, il quartetto è, al solito, costituito si corpo a corpo dal vivo, da King Buzz Osburne alla chitarra, Trevor Dunn al bas- improvvisare so e il Patton ai microfoni e alle manopole; al posto del verso dei canovacci quan- t e n t a c o l a r e d e g l i S t a y e r , Te r r y B o z z i o , u n a m a c c h i n a to su delle palle cosmiche ritmica dalla fama indiscussa negli ambienti virtuosi che rumorosissime. contano per aver suonato in numerosi album di Frank Ferrara, dopo un inizio un Zappa (e figlio), senza contare una trentina di collabo- po’ (e al solito) da mestie- razioni (tra cui non sono mancate nemmeno le marchette ranti – quelle Pattern Re- quali i Duran Duran e - squilli di tromba - i Dokken…). cognition, Unmande Bed, I E con il batterista trincerato dietro un torrione di gong L o v e Yo u G o l d e n B l u e , S t o - e pelli che pare una macchina da guerra di Leonardo, nes, New Hampshire e Pa- lo spettacolo può iniziare e i musicisti posizionarsi ai percup Exit da Sonic Nurse posti di combattimento. che live non sanno di fuffa La sensazione più forte è che stiamo assistendo al più ma scientifico degli approcci musicali: non sorprende che – , l’atmosfera si scalda a Bozzio abbia un leggio di fronte a sé, tanta e tale è la tal punto che le versioni di complessità raggiunta dalla musica dei Fantomas. Pat- Te e n A g e R i o t , K o o l T h i n g , ton, poi, concentratissimo e divertito, dirige i musicisti Eric’s con un’energia e una professionalità impeccabile che H e a t h e r, R a i n O n Ti n , T h e non ammette fuori programma e scherzi col pubblico (a Empty Page sono migliori parte quando si fa scappare volontariamente un “socc- (e non di poco) rispetto a mel” durante un brano, oppure quando si rivolge al pub- quelle eseguite, ad esem- blico chiamandolo “ferraresi”). pio, gira che è sapendo Eppure Piazza conside- cosa ipercinetico l’evento solite a s p e t t a r s i d a l l o s h o w. F a t t o s a l v o p e r l ’ a s s e n z a d i D a v e L’ o t t o v o l a n t e pacificamente a le una nemmeno Trip, al tanto attra- Ebbene a emozionano Bull Primavera In The Sound meraviglia: 2005 o all’Indipendent Day preciso e veloce, macina sequenze spezzate e centrifu- dello scorso anno. Il fina- gate di Black Sabbath, cartoni animati giapponesi, pose le è una coda di distorsio- liriche, film dell’orrore, incidenti domestici, deliri as- ni sortiti insomma le (in)solite cose a cui Fantomas ci ha tradizione del gruppo: con abituato fin ora con il sospetto intermittente che tutto in particolare un O’Rourke s u o n i “ u n p o ’ u g u a l e a l l a f i n e ” . L’ u o m o l o s a e c e r c a d i molto scenografico a colpi- evitarlo a tutti i costi tanto che, alla fine del concerto, re la chitarra con uno spa- dopo aver toccato tutti i generi e i gargoyle possibili, la go, e gli altri a sfregiare le partita è vinta e il dado tratto. Ma se per molti questa corde degli strumenti a più performance tracotante poteva bastere e avanzare, per non posso. Se l’aspettativa era quel- altri il vero evento doveva ancora arrivare: gli headliner 94 sentireascoltare assortite della miglior la un po’ snob d’assistere nifestazione. Certo, niente impossibile a due soliti concerti di al- in confronto al milione di (almeno non prima del sor- trettante affermate e pre- anime della Love Parade, gere del sole), a ascoltare vedibili band, il compendio che giace in stand by or- musica, ballare o a intrat- a fine serata è d’aver pas- mai da due anni per pro- tenersi in altre attività, il- sato tre ore in compagnia blemi di gente che merita tutto economici), lecite, naturalmente. Sì perché la street parade il successo e la stima che prio ha ottenuto in questi anni. raduno Lunga vita e prosperità. spazio e visibilità (persino valvola in Europa) alla street pa- mento carnevalesco in cui rade nostrana. Pur con un percorso che ha la sovversione delle regole escluso il passaggio per il tecipazione. di Daniele Follero centro storico - togliendo Che piaccia o no, la man- Ci senz’altro canza assoluta di problemi S t r e e t R a v e Parade Antiproibizionista B o l o g n a ( 2 5 – 26 Giugno 2005) hanno provato prati- organizzativi tuttavia l’assenza ha forte (leggi pro- del mega lasciato ampio quell’elemento è diventata, di contrasto musica la per quasi una decade, techno/architettura me- quest’anno poi si sono ag- dievale giunti un caldo inumano e segno distintivo di questo segnale una pioggia torrenziale ca- rave itinerante considera l’atmosfera all’italia- un sfogo, un mo- di ordine pubblico in re- lazione al grande numero di partecipanti, manda un importante a questa chi gente duta poco prima dell’inizio rima- pazza, drogata, violenta e (grottesco del- sta quella di sempre: c’è alienata. È il segno di chi l’evento. Eppure niente è chi è già strafatto alle otto dimostra che se è libero sa riuscito a fermare la nona di sera (e s’è attaccato al gestirsi Street carro per stare quanto più anche di assumere droghe. proibizionista che a potuto vicino chi Quale sia poi il peso po- contare sui 100.000 giova- preferisce starsene al lato litico di questo messaggio ni previsti dagli organizza- della strada sostando ogni è un’altra storia: la street tori e giunti da tutta Ita- tanto pas- rimane pur sempre una ma- lia. Passata indenne per varie saggio dei carri e chi, in- nifestazione musicale, e di vece, esagitato, attraversa musica ce n’è stata tanta. giunte regionali e supera- in lungo e in largo il corteo I locali rappresentativi del- te senza sosta. la scena bolognese erano le ferati, rave parade perplessità nate di ancora anti- Cofprima alla per L’ e n o r m e è che na presagio) -, il oltre diventa un modello di par- di costituiva incontrare grande evento, anche una camente tutti a boicottar- che da musica), seguire fascia il di carne tutti la sua presenti libertà con le … loro dell’insediamento del sin- umana ha attraversato in- musiche: dagli immancabi- daco, che aveva promesso denne per sette ore le stra- li organizzatori del Livello una lotta dura e spietata de cittadine approdando a 57 per notte TPO; bloccarla, la manife- inoltrata all’Arena al reggae/hip dall’Ex hop del Mercato 24, stazione è partita come di Parco Nord, dove la mas- che ha proposto per lo più consueto sa dal tradizionale stabi- drum ‘n’ bass, al Cassero, parco dei Giardini Marghe- lizzata. Il corteo si è così come di norma più trenda- rita. Ed erano già 30.000 frantumato in tanti picco- rolo, le li performance persone al nastro di itinerante gruppetti si che è a secon- ma che offrendo di Ellen la Al- partenza con una trentina da delle intenzioni hanno len è stato uno dei pochi di carri (dieci in meno del- “occupato” un posticino da ad offrire live set interes- l’anno scorso) al seguito, utilizzare come “base” per santi. cifre considerevoli se pa- il gruppo durante il resto però, ragonate alle prime Anche la quest’anno, maggioranza dei edi- della giornata. E poi via, carri apparteneva all’area zioni, che fanno riflettere a girare per l’enorme area goa-trance, un genere che sulle dimensioni e l’impor- (troppo dispersiva e poco si è fatto spazio prepoten- tanza raggiunte dalla ma- boschiva) a cercare gente temente nell’ambito dei sentireascoltare 95 rave parties . Sarà per la mise a suonare la chitarra co che non sia quello di un loro idea di musica pseu- con i denti molti pensarono piccolissimo club. I White do-naturalistica e spiritua- che fosse impossibile farlo Stripes listica, ma sono quelli che senza mente sfatato questa cre- occupano hanno veemente- miglio- (e magari molti collegaro- denza no la sua capigliatura con del festival di Reading nel- volenti o nolenti, si finisce per passarla a ascoltare la quella pratica…). Anni ’70: molti illusi si convinsero l’estate del 2002, ma è pur vero che non tutto è sem- loro musica. che andare a un concerto pre andato per il meglio: al signore posti fulminati ri all’ombra, e la mattina, Un i rimanere di mezza bruciando l’arena età ha sperimentato la vendita di angurie e gli è andata bene: sono centinaia le persone che durante tutto questo tempo vanno da lui a rinfrescarsi: niente di meglio della frutta quando si te. è ballato tutta la not- L’ o r g a n i z z a z i o n e , dal canto suo, ha fatto la sua bella parte per prevenire i rischi del forte caldo con la costruzione di zone chill out con tanto di poltrone e vaporizzatori d’acqua. Nonostante l’orario ultimo di chiusura fosse previsto per le 16 della domenica, alle 18 si ascoltava ancora qualche nota, magari un po’ più bassa e si potevano vedere alcuni gruppetti di gente chiacchierare tran- quillamente, come se tutto fosse appena cominciato. Con il sole di nuovo al tramonto, dopo quarantotto ore di musica senza sosta, si chiude il sipario su questa nona Street parade e se non fosse che le forze sono ormai esaurite, verrebbe di rimettersi a ballare. Ma l’incantesimo si è già spezzato. La festa è finita. White Stripes K r i z a n k e , L u b i a na 2005) (6 luglio King Buzzo dei Kiss significasse tomaticamente au- combinare Flippaut del 2003, vittime di un’ingegneria del suo- con prosperose pollastrel- no ingloriosa, quasi non si di ©2005 Lorenzo Filipaz le. Anni 2000: molti pensa- sentirono dopo il baccano Piccolo saggio sulle assur- no che una batteria e una scatenato de credenze del rock: quan- chitarra da soli non possa- queer dei Turbonegro. do nel 1967 Jimi Hendrix si no farcela a tenere un pal- Lo spazio al Krizanke, in 96 sentireascoltare dall’orchestra pieno centro di Lubiana, è ampio ma non troppo. Una grande scalinata coperta da un telone: formidabile cassa di risonanza o dispersiva piazza in balia dei venti? Show fatto di scenografie bis ed è il delirio. La pe- rigorosamente dana sotto il palco ha on- so-nere, bianco-ros- disseminate canditi, palme di bianche deggiato paurosamente e durante tutta la durata del drappi cremisi, animato da concerto ma ora si avvici- continui sketch, ammicca- na seriamente al punto di menti, rottura costringendo a sal- rimproveri e altre I White Stripes peraltro vi- pantomime fra Jack e Meg, tare vono il dopo–Seven Nation rappresentazioni viven- più posato. Lo spettacolo Army scegliendo rien- ti al bubblegum di picco- si conclude sulle frizzan- trare nella di Little anche lo spettatore Room, li ma universali dualismi: ti note di Boll Weevil, una schiaffando quanti si aspet- maschio e femmina, ritmo delle tavano un nuovo infuocato e melodia, innocenza e fu- della tradizione americana guitar-driven rore. a rock’n’roll Un incredibile mix più cui antiche Jack canzoni White aggiun- con una profusione di pia- fra il minstrel show della ge noforti, arie frontiera otto- do: “se vi chiedono da chi Tim centesca, la tragedia gre- avete sentito questa can- L’ u n d e r s t a t e m e n t ca e il fumetto pop-art alla zone, dite che ve l’ha can- Roy Lichtenstein. I brani, tata Jack White e che sta lungi disperatamente xilophoni e gotico-fiabesche Burton. si manifesta alla anche pianificazione del nella tour di americana dall’essere semplici una strofa, grossomo- cercando lancio di Get Behind Me Sa- litografie tan: anziché progettare un prendono vita in indiavola- ripete estasiato “he’s loo- bombardamento tappeto ti interpretazioni king for a home!”, catarti- e USA, anomale che assumono ora ca formula fra lo scherno e di Gran partono a Bretagna dall’Est degli m e d l e y, originali, una casa!” e il pubblico Europeo. foggie proto-metalliche ora il pathos. La maschera che Per il marketing più spiccio strutture post-punk ora ca- ride una scelta suicida, con gli tacombali figure blues alla dipinti nel ghigno e nella occhi più lungimiranti della chitarra slide, ora sbaraz- voce tremula dell’istrione- scienza del desiderio forse zini country-blue- sco White. La ricerca del- un colpo di genio. Non è da le radici messe in scena, escludere che con queste grass. Cruciale il momento di The premesse lo show ripieghi Nurse, e nell’introversione, magari no allo xilofono, squarcia- la sincerità in una grande rifugiandosi intimi- to da estese esplosioni di esibizione stico unplugged incornicia- rumore si- l’arte. Il fantasma del Pop to dall’attento silenzio del gnificativa celebrazione di è qui davanti a noi, vestito pubblico: in un l’attacco sapori il famigerato bianco, la più bra- e quella pencolante sincera che fra soffre sincerità imitazione di teatro deldel- deto- quello scontro-incontro fra con gli abiti sgargianti del nante di Dead Leaves And candore e violenza di cui Rock più belluino e primi- The Dirty Ground e il boato il marchio White Stripes è tivo. della folla spazzano via i espressione. residui dubbi, il Krizanke ruenza di Let’s Shake Han- si trasforma letteralmente ds, nella uscito nel ’97 inizialmente rutilante chitarra di Jack White, squassato dal in marziale il