NELLA LUCE di S.M.Bertilla La Famiglia del santo Giovanni Antonio Farina Periodico trimestrale delle Suore Dorotee Istituto Farina, Vicenza Italia 4 Anno LIII - Ottobre-Novembre-Dicembre 2014 Spedizione in A.P. Art. 2 - Comma 20/c Legge 662/96 D.C. Vicenza Pubblicazione periodica trimestrale dell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori via S. Domenico, 23 - 36100 Vicenza (Italia) Telefono 0444/202411 - Fax 0444/316776 Sito internet: www.sdvi.org E-mail: [email protected] Ricordiamo ai nostri lettori che nella cappella di S. Bertilla a Vicenza, via S. Domenico 23, ogni primo lunedì del mese è celebrata una S. Messa secondo le intenzioni dei devoti della Santa. Direttore Responsabile: Giovanni Rumor Direttore di Redazione: suor Emma Dal Maso Redazione: suor Mariangela Bassani, suor Elena Scida, suor Adele Requirez, suor Paola Germani, suor Anna Visonà, suor Maria Cappelletto, suor Silvana Miglioranza, suor Valeria Freato, Elisabetta Basso, suor Maria Teresa Thiella Ai lettori: ai sensi della legge n. 675 del 31.12.1996 (legge sulla privacy), si informa che i dati relativi ai lettori della Rivista sono ad uso esclusivo delle Suore Maestre di S. Dorotea per la spedizione del periodico e non verranno ceduti ad uso di terzi Direzione e Amministrazione: Istituto Farina, via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia) Hanno collaborato a questo numero: suor G. Proia, suor Pasqualina Vetere, don A Basso, don M. Sterchele, S. Maculan, suor A. Visonà, F. Cestaro, suor A. Bassani, A. Milani, D. Galimberti, G. Rossetto, suor P. Andolfatto, p. T. M. Sartori, suor C. Posenato Fotografia: Archivio Istituto Farina, G. Bassani, Fototecnica-VI, V. Perin, V. Pozza, A. Visonà, A. Tessari, www.teatronaturalre.it Riguardo alle illustrazioni, l’Istituto Suore Maestre di S. Dorotea ha richiesto l’autorizzazione degli aventi diritto. Nel caso di irreperibilità resta a disposizione. SOMMARIO Apertura pag. 3 Corone intrecciate nella luce della Canonizzazione S.Bertilla pag. 4 pag. 6 Santa Maria Bertilla Missionaria nel tempo e oltre il tempo Vibrazioni Arricchire il cuore pag. 7 Donna di speranza pag. 9 Maria pag. 11 L'umiltà e il coraggio di riposare Tempo giovane pag. 15 Vacanze di servizio pag. 18 Voci dalla Romania: Va' e anche tu fa lo stesso! pag. 20 Accendi la fiamma dell'amore! pag. 21 Sogna e prendi il largo! pag. 22 Alla conquista di uno spazio per il futuro pag. 24 Un grande campo-scuola Stampa: Rumor Industrie Grafiche SpA - Vicenza Autorizzazione: Tribunale di Vicenza, n.154 dell’8-2-1962 Imprimatur: Mons. Ludovico Furian, Vicario Generale Vicenza, ottobre-novembre-dicembre 2014 La Rivista “Nelle Luce di S. M. Bertilla” viene inviata gratuitamente a quanti ne fanno richiesta. Essa non contiene pubblicità e si sostiene con le offerte dei suoi lettori che possono essere versate sul c.c.p. n.14467369, via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia) Finestra sul mondo pag. 25 Ricordo filiale pag. 26 Dialogo aperto pag. 27 Parole di papa Francesco per invocare la pace Vita di Congregazione pag. 28 Preghiera continua pag. 28 La fede di ieri nella storia di oggi pag. 31 Incontro con Gesù pag. 31 Partenza per il cielo pag. 32 Estate 2014: ricordi ed immagini pag. 35 Una presenza vitale pag. 36 Un rinnovato "eccomi!" pag. 37 Nuove promesse della terra d'India pag. 38 Si, per sempre pag. 39 La mia esperienza missionaria pag. 42 In ricordo di suor Antonia Penello pag. 43 In breve Nella luce pag. 44 Grazie sorelle! Esperienza estiva nel Medio Oriente Nella scorsa estate un gruppo di studenti del Liceo Istituto Farina di Vicenza, accompagnati dai loro professori, hanno dedicato parte delle loro vacanze estive ad una esperienza di volontariato a Zarqa, una città della Giordania nel nord-est di Amman. Già il nome, Zarqa, è un invito: significa "l'Azzurra". Il clima di Zarqa è tipicamente desertico, ma ciò non ha scoraggiato i giovani studenti che hanno vissuto un periodo intenso di servizio, di condivisione e di riflessione. Durante il mattino essi hanno animato l’attività estiva di alcune classi della scuola parrocchiale latina di Zarqa, ove operano le suore dorotee di Vicenza. Nel pomeriggio si sono dedicati ad alcuni servizi sociali richiesti dalla parrocchia stessa e dalla Caritas locale. Nei fine-settimana non è mancata l’esperienza presso i luoghi significativi della Giordania: il deserto, il fiume Giordano, il Mar Morto, il monte Nebo, … Il resoconto della loro esperienza è a pagina 15. Corone intrecciate nella luce della Canonizzazione Il titolo fa pensare ad un “intreccio floreale” che simbolicamente allude a storie di vita di tante suore le quali, nel clima odoroso e sereno di questo inizio d’autunno, hanno celebrato 50 anni di vita consacrata a Dio. Storie da raccontare, da dipingere, da custodire! 50 anni rappresentano un lungo arco di tempo in cui ognuna ha tentato di dare senso e colore al proprio cammino esistenziale, sulle orme di Gesù, mediante la professione dei consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza. Sono 29 Religiose che nelle alterne vicende della vita, dall’alba al tramonto delle loro giornate e durante le notti, tranquille o insonni, non hanno mai perso di vista il “vieni e seguimi di Gesù”. Una sequela dalla “veste” a volte nuova a volte consunta, nell’avvicendarsi delle diverse stagioni esistenziali, mostrando ora la gioia del servizio caldo e fecondo, ora il grigiore della fatica e il brivido dei momenti di solitudine; ora l’ombra del dubbio, ora il sostegno della fede e il balsamo benefico della speranza. Ogni vita consacrata è un dono per la Chiesa, la Congregazione di appartenenza, l’umanità. Un dono connesso ad altri da formare un “unico Corpo” di cui Gesù è il capo, come ci ripete il nostro Santo Padre Fondatore nell’ Omelia pronunciata il 14 giugno del 1863, citando S. Paolo. Le 29 Suore si possono paragonare a “Corone intrecciate”, perché hanno danzato la vita “nell’unità della stessa vocazione”, hanno testimoniato l’amore di Dio per l’uomo con la loro storia personale. Ed ogni storia è “terra sacra” di un incontro col Signore, di una chiamata a seguirlo in modo radicale, di una risposta incondizionata al manifestarsi del suo Volto nelle situazioni vistose o insignificanti della quotidianità. Immaginare la vita religiosa come un intreccio di persone consacrate a Dio, è credere in un legame invisibile, ma reale che comporta una condivisone di beni, una comunione di energie fisiche e spirituali, un mettere insieme doti di mente e di cuore, un “portare fatiche e fragilità” le une delle altre per seminare nei solchi del tempo l’annuncio del Regno di Dio. È nell’intreccio delle risorse personali che si trova il sostegno per superare i disagi dell’esistenza e perseverare nella corsa verso la meta. Infatti 50 anni di professione religiosa esprimono, sì, la fedeltà di Dio nei confronti della persona consacrata, ma anche la gioia della perseveranza di ciascuna alle promesse fatte in giovanissima età. La Lettera circolare di Papa Fran- cesco: ”Rallegrativi” per l’anno 2015, dedicato alla Vita Consacrata, é un invito a riscoprire la gioia di questo “sì fedele” che si realizza mediante una “chiamata-risposta” mai conclusa. L’esempio di una vita totalmente donata ci viene dalla nostra sorella Bertilla, il “Fiore bianco dei Berici colli”, germogliato e cresciuto sullo sfondo di una natura incontaminata, custode silenziosa dei primi passi di una santità che ha la purezza delle origini. La sua festa ormai prossima, è un richiamo a vivere la consacrazione religiosa percorrendo la “via dei carri” nei gesti quotidiani di umiltà e di servizio. Nell’orizzonte di questo anno, giunto quasi al tramonto, risplende vigorosa la figura del Padre Fondatore Giovanni Antonio Farina la cui santità, annunciata in modo ufficiale da Papa Francesco, verrà solennemente celebrata in Piazza S. Pietro, a Roma, il prossimo 23 novembre, con il Rito di Canonizzazione. È un evento tanto atteso che ci riempie di profonda gratitudine al Signore per aver “rese manifeste” le virtù eroiche del nostro Padre. Tale riconoscimento riguarda non solo la nostra Famiglia religiosa, ma la Chiesa tutta. Il Santo, per sua natura, è lampada che posta sul “monte” arde e illumina e la sua santità è come un fiume sotterraneo di Grazia che si riversa nel Corpo Mistico, lo alimenta, l’arricchisce e ne accresce la capacità salvifica. Nel carisma di fondazione del nostro Padre, ha preso vita, forma e solidità la nostra Vocazione di donne Consacrate. suor Giulia Proia S. BERTILLA 4 Santa Maria Bertilla Missionaria nel tempo e oltre il tempo Il tema “missionaria nel tempo e oltre il tempo” nasce dall’osservazione di quello che vediamo e a cui assistiamo ogni giorno nei luoghi di culto di Santa Bertilla: Brendola, Vicenza e Treviso, tante Parrocchie del Veneto e dell’Italia, assieme alle più svariate richieste che giungono all’Istituto da tante parti del mondo per una maggiore conoscenza della Santa. Di fronte a tanto interesse non possiamo non sentire risuonare nel cuore alcune domande: Perché Bertilla “parla” ai nostri giorni senza parlare? Perché proprio lei, tanto schiva in vita, oggi è così cercata, consultata, fatta soggetto d’ispirazione nell’arte pittorica, Suor Bertilla, infermiera, assiste i soldati (VA), olio su tela di Mirto Testolin nella poesia, nella rappresentazione? Perché questa giovane Suora dopo 92 anni dalla morte, raggiunge ancora uomini, donne, giovani e bambini con la freschezza di un messaggio convincente e penetrante? Chi è Bertilla? È una Santa, ma chi sono i Santi? Per quest’ultimo interrogativo accogliamo l’autorevole magistero di Papa Benedetto XVI, il quale in uno dei discorsi della GMG di Colonia disse: “I Santi sono pagine vive e illustrate del Vangelo”. Ora se i santi sono tali, e se nella Bibbia troviamo il comando rivolto agli Israeliti: “Siate santi, perché io il Signore vostro Dio, sono santo”(Lv 19,2), vuol dire che questa parola viva e vera, può diventare, per ogni battezzato, realtà vissuta. È quanto Bertilla si è proposta di vivere, nella concretezza del suo quotidiano, proprio come risposta d’amore a Dio e nelnell’ospedale militare di Viggiù lo spirito della sua missionarietà: “Mi faccio santa io e conduco tante anime a Gesù”. Un obiettivo, questo, che ha mosso ogni suo passo, indirizzato ogni sua azione a Gesù e silenziosamente ha raggiunto e raggiunge il cuore di tanti fratelli di ieri e di oggi. Il Papa continuando con la sua metafora - i santi sono pagine vive e illustrate del vangelo - aggiunge che la Chiesa, attraverso la Liturgia, sfogliando le pagine della vita dei Santi quale prolungamento dell’opera di salvezza di Cristo, dice e ridice in ogni tempo che “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Cfr Gv 3,16). Sfoglieremo una dopo l’altra le pagine liturgico-evangeliche che hanno fatto di Bertilla una “missionaria”. Obbediente alla carità Il brano evangelico lucano del “Buon Samaritano” (Lc 10, 25-37) completa la liturgia della parola della S. Messa in onore di Santa Bertilla, dopo l’inno della carità della I lettura. I due brani nella vita di Santa Bertilla si compenetrano e passano dall’amore di comunione con Dio, al grembiule del servizio, in una risposta modulata sul reale bisogno di ogni fratello/sorella, nei quali suor Bertilla riconosce, onora e serve il suo Signore. Dalla parabola del Buon Samaritano, ci lasciamo raggiungere dalla domanda e dall’invito che Gesù rivolge al Dottore della legge: “Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo? Chi ha avuto compassione di lui. Gesù gli disse: Va' e anche tu fa' lo stesso”. S. BERTILLA 5 L’icona del Buon Samaritano ci dice non tanto chi è il prossimo ma come si diventa prossimo sullo stile di Gesù che si accosta all’altro con la compassione attiva fino al dono della vita. Degna figlia di san Giovanni Antonio Farina - l’uomo della carità santa Bertilla vive di Carità a tempo pieno nell’ambito apostolico della corsia dell’ospedale e in comunità. Il suo operare è mosso dal suo essere Gesù e dal suo vivere Gesù. Sta qui il segreto della sua energia d’amore che da lei si sprigiona in ogni contatto umano. Tale energia si propaga nel tempo e oltre il tempo non tanto per quello che Bertilla dice sulla carità, ma attraverso la freschezza e l’eloquenza delle sue azioni testimoniate da molte persone. Una delle più toccati icone di Gesù Buon samaritano che delinea i tratti di Bertilla è nella testimonianza dell’infermiere Emilio De Luca: Un tenero cuore, aperto ai più nobili affetti, che facilmente si commuove alle altrui sofferenze e che con materna sollecitudine vi prodiga, quale ineffabile balsamo, tutta se stessa. È da notare inoltre, come santa Bertilla nei confronti di ogni umana situazione di bisogno, mette in atto le doti della sua femminilità: sensibilità, creatività, coraggio e costanza. Un Soldato di Viggiù – Varese “Avvenne che una tarda sera d’inverno, capitò un guasto alla caldaia e tutti ci lamentavamo per il grande freddo: suor Bertilla, senza muovere “Centro di salute Santa Maria Bertilla” a Vargem Grande (Brasile): Bertilla è missionaria nel tempo e oltre il tempo labbro, improvvisò un piccolo fuoco in mezzo al cortile e passò la notte a riscaldare bottiglie d’acqua e a salire e scendere le scale per soddisfare il bisogno di tutti noi malati”. Quando al mattino la cosa si seppe, suor Bertilla scomparve dalla scena perché non amava sentire parlare di sé”. Maria Fumagalli “Ero debolissima e Santa Bertilla diceva: Non sa povera figliuola che potrebbe morire di sfinimento? E avvicinava la tazza di brodo alle mie labbra. Ed io, con uno scatto della mano l’allontanavo, ma ella dolcemente sussurrava: Ho capito. Poi cominciava a dire: C’era una volta … Ed ora con una storiella, domani con una risata mi faceva trangugiare la bevanda. E tutto questo perché mi voleva bene”. La Superiora suor Margherita Quando suor Bertilla era nella cucina delle Suore sapeva sempre quali Sorelle non avevano mangiato, veniva da me con bel modo ad avvertirmi che la tale deve sentirsi poco bene perché ha preso poco o nulla. Così aveva sempre da domandarmi per una o per l’altra di portare loro quello che le pareva fosse secondo il bisogno: talvolta era un caffè, tal altra una limonata, una tazza di latte. Le testimonianze potrebbero continuare; santa Bertilla aveva preso sul serio il comando di Gesù: “Và e anche tu fa lo stesso”, e proprio Lei, che voleva andare per la “via dei carri”, si è trovata a correre sulla corsia preferenziale dell’amore che non ha fine. suor Pasqualina Vetere S. BERTILLA 6 Vibrazioni Santità, profondo mistero che colma di silenzio e pace il volto diafano di Bertilla, la Santa! Trasparenza luminosa l’Urna che l’accoglie, presenza amica di ascolto e conforto nella grigia trama dei giorni, segno di sicura speranza sui sentieri del tempo ove s’ode il richiamo dell’Eterno. Riflessi dorati, e le infinite pietruzze, mosaico di perle, evocano orizzonti di ascese arcane, nel delicato tripudio di stelle e fiori, soavi forme di grazia e di pura bellezza. Lembo di cielo, limpida luce e due angeli contemplano estatici l’orma del divino in sembianze purificate. Immagini ieratiche, nella volta ricurva, simboli di operose virtù nell’alterna danza della vita di Bertilla, la Santa: la Fede, grembo di Castità, sobria, la Povertà s’apre alla Carità, anelito di Speranza l’Obbedienza, e solida Fortezza fa eco alla Prudenza, la Temperanza si veste di Giustizia. Sublimi figure, custodi della divina sequela, corale melodioso nella quotidianità di Bertilla, la Santa, messaggere dell’evangelica chiamata alla Santità. suor Giulia Proia ARRICCHIRE IL CUORE 7 Donna di speranza Nelle scorse settimane, uscendo dalla bella Chiesa dei Sacri Cuori, il nostro cappellano don Emilio Pozzan mi ha fermata: si diceva contento delle riflessioni sulla Speranza lette nel nostro Bollettino ma aveva una provocazione da farmi. “Il cerchio sulla speranza sta per concludersi … ma manca un ultimo anello”. Cosa c’è ancora da aggiungere a quanto già scritto? Dopo aver colto la speranza nella Vita, la speranza nella Storia, dopo esserci ricordati che Gesù è la nostra speranza, lui che dilata il cuore ad una speranza vera che dà un significato nuovo a tutta l’esistenza e nel quale si radica l’ottimismo cristiano … cosa può esserci ancora di importante da dire? Don Emilio sorride, mi lascia pensare e poi – constatata la mia perplessità – afferma compiaciuto: “il cerchio si può chiudere solo con Maria, nostra speranza!”. Come ho fatto a non pensarci? Subito mi tornano alla mente i versi di Dante del trentatreesimo canto del Paradiso: “Qui se’ a noi meridïana face di caritate, e giuso, intra ’ mortali, se’ di speranza fontana vivace. Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te non ricorre, sua distanza vuol volar sanz’ali”. Sì, è proprio vero la nostra speranza si compie in Maria. E allora quale modo migliore per concludere le riflessioni di quest’anno sulla speranza e per iniziare il mese di ottobre, da sempre dedicato alla Madonna, se non quello di guardare a Maria? Davvero possiamo dire con san Bernardo che è lei la nostra speranza, perché «Dio ha voluto che noi avessimo ogni bene attraverso Maria». Maria è una creatura umana ma è stata concepita senza peccato originale: la riflessione e l’esperienza cristiana hanno interpretato la Concezione di Maria e la sua Natività in chiave di «aurora della speranza». Proprio perché secondo il sapiente disegno di Dio Maria di Nazaret ha preceduto la Maria, aurora della speranza venuta di Cristo è considerata aurora del giorno di e creative. Anzi l’aver ricevuto la naCristo (cfr 2Pt 1,19), stella del mat- tura umana con la sua sensibilità l’ha tino che annuncia il vero sole di gi- posta nella condizione di «soffrire» ustizia (cfr Ml 3,20), alba della spe- e di essere vicina a tutti coloro che ranza piena. Il suo essere Donna di sono nel dolore. In quanto creatura speranza è sempre in relazione con la umana e come discepola del Figlio persona divina di Cristo e con la sua Maria si è impegnata per crescere missione di Redentore. Così è an- nella fede, per progredire nella speche nel corso della sua vita terrena, ranza messa a dura prova, cercando durante la quale vive normalmente di orientare ogni giorno il suo amore come tutti gli uomini e cooperando verso Dio e verso Giuseppe, verso liberamente al volere divino: il suo Gesù e verso gli uomini e le donne concepimento immacolato cioè non incontrati sul cammino della vita. la esime dalla sua condizione terrena Il suo è stato un percorso di specon tutto ciò che essa comporta di ranza fin dal primo annuncio ricevusofferenza e di limiti, di scelte libere to a Nazareth: in quel momento, ac- ARRICCHIRE IL CUORE cogliendo le parole dell’Angelo, non diventa solo madre del suo Figlio ma anche discepola. Il suo “avvenga di me quello che Dio ha detto” non è solo accettazione, ma anche apertura fiduciosa al futuro: è speranza! E certamente Maria non sapeva come sarebbe diventata madre di Dio, ma si è affidata totalmente al mistero che stava per compiersi, ed è diventata la donna dell’attesa e della speranza. Ed è con speranza che Maria intraprende il cammino di servizio verso sua cugina Elisabetta, una speranza che sfocia nell’esultanza del Magnificat! «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta …». L’esultanza non è euforia e neppure agitazione. È entusiasmo interiore che nasce quando ci si sente affascinati da qualcuno di cui si sa con certezza di potersi fidare! Questo gaudio nasce dall’aver visto lacerarsi l’impossibile: «niente è impossibile a Dio che … ha fatto in me cose meravigliose». Sì, Dio ha fatto dei nostri giorni un tempo di stupore; della nostra vita un luogo di prodigio... Maria si accorge di questo e se ne rallegra, e la sua gioia nasce dal fidarsi di Dio, di un Dio vicino che mette le mani nel profondo della vita, nelle ferite della storia, che conta i capelli del nostro capo, che ci invita a respirare con il suo respiro, a sognare i suoi sogni, ad osare! Ma il canto di Maria nasce anche da uno sguardo nuovo sull’uomo che non è un burattino ma una creatura libera, capace di accogliere il dono e di donarsi. Infine il canto di Maria nasce da 8 Speranza è apertura al futuro uno sguardo nuovo sulla storia: non più soggetta al dominio del caso e del destino; non fatti senza un senso ma eventi impregnati di una presenza di amore che può e sa trasformare i rapporti all’interno del divenire umano. Ma nella vita di Maria non c’è stato solo il “canto”: comunque anche nei momenti di dolore, ai piedi della croce la sua speranza non ha ceduta, ma l’ha sorretta nell’attesa di un mistero, più grande del dolore che le trapassava il cuore. Quando tutto sembrava veramente finito, ogni speranza poteva dirsi spenta. Maria in quel momento, ricordando le promesse dell’Annunciazione, avrebbe potuto dire: sono stata ingannata! Ma è lì che Maria crede e spera ancora di più. Spera contro ogni speranza. Perciò l’esempio e l’intercessione della Vergine Maria generano nell’animo di noi credenti la virtù della speranza e ci spingono a guardare a lei da una parte come esempio di speranza e dall’altra come interceditrice che tocca il cuore di suo Figlio. All’uomo di oggi, non di rado tormentato dall’angoscia, turbato da mille preoccupazioni e diviso nel cuore, Maria – contemplata nella sua vicenda evangelica – offre una visione serena e una parola rassicurante: la vittoria della speranza sull’oppressione, della comunione sulla solitudine, della pace sull’inquietudine, delle prospettive eterne su quelle temporali, della vita sulla morte» Chi spera attende tutto da Dio e da Lui solo. Sperare è proprio questo: spostare l’indice della fiducia decisamente verso Dio! Sia così per tutti noi! suor Elena Scida 9 ARRICCHIRE IL CUORE Maria Settembre, ottobre, novembre e dicembre sono mesi che ci portano a fissare lo sguardo su Maria. Per questo ho pensato una riflessione su Maria a partire dal testo dell’Assunzione, dove si trova il canto del Magnificat, splendido testo che ci aiuta a guardare con occhi nuovi la nostra vita. Assumptus non vuol dire che Maria non sia neppure morta. Dice solo: "Alla fine della sua vita terrena, la Madonna è stata presa (assumpta) in cielo". Cioè, non dice: "Maria non è neppure morta"; ma dice: "Maria è in Dio". Assumptus deriva dal verbo sumo, che vuol dire prendere, afferrare, prendere con sé. Maria è colei che si è lasciata prendere tutta da Dio e questa presa non è stata qualcosa di ideale, ma concreta, che l’ha chiamata a generare vita con la sua piccola e semplice esistenza. Maria ci sprona a non rimandare il senso vero della nostra vita nell’aldilà e fare dell’aldiquà semplicemente un momento di prova, di preparazione. Il tempo della nostra vita sulla terra è decisivo: è il tempo della libertà e quindi della responsabilità; è il tempo in cui diamo una forma sempre più compiuta alla nostra stessa vita attraverso le scelte che quotidianamente facciamo; è il tempo in cui la fede fiorisce nella prassi dell’amore fraterno. L’aldilà non può essere che la ratifica, la manifestazione di quello che abbiamo vissuto nel tempo del nostro pellegrinaggio sulla terra, la rivelazione luminosa di ciò che qui, nel mondo, rimane inevitabilmente nascosto tra le ambiguità e le incertezze della storia umana. Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.” (Lc 1,45). Dio ha rivolto a Maria una parola attraverso il messaggio dell’angelo; Maria ha creduto a quella parola. Non solo ha ritenuto che la parola di Dio fosse vera (sarebbe ancora poco), ma ha messo se stessa, tutta la sua esistenza a disposizione di Dio perché la parola di Dio si compisse in lei. In questo modo l’esistenza terrena di Maria è diventata il luogo in cui si sono adempiute le promesse di Dio a Israele e all’umanità intera Dio ha bisogno del nostro sì per continuare il dono del suo Dio per dare vero amore nel tempo compimento all’alleanza ha bisogno del nostro sì, delle nostre da ciò che ama – dice un poeta famani, della nostra storia perché con- moso. Diventa allora necessario cotinui il dono del suo amore in ogni noscere i desideri del nostro cuore e tempo e per ogni uomo, attraverso diventa decisivo sanarli perché siano il volto dei fratelli. Dio si rivolge a diretti al bene e non al male, a ciò che ognuno di noi nella libertà e non nel- conta e non a ciò che è effimero e inla costrizione attraverso un dovere o significante. un obbligo da rispettare. Se il cuore desidera solo emozioni, L’uomo è cosciente di sé e quindi difficilmente sarà disposto a sacrifilibero; niente di veramente umano carsi per un progetto a lunga scadenavviene in lui senza l’adesione libera za – vivrà dell’immediato; se desidera della sua intelligenza e del suo cuore. solo sicurezza, è difficile che accetti il E questa adesione non può che essere rischio della novità e del cambiamensuscitata dall’amore, dalla percezione to – resterà aggrappato ansiosamente di ciò che è degno e merita di essere a ciò che possiede; se desidera intensaamato e servito. Ciascuno è attirato mente il successo, è difficile che cresca ARRICCHIRE IL CUORE interiormente – sarà condizionato dal bisogno di apparire. Attraverso le nostre scelte libere e responsabili ognuno di noi plasma e forma sia la vita esteriore ma anche quella interiore e, diventiamo saggi o stolti, buoni o cattivi, motivo di consolazione o di tristezza. Per questo abbiamo bisogno di Maria, per liberarci dal fascino di tante immagini seducenti ma vuote e per lasciarci attrarre da ciò che è bello ma difficile. Dice Maria nel Magnificat: “Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e santo è il suo nome.” (Lc 1,49). E spiega quale sia 10 stata l’azione di Dio: “ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.” Da una parte superbi, potenti, ricchi; dall’altra umili e poveri che ‘temono Dio’. C’è un istinto del cuore che ci fa desiderare la ricchezza e il potere nell’illusione di proteggere così la nostra fragile vita, di renderla interessante. E questo istinto è facilmente accarezzato, esaltato, giustificato dal flusso di immagini e di parole che ci viene continuamente offerto. Agli antipodi sta la scelta di vita di Maria: umiltà, piccolezza, timore di Dio appaiono scelte perdenti nel mondo; non garantiscono la carriera e non suscitano l’invidia degli altri. Eppure se non c’è autentico timore di Dio, la società diventa la fiera dei furbi; se non c’è vera umiltà, aumenta sempre di più la litigiosità meschina e triste tra le persone; se non c’è la stima della povertà evangelica, saremo sempre incontentabili e infelici. Maria può concepire perché è aperta, ricettiva. Non è chiusa nei suoi schemi e nelle sue rigidità, per cui c'è spazio perché qualcosa di nuovo possa nascere. Eppure la sua situazione non è affatto semplice! Ciò che la circondava spingeva per il contrario: eppure lei riesce a mantenere un terreno vergine, non contaminato e ricettivo. Là il Nuovo potrà entrare. Marco Sterchele Santa Maria, madre di Dio e madre nostra, Tu sei passata in mezzo a noi umile e povera; non hai cercato ricchezze, non onori, non riconoscimenti mondani. Hai accolto con riconoscenza il dono della Parola e a questa Parola hai consegnato tutta la tua vita. Ti preghiamo con la fiducia dei figli: donaci un cuore semplice, che non conosca il risentimento e la rivalsa, che sappia gioire della vita quotidiana consegnandosi all’infinita tenerezza di Dio; che non si lasci sedurre da apparenze, che non rincorra illusioni. Donaci di ascoltare con fede e obbedienza la Parola, di contemplare e seguire con amore il tuo Figlio perché tutta la nostra vita si svolga come un pellegrinaggio di speranza e possiamo giungere accanto al tuo Figlio dove tu ci hai preceduto e ci attendi. Maria Assunta, scultura in legno di Giac. Vinc. Mussner in Ortisei (BZ) L. Monari, 2009 11 ARRICCHIRE IL CUORE L’umiltà e il coraggio di riposare La vita dell’uomo è divisa tra periodi di lavoro e momenti di riposo: un’alternanza necessaria che si deve comunque rispettare, se non si vuole andare incontro a problemi seri di carattere fisico o psicologico. Un’alternanza comandata anzi dalla Bibbia stessa, dove il fondamento di questo comandamento è teologico: “Per sei giorni lavorerai, ma nel settimo riposerai” (Es 34,21). I momenti di riposo sono diversi: il riposo settimanale, le vacanze di Natale e di Pasqua, i ‘ponti’ in occasione di alcune festività e ricorrenze particolari, le vacanze estive… Montanelli scriveva anni fa in una sua Stanza: “Non c’è vivo che, per poter continuare a vivere, non abbia bisogno, almeno per un mese all’anno, di fare il morto”. Sembrerebbe ovvio immaginare che, essendo il bisogno di riposare così comune e necessario per tutti, sia tutto sommato facile abbandonarsi ad esso appena se ne presenta l’occasione… Ma l’esperienza ci dice che così non è e non raramente ci capita di sentire espressioni del tipo: ‘non riesco a trovare il tempo di fermarmi’, ‘vorrei riposarmi un po’ ma ci sono cose troppo urgenti da portare a termine’, “il mio ruolo non mi permette di prendermi neanche un giorno di riposo”. A queste dichiarazioni vorrei far seguire una considerazione illuminante e saggia di papa Benedetto XVI. Dialogando con i sacerdoti durante una veglia di preghiera in piazza s. Pietro (10 giugno 2010), a uno di loro che gli chiedeva come orientarsi e “dove andare” di fronte a un lavoro pastorale che presenta richieste sempre più impegnative, egli ha invitato tra l’altro a “riconoscere i nostri limiti, aprirci anche a questa umiltà”; ricordando poi l’invito rivolto dal Signore ai discepoli stressati: ‘Andiamo Se non si trova il tempo per leggere, meditare e pregare, si corre seriamente il via, riposate rischio di ‘correre invano’ un po’ (Mc 6,31), ha aggiunto: “il Signore dice: nitiva, umiltà e coraggio per farlo, né Anche questo è lavoro – direi – pasto- queste parole si ritrovano nelle analisi rale: trovare e avere l’umiltà, il corag- e ricerche che si vanno pubblicando, gio di riposare”. Papa Benedetto non un po’ anche per moda, sullo stress e si è dunque limitato a dire – come tutti il ‘burnout’ (‘burnout’ è un termine indicono – che ‘bisogna assolutamente glese che viene usato per indicare uno trovare il tempo’ per riposare, quasi stato psicologico di esaurimento e di loche potersi riposare sia anzitutto o solo goramento, come una batteria che si sta un problema di distribuire adeguata- scaricando) di chi, sacerdoti e religiosi mente il proprio tempo; non ha sem- compresi, ha scelto di dedicare la proplicemente consigliato – come molti pria vita agli altri. consigliano agli altri – che ‘a un certo punto ti devi fermare, altrimenti scop- L’umiltà di riposare L’umiltà che ci porta a interrompepi…’, quasi che si tratti semplicemente di un problema di volontà… Ha par- re il ritmo normale del nostro lavoro lato invece dell’umiltà e del coraggio quotidiano e a trovare il tempo per un di riposare come presupposti per una adeguato riposo nasce da una riflessione sulla verità delle cose e da un provita equilibrata e serena. Sono parole che meritano di essere gressivo esercizio di consapevolezza, raccolte e considerate con attenzione, che può riguardare diversi aspetti. Ad esempio: perché chi si lamenta che non ha tempo per riposare è generalmente lonta- • la presa di coscienza dei propri limiti, mentali e operativi: tutto è no dal pensare che gli occorra, in defi- ARRICCHIRE IL CUORE ‘contato’ nella nostra vita, dai capelli del nostro capo (come insegna il vangelo), alle risorse mentali ed emotive, alla forza fisica, alla capacità organizzativa; • la convinzione che tutti siamo utili, ma nessuno necessario: il Signore tutto dispone per la gloria Sua e la diffusione del Suo Regno; la nostra persona, ripeteva spesso s. Giovanni XXIII, non conta nulla. In definitiva, è Dio il vero autore della crescita delle persone: ciascuno di noi, a seconda delle responsabilità che gli competono, è chiamato ad offrire il suo contributo perché si creino le condizioni affinché tutto ciò avvenga, ma è sempre Dio che tocca i cuori delle persone e guida i destini della storia umana; • la convinzione che è sbagliato 12 identificarsi con il proprio ruolo o il proprio compito, fino al punto di ritenere più o meno inconsciamente che nessuno è in grado di prendere il nostro posto e svolgere adeguatamente il compito che noi abbiamo svolto magari per tanti anni; • la consapevolezza che, a motivo dei nostri limiti, sono necessari momenti di pausa e di riposo per coltivare la dimensione interiore nella nostra vita: se non si trova il tempo per leggere, meditare e pregare, si corre seriamente il rischio di ‘correre invano’, di essere superficiali, di non saper più distinguere ciò che è essenziale da ciò che non lo è; • la progressiva presa di coscienza che ciascuno di noi non vale tanto per quello che fa o produce, ma Sono necessari momenti di pausa e di riposo per coltivare la dimensione interiore nella nostra vita per quello che è, per le sue doti di mente e di cuore; • la consapevolezza che, quando si serve il prossimo, ciò che anzitutto gli possiamo ‘offrire’ è una disponibilità personale fatta di calma, cortesia, attenzione e ascolto: cose tutte che assai difficilmente si possono trovare in chi è preso dall’ansia di fare e accumula tensione a causa di un lavoro continuo; • la consapevolezza che imparare a riposarsi è un allenamento prezioso e quasi un esercizio preparatorio per affrontare un giorno con umiltà e spirito di distacco un riposo ‘forzato’, in quanto previsto dalla normativa civile o canonica o dalle leggi imposte dall’età. Il coraggio di riposare La capacità di dedicare tempo al riposo non consiste semplicemente nell’astenersi dal lavoro e stare senza far niente; si tratta piuttosto di imparare a far propri determinati atteggiamenti, alcuni dei quali possono richiedere anche fatica e coraggio. Serve il coraggio di vincere una certa pigrizia, abitudini consolidate, quella routine quotidiana che dà sicurezza e affrontare situazioni nuove e schemi di vita diversi dai soliti. È necessario soprattutto avere il coraggio di fare la verità in noi stessi e cercare di superare con pazienza e perseveranza quegli ostacoli che, dentro di noi, ci rendono difficile o addirittura impossibile sperimentare le diverse forme di piacere legate ai momenti di tranquillità e riposo. È necessario avere il coraggio di scopri- ARRICCHIRE IL CUORE 13 re le ‘vere’ – non le ‘buone’ – ragioni che ci portano a non trovare il tempo per riposarsi. Da un punto di vista psicologico – che è quello che qui interessa - riuscire a proteggersi dal pericolo di una vita stressante è anzitutto il risultato di un lavoro di consapevolezza: questo è il punto centrale. “È bene non farsi illusioni su se stessi, cogliere le proprie zone d’ombra, i propri ripostigli, come si farebbe con una vecchia casa ricevuta in eredità. I limiti fanno parte delle cose stesse, come le cicatrici fanno parte del corpo” (Jean Guitton, Il libro della saggezza e delle virtù ritrovate, Casale Monferrato, Edizioni Piemme, 1999, p. 243). Si tratta di un lavoro certamente non facile, si richiedono la forza e il coraggio di vincere particolari forme di dipendenza o superare conflitti interni non risolti, che spingono ad un attivismo anche frenetico e senza soste e i cui motivi possono essere diversi. Ne richiamo alcuni. A volte si deve parlare di una certa incapacità di sopportare la solitudine. Questo può avvenire sotto la spinta di un bisogno che spinge a fuggire da un’angoscia acuta, la quale tende ad affiorare quando la persona è sola con se stessa. Per fuggire silenzio e solitudine si riempie la propria giornata di tanti impegni (considerati ‘urgenti’ e improrogabili): non si bada a sacrifici, non si temono sforzi, non ci si concede tregua. Se poi dovessero mancare cose da fare, può capitare di cadere nella depressione o avvertire disagi fisici (ad esempio: mal di testa), arrivando perfino ad abbandonarsi a stati di ebbrezza di qualsivoglia natura. Pa- A motivo dei nostri limiti, è necessario coltivare la dimensione interiore nella nostra vita scal diceva che “tutta l’infelicità degli uomini viene dal fatto che non sanno restare in pace in una camera”. In altri casi è il bisogno di sentirsi accettati, compresi, amati, che spinge a darsi al lavoro senza risparmiarsi. La persona è come perseguitata da un senso di disistima e di non accettazione di se stessa - ciò che ha fatto dire a Nietzsche: “il vostro amore del prossimo è il vostro cattivo amore per voi stessi”. Può anche capitare che la persona sia tiranneggiata da un eccessivo senso del dovere e, di conseguenza, incalzata da un acuto senso di colpa: dire no alle persone che chiedono o interrompere il proprio servizio le provoca un vago senso di disagio, che cerca di superare non ‘fermandosi’ (quasi) mai. Non