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SOMMARIO
Classificazione delle strade
e individuazione del
proprietario/gestore *
1. Premessa. – 2. La classificazione delle strade in base alle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali. – 2.1. Le Autostrade. – 2.2. Le strade extraurbane. – 2.3.
Le strade urbane. – 2.4. Le strade locali. – 2.5. Le piste ciclabili. – 2.6. Le strade di
servizio. – 3. Precisazioni. Classificazione delle strade in base al criterio della proprietà. – 4. L’individuazione del soggetto passivo nelle azioni risarcitorie. – 4.1. Gli
obblighi gravanti sui proprietari delle strade pubbliche. – 4.2. Gli enti territoriali
affidatari dei servizi di gestione e manutenzione. – 4.3. Le società concessionarie e
subconcessionarie. – 4.4. L’A.N.A.S. S.p.A. – 4.5. I custodi delle piste ciclopedonali. – 4.6. I custodi delle strade private aperte al pubblico. – 4.6.1. Strade vicinali interne ai centri abitati: legittimazione passiva dei Comuni. – 4.6.2. Strade vicinali
extraurbane: legittimazione passiva dei consorzi obbligatori e dei singoli proprietari.
1. Premessa
Quello della responsabilità civile è uno dei capitoli più discussi della nostra
tradizione giuridica, terreno di continua verifica di tenuta del sistema.
Più in particolare, il tema della responsabilità della P.A. per i danni derivanti all’utenza a causa di omessa od insufficiente manutenzione di beni de-
* Alla redazione del capitolo ha partecipato Antonio De Palma.
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Capitolo Primo
maniali (sub specie, strade pubbliche) ha a lungo interessato dottrina e giurisprudenza, a tal punto da generare una serie di orientamenti differenti (per il
cui inquadramento, si rinvia ai capitoli successivi).
In materia di circolazione stradale, è pacificamente riconosciuta la centralità della triade costituita da infrastruttura stradale, uomo e veicolo.
Il legislatore ha preso atto del fatto che difetti di progettazione ovvero carenze di manutenzione della strada possano causare un vertiginoso aumento
dell’incidentalità stradale, o perlomeno contribuirvi. Pertanto, si è ritenuto
necessario individuare in capo ai soggetti proprietari e/o ai gestori della rete
viaria una serie di obblighi di protezione nei confronti dell’utenza, che, partendo dalla più elementare manutenzione ordinaria, vanno a ricomprendere
finanche l’azione di prevenzione. Ciò in quanto non è ritenuta sufficiente una
azione di rilevazione ex post dei c.d. “punti neri”, onde intervenire per la loro
eliminazione solo dopo che in quei tratti stradali si sono verificati e ripetuti
incidenti, magari anche mortali. La violazione di detti obblighi comporta una
responsabilità civile dell’Ente (oggettiva o semi-oggettiva, come si vedrà) cui
questi può sottrarsi solo provando l’esistenza del caso fortuito.
Invero, negli ultimi tempi si è progressivamente affermata una rivisitazione
dei tradizionali modelli di responsabilità civile, fondati sostanzialmente sulla
«ripugnanza di un comportamento ritenuto giuridicamente e moralmente inac1
cettabile» .
Detta rivisitazione ha finito per riguardare soprattutto il binomio “responsabilità-colpa (o dolo)”, che per lungo tempo ha rappresentato il criterio logico-giuridico di imputazione della “sanzione”, e che oggi viene spesso inteso e
studiato in special modo in termini di solidarietà sociale.
Significativa, sul punto, appare una recente pronuncia della Corte di Cassazione, in cui, in sostanza, si prende atto di un mutamento ormai irreversibile
nell’ordinamento:
Giurisprudenza
«(…) l’assoggettamento della P.A. alle regole del diritto privato, e la considerazione della medesima su un piano di parità con gli altri soggetti quando agisce iure privatorum nell’ambito
dei comuni rapporti della vita di relazione, risponde ormai ad un’esigenza pienamente avvertita nella coscienza sociale (…)»
Cass. 22 aprile 1999, n. 3991.
Nonostante i recenti interventi Giurisprudenziali, volti a fornire criteri
ermeneutici uniformi, varie spinte centrifughe, dovute in primis allo svilup1
R. TRAVERSA, La responsabilità della Pubblica Amministrazione ex art. 2051 c.c., in www.
overlex.com.
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
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po tecnico, revocano in dubbio la funzionalità delle norme sulla responsabilità extracontrattuale. Occorre tuttavia aver ben chiaro che il diritto è pur
sempre un fenomeno sociale, per cui quella che può apparire la soluzione
definitiva, in realtà finisce per essere solo un passaggio evolutivo, che, per
quanto importante possa sembrare, è destinato, comunque, a subire un ulteriore sviluppo.
