NELLA LUCE
di S.M.Bertilla
La Famiglia del santo Giovanni Antonio Farina
Periodico trimestrale
delle Suore Dorotee
Istituto Farina, Vicenza
Italia
4
Anno LIII - Ottobre-Novembre-Dicembre 2014
Spedizione in A.P.
Art. 2 - Comma 20/c
Legge 662/96
D.C. Vicenza
Pubblicazione periodica trimestrale
dell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea,
Figlie dei Sacri Cuori
via S. Domenico, 23 - 36100 Vicenza (Italia)
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Ricordiamo ai nostri lettori che nella cappella di S. Bertilla
a Vicenza, via S. Domenico 23, ogni primo lunedì del mese
è celebrata una S. Messa secondo le intenzioni dei devoti
della Santa.
Direttore Responsabile: Giovanni Rumor
Direttore di Redazione: suor Emma Dal Maso
Redazione:
suor Mariangela Bassani, suor Elena Scida, suor Adele Requirez, suor
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Miglioranza, suor Valeria Freato, Elisabetta Basso, suor Maria Teresa Thiella
Ai lettori: ai sensi della legge n. 675 del 31.12.1996 (legge sulla privacy), si informa che i dati relativi ai lettori della Rivista sono ad uso
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Direzione e Amministrazione:
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Hanno collaborato a questo numero:
suor G. Proia, suor Pasqualina Vetere, don A Basso, don M. Sterchele,
S. Maculan, suor A. Visonà, F. Cestaro, suor A. Bassani, A. Milani, D.
Galimberti, G. Rossetto, suor P. Andolfatto, p. T. M. Sartori, suor C. Posenato
Fotografia: Archivio Istituto Farina, G. Bassani, Fototecnica-VI,
V. Perin, V. Pozza, A. Visonà, A. Tessari, www.teatronaturalre.it
Riguardo alle illustrazioni, l’Istituto Suore Maestre di S. Dorotea ha
richiesto l’autorizzazione degli aventi diritto. Nel caso di irreperibilità
resta a disposizione.
SOMMARIO
Apertura
pag. 3
Corone intrecciate nella luce della Canonizzazione
S.Bertilla
pag. 4
pag. 6
Santa Maria Bertilla Missionaria nel tempo e oltre il tempo
Vibrazioni
Arricchire il cuore
pag. 7 Donna di speranza
pag. 9 Maria
pag. 11 L'umiltà e il coraggio di riposare
Tempo giovane
pag. 15 Vacanze di servizio
pag. 18 Voci dalla Romania: Va' e anche tu fa lo stesso!
pag. 20 Accendi la fiamma dell'amore!
pag. 21 Sogna e prendi il largo!
pag. 22 Alla conquista di uno spazio per il futuro
pag. 24 Un grande campo-scuola
Stampa: Rumor Industrie Grafiche SpA - Vicenza
Autorizzazione: Tribunale di Vicenza, n.154 dell’8-2-1962
Imprimatur: Mons. Ludovico Furian, Vicario Generale
Vicenza, ottobre-novembre-dicembre 2014
La Rivista “Nelle Luce di S. M. Bertilla” viene inviata gratuitamente
a quanti ne fanno richiesta. Essa non contiene pubblicità e si sostiene con le offerte dei suoi lettori che possono essere versate sul c.c.p.
n.14467369, via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia)
Finestra sul mondo
pag. 25 Ricordo filiale
pag. 26 Dialogo aperto
pag. 27 Parole di papa Francesco per invocare la pace
Vita di Congregazione
pag. 28 Preghiera continua
pag. 28 La fede di ieri nella storia di oggi
pag. 31 Incontro con Gesù
pag. 31 Partenza per il cielo
pag. 32 Estate 2014: ricordi ed immagini
pag. 35 Una presenza vitale
pag. 36 Un rinnovato "eccomi!"
pag. 37 Nuove promesse della terra d'India
pag. 38 Si, per sempre
pag. 39 La mia esperienza missionaria
pag. 42 In ricordo di suor Antonia Penello
pag. 43 In breve
Nella luce
pag. 44 Grazie sorelle!
Esperienza estiva nel Medio Oriente
Nella scorsa estate un gruppo di studenti del Liceo Istituto Farina di Vicenza, accompagnati dai
loro professori, hanno dedicato parte delle loro vacanze estive ad una esperienza di volontariato a
Zarqa, una città della Giordania nel nord-est di Amman. Già il nome, Zarqa, è un invito: significa
"l'Azzurra". Il clima di Zarqa è tipicamente desertico, ma ciò non ha scoraggiato i giovani studenti
che hanno vissuto un periodo intenso di servizio, di condivisione e di riflessione. Durante il mattino
essi hanno animato l’attività estiva di alcune classi della scuola parrocchiale latina di Zarqa, ove
operano le suore dorotee di Vicenza. Nel pomeriggio si sono dedicati ad alcuni servizi sociali richiesti
dalla parrocchia stessa e dalla Caritas locale. Nei fine-settimana non è mancata l’esperienza presso i
luoghi significativi della Giordania: il deserto, il fiume Giordano, il Mar Morto, il monte Nebo, …
Il resoconto della loro esperienza è a pagina 15.
Corone intrecciate
nella luce
della Canonizzazione
Il titolo fa pensare ad un “intreccio floreale” che simbolicamente allude a storie di vita di tante suore le quali,
nel clima odoroso e sereno di questo inizio d’autunno,
hanno celebrato 50 anni di vita consacrata a Dio. Storie
da raccontare, da dipingere, da custodire! 50 anni rappresentano un lungo arco di tempo in cui ognuna ha tentato di dare senso e colore al proprio cammino esistenziale, sulle orme di Gesù, mediante la professione dei
consigli evangelici di povertà, castità, obbedienza. Sono
29 Religiose che nelle alterne vicende della vita, dall’alba
al tramonto delle loro giornate e durante le notti, tranquille o insonni, non hanno mai perso di vista il “vieni
e seguimi di Gesù”. Una sequela dalla “veste” a volte
nuova a volte consunta, nell’avvicendarsi delle diverse
stagioni esistenziali, mostrando ora la gioia del servizio
caldo e fecondo, ora il grigiore della fatica e il brivido
dei momenti di solitudine; ora l’ombra del dubbio, ora il
sostegno della fede e il balsamo benefico della speranza.
Ogni vita consacrata è un dono per la Chiesa, la Congregazione di appartenenza, l’umanità. Un dono connesso
ad altri da formare un “unico Corpo” di cui Gesù è il
capo, come ci ripete il nostro Santo Padre Fondatore
nell’ Omelia pronunciata il 14 giugno del 1863, citando
S. Paolo. Le 29 Suore si possono paragonare a “Corone intrecciate”, perché hanno danzato la vita “nell’unità della stessa vocazione”, hanno testimoniato l’amore
di Dio per l’uomo con la loro storia personale. Ed ogni
storia è “terra sacra” di un incontro col Signore, di una
chiamata a seguirlo in modo radicale, di una risposta incondizionata al manifestarsi del suo Volto nelle situazioni vistose o insignificanti della quotidianità. Immaginare
la vita religiosa come un intreccio di persone consacrate
a Dio, è credere in un legame invisibile, ma reale che
comporta una condivisone di beni, una comunione di
energie fisiche e spirituali, un mettere insieme doti di
mente e di cuore, un “portare fatiche e fragilità” le une
delle altre per seminare nei solchi del tempo l’annuncio
del Regno di Dio. È nell’intreccio delle risorse personali che si trova il sostegno per superare i disagi dell’esistenza e perseverare nella corsa verso la meta. Infatti 50
anni di professione religiosa esprimono, sì, la fedeltà di
Dio nei confronti della persona consacrata, ma anche la
gioia della perseveranza di ciascuna alle promesse fatte
in giovanissima età. La Lettera circolare di Papa Fran-
cesco: ”Rallegrativi” per l’anno 2015, dedicato alla Vita
Consacrata, é un invito a riscoprire la gioia di questo “sì
fedele” che si realizza mediante una “chiamata-risposta”
mai conclusa. L’esempio di una vita totalmente donata
ci viene dalla nostra sorella Bertilla, il “Fiore bianco dei
Berici colli”, germogliato e cresciuto sullo sfondo di una
natura incontaminata, custode silenziosa dei primi passi
di una santità che ha la purezza delle origini. La sua festa
ormai prossima, è un richiamo a vivere la consacrazione
religiosa percorrendo la “via dei carri” nei gesti quotidiani di umiltà e di servizio. Nell’orizzonte di questo anno,
giunto quasi al tramonto, risplende vigorosa la figura del
Padre Fondatore Giovanni Antonio Farina la cui santità,
annunciata in modo ufficiale da Papa Francesco, verrà
solennemente celebrata in Piazza S. Pietro, a Roma, il
prossimo 23 novembre, con il Rito di Canonizzazione. È
un evento tanto atteso che ci riempie di profonda gratitudine al Signore per aver “rese manifeste” le virtù eroiche
del nostro Padre. Tale riconoscimento riguarda non solo
la nostra Famiglia religiosa, ma la Chiesa tutta. Il Santo,
per sua natura, è lampada che posta sul “monte” arde e
illumina e la sua santità è come un fiume sotterraneo di
Grazia che si riversa nel Corpo Mistico, lo alimenta, l’arricchisce e ne accresce la capacità salvifica. Nel carisma
di fondazione del nostro Padre, ha preso vita, forma e
solidità la nostra Vocazione di donne Consacrate.
suor Giulia Proia
S. BERTILLA
4
Santa Maria Bertilla
Missionaria nel tempo e oltre il tempo
Il tema “missionaria nel tempo e
oltre il tempo” nasce dall’osservazione di quello che vediamo e a cui assistiamo ogni giorno nei luoghi di culto
di Santa Bertilla: Brendola, Vicenza e
Treviso, tante Parrocchie del Veneto
e dell’Italia, assieme alle più svariate richieste che giungono all’Istituto da tante parti del mondo per una
maggiore conoscenza della Santa. Di
fronte a tanto interesse non possiamo
non sentire risuonare nel cuore alcune domande: Perché Bertilla “parla”
ai nostri giorni senza parlare? Perché
proprio lei, tanto schiva in vita, oggi
è così cercata, consultata, fatta soggetto d’ispirazione nell’arte pittorica,
Suor Bertilla, infermiera, assiste i soldati
(VA), olio su tela di Mirto Testolin
nella poesia, nella rappresentazione?
Perché questa giovane Suora dopo 92
anni dalla morte, raggiunge ancora
uomini, donne, giovani e bambini con
la freschezza di un messaggio convincente e penetrante? Chi è Bertilla? È
una Santa, ma chi sono i Santi?
Per quest’ultimo interrogativo accogliamo l’autorevole magistero di
Papa Benedetto XVI, il quale in uno
dei discorsi della GMG di Colonia
disse: “I Santi sono pagine vive e illustrate del Vangelo”.
Ora se i santi sono tali, e se nella
Bibbia troviamo il comando rivolto
agli Israeliti: “Siate santi, perché io il
Signore vostro Dio, sono santo”(Lv
19,2), vuol
dire che
questa parola viva e
vera, può
diventare,
per ogni
battezzato, realtà
vissuta.
È quanto
Bertilla si
è proposta
di vivere,
nella concretezza
del
suo
quotidiano, proprio come
risposta
d’amore a
Dio e nelnell’ospedale militare di Viggiù lo spirito
della sua
missionarietà: “Mi faccio santa io e
conduco tante anime a Gesù”.
Un obiettivo, questo, che ha mosso
ogni suo passo, indirizzato ogni sua
azione a Gesù e silenziosamente ha
raggiunto e raggiunge il cuore di tanti
fratelli di ieri e di oggi.
Il Papa continuando con la sua
metafora - i santi sono pagine vive e
illustrate del vangelo - aggiunge che
la Chiesa, attraverso la Liturgia, sfogliando le pagine della vita dei Santi quale prolungamento dell’opera
di salvezza di Cristo, dice e ridice in
ogni tempo che “Dio ha tanto amato il
mondo da dare il suo Figlio Unigenito”
(Cfr Gv 3,16).
Sfoglieremo una dopo l’altra le pagine liturgico-evangeliche che hanno
fatto di Bertilla una “missionaria”.
Obbediente alla carità
Il brano evangelico lucano del
“Buon Samaritano” (Lc 10, 25-37)
completa la liturgia della parola della S. Messa in onore di Santa Bertilla,
dopo l’inno della carità della I lettura.
I due brani nella vita di Santa
Bertilla si compenetrano e passano
dall’amore di comunione con Dio,
al grembiule del servizio, in una risposta modulata sul reale bisogno di
ogni fratello/sorella, nei quali suor
Bertilla riconosce, onora e serve il
suo Signore.
Dalla parabola del Buon Samaritano, ci lasciamo raggiungere dalla domanda e dall’invito che Gesù rivolge
al Dottore della legge: “Chi di questi
tre ti sembra sia stato il prossimo? Chi
ha avuto compassione di lui. Gesù gli
disse: Va' e anche tu fa' lo stesso”.
S. BERTILLA
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L’icona del Buon Samaritano ci dice
non tanto chi è il prossimo ma come
si diventa prossimo sullo stile di Gesù
che si accosta all’altro con la compassione attiva fino al dono della vita.
Degna figlia di san Giovanni Antonio Farina - l’uomo della carità santa Bertilla vive di Carità a tempo
pieno nell’ambito apostolico della
corsia dell’ospedale e in comunità.
Il suo operare è mosso dal suo essere
Gesù e dal suo vivere Gesù. Sta qui
il segreto della sua energia d’amore
che da lei si sprigiona in ogni contatto umano. Tale energia si propaga nel
tempo e oltre il tempo non tanto per
quello che Bertilla dice sulla carità,
ma attraverso la freschezza e l’eloquenza delle sue azioni testimoniate
da molte persone.
Una delle più toccati icone di
Gesù Buon samaritano che delinea i
tratti di Bertilla è nella testimonianza dell’infermiere Emilio De Luca:
Un tenero cuore, aperto ai più nobili
affetti, che facilmente si commuove alle
altrui sofferenze e che con materna sollecitudine vi prodiga, quale ineffabile
balsamo, tutta se stessa.
È da notare inoltre, come santa
Bertilla nei confronti di ogni umana
situazione di bisogno, mette in atto le
doti della sua femminilità: sensibilità,
creatività, coraggio e costanza.
Un Soldato di Viggiù – Varese
“Avvenne che una tarda sera d’inverno, capitò un guasto alla caldaia
e tutti ci lamentavamo per il grande
freddo: suor Bertilla, senza muovere
“Centro di salute Santa Maria Bertilla” a Vargem Grande (Brasile): Bertilla è missionaria nel
tempo e oltre il tempo
labbro, improvvisò un piccolo fuoco
in mezzo al cortile e passò la notte a
riscaldare bottiglie d’acqua e a salire
e scendere le scale per soddisfare il
bisogno di tutti noi malati”. Quando
al mattino la cosa si seppe, suor Bertilla scomparve dalla scena perché non
amava sentire parlare di sé”.
Maria Fumagalli
“Ero debolissima e Santa Bertilla
diceva: Non sa povera figliuola che
potrebbe morire di sfinimento? E avvicinava la tazza di brodo alle mie labbra. Ed io, con uno scatto della mano
l’allontanavo, ma ella dolcemente sussurrava: Ho capito. Poi cominciava a
dire: C’era una volta … Ed ora con
una storiella, domani con una risata
mi faceva trangugiare la bevanda. E
tutto questo perché mi voleva bene”.
La Superiora suor Margherita
Quando suor Bertilla era nella cucina delle Suore sapeva sempre quali
Sorelle non avevano mangiato, veniva
da me con bel modo ad avvertirmi
che la tale deve sentirsi poco bene
perché ha preso poco o nulla. Così
aveva sempre da domandarmi per
una o per l’altra di portare loro quello
che le pareva fosse secondo il bisogno: talvolta era un caffè, tal altra una
limonata, una tazza di latte.
Le testimonianze potrebbero continuare; santa Bertilla aveva preso sul
serio il comando di Gesù: “Và e anche
tu fa lo stesso”, e proprio Lei, che voleva andare per la “via dei carri”, si è
trovata a correre sulla corsia preferenziale dell’amore che non ha fine.
suor Pasqualina Vetere
S. BERTILLA
6
Vibrazioni
Santità,
profondo mistero
che colma
di silenzio e pace
il volto diafano di
Bertilla, la Santa!
Trasparenza luminosa
l’Urna che l’accoglie,
presenza amica
di ascolto e conforto
nella grigia trama
dei giorni,
segno di sicura speranza
sui sentieri del tempo
ove s’ode
il richiamo dell’Eterno.
Riflessi dorati,
e le infinite pietruzze,
mosaico di perle,
evocano orizzonti
di ascese arcane,
nel delicato tripudio
di stelle e fiori,
soavi forme di grazia
e di pura bellezza.
Lembo di cielo,
limpida luce
e due angeli
contemplano estatici
l’orma del divino
in sembianze purificate.
Immagini ieratiche,
nella volta ricurva,
simboli di operose virtù
nell’alterna danza della vita di
Bertilla, la Santa:
la Fede, grembo di Castità,
sobria, la Povertà
s’apre alla Carità,
anelito di Speranza l’Obbedienza,
e solida Fortezza
fa eco alla Prudenza,
la Temperanza si veste
di Giustizia.
Sublimi figure,
custodi della divina sequela,
corale melodioso
nella quotidianità di
Bertilla, la Santa,
messaggere
dell’evangelica chiamata
alla Santità.
suor Giulia Proia
ARRICCHIRE IL CUORE
7
Donna di speranza
Nelle scorse settimane, uscendo
dalla bella Chiesa dei Sacri Cuori, il
nostro cappellano don Emilio Pozzan mi ha fermata: si diceva contento delle riflessioni sulla Speranza
lette nel nostro Bollettino ma aveva
una provocazione da farmi. “Il cerchio sulla speranza sta per concludersi … ma manca un ultimo anello”.