è da escludere, in certi casi, che l’incapacità a sospendere il lavoro sia legata a tendenze narcisistiche. Spinta dall’ambizione e dalla smania di protagonismo, la persona può nutrire fantasie grandiose ed un elevato concetto di sé che la spingono a progetti di apostolato ambiziosi e ad un impegno senza sosta, come dimostrazione di efficienza e di capacità di successo. Infine, si può citare anche il rifiuto del ‘limite’ e della morte come molla inconscia che spinge la persona a mantenersi costantemente in attività e quindi a provare disagio se si ferma. Quando si avverte il declino delle proprie forze o si profila il momento dell’abbandono di una carica per raggiunti limiti di età o si constata che il proprio Istituto si impoverisce progressivamente di persone e di risorse avviandosi ad una lenta scomparsa, allora si può trovare nell’attivismo un modo concreto per non accettare ‘la fine’, per rifiutare il limite, per esorcizzare l’angoscia del sentirsi inutili e dipendenti. L’attivismo può prendere ARRICCHIRE IL CUORE il volto della persona anziana che si spende in un frenetico e commovente donarsi per la causa, ignorando magari certi suoi limiti vistosi, al punto che chi ne è testimone non può nascondere un vago senso di disagio (compassione). Il coraggio di fare la verità in se stessi porta anche a cogliere alcuni possibili segnali di un disagio interiore che impedisce di sperimentare la gioia pacificante del riposo. Ad esempio: un persistente senso di tensione interiore; il disagio nel vivere determinati momenti ‘obbligati’ di riposo, come i giorni di festa (significativa l’espressione coniata da V. Frankl che parla di ‘nevrosi domenicale’) o i periodi di vacanza; la difficoltà o l’incapacità a stabilire contatti umani profondi e cordiali con le persone e provare un autentico interesse empatico; forme accentuate di ansia e preoccupazione per gli esiti del proprio impegno apostolico; la mancanza di altri inte- 14 ressi o di qualche hobby particolare; qualche sintomo psicosomatico persistente e apparentemente impossibile da eliminare. Umiltà e coraggio come condizioni per sperimentare gioie autentiche Afferma s. Tommaso: "Il rimedio alla fatica dell'anima, come a quella del corpo, è il riposo. Ciò che riposa l'anima è il piacere. Occorre dunque rimediare alla fatica accordandole alcuni piaceri che interrompano la tensione dello spirito”. Osservazione piena di saggezza: il riposo è necessario per il nostro corpo e il nostro spirito, ma ciò che in definitiva riposa l’anima è la capacità di provare piaceri e gioie autentici. Tale capacità rientra tra gli importanti segni di salute mentale e non la si può dare affatto per scontata in ciascuno di noi. Può capitare, infatti, di incontrare persone che ne sono avide al punto che ne diventano schiave, oppure altre la cui vita, in segui- Ciò che in definitiva riposa l’anima è la capacità di provare piaceri e gioie autentici to a particolari esperienze educative (ad esempio: l’aver sperimentato una precoce responsabilizzazione o una disciplina piuttosto rigida), è vissuta più sul registro del dovere che del piacere. Vi può essere perfino qualcuno che avverte un sottile disagio quando è felice, quasi si trattasse di un’esperienza ‘non dovuta’ e non ‘normale’ Otto Rank ha coniato una definizione bellissima per questo modo di vedere la vita: ‘rifiutare il prestito della vita per non dover pagare il debito della morte’. Si capisce facilmente, dunque, che i momenti di riposo potrebbero essere addirittura ‘obbligati’ (le ferie, i giorni di festa…), ma se è vero che, come ricorda s. Tommaso, un aspetto essenziale del riposo è la gioia, allora bisogna riconoscere che i periodi di riposo si possono comunque organizzare e prevedere, la gioia no. Già Nietzsche affermava che: “L’abilità non sta nell’organizzare una festa, ma nel trovare persone capaci di trarne gioia”. La persona che non riesce a fermarsi e riposare può essere tormentata da due pensieri: avere troppe cose da fare, avere niente da fare. Sarà dunque necessario ricercare continuamente un equilibrio tra lavoro e riposo tale che ci permetta di vivere nella pace e nell’armonia con noi stessi e ci renda strumenti docili ed efficaci nelle mani di Dio per il bene del prossimo. E non si dimentichi la raccomandazione biblica: “Figlio, per quanto ti è possibile, tràttati bene… Non privarti di un giorno felice” (Sir 14,11.14). Aldo Basso TEMPO GIOVANE 15 Vacanze di servizio Non è mai facile raccontare un viaggio, tantomeno in questo caso. Riportare ad altri luoghi e volti e, soprattutto, emozioni ha a che fare con il soprannaturale; e ho dunque l’impressione – ma so che è condivisa da quanti hanno vissuto quest’esperienza – che il più non si possa narrare. Preferirei tenermi dentro la scheggia luminosa dei ricordi piuttosto che fare la fatica di dire. Tuttavia ci eravamo dati l’impegno di viaggiare non solo per noi, ma anche per chi – restando a casa – ci ha supportato col pensiero e la preghiera: compagni di classe, colleghi, suore, genitori, amici. È per loro che faccio lo sforzo, nel tentativo di ricambiare in parte il bene che ci vogliono. Di fronte alla proposta della Giordania da parte di suor Luigina – io e Tino ci eravamo rivolti a lei per progettare l’esperienza estiva – abbiamo risposto con entusiasmo. Mi era già capitato di viaggiare fuori dell’Europa, ma mai nel mondo arabo. Soprattutto mi piaceva l’idea di attraversare uno dei punti critici della contemporaneità – il punto critico, secondo alcuni: il Medioriente, in cui Islam e società occidentale s’incontrano e confliggono. Sempre più credo (col diffondersi dappertutto di deleterie culture della violenza) vadano cercate piste di dialogo e fiducia. Quale miglior luogo, allora, e migliore occasione che la parrocchia cristiana di Zarqa, nel nord della Giordania? Lì vivono le nostre suore dorotee, in un contesto che è quasi esclusivamente islamico. L’essere minoranza è come se desse a quei cristiani la tenacia umile del vivere il vangelo giorno per giorno, senza gesti eclatanti, ma con una fioritura continua e silenziosa. Penso alla scuola cattolica che accoglie ragazzi mussulmani e che gode di prestigio in tutta la città per la bontà Il gruppo di studenti al completo accolti nella casa più antica di Amman della formazione che offre; penso alla Caritas, che nella loro bottega; fumare il narghilè aiuta indistintamente persone di una e con l’autista quando finalmente per dell’altra religione, anzi, in particolare lui s’interrompeva il digiuno del Ragli islamici in fuga dalla Siria. È vero madan; assistere allibiti a suor Luigina che, quando attraversavamo il merca- che, ignara delle regole, dava la mano to, alcuni ci insultavano ad alta voce al preside mussulmano di un istituto (in questo caso suor Salwa rispondeva maschile; costatare che, durante le ata tono!); era tangibile anche la fatica tività del mattino, era impossibile diche suore, preti e laici sopportano per stinguere un bambino cristiano da uno una libertà d’espressione e azione for- islamico; pregare le loro preghiere. temente limitata; tuttavia, mi vien da dire (e lo so, lo faccio da qui, a tanti chilometri di distanza, ed è fin troppo facile) che nei tempi cupi che ci toccano tutto è prezioso – mangiare il pane che p r e p a r a n o Attraversando il mercato di Zarqa nell’ex campo dei profughi palestinesi TEMPO GIOVANE 16 nella propria casa pensare a questa esperienza con loro e (e noi eravamo in per loro. Non avevamo certo in mente, quindici!) non è un come educatori, di proporre l’ennesigesto neutro: signifi- ma gita, a caccia di sensazioni forti, ca svelare la propria con la sola variante della destinazione intimità, mettersi a esotica. Non abbiamo neppure inteso nudo. In molti con- il viaggio in chiave solo culturale, antesti significa am- che se l’incontro con gente diversa da mettere la modestia noi per lingua e tradizioni è stato un del proprio tenore ingrediente sostanzioso. Siamo invece di vita. Tuttavia – a partiti dalle idee di condivisione e sernoi ricchi, che non vizio, e su questo binario abbiamo svine siamo capaci – luppato le attività. Imparare a condiviqueste persone sem- dere non è mai facile: ce ne siamo resi Sulle rovine storiche della “Cittadella” di Amman brano dire: vi offria- conto vivendo assieme 24 ore su 24, È un lavoro, quello dei cristiani di mo ciò che siamo. Lo facciamo con ognuno con i propri difetti, bisogni, là, di paziente cucitura in tempi di piacere: vedrete che anche a voi piace- manie, rigidità. Il rispetto non è una strappi e tessuti slabbrati. Un lavoro rà. La loro fiducia nell’umanità ci ha cosa astratta, anzi, lo si pratica nelle sidi resistenza, in condizioni via via più scaldato; la sovrabbondanza delle loro tuazioni quotidiane. Così, sono serviti dure, mentre ai confini si addensano prelibatezze ci ha fatto sentire benvo- alcuni giorni per prendere le misure plumbee nubi: Siria, Iraq, Palestina luti, importanti. reciproche e riconoscere regole comusono a un tiro di schioppo. Mi sento Se dovessimo metterla in termini ni. Da parte di tutti, bisogna dirlo, ci infinitamente grato a queste persone economici – gli unici, ormai, che ci sono stati buona volontà e spirito di che nel silenzio (o magari, nel sarcasti- vengono spontanei – dovremmo dire adattamento; e ognuno ha rinunciato co brontolio che scaturisce dalla con- che abbiamo contratto con loro un de- a qualcosa per far spazio all’altro. L’acvivenza) tramano per un mondo mi- bito insanabile. Ebbene, ci hanno mo- coglienza, e dunque l’esperimento delgliore; mi rincuora il fatto che ci siano strato un’altra logica, quella del dono, la pace, è partito da lì, dal nostro stare anche lì donne e uomini che vogliono che non chieil bene e la pace, e li perseguono con de tornaconsemplicità, nell’anonimato. Alla nostra to. In termiEuropa, che con puzza sotto il naso ni cristiani sbarra l’accesso ai richiedenti asilo, mi viene da credo abbia molto da dire la capaci- c h i a m a r l a tà della Giordania di ospitare entro i grazia, o semsuoi confini milioni di rifugiati. Una plicemente volta in più ho fatto l’esperienza della amore. Un generosità della gente povera. Chi ha altro capitolo meno, condivide di più, tutto se serve. lo voglio deLe famiglie del quartiere ci hanno invi- dicare ai notato spesso nelle loro case per la cena stri ragazzi. o un dolce: è qualcosa che ogni volta È stata una mi colpisce. Fare entrare qualcuno scommessa Gli studenti accolti nella tenda dei beduini presso il deserto di Wadi Rum TEMPO GIOVANE 17 Sulle rive del Giordano gomito a gomito, tra antipatici lavori domestici, tentazione del wi-fi, bisogno di dormire (di giorno) e voglia di chiacchiere (di notte). La maggior parte dei nostri ragazzi non frequenta abitualmente gruppi votati alla causa del servizio e della missionarietà. E questa per noi era la sfida: è difficile in classe sensibilizzarli su questi temi. Sebbene le mie materie (italiano, storia, geografia) si prestino a riflessioni di carattere etico e sociale, ho notato, nel corso degli anni, quanto poco contino le parole per gli adolescenti: entrano da un orecchio ed escono dall’altro, senza che qualcosa di significativo accada in loro. Sperimentare sulla propria pelle culture diverse e diverse condizioni di vita, invece, può segnare: tanto più se l’ambiente sociale da cui si proviene è molto diverso. Per questo, poiché i nostri non erano “ragazzi patentati per la missione”, come adulti al loro fianco abbiamo gioito nel vederli camminare e crescere con impegno, costanza, entusiasmo. Nelle attività mattutine dei centri educativi e in quelle pratiche del pomeriggio con la Caritas non hanno lesinato le loro energie. E anche nella rielaborazione di gruppo, a cui dedicavamo un’ora al giorno, sono emerse cose interessanti. Quest’attività prendeva spunto da un libro di un medico palestinese, Izzeldin Abuelaish, promotore della pace in Medioriente. Nondimeno abbiamo privilegiato un approccio via via più emozionale, con momenti di meditazione che favorissero l’emersione del vissuto. E se all’inizio la verbalizzazione era parziale (alcuni non riuscivano ancora a formulare ciò che stavano sentendo), alla fine – e in particolare durante la verifica – tutti hanno parlato manifestando quanto in loro era maturato durante le due settimane. Mi ha colpito anche come, col passare dei giorni, siano affiorate alcune proposte dei ragazzi ad arricchire le attività di animazione e riflessione. È come se loro fossero stati restituiti, almeno in parte, alla creatività; questo cristianamente lo leggo come un riappropriarsi della possibilità di partecipare alla Creazione. Alcune dinamiche in cui siamo inseriti disabilitano la capacità innata di inventare futuri diversi e più umani; è bello che in contesti, magari periferici, magari collettivi, queste forze ritornino prorompenti. Per fare un esempio, i ragazzi a un certo punto hanno scoperto la chitarra: prima è stata adottata per l’animazione degli anziani presso la casa di riposo e poi usata nell’accompagnamento della preghiera. L’idea è venuta a loro, così come da loro è stata operata la scelta dei canti. Alcuni che sapevano strimpellare si sono resi protagonisti davanti a tutti. Quanto ho scritto rende poco di ciò che è stata la Giordania per me: vorrei avere, come Vanessa, un talento per la fotografia, per strappare al tempo la densità di certi istanti. Mancano i sapori delle spezie, il vento, il rosa del cielo e il richiamo del muezzin all’ora del tramonto. Mancano gli 800 gradini sotto il sole che a Petra abbiamo salito con lena concorde; mancano le corse sulle dune e il tè coi beduini. Manca soprattutto – e con questo vorrei chiudere – la notte nel deserto sotto le stelle: stesi nel sacco a pelo all’addiaccio e sopra la volta infinita del firmamento. Svegliandomi un po’ infreddolito ai primi sprazzi dell’aurora, mi sono girato a guardarli: erano lì, raggomitolati uno affianco all’altro, senza più schermi, né parvenze da difendere, lontani dal mondo che li fagocita e per un attimo liberi di essere se stessi, gli uni per gli altri, abbandonati fiduciosamente alla cura reciproca, aperti al nuovo che ci abita e sovrasta. Simone Maculan TEMPO GIOVANE 18 Voci dalla Romania: Va’ e anche tu fa lo stesso! padre, senza le loro amorevoli cure, gratuito amore quotidiano. E così tu mi hai accolto, tu nonostante la mia diversità, e mi brucia, e fa male, perché io che ho tutto, non so fare lo stesso. Come é possibile? Ho Le suore della comunità di Roman (Romania) che hanno promosso pianto: per do- l’esperienza di volontariato tra giovani rumene e italiane lore, per amore.... E Tu che mi hai chiamata, che Ti tonia con l'altro, percepisco le ferite sei fatto uomo, Tu buon samaritano, enormi, i pesi troppo grandi per quelTu che lavi i piedi, Tu che non guardi le spalle bambine. Mi lasci toccare la la zizzania ma la piccola spiga di gra- tua sofferenza, e piango. Piango anno che é in noi...Tu che ci perdoni e ci cora. Mi vergogno. Mi stupisco. Non chiami... Noi che non ti ascoltiamo e delle lacrime, non dei sentimenti, ma poi, ecco, tutto si scioglie e si fa chia- di me, dei miei inutili lamenti, del mio ro...Le paure scompaiono, prende po- egoismo, dei miei vizi, della mia avidisto il coraggio, la speranza e la fiducia tà, dei miei pregiudizi. Ma Tu mi fai nei nostri piccoli gesti. Cosa fare? Mi comprendere che mi vuoi così, con le avvicino: sguardi, sorrisi ed é subito mie crepe, perché il mio sorriso non festa...nel cuo- é inutile, perché un gesto d'amore re, nel viso...le non é mai scontato, non é mai vano. manine si ag- Perché può contagiare il mondo che grappano, usa- ti circonda... Ciò che non serve é chieno tutta la forza dersi: perché io? Il dono ricevuto va che conoscono donato, non c'é una ragione se non per stringerti, l'amore, unica regola per vivere con a b b r a c c i a r t i gioia, che racchiude tutto: il nostro ese non voglio- sere, la nostra essenza. Allora capisco no lasciarti, ti che in fondo siamo uguali, fatti della chiamano, ti stessa sostanza, a immagine di Colui r i n c o r r o n o . che ci ha creati. Missione é piedi nel Si fa strada la mondo e cuore nel cielo, è sporcarsi le compassione. mani, con fiducia ed entusiasmo, perLe giovani volontarie offrono ai bambini della “scuola speciale” di Roman (Romania) un momento di gioco e di divertimento Entro in sin- ché tutto ha un senso in questa vita, in Dopo un’esperienza di 15 giorni in Romania, nella nostra comunità di Roman, quattro ragazze , partite dall’Italia accompagnate dalle nostre sorelle sr Marcella e sr Anna, ci raccontano cosa è stata per loro questa esperienza di fraternità e di missione, di testimonianza e di servizio. Lasciamo a loro raccogliere sentimenti e pensieri di questa avventura in una terra bella e ricca, ma anche desiderosa di crescita e riscatto. “Un invito, poi un viaggio verso l'Est verso l'ignoto, abbandonando certezze e sicurezze. Ti ho visto: nella povertà, nell'abbandono, nella solitudine, nell'ingiustizia. Ti ho visto: in quei volti magri, in quei capelli cortissimi, in quegli occhi tristi, in quei cuori bisognosi d'affetto; quei corpicini esili, troppo esili per quei vestiti, appartenuti forse a me, a te, scartati, buttati in un sacco della Caritas....Uno scarto, una cosa che non serve....come loro, anime fragili, lasciate crescere al vento, tra le tempeste e i fulmini, tra le difficoltà della vita. Senza la dolce sicurezza di una casa, di una madre e un TEMPO GIOVANE 19 questa strada in salita verso il Sole, se mi dono per AMORE !” (Noemi) “La Missione in Romania ci ha messo in cammino verso una realtà che prima ci era sconosciuta, ci ha fatto vedere cos'è la povertà ma anche la grande ricchezza interiore, ci ha permesso di avvicinarci a tante persone e soprattutto bambini che ci hanno accolto con immensa gioia, e noi con semplicità gli abbiamo donato ciò che per prime abbiamo ricevuto: L'Amore! che è l'unico linguaggio senza confini.” (Francesca) “Il viaggio in Romania è uno di quei viaggi che ti segnano profondamente non solo per i mesi a seguire, ma per tutta la vita! I paesaggi visti, l'aria respirata, gli occhi dei bambini, delle donne, degli anziani, le loro mani, i loro piedi, i lori volti... tutto quello che ho vissuto, insieme alle mie compagne, è stato un passo verso una direzione diversa da quella che avevo prima di partire! Questa Missione mi ha fatto scoprire una parte del mondo che