Naturalmente, l’intero dibattito non può prescindere da una previa individuazione dei soggetti inquadrabili come custodi delle strade, il che, con riferimento all’oggetto della presente trattazione, implica una disamina della disciplina del demanio stradale e della classificazione delle strade ivi rientranti
ovvero escluse: infatti, a seconda della particolare tipologia di strada (pubblica, vicinale, privata), viene a mutare il soggetto legittimato passivo nell’ambito
dell’azione risarcitoria.
Non va, altresì, trascurata l’ipotesi in cui gli enti proprietari delle strade
pubbliche trasferiscano o comunque affidino (anche solo in via temporanea)
la custodia/gestione delle stesse o di tratti di esse ad altri soggetti (altri enti
territoriali, società concessionarie, società appaltatrici, ecc.).
Appare, dunque, essenziale fare il punto in tema di legittimazione passiva
nell’ambito di un’eventuale azione risarcitoria, ovverosia chiarire su quali figure gravino i doveri di gestione, manutenzione e sicurezza delle strade pubbliche. È del tutto evidente, infatti, che la possibile dissociazione tra le amministrazioni pubbliche, da un lato, e i costi di gestori privati dall’altro, può incidere sulla determinazione della legittimazione passiva, fermo restando che la
titolarità del bene potrebbe comunque giustificare il permanere della legittimazione passiva in capo all’Ente proprietario (si veda il cap. 6).
Va, altresì, chiarita la posizione della P.A. con riferimento alle strade private aperte al pubblico transito e soggette ad uso pubblico (le c.d. “strade vicinali”): è necessario chiedersi se la P.A. possa essere chiamata o meno a rispondere dei danni che si sono prodotti su strade non rientranti nel demanio
stradale, ma comunque accessibili al pubblico.
L’evoluzione interpretativa della giurisprudenza di legittimità, in merito a
casi di responsabilità per cose in custodia, non fa altro che confermare il dato
per cui l’avvicinamento graduale del tempo del diritto al tempo dell’evoluzione sociale è dato proprio dall’operare sinergico dei formanti giurisprudenziali e dottrinali.
In questo contesto va ad inquadrarsi l’eterno conflitto tra gli orientamenti
che, ai fini della disciplina della responsabilità della P.A. per danni da cose in
custodia (sub specie: danni derivanti da cattiva manutenzione del manto stradale), suggeriscono, rispettivamente, l’applicazione dell’art. 2043 c.c., in tema
di responsabilità extra-contrattuale tout court, ovvero dell’art. 2051 c.c., che
disciplina, più specificatamente, il danno cagionato da cose in custodia.
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Capitolo Primo
La scelta tra l’applicazione dell’uno o dell’altro articolo non è di poco conto, considerato il precipitato pratico, soprattutto laddove vengano in considerazione le conseguenze in termini processuali (id est: ripartizione dell’onere
probatorio).
Allo stato attuale, una corretta individuazione dei custodi/esercenti/gestori
delle strade pubbliche, ed una conseguente corretta individuazione delle rispettive responsabilità, passano necessariamente attraverso un’accurata analisi
della classificazione delle strade, di cui all’art. 2, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285
2
(«Nuovo Codice della Strada») .
Due sono i tipi di classificazione delle strade, strettamente connesse tra loro, che si fondano, rispettivamente,
a) sulle caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali dei vari tratti stradali e
b) sulla proprietà.
Con riferimento alla prima classificazione, lo stesso legislatore individua
due “macro-categorie”, costituite dalle:
1. strade urbane;
2. strade extraurbane.
e, all’interno di queste, individua tutta una serie di sotto-categorie.
Più precisamente, tenendo presente che, ai sensi dell’art. 3, nn. 50 e 51,
C.d.S.:
Normativa
«1. Ai fini delle presenti norme le denominazioni stradali e di traffico hanno i seguenti significati:
(…)
50) Strada extraurbana: strada esterna ai centri abitati.
51) Strada urbana: strada interna ad un centro abitato. (…)»
l’art. 2, C.d.S. articola le tipologie di strade nel seguente modo:
Normativa
«(…) 2. Definizione e classificazione delle strade.
1. Ai fini dell’applicazione delle norme del presente codice si definisce «strada» l’area ad uso
pubblico destinata alla circolazione dei pedoni, dei veicoli e degli animali.
2
Sul tema, cfr. M. BONA, La responsabilità civile dei custodi delle strade pubbliche, Milano,
2007.
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
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2. Le strade sono classificate, riguardo alle loro caratteristiche costruttive, tecniche e funzionali, nei seguenti tipi:
A – Autostrade;
B – Strade extraurbane principali;
C – Strade extraurbane secondarie;
D – Strade urbane di scorrimento;
E – Strade urbane di quartiere;
F – Strade locali;
F-bis. Itinerari ciclopedonali».
Di seguito, dopo la descrizione delle caratteristiche strutturali e funzionali
di ciascuna tipologia stradale, si procederà all’individuazione e descrizione dei
soggetti che, di volta in volta, ne sono i proprietari, ovvero gestori/concessionari/subconcessionari e così via, e che, in quanto tali, vanno considerati responsabili (pur con i dovuti distinguo) in ipotesi di eventuali azioni risarcitorie
determinate da danni riconducibili ad omessa o cattiva manutenzione del
manto stradale.
