L’IN FO RMATORE AGRARIO SPEC IA L E I risultati di una ricerca pluriennale evidenziano l’efficacia delle lavorazioni ridotte nel sostenere le produzioni del mais rispetto alla tradizionale esecuzione dell’aratura profonda di N. Silvestri, M. Mazzoncini, A. Coli, E. Bonari Lavorazioni del terreno e qualità del suolo L’esame della letteratura nazionale e internazionale evidenzia come l’aratura convenzionale non sempre risulti la tecnica ottimale di lavorazione del terreno; sono state così proposte tecniche alternative di gestione del suolo che vanno dalla semplice riduzione della profondità di aratura, alla combinazione con la ripuntatura (aratura a due strati), oppure all’adozione di tecniche semplificate quali la discissura, la lavorazione minima e la non lavorazione (Toderi e Bonari, 1986a; 1986b; Bonari et al., 1988; 1990a; 1990b; 1990c; 1992a; 1992b). Al di là del comportamento produttivo delle colture, che co- munque rimane una delle risposte più importanti per verificare la validità delle scelte tecniche operate nel settore agricolo, negli ultimi anni è andata sempre più assumendo importanza la valutazione degli effetti che i comportamenti agronomici possono produrre sulla qualità del suolo. Questa proprietà può essere definita come la capacità attribuibile al substrato terroso di assolvere alle funzioni fondamentali cui è preposto, adattandosi alle sollecitazioni indotte da eventuali cambiamenti delle condizioni ambientali e/o delle modalità di utilizzazione da parte dell’uomo (Parr et al., 1992; Larson e Pierce, 1994). Dal punto di vista agronomico 29/2006 • L’Informatore Agrario 41 Lavorazione del terreno S S PEC I ALE molti decenni di ricerca scientifica hanno dimostrato che uno degli strumenti più efficaci a disposizione dell’agricoltore per conservare o accrescere la qualità del suolo coltivato è il mantenimento di un adeguato livello di sostanza organica nel terreno (Parr et al., 1992). Il contenuto in humus rappresenta, infatti, uno degli attributi-chiave della funzionalità dei terreni (Doran e Parkin, 1994) tanto da poter essere incluso, assieme a pochi altri parametri, in un data-set ristretto utilizzabile per la valutazione dei suoli a scala planetaria. Fra i molti segmenti della tecnica colturale in grado di influenzare il contenuto in sostanza organica le lavorazioni giocano senz’altro un ruolo fondamentale sia condizionando i rapporti fra le diversi fasi del terreno (solida, liquida e gassosa), sia determinando il tipo di incorporazione delle diverse frazioni organiche (residui colturali, concimi, reflui, liquami, ecc.) con la matrice terrosa e quindi modulan- Descrizione della sperimentazione Una delle ricerche di più lungo periodo offriva il vantaggio di poter contare ciapresenti nel nostro Paese sul tema delle scun anno sulla stessa specie e consentiva lavorazioni del terreno è senz’altro quella quindi di operare un confronto continuo avviata nel 1981 presso il Centro interdi- fra le diverse annate. Le lavorazioni sono partimentale di ricerche agroambientali state effettuate nel periodo invernale per «E. Avanzi» dell’Università di Pisa, su un quanto concerne l’aratura e la discissura, terreno limoso, a giacitura pianeggiante, mentre la lavorazione minima è stata eserappresentativo degli ambienti della bas- guita nel periodo primaverile, in prossisa e media Valle dell’Arno e appartenente, mità della semina del cereale estivo. secondo la classificazione Usda, al gruppo Per valutare l’effetto prodotto dalle lavorazioni sulla disponibilità di azoto per dei suoli Typic Xerofluvent (tabella 1). Il clima dell’area è tipicamente mediter- il mais, per ogni tesi sono state saggiaraneo con una piovosità media di circa te anche 3 dosi diverse di azoto (0, 200 e 900 mm annui, concentrata soprattutto 300 kg/ha); nessuna altra differenziazione riguardo alla gestione degli interventi nel periodo autunnale. La ricerca, tuttora in corso, pone a con- agronomici è stata