prima non consideravo e, allo stesso tempo, una parte di me che si è liberata, è emersa e vuole crescere e contagiare chi incontro. Questo viaggio è stato una Le giovani italiane che hanno partecipato all’esperienza missionaforza unica, una ca- ria a Roman (Romania) rica potente contro ogni aspettativa: il mio cuore l'ha vis- delebile lasciato da questa esperienza suta fino in fondo e ha portato a casa in Romania, le forti emozioni vissute, i tanto dolore, sì, per ciò che ha visto e volti incontrati, talvolta tristi e abbanconosciuto, ma anche tanta gioia nel donati ma più spesso sorprendentevedere come con dei piccolissimi gesti mente sorridenti e sempre assetati di si possano cambiare le cose!!” (Anna) Amore. Mai avevo visto bambini così “è Difficile descrivere il segno in- entusiasti per una scenetta, per un laboratorio o una caccia al tesoro. Mai avevo visto bambini con lo sguardo triste perché avevano fame o bambini felici perché avevano avuto la loro banana per merenda. E nemmeno vedo spesso persone, ragazzi, anziani o bimbi che gioiscono per semplici gesti come un abbraccio, una carezza,un sguardo amorevole. La povertà, la solitudine, il dolore toccato con mano, la gioia provata nel donarsi all'altro, all'ultimo, al più piccolo, con l'Amore più grande che ognuno è chiamato a portare: questa è stata la nostra esperienza. Servire è regnare, dice una canzone. Questo per me è la Missione”. (Silvia) Riflessioni delle giovani italiane al ritorno dalla Romania a cura di suor Anna Visonà TEMPO GIOVANE 20 Accendi la fiamma dell’amore! Campo cuore e grembiule, Vigardolo 2014: un’esperienza, una scoperta, una settimana da vivere con tutte noi stesse! Anche quest’anno i campi-servizio, due a giugno e uno a luglio, si sono realizzati a Vigardolo, presso il Centro Riabilitativo Villa Maria. Campi-servizio, perché abbiamo donato con gioia le nostre mani, i nostri cuori, i nostri sorrisi a quei bimbi speciali che conquistano e stupiscono per la loro spontaneità, semplicità e capacità di entrare nei cuori di tutti. Per coronare queste giornate, ci siamo messe in gioco con attività e riflessioni dateci dal filo conduttore di tutta la settimana “PIEDI NEL MONDO CUORE IN CIELO”, frase tanto amata dal vescovo Giovanni Antonio Farina. È stato bello per noi vivere insieme, come una comunità, che mette insieme tutto: doni, talenti, ma anche difficoltà o domande e le nostre storie personali: tutto questo ci fa crescere come giovani responsabili. Ecco alcune testimonianze e le foto delle partecipanti alle tre settimane. Tornate a casa da questa esperienza, possiamo dire che le nostre aspettative sono state soddisfatte:i bambini ci hanno donato tantissimo e il rapporto che c’è stato tra noi ragazze e con suor Sabrina, con suor Angela e con Gloria si è sempre più consolidato giorno dopo giorno. Grazie a questo campo abbiamo potuto riscoprire e comprendere meglio il vero significato della parola SERVIZIO e assaporare ancora più intensamente l’acqua viva, come la samaritana aveva fatto con Gesù. Momenti di condivisione, gioia e felicità sono sempre stati all’ordine del giorno e hanno saputo aprirci di più verso gli altri per avere sempre “i piedi nel mondo e il cuore nel cielo”. Grazie per questa unica esperienza anche alle nostre Sisters e a Gloria che hanno sempre saputo essere al nostro fianco, per farci conoscere ancora di più il nostro amico Gesù. (Valentina e Elena) L’esperienza vissuta al campo è stata straordinaria, divertente e formativa. Pur partita con qualche paura, mi sono trovata subito bene, grazie alle mie compagne di avventura nell’impegno. Ho cercato di mettere “I piedi nel mondo e il cuore in cielo”, e devo dire che ci sono in parte riuscita. Se ce l’ho fatta è stato anche grazie all’aiuto dei bambini, che ogni giorno mi hanno regalato qualcosa di nuovo ed hanno arricchito la mia vita di gioia: un sincero sorriso, un dolce bacio, un tenero abbraccio o un semplice gioco. Mi sono state di grande aiuto le attività e le riflessioni proposte dalle suore animatrici. Ripensare a me stessa e alle mie relazioni, trovare, come la samaritana, l’acqua viva mi ha permesso di aprire il mio cuore ad una più significativa presenza di Dio in me. Inoltre tra noi ragazze si è creata una forte amicizia che continuiamo ancora ora nell’attesa del rivederci. Sono molto felice di avere fatto questa splendida esperienza perché ho potuto ricevere più di quanto ho donato. (Ilaria) TEMPO GIOVANE 21 Sogna e prendi il largo! Anche quest’anno siamo tornate a Gallio per vivere un po’ del nostro tempo con i bambini della Comunità Educativa per minori “Casa Nostra” di Dolo. È stata una settimana intensa. Tra volti nuovi chi tornava per il secondo anno, e chi è stato con noi qualche giorno, abbiamo condiviso la vita quotidiana con i bambini, tra la tavola e i letti da fare, con lunghi giochi a carte e una grande sfida da affrontare: costruire una barca per poi poter partire tutti insieme verso una nuova avventura! L’acqua di certo non è mancata, ma la gioia ha contagiato le nostre giornate! È stata una vera e propria impresa costruire, tutti insieme, con cartoni, tempera e pennelli un’imbarcazione tanto grande da poterci contenere tutti. Vi starete domandando perché proprio una barca? Il nostro compagno di viaggio è stato San Pietro che ha accompagnato i bambini, e anche noi giovani in un tempo di forte riflessione personale. Ci ha invitate a riscoprire il nostro essere un tutt’uno amato da Dio nella sua bellezza, e fatto per AMARE. Il deserto personale per pregare, le piccole celebrazioni, le condivisioni e il tempo passato a “raccontarci” hanno scombussolato il cuore di tutti…nessuno è tornato come erano prima di partire! Abbiamo toccato con mano quanto Dio vuole bene ai bambini che abbiamo incontrato, un gruppo di giovani ragazzi ci ha regalato una Le giovani che hanno vissuto la loro esperienza di animazione con i bambini a Gallio (VI) giornata speciale, con macchine e pulmini sono venuti a prenderci a casa e dopo una bella passeggiata ci hanno offerto il pranzo in rifugio, ci siamo sentite un po’ amate anche noi! Vedere come vivono da fratelli e sorelle, come si preparano per le feste di compleanno tra loro, come si prendono cura anche del più piccolo, è stato per noi bello.. ci ha insegnato tanto, come l’incontro con un ragazzo che da piccolo ha vissuto in comunità ed è tornato per qualche giorno per stare con i bambini e le sorelle che si occupano di loro: il suo tornare e dire GRAZIE ci ha fatto cogliere quanto prezioso e indispensabile è il servizio delle sorelle che dedicano tutta la loro vita e il loro tempo per questi bambini. Anche nel nostro cuore c’è un piccolo GRAZIE: grazie a Gesù che ci ha attirate, e ci ha regalato tutto questo, grazie a chi ci ha accompagnate in questa esperienza e alle sorelle che hanno fatto spazio in casa e “in famiglia” per accoglierci, grazie ai bambini che non vedevano l’ora di vivere questa nuova settimana di campo scuola e ci hanno fatto percepire di essere “benvolute”. A voi vogliamo lasciare ciò che abbiamo scoperto: “occorre imparare a fidarsi dei sogni di Dio! E il sogno di Dio su di me è il compimento di una promessa, è ciò che diceva il vescovo Giovanni Antonio Farina: tenere i piedi nel mondo e spingere il cuore in cielo!”. Sara, Agata, Elisabetta, Gloria e Annika TEMPO GIOVANE 22 Alla conquista di uno spazio per il futuro Ciao a tutti! Siamo 53 ragazzi dell’Istituto Farina di Vicenza e vogliamo raccontarvi la nostra fantastica esperienza estiva! Il primo giorno di luglio siamo partiti dal piazzale della nostra Scuola; destinazione la bellissima Valle Aurina, una delle ultime vallate italiane, al confine con l’Austria. Il tema del nostro campo scuola era: “Extra: alla conquista di uno spazio per il futuro”. Sicuramente vi starete chiedendo il perché di un titolo così particolare, e ce lo siamo chiesti anche noi, fin da subito, quando durante la prima assemblea del gruppo sono piovuti “dal cielo” dei piccoli aeri colorati … Tranquilli, nessuna catastrofe: erano dei semplici aerei di carta, come quelli che ci divertiamo a costruire durante l’anno scolastico in classe quando non c’è altra alternativa a qualche noiosa leziosa! Ops … Su ognuno di questi aerei era riportato il nostro nome: seguendo i vari colori degli aerei ci siamo così suddivisi in sottogruppi. Perciò in un’ambientazione fantascientifica, attraverso le Gruppo in attività vicende di quattro giovani allievi di un’Accademia spaziale, abbiamo iniziato il nostro viaggio nello spazio e siamo stati sballottati I partecipanti al Campo Scuola su diversi pianteti per fuggire dalla guerra stellare in atto sulla Terra. Dobbiamo ammettere che la vita “da profughi” non è molto simpatica: nei vari luoghi dove siamo giunti ci siamo dovuti mettere in gioco in prima persona e abbiamo potuto riflettere sulle difficoltà di inserirsi in realtà, usanze e tradizioni completamente diverse da quelle a cui siamo abituati. Piano piano abbiamo imparato a superare i pregiudizi e gli atteggiamenti di diffidenza che ostacolano un’approfondita conoscenza reciproca e che ci impediscono di cogliere i pregi di chi ci sta attorno. E anzi possiamo ammettere che è stato divertente atterrare su altri pianeti e conoscere “persone diverse”: da ogni popolo abbiamo imparato qualcosa di nuovo e ci siamo resi conto che anche loro hanno degli obiettivi buoni e delle regole che li aiutano a vivere meglio. Ci ha accompagnato nel nostro viaggio il nostro saggio maestro, il santo Giovanni Antonio Farina che aveva sempre dei consigli ad hoc. Fin dall’inizio del nostro cammino ha continuato a ripeterci: “L’amore di Gesù regni sempre nel vostro cuore e se nei vostri amici vi succede di vedere qualche difetto non criticatelo ma cercate di capirlo … e se non vi riesce di capirlo custoditelo nel vostro cuore e non lasciate che esca!” Un bell’impegno, non vi pare? Noi ci abbiamo provato e ci stiamo provando ancora. Oppure come quel giorno in cui siamo finiti sul pianeta “Nabumbo”, un posto strano in cui alcuni abitanti si sono accaparrati molti beni e a tutti gli altri non resta quasi nulla e vivono nella miseria. Quel giorno il santo Farina si è un po’ arrabbiato e la sua voce ci sembrava più forte: “Il di più che hanno i ricchi è il necessario dei poveri! Voi accontentativi di quello che avete: mangiate ciò che vi TEMPO GIOVANE 23 viene messo davanti. Siate puliti ma non ambiziosi; siate graziosi ma non vanitosi!” Per fortuna alcuni giorni siamo tornati sulla Terra; per esempio venerdì 4 Luglio, giusto in tempo per una gita fuori porta: una tranquilla passeggiata nella graziosa città di San Candido e poi pranzo a sacco sulle sponde del lago di Dobbiaco. Contemplando la bellezza dell’acqua e dei monti che vi si rispecchiavano in qualche momento ci siamo chiesti se davvero eravamo sul pianeta Terra o in un altro luogo incantato dell’universo! Davvero “i cieli raccontano la gloria di Dio!” Un altro bel momento è stato Domenica 6 quando ci siamo ritrovati in parrocchia attorno all’altare per celebrare la S. Messa: hanno spezzato il pane con noi altri amici provenienti da Busto Arsizio e da … ed è stato bello accordarci per animare la liturgia e cantare insieme. Con noi c’erano anche diversi genitori venuti a salutarci. E dopo aver condiviso il Pane eucaristico abbiamo condiviso anche la mensa fraterna. I no- Sulle sponde del lago di Dobbiaco (BZ) stri fantastici “cuochi” Enzo e Oretta Bertasi, Fernando e Piera Luini con l’instancabile Barbara non si sono lasciati scoraggiare e hanno pensato: dove mangiavamo in 70 abbiamo aggiunto altri 50 posti! Incredibile ma vero! Il pranzo è stato davvero luculliano e la gioia “rimbombava” fra le montagne! Grazie amici cuochi! Lunedì c’è stata per noi una piccola sorpresa: gli animatori avevano organizzato una passeggiata da brivido: zaino in spalla e via fino a Lutago dove – suddivisi in piccoli gruppetti – siamo saliti in funivia. La nostra ascensione in pochi minuti ci ha condotto a 2000 metri! Un viaggio breve ma comodo e piacevolissimo durante il quale abbiamo potuto godere di una stupenda vista tra ripide balze erbose. Giunti allo Speikboden siamo rimasti incantati: tutto verdissimo e un panorama mozzafiato! Appena arrivati ci siamo disposti in cerchio in questa meravigliosa Chiesa con il cielo per soffitto e un'immensa distesa di erba giovane puntellata da fiorellini gialli. Che incanto pregare con gli occhi fissi sul cielo e contemplando gli Alti Tauri innevati! La stazione a monte della funivia Speikboden è anche il punto di partenza per rilassanti escursioni: perciò dopo la lode al Creatore abbiamo ripreso la nostra passeggiata che ci ha condotto ad un grazioso rifugio, giusto in tempo per permettere ad un fugace temporale di fare il suo corso e a noi di pranzare e di gustare le prelibatezze del luogo: canederli, speck e dell’ottimo strudel o della sacher! Totalmente diversa l'uscita di martedì 8 luglio: ci siamo andati alle miniere di Predoi e siamo entrati nelle viscere della montagna per circa un chilometro. Il viaggio nel trenino – a metà tra l'avventura e la paura – ci ha portati in una zona dove sino a qualche decennio fa molte persone si recavano per lavorare sodo anche 10 ore al giorno al freddo (lì la temperatura costante è di 7 gradi) e al buio illuminato solo da qualche lucerna, in condizioni fisiche disagiate. Oggi la miniera è aperta solo per visite turistiche e per le cure terapeutiche ma è stato interessante per noi ragazzi ripensare alla fatica che i nostri antenati hanno fatto in queste valli per guadagnarsi il pane. In conclusione possiamo dire di aver vissuto un’esperienza davvero entusiasmante, arricchita da preziosi e vivaci momenti di preghiera: tutto rimarrà nei nostri cuori! Grazie Signore di quanto ci hai donato! Grazie a voi Suore e ai fantastici animatori! Grazie e … al prossimo anno! I ragazzi della Scuola Media Farina di Vicenza TEMPO GIOVANE 24 Un grande campo-scuola Dal 24 giugno al 1 luglio 2014 alcuni ragazzi frequentanti le nostre Scuole Primarie hanno partecipato ad un Campo estivo. Ecco la testimonianza di una mamma. L’idea di seguire mia figlia al campo scuola non mi allettava in nessun modo, lo ammetto. Pensavo che sarei stata di intralcio alla sua prima esperienza lontana da mamma e papà, il suo primo assaggio di emancipazione. “Mamma ho trovato una soluzione per le medicine!” mi annuncia un giorno soddisfattissima, “me le vieni a dare tu”. Da qui in poi non mi sono più potuta nascondere dietro alla scusa della Tutti partecipano con intensità all’attività di gruppo piena promozione verso l’autonomia. Non avevo idea di cosa avrei dovuto fare “Vado con la mia macchina, così posso farmi qualche giretto, metto un paio di libri in valigia; alla fine sarà anche la mia vacanza..…”. Così pensavo …, invece, fino a quando, parcheggiata la 500 davanti all’hotel Baden di San Giovanni in Valle Aurina, mi sono ritrovata a svuotare il bus dalle scorte di cibo per l’intera settimana, in poi, non mi sono più fermata. Mia figlia l’ho intravista a mala pena durante i pasti. A parte l’ironia, questi sono solo gli ingredienti essenziali. Il risultato è il sorriso dei bambini, la serenità con cui hanno affrontato le loro prime esperienze senza l’ala protettrice dei loro genitori, l’inarrestabile voglia di FARE, l’impegno che ci hanno messo nel dimostrare di sapersi comportare da “bravi” senza che ci fosse qualcuno a ripeterglielo ogni 5 minuti. Sicuramente hanno sentito la mano sicura delle due “locomotive” che guidavano il convoglio vacanziero, le due suore energiche, aiutate da 5 mamme tra le pentole, 1 papà addetto alle attività sportive e 6 animatori. Senza di loro i nostri figli si sarebbero sentiti più spaesati e molto più lontani da casa. Sperimentarsi un po’ più grandi, assolvendo a compiti precisi, in una giornata densa di attività, ma anche di momenti di riflessione e preghiera, è servita a questi bambini a tornare a casa con un bagaglio pieno di esperienze belle e costruttive. A me, da adulta, è servita per tornare a casa provata senz’altro dall’impegno fisico, ma consapevole del senso di soddisfazione che è in grado di dare solo una piccola o grande fatica; non solo, è servita a ritornare piena di serenità per aver respirato energia pura e positive guardando negli occhi questi bambini, le suore, gli animatori e la voglia di fare del gruppo di genitori con i quali ho riscoperto la gioia del “mettersi a servizio”. Ringrazio mia figlia per la sua richiesta; ringrazio suor Marcella, che ha lanciato la proposta e che, insieme a suor Carmelita, hanno reso possibile che il “Campo Scuola” insegnasse qualcosa ad ognuno di noi. Federica Cestaro 25 FINESTRA SUL MONDO Ricordo filiale All’alba del 15 luglio 2014, nell’Ospedale di Vicenza, si è spento sua Eccellenza Mons. Pietro Giacomo Nonis, Vescovo emerito di Vicenza (Italia). Nei 18 anni del suo ministero episcopale, oltre che pastore buono e padre intelligente per la comunità cristiana, per la nostra Congregazione egli è stato anche un vero amico. Ci ha accompagnate in momenti fondamentali di rinnovamento della nostra Congregazione, sostenendo la nostra vita spirituale, l’originalità della nostra preghiera carismatica, richiamandoci spesso le linee operative nella carità del Vescovo Farina, incoraggiando il percorso di studi sulla sua vita santa. Forte è stato il suo incoraggiamento a mantenere viva nella Chiesa l’esempio di santità del Farina, contribuendo autorevolmente alla fase conclusiva dell'iter della Causa, fino alla Beatificazione di questo "santo suo predecessore", come lo chiamava. Recentemente accolse con profonda gioia la notizia della prossima Canonizzazione, e volentieri scrisse la nuova preghiera al Vicenza, 07.09.1991, chiesa dell’Adorazione: in primo piano, a sinistra, il Santo che definì papa san Giovanni Paolo II, al centro il vescovo mons. Pietro Giacomo Nouna "immagine nis e a destra il vescovo Andrea Pangrazio vivente dell'amore di Cristo". È stato l'ultimo e va riproporre continuamente proprio prezioso suo dono alla Causa del no- a noi, Suore Dorotee, con molto reastro Fondatore. lismo, in modo sempre nuovo, come esempio di orientamento a Dio, menDal 2003, per raggiunti limiti di tre invitava la gente a pregarla con età, si è ritirato a Brendola (VI) nella fede autentica. Siamo grate in partiVilla dei Vescovi, dove varie Sorelle colare a suor Luisella Martini e a suor della nostra Congregazione