2. La classificazione delle strade in base alle caratteristiche costruttive,
tecniche e funzionali
2.1. Le Autostrade
Al fine di un corretto inquadramento della materia de qua, e per fugare
qualsivoglia dubbio interpretativo, per la definizione di “Autostrada”, come
per tutte le altre definizioni, viene in ausilio lo stesso legislatore: l’autostrada
rappresenta uno speciale tipo di via carrabile, per sua natura destinata alla
percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, «dotata di recinzione e di sistemi
di assistenza all’utente lungo l’intero tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore», secondo la definizione l’art. 2, comma 3, lett.
A), C.d.S., che così recita:
Normativa
«(…) 3. Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:
A – Autostrada: strada extraurbana o urbana a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia, eventuale banchina pavimentata a sinistra e corsia di emergenza o banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a
raso e di accessi privati, dotata di recinzione e di sistemi di assistenza all’utente lungo l’intero
tracciato, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a motore e contraddistinta da
appositi segnali di inizio e fine. Deve essere attrezzata con apposite aree di servizio ed aree
di parcheggio, entrambe con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.
(…)».
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Capitolo Primo
Perché possa definirsi “Autostrada”, una strada deve possedere caratteristiche minime ed imprescindibili:
– doppia carreggiata con almeno quattro corsie (due per ogni senso di marcia);
– indipendenza o separazione con spartitraffico continuo ed invalicabile tra
le due carreggiate;
– presenza di corsia di emergenza, da intendersi quale corsia, adiacente alla
carreggiata, destinata alle soste di emergenza, al transito dei veicoli di soccorso
ed, eccezionalmente, al movimento dei pedoni, nei casi in cui sia ammessa la
circolazione degli stessi;
– assenza di intersezioni a raso e accessi privati;
– recinzione lungo l’intero tracciato, onde evitare che si introducano nella
carreggiata degli animali che andrebbero ad interferire pericolosamente con
l’andatura sostenuta delle autovetture;
– dotazione di aree di servizio e di aree di parcheggio;
– accesso riservato solo a determinate categorie di veicoli (ad es. è vietato
l’accesso alle biciclette);
– segnalazione, ben visibile e riconoscibile, di inizio e fine del tracciato.
Naturalmente, sussistono ulteriori requisiti, che non sono indicati nella
norma, ma che si concretizzano in una serie di condizioni geometriche e costruttive (quali ad es. predisposizione degli svincoli con accesso da rampe scostate dal flusso principale del traffico) e nel posizionamento di telefoni di emergenza con una certa frequenza lungo il tracciato.
Deve sussistere un’adeguata segnalazione orizzontale (linee bianche tratteggiate per delimitare l’ampiezza delle corsie e linea bianca continua per delimitare lo spazio destinato al traffico, definendo le corsie e le piazzole di emergenza).
Anche le autostrade, come gli altri tipi di strada, devono presentare elementi essenziali in termini di sicurezza (catarifrangenti, strisce sonore, pavimentazione dotata di un drenaggio commisurato alle condizioni atmosferiche
medie dell’area geografica di riferimento, manto stradale idoneo a contrastare
il fenomeno dell’aquaplaning, ecc.).
L’accesso alle autostrade avviene tramite il pagamento di un pedaggio e
3
l’insorgere di un rapporto contrattuale tra il gestore e l’utente, con conseguente legittimo affidamento da parte di quest’ultimo su una vigilanza ed un
controllo di particolare intensità, resi altresì possibili dalle dotazioni oggi disponibili per il gestore.
3
Si è espressa nel senso dell’instaurarsi di un rapporto contrattuale tra gestore dell’autostrada e utenti: Cass., Sez. III, 13 gennaio 2003, n. 298, in Giur. it., 2003, p. 2258.
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
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La natura contrattuale del rapporto di utenza autostradale è stata fondata
4
essenzialmente su due argomenti :
1. le somme riscosse dal gestore hanno natura di “prezzo” (pubblico) piuttosto che di “tassa”, trattandosi di corrispettivo versato in funzione dell’utilizzo del servizio, e quindi dotato di rilevanza sinallagmatica, incompatibile
con la natura della tassa che invece rappresenta un mero tributo. La natura
di corrispettivo, deve precisarsi, è da intendersi in senso strettamente giuridico (civilistico), in quanto connota un «contratto commutativo a titolo one5
roso» .
6
2. la normativa fiscale prevede che l’imposta sul valore aggiunto si applichi alle prestazioni di servizi effettuate nel territorio dello Stato, tra cui sono
ricompresi anche i pedaggi autostradali. Se il pedaggio fosse qualificabile come tassa risulterebbe inconcepibile ammettere l’imposizione di un tributo su
un altro tributo.