Cosa c’è ancora da aggiungere a
quanto già scritto? Dopo aver colto
la speranza nella Vita, la speranza
nella Storia, dopo esserci ricordati
che Gesù è la nostra speranza, lui
che dilata il cuore ad una speranza
vera che dà un significato nuovo a
tutta l’esistenza e nel quale si radica
l’ottimismo cristiano … cosa può
esserci ancora di importante da
dire? Don Emilio sorride, mi lascia
pensare e poi – constatata la mia
perplessità – afferma compiaciuto:
“il cerchio si può chiudere solo con
Maria, nostra speranza!”. Come ho
fatto a non pensarci? Subito mi tornano alla mente i versi di Dante del
trentatreesimo canto del Paradiso:
“Qui se’ a noi meridïana face di
caritate, e giuso, intra ’ mortali, se’ di
speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali, che qual vuol grazia e a te
non ricorre, sua distanza vuol volar
sanz’ali”.
Sì, è proprio vero la nostra speranza si compie in Maria.
E allora quale modo migliore per
concludere le riflessioni di quest’anno
sulla speranza e per iniziare il mese
di ottobre, da sempre dedicato alla
Madonna, se non quello di guardare
a Maria? Davvero possiamo dire
con san Bernardo
che è lei la nostra
speranza, perché
«Dio ha voluto
che noi avessimo
ogni bene attraverso Maria».
Maria è una
creatura umana
ma è stata concepita senza peccato
originale:
la riflessione e
l’esperienza cristiana hanno interpretato la Concezione di Maria
e la sua Natività in
chiave di «aurora
della speranza».
Proprio perché
secondo il sapiente disegno di Dio
Maria di Nazaret
ha preceduto la Maria, aurora della speranza
venuta di Cristo
è considerata aurora del giorno di e creative. Anzi l’aver ricevuto la naCristo (cfr 2Pt 1,19), stella del mat- tura umana con la sua sensibilità l’ha
tino che annuncia il vero sole di gi- posta nella condizione di «soffrire»
ustizia (cfr Ml 3,20), alba della spe- e di essere vicina a tutti coloro che
ranza piena. Il suo essere Donna di sono nel dolore. In quanto creatura
speranza è sempre in relazione con la umana e come discepola del Figlio
persona divina di Cristo e con la sua Maria si è impegnata per crescere
missione di Redentore. Così è an- nella fede, per progredire nella speche nel corso della sua vita terrena, ranza messa a dura prova, cercando
durante la quale vive normalmente di orientare ogni giorno il suo amore
come tutti gli uomini e cooperando verso Dio e verso Giuseppe, verso
liberamente al volere divino: il suo Gesù e verso gli uomini e le donne
concepimento immacolato cioè non incontrati sul cammino della vita.
la esime dalla sua condizione terrena
Il suo è stato un percorso di specon tutto ciò che essa comporta di ranza fin dal primo annuncio ricevusofferenza e di limiti, di scelte libere to a Nazareth: in quel momento, ac-
ARRICCHIRE IL CUORE
cogliendo le parole dell’Angelo, non
diventa solo madre del suo Figlio ma
anche discepola. Il suo “avvenga di
me quello che Dio ha detto” non è
solo accettazione, ma anche apertura fiduciosa al futuro: è speranza! E
certamente Maria non sapeva come
sarebbe diventata madre di Dio, ma
si è affidata totalmente al mistero
che stava per compiersi, ed è diventata la donna dell’attesa e della speranza. Ed è con speranza che Maria
intraprende il cammino di servizio
verso sua cugina Elisabetta, una speranza che sfocia nell’esultanza del
Magnificat! «L’anima mia magnifica
il Signore e il mio spirito esulta …».
L’esultanza non è euforia e neppure
agitazione. È entusiasmo interiore
che nasce quando ci si sente affascinati da qualcuno di cui si sa con
certezza di potersi fidare! Questo
gaudio nasce dall’aver visto lacerarsi
l’impossibile: «niente è impossibile
a Dio che … ha fatto in me cose
meravigliose». Sì, Dio ha fatto dei
nostri giorni un tempo di stupore;
della nostra vita un luogo di prodigio... Maria si accorge di questo e se
ne rallegra, e la sua gioia nasce dal
fidarsi di Dio, di un Dio vicino che
mette le mani nel profondo della
vita, nelle ferite della storia, che
conta i capelli del nostro capo, che
ci invita a respirare con il suo respiro, a sognare i suoi sogni, ad osare!
Ma il canto di Maria nasce anche da
uno sguardo nuovo sull’uomo che
non è un burattino ma una creatura
libera, capace di accogliere il dono e
di donarsi.
Infine il canto di Maria nasce da
8
Speranza è apertura al futuro
uno sguardo nuovo sulla storia: non
più soggetta al dominio del caso e
del destino; non fatti senza un senso
ma eventi impregnati di una presenza di amore che può e sa trasformare
i rapporti all’interno del divenire
umano. Ma nella vita di Maria non
c’è stato solo il “canto”: comunque
anche nei momenti di dolore, ai piedi della croce la sua speranza non ha
ceduta, ma l’ha sorretta nell’attesa
di un mistero, più grande del dolore
che le trapassava il cuore. Quando
tutto sembrava veramente finito,
ogni speranza poteva dirsi spenta.
Maria in quel momento, ricordando
le promesse dell’Annunciazione,
avrebbe potuto dire: sono stata ingannata! Ma è lì che Maria crede e
spera ancora di più. Spera contro
ogni speranza.
Perciò l’esempio e l’intercessione
della Vergine Maria generano
nell’animo di noi credenti la virtù
della speranza e ci spingono a
guardare a lei da una parte come
esempio di speranza e dall’altra come
interceditrice che tocca il cuore di
suo Figlio. All’uomo di oggi, non
di rado tormentato dall’angoscia,
turbato da mille preoccupazioni e
diviso nel cuore, Maria – contemplata nella sua vicenda evangelica
– offre una visione serena e una
parola rassicurante: la vittoria della
speranza sull’oppressione, della comunione sulla solitudine, della pace
sull’inquietudine, delle prospettive
eterne su quelle temporali, della vita
sulla morte»
Chi spera attende tutto da Dio
e da Lui solo. Sperare è proprio
questo: spostare l’indice della fiducia decisamente verso Dio! Sia così
per tutti noi!
suor Elena Scida
9
ARRICCHIRE IL CUORE
Maria
Settembre, ottobre, novembre e
dicembre sono mesi che ci portano a
fissare lo sguardo su Maria. Per questo
ho pensato una riflessione su Maria a
partire dal testo dell’Assunzione, dove
si trova il canto del Magnificat, splendido testo che ci aiuta a guardare con
occhi nuovi la nostra vita.
Assumptus non vuol dire che Maria non sia neppure morta. Dice solo:
"Alla fine della sua vita terrena, la
Madonna è stata presa (assumpta) in
cielo". Cioè, non dice: "Maria non è
neppure morta"; ma dice: "Maria è
in Dio".
Assumptus deriva dal verbo sumo,
che vuol dire prendere, afferrare,
prendere con sé. Maria è colei che
si è lasciata prendere tutta da Dio e
questa presa non è stata qualcosa di
ideale, ma concreta, che l’ha chiamata a generare vita con la sua piccola e
semplice esistenza.
Maria ci sprona a non rimandare il
senso vero della nostra vita nell’aldilà
e fare dell’aldiquà semplicemente un
momento di prova, di preparazione. Il
tempo della nostra vita sulla terra è decisivo: è il tempo della libertà e quindi
della responsabilità; è il tempo in cui
diamo una forma sempre più compiuta alla nostra stessa vita attraverso le
scelte che quotidianamente facciamo;
è il tempo in cui la fede fiorisce nella
prassi dell’amore fraterno. L’aldilà non
può essere che la ratifica, la manifestazione di quello che abbiamo vissuto
nel tempo del nostro pellegrinaggio
sulla terra, la rivelazione luminosa di
ciò che qui, nel mondo, rimane inevitabilmente nascosto tra le ambiguità e
le incertezze della storia umana.
Beata colei che ha
creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto.” (Lc
1,45). Dio ha rivolto a
Maria una parola attraverso il messaggio
dell’angelo; Maria ha
creduto a quella parola. Non solo ha ritenuto che la parola di Dio
fosse vera (sarebbe
ancora poco), ma ha
messo se stessa, tutta la
sua esistenza a disposizione di Dio perché la
parola di Dio si compisse in lei. In questo
modo l’esistenza terrena di Maria è diventata
il luogo in cui si sono
adempiute le promesse di Dio a Israele e
all’umanità intera
Dio ha bisogno del nostro sì per continuare il dono del suo
Dio per dare vero amore nel tempo
compimento all’alleanza
ha bisogno del nostro sì, delle nostre da ciò che ama – dice un poeta famani, della nostra storia perché con- moso. Diventa allora necessario cotinui il dono del suo amore in ogni noscere i desideri del nostro cuore e
tempo e per ogni uomo, attraverso diventa decisivo sanarli perché siano
il volto dei fratelli. Dio si rivolge a diretti al bene e non al male, a ciò che
ognuno di noi nella libertà e non nel- conta e non a ciò che è effimero e inla costrizione attraverso un dovere o significante.
un obbligo da rispettare.
Se il cuore desidera solo emozioni,
L’uomo è cosciente di sé e quindi difficilmente sarà disposto a sacrifilibero; niente di veramente umano carsi per un progetto a lunga scadenavviene in lui senza l’adesione libera za – vivrà dell’immediato; se desidera
della sua intelligenza e del suo cuore. solo sicurezza, è difficile che accetti il
E questa adesione non può che essere rischio della novità e del cambiamensuscitata dall’amore, dalla percezione to – resterà aggrappato ansiosamente
di ciò che è degno e merita di essere a ciò che possiede; se desidera intensaamato e servito. Ciascuno è attirato mente il successo, è difficile che cresca
ARRICCHIRE IL CUORE
interiormente – sarà condizionato
dal bisogno di apparire.
Attraverso le nostre scelte libere e
responsabili ognuno di noi plasma e
forma sia la vita esteriore ma anche
quella interiore e, diventiamo saggi o
stolti, buoni o cattivi, motivo di consolazione o di tristezza.
Per questo abbiamo bisogno di
Maria, per liberarci dal fascino di
tante immagini seducenti ma vuote e per lasciarci attrarre da ciò che
è bello ma difficile. Dice Maria nel
Magnificat: “Grandi cose ha fatto
per me l’Onnipotente e santo è il suo
nome.” (Lc 1,49). E spiega quale sia
10
stata l’azione di Dio: “ha disperso i
superbi nei pensieri del loro cuore,
ha rovesciato i potenti dai troni, ha
innalzato gli umili, ha ricolmato di
beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.” Da una parte superbi, potenti, ricchi; dall’altra umili
e poveri che ‘temono Dio’.
C’è un istinto del cuore che ci fa
desiderare la ricchezza e il potere
nell’illusione di proteggere così la
nostra fragile vita, di renderla interessante. E questo istinto è facilmente accarezzato, esaltato, giustificato
dal flusso di immagini e di parole
che ci viene continuamente offerto.
Agli antipodi sta la scelta di vita
di Maria: umiltà, piccolezza, timore
di Dio appaiono scelte perdenti nel
mondo; non garantiscono la carriera
e non suscitano l’invidia degli altri.
Eppure se non c’è autentico timore
di Dio, la società diventa la fiera dei
furbi; se non c’è vera umiltà, aumenta sempre di più la litigiosità meschina e triste tra le persone; se non c’è la
stima della povertà evangelica, saremo sempre incontentabili e infelici.
Maria può concepire perché è
aperta, ricettiva. Non è chiusa nei
suoi schemi e nelle sue rigidità, per
cui c'è spazio perché qualcosa di
nuovo possa nascere. Eppure la sua
situazione non è affatto semplice!
Ciò che la circondava spingeva per il
contrario: eppure lei riesce a mantenere un terreno vergine, non contaminato e ricettivo. Là il Nuovo potrà
entrare.
Marco Sterchele
Santa Maria, madre di Dio e madre nostra,
Tu sei passata in mezzo a noi umile e povera;
non hai cercato ricchezze, non onori, non riconoscimenti mondani.
Hai accolto con riconoscenza il dono della Parola
e a questa Parola hai consegnato tutta la tua vita.
Ti preghiamo con la fiducia dei figli:
donaci un cuore semplice, che non conosca il risentimento e la rivalsa,
che sappia gioire della vita quotidiana
consegnandosi all’infinita tenerezza di Dio;
che non si lasci sedurre da apparenze,
che non rincorra illusioni.
Donaci di ascoltare con fede e obbedienza la Parola,
di contemplare e seguire con amore il tuo Figlio
perché tutta la nostra vita si svolga
come un pellegrinaggio di speranza
e possiamo giungere accanto al tuo Figlio
dove tu ci hai preceduto e ci attendi.
Maria Assunta, scultura in legno di Giac.
Vinc. Mussner in Ortisei (BZ)
L. Monari, 2009
11
ARRICCHIRE IL CUORE
L’umiltà e il coraggio di riposare
La vita dell’uomo è divisa tra periodi di lavoro e momenti di riposo:
un’alternanza necessaria che si deve
comunque rispettare, se non si vuole andare incontro a problemi seri di
carattere fisico o psicologico. Un’alternanza comandata anzi dalla Bibbia
stessa, dove il fondamento di questo
comandamento è teologico: “Per sei
giorni lavorerai, ma nel settimo riposerai” (Es 34,21).
I momenti di riposo sono diversi: il
riposo settimanale, le vacanze di Natale e di Pasqua, i ‘ponti’ in occasione di
alcune festività e ricorrenze particolari, le vacanze estive… Montanelli scriveva anni fa in una sua Stanza: “Non
c’è vivo che, per poter continuare a
vivere, non abbia bisogno, almeno per
un mese all’anno, di fare il morto”.
Sembrerebbe ovvio immaginare che,
essendo il bisogno di riposare così comune e necessario per tutti, sia tutto
sommato facile abbandonarsi ad esso
appena se ne presenta l’occasione…
Ma l’esperienza ci dice che così non
è e non raramente ci capita di sentire
espressioni del tipo: ‘non riesco a trovare il tempo di fermarmi’, ‘vorrei riposarmi un po’ ma ci sono cose troppo
urgenti da portare a termine’, “il mio
ruolo non mi permette di prendermi
neanche un giorno di riposo”.
A queste dichiarazioni vorrei far seguire una considerazione illuminante
e saggia di papa Benedetto XVI. Dialogando con i sacerdoti durante una
veglia di preghiera in piazza s. Pietro
(10 giugno 2010), a uno di loro che
gli chiedeva come orientarsi e “dove
andare” di fronte a un lavoro pastorale che presenta richieste sempre più
impegnative, egli
ha invitato
tra l’altro
a “riconoscere i nostri limiti,
aprirci anche a questa umiltà”;
ricordando
poi l’invito
rivolto dal
Signore ai
discepoli
stressati:
‘Andiamo Se non si trova il tempo per leggere, meditare e pregare, si corre seriamente il
via, riposate rischio di ‘correre invano’
un po’ (Mc
6,31), ha aggiunto: “il Signore dice: nitiva, umiltà e coraggio per farlo, né
Anche questo è lavoro – direi – pasto- queste parole si ritrovano nelle analisi
rale: trovare e avere l’umiltà, il corag- e ricerche che si vanno pubblicando,
gio di riposare”. Papa Benedetto non un po’ anche per moda, sullo stress e
si è dunque limitato a dire – come tutti il ‘burnout’ (‘burnout’ è un termine indicono – che ‘bisogna assolutamente glese che viene usato per indicare uno
trovare il tempo’ per riposare, quasi stato psicologico di esaurimento e di loche potersi riposare sia anzitutto o solo goramento, come una batteria che si sta
un problema di distribuire adeguata- scaricando) di chi, sacerdoti e religiosi
mente il proprio tempo; non ha sem- compresi, ha scelto di dedicare la proplicemente consigliato – come molti pria vita agli altri.
consigliano agli altri – che ‘a un certo
punto ti devi fermare, altrimenti scop- L’umiltà di riposare
L’umiltà che ci porta a interrompepi…’, quasi che si tratti semplicemente
di un problema di volontà… Ha par- re il ritmo normale del nostro lavoro
lato invece dell’umiltà e del coraggio quotidiano e a trovare il tempo per un
di riposare come presupposti per una adeguato riposo nasce da una riflessione sulla verità delle cose e da un provita equilibrata e serena.
Sono parole che meritano di essere gressivo esercizio di consapevolezza,
raccolte e considerate con attenzione, che può riguardare diversi aspetti.
Ad esempio:
perché chi si lamenta che non ha tempo per riposare è generalmente lonta- • la presa di coscienza dei propri
limiti, mentali e operativi: tutto è
no dal pensare che gli occorra, in defi-
ARRICCHIRE IL CUORE
‘contato’ nella nostra vita, dai capelli del nostro capo (come insegna
il vangelo), alle risorse mentali ed
emotive, alla forza fisica, alla capacità organizzativa;
• la convinzione che tutti siamo utili,
ma nessuno necessario: il Signore
tutto dispone per la gloria Sua e la
diffusione del Suo Regno; la nostra
persona, ripeteva spesso s. Giovanni XXIII, non conta nulla. In definitiva, è Dio il vero autore della
crescita delle persone: ciascuno di
noi, a seconda delle responsabilità
che gli competono, è chiamato ad
offrire il suo contributo perché si
creino le condizioni affinché tutto
ciò avvenga, ma è sempre Dio che
tocca i cuori delle persone e guida i
destini della storia umana;
• la convinzione che è sbagliato
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identificarsi con il proprio ruolo o
il proprio compito, fino al punto
di ritenere più o meno inconsciamente che nessuno è in grado di
prendere il nostro posto e svolgere
adeguatamente il compito che noi
abbiamo svolto magari per tanti
anni;
• la consapevolezza che, a motivo dei
nostri limiti, sono necessari momenti di pausa e di riposo per coltivare la dimensione interiore nella
nostra vita: se non si trova il tempo
per leggere, meditare e pregare, si
corre seriamente il rischio di ‘correre invano’, di essere superficiali,
di non saper più distinguere ciò
che è essenziale da ciò che non lo è;
• la progressiva presa di coscienza
che ciascuno di noi non vale tanto
per quello che fa o produce, ma
Sono necessari momenti di pausa e di riposo per coltivare la dimensione interiore nella nostra vita
per quello che è, per le sue doti di
mente e di cuore;
• la consapevolezza che, quando si
serve il prossimo, ciò che anzitutto
gli possiamo ‘offrire’ è una disponibilità personale fatta di calma, cortesia, attenzione e ascolto: cose tutte che assai difficilmente si possono
trovare in chi è preso dall’ansia di
fare e accumula tensione a causa di
un lavoro continuo;
• la consapevolezza che imparare a
riposarsi è un allenamento prezioso e quasi un esercizio preparatorio
per affrontare un giorno con umiltà e spirito di distacco un riposo
‘forzato’, in quanto previsto dalla
normativa civile o canonica o dalle
leggi imposte dall’età.