si sono Graziana Roviaro che gli sono state alternate per vicine in questi ultimi anni, quasi a rendere con- rappresentare le tante Sorelle vicine e fortevoli le sue lontane, operanti nella Chiesa in Italunghe giornate lia e nelle varie Missioni. Lui conoscedi silenzio e di va le nostre Comunità missionarie, le studio tranquil- visitava, sempre atteso e bene accollo, ma anche di to, le beneficava e le sosteneva spirisofferenza. Di tualmente, incoraggiando ogni Suora tanto in tanto a restare lì dove il Vangelo chiama. condivideva le Certamente oggi, dal Cielo, continuevarie ricorrenze rà ad aiutarci ed a seguirci con il suo e celebrazioni sguardo intelligente e propositivo. liturgiche con Tutta la Congregazione esprime il gli Ospiti del ricordo, la riconoscenza ed il cordoC.S.A. “Santa glio filiale in preghiera di suffragio. Vicenza, 02.02.1992, chiesa Cattedrale: mons. Pietro Giacomo Nonis Bertilla”, la Sanfirma la chiusura del processo canonico del servo di Dio Giovanni Antosuor M. Emma Dal Maso ta che Lui sapenio Farina, oggi santo finestra sul mondo 26 Dialogo aperto Il grande tendone bianco di “Ritmi e danze nel Mondo” edizione di giugno 2014, iniziativa promossa dalla Diocesi di Treviso, si è riempito all'inverosimile e la voce forte e nitida di Shirin Ebadi, prima donna araba Nobel per la pace nel 2003, che rispondeva alle provocatorie domande di Giantonio Stella, giornalista e scrittore, ha risuonato tra i continui applausi della gente. Nata in una famiglia di intellettuali iraniani, nonostante fosse una donna, ha potuto studiare legge e a 28 anni, già giudice, è divenuta presidente di una sezione del tribunale di Teheran (ha presieduto anche il tribunale dei minori). La carriera e la sua vita subiscono una drastica svolta con l'arrivo della "rivoluzione" di Khomeini nel 1979. "Pensavamo che tutti saremmo stati più felici con Khomeini, ma, e ricordo il giorno preciso, era l'8 marzo 1979, a meno di 40 giorni dal suo insediamento, arrivò a tutte noi impiegate dello Stato l'ordine di portare il velo. Fino a prima eravamo state libere di vestirci come volevamo. Manifestammo nelle strade, io per una settimana non andai al lavoro, ma dopo due mesi dall'arrivo di Khomeini fui degradata e divenni impiegata semplice in quello stesso tribunale di cui ero stata presidente. Nel momento in cui persi non solo la posizione, ma anche il lavoro, dissi a me stessa che avrei dovuto fare in modo che il regime prima o poi avrebbe rimpianto il mio servizio! Mi tuffai giorno e notte a scrivere e, lavorando più di prima, fondai due associazioni per la difesa dei diritti dei minori, ma non potei continuare a lungo; fui costretta a lasciare l'Iran con le mie due figlie, lasciando lì mio marito, a cui venne negato il passaporto, e mia sorella. Non appena le autorità capirono che avevo lasciato il territorio iraniano, confiscarono i miei beni, imprigionarono e torturarono mio marito. È stato Treviso: l’intervento di Shirin Ebadi, prima donna araba Nobel per la pace, 2003 uno shock quando ho visto ciò che mio marito (nel frattempo aveva perso 10 chili) è stato costretto a dire su di me... io l'ho perdonato, perché lo amo, ma fare giustizia non mi permette di stare zitta". Commozione e applausi si mescolano ad un lungo silenzio di Shirin. Giantonio Stella, emozionato, incalza sull'Islam e lei risponde: "Sono ancora musulmana credente e non sono in crisi. Ci può essere un imam liberale, abbiamo un clero moderno e riformista, ma quello che dice non viene ascoltato dalle autorità, perché non fa parte del potere e del regime. Io come molti altri musulmani sono laica e credo nella separazione dello Stato dalla religione. Se Stato e religione vanno assieme, le autorità interpretano come vogliono la religione. È solo questione di potere politico e di interpretazione del Libro, scritto molti secoli fa: non può essere la base del comportamento odierno senza una nuova interpretazione". Il giornalista, ottimo analista dei fenomeni sociali, porta ad esempio i recenti casi di Merian, condannata perché aveva sposato un cristiano, della donna pakistana lapidata dal padre, perché considerata adultera, della giovanissima Malala, ferita a morte per il suo desiderio di studiare. Shirin controbatte in modo chiaro: "Tutte le religioni hanno maltrattato le donne, perché interpretate dagli uomini; è arrivato il momento che le donne imparino a conoscere profondamente l'Islam e ad interpretarlo. Le donne possono cambiare il mondo islamico". Riconosce poi senza problemi il ritardo della riforma nella religione islamica: “Potremmo avere anche noi un Papa finestra sul mondo 27 Francesco! Certo i tempi delle riforme non si possono decidere. Noi siamo in ritardo, ma possiamo recuperare ‘saltando’! Le nuove tecnologie web ci aiutano a fare grandi passi e non possono essere oscurate, perché i giovani iraniani sanno aggirare i veti posti dal regime". Il giornalista insiste: "Di fronte alle donne che per tradizione vengono condannate, si sente più offesa come donna o come mussulmana?". La risposta è senza esitazioni: “Come essere umano! Ed il rispetto della tradizione deve fermarsi assolutamente lì dove viola i diritti umani universali; non c'è indulgenza, e se questa esiste da parte di Paesi occidentali verso alcuni Paesi arabi, è spesso dettata da interessi economici". La speranza non viene meno nelle parole di questa coraggiosa donna musulmana iraniana in "esilio", con cittadinanza statunitense. È convinta che "vinceranno i buoni, ma ci vuole tempo, ed il mio pensiero vincerà sui fondamentalismi, sia io viva o morta, perché il pensiero è ciò che più conta! Le religioni sono state create per la felicità degli uomini e delle donne, non per moltiplicare i problemi". Il giornalista quindi afferma: "Lo sa che ha fatto una citazione di Papa Francesco?". Shirin semplicemente ribatte: "Sono felice che ciò che stiamo dicendo sia molto simile". Shirin Ebadi ha avuto il coraggio di osare l'impossibile. E recentemente anche Papa Francesco, nell’incontro storico in Vaticano, ha accolto insieme le varie religioni, sottolineando che per fare la pace ci vuole coraggio. Annalisa Milani Parole di papa Francesco per invocare la pace Dai Giardini Vaticani, domenica, 8 giugno 2014 Signore Dio di pace, ascolta la nostra supplica! Abbiamo provato tante volte e per tanti anni a risolvere i nostri conflitti con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di oscurità; tanto sangue versato; tante vite spezzate; tante speranze seppellite… Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora, Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace, insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso la pace. Apri i nostri occhi e i nostri cuori e donaci il coraggio di dire: “mai più la guerra!”; “con la guerra tutto è distrutto!”. Infondi in noi il coraggio di compiere gesti concreti per costruire la pace. Signore, Dio di Abramo e dei Profeti, Dio Amore che ci hai creati e ci chiami a vivere da fratelli, donaci la forza per essere ogni giorno artigiani della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre armi in strumenti di pace, le nostre paure in fiducia e le nostre tensioni in perdono. Tieni accesa in noi la fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza scelte di dialogo e di riconciliazione, perché vinca finalmente la pace. E che dal cuore di ogni uomo siano bandite queste parole: divisione, odio, guerra! Signore, disarma la lingua e le mani, rinnova i cuori e le menti, perché la parola che ci fa incontrare sia sempre “fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen. VITA DI CONGREGAZIONE 28 Preghiera continua Nel calendario liturgico per la città di Vicenza c’è un evento da ricordare in modo particolare: il 23 luglio ha concluso l’anno celebrativo della apertura al pubblico 100 anni fa della Cappella dell’Adorazione Perpetua a Vicenza in Via S. Domenico. Nel corrente anno, ogni Comunità ha potuto godere del supporto spirituale con cui la Comunità delle Suore Riparatrici ha sostenuto la vita delle nostre Province Religiose, con attenzione ad ogni Sorella operante come Suora Dorotea, Figlia dei SS. Cuori, in ogni parte del mondo. Tale vicinanza e collaborazione continuerà sicuramente. La celebrazione ha acquistato un tono solenne in particolare nella giornata conclusiva del 23 luglio scorso. A richiamare il significato di questo dono, affidato alla Congregazione, ma aperto e accessibile a tutta la città di Vicenza e a quanti sono devoti dell’Eucaristia, alleghiamo una parte storica riportata nel libro: “Madre Azelia Dorotea Farinea”, stampato dalla Tipografia Rumor nel 1943. La rilettura di alcune tappe storiche della nostra famiglia religiosa può essere un’attività gradita e anche condivisa. Al di là del linguaggio aulico ed entusiasta F.Marzot: bassorilievo sulla facciata della Chiesa dell’Adorazione perpetua, Vicenza 1914 con cui la Cronaca di quell’evento è redatta, si può è stata una preparazione particolare cogliere il senso della fede che ha mos- alla giornata del 12 agosto, data in so la Congregazione a compiere gesti cui fin dal 1897 la Congregazione ha coraggiosi di fede e di apertura che iniziato l’Adorazione Perpetua nella superano la soggettività delle singole Chiesa dei Sacri Cuori con l’appropersone. Abbiamo varie testimonianze vazione del vescovo di allora mons. del tanto bene che l’Eucaristia suscita Antonio Feruglio. Per l’occasione è nel cuore e nella vita di coloro che pas- stata anche predisposta una immagine sano, sostano e vanno, in tutte le ore eucaristica, con una breve preghiera del giorno e ad ogni stagione, accolte contemplativa dell’Eucaristia, tratta anche da una Comunità che sostiene dagli scritti del Fondatore. questa dimensione apostolica specifisuor M. Emma Dal Maso ca. Inoltre la celebrazione del 23 luglio La fede di ieri nella storia di oggi Si tratta di una raccolta di scritti e di comunicazioni, probabilmente ad opera di suor Assunta Tura, edito dalla Tipografia Pontificia Vescovile S. Giuseppe, G. Rumor – Vicenza 1943, pagg. 163 -168. In esso sono raccolti comunicazioni e scritti redatti da Madre Azelia Dorotea o da chi raccoglieva le sue esortazioni. Riportiamo qui qualche pagina – quasi una Cronaca in cui sono evidenziati i momenti più importanti che hanno caratterizzato: la preparazione prossima, l’evento dell’inizio della Adorazione Perpetua, la descrizione della cappella, la solenne celebrazione di inizio, il richiamo significativo alla presenza di Maria Immacolata, con il testo della Approvazione della Adorazione Perpetua da parte del Papa Pio X. Da tenere presente che dal 22 al 26 luglio 1914 si tenne a LOURDES, in Francia, il Giubileo d'argento del Movimento Eucaristico Internazionale. "Ora, o figlie dilettissime, uniamoci nello spirito e facciamo nostri tutti gli omaggi che si daranno a Gesù Eucaristia e alla Vergine Immacolata in questa solennissima occasione del Congresso Eucaristico a Lourdes “É un avvenimento mondiale e l’Istituto nostro, per una grazia singolarissima, ha il bene di parteciparvi in una forma tutta particolare. Vi premetteremo un triduo di silenzio, di raccoglimento e di preghiere. La mattina 29 del 22 (luglio), noi saliremo in pellegrinaggio al colle Berico per implorare sul Congresso e sull’Opera dell’Adorazione pubblica, la materna benedizione di Maria, voi unitevi nella S. Comunione. La mattina del 23 alle 7 e mezzo si trasporterà processionalmente il SS. dall’Istituto alla nuova Cappella. Il SS.mo sarà portato dal Vescovo e corteggiato da tutti i Sacerdoti della città e i membri dell’Istituto. Si stabilirà poi un turno di adorazione per tutti i quattro giorni e ogni sera si darà la benedizione in forma solenne. Il padre – Mons. Giovanni M. Viviani - desidera che voi facciate nei giorni cinque del Congresso un’ora di Adorazione col SS. esposto nella vostra Cappella. Fate le necessarie pratiche presso i Sacerdoti dai quali dipendete”. 23 luglio 1914. Il giorno tanto sospirato da una folla di anime amanti dell’Eucaristia, da tutte le Suore e soprattutto dalla Madre, la zelatrice indefessa dell’opera, è finalmente sorto. L’Adorazione pubblica perpetua è per l’Istituto ed anche per Vicenza una dolce, una perenne consolantissima realtà. Ed è segnata da un’impronta magnifica, indelebile, di vero trionfo eucaristico, di adorazione effettivamente pubblica prestata all’Ostia adorabile nel suo giro trionfale lungo le vie di uno dei più popolati e popolari quartieri della nostra città, prima che sia posata sul trono sfavillante nella Cappella apprestatale da affetto generoso di VITA DI CONGREGAZIONE cuori, da genialità artistica di menti elette, da magistero di esecuzione. Come scrive Mons. Rumor “la chiesa, che è senza facciata, si presenta all’esterno quasi come una piccola ed elegante casa privata. Solamente essa ha, sopra la porta, un bell’altorilievo in marmo con quattro angeli in atto di adorazione davanti a Gesù nascosto nell’Ostia e delle leggere inferriate, ornate di simboli, alle finestre: e questi sono un po’ i segni della chiesa. Ma, varcando l’atrio, e posto il piede nella cappellina, quale sorpresa, quanto piacere spirituale! L’ambiente è soffuso di una luce discreta, di un fluido azzurro in molteplici riflessi, che illumina un folto stuolo di figure e di testine d’angeli, La facciata della chiesa dell’Adorazione perpetua prima del restauro florilegio di simboli eucaristici, di laudi, di versetti, di salmi, di cantici di lode e di gloria, di adorazione, di benedizione a Gesù in Sacramento, presi al libro ispirato del Salmista e alle pagine più calde e soavi dei nostri Santi. Già alle 6.30 S. Ecc Rev. ma Mons. Vescovo s’era recato alla chiesa interna dell’Istituto per la S. Messa della Comunità e per la S. Comunione. Al Vangelo S. Ecc. – il Vescovo Ferdinando Rodolfi - faceva alcune dotte e profonde considerazioni sull’Eucaristia, dimostrando come Gesù Cristo è veramente cibo della mente e del cuore nel SS. Sacramento dell’altare. Entrò a dire dell’avvenimento che stava per inaugurarsi – l’Adorazione pubblica perpetua –esprimendo il suo vivo plauso all’Istituto, perché, pur essendo Famiglia Religiosa di vita attiva, dava attuazione anche a quella parte di programma spirituale che è tutto proprio di talune elette Famiglie Religiose di vita contemplativa. “ Bene accoppia, continuò S. Ecc., l’Istituto Farina, le funzioni di Marta e di Maria nel S. Vangelo”. Il corteo cominciò a sfilare alle 7.50, ordinandosi nel cortile dell’Istituto: sono le educande biancovestite, le sordomute, le disabili, le convittrici, le ancelle di Maria, le probande, le novizie seguite dalla Superiora Generale che, fra le altre Suore, è raggiante di santa gioia per vedere pago il fervido voto germogliato con tanto impeto e coltivato con incontrollabile fede nel suo cuore generoso. Seguono poi la Confraternita del VITA DI CONGREGAZIONE 30 SS. Sacr. di S. Pietro, i Padri Francescani, un folto stuolo di Sacerdoti della città e i Canonici della Cattedrale. Sotto il baldacchino incede S. Ecc rev. ma Mons. Vescovo, reggente la sfera che accoglie nel centro raggiante Gesù in Sacramento. L’Ostia adorabile entra nella cappella, dopo l’ampio giro del corteo attraverso la stradella del Romano, Via Fontanella, ora IV Novembre, Via S. Domenico, e finalmente le nubi minacciose da un’ora, lasciano cadere le prime gocce di pioggia, che si risolve presto in torrenti d’acqua refrigerante. L’Ostia radiosa all’entrare in cappella è salutata dalle note esultanti del Magnificat: è Maria, è l’Immacolata che attende Gesù dal suo trono, che ripete per bocca delle sue figliuole l’anno di gratitudine che il Signore le pose sulle labbra nella visita a S. Elisabetta. L’ostensorio è posto sull’altare e l’onore di collocarlo sul trono è dovuto Il trono di Gesù Eucaristia come era nel 1914 al geniale architetto, all’immaginoso suscitatore di quel gioiello di cappella che incanta di meraviglia, a Mons. Bortolan. Ed egli infatti sale esultante i gradini del retroaltare e depone riverente sul trono la sfera entro cui è Gesù. S’inchina intanto che lagrime dolcissime gli bagnano il viso, e discende: l’Adorazione pubblica perpetua è inaugurata. Dalla tribuna, quasi invito soave di celesti messaggeri, si sprigiona il canto: “Venite gentes et adorate Dominum, quia hodie descendit super terram lux L’interno della chiesa dell’Adorazione perpetua con le suore in preghiera magna”. Mons. Ve(prima del restauro) scovo, dopo breve adorazione, si ritira: dall’abside entrano le quindici ancelle di Maria a cui spetta l’onore della prima visita quali rappresentanti della celeste Regina. Dal quel momento, ogni ora della giornata, due suore si danno ininterrottamente il cambio per adorare, amare e consolare il Cuore Sacratissimo di Gesù. L’ora si apre col “Pange lingua”, l’inno sublime dell’Eucaristia, e si chiude col “Magnificat”, il cantico della riconoscenza. Il metodo di preghiere, l’ordine da seguirsi, tutto è stato accuratamente studiato e preparato con tanta delicatezza d’amore dalla Madre. A conforto di tutti, Mons. Direttore poté assistere dalle sue stanze, alzato, alla sfilata del corteo e ricevere, a funzione finita, la visita di congratulazione di S. Ecc. il Vescovo e dei suoi confratelli Canonici. A comune soddisfazione, poi, la Rev. ma Madre lesse il seguente autografo arrivato da Roma: Approvazione dell’Adorazione Perpetua Pius P.P. X Encomiando, come merita, la santa risoluzione del diletto figlio G. M. Viviani e dell’egualmente diletta, la Superiora e le Suore dell’Istituto Farina, accordiamo a quelli che faranno durante il giorno un’ora di adorazione innanzi a Gesù Cristo esposto, l’indulgenza di sette anni, e alle Suore che veglieranno la notte innanzi a Gesù C. chiuso nel Tabernacolo l’indulgenza plenaria applicabile l’una e l’altra ai defunti e impartiamo a tutti con particolare affetto l’apostolica benedizione. Dal Vaticano, 24 maggio 1913 VITA DI CONGREGAZIONE 31 Incontro con Gesù Siamo una Comunità che vive nel Friuli e precisamente a Buja, in provincia di Udine. Il nostro paese è circondato da montagne ed è immerso nel verde. La nostra comunità è guidata da due Sacerdoti molto bravi e di grande fede. Quest'anno nella settimana che precede il Corpus Domini, per la prima volta il nostro sacerdote ha organizzato una veglia di preghiera diurna e il sabato anche notturna dove il Signore non è mai rimasto solo. Tutti abbiamo trovato il tempo di sostare davanti