prevista, anche se, in fronto 5 tecniche di lavorazione del suolo alcune annate, l’entità e le specificità delper la coltura dell’anno cui, a partire dal le malerbe presenti sulla D50 e sulla LM 1985, è stata aggiunta anche la combina- hanno richiesto trattamenti erbicidi dizione fattoriale delle stesse 5 lavorazioni versificati rispetto alle arature. con quelle riservate alla coltura dell’anno I rilievi sperimentali hanno interessato sia precedente. Le tipologie di intervento mec- la coltura che il terreno. canico poste a confronto sono: l’aratura Alla raccolta, ogni anno, sono stati rilevaprofonda a circa 45-50 cm (A50), l’aratu- ti l’investimento unitario, la resa utile e la ra superficiale a 25-30 cm (A25), l’aratura biomassa totale. a due strati consistente in un’aratura leg- Al fine di valutare invece l’effetto prodotgera associata a una ripuntatura a 25-30 to dalle tecniche di lavorazione su alcune cm (A2ST), la discissura a circa 45-50 cm caratteristiche chimiche del terreno, sono (D50); la lavorazione minima a circa 10-15 stati prelevati campioni di suolo a tre diverse profondità (0-15, cm, eseguita con er15-30 e 30-45 cm); pice a dischi (LM). TABELLA 1 - Principali il rilievo è stato eseIn origine (dal 1981 caratteristiche chimiche del suolo guito nel 2004 cioè a al 1989) la ricer- all’inizio della ricerca (1990) distanza di vent’anni ca è stata condotta Sabbia (%) 46 dal primo campioadottando un’avvi- Limo (%) 40 namento effettuato cendamento bienArgilla (%) 14 nel 1984. Lo schema nale del tipo rinnoTypic Xerofluvent sperimentale adotvo-depauperante; a Tipo di suolo 1,62 tato è stato il blocco partire dal 1991, in- Sostanza organica (%) 0,12 randomizzato con vece, la rotazione è Azoto totale (%) 19 quattro repliche con stata sostituita con Fosforo assimilabile (ppm) 26,5 parcelle elementari una omosuccessio- Capacità di campo (% in peso) 11,5 di superficie pari a ne di mais in col- Punto di appassimento (% in peso) circa 140 m2. tura asciutta, che • 42 L’Informatore Agrario • 29/2006 do i processi di umificazione e mineralizzazione decisivi nel formulare il «destino» umico del suolo (Rasmussen at al., 1980; Campbell et al., 1993). Inoltre l’intervento meccanico, incidendo significativamente su quasi tutte le principali variabili di stato del sistema suolo, contribuisce a determinare le effettive condizioni di abitabilità del terreno, influenzando direttamente il comportamento produttivo delle colture (AA.VV., 1999), ma proprio a causa della numerosità dei fattori coinvolti non risulta sempre facile valutarne gli effetti, spesso complicati dalle interazioni che si stabiliscono, di volta in volta, con la natura del terreno, con le condizioni climatiche del sito o con la particolare specie coltivata. Presupposti indispensabili per approfondire la conoscenza dei fenomeni di interesse diventano allora un’adeguata lunghezza del periodo di monitoraggio sperimentale, la reiterata ripetizione degli stessi trattamenti sulle medesime parcelle e il ricorso a macchine agricole comunemente utilizzate nella pratica aziendale. Il soddisfacimento di tali requisiti appare infatti irrinunciabile per poter tentare di estrapolare dai risultati delle ricerche indicazioni utili a orientare il comportamento degli agricoltori nella realtà operativa aziendale. La disponibilità, ad esempio, di una serie adeguatamente estesa di risultati sperimentali permette di ridurre l’influenza dei particolari decorsi climatici e colturali registrati, delineando andamenti generali di medio-lungo periodo. La ripetizione dei trattamenti sulle stesse unità sperimentali consente, invece, di analizzare l’entità di eventuali effetti residui e cumulati che, anno dopo anno, possono condurre alla manifestazione di trend altrimenti non rilevabili. Infine il ricorso a una meccanizzazione di tipo aziendale rassicura sulla effettiva percorribilità degli itinerari tecnici proposti e sulla reale applicabilità dei