Il coraggio di riposare
La capacità di dedicare tempo al
riposo non consiste semplicemente
nell’astenersi dal lavoro e stare senza
far niente; si tratta piuttosto di imparare a far propri determinati atteggiamenti, alcuni dei quali possono richiedere anche fatica e coraggio.
Serve il coraggio di vincere una
certa pigrizia, abitudini consolidate,
quella routine quotidiana che dà sicurezza e affrontare situazioni nuove e
schemi di vita diversi dai soliti.
È necessario soprattutto avere il
coraggio di fare la verità in noi stessi e cercare di superare con pazienza
e perseveranza quegli ostacoli che,
dentro di noi, ci rendono difficile o
addirittura impossibile sperimentare
le diverse forme di piacere legate ai
momenti di tranquillità e riposo. È
necessario avere il coraggio di scopri-
ARRICCHIRE IL CUORE
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re le ‘vere’ – non le ‘buone’ – ragioni
che ci portano a non trovare il tempo
per riposarsi.
Da un punto di vista psicologico –
che è quello che qui interessa - riuscire
a proteggersi dal pericolo di una vita
stressante è anzitutto il risultato di
un lavoro di consapevolezza: questo
è il punto centrale. “È bene non farsi
illusioni su se stessi, cogliere le proprie zone d’ombra, i propri ripostigli,
come si farebbe con una vecchia casa
ricevuta in eredità. I limiti fanno parte delle cose stesse, come le cicatrici
fanno parte del corpo” (Jean Guitton,
Il libro della saggezza e delle virtù ritrovate, Casale Monferrato, Edizioni
Piemme, 1999, p. 243). Si tratta di un
lavoro certamente non facile, si richiedono la forza e il coraggio di vincere
particolari forme di dipendenza o superare conflitti interni non risolti, che
spingono ad un attivismo anche frenetico e senza soste e i cui motivi possono essere diversi. Ne richiamo alcuni.
A volte si deve parlare di una certa
incapacità di sopportare la solitudine.
Questo può avvenire sotto la spinta
di un bisogno che spinge a fuggire da
un’angoscia acuta, la quale tende ad
affiorare quando la persona è sola con
se stessa. Per fuggire silenzio e solitudine si riempie la propria giornata di
tanti impegni (considerati ‘urgenti’ e
improrogabili): non si bada a sacrifici,
non si temono sforzi, non ci si concede tregua. Se poi dovessero mancare
cose da fare, può capitare di cadere
nella depressione o avvertire disagi
fisici (ad esempio: mal di testa), arrivando perfino ad abbandonarsi a stati
di ebbrezza di qualsivoglia natura. Pa-
A motivo dei nostri limiti, è necessario coltivare la dimensione interiore nella nostra vita
scal diceva che “tutta l’infelicità degli
uomini viene dal fatto che non sanno
restare in pace in una camera”.
In altri casi è il bisogno di sentirsi
accettati, compresi, amati, che spinge
a darsi al lavoro senza risparmiarsi.
La persona è come perseguitata da
un senso di disistima e di non accettazione di se stessa - ciò che ha fatto
dire a Nietzsche: “il vostro amore del
prossimo è il vostro cattivo amore per
voi stessi”.
Può anche capitare che la persona
sia tiranneggiata da un eccessivo senso
del dovere e, di conseguenza, incalzata da un acuto senso di colpa: dire no
alle persone che chiedono o interrompere il proprio servizio le provoca un
vago senso di disagio, che cerca di superare non ‘fermandosi’ (quasi) mai.
Non è da escludere, in certi casi,
che l’incapacità a sospendere il lavoro sia legata a tendenze narcisistiche.
Spinta dall’ambizione e dalla smania
di protagonismo, la persona può nutrire fantasie grandiose ed un elevato concetto di sé che la spingono a
progetti di apostolato ambiziosi e ad
un impegno senza sosta, come dimostrazione di efficienza e di capacità di
successo.
Infine, si può citare anche il rifiuto
del ‘limite’ e della morte come molla inconscia che spinge la persona a
mantenersi costantemente in attività
e quindi a provare disagio se si ferma. Quando si avverte il declino delle
proprie forze o si profila il momento
dell’abbandono di una carica per raggiunti limiti di età o si constata che il
proprio Istituto si impoverisce progressivamente di persone e di risorse
avviandosi ad una lenta scomparsa,
allora si può trovare nell’attivismo un
modo concreto per non accettare ‘la
fine’, per rifiutare il limite, per esorcizzare l’angoscia del sentirsi inutili e
dipendenti. L’attivismo può prendere
ARRICCHIRE IL CUORE
il volto della persona anziana che si
spende in un frenetico e commovente
donarsi per la causa, ignorando magari certi suoi limiti vistosi, al punto
che chi ne è testimone non può nascondere un vago senso di disagio
(compassione). Il coraggio di fare la
verità in se stessi porta anche a cogliere alcuni possibili segnali di un
disagio interiore che impedisce di
sperimentare la gioia pacificante del
riposo. Ad esempio: un persistente
senso di tensione interiore; il disagio nel vivere determinati momenti
‘obbligati’ di riposo, come i giorni
di festa (significativa l’espressione
coniata da V. Frankl che parla di
‘nevrosi domenicale’) o i periodi di
vacanza; la difficoltà o l’incapacità a
stabilire contatti umani profondi e
cordiali con le persone e provare un
autentico interesse empatico; forme
accentuate di ansia e preoccupazione per gli esiti del proprio impegno
apostolico; la mancanza di altri inte-
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ressi o di qualche hobby particolare;
qualche sintomo psicosomatico persistente e apparentemente impossibile da eliminare.
Umiltà e coraggio come condizioni
per sperimentare gioie autentiche
Afferma s. Tommaso: "Il rimedio
alla fatica dell'anima, come a quella
del corpo, è il riposo. Ciò che riposa
l'anima è il piacere. Occorre dunque
rimediare alla fatica accordandole alcuni piaceri che interrompano la tensione dello spirito”. Osservazione piena di saggezza: il riposo è necessario
per il nostro corpo e il nostro spirito,
ma ciò che in definitiva riposa l’anima
è la capacità di provare piaceri e gioie
autentici. Tale capacità rientra tra gli
importanti segni di salute mentale e
non la si può dare affatto per scontata
in ciascuno di noi. Può capitare, infatti, di incontrare persone che ne sono
avide al punto che ne diventano schiave, oppure altre la cui vita, in segui-
Ciò che in definitiva riposa l’anima è la capacità di provare piaceri e gioie autentici
to a particolari esperienze educative
(ad esempio: l’aver sperimentato una
precoce responsabilizzazione o una
disciplina piuttosto rigida), è vissuta
più sul registro del dovere che del piacere. Vi può essere perfino qualcuno
che avverte un sottile disagio quando
è felice, quasi si trattasse di un’esperienza ‘non dovuta’ e non ‘normale’
Otto Rank ha coniato una definizione
bellissima per questo modo di vedere
la vita: ‘rifiutare il prestito della vita
per non dover pagare il debito della
morte’.
Si capisce facilmente, dunque, che i
momenti di riposo potrebbero essere
addirittura ‘obbligati’ (le ferie, i giorni di festa…), ma se è vero che, come
ricorda s. Tommaso, un aspetto essenziale del riposo è la gioia, allora bisogna riconoscere che i periodi di riposo
si possono comunque organizzare e
prevedere, la gioia no. Già Nietzsche
affermava che: “L’abilità non sta
nell’organizzare una festa, ma nel trovare persone capaci di trarne gioia”.
La persona che non riesce a fermarsi e riposare può essere tormentata da
due pensieri: avere troppe cose da
fare, avere niente da fare. Sarà dunque
necessario ricercare continuamente
un equilibrio tra lavoro e riposo tale
che ci permetta di vivere nella pace e
nell’armonia con noi stessi e ci renda
strumenti docili ed efficaci nelle mani
di Dio per il bene del prossimo.
E non si dimentichi la raccomandazione biblica: “Figlio, per quanto ti è
possibile, tràttati bene… Non privarti
di un giorno felice” (Sir 14,11.14).
Aldo Basso
TEMPO GIOVANE
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Vacanze di servizio
Non è mai facile raccontare un
viaggio, tantomeno in questo caso.
Riportare ad altri luoghi e volti e, soprattutto, emozioni ha a che fare con il
soprannaturale; e ho dunque l’impressione – ma so che è condivisa da quanti
hanno vissuto quest’esperienza – che il
più non si possa narrare. Preferirei tenermi dentro la scheggia luminosa dei
ricordi piuttosto che fare la fatica di
dire. Tuttavia ci eravamo dati l’impegno di viaggiare non solo per noi, ma
anche per chi – restando a casa – ci ha
supportato col pensiero e la preghiera: compagni di classe, colleghi, suore,
genitori, amici. È per loro che faccio
lo sforzo, nel tentativo di ricambiare in
parte il bene che ci vogliono.
Di fronte alla proposta della Giordania da parte di suor Luigina – io e
Tino ci eravamo rivolti a lei per progettare l’esperienza estiva – abbiamo
risposto con entusiasmo. Mi era già
capitato di viaggiare fuori dell’Europa,
ma mai nel mondo arabo. Soprattutto
mi piaceva l’idea di attraversare uno
dei punti critici della contemporaneità – il punto critico, secondo alcuni:
il Medioriente, in cui Islam e società
occidentale s’incontrano e confliggono. Sempre più credo (col diffondersi
dappertutto di deleterie culture della
violenza) vadano cercate piste di dialogo e fiducia. Quale miglior luogo, allora, e migliore occasione che la parrocchia cristiana di Zarqa, nel nord della
Giordania? Lì vivono le nostre suore
dorotee, in un contesto che è quasi
esclusivamente islamico.
L’essere minoranza è come se desse a quei cristiani la tenacia umile del
vivere il vangelo giorno per giorno,
senza gesti
eclatanti, ma
con una fioritura continua
e silenziosa.
Penso alla
scuola cattolica che accoglie ragazzi
mussulmani
e che gode di
prestigio in
tutta la città
per la bontà Il gruppo di studenti al completo accolti nella casa più antica di Amman
della formazione che offre; penso alla Caritas, che nella loro bottega; fumare il narghilè
aiuta indistintamente persone di una e con l’autista quando finalmente per
dell’altra religione, anzi, in particolare lui s’interrompeva il digiuno del Ragli islamici in fuga dalla Siria. È vero madan; assistere allibiti a suor Luigina
che, quando attraversavamo il merca- che, ignara delle regole, dava la mano
to, alcuni ci insultavano ad alta voce al preside mussulmano di un istituto
(in questo caso suor Salwa rispondeva maschile; costatare che, durante le ata tono!); era tangibile anche la fatica tività del mattino, era impossibile diche suore, preti e laici sopportano per stinguere un bambino cristiano da uno
una libertà d’espressione e azione for- islamico; pregare le loro preghiere.
temente limitata; tuttavia,
mi vien da
dire (e lo so,
lo faccio da
qui, a tanti
chilometri di
distanza, ed
è fin troppo
facile) che
nei
tempi
cupi che ci
toccano tutto è prezioso
– mangiare
il pane che
p r e p a r a n o Attraversando il mercato di Zarqa nell’ex campo dei profughi palestinesi
TEMPO GIOVANE
16
nella propria casa pensare a questa esperienza con loro e
(e noi eravamo in per loro. Non avevamo certo in mente,
quindici!) non è un come educatori, di proporre l’ennesigesto neutro: signifi- ma gita, a caccia di sensazioni forti,
ca svelare la propria con la sola variante della destinazione
intimità, mettersi a esotica. Non abbiamo neppure inteso
nudo. In molti con- il viaggio in chiave solo culturale, antesti significa am- che se l’incontro con gente diversa da
mettere la modestia noi per lingua e tradizioni è stato un
del proprio tenore ingrediente sostanzioso. Siamo invece
di vita. Tuttavia – a partiti dalle idee di condivisione e sernoi ricchi, che non vizio, e su questo binario abbiamo svine siamo capaci – luppato le attività. Imparare a condiviqueste persone sem- dere non è mai facile: ce ne siamo resi
Sulle rovine storiche della “Cittadella” di Amman
brano dire: vi offria- conto vivendo assieme 24 ore su 24,
È un lavoro, quello dei cristiani di mo ciò che siamo. Lo facciamo con ognuno con i propri difetti, bisogni,
là, di paziente cucitura in tempi di piacere: vedrete che anche a voi piace- manie, rigidità. Il rispetto non è una
strappi e tessuti slabbrati. Un lavoro rà. La loro fiducia nell’umanità ci ha cosa astratta, anzi, lo si pratica nelle sidi resistenza, in condizioni via via più scaldato; la sovrabbondanza delle loro tuazioni quotidiane. Così, sono serviti
dure, mentre ai confini si addensano prelibatezze ci ha fatto sentire benvo- alcuni giorni per prendere le misure
plumbee nubi: Siria, Iraq, Palestina luti, importanti.
reciproche e riconoscere regole comusono a un tiro di schioppo. Mi sento
Se dovessimo metterla in termini ni. Da parte di tutti, bisogna dirlo, ci
infinitamente grato a queste persone economici – gli unici, ormai, che ci sono stati buona volontà e spirito di
che nel silenzio (o magari, nel sarcasti- vengono spontanei – dovremmo dire adattamento; e ognuno ha rinunciato
co brontolio che scaturisce dalla con- che abbiamo contratto con loro un de- a qualcosa per far spazio all’altro. L’acvivenza) tramano per un mondo mi- bito insanabile. Ebbene, ci hanno mo- coglienza, e dunque l’esperimento delgliore; mi rincuora il fatto che ci siano strato un’altra logica, quella del dono, la pace, è partito da lì, dal nostro stare
anche lì donne e uomini che vogliono che non chieil bene e la pace, e li perseguono con de tornaconsemplicità, nell’anonimato. Alla nostra to. In termiEuropa, che con puzza sotto il naso ni cristiani
sbarra l’accesso ai richiedenti asilo, mi viene da
credo abbia molto da dire la capaci- c h i a m a r l a
tà della Giordania di ospitare entro i grazia, o semsuoi confini milioni di rifugiati. Una plicemente
volta in più ho fatto l’esperienza della amore. Un
generosità della gente povera. Chi ha altro capitolo
meno, condivide di più, tutto se serve. lo voglio deLe famiglie del quartiere ci hanno invi- dicare ai notato spesso nelle loro case per la cena stri ragazzi.
o un dolce: è qualcosa che ogni volta È stata una
mi colpisce. Fare entrare qualcuno scommessa Gli studenti accolti nella tenda dei beduini presso il deserto di Wadi Rum
TEMPO GIOVANE
17
Sulle rive del Giordano
gomito a gomito, tra antipatici lavori
domestici, tentazione del wi-fi, bisogno di dormire (di giorno) e voglia di
chiacchiere (di notte). La maggior parte dei nostri ragazzi non frequenta abitualmente gruppi votati alla causa del
servizio e della missionarietà. E questa
per noi era la sfida: è difficile in classe
sensibilizzarli su questi temi. Sebbene
le mie materie (italiano, storia, geografia) si prestino a riflessioni di carattere
etico e sociale, ho notato, nel corso
degli anni, quanto poco contino le
parole per gli adolescenti: entrano da
un orecchio ed escono dall’altro, senza
che qualcosa di significativo accada in
loro. Sperimentare sulla propria pelle
culture diverse e diverse condizioni di
vita, invece, può segnare: tanto più se
l’ambiente sociale da cui si proviene
è molto diverso. Per questo, poiché i
nostri non erano “ragazzi patentati per
la missione”, come adulti al loro fianco
abbiamo gioito nel vederli camminare
e crescere con impegno, costanza, entusiasmo. Nelle attività mattutine dei
centri educativi e in quelle pratiche
del pomeriggio con la
Caritas non
hanno lesinato le loro
energie. E
anche nella
rielaborazione di gruppo,
a cui dedicavamo un’ora
al
giorno,
sono emerse
cose interessanti.
Quest’attività prendeva spunto da
un libro di un medico palestinese,
Izzeldin Abuelaish, promotore della pace in Medioriente. Nondimeno
abbiamo privilegiato un approccio
via via più emozionale, con momenti di meditazione che favorissero l’emersione del vissuto. E se all’inizio la
verbalizzazione era parziale (alcuni
non riuscivano ancora a formulare
ciò che stavano sentendo), alla fine
– e in particolare durante la verifica
– tutti hanno parlato manifestando
quanto in loro era maturato durante
le due settimane. Mi ha colpito anche
come, col passare dei giorni, siano
affiorate alcune proposte dei ragazzi
ad arricchire le attività di animazione
e riflessione. È come se loro fossero
stati restituiti, almeno in parte, alla
creatività; questo cristianamente lo
leggo come un riappropriarsi della
possibilità di partecipare alla Creazione. Alcune dinamiche in cui siamo
inseriti disabilitano la capacità innata
di inventare futuri diversi e più umani; è bello che in contesti, magari periferici, magari collettivi, queste forze
ritornino prorompenti. Per fare un
esempio, i ragazzi a un certo punto
hanno scoperto la chitarra: prima è
stata adottata per l’animazione degli
anziani presso la casa di riposo e poi
usata nell’accompagnamento della preghiera. L’idea è venuta a loro,
così come da loro è stata operata la
scelta dei canti. Alcuni che sapevano
strimpellare si sono resi protagonisti
davanti a tutti.