a Gesù. Ogni sera il nostro Don Alberto chiudeva la giornata con i vespri cantati e partecipati dal popolo. Il sabato sera poi ha illuminato il Tabernacolo da tantissime candele, un'emozio- ne indescrivibile, da togliere il fiato! Gesù Eucarestia lì presente in mezzo a noi. In quella settimana ci siamo resi conto che adorare Gesù ci riempie di gioia, che è un grande dono che il Signore ci ha fatto. A volte andiamo in vari Santuari alla ricerca dei miracoli, dimenticando che ogni giorno il miracolo più grande avviene nella Divina Eucarestia, dove Gesù si dona a noi in Corpo e Sangue e aspetta da noi il nostro sì. La gioia più grande per noi cristiani è l'incontro con Gesù nel cuore. Ci è piaciuto condividere con i lettori del Bollettino di S. Bertilla questa esperienza avendo con noi tre Suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori di Vicenza. Marina Partenza per il cielo Il 23 agosto 2014 suor Inés Torres Cordova ci ha lasciate. “Sono la figlia prediletta del Fondatore” ripeteva suor Inés, quando prese coscienza del grande dono che il Padre le aveva fatto, salvandola da una malattia gravissima e mortale, regalandole altri quarant’anni di vita. Per lei, inconsapevole della gravità del suo male, avevano pregato tutte le sorelle dell’America Latina, dietro suggerimento della superiora suor Anna Ancilla, con novene al Fondatore, recitate più volte al giorno con le braccia alzate. E quando suor Inés aveva conosciuto occasionalmente la sua diagnosi, dopo un primo momento di disperazione, si era unita alla preghiera della comunità, chie- dendo intensamente al Padre quella guarigione che poi è stata riconosciuta come miracolo dagli Officiali del Vaticano. Ricordo la sua emozione e il suo tremore, mentre reggeva la reliquia del “suo” Fondatore, portandola in processione durante la Messa della Beatificazione. In tutti questi anni il beato Giovanni Antonio l’ha condotta per mano, guidandola nella sua missione generosa ed entusiasta di religiosa educatrice, in Spagna e in Colombia. Siamo certe che sia stato lui ad aprirle la porta, questa notte, chiamandola a entrare nel cielo della sua Carità, insieme ai santi e beati. Perché in questa vigilia della Canonizzazione, suor Inés poteva pure Roma, 4 novembre 2001: suor Inés porta la reliquia del vescovo Giovanni Antonio Farina durante la celebrazione della beatificazione andare. La sua testimonianza e la sua missione tra noi di “figlia del miracolo” era ormai terminata. Suor Albarosa Bassani VITA DI CONGREGAZIONE 32 Estate 2014: ricordi ed immagini La Madre, suor Emma Dal Maso, ha ricevuto una confortante e-mail, eccola qui riportata e, di seguito la sua risposta. Mi presento: sono la Dott.ssa Daniela Galimberti, oculista del Policlinico di Milano. Ho partecipato alle numerose missioni oftalmologhe ad Alépé in Costa d’Avorio e mi sono sentita in dovere di scriverle due righe. È da tanto tempo che desideravo farlo ma al ritorno da Alépé si viene sepolti dal lavoro e dagli impegni universitari momentaneamente accantonati. Io devo ringraziare Lei e tutte le sue Consorelle per il grande esempio di carità, di amore, di umiltà, di grande discrezione e disponibilità al servizio dei più poveri. Non è stato sicuramente facile per me partire la prima volta per Alépé nel maggio 2012. Non avevo mai lasciato marito e figlia.…abbiamo sempre condiviso le nostre esperienze, le nostre vacanze. Questa volta invece partivo da sola … avevo risposto all’invito della Dott.ssa Tognon che mi aveva più volte domandato se fossi disposta ad aiutarla nelle sue missioni. Sono partita senza aspettative, ero pronta ad affrontare e ad adattarmi a qualsiasi situazione… il mio unico dubbio e timore era quello di non essere in grado, di non essere all’altezza di affrontare le differenti patologie che avrei incontrato. Mai avrei immaginato di poter visitare così tanta gente ogni giorno, quasi senza sentire la stanchezza. La dott. ssa Daniela Galimberti e tutto lo staff medico del servizio di oftalmologia in Alépé (Costa d’Avorio) e ragazzi del Centro sempre pronti ad imparare cose nuove In realtà è stato grazie a suor Adéline, suor Tiziana, suor Céline, suor Justine, suor Grazia e tutte le altre consorelle che mi sono sentita a casa, nel mio ambulatorio. È stato facile poi mettere a disposizione le mie conoscenze, la mia esperienza professionale, per diagnosticare, curare, ed insegnare a chi mi affiancava in ambulatorio le nozioni indispensabili per poter continuare a visitare dopo la nostra partenza. Ho imparato a guardare e sorridere pensando “Dio vede, Dio provvede” di fronte alle centinaia di persone che arrivavano tutti i giorni dai villaggi più lontani. Il loro fardello di problemi e di povertà è accompagnato però da grande e dignitosa umiltà, pazienza nell’attesa di essere visitati, fiducia e speranza di trovare un aiuto che qualche volta purtroppo a causa della gravità del caso non si è in grado di affrontare. Sono ormai alla sesta missione, l'ambulatorio che seguo in prima persona e la sala operatoria con la Dott.ssa Tognon, grazie a tutti sono diventati due luoghi dove i pazienti possono essere seguiti con uno standard europeo: è forse per loro l’unica possibilità per essere dignitosamente seguiti, visitati, operati. È tutto questo una continua esperienza che permette di crescere, ci insegna ad essere umili, ad essere grati verso la vita, verso il Signore che ci accompagna. Tutte le sue Consorelle sono la testimonianza di come il prendersi cura dei bambini, dei più biso- 33 gnosi, a prescindere dalla religione professata, il farsi carico delle innumerevoli richieste di assistenza è sicuramente un grande esempio ed una importante testimonianza del messaggio cristiano. Si prova una grande gioia ogni volta che si torna ad Alépé: ci sono tutte le Suore sempre pronte ad accoglierti a braccia aperte, i ragazzi del centro pronti ad imparare cose nuove, i pazienti stessi che ritornano per i controlli: ti salutano, ti aspettavano… ed è come se tu li avessi visti il giorno prima. Ho imparato da tutte VOI a sentirmi vicina alla gente quando le loro speranze, i loro sorrisi (perché hanno riacquistato la luce) diventano anche i nostri sorrisi; quando si imparata dalla loro esperienza, La dott. ssa Daniela Galimberti mostra a tre ragazzi ivoriani la macchina fotografica VITA DI CONGREGAZIONE In attesa della visita medica presso il Centro in Alépé (Costa d’Avorio) quando ci si racconta qualcosa e si ride insieme, quando ti invitano a cena, mangi con le mani come loro e ridono di te; quando ti ringraziano dicendo: prego per te. Ho imparato a riconoscere quanto tutti loro hanno da insegnarci con la loro straordinaria accoglienza, la loro fiducia e la loro grande capacità di accettare ogni giorno ciò che la vita loro riserva, sia che tratti di avvenimenti dolorosi o gioiosi. Come non imparare e riflettere di fronte ad una giovane mamma , cieca dall’infanzia, che accompagna il suo bimbo denutrito presso il centro dopo aver percorso da sola senza accompagnatori ben 15 chilometri ed alla domanda: “ Ma come ha fatto ad arrivare sin qui?” , la sua risposta è stata: “ È il Signore che mi guida”. Sono parole che non si possono dimenticare… È tanto il lavoro che in ambulatorio ed in sala operatoria viene svolto ininterrottamente dal mattino a sera. Lo si affronta con serenità; la stanchezza la si avverte solo al rientro in Italia. Sono un migliaio le persone visitate e centinaia quelle che vengono operate ad ogni missione. Sono casi complessi e difficili che richiedono spesso un’elevata concentrazione. È una fortuna poter contare sulla collaborazione di tutti e soprattutto sulla presenza di suor Tiziana che ci affianca nel gestire tutte le patologie infettive e gravi che vengono diagnosticate in ambulatorio. Ci stiamo impegnando anche sul fronte della formazione, insegnando ai ragazzi con l’aiuto delle Suore che ci affiancano in modo che la scuola di carità e di dedizione ai VITA DI CONGREGAZIONE più bisognosi possa tradursi anche in lavoro di continua assistenza ai problemi oculari che sono le patologie più invalidanti del continente africano. È certo che il vostro lavoro nel silenzio e nella più grande dedizione per il più povero, è un lavoro senza confini ed è continua testimonianza di fede, di carità, di amore grande, di estrema fiducia in Lui e nella provvidenza. Grazie per tutto quello che ci insegnate. Grazie per il privilegio di poter partecipare a questo progetto ad Alépé. Sto preparando un libro fotografico su Alépé , mi piacerebbe poi incontrarla per poterglielo donare. La risposta Daniela Galimberti Carissima Dott. Daniela Galimberti, non la conosco, ma suor Tiziana mi segnala spesso il suo nome Alépé (Costa d'Avorio): lo staff medico del centro 34 Visita oculistica della dott. ssa Daniela Galimberti come quello di persona amica, e nello stesso tempo, di persona molto apprezzata per la competenza e per la dedizione generosa verso le persone in necessità. Quando sono andata ad Alépé suor Tiziana sognava il suo/vostro ritorno, anticipando al suo cuore la gioia di tanto bene che sarebbe stato compiuto, quando l'équipe dei Medici sarebbe andata “tra la sua gente”. La ringrazio, non solo per il bene fatto, ma soprattutto per la sua testimonianza di gratuita dedizione ai piccoli, ai poveri, ai sofferenti per i quali il Signore chiama ogni Suora Dorotea a vivere ogni giorno. E quando la gratuità è condivisa con altri fratelli e sorelle, ogni Suora Dorotea è ancora più “dorotea”, ossia “dono di Dio”. La ringrazio per la gioia che il vostro servizio ha diffuso anche tra le Sorelle più giovani, mostrando loro la bellezza di una missione umanitaria, oltre che caritativa secondo il Vangelo di Gesù. In attesa di conoscerla, la ricordo con riconoscenza nella mia preghiera e la saluto cordialmente. Chissà che in qualche momento non ci incontriamo anche in missione? suor M. Emma Dal Maso VITA DI CONGREGAZIONE 35 Una presenza vitale Anche quest’anno un gruppo di tecnici e volontari dell’Associazione “Progetto Alépé” di Monticello di Fara (VI) ha portato aiuto diretto nella Missione delle Suore Dorotee di Alépé (Costa d’Avorio) trascorrendo - dopo Pasqua - un periodo di tre settimane di intenso lavoro nella Missione stessa. Ad un mese dal rientro è sempre viva nella nostra mente e nei nostri pensieri la disastrosa situazione in cui versa la popolazione ivoriana per il permanere, se non per l’aggravarsi, delle malattie, della emarginazione, dell’analfabetismo, della disperazione, della povertà e della fame, causate anche da una sanguinosa guerra civile solo ufficialmente terminata appena tre anni fa. Abbiamo constatato ancora una volta quanto siano preziosi la presenza e l’azione delle Suore Dorotee - unico baluardo di speranza per tantissima gente in mezzo a tanta disperazione - ed il supporto dell’Associazione Progetto Alépé per contribuire a garantire continuità alle strutture sanitarie, scolastiche e sociali avviate in questi quasi trent’anni di loro permanenza laggiù. II materiale giunto a Natale con due capienti conteiner ha permesso di creare un po’ di scorta di generi alimentari durevoli per la popolazione più povera; di ripristinare il magazzino del Centro Nutrizionale per bambini denutriti con latte in polvere, farine, omogeneizzati; di avere a disposizione un po’ di medicinali per i poliambulatori gestiti direttamente dalle Suore (CESDA 1 e CESDA 2) e per l’ospedale; di poter contare sulla disponibilità di vestiario usato, giocattoli, materiali e strumentazione medica. Un grande aiuto è arrivato anche per le scuole della Missione e per il Collegio convitto “Mons. Farina” grazie ai fondi raccolti presso le scuole di Sarego (VI) e Lonigo (VI). Ma la permanenza del gruppo di volontari era finalizzata anche alla manutenzione e miglioramento di alcune strutture: si è provveduto infatti ad isolare dalle radiazioni, con appositi pannelli in piombo, la sala radiologica; a creare con elementi in cartongesso una camera oscura per lo sviluppo delle lastre radiografiche; a rifare - mettendo in sicurezza e continuità di alimentazione - l’impianto elettrico del laboratorio analisi. La componente femminile del gruppo, oltre a riordinare i medicinali, ha provveduto a confezionare le tende delle finestre dei poliambulatori e delle strutture abitative, valorizzando tele e tessuti donati da benefattori del settore. Abbiamo faticato a causa del caldo e dell’umidità, ma con tanta soddi- La scorta di generi alimentari sfazione, stimolati da una vitalità sorprendente di tutte le Suore ed in particolare della nostra concittadina suor Tiziana Maule che - medico pressoché sempre in servizio- non conosce riposo, impegnata anche a trovare soluzione ai più disparati bisogni per i quali la popolazione locale vede in Lei un interlocutore concreto. L’esperienza appena conclusa ci induce ad incoraggiare ulteriormente tutti i volontari dell’Associazione nel continuare nella azione di supporto della Missione con la raccolta fondi e generi diversi: le Suore Dorotee sono garanzia di sicuro soddisfacimento delle intenzioni di tutti i donatori e benefattori. Un grande grazie a tutte le Suore della Comunità di Alépé per I’accoglienza e ospitalità riservataci. Giuseppe Rossetto VITA DI CONGREGAZIONE 36 Un rinnovato “eccomi!” Il giorno 27 agosto 2014, presso Casa San Giuseppe a Vicenza, Suor Iva Lima de Jesus (brasiliana) e Suor Maria Cappelletto (italiana) hanno celebrato il 25° Anniversario di Professione religiosa. Con grande commozione, al termine degli Esercizi spirituali ignaziani, abbiamo rinnovato il nostro “Eccomi Signore!”, nella significativa ricorrenza dell’Anno in cui l’amato Padre Fondatore Giovanni Antonio Farina viene proclamato “Santo”. Egli continua ad essere per noi sue Figlie, ad immagine di Gesù, vero “pastore e guida” all’incontro d’amore con i Sacri Cuori di Gesù e di Maria. In questo giorno abbiamo sentito riecheggiare il suo affetto, il suo insegnamento ed il suo mandato: “Andate vere apostole… io vi accompagno!”. Abbiamo così voluto esprimere viva gratitudine ai nostri genitori per il prezioso dono della vita e della fede ricevuti; alle nostre Superiore, in particolare a Madre Emma, e alle Suore formatrici che ci sono state vicine nella nostra crescita con saggezza e pazienza; alle comunità con le quali condividiamo la quotidiana esperienza della presenza del Signore; a tutte le consorelle presenti alla celebrazione ed ai relatori del Corso di Esercizi Sara Staffuzza e Don Gian Battista Rizzi, esperte guide attente al soffio dello Spirito. Il nostro cuore è abitato dal desiderio che la nostra Famiglia religiosa, fedele al patrimonio del Carisma ricevuto, sappia tramandarlo e rinnovarlo nell’oggi della storia. È abitato inoltre dal sentimento di fraternità che lega ogni Figlia dei Sacri Cuori “come rami d’ulivo intorno alla mensa”, poiché questa comunione ci spinge a farci prossimo nelle “periferie” del mondo dove il Signore ci invia. La gioia di questa festa ha riempito il nostro cuore per riprendere fiduciose il cammino nella nuova tappa di vita, cantando con Maria: “Magnificat!”. Suor Maria e Suor Iva Da sinistra: suor Agnese Segalla (superiora provinciale), suor Maria, Don Gian Battista Rizzi, suor Iva, suor Emma Dal Maso (superiora generale) 37 VITA DI CONGREGAZIONE Nuove promesse della terra d'India Siamo le juniores della provincia di India e vogliamo condividere con voi quello che è stato il nostro cammino formativo. Il 29 aprile 2014 noi juniores ci siamo incontrate in Archana per trascorrere insieme il mese intensivo di formazione. Eravamo 26 juniores provenienti da diversi parte dell’India. Ed è stato bello e emozionante ritrovarci dopo un po’ di tempo per rinsaldare il nostro rapporto d’amore con il Signore e tra noi. Questo incontro era tanto e tanto atteso e desiderato da tutte noi. Un mese tutto dedicato per noi e per la nostra formazione umana, spirituale e carismatica. Il corso è stato iniziato con una liturgia animata dalle suore della comunità di Archana, in seguito da un incontro con la superiora provinciale Sr. Liya Karumancheril. Durante questo corso abbiamo avuto tante lezioni dalle nostre suore senior. Ci hanno fatto riflettere ed approfondire in profondità gli scritti del nostro Padre Fondatore Giovanni Antonio Farina. Le suore ci hanno trasmesso con passione i valori carismatici e spirituali. Abbiamo avuto anche delle lezioni sulla formazione della coscienza morale. Il lavoro più bello e interessante è stato il lavoro dei gruppi fatto sui vari argomenti. Ci siamo arricchite in tutti i sensi. Abbiamo avuto anche la gioia di rinnovare i nostri santi voti al Signore. Alla metà del nostro corso formativo abbiamo avuto un corso di Esercizi Spirituali guidato da un sacerdote carmelitano, tempo privilegiato di preghiera, riflessione e valutazione alla luce della parola di Dio. Ringraziamo il Signore per quanto di buono è stato gratuitamente donato a noi. Terminati gli esercizi spirituali abbiamo ripreso la preparazione festosa per la professione perpetua delle nostre otto sorelle. Il 17 maggio otto suore juniores hanno emesso la loro donazione in perpetuo. Festa grande per noi e per la nostra Congregazione! Ancora non è finito… Ci sono stati anche dei momenti di sollievo fisico. Siamo andate al mare arabico e ci siamo divertite! Un grazie alla nostra carissima Madre e al suo consiglio, un grazie anche alla nostra carissima superiora provinciale Sr. Liya e al suo consiglio e a tutte le sorelle che ci ha fatto gustare questo tempo di grazia. Un grazie particolare a Sr. Gracy Alamkott che è stata sempre vicina a noi per tutto questo periodo. Ora ci sentiamo tutte rinnovate per trasmettere l’amore misericordioso del Cuore di Gesù a tanti fratelli sparsi nel mondo. Le juniores dell’India VITA DI CONGREGAZIONE 38 Sì, per sempre Per la Congregazione delle Suore Maestre di S. Dorotea, figlie dei S. Cuori, in particolare per la provincia Indiana il 17 maggio 2014 è stato un grande giorno di lode e di ringraziamento al Signore. 