risultati ottenuti, perlomeno all’interno del comprensorio pedoclimatico di riferimento. Purtroppo in Italia le esperienze che rispondono a queste caratteristiche sono decisamente poco numerose a causa, in primo luogo, delle risorse finanziarie e degli sforzi organizzativi che il loro allestimento inevitabilmente comporta. Per questi motivi i ricercatori sono spesso costretti a dare la preferenza a dispositivi sperimentali più semplici, in grado di fornire risposte più immediatamente spendibili sia nel campo della ricerca che 14 S.s. granella (t/ha) 12 10 8 6 4 2 0 1991 1992 1993 1994 1995 1996 1997 1998 1999 2000 2001 2002 2003 2004 2005 A50 = aratura profonda (45-50cm) A25 = aratura superficiale (25-30 cm) D50 = discissura (45-50 cm) A2ST = aratura leggera+ripuntatura LM = lavorazione minima (10-15 cm) GRAFICO 1 - Effetto delle tecniche di lavorazione del terreno sulla produzione di granella di mais (0% di umidità) nel periodo considerato Nel 2004 si è assistito alla massima differenza tra le due lavorazioni a maggior contrasto: aratura profonda e lavorazione minima, a tutto vantaggio di quest’ultima. tisticamente superiori in 5 annate (1993, 1994, 1995, 1996 e 2004) e solo nel 1992 è stata rilevata una modesta superiorità produttiva a vantaggio dell’A50 (6,02 contro 5,73 t/ha dell’A25). Effetti delle lavorazioni Nel caso dell’aratura a due strati e della sulla produttività del mais discissura a 50 cm, la superiorità rispetto all’A50 risulta statisticamente confermaL’analisi dei dati relativi alla resa utile ta per 6 annate (1991, 1993, 1994, 1995, del mais (limitatamente alle 5 tecniche 1996 e 2004) e anche quando le differendi lavorazione che tutti gli anni si realiz- ze non risultano significative le due teczano sulla medesima parcella e alla dose niche di lavorazione alternativa risultano di azoto pari a 200 kg/ha) mostra che in comunque preferibili all’A50. L’adozione della tecnica di lavorazioannate con andamento termico e pluviometrico decisamente diverso il livel- ne minima, nel confronto con l’A50, ha lo produttivo registrato si è differenziato condotto a vantaggi produttivi statistinotevolmente oscillando, in media, tra le camente rilevanti solo in quattro anna3,50 e le 12,33 t/ha (grafico 1). L’indagine te anche se in alcuni casi (2004) tali instatistica dei dati relativi alla produzione crementi di resa hanno raggiunto entità utile, realizzata separatamente fra gli an- ragguardevoli (+6,45 t/ha). L’indagine statistica cumulata (dal ni, evidenzia come non sempre (6 volte su 14) il comportamento produttivo del 1991 al 2004) relativa alle rese granellari (tabella 2) conferma i mais risulti significarisultati ottenuti daltivamente influenzaLe lavorazioni giocano un ruolo le analisi svolte per le to dalle scelte operafondamentale nel condizionare singole annate. Il rite dall’agricoltore in i rapporti tra le diverse fasi corso alla D50 semtermini di intervento del terreno modulando bra determinare, rimeccanico e, quanspetto all’aratura sia do questo accade, coil contenuto di sostanza organica profonda che leggera, me le tecniche più efincrementi produttificaci si dimostrino quelle alternative all’aratura profonda vi statisticamente significativi (+39% nei confronti della A50 e +15% nei confronti (D50 e LM). In particolare, rispetto all’A50 che per della A25). La LM ha fatto registrare promolti agricoltori rappresenta ancora la duzioni utili inferiori rispetto alla D50 scelta di riferimento, le risposte pro- (7,34 t/ha contro 8,07 t/ha), ma superioduttive del mais realizzato adottando ri a quelle ottenute con l’A50. Nessuna l’aratura superficiale sono risultate sta- differenza significativa è stata, invece, della divulgazione, ma che non consentono di formulare una opportuna valutazione dei fenomeni indagati. registrata tra la D50 e l’A2ST, mentre fra le due tecniche di aratura quella più intensiva (A50) ha fatto registrare, rispetto quella meno profonda (A25), decrementi granellari pari al 17% che sono risultati statisticamente rilevanti. Tali risultati assumono poi particolare interesse alla luce dei costi attribuibili ai diversi tipi di intervento meccanico; così la discissura a 50 cm oltre a determinare un vantaggio produttivo medio, rispetto all’A50, di oltre 2 t/ha di granella (circa 250 euro/ha) ha consentito anche di conseguire un risparmio diretto di circa 90 euro/ha in relazione ai minori costi di esecuzione. E ancora la lavorazione minima, sempre rispetto all’aratura a 50 cm, può determinare un incremento di reddito di poco inferiore a 300 euro/ha, grazie sia ai maggiori ricavi (circa 180 euro/ha) che ai minori costi (115 euro/ha). Effetti delle lavorazioni sul terreno Per quanto riguarda le modifiche registrate a carico delle caratteristiche del terreno a seguito dell’applicazione della medesima tecnica di lavorazione ripetuta per molti anni sullo stesso terreno, emerge, dall’analisi dei risultati relativi ai diversi profili analizzati, la tendenza a una lieve riduzione della sostanza organica nel periodo considerato, indipendentemente dalla tecnica di lavorazione adottata (grafico 2). Ciò potrebbe essere messo in relazione alla coltura ripetuta del mais che sembra condurre, anche in presenza di notevoli quantità dei residui colturali interrati, a un lento ma inesorabile decremento del tasso umico del terreno. Nello strato più superficiale (0-15 cm), TABELLA 2 - Effetto delle tecniche di lavorazione sulla produzione di granella. Valori medi dei quattordici anni (1991-2004) A50 - aratura profonda (45-50 cm) A25 - aratura superficiale (25-30 cm) A2ST - aratura leggera + ripuntatura (23-30 cm) D50 - discissura (45-50 cm) LM - lavorazione minima (10-15 cm) Sostanza secca granella (t/ha) 5,82 c 7,03 b 7,61 ab 8,00 a 7,34 b Le medie contrassegnate dalle stesse lettere non sono significativamente diverse per P ≤ 0,05 (Duncan’s multiple range test). La discissura determina un incremento produttivo del 39% rispetto all’aratura profonda. 29/2006 • L’Informatore Agrario 43 Lavorazione del terreno S S PEC I ALE S PEC I ALE 0-15 cm Sostanza organica (%) 2,2 1,9 1,6 1,3 1,0 2,5 1984 30-45 cm 1,9 1,6 1,3 1984 2004 A50 = aratura profonda (45-50cm) A2ST = aratura leggera+ripuntatura LM = lavorazione minima (10-15 cm) 2,2 1,9 1,6 1,3 1,0 2004 2,2 1,0 15-30 cm 2,5 2,5 Sostanza organica (%) Sostanza organica (%) 2,5 Sostanza organica (%) Lavorazione del terreno S 1984 2004 0-45 cm 2,2 1,9 1,6 1,3 1,0 1984 2004 A25 = aratura superficiale (25-30 cm) D50 = discissura (45-50 cm) GRAFICO 2 - Effetto delle tecniche di lavorazione del terreno sul contenuto in sostanza organica (1984 e 2004) nei diversi strati Negli strati superficiali le tecniche di lavorazione semplificate incrementano o mantengono il contenuto di humus. la riduzione appare comunque più conte- ra profonda. nuta nel terreno sottoposto a lavorazione Analoghe considerazioni valgono anche minima (-6%), mentre risulta decisamen- per l’orizzonte compreso tra 30 e 45 cm. te più rilevante nel suolo arato profonda- Il terreno arato profondamente (A50) e mente (-22%). Quest’ultima tecnica ha fat- rippato (D50) ha presentato un contenuto registrare, nel 2004, concentrazioni di to in sostanza organica statisticamente insostanza organica statisticamente inferiori feriore rispetto a quello arato superficiala quelle osservate in corrispondenza delle mente e con la tecnica del doppio strato, altre tipologie di intervento meccanico. Di mentre nessuna differenza è stata ossercontro, il contenuto in sostanza organica vata tra queste ultime e la semplice erpidel terreno lavorato con erpice a dischi catura (LM). (LM) è risultato significativamente supeI risultati sopra esposti appaiono di noriore rispetto a quello delle parcelle con tevole interesse in quanto indicano che i A25, A2ST e D50 (equivalenti fra loro). benefici effetti, da molti riconosciuti alle Insieme al maggiore contenuto in sostan- tecniche semplificate di lavorazione del za organica rilevato in questo strato, la terreno in termini di incremento o manLM ha evidenziato tenimento del conteanche una maggionuto in humus nello La lavorazione minima re attività enzimatistrato più superficiadel terreno permette di conservare ca confermando cole del terreno, non il contenuto di sostanza organica sì la sua capacità di implicano necessae di incrementare quello in fosforo migliorare non solriamente una ridutanto la fertilità chizione della frazione assimilabile negli orizzonti mica del terreno ma organica negli strapiù superficiali anche quella bioloti più profondi non gica. interessati dall’inNello strato di terreno sottostante (15- tervento meccanico, grazie presumibil30 cm) il tenore umico misurato nel 2004 mente alla induzione di un minor tasso su A25, A2ST e LM si è significativamen- di umificazione e una maggiore attività te diversificato da quello dell’A50, men- biologica. tre nessuna differenza apprezzabile si è Relativamente invece agli effetti proregistrata tra quest’ultima e la discissu- dotti dalle diverse tecniche di lavorazio- 44 L’Informatore Agrario • 29/2006 ne a carico dei due principali nutrienti presenti nel terreno (azoto e fosforo) si può affermare che il contenuto in azoto totale è risultato decisamente meno sensibile al tipo di intervento meccanico adottato. Nell’orizzonte più superficiale e in quello intermedio infatti non sono state rilevate differenze significative tra le tesi poste a confronto, sia nel 1984 che nel 2004, anche se la lavorazione minima si è dimostrata la tecnica comunque in grado di conservare un più elevato contenuto in azoto; e anche considerando l’intero strato monitorato (0-45 cm) non si sono registrati valori statisticamente eterogenei. La concentrazione in fosforo assimilabile si è dimostrata invece decisamente più variabile dal tipo di lavorazione adottata (grafico 3), a causa della maggiore immobilità dell’elemento e quindi dell’importanza giocata dal tipo di lavorazione adottata sulla dislocazione dei concimi fosforici. Nell’orizzonte più superficiale del terreno, le differenze tra le tecniche sono risultate chiaramente evidenti fin dal 1984, cioè dopo soli tre anni dall’inizio della ricerca. Vent’anni dopo, nel 2004, le differenze osservate si sono ulteriormente accentuate. La LM è risultata essere la tecnica che ha condotto al più alto contenuto in fosforo assimilabile nei primi 15 cm di suolo, differenziandosi statisticamente sia dall’A50 che dall’A25. Le modalità di lavorazione che prevedevano il taglio verticale del terreno (D50 e A2ST) si sono collocate a un livello intermedio e non sono risultate significativamente diverse tra loro. In corrispondenza dello strato di terreno compreso tra 15 e 30 cm di profondità, i livelli di fosforo assimilabile rilevati nei terreni sottoposti alla LM sono risultati inferiori rispetto a quelli relativi a A25, A2ST e D50. Infine, in corrispondenza dell’orizzonte più profondo (3045 cm) le tecniche di lavorazione hanno fatto registrare nel 2004 valori di fosforo assimilabile progressivamente decrescenti a partire da A2ST, A25, A50, D50, fino alla LM. Nel profi lo di terreno è quindi possibile individuare due andamenti diversi del contenuto in fosforo assimilabile: il primo, comune a tutte le tecniche che prevedono il rovesciamento del terreno, è caratterizzato da una distribuzione sostanzialmente omogenea dell’elemento nei diversi orizzonti; il secondo, tipico della lavorazione minima e della discissura (tecniche che non prevedono il rove- Fosforo assimilabile (ppm) 40 30 20 10 0 50 1984 2004 30-45 cm Fosforo assimilabile (ppm) Fosforo assimilabile (ppm) Fosforo assimilabile (ppm) 0-15 cm 50 40 30 20 10 0 1984 2004 A50 = aratura profonda (45-50cm) A2ST = aratura leggera+ripuntatura LM = lavorazione minima (10-15 cm) 15-30 cm 50 40 30 20 10 0 50 1984 2004 0-45 cm 40 30 20 10 0 1984 2004 A25 = aratura superficiale (25-30 cm) D50 = discissura (45-50 cm) GRAFICO 3 - Effetto delle tecniche di lavorazione del terreno sul contenuto in fosforo assimilabile (1984 e 2004) nei diversi strati L’andamento del fosforo assimilabile nel profilo del terreno è fortemente influenzato dal tipo di lavorazione per effetto della maggiore immobilità dell’elemento rispetto all’azoto. sciamento del terreno), presenta un inesorabile decremento passando dall’orizzonte più superficiale a quelli sottostanti. Nonostante la minore presenza di fosforo osservata negli strati maggiormente esplorati dalle radici dei terreni non arati, non si sono però ancora registrate carenze dell’elemento nelle fasi giovanili della coltura e neppure minore concentrazione del nutriente nelle varie parti della pianta (foglie, granella, fusti). Considerazioni conclusive I risultati ottenuti nel corso del periodo di sperimentazione (1991-2004) sembrano evidenziare una sostanziale inferiorità produttiva della coltura realizzata con la tecnica di aratura convenzionale (A50) rispetto sia alle tecniche alternative all’aratura (D50 e LM) che alle tecniche che prevedono una riduzione della profondità di lavoro (A25 e A2ST). Nel primo caso (D50 e LM) i vantaggi produttivi sono accompagnati anche da una significativa riduzione dei costi di esecuzione delle operazioni meccaniche (-90 e -115 euro/ha rispettivamente), cui si dovrebbero aggiungere anche i successivi risparmi indotti da una più semplice e più rapida preparazione del letto di semina. In particolare le tecniche che fanno ricorso alla fessurazione profonda del suolo (A2ST e D50) sono risultate quelle maggiormente in grado di garantire livelli produttivi superiori a quelli conseguiti con l’A50, indipendentemente dal decorso climatico registrato nei singoli anni. Eliminando la formazione di suole di lavorazione e favorendo l’immagazzinamento dell’acqua, l’impiego di queste tecniche su terreni limosi, che facilmente si destrutturato e si compattano, sembra particolarmente idoneo. Il ricorso alla lavorazione minima, quale tecnica principale di lavorazione del terreno, ha determinato una produttività della coltura che, complessivamente, è risultata inferiore soltanto alla discissura, pur dimostrandosi più sensibile al particolare decorso climatico registrato. L’applicazione di queste tecniche di lavorazione del terreno potrebbe quindi essere riproposta come valido strumento (in determinati ambienti e per determinate colture) di incremento della competitività delle commodities nazionali grazie alla significativa riduzione dei costi di produzione in aziende cerealicole che fanno sistematicamente ricorso al contoterzismo. Sotto il profilo più strettamente agronomico i risultati conseguiti hanno in gran parte confermato quanto riportato in let- teratura in merito alla capacità della tecnica di lavorazione minima di conservare il contenuto in sostanza organica e di incrementare il contenuto in fosforo assimilabile negli orizzonti più superficiali del terreno; ma anche il ricorso a tecniche più intensive, quali la discissura profonda e soprattutto l’aratura superficiale e l’aratura a due strati, sembrano poter costituire una valida alternativa all’aratura profonda per quel che riguarda il mantenimento di un buon livello di humus nel terreno e una maggiore localizzazione del fosforo negli strati più superficiali. Questa capacità, ampiamente riconosciuta a livello mondiale alla non lavorazione del terreno (la più estrema delle tecniche di lavorazione alternative), assume oggi anche una importante valenza ambientale nell’ottica di ridurre la quantità di gas a effetto serra nell’atmosfera, CO2 in particolare. Infatti, aumentare il contenuto in sostanza organica del terreno non rappresenta soltanto uno modo per migliorare la fertilità ma significa anche sottrarre all’atmosfera, in maniera stabile nel tempo, quel carbonio organicato dalle piante e interrato nel terreno sotto forma di residui colturali (Mazzoncini et al., 2004) In conclusione, l’adozione di differenti modalità di lavorazione del terreno può determinare apprezzabili variazioni delle proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo oltre che condizionare la produttività delle colture e di conseguenza il reddito dell’agricoltore. L’entità di tali variazioni e il tempo necessario al loro manifestarsi dipende da numerosi fattori (tipo di suolo, andamento climatico, specie coltivata, ecc.) e solo il ricorso a dispositivi sperimentali adeguati (per durata e organizzazione) può consentire di fornire indicazione utili alla risoluzione di un problema comunque complesso. • Nicola Silvestri, Marco Mazzoncini Dipartimento di agronomia e gestione dell’agroecosistema – Università di Pisa Antonio Coli Centro interdipartimentale di ricerche agroambientali «E. Avanzi» – Università di Pisa Enrico Bonari Scuola superiore di studi universitari e di perfezionamento «S. Anna» di Pisa Lavoro eseguito con il contributo del Mipaf nell’ambito del progetto «Conservazione e valorizzazione della risorsa suolo: definizione delle qualità del suolo ai fini della gestione agricola e forestale ecocompatibile» La bibliografia sarà consultabile all’indirizzo: www.informatoreagrario.it/bancadati 29/2006 • L’Informatore Agrario 45 Lavorazione del terreno S S PEC I ALE BIBLIOGRAFIA AA.VV. (1999) - Le lavorazioni del terreno. Progetto Editoriale Panda - Mipaf, volume n. 2. Edizioni L’Informatore Agrario, Verona, 219 pp. Bonari E., Mazzoncini M., Peruzzi A., (1988) - Tecniche di lavorazione del terreno: analisi dei tempi e dei consumi su un terreno di medio impasto. Macchine & Motori Agricoli, 2: 41-47. Bonari E., Mazzoncini M., Peruzzi A. (1990a) - Aspetti meccanici ed energetici in differenti tecniche di lavorazione del terreno. Agricoltura Ricerca, 110: 13-20. Bonari E., Mazzoncini M., Peruzzi A. (1990b) - La lavorazione del terreno su suoli argillosi. Macchine & Motori Agricoli, 6: 76-86. Bonari E., Mazzoncini M., Peruzzi A. (1990c) - La lavorazione del terreno nei suoli limosi. Macchine & Motori Agricoli, 6: 79-86. Bonari E., Mazzoncini M., Peruzzi A. (1992a) - Lavorazioni e caratteristiche fisiche del terreno. Macchine & Motori Agricoli, 6: 41-47. Bonari E., Mazzoncini M., Peruzzi A. (1992b) - Tempi di intervento e consumi di gasolio. Macchine & Motori Agricoli, 6: 48-53. Campbell, C.A., Zentner, R.P. (1993) Soil organic matter as influenced by crop rotations and fertilization. Soil Sci. Soc. Am. J., 57: 1034-1040. Doran J.W., Parkin T.B. (1994) - Defining and assessing soil quality. SSSA Special Publication 35. In: J.W. Doran, D.C. Coleman, D.F. Bedizcek, B. A. Stewart eds. «Defining soil Quality for a Sustainable Environment», SSSA/ASA, Madison, WI, 3-21. Larson W.E., Pierce F.J. (1994) - The dynamics of soil quality as a measure of sustainable management. SSSA Special Publication 35. In: J.W. Doran, D.C. Coleman, D.F. Bedizcek, B. A. Stewart eds. «Defining soil Quality for a Sustainable Environment», SSSA/ASA, Madison, WI, 37-51. Mazzoncini M., Di Bene C., Coli A., Bonari E. (2004) - Gestione degli agroecosistemi e mitigazione dell’effetto serra. L’Informatore Agrario, 16: 27-32. Parr J.F., Papendick R.I., Hornick S.B., Meyer R.E. (1992) - Soil quality: attributes and relationship to alternative and sustainble agricolture. Am. J. Altern. Agric., 7: 5-12. Rasmussen, P.E., Allmaras, R.R., Rohde, C.R., Roager, N.C. Jr. (1980) - Crop residue influences on soil carbon and nitrogen in a wheat-fallow system. Soil Sci. Soc Am. J., 44: 596-600. Toderi G., Bonari E. (1986a) - Lavorazioni del terreno: aspetti agronomici. I. Interazioni tra lavorazioni del terreno, clima, altre tecniche agronomiche. Riv. di Agron., 2-3: 85-105. Toderi G., Bonari E. (1986b) - Lavorazioni del terreno: aspetti agronomici. II. Lavorazioni e pianta coltivata. Riv. di Agron., 2-3: 106-133. 29/2006 • L’Informatore Agrario 1 Lavorazione del terreno S S PEC I ALE