Quanto ho scritto rende poco di
ciò che è stata la Giordania per me:
vorrei avere, come Vanessa, un talento per la fotografia, per strappare al
tempo la densità di certi istanti. Mancano i sapori delle spezie, il vento, il
rosa del cielo e il richiamo del muezzin all’ora del tramonto. Mancano gli
800 gradini sotto il sole che a Petra
abbiamo salito con lena concorde;
mancano le corse sulle dune e il tè coi
beduini. Manca soprattutto – e con
questo vorrei chiudere – la notte nel
deserto sotto le stelle: stesi nel sacco
a pelo all’addiaccio e sopra la volta
infinita del firmamento. Svegliandomi un po’ infreddolito ai primi
sprazzi dell’aurora, mi sono girato a
guardarli: erano lì, raggomitolati uno
affianco all’altro, senza più schermi,
né parvenze da difendere, lontani dal
mondo che li fagocita e per un attimo
liberi di essere se stessi, gli uni per gli
altri, abbandonati fiduciosamente alla
cura reciproca, aperti al nuovo che ci
abita e sovrasta.
Simone Maculan
TEMPO GIOVANE
18
Voci dalla Romania:
Va’ e anche tu fa lo stesso!
padre, senza le
loro amorevoli
cure, gratuito
amore quotidiano. E così tu
mi hai accolto,
tu nonostante
la mia diversità,
e mi brucia, e
fa male, perché
io che ho tutto,
non so fare lo
stesso. Come é
possibile? Ho Le suore della comunità di Roman (Romania) che hanno promosso
pianto: per do- l’esperienza di volontariato tra giovani rumene e italiane
lore, per amore.... E Tu che mi hai chiamata, che Ti tonia con l'altro, percepisco le ferite
sei fatto uomo, Tu buon samaritano, enormi, i pesi troppo grandi per quelTu che lavi i piedi, Tu che non guardi le spalle bambine. Mi lasci toccare la
la zizzania ma la piccola spiga di gra- tua sofferenza, e piango. Piango anno che é in noi...Tu che ci perdoni e ci cora. Mi vergogno. Mi stupisco. Non
chiami... Noi che non ti ascoltiamo e delle lacrime, non dei sentimenti, ma
poi, ecco, tutto si scioglie e si fa chia- di me, dei miei inutili lamenti, del mio
ro...Le paure scompaiono, prende po- egoismo, dei miei vizi, della mia avidisto il coraggio, la speranza e la fiducia tà, dei miei pregiudizi. Ma Tu mi fai
nei nostri piccoli gesti. Cosa fare? Mi comprendere che mi vuoi così, con le
avvicino: sguardi, sorrisi ed é subito mie crepe, perché il mio sorriso non
festa...nel cuo- é inutile, perché un gesto d'amore
re, nel viso...le non é mai scontato, non é mai vano.
manine si ag- Perché può contagiare il mondo che
grappano, usa- ti circonda... Ciò che non serve é chieno tutta la forza dersi: perché io? Il dono ricevuto va
che conoscono donato, non c'é una ragione se non
per stringerti, l'amore, unica regola per vivere con
a b b r a c c i a r t i gioia, che racchiude tutto: il nostro ese non voglio- sere, la nostra essenza. Allora capisco
no lasciarti, ti che in fondo siamo uguali, fatti della
chiamano, ti stessa sostanza, a immagine di Colui
r i n c o r r o n o . che ci ha creati. Missione é piedi nel
Si fa strada la mondo e cuore nel cielo, è sporcarsi le
compassione. mani, con fiducia ed entusiasmo, perLe giovani volontarie offrono ai bambini della “scuola speciale” di
Roman (Romania) un momento di gioco e di divertimento
Entro in sin- ché tutto ha un senso in questa vita, in
Dopo un’esperienza di 15 giorni in
Romania, nella nostra comunità di Roman, quattro ragazze , partite dall’Italia accompagnate dalle nostre sorelle sr
Marcella e sr Anna, ci raccontano cosa
è stata per loro questa esperienza di fraternità e di missione, di testimonianza
e di servizio. Lasciamo a loro raccogliere sentimenti e pensieri di questa avventura in una terra bella e ricca, ma
anche desiderosa di crescita e riscatto.
“Un invito, poi un viaggio verso
l'Est verso l'ignoto, abbandonando
certezze e sicurezze. Ti ho visto: nella
povertà, nell'abbandono, nella solitudine, nell'ingiustizia. Ti ho visto: in
quei volti magri, in quei capelli cortissimi, in quegli occhi tristi, in quei
cuori bisognosi d'affetto; quei corpicini esili, troppo esili per quei vestiti,
appartenuti forse a me, a te, scartati,
buttati in un sacco della Caritas....Uno
scarto, una cosa che non serve....come
loro, anime fragili, lasciate crescere al
vento, tra le tempeste e i fulmini, tra le
difficoltà della vita. Senza la dolce sicurezza di una casa, di una madre e un
TEMPO GIOVANE
19
questa strada in salita verso il Sole, se
mi dono per AMORE !” (Noemi)
“La Missione in Romania ci ha
messo in cammino verso una realtà
che prima ci era sconosciuta, ci ha fatto vedere cos'è la povertà ma anche la
grande ricchezza interiore, ci ha permesso di avvicinarci a tante persone
e soprattutto bambini che ci hanno
accolto con immensa gioia, e noi con
semplicità gli abbiamo donato ciò che
per prime abbiamo ricevuto: L'Amore! che è l'unico linguaggio senza confini.” (Francesca)
“Il viaggio in Romania è uno di
quei viaggi che ti segnano profondamente non solo per i mesi a seguire,
ma per tutta la vita! I paesaggi visti,
l'aria respirata, gli occhi dei bambini, delle donne, degli anziani, le loro
mani, i loro piedi, i lori volti... tutto
quello che ho vissuto, insieme alle mie
compagne, è stato un passo verso una
direzione diversa
da quella che avevo prima di partire!
Questa Missione mi
ha fatto scoprire una
parte del mondo che
prima non consideravo e, allo stesso
tempo, una parte di
me che si è liberata,
è emersa e vuole crescere e contagiare
chi incontro. Questo
viaggio è stato una Le giovani italiane che hanno partecipato all’esperienza missionaforza unica, una ca- ria a Roman (Romania)
rica potente contro
ogni aspettativa: il mio cuore l'ha vis- delebile lasciato da questa esperienza
suta fino in fondo e ha portato a casa in Romania, le forti emozioni vissute, i
tanto dolore, sì, per ciò che ha visto e volti incontrati, talvolta tristi e abbanconosciuto, ma anche tanta gioia nel donati ma più spesso sorprendentevedere come con dei piccolissimi gesti mente sorridenti e sempre assetati di
si possano cambiare le cose!!” (Anna) Amore. Mai avevo visto bambini così
“è Difficile descrivere il segno in- entusiasti per una scenetta, per un laboratorio o una caccia al tesoro. Mai
avevo visto bambini con lo sguardo
triste perché avevano fame o bambini
felici perché avevano avuto la loro banana per merenda. E nemmeno vedo
spesso persone, ragazzi, anziani o
bimbi che gioiscono per semplici gesti come un abbraccio, una carezza,un
sguardo amorevole. La povertà, la solitudine, il dolore toccato con mano,
la gioia provata nel donarsi all'altro,
all'ultimo, al più piccolo, con l'Amore più grande che ognuno è chiamato a portare: questa è stata la nostra
esperienza. Servire è regnare, dice una
canzone. Questo per me è la Missione”. (Silvia)
Riflessioni delle giovani italiane al ritorno dalla Romania
a cura di suor Anna Visonà
TEMPO GIOVANE
20
Accendi la fiamma dell’amore!
Campo cuore e grembiule, Vigardolo
2014: un’esperienza, una scoperta, una
settimana da vivere con tutte noi stesse! Anche quest’anno i campi-servizio,
due a giugno e uno a luglio, si sono
realizzati a Vigardolo, presso il Centro
Riabilitativo Villa Maria. Campi-servizio, perché abbiamo donato con gioia
le nostre mani, i nostri cuori, i nostri
sorrisi a quei bimbi speciali che conquistano e stupiscono per la loro spontaneità, semplicità e capacità di entrare
nei cuori di tutti. Per coronare queste
giornate, ci siamo messe in gioco con
attività e riflessioni dateci dal filo conduttore di tutta la settimana “PIEDI
NEL MONDO CUORE IN CIELO”,
frase tanto amata dal vescovo Giovanni
Antonio Farina. È stato bello per noi
vivere insieme, come una comunità,
che mette insieme tutto: doni, talenti,
ma anche difficoltà o domande e le
nostre storie personali: tutto questo ci
fa crescere come giovani responsabili.
Ecco alcune testimonianze e le foto
delle partecipanti alle tre settimane.
Tornate a casa da questa esperienza,
possiamo dire che le nostre aspettative
sono state soddisfatte:i bambini ci hanno donato tantissimo e il rapporto che
c’è stato tra noi ragazze e con suor Sabrina, con suor Angela e con Gloria si
è sempre più consolidato giorno dopo
giorno. Grazie a questo campo abbiamo potuto riscoprire e comprendere
meglio il vero significato della parola
SERVIZIO e assaporare ancora più
intensamente l’acqua viva, come la
samaritana aveva fatto con Gesù. Momenti di condivisione, gioia e felicità
sono sempre stati all’ordine del giorno
e hanno saputo aprirci di
più verso gli altri per avere
sempre “i piedi nel mondo
e il cuore nel cielo”. Grazie
per questa unica esperienza
anche alle nostre Sisters e a
Gloria che hanno sempre
saputo essere al nostro fianco, per farci conoscere ancora di più il nostro amico
Gesù. (Valentina e Elena)
L’esperienza vissuta al
campo è stata straordinaria,
divertente e formativa. Pur
partita con qualche paura, mi sono trovata subito
bene, grazie alle mie compagne di avventura nell’impegno. Ho cercato di mettere “I piedi nel mondo e il
cuore in cielo”, e devo dire
che ci sono in parte riuscita.
Se ce l’ho fatta è stato anche
grazie all’aiuto dei bambini,
che ogni giorno mi hanno
regalato qualcosa di nuovo
ed hanno arricchito la mia
vita di gioia: un sincero
sorriso, un dolce bacio, un
tenero abbraccio o un semplice gioco. Mi sono state
di grande aiuto le attività e
le riflessioni proposte dalle
suore animatrici. Ripensare
a me stessa e alle mie relazioni, trovare, come la samaritana, l’acqua viva mi ha
permesso di aprire il mio cuore ad una
più significativa presenza di Dio in me.
Inoltre tra noi ragazze si è creata una
forte amicizia che continuiamo ancora
ora nell’attesa del rivederci. Sono molto felice di avere fatto questa splendida
esperienza perché ho potuto ricevere
più di quanto ho donato. (Ilaria)
TEMPO GIOVANE
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Sogna e prendi il largo!
Anche quest’anno siamo tornate
a Gallio per vivere un po’ del nostro
tempo con i bambini della Comunità
Educativa per minori “Casa Nostra”
di Dolo.
È stata una settimana intensa. Tra
volti nuovi chi tornava per il secondo anno, e chi è stato con noi qualche giorno, abbiamo condiviso la vita
quotidiana con i bambini, tra la tavola
e i letti da fare, con lunghi giochi a
carte e una grande sfida da affrontare: costruire una barca per poi poter
partire tutti insieme verso una nuova
avventura! L’acqua di certo non è
mancata, ma la gioia ha contagiato le
nostre giornate!
È stata una vera e propria impresa
costruire, tutti insieme, con cartoni,
tempera e pennelli un’imbarcazione
tanto grande da poterci contenere
tutti.
Vi starete domandando perché
proprio una barca? Il nostro compagno di viaggio è stato San Pietro che
ha accompagnato i bambini, e anche
noi giovani in un tempo di forte riflessione personale. Ci ha invitate a
riscoprire il nostro essere un tutt’uno
amato da Dio nella sua bellezza, e fatto per AMARE. Il deserto personale
per pregare, le piccole celebrazioni,
le condivisioni e il tempo passato a
“raccontarci” hanno scombussolato
il cuore di tutti…nessuno è tornato
come erano prima di partire!
Abbiamo toccato con mano quanto Dio vuole bene ai bambini che
abbiamo incontrato, un gruppo di
giovani ragazzi ci ha regalato una
Le giovani che hanno vissuto la loro esperienza di animazione con i bambini a Gallio (VI)
giornata speciale, con macchine e
pulmini sono venuti a prenderci a
casa e dopo una bella passeggiata ci
hanno offerto il pranzo in rifugio,
ci siamo sentite un po’ amate anche
noi! Vedere come vivono da fratelli e
sorelle, come si preparano per le feste di compleanno tra loro, come si
prendono cura anche del più piccolo,
è stato per noi bello.. ci ha insegnato
tanto, come l’incontro con un ragazzo
che da piccolo ha vissuto in comunità
ed è tornato per qualche giorno per
stare con i bambini e le sorelle che si
occupano di loro: il suo tornare e dire
GRAZIE ci ha fatto cogliere quanto
prezioso e indispensabile è il servizio
delle sorelle che dedicano tutta la loro
vita e il loro tempo per questi bambini.
Anche nel nostro cuore c’è un piccolo GRAZIE: grazie a Gesù che ci
ha attirate, e ci ha regalato tutto questo, grazie a chi ci ha accompagnate
in questa esperienza e alle sorelle che
hanno fatto spazio in casa e “in famiglia” per accoglierci, grazie ai bambini che non vedevano l’ora di vivere questa nuova settimana di campo
scuola e ci hanno fatto percepire di
essere “benvolute”.
A voi vogliamo lasciare ciò che abbiamo scoperto: “occorre imparare a
fidarsi dei sogni di Dio! E il sogno di
Dio su di me è il compimento di una
promessa, è ciò che diceva il vescovo
Giovanni Antonio Farina: tenere i
piedi nel mondo e spingere il cuore
in cielo!”.
Sara, Agata, Elisabetta,
Gloria e Annika
TEMPO GIOVANE
22
Alla conquista di uno
spazio per il futuro
Ciao a tutti! Siamo 53 ragazzi
dell’Istituto Farina di Vicenza e vogliamo raccontarvi la nostra fantastica
esperienza estiva! Il primo giorno di
luglio siamo partiti dal piazzale della
nostra Scuola; destinazione la bellissima Valle Aurina, una delle ultime vallate italiane, al confine con l’Austria.
Il tema del nostro campo scuola era:
“Extra: alla conquista di uno spazio
per il futuro”. Sicuramente vi starete chiedendo il perché di un titolo
così particolare, e ce lo siamo chiesti
anche noi, fin da subito, quando durante la prima assemblea del gruppo
sono piovuti “dal cielo” dei piccoli
aeri colorati … Tranquilli, nessuna
catastrofe: erano dei semplici aerei di
carta, come quelli che ci divertiamo a
costruire durante l’anno scolastico in
classe quando non c’è altra alternativa a qualche noiosa leziosa! Ops …
Su ognuno di questi aerei era riportato il nostro nome: seguendo i vari colori degli aerei ci siamo così suddivisi
in sottogruppi. Perciò in un’ambientazione fantascientifica, attraverso le
Gruppo in attività
vicende di
quattro giovani allievi
di un’Accademia spaziale, abbiamo iniziato
il
nostro
viaggio nello spazio e
siamo stati
sballottati I partecipanti al Campo Scuola
su diversi
pianteti per fuggire dalla guerra stellare in atto sulla Terra. Dobbiamo
ammettere che la vita “da profughi”
non è molto simpatica: nei vari luoghi dove siamo giunti ci siamo dovuti
mettere in gioco in prima persona e
abbiamo potuto riflettere sulle difficoltà di inserirsi in realtà, usanze
e tradizioni completamente diverse
da quelle a cui siamo abituati. Piano
piano abbiamo imparato a superare i
pregiudizi e gli atteggiamenti di diffidenza che ostacolano un’approfondita conoscenza reciproca e che ci impediscono di
cogliere i
pregi di chi
ci sta attorno. E anzi
possiamo
ammettere
che è stato
divertente
atterrare su
altri pianeti
e conoscere
“persone
diverse”: da
ogni popolo
abbiamo imparato qualcosa di nuovo
e ci siamo resi conto che anche loro
hanno degli obiettivi buoni e delle regole che li aiutano a vivere meglio. Ci
ha accompagnato nel nostro viaggio il
nostro saggio maestro, il santo Giovanni Antonio Farina che aveva sempre dei consigli ad hoc. Fin dall’inizio
del nostro cammino ha continuato
a ripeterci: “L’amore di Gesù regni
sempre nel vostro cuore e se nei vostri
amici vi succede di vedere qualche
difetto non criticatelo ma cercate di
capirlo … e se non vi riesce di capirlo custoditelo nel vostro cuore e non
lasciate che esca!” Un bell’impegno,
non vi pare? Noi ci abbiamo provato
e ci stiamo provando ancora.