8 suore juniores hanno fatto la loro professione perpetua al Signore. Un grande Sì offerto al Signore in una celebrazione tanto solenne quanto gioiosa e piena di calore. I genitori, i parenti, tanti sacerdoti e suore erano presenti a testimoniare il dono grande che loro hanno presentato a Dio Buono. Sua Eccellenza Mons. Jose Puthenveettil, Vescovo di Ernakulam, con la presenza di diversi sacerdoti ha presieduto la solenne celebrazione Eucaristica. Nella sua omelia il vescovo invitava soprattutto i genitori presenti a non organizzare la vita dei figli puntando solo su valori terreni e umani ma, di porre alla base di questa, valori spirituali che possono dare senso profondo al proprio essere. È stata una cerimonia molto sentita e bella. Come il solito la festa è terminata con un trattenimento familiare e festoso. Tutte abbiamo sentito la presenza viva, forte e significativa del nostro Padre Fondatore in terra Indiana. Siamo sicure che il Padre Fondatore e S. Bertilla avranno seguito tutto dal cielo con viva compiacenza. Lui vuole che le sue figlie siano sempre la testimonianza viva del Cuore misericordioso del cuore di Gesù. Le 8 suore: Sr. Francy Tharisuparambe, Sr. Princy Vattaparamban, Sr. Rexy Thottungal, Sr. Seema VAliyaparambil, Sr. Shalini Poipallivilakam, Sr. Sijy Muttathottil, Sr. Sini Muttathilkalapurayil, Sr. Stella Rose Chiramal ringraziano di cuore la nostra carissima Madre generale, suor Emma Dal Maso, e il suo consiglio, la Superiora provinciale Sr. Liya e il suo consiglio e tutte le persone che hanno aiutato a preparare il loro “Sì, per sempre” al Signore e chiedono loro di restare unite nella preghiera affinché Gesù accolga la loro umile offerta. Le suore della comunità di Archana (India) VITA DI CONGREGAZIONE 39 La mia esperienza missionaria Mi chiamo suor Pasquina, ho 53 anni di professione religiosa, di cui 43 vissuti nel Brasile. Per il battesimo siamo tutti missionari, ma diventare missionari "ad gentes" è un dono del Signore, una chiamata personale. Io mi sono sentita chiamata fin da bambina. Dopo la mia professione religiosa, ho chiesto alla Madre generale di andare in missione; la risposta è venuta dopo dieci anni di attesa. Che gioia, che entusiasmo! L’attesa e la preparazione sono durate quattro lunghi mesi, e sono stati per me giorni di impazienza nei quali ho preparato tutti i documenti per poter entrare in Brasile. Ma accanto alla preparazione materiale c'è stata anche una preparazione spirituale e psicologica. L'annuncio che “tutto era a posto” mi ha riempito di gioia ma anche di paure. Molti erano gli interrogativi in me: “ce la farò?” ; “Come me la caverò con la lingua?”; “La salute?”... Finalmente giunse la data della partenza. Partimmo da Genova 1'8 dicembre 1975. Alle ore 9 furono tolti gli ormeggi della nave, fu ritirata l'ancora e un fischio, cupo come un boato, mi fece tremare il cuore: la nave partì lentamente. I parenti e gli amici ci salutavano ma sul mio viso e su quello delle mie due consorelle le lacrime cominciarono a scendere. Vedendoci così tristi, due sacerdoti che tornavano in Ecuador nella loro missione si avvicinarono e per consolarci ci accompagnarono sul punto più alto della nave. Noi lo battezzammo subito 'Tabor' perché la veduta Passerella tra le palafitte (1986) era straordinaria. Sulla nave, dunque, c’erano tre sacerdoti e quattro religiose (tre suore dorotee e una di un’altra congregazione). Durante il viaggio questa bella comunità celebrò quotidianamente la S. Messa, pregò insieme le lodi e la meditazione al mattino, il vespero e il santo rosario a sera, e nei giorni stabiliti anche la novena del S. Natale. Furono sedici lunghi giorni di navigazione, nei quali ci furono anche momenti di paura ma non mancò mai la fiducia nell’aiuto del Signore. Sbarcammo a Rio De Janeiro i1 20 dicembre 1975, e il giorno 23, con l'aereo, ci trasferimmo a São Luís, capoluogo del Maranhão. Le nostre sorelle dorotee, che già operavano lì, ci aspettavano festanti insieme alla popolazione del bairro (quartiere). Lì ci fermammo per circa un anno e mezzo; le cose da imparare erano molte: la lingua, gli usi e i costumi del posto… ma soprattutto bisognava far crescere in noi la vera fraternità. Così lontane dalla nostra famiglia naturale e da quella religiosa, l’esprimerci in una lingua non ancora flessibile ai nostri pensieri, il vedere i bisogni delle persone, erano difficoltà che lentamente cercavamo di affrontare e superare con l’aiuto del Signore. Ai primi di agosto del 1977, insieme a suor Damiana Bevilacqua, sono stata inviata a Belém, sulla sponda meridionale della baia di Marajó, nella regione amazzonica. Lì, poiché la nostra residenza non era pronta, siamo state ospitate dai Padri Cappuccini. Ci accolse il padre Serafino Spreafico, responsabile di tutta l’opera e oggi Vescovo emerito di Grajaù (Brasil). Con lui operava instancabilmente anche un altro confratello. Il 14 settembre dello stesso anno, giorno della Esaltazione della Santa Croce, in un clima di preghiera e di riflessione, padre Serafino ha intronizzato un grande crocifisso nella sala ed è così ufficialmente iniziata la no- VITA DI CONGREGAZIONE La costruzione di una casa; sullo sfondo si intravvede suor Pasquina (1986) stra missione. Era la terza comunità di suore dorotee che si costituiva in Brasile, proprio qui nella periferia di Belém, capitale dello Stato del Pará. Nell’ambiente cui giungemmo, abbiamo trovato due realtà tra loro contrastanti: da una parte, in città, lussuosi condomini abitati da persone facoltose: ufficiali, medici, avvocati, impiegati dello Stato...; dall’altro una serie di palafitte costruite su un’area allagata, dove si scaricava l’acqua usata dalla città, il vero e proprio scarico delle fognature. Gli uni abitavano in case ben costruite e protetti con inferiate fino al tetto, gli altri vivevano in capanne di legno e frasche, senza porte né finestre. Tra le palafitte l’acqua potabile arrivava con un solo tubo e dopo la mezza notte, quando alla città l’acqua non serviva più. I genitori piazzavano di giorno i loro bambini a fare la fila per la notte, mentre loro vagavano per cercare qualcosa da vivere. Na- turalmente i ragazzi non andavano a scuola e i litigi, anche tra i grandi, erano molti. Alla zona non arrivava la corrente elettrica, però arrivavano ogni mese le bollette della luce e le famiglie dovevano pagarla ugualmente. Si trattava di reagire con pacatezza, senza esasperare gli animi. Con l’aiuto di buoni volontari, fu creato un comitato che, reso coscio dei diritti e sostenuto dai padri cappuccini e dalle suore, riuscì a far sentire la sua voce. La salute delle persone era ed è tutt’oggi assai precaria: lebbra, tubercolosi, reumatismo, HIV, ed altre malattie affliggevano la popolazione. Cosa fare? La Provvidenza venne in nostro aiuto: pochi mesi dopo di noi, arrivò suor Urbanina Maule, infermiera diplomata. Con l'aiuto di Dio, il sostegno e la cooperazione dei Padri Cappuccini e soprattutto con la buona volontà di tutti i volontari, iniziammo operare nel campo della salute. Si trattava di istruire le perso- 40 ne ad avere cura della loro salute e di quella dei loro familiari. Con l’aiuto di tutti fu costruito un piccolo ambulatorio di fronte alla chiesa. Abbiamo formato dei volontari per individuare le persone ammalate e con l’aiuto di medici generosi, che si mettevano a disposizione alcune ore alla settimana, riuscimmo a raggiungerli e a curarli con i medicinali che la Provvidenza ci inviava. In primo piano, però, restava la catechesi; iniziammo con i bambini, poi con i giovani e gli adulti. Organizzammo incontri, piccoli gruppi festivi, catechismo e animazione dei vari gruppi, divise per categorie e per età. Preparammo così i catechisti, gli animatori della liturgia domenicale e Un medico volontario spiega l’importanza dell’attività del centro catechistico-medico costruito nel bairro di santa Isabel da Hungria (1986) 41 VITA DI CONGREGAZIONE A Tezze sul Brenta (VI), il 05 settembre 2005, p. Serafino Faustino Spreafico, Vescovo emerito di Grajaù (Brasil), celebra il 50° anniversario della Professione religiosa di suor Pasquina Andolfatto (a destra del vescovo); sono presenti anche la sorella suor Oliva Andolfatto, i fratelli e altri familiari animatori che si dedicavano a guidare gli altri nel lavoro comunitario e che ci aiutavano a portare la Comunione agli anziani e agli ammalati. Lavorammo intensamente a curare la famiglia, piccola chiesa domestica, e a far nascere le piccole comunità di base sparse nelle varie zone periferiche. Nell’ambito della "Pastorale della salute" sorse il gruppo il Buon Samaritano, costituito dai ragazzi che avevano ricevuto la Cresima, i quali avevamo seguito in modo sistematico la catechesi ed erano formati per animare i gruppi nelle comunità di base più lontani. Sempre e tutto è sorto in collaborazione con i Padri Cappuccini, compresa la costruzione del Centro Medico per l’assistenza pediatrica ai bambini denutriti, per l’assistenza medica agli adulti e agli anziani e per la cura dei denti. Abbiamo avuto, e tutt’ora ab- biamo, l’aiuto di medici competenti e volontari che dedicano metà della loro giornata di riposo ad aiutare gratuitamente le persone disagiate. All’inizio di tutto questo lavoro fu necessario la registrazione all’anagrafe di molte persone che, costrette dall’aridità di alcune zone, in particolare dal Piauí e dalla Sierra, giungevano nella periferia della città. Orientammo sistematicamente i nuovi arrivati a chiedere i servizi sociali essenziali: l’acqua potabile, la luce elettrica, l’assistenza sanitaria essenziale per i bambini e per gli adulti, la costruzione delle palafitte per i senza casa. Con pazienza e perseveranza sono stati ottenuti. Che cosa mi ha dato questa vita tra i poveri? Essi mi hanno arricchita spiritualmente e umanamente. Ho anche la gioia di aver aiutato la Chiesa locale sostenendo e indiriz- zando alcuni giovani sulla strada della vocazione sacerdotale e/o religiosa. Ho poi imparato una grande devozione alla Madonna. I Brasiliani amano molto la Madonna Aparecida, o Nostra Signora della Concezione di Aparecida, patrona del Brasile. La festeggiano il 12 ottobre e il santuario si trova ad Aparecida, nello stato di San Paolo. La basilica a Lei dedicata è il più grande santuario mariano del mondo, è in grado di contenere fino a 45.000 persone ed è tra i più visitati del mondo. A Belém, dove sono vissuta ed opera tutt’ora la nostra comunità, è viva la devozione a “ Nossa Senhora de Nazaré”, la Madre di Gesù. Nella seconda domenica di ottobre si rende a Lei omaggio con una processione detto “Cirio de Nazaré” che attira numerosi pellegrini da tutto il Brasile, riunendo oltre due milioni di persone. Il percorso di questa imponente processione inizia dalla Cattedrale di Belém e si snoda in città fino a raggiungere la piazza del Santuario di Nazareth dove la statua della Vergine viene esposta per quindici giorni. Qui la folla dei devoti manifesta la sua fede con canti, danze e preghiere, ringraziando il Signore delle grazie ricevute per l’intercessione della Vergine. Ora che a motivo dell’età sono rientrata in Italia, aiuto le sorelle nell’accoglienza dei pellegrini che vengono a Brendola (VI) alla casa natale di Santa Bertilla; mi sforzo di comunicare loro la mia fede, il mio amore al Signore e alla Vergine Santa. suor Pasquina Andolfatto VITA DI CONGREGAZIONE 42 In ricordo di suor Antonia Penello Mi è giunta inaspettata e improvvisa la notizia del decesso di suor Antonia Penello, una delle due Religiose dell'Istituto delle suore Maestre di S. Dorotea figlie dei Sacri Cuori, le Dorotee, per intenderci - che dal 16 settembre 1978 accolsero l'invito della loro Madre Generale di occuparsi dell'Episcopio di Rovigo, dove, dall'8 maggio 1977, risiedeva mio fratello, mons. Giovanni Maria Sartori. Non ricordo se in quel viaggio tra Vicenza e Rovigo o in altri consimili, abbia appreso da lei la sua vicenda esistenziale: entrata in un monastero in Svizzera, successivamente abbracciò la Congregazione fondata dal santo Vescovo, mons. Giovanni Antonio Farina (1803-1888), nella quale aveva particolare rilievo (conservato tuttora) il culto a Gesù Eucarestia, venerato da oltre un secolo nell'ambito della Congregazione. Quando il 16 settembre 1978 mi recai in Casa Madre, in via S. Domenico, a prelevare le due Religiose che avevano accolto, con estrema generosità e abnegazione, l'invito della Superiora Generale di coabitare con mio fratello nell'episcopio rodigino, mai avrei immaginato di accompagnare una delle religiose, appunto suor Antonia, alla quale sarebbe stata poi assegnato il compito di assistere mio fratello con amore filiale, per ben vent'anni, ossia fino alla scomparsa di lui, avvenuta il 26 settembre 1998. Desidero ora rendere omaggio a tutte e due, suor Antonia e suor Coronata, essendo convissuto a Rovigo con loro fino alla dipartita di mia madre, avvenuta il 12 gennaio 1981. Si tratta di due religiose dalla condotta intemerata. suor Coronata, la prima delle due, più anziana e in veste di responsabile, era una autentica santa nel senso letterale del termine. Donna di poche parole, riservata e rispettosa, ma allo stesso tempo attenta e sensibile interprete dei bisogni altrui, brillava per la pietà, la serietà e la carità sconfinata che nutriva in cuore: severa con se stessa, larga con gli altri. Suor Antonia le fu degna compagna. Donna lei pure riservata, pure lei attenta e rispettosa delle persone, laboriosa e instancabilmente attiva, mai elevò un lamento per dover occuparsi solamente della vita chiusa tra quattro mura e a servizio di poche persone. Confesso che ebbi per loro due una ammirazione notevole. Si poteva agevolmente constatare che per loro ogni giorno era un giorno nuovo, un ricominciare sempre daccapo, serenamente, senza lamento alcuno, vivendo in reciproca armonia e in una intesa che è riscontrabile solo in anime generose. Questa mattina, 12 giugno 2014, nel celebrare la messa di suffragio casualmente ricorse il brano evange- lico di Matteo 5, 33-37, nel quale è parola della lealtà. Ebbi così modo di rilevare come suor Antonia Penello, nella quale sempre rifulse sincerità e ripudio della menzogna e che visse in modo trasparente la sua consacrazione a Dio, ben a ragione possa essere configurata una limpida discepola di mons. Farina a soli due giorni dal Concistoro, che lo scorge intronizzato tra i Santi della Chiesa. Approfitto dell'occasione per porre accanto a suor Antonia, suor Coronata. Furono entrambe, sia pure a titolo diverso, delle perle umili e nascoste, che sulle orme di quel santo Vescovo e di santa Bertilla Boscardin, altro luminoso esempio d'amore a Dio e ai Fratelli, seppero morire al proprio «io» senza attendere alcuna approvazione, se non dal Dio che negli umili e nascosti, rifulge di limpidissima gloria. P. Tito M. Sartori O.S.M. In BREVE 43 Titolo RICORDIAMO I genitori di Lorenzo ed Emanuele Finotto invocano la protezione della santa: “O umilissima Santa Maria Bertilla insegnaci a cogliere frutti di pace e a meritare la grazia di cui abbiamo bisogno: sostieni la nostra famiglia”. Aleyamma, mamma di suor Silvy Kalladanthiyil Maria Josefina, mamma di suor Angela Maria Tamayo Vasquez Sigifredo, papà di suor Gladys Moná Beatrice, sorella di suor Sebastiana Facin Lucia, sorella di suor Stellamaris Lunardon Maria, sorella di suor Livia Facchin Antonietta, sorella di suor Maurizia Farina Animol, sorella di suor Sini Muttathilkalapurayil Carmela, sorella di suor Rosalba Zugno Eliana, sorella di suor Raffaella Smiderle Cesira, sorella di suor Valeria Ceccato Caterina, sorella di suor Gioconda Ganassin Augusta, sorella di suor Bernardina Bonetto Vittorio, fratello di suor Agnese e di suor Luciana Secco Nonna Fiorenza pone i cinque bellissimi nipotini Amos, Mattia, Gioele, Diego, Dora, sotto la protezione di Santa Bertilla perché possano crescere sani, buoni e santi. Pietro, fratello di suor Ernestina Biancorosso Battista, fratello di suor Rosetta Condotta Boby, fratello di suor Ruby Paikattu Mathew, fratello di suor Mercy Puthenpurackal Matteo, fratello di suor Maria Rosa Baldrani Baby, fratello di suor Sherly Chathampadam Sebastien, fratello di suorCéline N’Guessan Alfonso, fratello di suor Angiolina Tosello Roberto Sergio, fratello di suor Rosaria Cecchetto Giovanni, fratello di suor Antonietta e di suor Anna Lucia Perotto Bruno, fratello di suor Vincenzina Pertile Gennaro, fratello di suor Emilia Rossi La piccola Ilenia Tomasetto , gioia di mamma e papà, sorride alla vita e avanza con fiducia, sicura della protezione di santa Bertilla che i familiari tutti, compreso nonno Giovanni dal cielo, invocano per lei. Sono ormai quattro anni che nonno Giovanni Tomasetto ci ha lasciato. I familiari tutti lo ricordano con immutato affetto e sono certi di ritrovarlo “in Colui che non si può perdere” (S. Agostino). Alle nostre Sorelle toccate dal dolore e ai loro familiari assicuriamo la nostra partecipazione e il ricordo nella preghiera. NELLA LUCE 44 Grazie sorelle ! n. Valdagno (VI) 12.06.1920 m. Brendola 25.04.2014 Suor Leonizia Maria Bicego Suor Leonizia proviene da una famiglia di sei figli. Fin dalla fanciullezza avvertì la chiamata ad appartenere al Signore e i genitori acconsentirono. All’età di 11 anni entrò fra le Ancelle di Maria. Rafforzata e maturata nella sua vocazione, a 18 anni iniziò il Noviziato e il 28 aprile 1940 poté realizzare il suo sogno emettendo i Santi Voti. Conseguì l’abilitazione infermieristica a funzioni direttive e svolse il servizio di caposala in vari ospedali, facendo di tutta la sua vita un dono costante al Signore, che servì nella persona degli ammalati e degli anziani. Profuse le sue doti in un rapporto umano ricco di bontà e di delicatezza d’animo, conciliando fermezza e dolcezza, comprensione e serenità. Fu inviata all’ospedale di Vicenza, ove rimase diciassette anni: si distinse per la sua saggezza, per le parole misurate e per un profondo spirito di preghiera. Trasferita alla Casa di Riposo di Dolo (VE) come Responsabile della Comunità, si distinse per la sua bontà e generosità, per l’equilibrio, lo spirito religioso e soprattutto per la capacità di diffondere serenità. Dopo alcuni anni, fu inviata a Santa Maria del Mare (VE) e rimase per 26 anni presso gli anziani di quella struttura. Lì celebrò il 50° anniversario di Professione Religiosa e dal Dogado di Venezia le fu conferito il 17° PREMIO AMORE per il suo “Sì pronto, generoso e costante”. Quando gli anni incominciarono a far sentire il loro peso, lasciò l’impegno diretto nei reparti e le fu affidato il servizio in portineria, ove continuò a seminare a piene mani bontà e sapienza a chi incontrava. Per ragioni di salute, all’età di 91 anni, passò alla Comunità “Accoglienza” di Brendola (VI), trascorrendo i suoi ultimi anni in serenità. Quando le sue condizioni fisiche incominciarono