Sentire primissimo tiratura l’ir- singolo limitata a 500 Wolf Eyes Ex Mercato24 (Bologna, 1 l u g l i o 2005) Meg. vinili, su questo palco di di ©2005 Daniele Edoardo Bridda Il fuoco non fa che alimen- Lubiana così lontano dagli I Wolf Eyes oggi rappresen- tarsi nei successivi brani scantinati tano il limite massimo del- dell’ultimo album, il riff di mina il percorso e l’eterno l’underground, Blue Orchid si insedia pre- oscillare del duo fra little più rumorosa e isterica del potentemente sul trono che room e bigger room. panorama f u d i S e v e n N a t i o n A r m y. Il leviatano Seven Nation Ta g l i e n t i , p e s a n t i , e s t r e m i . Parte così il White Stripes Army Difficile non farsi tentare metronomo di arriva Detroit soltanto illu- nel Follero e l’estremità musicale indie. sentireascoltare 97 dalla possibilità di vederli do l’orecchio dal loro ran- che a dirlo, viene deciso al vivo. Un’esperien- tolare notiamo momento e con le più de- piuttosto interessante: che a mancare all’appello dal za selvatico, raffina- è un membro storico della vastanti intenzioni. Il martellante incedere tezza sonora (mai ricerca- b a n d , A a r o n D i l l o w a y, m e n - della ta), quanto per un impat- tre la lineup è composta, scandisce to oltre e non certo per violento, la straniante e che dall’indiscusso batteria elettronica un ritmo inesorabile che lento si per- doloroso - per le orecchie fondatore, da John Olson, de in più di un’occasione sicuramente - con l’ogget- membro del duo Dead Ma- in esplosioni caotiche che to musicale. C’è un non so chines assieme alla moglie creano una massa rumoro- che di nichilista nella mu- To v a h sica dei Wolf Eyes, che vie- C o n n e l l y, e Mike sa negli Hair affaccia al di là del muro ne fuori ancora meglio dal Police. Aaron non è uscito del suono per vedere cosa vivo, dove vengono spaz- dalla band, come dichiara c’è oltre. E qualcosa c’è: zati via anche i più piccoli nel tutto “ammorbidimenti” semplicemente di post- O’Rourke, sito già Smelltheremains, è indistinguibile, un mondo che di si suoni l’ultimo che fuoriesce da una mate- di della ciurma a doversi spo- ria sonora vicina al rumore un luogo come l’Ex Merca- sare, lo conferma lo stesso bianco, to 24, un locale piuttosto C o n n e l l y, i l p i ù g i o v a n e e ne spartano, tra i pochi centri neoarrivato del come se volesse orientarsi sociali mantenuto una parvenza di do. È l’ora concerto: autogestione, ha aiutato la palco una chitarra (utiliz- pieno “sporcizia” sonora a farsi zata per li di profondità. Un gioco spazio e ad abbrutire ulte- l’emissione noi- percettivo che costa caro riormente il sound. se), machine, alle orecchie, ma che vale Facciamo due chiacchiere una specie di strano bas- la pena giocare per andare con i musicisti prima che so, di una pesantezza che oltre la banalità del rumo- salgano sul palco e non ne fa vibrare lo stomaco, un re in sé. ricaviamo granché: Nate corno, un piatto e poco al- Difficile dire se i Wolf Eyes Yo u n g due produzione. La scelta bolognesi ad aver comman- che ricrea la percezio- istintivamente, in un deserto in apparenza del sul esclusivamente una di suoni drum statico e compatto eppure di dune e che tro. La scaletta è facile da abbiano parlano da soli e alla do- intuire, composta per lo più questo o vogliano sorpren- manda “cosa ci dobbiamo da dere solo per il loro estre- aspettare di eppure c’è una differenza mismo, questa sera” non può che sostanziale con le versioni fenomeno rispondere “il nostro solito in studio, che contribuisce Ma poco importa. In nean- spettacolo”, a performance che superflua: presenti si lasciano ipno- ha occhi dallo show aggiungendo, brani rendere fatalista e menefreghista, tutt’altro che di Burned la che mind, i pensato dislivel- come tutto fossero da un’ora a un baraccone. di concerto, tre si mettono sotto i pie- tizzare tazione è andata distrutta di le mani alle orecchie e il lungo le prime date della Sub Pop, fregandosene al- sorriso tournée. E non c’è di che stupirsi: tamente di riprodurre quel gno di un gradimento che sound ben “lavorato”, con riguarda i tre bad-boy sono grezzi un’attitudine che più punk dell’esperienza e sfrontati proprio come i non ce n’è. E non è neces- vissuta, che il piacere del- cattivi dei film polizieschi sario l’ascolto, qualcuno non ce USA, e non lesinano nep- ammetta dopo lo show per la pure breviari fatti di “yo, intuire che soltanto le li- ma nessuno insiste più di m o t h e r f u c k e r, s h i t e c c . ” i n - nee di base (e il più delle tanto quando la band salu- tervallati da qualche verbo volte un singolo suono in ta e se ne va. Nessun bis, e veramente pochi agget- loop) appartengono ai bra- nessuno lo vuole, la gente tivi. ni originari; il resto, nean- è soddisfatta e altri dieci metà della Tuttavia, strumen- sospenden- 98 sentireascoltare la buona che produzione Connelly ce lo fa ed senza storie i sulle più labbra, con se- l’estremismo esce appena anzitempo, minuti potrebbero fatali. Ci essere cuzioni il bellissimo Chio- sentare un’oret- stro di Santa Cristina, una a p r e n d o c o n u n a Yo u C a n ta per riacquistare piena- cornice suggestiva che ha Hear The Room molto fede- mente funzionato perfettamente a le alla versione in studio, creare le vorrà l’udito, esperienze ma, si sa, estreme si l’atmosfera il nuovo disco, adatta seguendo poi con Night Of pagano con gli effetti col- alla musica di Glen John- T h e H u n t e r, L o v e A n d M u - laterali. Quando ne vale la son e compagni. s i c , Yo u r G h o s t . L a c r e a t u - pena… Qualcuno annun- ra di Glen Johnson questa perfor- volta ha messo a nudo il mance acustica, forse in- suo lato più “elettrico”, più gannato dal vecchio nome rock, tralasciando del (“Manifatture menti glaciali di ©2005 Daniele Follero acustiche”). Il quartetto altra faccia della medaglia Se i Piano Magic fossero si è invece presentato sul del loro ghost-sound e la- un colore sarebbero un blu palco con la classica stru- sciando notte. Come la notte bolo- mentazione, splendida gnese che li ha ospitati il elettriche, tastiere e bat- David-Guillou. Disaffected 6 luglio per aprire la ras- teria, per presentare l’ulti- non è un brutto album, ma segna dal vivo mette ancora più grazie a una collaborazio- mo album Disaffected. Vista la versatilità ne l’estrema eterogeneità del come una Antony ciata l’aveva Piano Magic C h i o s t r o d i Santa Cristina (Bo l o g n a , 6 l u glio 2005) tra Julive, la organizzata Electric Priest, festival due loro sound curiosità derivava proprio quest’anno ricca prima di nomi interessanti della dalla scena indie, tra cui Calvin Nessuna Johnson e Cocorosie. Luo- La go tutta la prima parte a pre- prescelto per le ese- proposta la e il Covo, l’Estragon e Boe repertorio, chitarre band musicale. sorpresa, inglese però. dedica in a ed casa voce evidenza la i mo- electro, anche di la Angèle mancanza dei momenti trascinanti e ipnotici tipici del sound “classico” della band. E’, infatti, proprio quando rispolverano il passato che i Piano con una Magic resa incantano, live ancora sentireascoltare 99 più ipnotica che in studio. sissimo, non ultima la data tempo che ha esaltato am- In alcuni momenti, più che il di Ferrara Sotto le Stelle. piamente uno stile in bili- tipico sound 4AD che tanto A vederlo sul palco non si co tra femminee latitudini li ha caratterizzati, sembra direbbe e invece sotto la e intimismo espressivo in quasi Pink parrucca dai lunghi capel- vibrato, contorni strumen- Floyd dei momenti miglio- di ascoltare i li neri stampata sul volto tali essenziali (spesso ri- ri. Le influenze psichedeli- pallido e una doppia t-shirt dotti al solo pianoforte) e che, del resto, non sono un che nasconde a fatica un crescendo vorticosi, grazie mistero per il gruppo. Ne è corpo ingombrante, c’è un anche a un ensemble cali- testimone una cover degli artista da bratissimo nel suo essere Spacemen 3, epigoni della sembrare quasi finto, così presente e al tempo stesso psichedelica anni ’80, tra trasparente un invisibile. gli episodi culminanti del certo reverenziale Potremmo concerto, che si chiude con anche nei confronti di una T h e r e ’ s S o m e o n e , Yo u A r e Password, brano del tanto platea M y S i s t e r, m a è d o v e r o s o discusso Artist’s Rifles del ta. 2000. Un solo bis, poi tutti Davanti a casa dopo un’ora scar- coda e circondato da chi- sa di musica affascinante, tarre, violini, fisarmoniche te onirica e ipnotica, che ha e viole, il musicista ame- ta live del cantautore): le incantato chi li conosceva e annoiato chi non sapeva cosa aspettarsi. Io non mi ricano sarei più alzato dalla sedia… Antony F e r r a r a s o t t o l e stelle (Ferrar a , 1 4 l u g l i o 2 0 0 5) così innocente da timore tradire letteralmente al rapi- pianoforte delinea a annoverare anche cover (che dopo tour sono Hope le il tre lungo perfettamen- integrate nella scalet- a velvettiane Candy Says e metà strada tra un Marvin Afraid (di Nico) e The Gue- Gaye folk e un J.J. Johan- sts, una dolente ballata di son plagiato dal soul, stro- Leonard Cohen. piccia ricordi dolorosi e si Trattasi soltanto di citazio- lascia sovrastare da fram- ni estemporanee: quella di menti mette Antony è sublime poetica, a nudo l’anima e la dà in slancio sincero e incorrot- pasto al pubblico. E il pub- to, che tuttavia - come si è di ©2005 Fabrizio Zampighi e Edoardo Bridda blico è lì, certo d’aver di visto - rischia, in una con- fronte l’Elephant temporaneità che divora il Se turno, pronto c’è un artista che ha di melodie ricordare emozioni, a Man di cogliere talento come un lollypop messo d’accordo critica e ogni respiro, impegnato a all’arancia, pubblico la tradurre i sussurri in battiti cipio di fine, inizio di cri- prima in virtù delle note- o magari deciso a seguirlo stallizzazione, voli doti canore e conqui- in gospel improvvisati voce visione di un Donkey che stando il e clapping hands come il si ad musica divertissement tra lacrime di ragazzine e una convincendo secondo grazie febbrile e conclusivo intensa come poche, quel- Water l’artista primordiale dopo tanta li- è Antony Hegar- And Dust, rilascio spegne d’esser di prin- soffocante perfezione plausi della sinistra radical chic. t y. U n m u s i c i s t a c r e s c i u t o rica bontà. sotto l’ala protettrice di un Il concerto ripercorre gran paterno Lou Reed, ma or- parte degli episodi dei due mai talmente originale da album diventare più di una costo- tony & the Johnsons e I’m la Heroin, a bird now -, arricchendo- nonché il “caso discogra- si di alcune cover - Leo- fico” nard Cohen, Nico, Reed e dell’immancabile Cripple Appuntamento and the Starfish, per una sotto toccanti e capaci di richia- durata complessiva vicina la tornata è quella dei pa- mare un pubblico numero- alle due ore. Un lasso di ladini dell’Adamo di dell’anno. Ne sono testimonianza le sue apparizioni italiane, sempre 100 sentireascoltare dell’artista - An- Bright Eyes The Faint, Ferrara Sotto L e Stelle (Ferrara, 29 giug n o 2005) di ©2005 Marina Edoardo Bridda Pierri e america- no numero tre per Ferrara le stelle, del sul palco synth-wave go- tico The Faint e in ariete atteso della serata. co selvaggio di un autenti- d a s f o n d a m e n t o M r. C o n o r La doppia uscita I’m Wide co piccolo esercito sonoro. Orbest in versione elettri- Awake Di- Non cela, o malcela, il nar- ca; in altre parole la ciur- gital Ash in a Digital Urn cisismo e l’autoindulgenza ma Saddle Creek che con- ha che ta gli ad una sorta di necessa- mente parte del suo fasci- amici del breakfast club di rio doppio tour: per la se- no di cantautore e bambino Omaha, conda volta nell’arco di un prodigio: sferta in Europa. anno Conor Oberst calca i puntati esclusivamente su Salgono sul palco i Faint, palchi italiani e per la se- di lui mentre intona Ship in quintetto base con giunta due archi, al gran completo, Nebraska, di macchina in tra- l’ ag- It’s Morning portato i / Bright Eyes pure fanno i assoluta- riflettori sono conda volta, dopo l’esecu- a Bottle, Arc of Time e Li- e la zione del progetto acustico ght Pollution ed una selva sonico-visiva si in occasione del live di Mi- di ragazzine in visibilio gli mette in moto giustifican- lano, una folla straordina- gridano richieste che non do pienamente la fama live riamente ben nutrita si sti- esaudisce. del gruppo. Fin dalle prime pa sotto il palco di Piazza La band lentamente snoc- note membri Castello per ascoltare dal ciola, come già nella pras- della band (rigorosamente gli chiccosi vivo il, pur minore, proget- si del tour di Wide Awake, in banana nero corvino e to elettronico del giovane il lavoro elettro-acustico maglia talento di Omaha. di Oberst quasi no duro grazie a una mi- Piomba in scena una band ro. Forse inevitabilmente, scela efficacissima: un hic incredibilmente struttura- la qualità lasca e laconi- et a di colpisco- canzoni ango- per inte- ta: due batterie, una viola ca del disco si riflette su late, folgoranti, torrenzia- elettrica, di un’esibizione a cui, no- li; verrebbe da dire degli chitarre, basso e due ta- nostante Human League catapultati stiere (mini-moog e wurli- va dirompente che è ormai a un rave party per vampi- tzer); presenti, almeno tre marchio di fabbrica di casa ri. A corredo ritmico, i due membri dei The Faint (tra Bright Eyes, manca la ca- maxischermi cui Joel Petersen) a testi- ratura del tour precedente. moniare corpo Alfiere di sè stesso, duran- Saddle te il bis conclusivo la voce sul nunc righe) rigurgitano pubblico una cascata di due violini, l’unità radioattiva di immagini al- e trettanto prepotenti curate Creek, spirito creatura dal desimo Oberst di della la carica emoti- me- dirotta di Conor Oberst si dopo allarga nella forma di Lover Time I Don’t Have to Love (da se: uno streaming video di Code, entra minuto e ag- The Story is in The Soil) parate militari e scene di gressivo e denuncia il paradosso di guerra, team tarrista grafico della del band chi- Dapo- telegiornali l’incipit del tre che, sintetico al di centro del- della lo stage. È vestito, come un CNN e della BBC, numeri quasi sempre compare dal messo in scena nei gesti erotici, qualche silver mo- vivo, in maniera piuttosto meccanici di un attore pre- vie all’insegna di un kitsch trascurata: maturamente consumato. grafico in perfetta una felpaccia pathos adolescenziale linea nera che si sfila al momen- Ta k e i t E a s y ( L o v e N o t h i n g ) con l’artwork dei dischi. Il to giusto, una camicia gri- e Hit the Switch - idealmen- pubblico gia, pantaloni te e concretamente ispirate e balla rapito una scalet- raffazzonati e - forse - un dalla cifra stilistica Postal ta paio S e r v i c e ( J i m m y Ta m b o r e l l o quasi ascolta, identica guarda a quel- un di paio di converse nere. È la della data milanese al truccato. Finge di nascon- aka Transilvania Milano ha collabo- dersi dietro un ciuffo nero rato) - restano due ottimi fintamente momenti miotta da poseur quale è - come un giovane Robert non interamente indimenticabile che si giova e sof- è il turno di Oberst ed è Smith - e salta da una parte fre, a un tempo, dell’istrio- senz’altro all’altra come il capobran- nismo nervoso e della foga l’ospite lo vi s c o r s o 11 D i c e m b r e 2 0 0 4 . Conclusa la danza macabra di 50 minuti contati, lui di DNtel più casuale, scim- per un concerto sentireascoltare 101 espressiva sregolata di un Ellis leader imperfetto. posseduto Nick Cave M u s i c V i l l a g e ( P a rco Novi Sad, M o d e n a 7 L u g l i o 2005) di ©2005 Pasquale Boffoli La dicitura “Solo Perfor- - invasato da passionalità violinista “romantica” l’audience invitandola/ob- gestualità bligandola (come resistere spiritata - ha strapazzato ad un invito tanto seducen- la tastiera e dalle sedie tre quarti del- percuotendola te?) a raggiungerlo sotto il ossessivamente ed abban- palco per un contatto fisi- donandola a scatti ripetuti co molto più diretto. E ad per alternarsi inscenare tumultuose sono sorrisi , mance” attribuita al mini- versioni teatrali delle sto- estemporanee ed esilaran- tour italiano di Nick Cave riche apocalittiche Tupelo ti ha e la band (a causa di piccoli dato adito a qualche The Mercy Seat, tortu- battute individuali con equivoco: in realtà Re in- rando in lungo e largo le fraintendimenti chiostro si è presentato a assi estreme del palcosce- torio) e il pubblico (soprat- Modena, nell’affollato pa- nico in preda ai suoi fatidi- tutto con un certo Antonio, diglione del Music Village ci sconvolti deliri espressi- cui con una formazione ridotta vi, sfiorando o stringendo una chilometrica liberato- dei Bad Seeds compren- sul finalmente reper- dedicherà le mille mani protese verso ria Tupelo, ossessivamente dente i fedeli gregari Mar- di lui. richiesta t y n P. C a s e y a l b a s s o , W a r - Al di là di questa ortodos- s h o w ) . Ve r s o l a f i n e d e l l o ren Ellis al violino e strings sa dicotomia la spiazzan- spettacolo non si dimenti- varie, Jim Sclavonous alla te positiva impressione in ca certo di moglie e figli batteria. La formula adot- alcuni sottolineando, tata dall’artista episodi austra- un liano in questa occasione to ha avuto il grande pregio esperimento di in incredibi- porre risalto maggiormente quegli metodico è stata di dall’inizio non dello senza ribaltamen- un pizzico di ironia, il suo primigenio, status di marito e padre: a probabilmen- lei dedica Babe, you turn te ispiratore della formula me on (un po’ melensa ?), del mood a quattro: brani originaria- uno dei brani forse meno li chiaroscuri e magistrali mente Red riusciti di The Lyre of Or- sbalzi di umore che costi- Right Hand , Stagger Lee pheus … ma si fa perdona- tuiscono ed re subito dopo con una fe- ormai da tempo abrasivi addirittura come in alcune la collaudatissima materia fasi The Mercy Seat trasfi- r o c e J a c k T h e R i p p e r. palpitante della sua arte. gurati Richiamato Il Cave del 2005 visto a in sontuosi a gran voce pianistici, concede due lunghi bis ad Modena è performer ormai sono risultati (orfani della un pubblico che copre tra- maturo, poliedrico e cari- grattuggiante e gracchian- sversalmente smatico al di là di qualsiasi te chitarra di Blixa Bargeld dai scala di valori, sia quando, ) interioriz- anni ai seduto al pianoforte, si è zati; al contrario il combo sa… Cos’altro concentrato nelle soffuse arrangiamenti inediti mirabilmente una fascia diciassette-diciotto cinquanta e pas- dire: che di Cave dal vivo ha tirato è nebbie mistiche di timeless fuori per caso (?) lo sguardo di ballads ripescate oculata- Weeping Song, Henry Lee, una mente dai suoi lavori degli Hiding All Away (dall’ultimo dersi, scoprendo che state ultimi venti anni - People Abattoir Blues) un’energia cantando ain’t che in studio appariva sol- trambi a memoria i versi di no baby good, n o w, Nobody’s L u c y, Loom of da brani come The meraviglioso incrociare diciottenne e sorri- conoscendo en- tanto potenziale. Nobody’s Baby Now mentre arms, A Modena Nick ci è apparso Nick Cave ne sta eseguen- The Ship song, God in in or- comunque uomo ed artista estremamente comunicati- do una ne… mai come può esserla una vo, positivo, ed a suo modo piéce pianistica di Chopin pacificato - confortato capace già dopo i primi tre- magistralmente da Warren quattro brani di schiodare the the land, house, sia Into My classiche quando, 102 sentireascoltare con se stesso, stupenda versio- demo Cat Claws S e l f T i t l e d (Cd-r autoprodotto, 2005) di Italo Rizzo Il quartetto romano dei Cat Claws sembra aver capito come tributare omaggio ai propri idoli evitando di apparire dei banali imitatori: comporre canzoni con riff semplici da ricordare, cantarle con un tono a metà tra lo svogliato e l’aggressivo, condire il tutto con dosi moderate di feedback e tanta grinta. Sono indie? Non è compito nostro affibbiargli un’etichetta, serve invece dire che le quattro canzoni contenute in questo demo sono un buon viatico per il futuro del gruppo. Si diceva dei riferimenti scoperti: come non riconoscere in Joseph giornate intere trascorse ad ascoltare i Pixies (e, perché no, le Breeders)? Merito del ritmo “a cascata” e del cantato di Lavinia, mentre in S-Banhof a farla da pad r o n e s o n o i S o n i c Yo u t h , situati tra Daydream Nat i o n e D i r t y, i n v i r t ù d i u n muro di suono ripetutamente violato da una sottile melodia. Ta n t o b a s t a p e r r e n d e r l i convincenti, sebbene derivativi e con la necessità di farsi le ossa. Tuttavia il songwriting sembra già ben sviluppato: Ugly girls e Death of Joseph sono variazioni sul tema molto efficaci, inoltre la traccia nascosta alla fine, in- trodotta da bizzarri campionamenti vocali, ci svela un lato inconsueto dei Cat Claws, pop obliquo con scorie elettroniche che fa pensare ai Blur del disco omonimo. Niene male. (7.4/10) Nosound sol29 (Cd-r autoprodotto, 2005) d i G i a n l u c a Ta l i a Fosse uscito questo disco una trentina d’anni fa si sarebbe gridato al miracolo. Giancarlo Erra, giovane compositore romano nonchè impeccabile pittore di affreschi ritraenti plumbei paesaggi albionici che pare conoscere come le proprie tasche, ha infatti adottato la stessa musa ispiratrice della psichedelia inglese dei primi Settanta, quella dei Pink Floyd delle macchine, con le sue atmosfere dilatate e avvolgenti, condite di qualche elemento moderno. In questo ambizioso esordio del progetto Nosound la qualità del suono è eccezionale e la cura per particolare maniacale, nulla insomma viene lasciato al caso, con una punta peraltro di ambizioso autocompiacimento, già intuibile dalla ricchezza del packaging, forte di un booklet di sedici pagine a colori, cose mai viste in regime di autoproduzione. Canzoni come In TheWhite Air – bellissima, per- sa nei suoi riverberi – o W e a r i n g L i e s O n Yo u r L i p s – floydiana fin nel midollo con quegli assoli di chitarra puliti su cui Gilmour può vantare il copyright – cosi come The Moment She Knew e Idle End però, anche se non brillano certo per l’originalità delle soluzioni, non avrebbero sfigurato nelle scalette di album di gruppi come i già più volte citati Pink Floyd o i Porcupine Tree, riferimenti dichiarati del musicista. Ma Nosound non è solo psichedelia, emerge infatti anche una propensione per le ballate (elettro)acustiche raffinate (Overloaded e The Broken Parts) e per l’electro-ambient della title track, senza che la falsariga emozionale del resto del disco venga compromessa, anzi. In definitiva Erra pare un ottimo musicista, dal limpido talento, che pecca però spesso di vanità e, soffermandosi davanti allo specchio più del dovuto, succede che dimentichi di fermare la musica laddove un bel colpo netto di forbice sarebbe stato maggiormente indicato (specie nei lunghi brani strumentali), ma è proprio questo aspetto che lascia ottimisti per il futuro, la consapevolezza crescente ad ogni ascolto cioè, che sotto le mani di un produttore professionista farebbe faville. (6.9/10) sentireascoltare 103 Schiele T h i s H e a r t D o e s Not Hurt (Cd-r a u t o p r o d o t t o , 2 0 05) di Fabrizio Zampighi È un disco appetitoso questo This heart does not hurt dei vicentini Schiele, un lavoro che pur giocando con una strumentazione piuttosto ridotta – batteria, chitarra, basso –, lascia intravedere chiaroscuri inaspettati ed insolite stratificazioni. A dimostrazione del fatto, una natura musicale che non si accontenta di adottare come ragione s o c i a l e l o s t o n e r a l l a To r a zina del brano di apertura, ma decide di avventurarsi in territori differenti e di confine, senza perdere mai l’orientamento. Potremmo accostarne l’inquietante incedere a termini “problematici” come post rock e non ci parrebbe certo un delitto così come non ci sentiremmo colpevoli di spergiuro paragonandone l’attitudine spigolosa e l’indole melodica a nomi altisonanti quali Son i c Yo u t h e N i r v a n a . N i e n t e a che vedere naturalmente con il periodo mainstream del gruppo di Kurt Cobain, semmai una rivisitazione logorroica e decisamente più pulita di alcune delle suggestioni migliori di Bleach. Al di là di quella che può essere la roulette russa delle somiglianze va detto che This heart does not hurt contiene soprattutto nove brani interessanti, per lo più sotto forma di mid-tempo quasi del tutto strumentali strutturati su cambi di ritmo frequenti, chitarre precise, cantato di personalità. Un suono che quando non si configura come crescendo poco rassicuranti – Frigna, di gran lunga l’episodio migliore del disco – spinge 104 sentireascoltare sull’acceleratore delle diss o n a n z e – To n n a r a , L a l t r a , Zara -, o magari costruisce apprezzabili impalcature dalle sembianze vagamente progressive (Intro). Gli Schiele fanno convergere buone idee e tecnica consolidata in un disco ricco di spunti, il cui unico difetto è forse quello di colpire senza affondare, coinvolgere senza toccare, cedendo ad arrangiamenti troppo monocordi ed alla lunga un tantino prevedibili. Un difetto di gioventù che non pregiudica comunque la qualità del prodotto finale. (6.5/10) Lacuori Voilà (Cd-r 2005) autoprodotto, di Stefano Solventi Non è propriamente un incontro armonico, quello tra Alessio Luise AKA Luisenzaltro - qui perlopiù in veste di produttore e arrangiatore - e la debuttante Lacuori, ma forse proprio in questo sta il suo principale motivo di interesse. Di Luise, della sua vena surrealsardonica, del suo giocare coi dritti e i rovesci della parola, del suo armeggiare elettroniche minime appena oltre il grado zero (cifra formale-espressiva che trova piena conferma nelle qui presenti Inrealtà e Casinò, entrambe a sua firma), ho già scritto in un paio di circostanze e a quelle vi rimando. Quanto alla ragazza, nessuna notizia biografica, ma naturalmente ciò che più conta qui e ora è ciò che ci dice la sua musica. Scrittura e canto sono pervasi da un languore differito, una specie di sensualità felpata e distante, uno sconcerto soffocato. Come se una vena d’ango- scia si infilasse nel torpore dei vocalizzi e tra quei giri di parole a spirale, tra le tentazioni wave-soul e le strinite strutture sintetiche, intossicandone la malizia, spaesandone l’arguzia. E’ a questo punto che la disarmonicità di cui dicevamo acquista un senso, spargendo cioè quelle particelle di squilibrio in grado di rendere particolare una proposta altrimenti destinata ad apparire piuttosto derivativa, tipo la narcolessia folk psych piantata in un limbo tra Zero7 e Massive Attack (quel tipico zampettio ritmico) di Nonsostarequi, o l’algida declinazione popwave Notwist vagamente funktronizzata Royksopp di Menù, entrambe riscattate da una strisciante, lasciva inquietudine. La dolcezza quindi, quando c’è, è come minimo bieca, la danza acuminata e un po’ rude delle elettroniche vibra d’un indecifrabile esotismo, i sussulti soul virano tra il sordido e il beffardo in un bagno di miasmi radioattivi e scabrezze robotiche (Abitué). Quanto alla voce di Lacuori, va detto che quando gioca a stemperare i singulti bjorkiani con la sottile pastosità di Sky (la cantante dei Morcheeba) non va molto oltre un onesto guadagnarsi la pagnotta, però quando sdilinquisce come una Goldfrapp rannicchiata in un’afflizione New Order (nella scivol o s a Vo i l à , d o v e i f o u n d voices dei Tg e la chitarra flamenca tracciano trepidi argini “ambientali”) o quando come nella breve Inrealtà sembra Cristina Donà stregata da un anello motoristico Neu!, allora, beh, s’intuisce che la tipa potrebbe davvero possedere la cosiddetta marcia in più. A questo punto val bene metterci un tanto banale quanto appropriato: staremo a vedere. (6.6/10) R u m o r i D a l Fondo d e m o 2 0 0 5 (Cd-r autoprodotto, 2005) di Stefano Solventi Ecco quello che si dice un demo. Tre pezzi dimostrativi, tre cartucce sparate con foga (se non con precisione) di un arsenale che – a sentire la band – può contarne già una ventina. I Rumori Dal Fondo sono duo lombardo che sembra piantare il centro di gravità in quella linea d’ombra che vide i Radiohead transitare dalle forme irruenti e ingenue di Pablo Honey alla frenesia apocalittica di The Bends, ovvero circa dalle parti dell’ep My Iron Lung. Non si tratta solo di questo, ci mancherebbe, però è principalmente a quell’oggetto semi-oscuro che viene da pensare ad esempio di fronte all’impeto spigoloso/spinoso di Traiettorie, e potremmo dire lo stesso per il valzer screziato d’amara ebbrezza di La rapina. Completano il quadro di riferimenti la veemenza obliqua e accorata degli Scisma, certi sussulti melodici come la Ginevra di Marco più umorale, i Pearl Jam più funkeggianti e “oscuri”, e finalmente – e innanzitutto – un’emotività dolente molto Marlene Kuntz, il cui spettro ossuto pervade il tre quarti sincopato di Dentro le tue stanze. Pezzo quest’ultimo dal DNA sorprendente, se è vero che tra cupezze Marlene coniugate Smog, incandescenze emo e barbagli post si fa largo un ispessimento ritmico/ timbrico (sono archi o tastiere o cosa quella neb- bia bituminosa nel finale?) dalle neanche troppo vaghe ascendenza prog. Curioso poi come nella parte conclusiva di La rapina, un po’ per l’ostinazione del basso un po’ per la stilizzazione dei watt, tutto sembra convogliare dalle parti di un soul meccanico, artificioso, straniante, ossificato da memorie wave per non dire kraut. Insomma, ti si spostano un po’ di coordinate sotto i piedi che neanche te ne accorgi, quasi che i RDF fossero qualcosa in più che la solita ragazzata con un bel sogno nel cassetto e in tasca un ferreo progetto di emulazione/dissimulazione. Ciò che effettivamente potrebbero sembrare, almeno ad un primo ascolto. Resta da dire che la voce non è eccelsa, indugia su registri un po’ Subsonica u n p o ’ Ve r d e n a ( q u e l l e l a mentose e non certo vigorose espettorazioni), ma ha dalla sua una certa sincerità. Quanto ai testi, che alludono a distanze, dissoluzioni, perdizioni, incastri e collisioni dentro scenari di (iper)modernità cupa, sono piuttosto buoni e possono migliorare (un pizzico di sano cinismo a compensare l’attitudine melò, ad esempio, non guasterebbe). Aspettiamo altre dimostrazioni. (6.7/10) Luca Correnti Che C’entra Iside? (Cd-r auto prodotto, 2005) di Daniele Follero Strana carriera quella di Luca Correnti, sempre in bilico tra il dark metal e il pop rock radiofonico. Nel 1994 è membro dei Sinoath, una metal band catanese, mentre nel ’99 incide il suo primo disco come cantautore solista (“promo 1999”). Nel decennio successivo passa da produzioni interamente acustiche all’indie rock degli Ikara, band in cui entra a far parte nel 2004. Non pago di questo saltellare si butta a capofitto in un “side-project di melodic death metal (!) chiamato Incise, che raccoglie ottimi riscontri (a quanto si dice) nella scena metal nostrana. A questo punto sarebbe ovvio pensare che Che c’entra Iside? sia un disco darkeggiante, magari raffinato. E invece no. Il nostro ha deciso di cambiare ancora rotta, stavolta verso un pop-rock annacquato in stile Negramaro (8° giù di lì). Pochi soldi con il metal? O una semplice virata d’ispirazione? Lui ne parla come un “viaggio all’interno del proprio animo”. Beh, se fosse sincero bisognerebbe preoccuparsi per quanto poco il suo spirito sia riuscito a tirare fuori in queste dieci canzoni. Un timido “rock targato italia” fatto di arpeggi e riffettini di chitarra alla Ligabue e ritornelli così orecchiabili e appiccicosi da andare bene a Irene Grandi. Anche momenti piacevolmente leggeri come Ma_Riposa, con i suoi sottili controcanti, non riescono mai ad andare oltre una banale semplicità del sentito e risentito. Non mancano, invece, i veri e propri “polpettoni” per teen-ager malinconici, nei quali spicca maggiormente la sua voce in stile Sanremo-nuove proposte. Speriamo ritorni presto sui suoi passi… (4.0/10) sentireascoltare 105 classic Daevid Allen c o m e cantare uno yodel al supermercato di Filippo Bordignon La vita di Daevid Allen in un’intervista. La storia delle teiere e di quel che avvenne dopo, a New York. Di tanti amici e compagni di viaggio (Smith, Ayers, Frith, Laswell, Burroughs, Riley, Orridge, Moerlen, Hillage, Makoto, Pip Pyle...) e dell’ultima reincarnazione a nome Acidmothergong nel 2003. Quarant’anni di storia di un freak per il quale nomadismo e patafisica, dadaismo e no wave sono ingredienti di un’unica formula musicale. A Melbourne lo si sapeva studente d’arte, a lasciare il loro gruppo di r’n’b, i Wild poi estroso poeta, quindi attore teatrale. Flowers, per tentare qualcosa di più az- Ma nel ’62, dopo svariate peregrinazioni zardato. Di lì ebbe inizio una delle car- europee, Daevid Allen optò per Canter- riere più significative che la musica pop- bury e, senza nessun progetto ben de- rock abbia mai potuto vantare. Affittata finito, indusse il giovane batterista Ro- una stanza nella casa dei genitori di Wyatt bert Wyatt ed il chitarrista Kevin Ayers il nostro introdusse gli ex-‘Fiori Selvag- 106 sentireascoltare gi’ alle gioie psichedeliche surrezioni studentesche, nacque Magick Brother Mystick e allora S i s t e r, p r i m o a l b u m a t t r i b u i t o a i G o n g . D u r a n t e t u t t a l a che nacquero i Soft Machi- travagliata vicenda coi Gong si alterneranno decine di ne (nome rubato da un ro- musicisti di grande levatura come Pip Pyle (poi Hatfield manzo del solito William S. & the North) Pierre Moerlen e Steve Hillage ma l’im- Burroughs). Con i Soft egli pronta che fa la differenza, beh quella è da rintracciarsi si esibiva sovente presso in Daevid che con le sue liriche in bilico tra il puro da- lo storico locale londinese daismo (per essere precisi è giusto scomodare la “Pa- UFO (tracce alleniane nella tafisica” di Alfred Jarry) e la fiaba ‘sballata’ da vita a raccolta demo della ‘Mac- una saga vera e propria che parla di alieni, folletti e di china Morbida’ Jet Propel- navi spaziali a forma di teiera. Per i più curiosi va detto led Photographs), dividen- che nel sito ufficiale dei Gong è possibile scaricare le do il palco con i Pink Floyd traduzioni in italiano di album storici come Camembert di Syd Barrett e ponendo e l e c t r i q u e ( ’ 7 1 ) e F l y i n g Te a p o t ( ’ 7 3 ) c h e , c o n A n g e l le al free-jazz. coordinate Fu stilistiche e g g ’ s e Yo u ( ’ 7 4 ) , c o s t i t u i s c o n o l e t a p p e f o n d a m e n t a l i per quel Canterbury sound del vicenda riguardante il pianeta Gong. Svilito dall’ap- che tanto influenzò il mi- proccio sempre più tecnicista e meno spontaneo emer- glior rock progressivo ne- so nelle ultime esibizioni Allen, con estrema coerenza, gli anni a venire. Poi nel abbandona il gruppo per tornare al suo vagabondaggio. ’67, causa un permesso di D o p o Yo u l a b a n d p r o c e d e r à s e n z a i l s u o f o n d a t o r e d a n - soggiorno scaduto, Daevid do origine a lavori trascurabili e ‘di maniera’. è Poi una gran confusione di date, eventi, partecipazio- costretto l’esperienza ad a archiviare dei ni, ritiri subito dopo smentiti si accavallano contro la compagni e decide di tra- fianco figura del nostro; è però doveroso estrarre da questo sferirsi in Francia con la caos (inestricabile anche per il fan più accanito) l’LP moglie (poetessa e giornalista) Gill Smith.. acustico Now is the happiest time of your life zeppo di cantilene infantili e non-sense, il live del ’77 Floating Qui, nella Parigi delle in- Anarchy a nome Planet Gong e, dopo la separazione sentireascoltare 107 con Gill, i lavori della parentesi newyorkese. Si tratta tra il divertito ed il lucife- in questo caso di registrazioni live ove la scarsa qualità rino “Buona fortuna per la sonora è sopperita da un ispirazione creativa ai massimi traduzione!”. Allen dunque livelli, tanto che il nostro appare perfettamente in linea non si aspetta la pedisse- con le nuove tendenze della scena off no-wave. E poi, qua nei ’90, a Daevid avanza il tempo per la reunion in gran- sue parole in un’altra lin- de stile dei Gong ‘prima maniera’ (o quasi) e da lì via gua. Pretende uno sforzo, nuovamente per San Francisco dove verranno concepiti tanto dal sottoscritto che gli album in bilico tra kraut-rock e psichedelica spazia- dal fruitore della sua mu- le a nome University of Errors… insomma, impossibile sica, come a dire “ho can- non tralasciare qualcosa. Il fatto è che verrebbe da sof- tato un pianeta fantastico, fermarsi su molti altri episodi topici della vita artisti- l’ho popolato di alcuni spa- ca e umana del nostro. Sarebbe un peccato tralasciare ruti personaggi ma, perché per esempio il primo album solista (’71) a titolo Banana il gioco sia davvero diver- moon nel quale Allen, recuperato permesso di soggiorno tente, tocca a voi lo sforzo e un ispiratissimo Wyatt alla batteria, da vita a una jam- maggiore”. E lo sforzo più session straordinariamente efficace. Poi ci sono i 20 cd grande a tiratura limitata in 1000 copie della serie Obscura che ascoltare attivamente pri- raccolgono rare esibizioni live intrise di umorismo, rea- ma che ciò che ascoltiamo ding, musica ambient e ogni possibile digressione spe- ci abbia rivelato tutti i suoi rimentale applicata al formato pop. Daevid Allen è un trucchi. g o d i b i l e m i s t e r o . Te o r i z z a t o r e d e l m o v i m e n t o F r e a k , a n - riproposizione è proprio delle questo: ticipatore di un surreale prog-rock, sorprendente alfiere Intervista di impro elettroniche e poi ancora disegnatore per di- - Daevid, che mi dici del- letto, scrittore, seguace dell’oscura Mistery School per la tuo periodo di militan- la quale organizzò pure dei workshops intitolati Zero za nei primi Soft Machine? Initiation: da più di 40 anni resta raro esempio di un Qual’era il tuo ruolo? estro creativo eclettico e dirompente. Si ascolti a que- Ero quello che ci ha cre- sto proposito l’album del 2003 Acidmotherhood a nome duto per primo. Ero il più Gong (ma la line-up comprende pure il leader dei giap- vecchio p o n e s i A c i d M o t h e r s Te m p l e ) : p e z z i c o m e B r a i n w a s h M e scriteriato. Il crudele poe- o Supercotton risultano apolidi ad ogni definizione ed ta estremamente attuali al contempo. La vita di questo freak dal viso di bambino (nonostante spogliava dei suoi appetiti i lunghi capelli bianchi che cadono su una figura alta sionaria. e scheletrica) è in realtà l’intricata sequenza di tan- occulto e il chitarrista ri- ti e tali fatti che non