Oppure come quel giorno in cui
siamo finiti sul pianeta “Nabumbo”,
un posto strano in cui alcuni abitanti si sono accaparrati molti beni e a
tutti gli altri non resta quasi nulla e
vivono nella miseria. Quel giorno il
santo Farina si è un po’ arrabbiato e
la sua voce ci sembrava più forte: “Il
di più che hanno i ricchi è il necessario dei poveri! Voi accontentativi di
quello che avete: mangiate ciò che vi
TEMPO GIOVANE
23
viene messo davanti. Siate puliti ma
non ambiziosi; siate graziosi ma non
vanitosi!” Per fortuna alcuni giorni
siamo tornati sulla Terra; per esempio
venerdì 4 Luglio, giusto in tempo per
una gita fuori porta: una tranquilla
passeggiata nella graziosa città di San
Candido e poi pranzo a sacco sulle
sponde del lago di Dobbiaco. Contemplando la bellezza dell’acqua e
dei monti che vi si rispecchiavano in
qualche momento ci siamo chiesti se
davvero eravamo sul pianeta Terra o
in un altro luogo incantato dell’universo! Davvero “i cieli raccontano la
gloria di Dio!” Un altro bel momento
è stato Domenica 6 quando ci siamo
ritrovati in parrocchia attorno all’altare per celebrare la S. Messa: hanno
spezzato il pane con noi altri amici
provenienti da Busto Arsizio e da …
ed è stato bello accordarci per animare la liturgia e cantare insieme. Con
noi c’erano anche diversi genitori
venuti a salutarci. E dopo aver condiviso il Pane eucaristico abbiamo condiviso anche la mensa fraterna. I no-
Sulle sponde del lago di Dobbiaco (BZ)
stri fantastici “cuochi” Enzo e Oretta
Bertasi, Fernando e Piera Luini con
l’instancabile Barbara non si sono
lasciati scoraggiare e hanno pensato:
dove mangiavamo in 70 abbiamo aggiunto altri 50 posti! Incredibile ma
vero! Il pranzo è stato davvero luculliano e la gioia “rimbombava” fra le
montagne! Grazie amici cuochi! Lunedì c’è stata per noi una piccola sorpresa: gli animatori avevano organizzato una passeggiata da brivido: zaino
in spalla e via fino a Lutago dove –
suddivisi in piccoli gruppetti – siamo
saliti in funivia. La nostra ascensione
in pochi minuti ci ha condotto a 2000
metri! Un viaggio breve ma comodo
e piacevolissimo durante il quale abbiamo potuto godere di una stupenda
vista tra ripide balze erbose. Giunti
allo Speikboden siamo rimasti incantati: tutto verdissimo e un panorama
mozzafiato! Appena arrivati ci siamo
disposti in cerchio in questa meravigliosa Chiesa con il cielo per soffitto
e un'immensa distesa di erba giovane puntellata da fiorellini gialli. Che
incanto pregare con gli occhi fissi sul
cielo e contemplando gli Alti Tauri
innevati! La stazione a monte della
funivia Speikboden è anche il punto
di partenza per rilassanti escursioni:
perciò dopo la lode al Creatore abbiamo ripreso la nostra passeggiata che
ci ha condotto ad un grazioso rifugio,
giusto in tempo per permettere ad un
fugace temporale di fare il suo corso
e a noi di pranzare e di gustare le prelibatezze del luogo: canederli, speck e
dell’ottimo strudel o della sacher!
Totalmente diversa l'uscita di martedì 8 luglio: ci siamo andati alle miniere di Predoi e siamo entrati nelle
viscere della montagna per circa un
chilometro. Il viaggio nel trenino – a
metà tra l'avventura e la paura – ci ha
portati in una zona dove sino a qualche decennio fa molte persone si recavano per lavorare sodo anche 10 ore
al giorno al freddo (lì la temperatura
costante è di 7 gradi) e al buio illuminato solo da qualche lucerna, in condizioni fisiche disagiate. Oggi la miniera è aperta solo per visite turistiche
e per le cure terapeutiche ma è stato
interessante per noi ragazzi ripensare
alla fatica che i nostri antenati hanno
fatto in queste valli per guadagnarsi il
pane. In conclusione possiamo dire
di aver vissuto un’esperienza davvero
entusiasmante, arricchita da preziosi
e vivaci momenti di preghiera: tutto
rimarrà nei nostri cuori! Grazie Signore di quanto ci hai donato! Grazie
a voi Suore e ai fantastici animatori!
Grazie e … al prossimo anno!
I ragazzi della Scuola Media Farina
di Vicenza
TEMPO GIOVANE
24
Un grande campo-scuola
Dal 24 giugno al 1 luglio 2014 alcuni ragazzi frequentanti le nostre Scuole Primarie hanno partecipato ad un
Campo estivo. Ecco la testimonianza
di una mamma.
L’idea di seguire mia figlia al campo scuola non mi allettava in nessun
modo, lo ammetto.
Pensavo che sarei stata di intralcio
alla sua prima esperienza lontana da
mamma e papà, il suo primo assaggio
di emancipazione.
“Mamma ho trovato una soluzione per le medicine!” mi annuncia un
giorno soddisfattissima, “me le vieni
a dare tu”.
Da qui in poi non mi sono più potuta nascondere dietro alla scusa della
Tutti partecipano con intensità all’attività di gruppo
piena promozione verso l’autonomia.
Non avevo idea di cosa avrei dovuto fare “Vado con la mia macchina,
così posso farmi qualche giretto, metto un paio di libri in valigia; alla fine
sarà anche la mia vacanza..…”. Così
pensavo …, invece, fino a quando,
parcheggiata la 500 davanti all’hotel
Baden di San Giovanni in Valle Aurina, mi sono ritrovata a svuotare il bus
dalle scorte di cibo per l’intera settimana, in poi, non mi sono più fermata. Mia figlia l’ho intravista a mala
pena durante i pasti.
A parte l’ironia, questi sono solo
gli ingredienti essenziali.
Il risultato è il sorriso dei bambini,
la serenità con cui hanno affrontato
le loro prime esperienze senza l’ala
protettrice dei loro genitori, l’inarrestabile voglia di FARE, l’impegno
che ci hanno messo nel dimostrare di
sapersi comportare da “bravi” senza
che ci fosse qualcuno a ripeterglielo
ogni 5 minuti.
Sicuramente hanno sentito la mano
sicura delle due “locomotive” che
guidavano il convoglio vacanziero,
le due suore energiche, aiutate da 5
mamme tra le pentole, 1 papà addetto
alle attività sportive e 6 animatori.
Senza di loro i nostri figli si sarebbero sentiti più spaesati e molto più
lontani da casa.
Sperimentarsi un po’ più grandi,
assolvendo a compiti precisi, in una
giornata densa di attività, ma anche
di momenti di riflessione e preghiera,
è servita a questi bambini a tornare a
casa con un bagaglio pieno di esperienze belle e costruttive.
A me, da adulta, è servita per tornare a casa provata senz’altro dall’impegno fisico, ma consapevole del senso di soddisfazione che è in grado di
dare solo una piccola o grande fatica;
non solo, è servita a ritornare piena
di serenità per aver respirato energia
pura e positive guardando negli occhi
questi bambini, le suore, gli animatori
e la voglia di fare del gruppo di genitori con i quali ho riscoperto la gioia
del “mettersi a servizio”.
Ringrazio mia figlia per la sua richiesta; ringrazio suor Marcella, che
ha lanciato la proposta e che, insieme
a suor Carmelita, hanno reso possibile che il “Campo Scuola” insegnasse
qualcosa ad ognuno di noi.
Federica Cestaro
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FINESTRA SUL MONDO
Ricordo filiale
All’alba del 15 luglio 2014, nell’Ospedale di Vicenza, si è spento sua
Eccellenza Mons. Pietro Giacomo
Nonis, Vescovo emerito di Vicenza
(Italia).
Nei 18 anni del suo ministero episcopale, oltre che pastore buono e
padre intelligente per la comunità
cristiana, per la nostra Congregazione
egli è stato anche un vero amico.
Ci ha accompagnate in momenti
fondamentali di rinnovamento della
nostra Congregazione, sostenendo
la nostra vita spirituale, l’originalità
della nostra preghiera carismatica, richiamandoci spesso le linee operative
nella carità del Vescovo Farina, incoraggiando il percorso di studi sulla
sua vita santa. Forte è stato il suo incoraggiamento a mantenere viva nella
Chiesa l’esempio di santità del Farina, contribuendo autorevolmente alla
fase conclusiva dell'iter della Causa,
fino alla Beatificazione di questo "santo suo
predecessore",
come lo chiamava. Recentemente accolse
con profonda
gioia la notizia
della prossima
Canonizzazione, e volentieri
scrisse la nuova preghiera al
Vicenza, 07.09.1991, chiesa dell’Adorazione: in primo piano, a sinistra, il
Santo che definì papa san Giovanni Paolo II, al centro il vescovo mons. Pietro Giacomo Nouna "immagine nis e a destra il vescovo Andrea Pangrazio
vivente dell'amore di Cristo". È stato l'ultimo e va riproporre continuamente proprio
prezioso suo dono alla Causa del no- a noi, Suore Dorotee, con molto reastro Fondatore.
lismo, in modo sempre nuovo, come
esempio di orientamento a Dio, menDal 2003, per raggiunti limiti di tre invitava la gente a pregarla con
età, si è ritirato a Brendola (VI) nella fede autentica. Siamo grate in partiVilla dei Vescovi, dove varie Sorelle colare a suor Luisella Martini e a suor
della nostra Congregazione si sono Graziana Roviaro che gli sono state
alternate
per vicine in questi ultimi anni, quasi a
rendere
con- rappresentare le tante Sorelle vicine e
fortevoli le sue lontane, operanti nella Chiesa in Italunghe giornate lia e nelle varie Missioni. Lui conoscedi silenzio e di va le nostre Comunità missionarie, le
studio tranquil- visitava, sempre atteso e bene accollo, ma anche di to, le beneficava e le sosteneva spirisofferenza. Di tualmente, incoraggiando ogni Suora
tanto in tanto a restare lì dove il Vangelo chiama.
condivideva le Certamente oggi, dal Cielo, continuevarie ricorrenze rà ad aiutarci ed a seguirci con il suo
e celebrazioni sguardo intelligente e propositivo.
liturgiche con
Tutta la Congregazione esprime il
gli Ospiti del ricordo, la riconoscenza ed il cordoC.S.A. “Santa glio filiale in preghiera di suffragio. Vicenza, 02.02.1992, chiesa Cattedrale: mons. Pietro Giacomo Nonis
Bertilla”, la Sanfirma la chiusura del processo canonico del servo di Dio Giovanni Antosuor M. Emma Dal Maso
ta che Lui sapenio Farina, oggi santo
finestra sul mondo
26
Dialogo aperto
Il grande tendone bianco di “Ritmi e
danze nel Mondo” edizione di giugno
2014, iniziativa promossa dalla Diocesi
di Treviso, si è riempito all'inverosimile
e la voce forte e nitida di Shirin Ebadi,
prima donna araba Nobel per la pace
nel 2003, che rispondeva alle provocatorie domande di Giantonio Stella,
giornalista e scrittore, ha risuonato tra i
continui applausi della gente.
Nata in una famiglia di intellettuali
iraniani, nonostante fosse una donna,
ha potuto studiare legge e a 28 anni,
già giudice, è divenuta presidente di
una sezione del tribunale di Teheran
(ha presieduto anche il tribunale dei
minori). La carriera e la sua vita subiscono una drastica svolta con l'arrivo
della "rivoluzione" di Khomeini nel
1979. "Pensavamo che tutti saremmo
stati più felici con Khomeini, ma, e ricordo il giorno preciso, era l'8 marzo
1979, a meno di 40 giorni dal suo insediamento, arrivò a tutte noi impiegate
dello Stato l'ordine di portare il velo.
Fino a prima eravamo state libere di
vestirci come volevamo. Manifestammo nelle strade, io per una settimana
non andai al lavoro, ma dopo due mesi
dall'arrivo di Khomeini fui degradata
e divenni impiegata semplice in quello
stesso tribunale di cui ero stata presidente. Nel momento in cui persi non
solo la posizione, ma anche il lavoro,
dissi a me stessa che avrei dovuto fare
in modo che il regime prima o poi
avrebbe rimpianto il mio servizio! Mi
tuffai giorno e notte a scrivere e, lavorando più di prima, fondai due associazioni per la difesa dei diritti dei minori,
ma non potei continuare a lungo; fui
costretta a lasciare l'Iran con le mie
due figlie, lasciando lì mio marito, a cui
venne negato il passaporto, e mia sorella. Non appena le autorità capirono
che avevo lasciato il territorio iraniano,
confiscarono i miei beni, imprigionarono e torturarono mio marito. È stato
Treviso: l’intervento di Shirin Ebadi, prima donna araba Nobel per la pace, 2003
uno shock quando ho visto ciò che mio
marito (nel frattempo aveva perso 10
chili) è stato costretto a dire su di me...
io l'ho perdonato, perché lo amo, ma
fare giustizia non mi permette di stare
zitta". Commozione e applausi si mescolano ad un lungo silenzio di Shirin.
Giantonio Stella, emozionato, incalza
sull'Islam e lei risponde: "Sono ancora
musulmana credente e non sono in crisi. Ci può essere un imam liberale, abbiamo un clero moderno e riformista,
ma quello che dice non viene ascoltato
dalle autorità, perché non fa parte del
potere e del regime. Io come molti altri musulmani sono laica e credo nella
separazione dello Stato dalla religione.
Se Stato e religione vanno assieme, le
autorità interpretano come vogliono
la religione. È solo questione di potere
politico e di interpretazione del Libro,
scritto molti secoli fa: non può essere la
base del comportamento odierno senza una nuova interpretazione".
Il giornalista, ottimo analista dei
fenomeni sociali, porta ad esempio
i recenti casi di Merian, condannata perché aveva sposato un cristiano,
della donna pakistana lapidata dal padre, perché considerata adultera, della
giovanissima Malala, ferita a morte
per il suo desiderio di studiare. Shirin
controbatte in modo chiaro: "Tutte
le religioni hanno maltrattato le donne, perché interpretate dagli uomini;
è arrivato il momento che le donne
imparino a conoscere profondamente
l'Islam e ad interpretarlo. Le donne
possono cambiare il mondo islamico".
Riconosce poi senza problemi il ritardo
della riforma nella religione islamica:
“Potremmo avere anche noi un Papa
finestra sul mondo
27
Francesco! Certo i tempi delle riforme
non si possono decidere. Noi siamo in
ritardo, ma possiamo recuperare ‘saltando’! Le nuove tecnologie web ci
aiutano a fare grandi passi e non possono essere oscurate, perché i giovani iraniani sanno aggirare i veti posti dal regime". Il giornalista insiste: "Di fronte
alle donne che per tradizione vengono
condannate, si sente più offesa come
donna o come mussulmana?". La risposta è senza esitazioni: “Come essere
umano! Ed il rispetto della tradizione
deve fermarsi assolutamente lì dove
viola i diritti umani universali; non c'è
indulgenza, e se questa esiste da parte
di Paesi occidentali verso alcuni Paesi
arabi, è spesso dettata da interessi economici". La speranza non viene meno
nelle parole di questa coraggiosa donna musulmana iraniana in "esilio", con
cittadinanza statunitense. È convinta
che "vinceranno i buoni, ma ci vuole
tempo, ed il mio pensiero vincerà sui
fondamentalismi, sia io viva o morta,
perché il pensiero è ciò che più conta!
Le religioni sono state create per la
felicità degli uomini e delle donne, non
per moltiplicare i problemi". Il giornalista quindi afferma: "Lo sa che ha fatto una citazione di Papa Francesco?".
Shirin semplicemente ribatte: "Sono
felice che ciò che stiamo dicendo sia
molto simile".
Shirin Ebadi ha avuto il coraggio
di osare l'impossibile. E recentemente
anche Papa Francesco, nell’incontro
storico in Vaticano, ha accolto insieme
le varie religioni, sottolineando che per
fare la pace ci vuole coraggio.
Annalisa Milani
Parole di papa Francesco per invocare la pace
Dai Giardini Vaticani,
domenica, 8 giugno 2014
Signore Dio di pace, ascolta la nostra
supplica!
Abbiamo provato tante volte e per
tanti anni a risolvere i nostri conflitti
con le nostre forze e anche con le nostre armi; tanti momenti di ostilità e di
oscurità; tanto sangue versato; tante vite
spezzate; tante speranze seppellite…
Ma i nostri sforzi sono stati vani. Ora,
Signore, aiutaci Tu! Donaci Tu la pace,
insegnaci Tu la pace, guidaci Tu verso
la pace. Apri i nostri occhi e i nostri
cuori e donaci il coraggio di dire: “mai
più la guerra!”; “con la guerra tutto è
distrutto!”. Infondi in noi il coraggio
di compiere gesti concreti per costruire
la pace. Signore, Dio di Abramo e dei
Profeti, Dio Amore che ci hai creati e
ci chiami a vivere da fratelli, donaci la
forza per essere ogni giorno artigiani
della pace; donaci la capacità di guardare con benevolenza tutti i fratelli che
incontriamo sul nostro cammino. Rendici disponibili ad ascoltare il grido dei
nostri cittadini che ci chiedono di trasformare le nostre
armi in strumenti
di pace, le nostre
paure in fiducia e
le nostre tensioni
in perdono. Tieni
accesa in noi la
fiamma della speranza per compiere con paziente perseveranza
scelte di dialogo e
di riconciliazione,
perché vinca finalmente la pace.
E che dal cuore di
ogni uomo siano
bandite queste parole: divisione, odio,
guerra! Signore, disarma la lingua e le
mani, rinnova i cuori e le menti, perché
la parola che ci fa incontrare sia sempre
“fratello”, e lo stile della nostra vita diventi: shalom, pace, salam! Amen.
VITA DI CONGREGAZIONE
28
Preghiera continua
Nel calendario liturgico per la città
di Vicenza c’è un evento da ricordare
in modo particolare: il 23 luglio ha concluso l’anno celebrativo della apertura
al pubblico 100 anni fa della Cappella
dell’Adorazione Perpetua a Vicenza in
Via S. Domenico. Nel corrente anno,
ogni Comunità ha potuto godere del
supporto spirituale con cui la Comunità delle Suore Riparatrici ha sostenuto
la vita delle nostre Province Religiose,
con attenzione ad ogni Sorella operante come Suora Dorotea, Figlia dei SS.
Cuori, in ogni parte del mondo. Tale
vicinanza e collaborazione continuerà
sicuramente. La celebrazione ha acquistato un tono solenne in particolare
nella giornata conclusiva del 23 luglio
scorso. A richiamare il significato di
questo dono, affidato alla Congregazione, ma aperto e accessibile a tutta la città di Vicenza e a quanti sono
devoti dell’Eucaristia, alleghiamo una
parte storica riportata nel libro: “Madre Azelia Dorotea Farinea”, stampato dalla Tipografia Rumor nel 1943.
La rilettura di
alcune tappe
storiche della
nostra famiglia religiosa
può
essere
un’attività gradita e anche
condivisa. Al
di là del linguaggio aulico
ed entusiasta F.Marzot: bassorilievo sulla facciata della Chiesa dell’Adorazione perpetua, Vicenza 1914
con cui la Cronaca di quell’evento è redatta, si può è stata una preparazione particolare
cogliere il senso della fede che ha mos- alla giornata del 12 agosto, data in
so la Congregazione a compiere gesti cui fin dal 1897 la Congregazione ha
coraggiosi di fede e di apertura che iniziato l’Adorazione Perpetua nella
superano la soggettività delle singole Chiesa dei Sacri Cuori con l’appropersone. Abbiamo varie testimonianze vazione del vescovo di allora mons.
del tanto bene che l’Eucaristia suscita Antonio Feruglio. Per l’occasione è
nel cuore e nella vita di coloro che pas- stata anche predisposta una immagine
sano, sostano e vanno, in tutte le ore eucaristica, con una breve preghiera
del giorno e ad ogni stagione, accolte contemplativa dell’Eucaristia, tratta
anche da una Comunità che sostiene dagli scritti del Fondatore.
questa dimensione apostolica specifisuor M. Emma Dal Maso
ca. Inoltre la celebrazione del 23 luglio
La fede di ieri nella storia di oggi
Si tratta di una raccolta di scritti e
di comunicazioni, probabilmente ad
opera di suor Assunta Tura, edito dalla Tipografia Pontificia Vescovile S.
Giuseppe, G. Rumor – Vicenza 1943,
pagg. 163 -168. In esso sono raccolti
comunicazioni e scritti redatti da Madre Azelia Dorotea o da chi raccoglieva le sue esortazioni. Riportiamo qui
qualche pagina – quasi una Cronaca in cui sono evidenziati i momenti più
importanti che hanno caratterizzato:
la preparazione prossima, l’evento
dell’inizio della Adorazione Perpetua, la descrizione della cappella, la
solenne celebrazione di inizio, il richiamo significativo alla presenza di
Maria Immacolata, con il testo della
Approvazione della Adorazione Perpetua da parte del Papa Pio X. Da tenere presente che dal 22 al 26 luglio
1914 si tenne a LOURDES, in Francia, il Giubileo d'argento del Movimento Eucaristico Internazionale.
"Ora, o figlie dilettissime, uniamoci
nello spirito e facciamo nostri tutti gli omaggi che si daranno a Gesù
Eucaristia e alla Vergine Immacolata
in questa solennissima occasione del
Congresso Eucaristico a Lourdes “É
un avvenimento mondiale e l’Istituto
nostro, per una grazia singolarissima, ha il bene di parteciparvi in una
forma tutta particolare. Vi premetteremo un triduo di silenzio, di raccoglimento e di preghiere. La mattina
29
del 22 (luglio), noi saliremo in pellegrinaggio al colle Berico per implorare sul Congresso e sull’Opera
dell’Adorazione pubblica, la materna benedizione di Maria, voi unitevi
nella S. Comunione.
La mattina del 23 alle 7 e mezzo si
trasporterà processionalmente il SS.
dall’Istituto alla nuova Cappella. Il
SS.mo sarà portato dal Vescovo e
corteggiato da tutti i Sacerdoti della città e i membri dell’Istituto. Si
stabilirà poi un turno di adorazione
per tutti i quattro giorni e ogni sera
si darà la benedizione in forma solenne. Il padre – Mons. Giovanni M.
Viviani - desidera che voi facciate nei
giorni cinque del Congresso un’ora
di Adorazione col SS. esposto nella
vostra Cappella. Fate le necessarie
pratiche presso i Sacerdoti dai quali
dipendete”.
23 luglio 1914. Il giorno tanto sospirato da una folla di anime amanti
dell’Eucaristia, da tutte le Suore e
soprattutto dalla Madre, la zelatrice
indefessa dell’opera, è finalmente
sorto. L’Adorazione pubblica perpetua è per l’Istituto ed anche per
Vicenza una dolce, una perenne
consolantissima realtà. Ed è segnata
da un’impronta magnifica, indelebile, di vero trionfo eucaristico, di
adorazione effettivamente pubblica
prestata all’Ostia adorabile nel suo
giro trionfale lungo le vie di uno dei
più popolati e popolari quartieri della nostra città, prima che sia posata
sul trono sfavillante nella Cappella
apprestatale da affetto generoso di
VITA DI CONGREGAZIONE
cuori, da genialità artistica di menti
elette, da magistero di esecuzione.
Come scrive Mons. Rumor “la chiesa, che è senza facciata, si presenta
all’esterno quasi come una piccola
ed elegante casa privata. Solamente
essa ha, sopra la porta, un bell’altorilievo in marmo con quattro angeli
in atto di adorazione davanti a Gesù
nascosto nell’Ostia e delle leggere
inferriate, ornate di simboli, alle finestre: e questi sono un po’ i segni
della chiesa. Ma, varcando l’atrio, e
posto il piede nella cappellina, quale
sorpresa, quanto piacere spirituale!
L’ambiente è soffuso di una luce discreta, di un fluido azzurro in molteplici riflessi, che illumina un folto
stuolo di figure e di testine d’angeli,
La facciata della chiesa dell’Adorazione perpetua
prima del restauro
florilegio di simboli eucaristici, di
laudi, di versetti, di salmi, di cantici
di lode e di gloria, di adorazione, di
benedizione a Gesù in Sacramento,
presi al libro ispirato del Salmista e
alle pagine più calde e soavi dei nostri Santi.
Già alle 6.30 S. Ecc Rev. ma Mons.
Vescovo s’era recato alla chiesa interna dell’Istituto per la S. Messa della
Comunità e per la S. Comunione. Al
Vangelo S. Ecc. – il Vescovo Ferdinando Rodolfi - faceva alcune dotte e
profonde considerazioni sull’Eucaristia, dimostrando come Gesù Cristo
è veramente cibo della mente e del
cuore nel SS. Sacramento dell’altare.
Entrò a dire dell’avvenimento che
stava per inaugurarsi – l’Adorazione
pubblica perpetua –esprimendo il
suo vivo plauso all’Istituto, perché,
pur essendo Famiglia Religiosa di
vita attiva, dava attuazione anche a
quella parte di programma spirituale
che è tutto proprio di talune elette
Famiglie Religiose di vita contemplativa. “ Bene accoppia, continuò S.
Ecc., l’Istituto Farina, le funzioni di
Marta e di Maria nel S. Vangelo”.
Il corteo cominciò a sfilare alle 7.50,
ordinandosi nel cortile dell’Istituto:
sono le educande biancovestite, le
sordomute, le disabili, le convittrici, le ancelle di Maria, le probande,
le novizie seguite dalla Superiora
Generale che, fra le altre Suore, è
raggiante di santa gioia per vedere
pago il fervido voto germogliato con
tanto impeto e coltivato con incontrollabile fede nel suo cuore generoso. Seguono poi la Confraternita del
VITA DI CONGREGAZIONE
30
SS. Sacr. di S. Pietro, i Padri Francescani, un folto stuolo di Sacerdoti
della città e i Canonici della Cattedrale. Sotto il baldacchino incede S.
Ecc rev. ma Mons. Vescovo, reggente
la sfera che accoglie nel centro raggiante Gesù in Sacramento. L’Ostia
adorabile entra nella cappella, dopo
l’ampio giro del corteo attraverso la
stradella del Romano, Via Fontanella, ora IV Novembre, Via S. Domenico, e finalmente le nubi minacciose
da un’ora, lasciano cadere le prime
gocce di pioggia, che si risolve presto
in torrenti d’acqua refrigerante.
L’Ostia radiosa all’entrare in cappella
è salutata dalle note esultanti del Magnificat: è Maria, è l’Immacolata che
attende Gesù dal suo trono, che ripete per bocca delle sue figliuole l’anno
di gratitudine che il Signore le pose
sulle labbra nella visita a S. Elisabetta.
L’ostensorio è posto sull’altare e l’onore di collocarlo sul trono è dovuto
Il trono di Gesù Eucaristia come era nel 1914
al geniale architetto, all’immaginoso
suscitatore di quel gioiello di cappella che incanta di meraviglia, a Mons.
Bortolan. Ed egli infatti sale esultante i gradini del retroaltare e depone
riverente sul trono la sfera entro cui
è Gesù. S’inchina
intanto che lagrime dolcissime gli
bagnano il viso, e
discende: l’Adorazione pubblica perpetua è inaugurata.
Dalla tribuna, quasi
invito soave di celesti messaggeri, si
sprigiona il canto:
“Venite gentes et
adorate Dominum,
quia hodie descendit super terram lux
L’interno della chiesa dell’Adorazione perpetua con le suore in preghiera
magna”. Mons. Ve(prima del restauro)
scovo, dopo breve
adorazione, si ritira: dall’abside entrano le quindici ancelle di Maria a cui
spetta l’onore della prima visita quali
rappresentanti della celeste Regina.
Dal quel momento, ogni ora della
giornata, due suore si danno ininterrottamente il cambio per adorare,
amare e consolare il Cuore Sacratissimo di Gesù. L’ora si apre col “Pange
lingua”, l’inno sublime dell’Eucaristia, e si chiude col “Magnificat”, il
cantico della riconoscenza. Il metodo di preghiere, l’ordine da seguirsi,
tutto è stato accuratamente studiato
e preparato con tanta delicatezza
d’amore dalla Madre. A conforto di
tutti, Mons. Direttore poté assistere
dalle sue stanze, alzato, alla sfilata del
corteo e ricevere, a funzione finita, la
visita di congratulazione di S. Ecc. il
Vescovo e dei suoi confratelli Canonici. A comune soddisfazione, poi, la
Rev. ma Madre lesse il seguente autografo arrivato da Roma:
Approvazione dell’Adorazione Perpetua Pius P.P. X
Encomiando, come merita, la santa
risoluzione del diletto figlio G. M.
Viviani e dell’egualmente diletta, la
Superiora e le Suore dell’Istituto Farina, accordiamo a quelli che faranno
durante il giorno un’ora di adorazione innanzi a Gesù Cristo esposto,
l’indulgenza di sette anni, e alle Suore che veglieranno la notte innanzi a
Gesù C. chiuso nel Tabernacolo l’indulgenza plenaria applicabile l’una e
l’altra ai defunti e impartiamo a tutti
con particolare affetto l’apostolica benedizione.
Dal Vaticano, 24 maggio 1913
VITA DI CONGREGAZIONE
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Incontro con Gesù
Siamo una Comunità che vive nel
Friuli e precisamente a Buja, in provincia di Udine. Il nostro paese è circondato da montagne ed è immerso
nel verde. La nostra comunità è guidata da due Sacerdoti molto bravi
e di grande fede. Quest'anno nella settimana che precede il Corpus
Domini, per la prima volta il nostro
sacerdote ha organizzato una veglia
di preghiera diurna e il sabato anche
notturna dove il Signore non è mai
rimasto solo. Tutti abbiamo trovato
il tempo di sostare davanti a Gesù.
Ogni sera il nostro Don Alberto chiudeva la giornata con i vespri cantati
e partecipati dal popolo. Il sabato
sera poi ha illuminato il Tabernacolo da tantissime candele, un'emozio-
ne indescrivibile, da togliere il fiato!
Gesù Eucarestia lì presente in mezzo
a noi. In quella settimana ci siamo resi
conto che adorare Gesù ci riempie di
gioia, che è un grande dono che il Signore ci ha fatto. A volte andiamo in
vari Santuari alla ricerca dei miracoli,
dimenticando che ogni giorno il miracolo più grande avviene nella Divina
Eucarestia, dove Gesù si dona a noi
in Corpo e Sangue e aspetta da noi
il nostro sì. La gioia più grande per
noi cristiani è l'incontro con Gesù nel
cuore. Ci è piaciuto condividere con
i lettori del Bollettino di S. Bertilla
questa esperienza avendo con noi tre
Suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori
di Vicenza.
Marina
Partenza per il cielo
Il 23 agosto 2014 suor Inés Torres
Cordova ci ha lasciate. “Sono la figlia prediletta del Fondatore” ripeteva suor Inés, quando prese coscienza
del grande dono che il Padre le aveva
fatto, salvandola da una malattia gravissima e mortale, regalandole altri
quarant’anni di vita.
Per lei, inconsapevole della gravità
del suo male, avevano pregato tutte
le sorelle dell’America Latina, dietro
suggerimento della superiora suor
Anna Ancilla, con novene al Fondatore, recitate più volte al giorno con
le braccia alzate. E quando suor Inés
aveva conosciuto occasionalmente
la sua diagnosi, dopo un primo momento di disperazione, si era unita
alla preghiera della comunità, chie-
dendo intensamente al Padre quella
guarigione che poi è stata riconosciuta come miracolo dagli Officiali
del Vaticano.
Ricordo la sua emozione e il suo
tremore, mentre reggeva la reliquia
del “suo” Fondatore, portandola in
processione durante la Messa della
Beatificazione. In tutti questi anni
il beato Giovanni Antonio l’ha condotta per mano, guidandola nella
sua missione generosa ed entusiasta
di religiosa educatrice, in Spagna e in
Colombia. Siamo certe che sia stato
lui ad aprirle la porta, questa notte,
chiamandola a entrare nel cielo della
sua Carità, insieme ai santi e beati.
Perché in questa vigilia della Canonizzazione, suor Inés poteva pure
Roma, 4 novembre 2001: suor Inés porta la
reliquia del vescovo Giovanni Antonio Farina
durante la celebrazione della beatificazione
andare. La sua testimonianza e la sua
missione tra noi di “figlia del miracolo” era ormai terminata.
Suor Albarosa Bassani
VITA DI CONGREGAZIONE
32
Estate 2014: ricordi ed immagini
La Madre, suor Emma Dal Maso,
ha ricevuto una confortante e-mail,
eccola qui riportata e, di seguito la
sua risposta.
Mi presento: sono la Dott.ssa Daniela Galimberti, oculista del Policlinico di Milano. Ho partecipato
alle numerose missioni oftalmologhe ad Alépé in Costa d’Avorio e mi
sono sentita in dovere di scriverle
due righe.
È da tanto tempo che desideravo
farlo ma al ritorno da Alépé si viene
sepolti dal lavoro e dagli impegni
universitari momentaneamente accantonati. Io devo ringraziare Lei e
tutte le sue Consorelle per il grande
esempio di carità, di amore, di umiltà, di grande discrezione e disponibilità al servizio dei più poveri.
Non è stato sicuramente facile
per me partire la prima volta per
Alépé nel maggio 2012. Non avevo
mai lasciato marito e figlia.…abbiamo sempre condiviso le nostre esperienze, le nostre vacanze.
Questa volta invece partivo da
sola … avevo risposto all’invito della Dott.ssa Tognon che mi aveva più
volte domandato se fossi disposta
ad aiutarla nelle sue missioni.
Sono partita senza aspettative,
ero pronta ad affrontare e ad adattarmi a qualsiasi situazione… il mio
unico dubbio e timore era quello di
non essere in grado, di non essere
all’altezza di affrontare le differenti
patologie che avrei incontrato.
Mai avrei immaginato di poter visitare così tanta gente ogni giorno,
quasi senza sentire la stanchezza.
La dott. ssa Daniela Galimberti e tutto lo staff medico del servizio di oftalmologia in Alépé (Costa d’Avorio) e
ragazzi del Centro sempre pronti ad imparare cose nuove
In realtà è stato grazie a suor Adéline, suor Tiziana, suor Céline, suor
Justine, suor Grazia e tutte le altre
consorelle che mi sono sentita a
casa, nel mio ambulatorio.
È stato facile poi mettere a disposizione le mie conoscenze, la
mia esperienza professionale, per
diagnosticare, curare, ed insegnare
a chi mi affiancava in ambulatorio
le nozioni indispensabili per poter
continuare a visitare dopo la nostra
partenza.
Ho imparato a guardare e sorridere pensando “Dio vede, Dio
provvede” di fronte alle centinaia di
persone che arrivavano tutti i giorni
dai villaggi più lontani. Il loro fardello di problemi e di povertà è accompagnato però da grande e dignitosa umiltà, pazienza nell’attesa di
essere visitati, fiducia e speranza di
trovare un aiuto che qualche volta
purtroppo a causa della gravità del
caso non si è in grado di affrontare.
Sono ormai alla sesta missione,
l'ambulatorio che seguo in prima
persona e la sala operatoria con la
Dott.ssa Tognon, grazie a tutti sono
diventati due luoghi dove i pazienti possono essere seguiti con uno
standard europeo: è forse per loro
l’unica possibilità per essere dignitosamente seguiti, visitati, operati.
È tutto questo una continua
esperienza che permette di crescere,
ci insegna ad essere umili, ad essere
grati verso la vita, verso il Signore
che ci accompagna.
Tutte le sue Consorelle sono la
testimonianza di come il prendersi cura dei bambini, dei più biso-
33
gnosi, a prescindere dalla religione
professata, il farsi carico delle innumerevoli richieste di assistenza è
sicuramente un grande esempio ed
una importante testimonianza del
messaggio cristiano.
Si prova una grande gioia ogni
volta che si torna ad Alépé: ci sono
tutte le Suore sempre pronte ad accoglierti a braccia aperte, i ragazzi
del centro pronti ad imparare cose
nuove, i pazienti stessi che ritornano per i controlli: ti salutano, ti
aspettavano… ed è come se tu li
avessi visti il giorno prima.
Ho imparato da tutte VOI a sentirmi vicina alla gente quando le
loro speranze, i loro sorrisi (perché
hanno riacquistato la luce) diventano anche i nostri sorrisi; quando
si imparata dalla loro esperienza,
La dott. ssa Daniela Galimberti mostra a tre
ragazzi ivoriani la macchina fotografica
VITA DI CONGREGAZIONE
In attesa della visita medica presso il Centro in Alépé (Costa d’Avorio)
quando ci si racconta qualcosa e si
ride insieme, quando ti invitano a
cena, mangi con le mani come loro
e ridono di te; quando ti ringraziano
dicendo: prego per te.
Ho imparato a riconoscere quanto tutti loro hanno da insegnarci
con la loro straordinaria accoglienza, la loro fiducia e la loro grande
capacità di accettare ogni giorno ciò
che la vita loro riserva, sia che tratti
di avvenimenti dolorosi o gioiosi.
Come non imparare e riflettere
di fronte ad una giovane mamma ,
cieca dall’infanzia, che accompagna il suo bimbo denutrito presso il
centro dopo aver percorso da sola
senza accompagnatori ben 15 chilometri ed alla domanda: “ Ma come
ha fatto ad arrivare sin qui?” , la sua
risposta è stata: “ È il Signore che
mi guida”. Sono parole che non si
possono dimenticare…
È tanto il lavoro che in ambulatorio ed in sala operatoria viene
svolto ininterrottamente dal mattino a sera.
Lo si affronta con serenità; la
stanchezza la si avverte solo al rientro in Italia. Sono un migliaio le persone visitate e centinaia quelle che
vengono operate ad ogni missione.