a peggiorare, le fu chiesto se desiderava fosse avvertito suo fratello, ed ella rispose: “Sì, ditegli che il Signore sta per venire a prendermi”. Il giorno successivo giunse suo fratello ed ella si illuminò. Lasciò la terra il 25 aprile 2014 pregando con le consorelle, contenta di andare incontro a Gesù che tanto aveva amato. n. Sambruson (VE) 26.07.1924 m. Vicenza 11.05.2014 nità “Santo Rosario” dove, per quindici anni, poté donare il meglio di se stessa insegnando con dedizione e amore ai bambini e disponibile ad aiutare ovunque ci fosse bisogno. A partire dal 1961 fu in varie comunità occupandosi del laboratorio di maglificio e di cucito dal momento che lei era preparata anche per questo tipo di servizio. Nel 1971 fu trasferita a Cittadella (PD) nell’ allora “Istituto femminile Bertollo”, ora “Casa famiglia”, fino al 1990: in collaborazione con l’educatrice, coadiuvava i fanciulli nello studio, li seguiva nel gioco, li ascoltava con empatia, insegnava ricamo alle ragazze: voleva loro bene ed era ricambiata. Il 20 marzo 1990 si ammalò e fu accompagnata in Infermeria a Vicenza, dove rimase alcuni mesi; poi passò nelle Case di riposo dell’Istituto e, nel 2011 tornò definitivamente in Infermeria. Negli ultimi giorni della sua vita, la Superiora provinciale la salutò con un bacio sulla fronte ed ella, con il sorriso mite che la caratterizzava, rispose:”Grazie!” così come soleva esprimere gratitudine quando riceveva una attenzione o un gesto di affetto. L’11 maggio, festa del Buon Pastore, Gesù la chiamò a Sé. Suor Umbertina Giovanna Savio Nacque a Sambruson di Dolo (VE) il 26 luglio 1924; rimase orfana della mamma in tenera età e fu collocata in Collegio. Sensibilissima, buona e mite, il Signore la chiamò al suo seguito e, a diciotto anni entrò a far parte dell’Istituto delle Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori. A vent’anni, il 24 ottobre 1944, emise i Santi Voti con la Professione Religiosa e l’anno successivo fu inviata a Roma, nella scuola materna della comu- n. Castegnaro (VI) 10.10.1926 m. Brendola (VI) 09.06.2014 Suor Antonia Giuditta Penello Suor Antonia nacque a Castegnaro (VI) il 10.10.1926 da genitori ricchi di NELLA LUCE 45 fede che trasmisero ai loro dodici figli solidi valori umani e cristiani. La mamma rimase vedova all’età di quarantaquattro anni e dovette crescere ed educare i figli con immenso sacrificio. La giovane Giuditta emigrò in Svizzera per lavoro e qui maturò la sua vocazione alla vita religiosa. Entrò nel monastero delle suore clarisse di San Giuseppe ed emise la Professione religiosa il 9 agosto 1957. Nel 1973, poiché il numero delle religiose claustrali era troppo esiguo, le poche rimaste furono invitate a scegliere un’altra Congregazione. Suor Antonia aveva una sorella, suor Clorinda, nel nostro Istituto e chiese di esservi incorporata. Fu accolta in Casa Madre a Vicenza e il 21 giugno 1974 rinnovò i Santi Voti secondo le Costituzioni delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori. Dal 1974 al 1976 fu Responsabile nella comunità “Maria Immacolata” a Vicenza, ove si distinse per l’affabilità e per l’attenzione premurosa verso le sue suore: riflessiva e raccolta, dava la percezione di essere immersa in una preghiera continua, atteggiamento che aiutò le sue suore ad amare la preghiera, il raccoglimento, il silenzio. Nel 1978 fu inviata a formare una comunità nell’episcopio di Rovigo, essendo vescovo Mons. Giovanni Maria Sartori, e vi rimase fino al 1988. Poi Mons. Sartori fu trasferito a Trento, la comunità lo seguì e suor Antonia assistette il vescovo con amore filiale. Mons. Tito Sartori, fratello del vescovo, la ricorda così: “riservata, attenta e rispettosa, laboriosa e instancabilmente attiva. Visse in modo trasparente la sua consacrazione a Dio, perla umile e nascosta, seppe morire al proprio io senza attendere alcuna approvazione, se non dal Dio che, negli umili e nascosti, rifulge di limpidissima gloria”. Dopo la morte del vescovo, avvenuta il 26 set- tembre 1998, fu sciolta la comunità e suor Antonia, malferma in salute, fu accolta a Brendola (VI) nella comunità “Accoglienza” dove aiutava in portineria per quanto il suo fisico le permetteva. Il Signore venne al suo incontro, quasi improvvisamente, il 9 giugno 2014 e la accompagnò nel Suo Regno ricca di Sapienza e di Amore. n. Arzignano (VI) 05.03.1920 m.Vicenza 12.06.2014 Suor Giannantonia Elena Stocchiero Suor Giannantonia entrò in Congregazione a 17 anni evidenziando un’ottima formazione umana e cristiana, sostenuta da fede convinta e da preghiera intensa; due anni dopo, il 30 ottobre 1939, emise i Santi Voti con la Professione Religiosa. Dalle considerazioni sul suo apostolato nelle tre comunità in cui ha dimorato a lungo, possiamo cogliere la personalità di questa Sorella disinvolta, espansiva, che ha comunicato la radicalità della sua consacrazione e la volontà di viverla in pienezza, ma anche la capacità organizzativa e la generosità. è ricordata con ammirazione dalle consorelle che l’hanno vista operare nella “Colonia permanente per bambini bisognosi di cure” a Jesolo (VE), da lei diretta per diciassette anni (1953-1970): vestita di bianco, con il fischietto alla cintola, arrossata per il sole che sfidava nel cortile della colonia o sulla spiaggia, coinvolgeva centinaia di bambini con canti mimati e lunghi racconti che ripescava nella sua memoria o che leggeva e sapeva riprodurre con una voce mimetizzata sempre nuova. Nell’orfanatrofio femminile di Cittadel- la (PD), che guidò dal 1972 al 1980, era “la mamma” che si soffermava ad ascoltare, a sollecitare, a incoraggiare, attenta alla promozione della persona. Le ragazze si sentivano capite, aiutate e ricambiavano con affetto le sue premure. A Villa San Sebastiano (Aq), ove rimase dal 1986 al 2004, fu instancabile nella carità, sempre pronta ad aiutare, a confortare: dinamica, semplice e scherzosa, incantava i fanciulli con le sue catechesi intessute di canti e racconti evangelici intervallati dal suono del flauto; fu creativa e competente insegnante della scuola materna. Persona che cercava il dialogo e la possibile collaborazione, seppe instaurare un rapporto distensivo con la Pastora evangelica del paese partendo dalla collaborazione nel rapporto educativo a favore degli alunni del doposcuola. Con l’avanzare dell’età, non perse il senso dello humor e la semplicità dei rapporti sereni e cordiali che le permettevano di infondere serenità sia in comunità che nelle attività pastorali. Col suo sguardo sempre luminoso diffondeva la gioia profonda di chi si sente amato e realizzato dall’Amore che riempie il cuore e lo fa traboccare nella dedizione continua. Possa ora godere i frutti generosi delle sue opere esercitate soprattutto per far conoscere Gesù che amò con tutta se stessa. n. Sant’ Urbano (VI) 11.06.1926 m.Vicenza 11.07.2014 Suor Stefana Teresa Peron Suor Stefana, quarta figlia di una numerosa famiglia cristiana, nacque a Sant’Urbano di Montecchio Maggiore NELLA LUCE (VI) l’11 giugno 1926; gli amati genitori, entrambi dal nome emblematico, Arcangelo il papà, Angela la mamma, offrirono cinque dei loro otto figli al Signore per la causa benedetta del Regno: due suore dorotee e tre sacerdoti giuseppini. Suo padre insegnava catechismo e lei faceva parte dell’Azione cattolica; dalla mamma attinse la devozione alla Madonna di Monte Berico e ad essa si raccomandava perché la orientasse nella scelta della sua vita. Entrò in Congregazione a ventitre anni e pofessò i Santi Voti il 25 ottobre 1951. Di carattere sereno, gioioso, comunicativo, servì il Signore come cuoca e refettoriera in varie comunità, in un clima di vera fraternità, sostenuta da intensa preghiera. Le persone dei paesi in cui è stata la chiamavano “suor Sorriso”, conquistate dalla sua semplicità, serenità costante, dalla saggezza con cui valutava le situazioni, dalla capacità di ascolto e di comprensione. Ad Olmo di Creazzo (VI), la sua ultima comunità, rimase 21 anni come “collaboratrice”: accanto al servizio di cuoca, era “ministro della consolazione”: portava la Comunione a persone ammalate o anziane, aveva per tutti un saluto affettuoso e una battuta scherzosa che rallegrava il cuore; partecipava con vivo interesse ai Centri di ascolto della Parola organizzati dal parroco, lasciandosi guidare dallo Spirito dal quale apprendeva la Sapienza del cuore. Aveva capito che nella vita non è importante emergere, non è importante neppure il proprio ruolo, ma è importante l’amore che si pone in ciò che si fa, e il servizio come stile di vita. Il 15 febbraio 2011, all’età di ottant’otto anni, poiché non riusciva più a camminare, fu accompagnata a Vicenza nella comunità “Cuor di Maria” dove visse vivace e gioiosa, come di sua consuetudine, accanto alla sorella suor Otilia. Il fratello sacerdote missionario, 46 appresa la morte di suor Stefana, ebbe a scrivere; “…amo pensare che avrai già incontrato con immensa gioia i nostri familiari: la mamma, il papà, i fratelli: Michele, Mario, Vincenzo e Maria. (…) Grazie per il tuo esempio, per la tua sensibilità, per il tuo umile e prezioso servizio. Ci mancherai molto. Dal cielo, ricordati di noi. Riposa in pace. Dal lontanissimo Cile, un affettuoso addio da tuo fratello P. Tony”. n. M. Maggiore(VI) 11.08.1927 m.Vicenza 18.07.2014 Suor Alberta Anna Zanovello Primogenita di dieci fratelli, suor Alberta fu, fin da giovanissima, la loro sorella maggiore con attenzioni affettuose verso tutti. All’età di ventidue anni, lasciò la famiglia per donarsi completamente al Signore, portando con sé un ricco patrimonio di fede e di tutti quei valori che sono la vera ricchezza della vita. Dopo la Professione Religiosa che avvenne il 26 aprile 1952, completò gli studi, già avviati quando viveva in famiglia, e conseguì il diploma di maturità magistrale. Insegnò dapprima nella scuola elementare delle comunità di Cittadella e di Genova e, da Genova, andava come pendolare a Milano per frequentare la scuola di specializzazione per audiolesi. Continuò l’insegnamento a Caldiero e, successivamente, a Vigardolo e a Marola con le bambine sorde alle quali voleva bene e dalle quali era ricambiata. Fu nella comunità educativa di Mestre per 22 anni in supporto alla scuola elementare o per supplenze, pronta ad aiutare i bambini in difficoltà. Era buona, mite, generosa. In comunità era sempre disponibile, serena, capace di “costruire ponti” fra le Sorelle; amava la cultura, che curava con vera passione e trasmetteva volentieri; era persona di preghiera. Nel 2008, per motivi di salute, fu accompagnata a Vicenza, nella comunità di Villa Sant’Antonio dove si preparò gradualmente ad incontrare lo sguardo d’amore del suo Signore, e dove si spense, colta da infarto, il diciotto luglio. Nella Santa Messa di esequie, al momento del commiato, le consorelle di quest’ultima comunità la ringraziarono per avere testimoniato la gioia della consacrazione: “Sei vissuta in letizia ed essenzialità, sempre contenta di quanto la Provvidenza disponeva e donava. Ti piaceva fare memoria del passato e, in questo, facevi partecipi le Sorelle. La tua testimonianza ha seminato tanto amore: ora che sei già arrivata alla Gerusalemme celeste, aiutaci a camminare come hai fatto tu, sulla via evangelica della carità fraterna. Grazie, suor Alberta!” n.Foggia 09.06.1920 m.Vicenza 24.07.2014 Suor Esterina Clementina Calmo Suor Esterina nacque a Foggia il 9 giugno 1920 e attinse dai suoi genitori profondi valori umani e cristiani che la resero sensibile all’Amore del Signore NELLA LUCE 47 e ad accogliere la chiamata ad essere Sua per sempre donandosi a Lui con la Professione Religiosa, che emise il 28 ottobre 1945 nella Congregazione delle Suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori. In riferimento al suo nome, Suor Esterina può essere accostata alla figura biblica della regina Ester, per la nobiltà di tratto, di fine e altruistica sensibilità, di intelligente ingegno, di umile e fiduciosa preghiera a favore dei destinatari della sua missione di educatrice e catechista. Il cognome Calmo definisce bene il suo carattere tranquillo, imperturbabile anche nelle situazioni difficoltose del quotidiano; offre l’immagine di un lembo di mare in stato di quiete, invitante a stare a riva per trovare distensione e serenità. Fu una educatrice esemplare: sempre affabile, attenta a tutti i bambini, paziente e gioiosa, trasmettendo valori e conoscenze con la tenerezza propria di una mamma e coinvolgendo i genitori nell’opera educativa per collaborare con loro. Si prodigò nella catechesi parrocchiale e nell’animazione liturgica. Era amata dalle consorelle e stimata dal parroco e dai parrocchiani; intesseva relazioni all’interno della comunità e nei contatti più vari, grazie alla sua bontà d’animo e al suo rispetto per le diversità di vedute e di pensiero altrui, oltre che per il servizio competente e assiduo: le urgeva dentro la carità quale risposta serena e costante alla sua vocazione: conoscere e far conoscere il Signore Gesù nel suo quotidiano vivere. Anche da quiescente presso la comunità “Betania” a Dolo (VE) diede prova di vivere un rapporto interpersonale gioviale e allegro con tutte le consorelle e con le persone conosciute: confezionava lavoretti a uncinetto o a ferri per offrire un contributo al mercatino in favore delle missioni e, nel tempo libero, si dedicava al giardinaggio, rendendo più amena e ridente la casa. Era molto legata affettivamente ai nipoti, che le telefonavano spesso e, una volta all’anno andavano a trovarla, nonostante la lontananza, anche nell’Infermeria a Vicenza, dove fu accompagnata il tre marzo 2012, perché non più autosufficiente; anche qui mantenne le sue caratteristica di serenità di spirito e di accettazione della Volontà di Dio. La sua esistenza è stata un dono accolto, amato e offerto nella semplicità e nella gioia propria di chi ama il Signore e il prossimo con tutto il cuore. n. Ambato (Ecuador) 08.07.1934 m.Quito (Ecuador) 22.08.2014 Suor Inés Isabel Torres Cordova Suor Inés ha maturato la sua scelta di vita in una famiglia ricca di fede, di esempi di squisita umanità e di laboriosità. Entrò in Congregazione nel 1951 e nel 1954 emise i Santi Voti. Trascorse i primi venti anni di vita religiosa in comunità con le “prime” missionarie che avevano fatte proprie le espressioni del Fondatore Mons. Giovanni Antonio Farina: “Andate, vere apostole del Vangelo, senza paura, siate le vere Figlie dei Sacri Cuori sacrificate al bene dei prossimi. Io vi accompagno!” Fu educatrice instancabile nella missione del Napo, ai margini della foresta amazzonica, distinguendosi per il suo spirito di sacrificio e per la sua tenerezza verso le fanciulle più povere della missione. Dal 1974 fu insegnante esemplare anche ad Azuqueca de Henares (Spagna) per venticinque anni,. Questo periodo fu interrotto da una grave infermità. Fu accompagnata in Italia, a Treviso, nel settembre 1976 e sottoposta ad intervento chirurgico; successivamente, accompagnata in Ecuador perché potesse riabbracciare la mamma, data la gravità della sua situazione fisica. Ottenne il miracolo della guarigione per intercessione del Fondatore, grazie alla preghiera incessante di tutte le Sorelle dell’Ecuador e sue, nel 1978 ritornò ad Azuqueca e riprese la sua missione di insegnante, arricchita dalla sublime e profonda esperienza di chi ha ricevuto da Dio il segno della misericordia e della tenerezza. Si dedicò ai fanciulli con attenzione alla loro crescita culturale e, soprattutto alla loro maturazione interiore ancorata ad una vita improntata sulla fede e sulla solidarietà. Vivace, espansiva, molto attiva sia nella scuola, che in comunità e in parrocchia, si pose a concretare la promessa fatta al Fondatore: “A lui offro il resto della mia vita che Dio si degnerà donarmi”. Coltivava parecchi interessi: la musica, il disegno, lo studio dell’inglese; le piaceva organizzare “festine” in comunità e, immancabilmente, prima della conclusione, si vestiva da “vescovo” e, impersonandosi nella figura di Giovanni Antonio Farina, impartiva la benedizione alle consorelle che accoglievano con gioia questa sua iniziativa. Nel 1999 fu trasferita a Bogotà (Colombia) dove continuò ad essere apostola di carità a tutti i livelli e ad additare l’essenziale: l’amore di Dio e l’amore del prossimo al di sopra di tutto. Nell’ultimo periodo della sua vita, ammalata, ma serena e abbandonata alla volontà del Padre, aveva un solo desiderio: sapere che il “suo” Fondatore sarebbe stato presto canonizzato. Fu esaudita. Giovanni Antonio Farina Proclamato Santo il 23 Novembre 2014 "Signore, ho ascoltato il tuo annunzio, Signore ho avuto timore della tua opera. Nel corso degli anni manifestala, falla conoscere nel corso degli anni. ...io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio salvatore" (Abacuc 3,4.) Nel silenzio della storia, la Chiesa ha vigilato sui doni a lei affidati e ha approfondito la santità di vita del Vescovo Giovanni Antonio Farina, un beato per i tempi nostri. Il Santo Padre, nel Concistoro ordinario pubblico del 12 giugno 2014, per la Canonizzazione di alcuni Beati, ha decretato che il Vescovo Giovanni Antonio Farina, fondatore e padre della nostra famiglia religiosa: Suore Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei SS. Cuori, con Sede in Vicenza, sia iscritto nell'Albo dei Santi il 23 novembre 2014, Festa di Cristo Re dell'universo. Oggi, a nome delle Sorelle della Congregazione tutta, desidero semplicemente condividere la gioia e la riconoscenza al Signore per un dono che oltrepassa l'ambito della nostra famiglia religiosa, rende più bella e splendente la Chiesa per quella luce di santità e per quel dono di grazia e di "paternità" che Giovanni Antonio Farina sapeva esprimere con tutti, in particolare con i "poveri". In attesa di ritrovarci nell'abbraccio di Piazza S. Pietro in Roma, godiamo nel Signore ed esultiamo in Dio nostro Salvatore che si rende presente nel mondo attraverso la testimonianza di chi vive, predica e incarna il Vangelo della carità intelligente. Vicenza, 13 giugno 2014 Suor M. Emma dal Maso Superiora generale IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE A VICENZA C.P.O. PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA Rifiutato Indirizzo incompleto Indirizzo inesatto Deceduto Sconosciuto Trasferito Periodico «Nella Luce di S. M. Bertilla» - Istituto Farina - Via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia)