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Cividale
MESSAGGERO DEL LUNEDÍ 11 GENNAIO 2016
IL RADUNO
L’orgoglio del “Cividale”
fa battere tremila cuori
Tanti sono stati gli alpini che hanno sfilato ieri tra la gente nella città longobarda
Soppresso nel 1995, il battaglione continua ogni anno a riunirsi per restare “vivo”
La ricorrenza
di quell’eroica
battaglia
sul fronte russo
◗ CIVIDALE
Kalitwa, fronte del Don. Sono i
primissimi giorni del 1943: temperature polari, soldati allo stremo. È in questa cornice che si inserisce una conquista divenuta
epica e la cui data – il 6 gennaio –
è stata conseguentemente scelta dal battaglione Cividale come
propria festa di corpo. «Cade nel
giorno – ha ricordato ieri il generale Gianfranco Beraldo, presidente dell’Associazione Fuarce
Cividat – in cui venne definitivamente occupata un’altura di appena 176 metri, chiamata
“quota segnale”, di importanza
assolutamente strategica, sul
campo di battaglia, perché dominava un fondamentale asse di
rifornimento». Per sette volte gli
uomini del battaglione lanciarono l’assalto, fino a raggiungere
l’obiettivo e a impadronirsi della
collinetta, contesa da settimane
ai russi. Tre giorni e due notti di
combattimenti, dal 4 al 6 gennaio: al prezzo pagato, pesantissimo, fa da contrappeso la gloria.
Ammirato dalla determinazione
delle penne nere e dalla loro abnegazione, il comando tedesco
ribattezzò
la
montagnola
“quota Cividale”. L’impegno fu
tuttavia vano. Dopo pochi giorni
anche per il battaglione iniziò
l’odissea della ritirata.
(l.a.)
di Lucia Aviani
◗ CIVIDALE
Almeno tremila penne nere e
grande partecipazione di pubblico, come sempre. Batte ancora forte il cuore del
“Cividale”, battaglione alpino
mai arresosi al provvedimento
che ne decretò, nel 1995, la soppressione: compagnie e reparti
della gloriosa unità militare
hanno testimoniato per l’ennesima volta, ieri, il senso e la profondità di un legame con il passato che non accenna ad affievolirsi.
Venti ne sono trascorsi, di anni, dalla prima adunata degli
ex. Tanto tempo. Eppure l’intensità della circostanza non si
smorza e le presenze non registrano flessioni: né fra i diretti
protagonisti della giornata che con la tappa nella città longobarda rinsaldano un vincolo
d’appartenenza e perpetuano
l’epopea di una realtà sempre
distintasi per valore e spirito di
servizio – , né, come accennato
sopra, fra gli spettatori. Risultato: centro storico di Cividale
gremito, fin dal momento
dell’alzabandiera. Piazza Duomo, sede della cerimonia, e Largo Boiani si sono trasformati in
un’autentica spianata di cappelli alpini. «Giunti da ogni parte d'Italia e pure dall’estero» ha
scandito il presidente della locale sezione Ana, Alberto Moretti, in apertura dei discorsi
delle autorità. «Continuiamo a
essere una grande famiglia – ha
proseguito – , che si riunisce
nel segno del ricordo. L’alpinità è sinonimo di dedizione, generosità, sobrietà, attivismo,
solidarietà; incarna uno stile di
La sfilata delle autorità e delle penne nere nel centro di Cividale: sono stati circa tremila gli alpini che hanno preso parte all’adunata (Foto Petrussi)
vita che è tutt’uno con l’unità
di corpo e il radicamento territoriale. Il raduno degli ex non è
mesta commemorazione di
qualcosa che non c’è più ma, al
contrario, occasione per ribadire l’esistenza del battaglione e
per proclamare l’orgoglio di
averne fatto parte. Ci spinga,
questo momento, a riflettere
sui valori che identificano la nostra patria».
Dal sindaco Stefano Balloch,
poi, un parallelo fra la ricorrenza del ventennale dell’adunata
e l’anniversario per eccellenza
che il Friuli celebrerà nel 2016, i
40 anni dal devastante terremo-
to del ’76: «Gli alpini furono determinanti, all’epoca. Il loro
spirito è un faro, un modello
per il Paese: modello – ha aggiunto – che dovrebbe essere
seguito in tante situazioni. Sono davvero lieto che questo
evento ormai tradizionale e così denso di significati abbia
riempito nuovamente la cittadina ducale».
Dal generale Gianfranco Beraldo, presidente dell’associazione promotrice del raduno,
l’esortazione a far risuonare
«l’inossidabile motto del battaglione, “Fuarce Cividat!”», mentre Cristiano Shaurli, intervenuto nella doppia veste di assessore regionale e di alpino del Cividale (20ª Compagnia), ha formulato l’auspicio che l’iniziativa «prosegua nel tempo». E le
premesse parrebbero esserci
tutte, guardando appunto alle
adesioni: lunghissima, al solito, la parata degli ex, pagina di
storia in marcia da piazza Resistenza alla caserma Francescatto; apre la Compagnia Comando e seguono la 16ª, detta “La
bella”, la 20ª (“La valanga”), la
76ª (“Terribile Marine”), la
115ª, “La Tormenta”, e la 216ª,
intervallate dalle note delle fanfare della Brigata Julia, di Orzano e Fagagna e dei “Veci” della
stessa Julia.
Nei ricordi anche i giorni difficili del terremoto
Penne nere sempre vicine alla gente anche quando “organizzarono” il primo matrimonio dopo il 6 maggio
◗ CIVIDALE
Estate 1976. Il terremoto aveva
da poco sconquassato il Friuli
e le comunità colpite dal sisma
cercavano faticosamente di
rialzarsi. Tutto sembrava difficile, la quotidianità era una
corsa a ostacoli. Eppure una
coppia di Resia, che aveva programmato le nozze, non volle
posticiparle. I coniugi si sarebbero probabilmente accontentati di una cerimonia essenziale, ma gli alpini del battaglione
Cividale vennero a sapere del
primo matrimonio post disastro, appunto, e decisero di
metterci del loro. «Fu proprio
il “Cividale” a preparare il
pranzo nuziale, torta inclusa.
Con le cucine da campo», racconta il colonnello Luigi Ziani,
presente all’adunata di ieri a
Cividale.
Di aneddoti come questo ne
circolano tanti, fra le penne nere. «Pagine di bontà alpina»,
commenta lo storico Guido
Aviani Fulvio, custode anche
Altre immagini dell’adunata di ieri a Cividale (Foto Petrussi)
lui di un ricordo legato alla zona di Resia. «Siamo – spiega –
nel 1988: 12 anni dopo il terremoto. Durante una marce che
da Chiusaforte ci conducevano a San Giorgio di Resia, scavalcando la dorsale, io e altri
due giovani sottotenenti venimmo fermati da una signora
molto anziana. Ci invitò a bere
un caffé nel suo alloggio: era
una baracca per terremotati,
ci abitava ancora a così lunga
distanza dal dramma. Su una
parete notammo il quadro di
un bersagliere: era suo marito,
morto nell’Africa Orientale, e
lei ci disse che quando vedeva
gli alpini passare di lì pensava
a lui... Eravamo così commossi dalla storia di quella donnina e dalla miseria in cui viveva
che avremmo voluto lasciarle
qualcosa, ma non avevamo un
soldo in tasca. Proprio in quegli istanti suonò l’adunata.
Dalla casupola notammo che
il capitano Pasquale Petricig –
pure lui presente a Cividale
per il ventesimo raduno del
Battaglione – ci stava osservando, quasi con sguardo di rimprovero
per
la
nostra
“deviazione”. Salutata la vec-
china, così, tornammo in fretta ai nostri posti: e proprio da lì
vedemmo con la coda dell’occhio che l’ufficiale dava ordine
al sergente Ungolo, addetto al
plotone comando, di consegnare alla donna un’ampia dose di scorte dalla mensa della
nostra compagnia...». Anche
questa è la memoria storica
del Cividale, realtà che ha lasciato il segno pure in tempi di
pace. Quanto a quelli, ormai
lontani, di guerra, va detto che
stavolta la sfilata non ha incluso la consueta camionetta dei
reduci. Uno, però, c’era:
“ospite”, in realtà, perché uomo del Battaglione Tolmezzo.
(l.a.)
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