basterebbe un enciclopedia per luttante. comprenderli tutti. Si dice abbia suonato piano-bar con - Te r r y R i l e y , c h e a b b i a v i s s u t o i n u n a f o r e s t a d e n t r o a d ‘successo’? una capanna soffittata con foglie di Banano, che abbia Prima devi visualizzarne la composto musiche per il già citato Burroughs. Pare non tua visione. Poi devi darti vi sia nulla che gli sia rimasto da provare tanto è sem- da fare per materializzar- pre stata inappagabile la sua smania di tuffarsi in ogni la. Definisco ‘un successo’ affare della vita. Allen rappresenta una figura di outsi- quando riesci a realizzare der sincera e assolutamente valida; i suoi spettacoli lo un ‘esperienza’ (per quan- vedono calzare copricapo a forma di ombrello senza che to ti venga da pensare alla trovata maliziosa di chi vuole propria specifica visione. catturarti a suon di stramberie. Egli è sempre stato ciò - che è e quest’intervista ne è la riprova. Conscio del fat- anni ‘80? to che parte dei flusso di coscienza riversato nelle sue All’inizio degli anni ‘80 ero risposte non avrebbe trovato un esatta corrispondenza un propagandista militante nella lingua italiana mi augurò, immagino con un sorriso della mia privatissima cam- 108 sentireascoltare ma beatnik. anche il Quello più che si in preda ad un isteria vi- Come L’ o r g a n i z z a t o r e descriveresti labile) Cosa basata ti su ricordi il una degli pagna anti-cannibalismo. maniera di procedere Divided Alien Playbax Band (rin- Cercavo ovunque dei musi- tracciabile negli album Divided Alien Playbax, live at cisti che non si ‘facessero’ the Mistake cd 1 e 2, n.d.a.). Fatto ciò me ne tornai in e Australia. non mi riusciva di tro- varne. Me ne andai a New - Cosa pensi del fermento provocato dalla new-wave? Yo r k : B i l l L a s w e l l e i M a - L a p r i m a e s i b i z i o n e d e i N e w Yo r k G o n g a v v e n n e a l l o terial detestavano la gen- Zu Manifestival organizzato da Giorgio Gomelski. Era il te ‘fatta’. Me ne andai con 1978. Invitò un sacco di gruppi no-wave come i Theore- loro a suonare in Francia tical Girls, Thurston Moore, gli Static e i Floating Gar- ma, a un certo punto, mi bage. Con i Material suonai per la prima volta in quel- sembrava di essere un im- l’occasione. Era straordinario vedere Fred Frith suonare piegato di banca. Una volta al Mudd Club. Davvero una combinazione ispirata! alloggiamo in una magione - Ma cos’è che riesce a scandalizzare ancora le perso- del 16esimo secolo circon- ne? data da una radura irrea- Tutto ciò che è relazionato alla paura. Il terrorismo, ad le. Questo mandò fuori di esempio. Se abbastanza estreme anche certe pratiche testa i ragazzi della band; sessuali. Non è che sia poi così complicato scandaliz- trovai Bill in un’angolo tut- zare fino a quando un pene in erezione desterà meravi- to tremante che biascicava glia… specialmente se si tratta di un magnifico pene di alla 67 anni! (ricordiamo che Allen è nato nel 1938, n.d.a.) Humpery Bogart: “Le due del pomeriggio e tutti - In cosa consiste la tua morale? i negozi sono chiusi!”. Beh Essere onesto anche a discapito dell’etichetta, in un sai, tripudio di etiche astratte e serenità patafisica. erano giovani… ancora erano molto cresciuti - Qualcuno vede Julian Cope come uno dei tuoi seguaci nella giungla della concre- più riusciti. tezza, quella Ah, mio caro signor Qualcuno! Mi chiedo cosa ne pen- magnificente foresta ‘il bo- serebbe Cope. Fosse anche vero, significherebbe che schetto’. Tutto quello che siamo tutti parte di’infinita catena umana, una specie in volevano evoluzione, un’enorme brigata. chiamavano era un’asettica città, hamburger e un caf- - T’infastidisce pensare di avere dei ‘seguaci’? Preferi- fé castrato. La natura sel- resti restare unico e inimitato? vaggia li rendeva irrequie- Forse siamo una processione di maghi: io ho seguito ti. Comunque tenemmo dei quello che mi precedeva e altri magari seguiranno il bellissimi Pec- sottoscritto. O magari siamo una fila di elefanti dove cato non aver mai suonato quello che sta dietro tiene con la proboscide la coda di in Italia. Suscitammo una quello che lo precede… o una catena di sodomiti che si specie scambiano sostanze proteiche e gonorrea al contempo… di concerti. rivolta al Chez Les Breton. Trovarono una o i l s e r p e n t e d e l l ’ a r c o b a l e n o c h i a m a t o Te s l a . bomba a Marsiglia! Anche - Avessi la facoltà di scrutare nel futuro cosa ti augure- il Bataclan di Parigi era to- resti di trovarci? sto. Ma presto mi annoiai Uno specchio smisurato e una tazza di tè. e f e c i r i t o r n o a N e w Yo r k - Come occupi il tuo tempo libero? dove per Come molta gente, mi troveresti intento a sognare, ci- realizzare un album infar- sciolsi la barmi, scoreggiare, pregare, meditare, disegnare, star- cito di loop simile a certi nutire, dipingere, tenere reading di poesia, chiacchie- cut-up Wil- rare, svignarmela, intonando lo yodel al supermercato, liam S. Burroughs. Ecco da svolgendo lavori domestici, facendo il papà, il nonno, dove vengono i campiona- la mamma, ascoltando gli altri, rimuginando, critican- menti. Mi esibii come soli- do, dichiarando la verità, facendo l’amore, insabbiando sta per gli Stati Uniti mu- le mie bugie, ‘shockando’, auto-commiserandomi, rin- nito di questi loop sonori. viando gli appuntamenti dal dentista e atteggiandomi Ribattezzai da melodrammatica regina. Facendo visita a una teiera, registrati band da quell’insolita sentireascoltare 109 qualche volta. - Qual è il tuo approccio alla tecnica musicale? Mi ci approccio raggirandola e con un certo minimalismo. Se così facendo non ottengo dei risultati cerco solamente di essere un dilettante ispirato. - Quando la musica si trasforma in rumore? Quando inizi a considerarla tale. - Sì ma ci sarà pure un limite… …il limite ha a che fare con il raggiungimento del proprio limite estetico. Ma non scordiamoci che esiste sempre quella porticina d’entrata: se il tuo ego è abbastanza piccolo da varcarla può ritrovarsi al centro del Suono e capire una volta per tutte il Linguaggio della Musica. È un mondo straordinario ma pericoloso allo stesso tempo, ricco di sensazioni e possibilità illimitate. Certa gente non vi ha mai fatto ritorno. - E delle improvvisazioni industriali di gruppi estremi come i Throbbing Gristle cosa ne pensi? Dipende dal tipo di potere spirituale che si evoca e dal modo in cui questo si spinge all’interno dei musicisti. Capita che, improvvisamente, si avverta la totalità delle cose attraverso la voce di uno spirito che risuona all’interno di ogni cosa. Ad ogni modo Genesis P-Orridge è un amico e un artista che ammiro e rispetto particolarmente. Infierisce violentemente sul suo corpo al fine di essere sincero con la sua poetica artistica. Questa è dedizione totale. È un santo. - Perché hai lasciato i Gong dopo la realizzazione di Yo u ? Vo l e v o s m e t t e r e d i f u m a r e l a ‘ r o b a ’ e t r o v a r e u n a b a n d che non ne fumasse. Restai nella band fino a quando il mio spirito guida m’impedì di salire sul palco durante una data in Inghilterra. Era la fine di un ciclo ma ormai la trilogia del pianeta Gong era stata raccontata sicché ne fui soddisfatto. Inizialmente fu proprio una liberazione. Poi mi sentii vuoto. - Mai ceduto alla tentazione di avvicinarti ad un pubblico più vasto commercializzando la tua musica? Ti risponderò come fece Idi Amin quando gli chiesero se si ritenesse un dittatore: “Non completamente”. 11 0 s e n t i r e a s c o l t a r e classic album gi, all’azzeccare il riffettino giusto e vivaddio. Che effetto stordente sentire in heavy rotation radiofonico quegli arrangiamenti esotici e rigogliosi, e scorgere lo stentoreo Mark - freak dal il profilo nasale improbabile e legnoso/vaporo- so – far capolino dal mai troppo rimpianto pulpito di Videomusic. Correva l’opera seconda It’s My Life (1984), ma già col successivo The Colour Of Spring (1986) avvenne l’implosio- Mark Hollis Mark Hollis (Polydor, 1998) ne: atmosfere lari, dilatate, vago, crepuscotumide. attanagliante panico. Attraversare ponti a volte larità - naturalmente - in operazione senso di inutile, non-utile, nel pura- mente spirituale o - al limite - estetica. importante Non cioè è arrivare dall’altra parte, è il passaggio che conta, è stare appeso tra le possibilità. Come un punto interrogativo tra due sponde. Senza dimenticare il flusso che scorre più sotto, verso dove non si sa e in fondo non importa. Semplicemente, quel fruscio e quella vertigine oltre il parapetto sono il motivo per cui stai attraversando. Ecco, Mark Hollis è uno che si è fermato, un sospeso, il interrogativo balzo rimasto incompiuto, congelato sull’apice della parabola. Sta ancora lì, da qualche parte. Come una statua nella e timor di Stefano Solventi è Ve n d i t e Un popo- caduta libera, per sparire in coincidenza di Spirit Of Eden (1988), album in cui blues, jazz e rock escogitano un “levare” prodigioso, un equilibrio etereo e febbricitante. E poi, Laughing Stock (1991): ancora riapre i battenti. Un porre spazio, un consolidare distanze. Stupisce la lista di stru- menti riportata nel libretto: tromba, clarino, corno inglese, chitarre, harmonium, basso, piano, batte- ria, percussioni, armonica, fagotto... Sembrano troppi rispetto a quello che senti. Poi fai mente locale e scopri che in effetti ci sono, che la trama è in realtà spessa, stratificata. L’ e q u i v o - co nasce dalla leggerezza con cui si sovrappongono e intrecciano, come si trattasse di una danza di luce. Leggerezza che nasce da un patto stretto col tempo, come se la manifestazione di ogni elemento dovesse prima liberarsi dal nulla in cui sboccia. gno alla Pagando propria pe- fisicità, ottenendone in cambio un nitore caldissimo, un fra- di meno, ancora di più. La grante nebbia sale. Silenzio. Sette anni. Una vita. Poi, di timbri e riverberi e sussulti dell’anima. questo disco invisibile, la- Il piano che apre il disco, sciato cadere come un ciot- per esempio, da dove arri- tolo in un fiume. Invisibile va? Dove è stato? Prece- perché quasi una sfumatura de di poco la voce di Mark, di negli trasparenza. Invisibile esserci. anni Brulichio diventata più e (perché) quasi inaudibi- densa, però come pervasa le, come una prosecuzione da una memoria d’aria, da del silenzio in altra forma. una possibilità di volo (se Fu il palpito di un artista solo ne valesse la pena). arreso alla propria finitez- Piuttosto, una pena infinita za, troppo consapevole per ma gracile è ciò che ci re- proseguire elemosinando gala The Colour Of Spring, oneri e onori in mezzo agli di nuovo solo il piano e la strepiti voce e camminare con pas- dei silenzio si muti nel folto dei ricordi, necessario sembrano rife- e vederli dissolversi come M a r k f u i l l e a d e r d e i Ta l k rirsi le parentesi di nulla vapore. D’ora in avanti è Ta l k , a u t e n t i c o m i r a c o l o i n iniziale tutta uno mere nebbia. scenario pop dedito perlopiù all’arraffa e fug- Proprio in cui a commensali. e di il questo conclusivo, ca- decompressione mondo chiude e una meditazione su perdita e dolore. Anche se, incredibilmente, tutto con- s e n t i r e a s c o l t a r e 111 tinua a sembrare leggero. gurgiti di antiche ballate. Oggi, Non obliqua Ma è finzione: con la disin- cia né dove sia Mark Hol- non voltura di un Tim Buckley lis. E non voglio saperlo. perso Hollis Uno dei motivi per cui amo Drake, neppure l’intimismo conduce i versi in un vi- ascoltare la sua musica - e raggelante di Tim Hardin: colo cieco, spegne e riac- questo disco in particolare di è l’angoscia Robert Wyatt, amarezze setose ascoltate di nelle stelle, so cosa fac- Looking - è proprio l’assenza che (1895- annuncia, che presuppone. 1915) – dedicata alle gio- Che contiene. Un’assenza vani vite polverizzate dalla ricca di rimpianti e fierezza prima guerra mondiale – il e amore. E pensieri lascia- modo in cui una sensibilità ti cadere sul tavolo. Con la soul allo stremo attraversa sottigliezza sospesa di un quello scenario diafano e haiku. Fermo-immagine dai disarticolato (sbuffi di le- colori dileguati. Come se, gni e ottoni, ritmiche ap- trovata finalmente la chia- pena sussurri ve del proprio esistere, gli atonali…). Quasi Mark fos- sembrasse troppo fragile e Out Inside le Nick non oppure A Life abbozzate, se estraneo, quasi ne fosse preziosa per comunicarce- già fuori. Così non stupi- cende le luci a piacimento, la. Solo qualche accenno. sce che in Westward Bound disinnesca l’energia lungo Il brontolio di un tempora- ogni ipotesi folk ceda alla assolo fibrosi d’armonica e le. Ormai passato. negazione stessa: tromba, non concede – mai chitarra e voce entrano ed di - la benedizione di un cho- escono una melodia contesa al si- rus liberatorio. The Daily Planet ripete il Laura Nyro Eli and the Thirteenth Confe ssion (Columbia, 1968) lenzio, come se si staccas- copione di Stefano Solventi se dall’anima a fatica. Non basso cavernoso e legni in Canzoni stanno già qui gran parte prima linea, quasi una dan- cessive, di Jamie Stewart ed i suoi za macabra felliniana fin- blues, jazz, giustamente ché non sboccia una melo- senso teatrale, dia memore - chessò? - di sciante vocazione pop. Ma dal se cono di luce, celebrati Xiu? Esperienza d’ascolto Xiu aggiungendo un proteiformi, scosse. uno ecSoul, spiccato una stri- tan- Te r r y C a l l i e r e D a v i d C r o - sotto, to più concreta quanto più s b y, l u n g o q u e l l ’ i n t e r c a p e - uno spettacolo cupo, dolo- “spirituale”, come jazz in- dine tra soul, blues e folk roso, insostenibile. Scrivo segna. E in moti forse sotto l’influsso della certo, per anche il cui rimbombano si agita in- segreti incen- sua precoce (era il 1977) e e la- diati dall’armonica scorti- feroce (tumore alle ovaie) sciato evaporare tra palpi- cata di un grande Mark Fel- scomparsa? Sì, certo. Non ti soul/folk (che è quanto tham. É per questo che la potrebbe essere altrimen- avviene nella imprendibile conclusiva A New Jerusa- ti. Non posso fare a meno The percussio- lem sembra avanzare sot- di pensare che Laura Ni- armonica ni al Gift, suolo tra sfarfallanti, vetrosa e asciutti d’abbandono). to una pioggia di cenere? gro in arte Nyro cantasse ansiti Forse. O forse è a causa e suonasse in una lucidis- Water- di quel rogo in paradiso, di sima preveggenza di spe- shed barlumi di rabbia, un quel gnimento. impeto di appena In dell’anima, i dietro, qui chiodato quanto blues, e accennato deserto post-bellico, quell’amore devastato. un po’ in Soccombendo ogni canzone, (tamburello e piatti osses- Poi “freevolezze” jazz co- consumandosi in esse, per sivi in primissimo piano), prono tutto come un’onda esse. Quasi fossero prove colori accendono più alta. E nel riflusso di tecniche di scomparsa. d’harmonium, nuovo il silenzio. Quel si- Ad un tratto, di quella fu- lenzio. Più nulla. tura (il che bordone si l’arpeggio vibrante) tra ri- 11 2 s e n t i r e a s c o l t a r e sparizione, decise di dare al mondo as- stita, trascinata da un con- in incamerato vergere di flussi e riflussi, Oppure considerate la sua saggio. Cioè: il successo buon un cupezza. Tin Pan Alley e soul, jazz controparte e R&B, folk e psichedelia, quella Lucky tutta cambi di Beads più una spolverata di ro- tempo e corde a grattare il mantico Sul ritmo, il soul che inciampa quarto album sotto l’egida punto di cavalcare questa RnB, il flauto che flirta con occhiuta di David Geffen, spuma, preveggenza gli archi, il piano che cin- Laura Christmas of and Sweat (1969) the (1970), non New derelitta e Y o r k Te n d a b e r r y di una volle terzo e classicismo. una “luminosa”, approfit- di fallimento sembra spin- guetta col vibrafono, quasi tare della zona franca tra gerla sul fondo, in balia di stralcio d’operetta in guisa la fine dei sessanta ed il correnti scure. di canzone. vero inizio dei settanta. Di Quel quella polpa pronta da mor- lambente, ab- le col soul dietro l’angolo dere, di quella stasi tra il bandono ravvivato (ma non di Timer (delicati trapassi disfacimento delle redento) dalla tensione errebì, ubriacanti giustap- e di sensuale, dall’irrefrenabi- posizioni vocali), i ricami avvisaglie Così, licenziò utopie tempesta. discre- di il tragedia cosmico E poi ancora il vaudevil- le polimorfismo, dalla fre- country con sterzate pop- to album di cover (Gonna netica uno soul di Once It Was Alright Ta k e a M i r a c l e , 1 9 7 1 ) e p o i stupefatto, incessante en- Now (Farmer Joe), il doo- s’impose un’eclisse volon- tusiasmo: lo scopo di Lau- wop taria (leggi: il matrimonio ra una le gospel di Sweet Blind- col falegname David Bian- fantasmagoria che consoli ness. Non è chiaro capire chini) lunga un quinquen- e distolga innanzitutto se quanto ci sia di istintivo e nio. Roba da pazzi, da ro- stessa quanto mantici, disperati. innocenza, sembra da imbastire dalla disperazione sostenuto tra invece di frego- pianifi- Al che l’attanaglia. Prendete cato in questa spiazzante suo ritorno sulle scene fu l’itinerante Poverty Train, sarabanda stilistica. Con- arduo il blues atavico screziato ta però come - una volta d’incidenze preparati za da un senso affrontare ben più la scor- ruggente dei psych-folk, il ad accoglierne tempi, cotonati dance e in flauto vivace e stralunato le stranianti piroette, una procinto come certe arguzie Traffic, volta assestata la nicchia punk-wave. poi quell’incedere melodi- emotiva Quel che accadde da lì in co in sella ad enfasi soul, cipiterà – sappia suonare avanti - di sclerotizzarsi per pre- quindi i riverberi aerei del ancora oggi vivida, inten- vibrafono, sa, bruciante. velli della produzione ’68 gestione fumosa à la Fred -’70. Un apice creativo di Neil cui Eli And The Thirteenth un corridoio di corde pic- ticenza a Confession secon- chiettate e zufolii di legni proprio tempo, da dopo un ancora acerbo – ecco - il buio s’ingoia la l’estenuante More svolte e inversioni stilisti- very del 1966, lei appena voce. Oppure Lonely che, è un programma che diciassettenne) fu l’incipit Women, il modo in cui sor- attanaglia: ha buon gioco migliore: in questo disco, ge jazz-soul sull’orizzonte in questo l’apparato d’im- la sua eclettica formazione mandando avanti il chiaro- prendibili “devianze”, dagli musicale (il padre era un re gracile di una congrega effluvi jazz-soul di trombe trombettista jazz, la madre piano-canto-sax, prima che e devota fruitrice di “colta”) acquista il carattere le corde vocali ispessisca- sca Woman’s Blues (prima no il timbro, surriscaldino che di un’insofferenza vibrante il mood, aprano la porta ad e per gli steccati tra forme una scarica di grancasse, tarsino e generi. Per dirla meglio, agli archi e al vibrafono, funk) al gospel minaccio- Laura per poi andare a spegnersi so venato RnB in derapage (opera a sembra New come buo- quale no – non si avvicina ai li- Than quanto nella Disco- inve- del infine finale, prendete la sug- dove in Pur nella sua ostinata re- organo una staccarsi pur strategia con cui chitarra propulsioni spigoli di s’inneelastica d’ottoni e dal con in- sincopi s e n t i r e a s c o l t a r e 113 verso una languida, spos- Anello di congiunzione tra sante dissolvenza di Eli’s un sogno di vita e il quo- Coming (barriti di ottoni e tidiano inferno della vita, percussioni accese, il can- tra l’attrazione irresistibi- to posseduto e rassegnato le per la luce (idealizzata, assieme), per non tacere i idealizzante) dei riflettori cromatismi ruvidi e le dina- e miche luminose nella swin- marciapiedi del Bronx, tra gante, quasi frivola Lu. le proprie sole fragili for- Non si finirebbe dire, ogni pezzo più di reclama la mediabilmente questa sembra l’episodio e dinario di eccezionale: Picnic straor- collezione Stoned amabile e Soul suaden- te, puntuta e amarognola, soffice e sornione ordigno soul-doo-wop con sorpresa funky finale (i 5th Dimension ne faranno un successone); la conclusiva The Confession, mestizia iridescente d’archi, tramestio serrato di chitarra e batteria, fiammelle di vibrafono e d’organo a sprimacciare un folk-errebì nella cui strinata malinconia balena la Kate Bush di The Man With The Child In His Eyes… Poi, e soprattutto, l’ambiz i o s a D e c e m b e r ’s B o u d o i r, il tremito della poca luce tagliata da una voce sottile, l’arpa come un liquore angelico e quegli archi cherubini, french-horn e flauto a folleggiare i contorni del malanimo - indicibile, davvero, la distanza tra soul, jazz e pop. A metà strada il guscio sembra incrinarsi, si rompe, ne esce un valzer repentino, ma è solo un miraggio veloce che l’ombra si divora. In questo pezzo c’è forse già tutta la Nyro, quel che troppo brevemente sarà. 11 4 s e n t i r e a s c o l t a r e dei ze e le proprie forze irri- la sua parte d’attenzione, una consapevolezza sole. potenza diafana, Per geniale affascinante e malferma, Laura Nyro suona ancora oggi viva. Come non mai. rubrica la sera della prima Gus Van Sant i vagabondi dell’ a n i m a di Antonello Comunale un’immagine del film Elephant There’s a race of men that don’t fit in, A race that can’t still; So they break the hearts of kith and kin, And roam the world at will. They range the field and they rove the flood, And they climb the mountain crest, Theirs is the curse of the gipsy blood, And they don’t know how to rest. (Robert W. Service) Il sogno americano un’invenzione del non marketing esiste. per i E’ poggeresti mai lo sguardo. Un popolo di figli reietti, hobo, tossici, omosessuali, ado- buoni della grande democrazia. Per tutti lescenti complessati e personalità che gli altri, il sogno americano si traduce in non si allineano. Tutte figure che si pon- una dose di eroina o in un vagabondare gono in modo problematico nei confronti senza meta nel dedalo delle “strade blu”. dell’agire comune. Q u e l l o d i G u s Va n S a n t è u n m o n d o a b i - Figlio volontario e al tempo stesso in- tato da figure che si collocano ai margini, volontario della controcultura hippy degli alle periferie, nei vicoli bui su cui non a n n i ’ 6 0 , Va n S a n t n e c o n t i n u a e d e v o l v e s e n t i r e a s c o l t a r e 11 5 i temi, riassumendo in sé sia la cupa e disperata es- la grande città e le grandi tetica tossicomane di William Burroghs, sia l’umorismo highways s u r r e a l i s t a e s o p r a l e r i g h e d i To m R o b b i n s , s e n z a d i - sempre menticare la provocazione pop di Andy Warhol. Profon- che damente americano, ma al tempo stesso distante dagli giovanilistica stereotipi culturali della nazione a stelle e strisce (in ereditare un’intervista ai Cahiers du Cinema dichiara di non es- sponsabilità e privilegi del s e r e u n a m m i r a t o r e d e l w e s t e r n … ) , Va n S a n t è a u t o r e padre. Così come accade a capace di manipolare a proprio piacimento qualunque Matt Damon, in Will Hunt- tipo di storia e di trascinarla nella propria personalis- ing, che si trova faccia a sima visuale. Una visuale che spesso assume i conno- faccia con la maturazione tati lisergici di un viaggio fatto con l’acido e che può dopo il rissoso periodo di incidere in modo evidente anche sul montaggio; con- sbandamento. siderazione valida soprattutto per i primi film, pieni di Lontanissimo inserti girati in super-8 e momenti “drogati”. Si veda, moralistici, come Pasolini i n t a l s e n s o , M a t t D i l l o n i n D r u g s t o r e C o w b o y, c h e d o p o Va n S a n t s i l a s c i a a f f a s c i - l’ennesima dose osserva fuori dal finestrino un mondo di nare dalle storie di vita, a piccole figurine da albero natalizio fluttuanti nell’etere, cui o come River Phoenix in My Own Private Idaho, che nei per le figure paterne, sem- momenti di narcolessia ha onirici lampi di epifania con pre case, famiglie e nuvole. Le nuvole tra l’altro sembrano loro e s s e r e u n a d e l l e “ f o r m e ” p r e d i l e t t e d a Va n S a n t : p i c c o l i si intermezzi con rapidi pa(e)ssaggi di nuvole sono pre- one, lungo tutto l’excursus senti in pressoché tutti i suoi film, e spesso sottolin- registico, eano utilmente un cambio di registro o una particolare a evoluzione della storia. pure tanto sottile sposta- Se i protagonisti sono dei disadattati, la vita che si tro- mento vano a condurre è diretta conseguenza della loro con- protagonisti: i reietti degli dizione esistenziale. Alla perenne ricerca di qualcosa esordi si sono trasformati che li emancipi, li trasformi o cambi comunque le co- negli adolescenti autistici o r d i n a t e d e l l o r o a g i r e q u o t i d i a n o , i p e r s o n a g g i d i Va n e robotici degli ultimi film. Sant sublimano nel viaggio la loro mancanza di orizzonti Quasi come se il passag- certi e stabili. La dimensione del road movie è per st- gio per la terra di mezzo essa ammissione del regista di Portland la più adatta a delle produzioni hollywoo- trasformare in narrazione l’inadeguatezza e l’instabilità diane di chi è senza dimora, per prima cosa dentro di sé. cho, Scoprendo Forrester), Se da un lato il road moving si può tradurre in un “chi a b b i a p o r t a t o Va n S a n t a parte sa da cosa fugge, ma non sa che cosa cerca” di guardare ad un’altra fetta troisiana memoria, come ben sanno i due protagonisti dello stesso cielo. I raga- d i G e r r y, d a l l ’ a l t r o l a t o s p e s s o s i p a r t e p e r s e g u i r e u n a zzi missione che porterà al cambiamento come l’approdo al in My Own Private Idaho e Ranch Rubber Rose per l’autostoppista per deformazi- i teenagers ripresi in una o n e a n a t o m i c a , S i s s y H a n k s h a w, i n E v e n C o w g i r l s G e t giornata qualunque in El- The Blues. Il