L’aver definito come contrattuale il rapporto utente/concessionario, uni7
forma l’impostazione giuridica della Corte di Cassazione civile a quelle, pre8
9
cedenti, della Corte di Cassazione penale e del Tar , in ossequio al principio
di coerenza secondo cui la diversità delle sedi decisorie non giustifica l’anti10
nomia delle qualificazioni delle medesime realtà giuridiche .
4
Cfr. I. REDI, In tema di responsabilità dei proprietari o dei concessionari di autostrade, in
Giur. it., 2003, p. 2258.
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In termini identici: Cass. pen., Sez. Un., 9 luglio 1997, n. 7738, in Arch. giur. circ., 2003, p.
351; Cass., Sez. III, 13 gennaio 2003, n. 298.
6
Cfr. artt. 1 e 3, legge 26 ottobre 1972, n. 633.
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Che in precedenza (specialmente con Cass., Sez. Un., 7 agosto 2001 n. 10893, in Giur. it.,
2002, p. 1065) avevano invece sostenuto la natura extracontrattuale della responsabilità del concessionario di un’autostrada nei confronti degli utenti.
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Cfr. Cass. pen., Sez. Un., 9 luglio 1997, n. 7738, in Arch. giur. circ., 2003, p. 351.
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Cfr. Tar Lazio, 3 settembre 1998, n. 2251, in Trib. amm. reg., 1998, I, p. 3583; Tar Lazio,
17 dicembre 1990, n. 1906, in Foro amm., 1991, c. 1554; Tar Lazio, 10 gennaio 1992, n. 23, in
Giur. it., 1993, c. 130.
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Sul punto si veda Cass., Sez. III, p.p, 13 gennaio 2003, n. 298: «la diversità delle sedi decisorie non giustifica evidentemente l’antinomia, non costituendo lo scopo di evitare paventate conseguenze ragione sufficiente a spiegare come un rapporto possa avere natura contrattuale o non, a
seconda che si tratti di sanzionare penalmente il comportamento di chi non paghi il pedaggio, ovvero di distribuire in un modo o nell’altro l’onere della prova in relazione al danno subito
dall’utente a seguito di situazioni di pericolo provocate o non tempestivamente eliminate dall’ente
proprietario o concessionario dell’autostrada».
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Capitolo Primo
2.2. Le strade extraurbane
Con riferimento alla categoria delle strade extraurbane, il C.d.S. distingue
diverse sotto-categorie:
Normativa
«(…) 3. Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:
(…) B – Strada extraurbana principale: strada a carreggiate indipendenti o separate da
spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a
destra, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta
dagli appositi segnali di inizio e fine, riservata alla circolazione di talune categorie di veicoli a
motore; per eventuali altre categorie di utenti devono essere previsti opportuni spazi. Deve
essere attrezzata con apposite aree di servizio, che comprendano spazi per la sosta, con accessi dotati di corsie di decelerazione e di accelerazione.
C – Strada extraurbana secondaria: strada ad unica carreggiata con almeno una corsia per
senso di marcia e banchine. (…)»
art. 2 C.d.S., D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285.
Nella categoria delle strade extraurbane principali rientrano anche le superstrade, ovverosia strade la cui realizzazione soddisfi determinati requisiti in
merito alla distanza dei fabbricati dalla sede stradale, agli accessi riservati ai
veicoli, alle protezioni di sicurezza, alla segnaletica stradale. In genere trattasi
di arterie stradali, a grande capacità di traffico ed a scorrimento veloce, ad almeno due corsie di marcia ed a carreggiate separate; per questo tipo di strade,
oltre all’assoluto divieto di accesso ai pedoni, sono previste limitazioni anche
al transito di determinati veicoli non a motore (biciclette e similari) e provvisti
di motore a bassa potenza e velocità (ciclomotori, motocicli leggeri, quadricicli, mezzi agricoli, ecc.).
Da un punto di vista strutturale, a ben vedere, sono decisamente esigue le
differenze che intercorrono tra la strada extraurbana principale e l’Autostrada (se si esclude, naturalmente, la differenza più vistosa, riguardante il pagamento del pedaggio, che caratterizza la sola Autostrada): pur essendo simili,
per configurazione, le superstrade (e, più in generale, le strade extraurbane
principali) non sono assimilabili alle autostrade quanto ai limiti di velocità,
che qui sono fissati a 110 km/h.
Vi sono, altresì, alcune superstrade di rilevanza nazionale, che vengono denominate strade di grande comunicazione (SGC).
Talvolta con il termine superstrada si indicano anche i raccordi autostradali, liberi da pedaggio.
I tracciati che non soddisfano i requisiti finora indicati, ma che posseggono
più caratteristiche (raggi di curvatura particolarmente ampi, intersezioni non a
raso, sezione ampia o a più corsie) vanno sotto il nome di strade a scorrimento
veloce, e si fanno rientrare nella categoria delle strade extraurbane secondarie.
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
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2.3. Le strade urbane
Anche per le strade urbane sono possibili ulteriori classificazioni, ed ancora una volta è lo stesso legislatore, a fornirne una descrizione accurata:
Normativa
«(…) 3. Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:
(…) D – Strada urbana di scorrimento: strada a carreggiate indipendenti o separate da
spartitraffico, ciascuna con almeno due corsie di marcia, ed una eventuale corsia riservata ai
mezzi pubblici, banchina pavimentata a destra e marciapiedi, con le eventuali intersezioni a
raso semaforizzate; per la sosta sono previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, entrambe con immissioni ed uscite concentrate.
E – Strada urbana di quartiere: strada ad unica carreggiata con almeno due corsie, banchine pavimentate e marciapiedi; per la sosta sono previste aree attrezzate con apposita corsia
di manovra, esterna alla carreggiata. (…)».
art. 2 C.d.S.
La struttura, l’aspetto e le caratteristiche delle strade urbane variano a seconda dei centri abitati che vengono attraversati, in quanto dipendono dalle
esigenze di traffico e trasporto che di volta in volta vengono in rilievo.
Pertanto nei centri abitati possono rinvenirsi strade totalmente accessibili a
qualsiasi veicolo (c.d. “strade a traffico promiscuo”), ovvero fornite di corsie
riservate al traffico di tram, autobus, taxi, ovvero ancora strade ricomprese in
zone a traffico limitato (z.t.l.), in cui il traffico veicolare cede il passo a quello
pedonale (a limite, è possibile accedervi con biciclette e simili). In quest’ultima ipotesi si preferisce fare riferimento alle ulteriori categorie, più recentemente introdotte dal legislatore, delle piste ciclabili, pedonali, ovvero ciclopedonali (per le quali, v. infra).
2.4. Le strade locali
In via residuale, il C.d.S. classifica come “strade locali” i tracciati urbani o
extraurbani non riconducibili ad alcuna delle tipologie sopra descritte, delineate dalle lett. A, B, C, D ed E dell’art. 2, comma 3, C.d.S.:
Normativa
«(…) 3. Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:
(…) F – Strada locale: strada urbana od extraurbana opportunamente sistemata ai fini di cui
al comma 1 non facente parte degli altri tipi di strade. (…)».
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Capitolo Primo
2.5. Le piste ciclabili
La classificazione di cui al C.d.S. è stata presto arricchita con la previsione
di cui alla lett. F-bis, aggiunta dall’art. 1, decreto legge 27 giugno 2003, n. 151
nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. In tal modo si è potuta
prevedere anche la categoria degli itinerari ciclopedonali:
Normativa
«(…) 3. Le strade di cui al comma 2 devono avere le seguenti caratteristiche minime:
(…) F-bis. Itinerario ciclopedonale: strada locale, urbana, extraurbana o vicinale, destinata
prevalentemente alla percorrenza pedonale e ciclabile e caratterizzata da una sicurezza intrinseca a tutela dell’utenza debole della strada (…)».
Più precisamente, con il termine “piste ciclabili” il C.d.S. definisce quelle
Normativa
«parti longitudinali della strada opportunamente delimitate, riservate alla circolazione dei velocipedi»
art. 3, comma 1, n. 39, C.d.S.
Le piste ciclabili sono da considerarsi vere e proprie strade, caratterizzate,
però, dal fatto che non vi è consentito il traffico motorizzato. La ratio di tale
divieto è evidente, vista la funzione dei percorsi ciclabili, che è proprio quella
di tenere debitamente separato il traffico ciclopedonale da quello motorizzato
ed, eventualmente, da quello pedonale, sì da evitare promiscuità tra veicoli aventi velocità e caratteristiche tra loro nettamente diverse e, a fortiori, promiscuità tra veicoli e pedoni.
Il C.d.S. impone l’uso di detti tratti stradali ai ciclisti ogniqualvolta ve ne sia
la disponibilità. Talvolta, però, lo stesso percorso deve essere condiviso tra ciclisti e pedoni: da ciò la denominazione di “itinerario ciclopedonale”.
Anche tra le piste ciclabili possono individuarsi diverse categorie, distinguendo tra:
– piste ciclabili urbane;
– piste ciclabili extraurbane;
– piste inserite in aree verdi, spesso trattasi di itinerari con funzione prevalentemente ricreativa, condivisi tra ciclisti e pedoni, in cui è interdetto l’accesso a veicoli a motore;
– piste totalmente segregate, ovverosia percorsi sterrati o asfaltati che corrono paralleli al traffico veicolare, ma separati da cordoli, marciapiedi o guardrail, in modo da rendere fisicamente impossibile la commistione anche temporanea con il traffico veicolare;
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
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– piste logicamente segregate, porzioni di carreggiata riservati al transito
delle biciclette, indicate solo da segnaletica orizzontale e talvolta verticale.
Soprattutto in ambito urbano, laddove non è ancora prevista dagli stessi
piani di urbanizzazione la realizzazione di piste segregate effettivamente sicure, stante la distanza ravvicinata dei ciclisti (e talvolta anche dei pedoni) con il
traffico veicolare, è opportuno vagliare con attenzione perlomeno i seguenti
profili tecnici:
– qualità del fondo stradale: elemento fondamentale per la viabilità, il fondo stradale delle piste ciclabili può essere costituito da: sentiero sterrato (spesso livellato tramite posa di ghiaia), asfalto, mattonelle autobloccanti;
– intersezioni: trovandosi a margine della strada, la pista ciclabile è la prima fascia che si incontra provenendo da un accesso carrabile o da una strada
laterale, ragion per cui soprattutto i ciclisti sono i più esposti al rischio-sinistri,
per via di veicoli che ne invadono la corsia; pertanto, la linea di stop deve essere chiaramente arretrata, e, ove necessario, vanno installati appositi specchi
per favorire la visibilità;
– raccordi: l’ingresso e l’uscita dalla pista ciclabile devono essere agevoli, e,
laddove ciò non sia possibile, si impone la creazione di un rallentamento, o di
installazioni semaforiche.
2.6. Le strade di servizio
Per particolari situazioni di contingenza, e per favorire il defluire sicuro del
traffico veicolare, si è prevista anche la possibilità di realizzare tratti di strada
“accessori” rispetto alle tipologie descritte finora: si tratta delle c.d. strade di
servizio:
Normativa
«(…) 4. È denominata «strada di servizio» la strada affiancata ad una strada principale (autostrada, strada extraurbana principale, strada urbana di scorrimento) avente la funzione di
consentire la sosta ed il raggruppamento degli accessi dalle proprietà laterali alla strada principale e viceversa, nonché il movimento e le manovre dei veicoli non ammessi sulla strada
principale stessa. (…)»
art. 2, comma 4, C.d.S.:
In presenza di una scarsa giurisprudenza in materia, è ragionevole sostenere che la caratteristica di “asservimento” alle strade principali, rinvenibile nel
tipo di strade appena descritto, implica l’applicazione a queste ultime di criteri analoghi a quelli utilizzati per ogni bene che presenti una funzione pertinenziale rispetto al bene principale, motivo per cui può sostenersi la ricondu-
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Capitolo Primo
cibilità della gestione/manutenzione di detti tratti stradali agli stessi proprietari/gestori/manutentori delle strade principali. Ferma restando, naturalmente,
la possibilità, da parte del soggetto ritenuto responsabile per cattiva manutenzione delle strade di servizio, di provare che detti tratti stradali (e non anche
quelli principali) sono stati affidati in gestione/concessione ad altri (ma anche
in tal caso si deve tenere comunque presente l’eventuale profilo della culpa in
eligendo e della culpa in vigilando, come si vedrà infra).
3. Precisazioni. Classificazione delle strade in base al criterio della proprietà
Questione di indubbia centralità concerne l’individuazione del soggetto
passivo nelle azioni risarcitorie per danni causati da cattiva manutenzione del
manto stradale. È all’uopo necessario passare in rassegna i soggetti proprietari
delle strade.
Va subito sottolineato che il codice civile non è di particolare ausilio, limitandosi a prevedere che le strade e le autostrade, se appartengono allo Stato
(art. 822, comma 2, c.c.) ovvero ad un Ente pubblico territoriale (art. 824,
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comma 1, c.c.) rientrano nel demanio accidentale .
Per quanto qui di interesse, alle strade ed autostrade occorre aggiungere,
con riferimento al demanio comunale:
– le vie interne all’abitato, le piazze, i giardini, le ville e passeggiate pubbliche, come da disposto di cui all’art. 91, lett. e), T.U. legge comunale e provinciale 3 marzo 1934, n. 383;
– i cimiteri ed i mercati (art. 824 comma 2, c.c.).
Naturalmente, le disposizioni citate si applicano anche ad ogni pertinenza
ed accessorio, ivi compresi, ad esempio, i marciapiedi.
In proposito è d’ausilio l’art. 3, comma 1, n. 33, C.d.S., che definisce i marciapiedi come
Normativa
«33) Marciapiede: parte della strada, esterna alla carreggiata, rialzata o altrimenti delimitata e
protetta, destinata ai pedoni. (…)».
Rispetto alla normativa generale codicistica, dunque, il C.d.S. si presenta
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Sul tema cfr. amplius N. CENTOFANTI, I beni pubblici, Milano, 2007, p. 117 ss.; P. LA ROCIl regime giuridico delle strade provinciali, comunali, vicinali e private, Santarcangelo di Romagna (RN), 2006.
CA,
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
13
ben più specifico, nella parte in cui offre una classificazione amministrativa
delle strade, essenziale al fine dell’individuazione dell’Ente proprietario, considerato che, ai sensi dell’art. 823, comma 2, c.c.,
Normativa
spetta all’Autorità Amministrativa la tutela dei beni che fanno parte del demanio pubblico (…)».
L’art. 2, comma 5, C.d.S., stabilisce, in primis, che:
Normativa
«(…) 5. Per le esigenze di carattere amministrativo e con riferimento all’uso e alle tipologie dei
collegamenti svolti, le strade, come classificate ai sensi del comma 2, si distinguono in strade
«statali», «regionali», «provinciali», «comunali», (…). Enti proprietari delle dette strade
sono rispettivamente lo Stato, la regione, la provincia, il comune. Per le strade destinate
esclusivamente al traffico militare e denominate «strade militari», ente proprietario è considerato il comando della regione militare territoriale. (…)».
In particolare, in base al tipo di demanio (statale, regionale, provinciale,
comunale), il C.d.S. individua una serie di categorie di tratti stradali:
Normativa
«6. Le strade extraurbane di cui al comma 2, lett. b), c) ed f) si distinguono in:
A – Statali, quando: a) costituiscono le grandi direttrici del traffico nazionale; b) congiungono
la rete viabile principale dello Stato con quelle degli Stati limitrofi; c) congiungono tra loro i capoluoghi di regione ovvero i capoluoghi di provincia situati in regioni diverse, ovvero costituiscono diretti ed importanti collegamenti tra strade statali; d) allacciano alla rete delle strade
statali i porti marittimi, gli aeroporti, i centri di particolare importanza industriale, turistica e climatica; e) servono traffici interregionali o presentano particolare interesse per l’economia di
vaste zone del territorio nazionale.
B – Regionali, quando allacciano i capoluoghi di provincia della stessa regione tra loro o con
il capoluogo di regione ovvero allacciano i capoluoghi di provincia o i comuni con la rete statale se ciò sia particolarmente rilevante per ragioni di carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico.
C – Provinciali, quando allacciano al capoluogo di provincia capoluoghi dei singoli comuni
della rispettiva provincia o più capoluoghi di comuni tra loro ovvero quando allacciano alla rete
statale o regionale i capoluoghi di comune, se ciò sia particolarmente rilevante per ragioni di
carattere industriale, commerciale, agricolo, turistico e climatico.
D – Comunali, quando congiungono il capoluogo del comune con le sue frazioni o le frazioni
fra loro, ovvero congiungono il capoluogo con la stazione ferroviaria, tranviaria o automobilistica, con un aeroporto o porto marittimo, lacuale o fluviale, con interporti o nodi di scambio
intermodale o con le località che sono sede di essenziali servizi interessanti la collettività comunale (…)»
art. 2, comma 4, C.d.S.
La classificazione/declassificazione delle strade è stata disciplinata, nei suoi
tratti essenziali, dall’art. 2, comma 8, C.d.S., che ha distinto tra strade statali e
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Capitolo Primo
tutte le altre strade. A seguito di ciò, detta classificazione è stata attribuita, per
le strade statali, al Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti – sentiti il
Consiglio Superiore delle infrastrutture e dei trasporti, il C.d.A. dell’A.N.A.S.
e, per le rimanenti strade, alle Regioni interessate, sentiti gli Enti locali.
Le strade così classificate sono oggi iscritte nell’Archivio nazionale delle
strade, che distingue tra Rete di interesse nazionale (ai sensi del d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 461 e succ. modif.) e Rete di interesse regionale (ai sensi del
d.p.c.m. 21 febbraio 2000 e succ. modif.).
Le strade statali appartengono al demanio stradale statale in quanto considerate di interesse nazionale. Più precisamente, ci si riferisce tanto alle strade
extraurbane (principali, secondarie o locali) quanto alle autostrade che presentino le caratteristiche descritte dal legislatore stesso nella norma citata.
Esse sono identificate da un numero preceduto dalla sigla “SS”. La nomenclatura “ordinaria” segue, appunto, lo schema SSn, dove n è un numero
crescente che fa riferimento alla data di istituzione della statale: così, si va dalla strada SS1 (Aurelia) fino alla SS695 (Tangenziale Sud di Otranto) alla data
del maggio 2006. Le diramazioni portano invece il numero della strada statale
da cui si dipartono, seguito dalla dicitura dir (diramazione), var (variante), racc
(raccordo), radd (raddoppio), oppure bis, ter, quater, ecc.; talvolta queste indicazioni vengono usate anche in combinazione tra loro (es. SS60 bis/var).
Rinviando al prosieguo della trattazione per gli opportuni approfondimenti, è appena il caso di accennare al fatto che la gestione delle strade statali è
demandata, per legge e per convenzione di concessione, all’A.N.A.S. S.p.A.
(Azienda Nazionale Autonoma delle Strade).
Inoltre, per effetto dell’art. 101, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 («Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni e agli Enti
Locali, in attuazione del capo I della L. 15 marzo 1997, n. 59»), ed in seguito
all’individuazione/ridefinizione, con d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 461 («Individuazione della rete autostradale e stradale nazionale, a norma dell’art. 98, comma 2, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112»), della rete autostradale e stradale nazionale ed all’emanazione del decreto di attuazione (d.p.c.m. 21 febbraio 2000), un
elevato numero di strade statali, o di loro tratti, sono confluite dal demanio
stradale nazionale ai demani regionali e successivamente dalle regioni agli enti
locali, svincolando, peraltro, negli anni, l’A.N.A.S. dalla loro gestione.
Regioni e Province, a seguito di detta cessione, hanno rispettivamente
provveduto a modificare la nomenclatura delle strade, a volte limitandosi a sostituire l’acronimo “SS” (Strada Statale) con “SR” (Strada Regionale) o “SP”
(Strada Provinciale), lasciando invariato il numero, quando ciò non creava
confusione con le strade regionali o provinciali già esistenti; altre volte si è
provveduto a cambiare anche la numerazione.
Il concetto di Strade Regionali, sconosciuto al “vecchio” C.d.S., è stato in-
Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore
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trodotto nel nostro Ordinamento solo con il Nuovo C.d.S., laddove si fa menzione delle strade considerate di interesse regionale o interregionale. Si tratta
di strade extraurbane (principali, secondarie o locali), che spesso ricomprendono diverse ex strade statali, nel tempo declassificate.
Sotto il profilo gestionale e manutentivo, va rilevato che, pur essendo proprietarie delle strade sopra descritte, le Regioni sono normalmente prive di
un servizio che ne curi la gestione – da intendersi nel senso di manutenzione
ordinaria/straordinaria, nonché dei compiti di cui all’art. 14 C.d.S.
Pertanto, la manutenzione delle strade di interesse regionale, spesso, risulta
affidata all’A.N.A.S., alle Province o ai Comuni, cui vengono delegate anche
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gran parte delle spese (perlomeno quelle ordinarie) .
Le Strade Provinciali sono anch’esse strade extraurbane (principali, secondarie o locali), e il C.d.S. ne mette particolarmente in rilievo la funzione di
collegamento tra i centri minori e i Capoluoghi di Provincia, o le varie arterie
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di rilievo statale ovvero regionale .
Quanto alle Strade Comunali, queste comprendono non solo le strade
extraurbane, ma anche quelle urbane a scorrimento, quelle urbane di quartiere e quelle urbane locali, nonché le relative pertinenze.
Alle strade comunali vanno assimilate, giusta quanto disposto dallo stesso
legislatore, le strade extraurbane vicinali (o “poderali” o “di bonifica”), da intendersi quali strade private, fuori dai centri abitati, ad uso pubblico (art. 3,
comma 1, n. 52, C.d.S.), ovverosia le vie di comunicazione costruite per consentire l’accesso ai fondi da parte dei rispettivi proprietari.
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Allo stato, in materia di strade regionali non esiste una nomenclatura univoca, da riportarsi sulla segnaletica e nella documentazione amministrativa, procedendo, le singole Regioni e
Province Autonome, senza alcun coordinamento: in Piemonte, Valle d’Aosta, Veneto, Toscana,
Lazio, Abruzzo e Umbria vengono indicate come “SR”, anche se, in tutte queste Regioni (ad
eccezione della Valle d’Aosta dove non esisteun Ente provinciale), la gestione di tali strade è
stata delegata alle province; in Lombardia, Basilicata, Campania, Molise, Puglia e Calabria le
strade regionali vengono solitamente indicate con la sigla “SP ex SS”, ciò ad evidenziare che la
gestione è stata riposta nelle mani delle province; in Liguria e nelle Marche le Strade Regionali
sono indicate semplicemente come “SP” esattamente come le provinciali, essendo unico l’Ente
investito della gestione; in Emilia Romagna la sigla utilizzata è “SP R”, mentre nella Provincia
Autonoma di Trento (cui l’A.N.A.S. ha trasferito tutte le strade statali), nel Friuli-Venezia Giulia e in Sardegna per le strade statali declassificate si è mantenuta la dicitura “SS”; nella Provincia Autonoma di Bolzano (dove la Provincia ha funzioni regionali e le strade provinciali coincidono con quelle regionali) le strade statali declassificate, pur gestite dalla Provincia Autonoma
(come nel caso di Trento), mantengono la classificazione “SS” (Strade statali/Staatstraßen),
mentre le restanti strade provinciali vengono indicate come “SP/SL” (Strade Provinciali/Landestraßen); la sola Provincia di Brescia, poi, classicica le strade provinciali confluite nella sua gestione come “SP BS”, mentre le province di Biella e di Ascoli Piceno hanno rinominato le ex
strade statali sul proprio territorio con un nuovo numero progressivo (ad es. presso Biella, la SS
142 è divenuta SP 300).
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Cfr. P. LA ROCCA, Il regime giuridico, cit.
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1 Classificazione delle strade e individuazione del proprietario/gestore