concetto di viaggio ha dunque evidenti ephant, sebbene mossi da intenti metaforici, come da grande tradizione del roman- coordinate zo americano, e quindi se da un lato il movimento e il tecipano vagabondare presuppongono una vocazione al cambia- stesso vacuum esistenzia- mento, occorre sottolineare come questo viaggio verso le. Semmai è lo sguardo di il cambiamento possa avvenire anche all’interno della Va n S a n t c h e c o n i l p a s - propria dimensione esistenziale. Come sempre accade è sare del tempo si è fatto una questione di scelte e di intenti. Per un River Phoe- sempre nix che si perde definitivamente tra i marciapiedi del- lenne ed austero, in modo 11 6 s e n t i r e a s c o l t a r e americane, un Keanu dopo la il decide carico da da assi che si è Noche un nep- intorno Hunting, ai Psy- prostituiscono diverse, comunque più che evoluzi- Mala Days, nella Quello come (Will re- intenti anche assenza. di di di l’attrazione presenti Last Reeves perdizione aggiunge mostra c’è ieratico, pardello so- Last Days (2005) Il lento uomo sivo to. dissolversi e il suo allontanarsi Un di un progres- tuffarsi da nel tut- nulla. L’ a p e r t u r a d e l l ’ u l t i m o f i l m d i G u s Va n S a n t d à s u b i t o i l tono allo scorrere di questi ultimi giorni. Liberamente ispirato alla figura di Kurt Cobain, che nel film viene ribattezzato Blake, Last Days è un oggetto strano e sinistro che ti entra sottopelle e, come sempre accade con Va n Sant, alla fine ti lascia con molti più dubbi che risposte. Te r z a p a r t e d i u n ’ i d e a l e t r i logia sulla perdizione esistenziale che vede in Gerry e Elephant i primi due capitoli, Last Days film scontroso che si e è un involuto disinteressa total- mente del fatto di cronaca da distaccarsi ancora maggiormente dall’oggetto guardato, alla ricerca di quell’oggettività dello sguardo filmico che è sempre stato il sogno segreto di molti registi, da Hitchcock a Kubrick. Il rapido montaggio “kitch” degli esordi ha ceduto il passo alle lunghe planate con steadycam di Elephant. I lunghi corridoi della scuola di Columbine fanno rima con quelli dell’Overlook Hotel (Shining di Stanley Kubrick), mentre i piani sequenza che come ombre seguono l’errare dei giovani protagonisti, evocano la solennità d e l l ’ u n g h e r e s e B e l a Ta r r ( o m a g g i a t o e s p l i c i t a m e n t e g i à n e l f i n a l e d i G e r r y ) . G u s Va n S a n t h a v i n t o n e l 2 0 0 3 l a Palma d’Oro e il premio per la miglior regia al Festival di Cannes, in un’accoppiata particolarmente rara. Una sorta di definitiva affermazione nel mondo del cinema, alla cui appartenenza egli non ha mai mostrato di tenere particolarmente. Dopo il periodo dell’infanzia registica, c o n i p r i m i s s i m i f i l m f i n o a To d i e f o r , e l ’ a d o l e s c e n z a a l l a c o r t e d i H o l l y w o o d f i n o a S c o p r e n d o F o r r e s t e r, G u s Va n S a n t h a o r m a i r a g g i u n t o l ’ e t à a d u l t a d e l l a r e g i a c o n l a t r i l o g i a f i n a l e ( G e r r y, E l e p h a n t , L a s t D a y s ) , i n a t t e s a di una vecchiaia che si spera tardi ad arrivare. in sé, per si sull’osservazione partecipata concentrardegli non eventi. Un’attitudine da documentario, che ripropone pedissequamente lo sguardo vitreo e asettico con cui in Elephant erano stati indagati i fatti di Columbine. Ad aumentare l’effetto di vero è il montaggio incrociato e non lineare con la riproposizione cadimenti degli ripresi da acpiù punti di vista, tecnica che non fa altro che amplifi- care ulteriormente la tensione verso l’oggettività. Ciò che cambia è l’assetto cromatico: tanto Elephant era un film colorato e vivace per gli occhi, quanto Last Days è un film da toni di grigio, umido e funereo. In uno degli innumerevoli s e n t i r e a s c o l t a r e 117 piani sequenza che segu- mezzo del nulla americano. Lo stesso nulla che lo ac- ono il peregrinare del pro- coglierà a fine film e lo stesso nulla annichilente verso tagonista, vediamo la sua c u i s e m b r a n o t e n d e r e q u a s i t u t t i i p r o t a g o n i s t i d i Va n figura di spalle, come un Sant. Blake è solo l’ultimo dannato, l’ultimo reietto che Norman Bates che va verso devia dalla società e si perde in se stesso a conferma la propria casa da gotico della costante attenzione all’universo dei marginali, dei americano, dimenticati, di quelli che si perdono/smarriscono in un in un nottur- no cupissimo e con i rami spogli degli alberi minacciosi a graffiare i contorni dell’immagine. Un’estetica da horror non americano lascia che dubbi, così come non lascia dubbi lo stato allucinatorio sequenze. delle Va l g a n o per tutte, quella del video dei Boys II Men mandato da MTV con un Blake accasciato a terra e quella di Ve n u s i n F u r s m a n d a t a i n riverbero. Il vagabondare tra le stanze della casa e il comp- iere gesti apparentemente non chiari, si inserisce in quest’ottica e deve qual- nomadismo sia reale che metaforico. Filmografia essenziale Last Days, 2005; Elephant, 2003; Finding Forrester (Scoprendo Forrester), 2000; Psycho, 1998; Good Will Hunting (Will Hunting – Genio ribelle), 1997; To D i e F o r ( D a m o r i r e ) , 1 9 9 5 ; Even Cowgirls Get The Blues (Cowgirls – Il nuovo sesso), 1993; My Own Private Idaho (Belli e dannati), 1991; D r u g s t o r e C o w b o y, 1 9 8 9 ; M a l a N o c h e , 1 9 8 5 L’Amore Fatale (di Roger Michell - Uk, 2004) di Teresa Greco “L’innamoramento è sempre un’esperienza estrema: quando ci si innamora l’altro diventa un’ossessione” (Ian McEwan). Bar- Tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore inglese Ian tas, regista che fa parte di M c E w a n , L’ A m o r e F a t a l e ( E n d u r i n g l o v e ) d i R o g e r M i - quella sorta di severa nou- chell si interroga sull’ossessione amorosa e sul senso velle vague contemporanea dell’amore. dell’est europeo, che tanto Il professore Joe Rose, rimasto coinvolto in un bizzar- sembra cosa alla House di sul ro incidente in mongolfiera in cui è morto un uomo, si n u o v o c o r s o d i Va n S a n t . trova ad esser pedinato e spiato ossessivamente da un A p a r t i r e d a G e r r y, i n f a t t i , g i o v a n e , J e d P a r r y, i n n a m o r a t o d i l u i , e c o n v i n t o d i e s - i suoi film hanno rimodel- sere ricambiato. Il folle biondo Parry è un uomo solo lato il modo di osservare in cerca di affetto; offre a Rose un amore universale e gli eventi, seguendo la lib- mistico, di cui si sente investito da quando sono stati ertà e la leggerezza dei pi- entrambi coinvolti nel mancato salvataggio con la mon- a n i s e q u e n z a d i B e l a Ta r r golfiera. Ne resta coinvolta Claire, fidanzata di Joe, in- e evitabile rivale e vittima in questo particolare triangolo aver di Abbas influito Kiarostami. A ben vedere questo cambi- amoroso. amento non è altro che la Già regista di produzioni di alto livello come Nothing Hill naturale evoluzione di uno e Ipotesi di reato, Roger Michell prosegue la via del cin- sguardo costantemente ema d’autore intrapresa con The mother (2003, tratto da qualche zona un romanzo di Hanif Kureishi), facendo del libro di McE- cinema wan un serrato thriller psicologico, basato sul contrasto perso in dell’anima. Il suo o tra i due protagonisti coinvolti in un gioco psicologico una caduta, come il River sottile e ossessivo, in cui i ruoli carnefice-vittima fini- Phoenix di My own private ranno per ribaltarsi. Con la collaborazione dello stesso Idaho, che senza punti di autore (che è anche produttore associato), Michell ha riferimento, apre il film nel trovato il modo di rendere il romanzo in immagini filmi- è sempre un risveglio 118 s e n t i r e a s c o l t a r e che efficaci (come l’iniziale scena del salvataggio, la migliore nel libro e nel film, o le drammatiche sequenze finali), senza risultare pedante e didascalico, giocando sui movimenti di macchina più che sulle parole per descrivere sentimenti e stati d’animo, rendendo i numerosi monologhi mentali di Joe (nel romanzo) in dialoghi, e affidando a lente carrellate le riprese in esterni. L’ a m o r e fatale è drammaticamente quello non dall’oggetto contraccambiato, del desiderio. subito Parry è folle vittima della sindrome di de Clérembault, una forma di psicosi passionale (scoperta nel secolo scorso dall’omonimo psichiatra) nei confronti di un altro soggetto, spesso inconsapevole, con ossessione a sfondo religioso. E’ un amore perdurante in cui ci si sente investiti dalla missione di rendere consapevole dell’amore l’oggetto della passione. Il soggetto è persuaso di essere in comunicazione amorosa con l’oggetto d’amore, attraverso particolari segnali segreti (secondo Parry il modo in cui Joe sposta le tende dalle finestre di casa è per lui un chiaro segnale di intesa). “Io ti amo e tu mi ami, e questo è tutto” dice assolutisticamente Parry a Joe; “Dio solo sa cosa sarei senza di te!” : ecco esplicitato il delirio amoroso a sfondo religioso, che rende la beachboysiana God only knows funzionale al messaggio mistico ossessivo. Il risultato è un film raffinato e di gusto inglese, fedele allo spirito del libro, ben diretto e recitato - buone le prove dell’intenso Daniel Craig (Joe), già protagonista di The mother e di Era mio padre di Sam Mendes, e di Rhys Ifans (Jed) già visto in Nothing Hill, qui in un’inedita veste drammatica; Michell ci regala un’amara, grottesca, ironica meditazione sulle possibili forme d’amore (l’unico amore che dura è proprio quello del folle Parry?) e sull’impossibilità di sfuggire a un’ossessione devastante e, in altre parole, fatale. s e n t i r e a s c o l t a r e 11 9 rubrica on connait la chanson Jean-Louis Murat Se Mettre Aux Ange s di Andreas Flevin Jean Louis Murat è allo stesso tempo un classico e un outsider della canzone francese, un trovadore del ventesimo secolo dotato di una costante e spiccata vena individualista, la cui ricerca da sempre si distingue per cambi di direzione, scelte fuori moda e nomadismi intellettuali. tradizione francofona. Infatti non mi soffermerò su tutta l’opera, ma sulla sua produzione a partire dalla fine degli anni ’90, periodo a cui si può far risalire l’inizio di quella nuova ventata di autori identificati poi come i nuovi chansonniers francesi. Sono gli anni in cui Murat pubblica gli album Dolores e Mustango, quest’ultimo considerato un punto di rottura sia per i testi che per la musica, nonchè l’inizio di una prolifica attività che lo porterà ad essere riconosciuto artisticamente. Jean-Louis Bergheaud, originario dell’Auvergne, nasce il 28 gennaio 1954. In seguito alla separazione dei suoi genitori, trascorre gran parte dell’infanzia a Murat-le-Quaire a casa dei nonni (è da questa località che prenderà il nome Murat, specificando sempre “Bergheaud, detto Murat”). Inizia presto a studiare vari strumenti e canto al conservatorio, senza però prendere una direzione stilistica precisa nelle sue prime prove compositive. Ancora molto giovane, si sposa e diventa Jean-Louis Murat non potrebbe rientare a padre. Decide a questo punto di lasciare pieno titolo in una rubrica sulla così detta tutto per poter viaggiare, prima in territo- nuova canzone francese, in primo luogo rio francese e poi in Europa. Gli elementi perchè è ormai considerato un classico che caratterizzano questo periodo della (ha iniziato la sua carriera già verso la sua fine degli anni ’80), e in secondo luogo con l’isolamento dell’abitare in campagna perché la sua produzione – eterogenea e a plasmare il suo carattere ritroso ed in- poco coerente – non sempre corrisponde troverso, ed il viaggio a connotare gran alla “canzone”, parte delle tematiche affrontate nei testi anzi spesso nemmeno si riconosce nella e a rappresentare l’origine di migrazioni canonica definizione 120 sentireascoltare di vita saranno sempre più influenti, stilistiche in un crescendo di maturità compositiva. seguito altri, anche grazie La tradizione della terra di origine di Murat è quella dei ad una maggiore familiar- trovadori, a cui si possono ricondurre due elementi sa- ità lienti nel suo approccio alla musica, ovvero la musica blico verso la sua semplic- intesa come un contorno alle parole (sulle quali l’autore ità, la sua coerenza, doti indugia con estrema cura) e l’idea che l’armonia debba molto apprezzare ed abil- risultare immediata all’ascolto. Un’eredità concettuale mente quindi, più che un ricalcare gli stili dell’epoca, come di nel videoclip Regrèts, gi- fatto avviene nella musica popolare. rato in duo con la cantante dei media e messe del in pub- evidenza M y l é n e F a r m e r. Nel 1977 Murat fa ritorno a casa dove fonda i Clara, La sua fama si stabilizza subito notati dal – purtroppo – quasi dimenticato Wil- ed è ormai considerato un l i a m S h e l l e r, i l q u a l e o ff r e a l M u r a t s o l i s t a l ’ o p p o r t u n i t à punto fermo nella canzone di registrare il suo primo 45 giri nel 1981. Un disco che francese. rimarrà nell’ombra a causa di uno stile davvero troppo produzione lontano dai fermenti dell’epoca, caratterizzata da quel 1994) procede particolare passaggio dalla generazione punk a quella bassi. Fra new wave. Murat all’epoca non produce nulla di simile pubblicati (in studio e live) e, rimanendo fermo sulle sue posizioni, lascia incorrere vale la pena segnalare in nella stessa sorte anche il suo primo album Passions particolare Murat en plein privèes (1984). In definitiva non si può dire che il desti- air del 1991. no sia stato ingiustamente avverso, trattandosi di espe- L’ a l b u m rimenti non particolarmente felici e dal risultato decisa- un progetto piuttosto am- mente monotono (fatta eccezione per pochi momenti), bizioso in cui Murat fonde se non ancora banalmente kitsch. A tal proposito, però, le bisogna precisare che un comune errore nel giudicare la denti con i recenti ascolti musica di Murat è il volerla considerare una produzione di dub anglosassone, quali coerente e magari con mire commerciali. Innanzi tutto è Portishead, erroneo valutare i singoli album come se fossero slegati tack . Il risultato è gradev- tra di loro, in questa maniera si perde di vista il fatto ole, ma non molto incisivo; che nella sua globalità il lavoro di Murat acquista un anche in questo caso sono significato (naturalmente è un giudizio che si può dare i testi il vero punto saldo solo a posteriori, con il senno di poi). In secondo luogo, dell’opera. sue La sua (dal i feconda 1989 tra sette Dolorés al alti e album (1996) esperienze è prece- Massive At- l’idea di autore (che sia di cinema, letteratura o musica) si riferisce all’opera nel suo complesso, intendendo Nel 1999, in seguito ad un questa come il frutto di una ricerca senza fine, impos- lungo periodo trascorso in sibile da circoscrivere ad un unico lavoro. Murat di fatto giro negli Stati Uniti, so- n o n è u n h i t m a k e r, p e r c h é è p r o p r i o l u i a n o n v o l e r l o . prattutto nel sud, Murat dà Non ha mai gravitato nei circuiti musicali più ufficiali, luce all’album che apre le in Francia come in Europa, perché nelle sue melodie porte ad una nuova e più si trovano di rado facili progressioni armoniche, pas- convincente impronta com- saggi d’effetto e strizzate d’occhio varie. La sua musica positiva: risulta estremamente ascoltabile – sino a sfiorare an- istrato che il commerciale dozzinale –, ma attenta ad evitare Yo r k , i l d i s c o p o r t a c e r t a - sistematicamente elementi che possano renderla pre- mente vedibile. accade negli States in quel In seguito ai primi insuccessi ed al suo carattere troppo periodo introverso per poter essere lanciato come personaggio primi su tutti i Calexico. La pubblico, l’etichetta scioglie il contratto, ma dopo tre critica lo accoglie positiva- anni di silenzio gli si presenta una nuova occasione con mente, dando così il via ad la Virgin, per la quale incide il singolo Si je devais man- un nuovo periodo ricco di quer de toi, il primo grosso successo. A questo ne fanno stimoli ed idee come non Mustango. tra il Tucson segno in di ambito Rege New quanto Indie, sentireascoltare 121 si era mai verificato prima. poire un titolo, come si direbbe in Francia, scritto in È infatti il turno di Madame franglese (dalla fusione di francese e inglese) per sot- Deshoulières, tolineare l’ascendenza di certa musica pop anni ses- diversione strepitosa verso sonorità santa inglese. Il risultato sono dodici tracce gradevolis- affidate sime, musicalmente risolte grazie alla collaborazione seicentesche all’esperto compositore del vecchio amico e collega Fred Jimenez. D a n i e l M e i e r. A l s u o f i a n c o Il Murat vuole l’attrice e can- l’uscita di ben due lavori, molto diversi tra loro: Moscou tante Isabelle Huppert, che e 1829. Il primo suona un po’ come un album che fa il dona al lavoro un carattere punto su quello che è il Murat più riconoscibile, quasi unico ed inconfondibile. Il una summa dei suoi lavori precedenti, in cui si avvale progetto nasce dalla scop- della partecipazione di Carla Bruni e Camille. E palese erta di un libro di poemi sarà il debito che autori come Dominique A, Bertrand della francese Bourgalat e Stephan Eicher avranno nei suoi confronti. Dèshoulières 1829 si sofferma invece più su un’idea di canzone clas- poetessa Antoinette (1638-1694), Murat dal attinge usando i conferma l’estrema prolificità di Murat con quale sica ed orecchiabile, vicina talvolta alla forma da can- talvolta tastorie, anche se i testi sono recuperati dal repertorio loro d e l p o e t a f r a n c e s e P i e r r e - J e a n d e B è r a n g e r, u n o t r a i talvolta più celebri autori a cavallo tra il 1700 e 1800. Non è soluzi- nuovo Murat all’utilizzo di testi di autori d’epoca, inter- oni personali sempre molto esse che risale ai tempi in cui non si era ancora defini- misurate. produzione to come cantante e musicista. E’ infatti nella scrittura cui forma testi 2005 nella originale, mescolandoli con Una memorabile, se- e nella letteratura che risiede la sua principale fonte uno di ispirazione, una letteratura spesso antica, arrivata dei suoi peggiori lavori: Le sino a noi per testimoniare la propria continuità e per- moujik et sa femme (2003) sistenza al di là dei secoli e delle mode. Come lo stesso è un pop rock senza nes- Murat. guito suna a fa incredibilmente idea eccezione tracce, notevole per che un (fatta paio risultano di del tutto fuori contesto). Nello stesso anno Murat cambia nuovamente direzione dando alle stampe Lilith, un doppio in cui mette alla prova le proprie doti di scrittore e di compositore, riuscendo in entrambi i casi. Registrato in soli quattro giorni, l’album è caratterizzato da una forte intimità e sincerità, qualità per altro dall’utilizzo acustici e sottolineate di archi strumenti (preferi- ti questa volta a chitarre elettriche, tastiere e batterie), in cui la media delle 23 tracce presenti è decisamente buona. Nel 2004 esce A bird on a 122 sentireascoltare rubrica la promiscuità dell’arte contemporanea Luka Moncaleano d i D a v i d e Va l e n t i Quanti anni si devono avere per fare una personale in uno spazio istituzionale con tanto di curatore e di sovvenzione del comune? Quanti anni si devono avere per fare l’artista? Lo stupore contagia tutti quelli che sanno dell’evento: Il 19 Giugno è avvenuta p r e s s o l a F a b b r i c a d e l Va pore l’inaugurazione della personale di Luka Moncaleano. La mostra, curata da Alessandro Riva, è un progetto di Italian Factory ed è sovvenzionata dal com u n e d i M i l a n o . L’ a r t i s t a è il vincitore del Premio Italian Factory per la giovane pittura italiana. Ma la vera notizia è questa: Luka Moncaleano tordici è (1990) anni. La d’obbligo, doci bene, stupore? essere ma, ha pensan- perché Non ormai quat- Sorpresa tanto dovrebbe un segreto per nessuno che l’arte sia quella del bambino che è in noi. Certo, un bambino non ha la sapienza tecnica ed espressiva di LuKa, ma siamo nel 2005 e Luka ha avuto tutti gli stimoli e gli strumenti adatti ad apprendere quella sapienza. sentireascoltare 123 In fondo non ci vuole molto Sembrano però dare all’opera un senso più ampio le ad essere come Luka Mon- parole caleano. Avere quattordici Canali per il catalogo della mostra: “Ho voluto rappre- anni, premio sentare me stesso bambino per avermi sempre davanti d’arte, essere figlio della e poi ho voluto esprimere le mie sensazioni e i miei video artista Maria Assun- desideri, come l’idea di vedermi volare…”. Di fatto, il ta Karini, vivere nel caos tema della Metamorfosi, da Ovidio a Karin Andersen, è informatico del ventunesi- un tema straordinariamente ricco di significati che solo mo secolo, sovraccaricarsi con violenza possono essere ricondotti a quello della inconsciamente dati Bioetica. La metamorfosi è cambiamento di prospettiva, diverse contestazione della cultura antropocentrica, distruzione essere di vecchi paradigmi e costruzione di nuovi, creatività Moncaleano euristica, voglia di dare fastidio, shockare…e infinite vincere delle e un culture dei più disparate… come Per Luka dello stesso artista nell’intervista di Chiara basta essere Luka Monca- altre sensazioni per lo più indescrivibili. leano. Si possono percepire nei lavori di Luca gli echi di artisti come Damien Hirst, i fratelli Chapman e Luigi Ontani. Detto ciò, bisogna ammet- Di solito ci si avvicina in età più avanzata a certi autori tere stupisce dell’arte contemporanea, Luka ha potuto scoprirli prima. sua Così, se i suoi coetanei hanno un’immaginazione dis- che non solo Luka per la età, ma soprattutto per la sua bravura. Alla mostra sono presenti 19 quadri raffiguranti uccelli mutanti, raddoppiati, in pose innaturali oppure leggermente antropomorfizzate che basta leggero quel a tanto suscitare disgusto. un Inoltre 10 sculture in vetroresina rappresentano esseri dal- la testa di bambino e dal corpo di pulcino. Riguardo alle tecniche non si nere ta pone e usate, limiti dimostra di una indipendenza: sono Luka i elaborazioni gecer- quadri digitali di immagini sulle quali intervengono il pastello e l’acrilico. Il tema dell’ibridazione uomo-animale viene spesso in racchiuso quello della progresso comunicato mostra vuole idea sul dai critica al scientifico. Il stampa dichiara che esprimere di tema critici “la della Luka sua arte incentrata delle sperimen- tazioni biologiche e delle trasformazioni genetiche.” 124 sentireascoltare neyana, Luka ne ha una Chapmaniana. Margherita Manzelli d i D a v i d e Va l e n t i Quando un artista vuole stare al sicuro inizia a produrre copie dei suoi lavori più acclamati. Allo Studio Guenzani la Manzelli si libera dell’identità. Stando a quel che si dice in giro, Marghe- tolo della mostra di Margherita Manzelli rita Manzelli (1968) è la pittura italiana. allo Studio Guenzani di Milano, la prima Negli ultimi anni l’artista ha rappresen- personale dopo cinque anni. I suoi sog- tato l’Italia alla Biennale di San Paolo in getti sono sempre state donne emaciate, B r a s i l e n e l 2 0 0 2 e a q u e l l a d i Ve n e z i a n e l sguardi 2003, ha esposto diverse personali alla sa di poco chiaro e, quindi, angoscian- Greengrassi di Londra, all ’Art Institute te. Creano un’intesa con lo spettatore, il of Chicago, al Maxxi di Roma e al Mu- quale rimane col dubbio di chi non è si- seum of Modern Art di Dublino. curo se conosce o no quella ragazza che “Il buio sbiadisce. La luce delimita. Tut- lo sta guardando, vorrebbe fare qualcosa to frontale la dimensione umana” è il ti- per scoprirlo, ma l’unica possibilità di in- che lasciano intendere qualco- sentireascoltare 125 terazione è la contemplazione. Lo sfondo è sempre stato quasi asettico, scarno come le figure, ma di un colore. In questa personale, invece, è il vuoto a prevale, il nero. “La luce delimita” la figura conferendole contorni netti, mentre dietro e intorno a lei il buio apre un universo di assenza. Sono due quadri, uno molto grande, l’altro piccolo. Soprattutto nel primo l’artista apre nuove prospettive per la sua futura ricerca. Se fino ad ora abbiamo visto nei suoi lavori una meticolosa attenzione formale, quasi una certa cautela, adesso lo sfondo si riempie di strani esseri coloratissimi e molto poco realistici. Anche la figura di donna ha uno sguardo meno inquietante, il suo sorriso è quasi rassicurante. La fantasia ha preso il sopravvento sul controllo dell’espressione. “La dimensione umana” è in questo caso quella onirica. Il nero e gli esserini fanno chiarezza sull’universo interiore della figura: la libertà rivendica il suo diritto di esistenza. Il buio e la luce sono temi centrali di questa mostra. La luce diffusa è stata eliminata in favore di una luce direttissima, che svela ciò che vuole lasciando ignoto i l r e s t o . L’ a r t i s t a n o n l a s c i a n i e n t e d i i n definito. Il buio è molto meno indefinito rispetto al sospetto che destavano le sue vecchie opere. È chiaro: è buio. Spesso, nella produzione di un artista, si assiste ad una ripetizione perseverante dello stesso tema o dello stesso soggett o . L’ a r t i s t a s i a s s i c u r a c o s ì l a s u a r i c o noscibilità e la sua “serietà”, a scapito della ricerca espressiva vera e propria, della sua crescita ricchimento personale culturale della e dell’ar- società. In questa ultima mostra, invece, Margherita Manzelli effettua un distacco dai vecchi lavori e si catapulta verso un ignoto che rappresenta nei nuovi. È giusto che il coraggio, in ogni sua manifestazione, venga encomiato, com’è giusto che esso venga sempre, in qualche modo, ripagato. 126 sentireascoltare