Sono casi complessi e difficili che
richiedono spesso un’elevata concentrazione.
È una fortuna poter contare sulla
collaborazione di tutti e soprattutto
sulla presenza di suor Tiziana che
ci affianca nel gestire tutte le patologie infettive e gravi che vengono
diagnosticate in ambulatorio.
Ci stiamo impegnando anche sul
fronte della formazione, insegnando ai ragazzi con l’aiuto delle Suore che ci affiancano in modo che
la scuola di carità e di dedizione ai
VITA DI CONGREGAZIONE
più bisognosi possa tradursi anche
in lavoro di continua assistenza ai
problemi oculari che sono le patologie più invalidanti del continente
africano.
È certo che il vostro lavoro nel silenzio e nella più grande dedizione
per il più povero, è un lavoro senza
confini ed è continua testimonianza
di fede, di carità, di amore grande,
di estrema fiducia in Lui e nella
provvidenza. Grazie per tutto quello che ci insegnate. Grazie per il privilegio di poter partecipare a questo
progetto ad Alépé. Sto preparando
un libro fotografico su Alépé , mi
piacerebbe poi incontrarla per poterglielo donare.
La risposta
Daniela Galimberti
Carissima Dott. Daniela Galimberti, non la conosco, ma suor Tiziana mi segnala spesso il suo nome
Alépé (Costa d'Avorio): lo staff medico del centro
34
Visita oculistica della dott. ssa Daniela Galimberti
come quello di persona amica, e
nello stesso tempo, di persona molto apprezzata per la competenza e
per la dedizione generosa verso le
persone in necessità.
Quando sono andata ad Alépé
suor Tiziana sognava il suo/vostro
ritorno, anticipando al suo cuore la
gioia di tanto bene che sarebbe stato compiuto, quando l'équipe dei
Medici sarebbe andata “tra la sua
gente”. La ringrazio, non solo per il
bene fatto, ma soprattutto per la sua
testimonianza di gratuita dedizione
ai piccoli, ai poveri, ai sofferenti per
i quali il Signore chiama ogni Suora Dorotea a vivere ogni giorno. E
quando la gratuità è condivisa con
altri fratelli e sorelle, ogni Suora
Dorotea è ancora più “dorotea”, ossia “dono di Dio”.
La ringrazio per la gioia che il vostro servizio ha diffuso anche tra le
Sorelle più giovani, mostrando loro
la bellezza di una missione umanitaria, oltre che caritativa secondo il
Vangelo di Gesù.
In attesa di conoscerla, la ricordo
con riconoscenza nella mia preghiera e la saluto cordialmente. Chissà
che in qualche momento non ci incontriamo anche in missione?
suor M. Emma Dal Maso
VITA DI CONGREGAZIONE
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Una presenza vitale
Anche quest’anno un gruppo di
tecnici e volontari dell’Associazione
“Progetto Alépé” di Monticello di
Fara (VI) ha portato aiuto diretto
nella Missione delle Suore Dorotee
di Alépé (Costa d’Avorio) trascorrendo - dopo Pasqua - un periodo di
tre settimane di intenso lavoro nella
Missione stessa.
Ad un mese dal rientro è sempre viva
nella nostra mente e nei nostri pensieri la disastrosa situazione in cui
versa la popolazione ivoriana per il
permanere, se non per l’aggravarsi,
delle malattie, della emarginazione,
dell’analfabetismo, della disperazione, della povertà e della fame, causate anche da una sanguinosa guerra
civile solo ufficialmente terminata
appena tre anni fa.
Abbiamo constatato ancora una volta quanto siano preziosi la presenza e
l’azione delle Suore Dorotee - unico
baluardo di speranza per tantissima
gente in mezzo a tanta disperazione - ed il supporto dell’Associazione
Progetto Alépé per contribuire a garantire continuità alle strutture sanitarie, scolastiche e sociali avviate in
questi quasi trent’anni di loro permanenza laggiù. II materiale giunto
a Natale con due capienti conteiner
ha permesso di creare un po’ di
scorta di generi alimentari durevoli per la popolazione più povera; di
ripristinare il magazzino del Centro
Nutrizionale per bambini denutriti
con latte in polvere, farine, omogeneizzati; di avere a disposizione un
po’ di medicinali per i poliambulatori gestiti direttamente dalle Suore
(CESDA 1 e CESDA 2) e per l’ospedale; di poter contare sulla disponibilità di vestiario usato, giocattoli,
materiali e strumentazione medica.
Un grande aiuto è arrivato anche per
le scuole della Missione e per il Collegio convitto “Mons. Farina” grazie
ai fondi raccolti presso le scuole di
Sarego (VI) e Lonigo (VI).
Ma la permanenza del gruppo di
volontari era finalizzata anche alla
manutenzione e miglioramento di
alcune strutture: si è provveduto infatti ad isolare dalle radiazioni, con
appositi pannelli in piombo, la sala
radiologica; a creare con elementi in
cartongesso una camera oscura per
lo sviluppo delle lastre radiografiche; a rifare - mettendo in sicurezza
e continuità di alimentazione - l’impianto elettrico del laboratorio analisi. La componente femminile del
gruppo, oltre a riordinare i medicinali, ha provveduto a confezionare
le tende delle finestre dei poliambulatori e delle strutture abitative,
valorizzando tele e tessuti donati da
benefattori del settore.
Abbiamo faticato a causa del caldo
e dell’umidità, ma con tanta soddi-
La scorta di generi alimentari
sfazione, stimolati da una vitalità
sorprendente di tutte le Suore ed in
particolare della nostra concittadina
suor Tiziana Maule che - medico
pressoché sempre in servizio- non
conosce riposo, impegnata anche
a trovare soluzione ai più disparati
bisogni per i quali la popolazione
locale vede in Lei un interlocutore
concreto.
L’esperienza appena conclusa ci induce ad incoraggiare ulteriormente
tutti i volontari dell’Associazione nel
continuare nella azione di supporto
della Missione con la raccolta fondi e
generi diversi: le Suore Dorotee sono
garanzia di sicuro soddisfacimento
delle intenzioni di tutti i donatori e
benefattori.
Un grande grazie a tutte le Suore
della Comunità di Alépé per I’accoglienza e ospitalità riservataci.
Giuseppe Rossetto
VITA DI CONGREGAZIONE
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Un rinnovato “eccomi!”
Il giorno 27 agosto 2014, presso Casa
San Giuseppe a Vicenza, Suor Iva Lima
de Jesus (brasiliana) e Suor Maria Cappelletto (italiana) hanno celebrato il
25° Anniversario di Professione religiosa.
Con grande commozione, al termine
degli Esercizi spirituali ignaziani, abbiamo rinnovato il nostro “Eccomi Signore!”, nella significativa ricorrenza
dell’Anno in cui l’amato Padre Fondatore Giovanni Antonio Farina viene proclamato “Santo”. Egli continua
ad essere per noi sue Figlie, ad immagine di Gesù, vero “pastore e guida”
all’incontro d’amore con i Sacri Cuori
di Gesù e di Maria. In questo giorno
abbiamo sentito riecheggiare il suo
affetto, il suo insegnamento ed il suo
mandato: “Andate vere apostole… io
vi accompagno!”.
Abbiamo così voluto esprimere viva
gratitudine ai nostri genitori per il
prezioso dono della vita e della fede
ricevuti; alle nostre Superiore, in particolare a Madre Emma, e alle Suore
formatrici che ci sono state vicine
nella nostra crescita con saggezza e
pazienza; alle comunità con le quali
condividiamo la quotidiana esperienza della presenza del Signore; a tutte
le consorelle presenti alla celebrazione ed ai relatori del Corso di Esercizi
Sara Staffuzza e Don Gian Battista
Rizzi, esperte guide attente al soffio
dello Spirito. Il nostro cuore è abitato dal desiderio che la nostra Famiglia religiosa, fedele al patrimonio del
Carisma ricevuto, sappia tramandarlo
e rinnovarlo nell’oggi della storia. È
abitato inoltre dal sentimento di fraternità che lega ogni Figlia dei Sacri
Cuori “come rami d’ulivo intorno alla
mensa”, poiché questa comunione
ci spinge a farci prossimo nelle “periferie” del mondo dove il Signore ci
invia. La gioia di questa festa ha riempito il nostro cuore per riprendere fiduciose il cammino nella nuova tappa
di vita, cantando con Maria: “Magnificat!”.
Suor Maria e Suor Iva
Da sinistra:
suor Agnese Segalla
(superiora provinciale),
suor Maria, Don Gian
Battista Rizzi, suor Iva,
suor Emma Dal Maso
(superiora generale)
37
VITA DI CONGREGAZIONE
Nuove promesse della terra d'India
Siamo le juniores della provincia di
India e vogliamo condividere con voi
quello che è stato il nostro cammino
formativo. Il 29 aprile 2014 noi juniores ci siamo incontrate in Archana per trascorrere insieme il mese
intensivo di formazione. Eravamo 26
juniores provenienti da diversi parte
dell’India. Ed è stato bello e emozionante ritrovarci dopo un po’ di tempo per rinsaldare il nostro rapporto
d’amore con il Signore e tra noi.
Questo incontro era tanto e tanto
atteso e desiderato da tutte noi. Un
mese tutto dedicato per noi e per la
nostra formazione umana, spirituale
e carismatica. Il corso è stato iniziato
con una liturgia animata dalle suore
della comunità di Archana, in seguito da un incontro con la superiora
provinciale Sr. Liya Karumancheril.
Durante questo corso abbiamo avuto tante lezioni dalle nostre suore
senior. Ci hanno fatto riflettere ed
approfondire in profondità gli scritti
del nostro Padre Fondatore Giovanni Antonio Farina. Le suore ci hanno
trasmesso con passione i valori carismatici e spirituali. Abbiamo avuto
anche delle lezioni sulla formazione
della coscienza morale. Il lavoro più
bello e interessante è stato il lavoro
dei gruppi fatto sui vari argomenti.
Ci siamo arricchite in tutti i sensi.
Abbiamo avuto anche la gioia di rinnovare i nostri santi voti al Signore.
Alla metà del nostro corso formativo
abbiamo avuto un corso di Esercizi
Spirituali guidato da un sacerdote
carmelitano, tempo privilegiato di
preghiera, riflessione e valutazione
alla luce della parola di Dio.
Ringraziamo il Signore per quanto di
buono è stato gratuitamente donato
a noi. Terminati gli esercizi spirituali abbiamo ripreso la preparazione
festosa per la professione perpetua
delle nostre otto sorelle. Il 17 maggio
otto suore juniores hanno emesso la
loro donazione in perpetuo. Festa
grande per noi e per la nostra Congregazione! Ancora non è finito…
Ci sono stati anche dei momenti di
sollievo fisico. Siamo andate al mare
arabico e ci siamo divertite!
Un grazie alla nostra carissima Madre
e al suo consiglio, un grazie anche alla
nostra carissima superiora provinciale Sr. Liya e al suo consiglio e a tutte le
sorelle che ci ha fatto gustare questo
tempo di grazia. Un grazie particolare
a Sr. Gracy Alamkott che è stata sempre vicina a noi per tutto questo periodo. Ora ci sentiamo tutte rinnovate
per trasmettere l’amore misericordioso del Cuore di Gesù a tanti fratelli
sparsi nel mondo.
Le juniores dell’India
VITA DI CONGREGAZIONE
38
Sì, per sempre
Per la Congregazione delle Suore Maestre di S. Dorotea, figlie dei S. Cuori,
in particolare per la provincia Indiana
il 17 maggio 2014 è stato un grande
giorno di lode e di ringraziamento al
Signore. 8 suore juniores hanno fatto
la loro professione perpetua al Signore. Un grande Sì offerto al Signore in
una celebrazione tanto solenne quanto gioiosa e piena di calore. I genitori,
i parenti, tanti sacerdoti e suore erano
presenti a testimoniare il dono grande che loro hanno presentato a Dio
Buono. Sua Eccellenza Mons. Jose
Puthenveettil, Vescovo di Ernakulam, con la presenza di diversi sacerdoti ha presieduto la solenne celebrazione Eucaristica. Nella sua omelia il
vescovo invitava soprattutto i genitori
presenti a non organizzare la vita dei
figli puntando solo su valori terreni e
umani ma, di porre alla base di questa, valori spirituali che possono dare
senso profondo al proprio essere. È
stata una cerimonia molto sentita e
bella. Come il solito la festa è terminata con un trattenimento familiare e
festoso.
Tutte abbiamo sentito la presenza
viva, forte e significativa del nostro
Padre Fondatore in terra Indiana.
Siamo sicure che il Padre Fondatore
e S. Bertilla avranno seguito tutto dal
cielo con viva compiacenza.
Lui vuole che le sue figlie siano sempre la testimonianza viva del Cuore
misericordioso del cuore di Gesù.
Le 8 suore: Sr. Francy Tharisuparambe, Sr. Princy Vattaparamban,
Sr. Rexy Thottungal, Sr. Seema VAliyaparambil, Sr. Shalini Poipallivilakam, Sr. Sijy Muttathottil, Sr. Sini
Muttathilkalapurayil, Sr. Stella Rose
Chiramal ringraziano di cuore la nostra carissima Madre generale, suor
Emma Dal Maso, e il suo consiglio, la
Superiora provinciale Sr. Liya e il suo
consiglio e tutte le persone che hanno aiutato a preparare il loro “Sì, per
sempre” al Signore e chiedono loro di
restare unite nella preghiera affinché
Gesù accolga la loro umile offerta.
Le suore della comunità di Archana
(India)
VITA DI CONGREGAZIONE
39
La mia esperienza missionaria
Mi chiamo suor Pasquina, ho 53
anni di professione religiosa, di cui
43 vissuti nel Brasile. Per il battesimo siamo tutti missionari, ma
diventare missionari "ad gentes" è
un dono del Signore, una chiamata
personale. Io mi sono sentita chiamata fin da bambina.
Dopo la mia professione religiosa,
ho chiesto alla Madre generale di andare in missione; la risposta è venuta
dopo dieci anni di attesa. Che gioia,
che entusiasmo!
L’attesa e la preparazione sono durate quattro lunghi mesi, e sono stati
per me giorni di impazienza nei quali ho preparato tutti i documenti per
poter entrare in Brasile. Ma accanto
alla preparazione materiale c'è stata
anche una preparazione spirituale e
psicologica. L'annuncio che “tutto
era a posto” mi ha riempito di gioia
ma anche di paure. Molti erano gli
interrogativi in me: “ce la farò?” ;
“Come me la caverò con la lingua?”;
“La salute?”...
Finalmente giunse la data della
partenza. Partimmo da Genova 1'8
dicembre 1975. Alle ore 9 furono
tolti gli ormeggi della nave, fu ritirata l'ancora e un fischio, cupo come
un boato, mi fece tremare il cuore: la
nave partì lentamente. I parenti e gli
amici ci salutavano ma sul mio viso e
su quello delle mie due consorelle le
lacrime cominciarono a scendere.
Vedendoci così tristi, due sacerdoti
che tornavano in Ecuador nella loro
missione si avvicinarono e per consolarci ci accompagnarono sul punto
più alto della nave. Noi lo battezzammo subito 'Tabor' perché la veduta
Passerella tra le palafitte (1986)
era straordinaria. Sulla nave, dunque,
c’erano tre sacerdoti e quattro religiose (tre suore dorotee e una di un’altra
congregazione). Durante il viaggio
questa bella comunità celebrò quotidianamente la S. Messa, pregò insieme le lodi e la meditazione al mattino,
il vespero e il santo rosario a sera, e
nei giorni stabiliti anche la novena del
S. Natale. Furono sedici lunghi giorni
di navigazione, nei quali ci furono anche momenti di paura ma non mancò
mai la fiducia nell’aiuto del Signore.
Sbarcammo a Rio De Janeiro i1 20
dicembre 1975, e il giorno 23, con
l'aereo, ci trasferimmo a São Luís, capoluogo del Maranhão.
Le nostre sorelle dorotee, che già
operavano lì, ci aspettavano festanti
insieme alla popolazione del bairro
(quartiere).
Lì ci fermammo per circa un anno
e mezzo; le cose da imparare erano
molte: la lingua, gli usi e i costumi del
posto… ma soprattutto bisognava far
crescere in noi la vera fraternità.
Così lontane dalla nostra famiglia
naturale e da quella religiosa, l’esprimerci in una lingua non ancora flessibile ai nostri pensieri, il vedere i bisogni delle persone, erano difficoltà che
lentamente cercavamo di affrontare e
superare con l’aiuto del Signore.
Ai primi di agosto del 1977, insieme a suor Damiana Bevilacqua, sono
stata inviata a Belém, sulla sponda
meridionale della baia di Marajó, nella regione amazzonica.
Lì, poiché la nostra residenza non
era pronta, siamo state ospitate dai
Padri Cappuccini. Ci accolse il padre
Serafino Spreafico, responsabile di
tutta l’opera e oggi Vescovo emerito
di Grajaù (Brasil). Con lui operava
instancabilmente anche un altro confratello.
Il 14 settembre dello stesso anno,
giorno della Esaltazione della Santa
Croce, in un clima di preghiera e di
riflessione, padre Serafino ha intronizzato un grande crocifisso nella sala
ed è così ufficialmente iniziata la no-
VITA DI CONGREGAZIONE
La costruzione di una casa; sullo sfondo si intravvede suor Pasquina (1986)
stra missione. Era la terza comunità
di suore dorotee che si costituiva in
Brasile, proprio qui nella periferia di
Belém, capitale dello Stato del Pará.
Nell’ambiente cui giungemmo,
abbiamo trovato due realtà tra loro
contrastanti: da una parte, in città,
lussuosi condomini abitati da persone
facoltose: ufficiali, medici, avvocati,
impiegati dello Stato...; dall’altro una
serie di palafitte costruite su un’area
allagata, dove si scaricava l’acqua usata dalla città, il vero e proprio scarico
delle fognature.
Gli uni abitavano in case ben costruite e protetti con inferiate fino
al tetto, gli altri vivevano in capanne
di legno e frasche, senza porte né
finestre.
Tra le palafitte l’acqua potabile
arrivava con un solo tubo e dopo la
mezza notte, quando alla città l’acqua
non serviva più. I genitori piazzavano
di giorno i loro bambini a fare la fila
per la notte, mentre loro vagavano
per cercare qualcosa da vivere. Na-
turalmente i ragazzi non andavano
a scuola e i litigi, anche tra i grandi,
erano molti.
Alla zona non arrivava la corrente
elettrica, però arrivavano ogni mese le
bollette della luce e le famiglie dovevano pagarla ugualmente.
Si trattava di reagire con pacatezza,
senza esasperare gli animi. Con l’aiuto di buoni volontari, fu creato un
comitato che, reso coscio dei diritti e
sostenuto dai padri cappuccini e dalle
suore, riuscì a far sentire la sua voce.
La salute delle persone era ed è
tutt’oggi assai precaria: lebbra, tubercolosi, reumatismo, HIV, ed altre
malattie affliggevano la popolazione.
Cosa fare? La Provvidenza venne in nostro aiuto: pochi mesi dopo
di noi, arrivò suor Urbanina Maule,
infermiera diplomata. Con l'aiuto di
Dio, il sostegno e la cooperazione dei
Padri Cappuccini e soprattutto con
la buona volontà di tutti i volontari,
iniziammo operare nel campo della
salute. Si trattava di istruire le perso-
40
ne ad avere cura della loro salute e di
quella dei loro familiari. Con l’aiuto
di tutti fu costruito un piccolo ambulatorio di fronte alla chiesa. Abbiamo
formato dei volontari per individuare le persone ammalate e con l’aiuto
di medici generosi, che si mettevano
a disposizione alcune ore alla settimana, riuscimmo a raggiungerli e a
curarli con i medicinali che la Provvidenza ci inviava.
In primo piano, però, restava la
catechesi; iniziammo con i bambini,
poi con i giovani e gli adulti. Organizzammo incontri, piccoli gruppi
festivi, catechismo e animazione dei
vari gruppi, divise per categorie e per
età. Preparammo così i catechisti, gli
animatori della liturgia domenicale e
Un medico volontario spiega l’importanza
dell’attività del centro catechistico-medico
costruito nel bairro di santa Isabel da Hungria (1986)
41
VITA DI CONGREGAZIONE
A Tezze sul Brenta (VI), il 05 settembre 2005, p. Serafino Faustino Spreafico, Vescovo emerito
di Grajaù (Brasil), celebra il 50° anniversario della Professione religiosa di suor Pasquina Andolfatto (a destra del vescovo); sono presenti anche la sorella suor Oliva Andolfatto, i fratelli e
altri familiari
animatori che si dedicavano a guidare
gli altri nel lavoro comunitario e che
ci aiutavano a portare la Comunione
agli anziani e agli ammalati.
Lavorammo intensamente a curare la famiglia, piccola chiesa domestica, e a far nascere le piccole
comunità di base sparse nelle varie
zone periferiche. Nell’ambito della "Pastorale della salute" sorse il
gruppo il Buon Samaritano, costituito dai ragazzi che avevano ricevuto la
Cresima, i quali avevamo seguito in
modo sistematico la catechesi ed erano formati per animare i gruppi nelle
comunità di base più lontani. Sempre e tutto è sorto in collaborazione
con i Padri Cappuccini, compresa la
costruzione del Centro Medico per
l’assistenza pediatrica ai bambini denutriti, per l’assistenza medica agli
adulti e agli anziani e per la cura dei
denti. Abbiamo avuto, e tutt’ora ab-
biamo, l’aiuto di medici competenti
e volontari che dedicano metà della
loro giornata di riposo ad aiutare
gratuitamente le persone disagiate.
All’inizio di tutto questo lavoro
fu necessario la registrazione all’anagrafe di molte persone che, costrette dall’aridità di alcune zone, in
particolare dal Piauí e dalla Sierra,
giungevano nella periferia della città.
Orientammo sistematicamente i nuovi arrivati a chiedere i servizi sociali
essenziali: l’acqua potabile, la luce
elettrica, l’assistenza sanitaria essenziale per i bambini e per gli adulti, la
costruzione delle palafitte per i senza
casa. Con pazienza e perseveranza
sono stati ottenuti.
Che cosa mi ha dato questa vita tra
i poveri? Essi mi hanno arricchita spiritualmente e umanamente.
Ho anche la gioia di aver aiutato
la Chiesa locale sostenendo e indiriz-
zando alcuni giovani sulla strada della
vocazione sacerdotale e/o religiosa.
Ho poi imparato una grande devozione alla Madonna. I Brasiliani
amano molto la Madonna Aparecida,
o Nostra Signora della Concezione di
Aparecida, patrona del Brasile. La festeggiano il 12 ottobre e il santuario
si trova ad Aparecida, nello stato di
San Paolo. La basilica a Lei dedicata
è il più grande santuario mariano del
mondo, è in grado di contenere fino
a 45.000 persone ed è tra i più visitati
del mondo.
A Belém, dove sono vissuta ed
opera tutt’ora la nostra comunità, è
viva la devozione a “ Nossa Senhora
de Nazaré”, la Madre di Gesù. Nella
seconda domenica di ottobre si rende
a Lei omaggio con una processione
detto “Cirio de Nazaré” che attira
numerosi pellegrini da tutto il Brasile,
riunendo oltre due milioni di persone. Il percorso di questa imponente
processione inizia dalla Cattedrale di
Belém e si snoda in città fino a raggiungere la piazza del Santuario di
Nazareth dove la statua della Vergine
viene esposta per quindici giorni. Qui
la folla dei devoti manifesta la sua fede
con canti, danze e preghiere, ringraziando il Signore delle grazie ricevute
per l’intercessione della Vergine.
Ora che a motivo dell’età sono
rientrata in Italia, aiuto le sorelle
nell’accoglienza dei pellegrini che
vengono a Brendola (VI) alla casa
natale di Santa Bertilla; mi sforzo di
comunicare loro la mia fede, il mio
amore al Signore e alla Vergine Santa.
suor Pasquina Andolfatto
VITA DI CONGREGAZIONE
42
In ricordo di suor Antonia Penello
Mi è giunta inaspettata e improvvisa
la notizia del decesso di suor Antonia Penello, una delle due Religiose
dell'Istituto delle suore Maestre di
S. Dorotea figlie dei Sacri Cuori, le Dorotee, per intenderci - che dal
16 settembre 1978 accolsero l'invito
della loro Madre Generale di occuparsi dell'Episcopio di Rovigo, dove,
dall'8 maggio 1977, risiedeva mio
fratello, mons. Giovanni Maria Sartori. Non ricordo se in quel viaggio
tra Vicenza e Rovigo o in altri consimili, abbia appreso da lei la sua vicenda esistenziale: entrata in un monastero in Svizzera, successivamente
abbracciò la Congregazione fondata
dal santo Vescovo, mons. Giovanni
Antonio Farina (1803-1888), nella
quale aveva particolare rilievo (conservato tuttora) il culto a Gesù Eucarestia, venerato da oltre un secolo
nell'ambito della Congregazione.
Quando il 16 settembre 1978 mi recai in Casa Madre, in via S. Domenico, a prelevare le due Religiose che
avevano accolto, con estrema generosità e abnegazione, l'invito della
Superiora Generale di coabitare con
mio fratello nell'episcopio rodigino,
mai avrei immaginato di accompagnare una delle religiose, appunto
suor Antonia, alla quale sarebbe
stata poi assegnato il compito di assistere mio fratello con amore filiale, per ben vent'anni, ossia fino alla
scomparsa di lui, avvenuta il 26 settembre 1998. Desidero ora rendere
omaggio a tutte e due, suor Antonia
e suor Coronata, essendo convissuto
a Rovigo con loro fino alla dipartita
di mia madre, avvenuta il 12 gennaio
1981. Si tratta di due religiose dalla
condotta intemerata. suor
Coronata, la
prima delle
due, più anziana e in veste di responsabile,
era
una autentica
santa nel senso letterale
del termine.
Donna di poche parole,
riservata e rispettosa, ma allo stesso
tempo attenta e sensibile interprete
dei bisogni altrui, brillava per la pietà, la serietà e la carità sconfinata che
nutriva in cuore: severa con se stessa,
larga con gli altri.
Suor Antonia le fu degna compagna. Donna lei pure riservata, pure
lei attenta e rispettosa delle persone,
laboriosa e instancabilmente attiva,
mai elevò un lamento per dover occuparsi solamente della vita chiusa
tra quattro mura e a servizio di poche
persone. Confesso che ebbi per loro
due una ammirazione notevole. Si
poteva agevolmente constatare che
per loro ogni giorno era un giorno
nuovo, un ricominciare sempre daccapo, serenamente, senza lamento
alcuno, vivendo in reciproca armonia e in una intesa che è riscontrabile
solo in anime generose.
Questa mattina, 12 giugno 2014,
nel celebrare la messa di suffragio
casualmente ricorse il brano evange-
lico di Matteo 5, 33-37, nel quale è
parola della lealtà. Ebbi così modo
di rilevare come suor Antonia Penello, nella quale sempre rifulse sincerità e ripudio della menzogna e
che visse in modo trasparente la sua
consacrazione a Dio, ben a ragione
possa essere configurata una limpida
discepola di mons. Farina a soli due
giorni dal Concistoro, che lo scorge
intronizzato tra i Santi della Chiesa.
Approfitto dell'occasione per porre
accanto a suor Antonia, suor Coronata. Furono entrambe, sia pure a
titolo diverso, delle perle umili e nascoste, che sulle orme di quel santo
Vescovo e di santa Bertilla Boscardin, altro luminoso esempio d'amore
a Dio e ai Fratelli, seppero morire al
proprio «io» senza attendere alcuna
approvazione, se non dal Dio che negli umili e nascosti, rifulge di limpidissima gloria.
P. Tito M. Sartori O.S.M.
In BREVE
43
Titolo
RICORDIAMO
I genitori di Lorenzo ed
Emanuele Finotto invocano la protezione della
santa: “O umilissima Santa Maria Bertilla insegnaci
a cogliere frutti di pace e
a meritare la grazia di cui
abbiamo bisogno: sostieni
la nostra famiglia”.
Aleyamma, mamma di suor Silvy Kalladanthiyil
Maria Josefina, mamma di suor Angela Maria Tamayo
Vasquez
Sigifredo, papà di suor Gladys Moná
Beatrice, sorella di suor Sebastiana Facin
Lucia, sorella di suor Stellamaris Lunardon
Maria, sorella di suor Livia Facchin
Antonietta, sorella di suor Maurizia Farina
Animol, sorella di suor Sini Muttathilkalapurayil
Carmela, sorella di suor Rosalba Zugno
Eliana, sorella di suor Raffaella Smiderle
Cesira, sorella di suor Valeria Ceccato
Caterina, sorella di suor Gioconda Ganassin
Augusta, sorella di suor Bernardina Bonetto
Vittorio, fratello di suor Agnese e di suor Luciana Secco
Nonna Fiorenza pone i cinque bellissimi nipotini Amos, Mattia, Gioele, Diego,
Dora, sotto la protezione di Santa Bertilla perché possano crescere sani, buoni e santi.
Pietro, fratello di suor Ernestina Biancorosso
Battista, fratello di suor Rosetta Condotta
Boby, fratello di suor Ruby Paikattu
Mathew, fratello di suor Mercy Puthenpurackal
Matteo, fratello di suor Maria Rosa Baldrani
Baby, fratello di suor Sherly Chathampadam
Sebastien, fratello di suorCéline N’Guessan
Alfonso, fratello di suor Angiolina Tosello
Roberto Sergio, fratello di suor Rosaria Cecchetto
Giovanni, fratello di suor Antonietta e di suor Anna
Lucia Perotto
Bruno, fratello di suor Vincenzina Pertile
Gennaro, fratello di suor Emilia Rossi
La piccola Ilenia Tomasetto , gioia di
mamma e papà, sorride alla vita e avanza
con fiducia, sicura della protezione di santa
Bertilla che i familiari tutti, compreso nonno Giovanni dal cielo, invocano per lei.
Sono ormai quattro anni che nonno
Giovanni Tomasetto ci ha lasciato.
I familiari tutti lo ricordano con immutato affetto e sono certi di ritrovarlo
“in Colui che non si può perdere” (S.
Agostino).
Alle nostre Sorelle toccate dal dolore e
ai loro familiari assicuriamo la nostra
partecipazione e il ricordo nella preghiera.
NELLA LUCE
44
Grazie sorelle !
n. Valdagno (VI)
12.06.1920
m. Brendola
25.04.2014
Suor Leonizia
Maria Bicego
Suor Leonizia proviene da una famiglia
di sei figli. Fin dalla fanciullezza avvertì la
chiamata ad appartenere al Signore e i genitori acconsentirono. All’età di 11 anni
entrò fra le Ancelle di Maria. Rafforzata
e maturata nella sua vocazione, a 18 anni
iniziò il Noviziato e il 28 aprile 1940 poté
realizzare il suo sogno emettendo i Santi
Voti. Conseguì l’abilitazione infermieristica a funzioni direttive e svolse il servizio
di caposala in vari ospedali, facendo di
tutta la sua vita un dono costante al Signore, che servì nella persona degli ammalati e degli anziani. Profuse le sue doti
in un rapporto umano ricco di bontà e di
delicatezza d’animo, conciliando fermezza e dolcezza, comprensione e serenità.
Fu inviata all’ospedale di Vicenza, ove rimase diciassette anni: si distinse per la sua
saggezza, per le parole misurate e per un
profondo spirito di preghiera. Trasferita
alla Casa di Riposo di Dolo (VE) come
Responsabile della Comunità, si distinse
per la sua bontà e generosità, per l’equilibrio, lo spirito religioso e soprattutto per
la capacità di diffondere serenità. Dopo
alcuni anni, fu inviata a Santa Maria del
Mare (VE) e rimase per 26 anni presso gli
anziani di quella struttura. Lì celebrò il
50° anniversario di Professione Religiosa
e dal Dogado di Venezia le fu conferito
il 17° PREMIO AMORE per il suo “Sì
pronto, generoso e costante”. Quando gli
anni incominciarono a far sentire il loro
peso, lasciò l’impegno diretto nei reparti
e le fu affidato il servizio in portineria, ove
continuò a seminare a piene mani bontà
e sapienza a chi incontrava. Per ragioni
di salute, all’età di 91 anni, passò alla Comunità “Accoglienza” di Brendola (VI),
trascorrendo i suoi ultimi anni in serenità.
Quando le sue condizioni fisiche incominciarono a peggiorare, le fu chiesto se
desiderava fosse avvertito suo fratello, ed
ella rispose: “Sì, ditegli che il Signore sta
per venire a prendermi”. Il giorno successivo giunse suo fratello ed ella si illuminò.
Lasciò la terra il 25 aprile 2014 pregando
con le consorelle, contenta di andare incontro a Gesù che tanto aveva amato.
n. Sambruson (VE)
26.07.1924
m. Vicenza
11.05.2014
nità “Santo Rosario” dove, per quindici
anni, poté donare il meglio di se stessa insegnando con dedizione e amore ai bambini e disponibile ad aiutare ovunque ci
fosse bisogno. A partire dal 1961 fu in varie comunità occupandosi del laboratorio
di maglificio e di cucito dal momento che
lei era preparata anche per questo tipo
di servizio. Nel 1971 fu trasferita a Cittadella (PD) nell’ allora “Istituto femminile Bertollo”, ora “Casa famiglia”, fino al
1990: in collaborazione con l’educatrice,
coadiuvava i fanciulli nello studio, li seguiva nel gioco, li ascoltava con empatia,
insegnava ricamo alle ragazze: voleva loro
bene ed era ricambiata. Il 20 marzo 1990
si ammalò e fu accompagnata in Infermeria a Vicenza, dove rimase alcuni mesi;
poi passò nelle Case di riposo dell’Istituto
e, nel 2011 tornò definitivamente in Infermeria. Negli ultimi giorni della sua vita, la
Superiora provinciale la salutò con un bacio sulla fronte ed ella, con il sorriso mite
che la caratterizzava, rispose:”Grazie!”
così come soleva esprimere gratitudine
quando riceveva una attenzione o un gesto di affetto. L’11 maggio, festa del Buon
Pastore, Gesù la chiamò a Sé.
Suor Umbertina
Giovanna Savio
Nacque a Sambruson di Dolo (VE) il
26 luglio 1924; rimase orfana della mamma in tenera età e fu collocata in Collegio.
Sensibilissima, buona e mite, il Signore la
chiamò al suo seguito e, a diciotto anni
entrò a far parte dell’Istituto delle Suore
Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei Sacri Cuori. A vent’anni, il 24 ottobre 1944,
emise i Santi Voti con la Professione Religiosa e l’anno successivo fu inviata a
Roma, nella scuola materna della comu-
n. Castegnaro (VI)
10.10.1926
m. Brendola (VI)
09.06.2014
Suor Antonia
Giuditta Penello
Suor Antonia nacque a Castegnaro
(VI) il 10.10.1926 da genitori ricchi di
NELLA LUCE
45
fede che trasmisero ai loro dodici figli
solidi valori umani e cristiani. La mamma rimase vedova all’età di quarantaquattro anni e dovette crescere ed educare i figli con immenso sacrificio.
La giovane Giuditta emigrò in Svizzera per lavoro e qui maturò la sua
vocazione alla vita religiosa. Entrò nel
monastero delle suore clarisse di San
Giuseppe ed emise la Professione religiosa il 9 agosto 1957. Nel 1973, poiché
il numero delle religiose claustrali era
troppo esiguo, le poche rimaste furono
invitate a scegliere un’altra Congregazione. Suor Antonia aveva una sorella, suor Clorinda, nel nostro Istituto e
chiese di esservi incorporata.
Fu accolta in Casa Madre a Vicenza
e il 21 giugno 1974 rinnovò i Santi Voti
secondo le Costituzioni delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri
Cuori. Dal 1974 al 1976 fu Responsabile nella comunità “Maria Immacolata”
a Vicenza, ove si distinse per l’affabilità e per l’attenzione premurosa verso
le sue suore: riflessiva e raccolta, dava
la percezione di essere immersa in una
preghiera continua, atteggiamento che
aiutò le sue suore ad amare la preghiera,
il raccoglimento, il silenzio. Nel 1978 fu
inviata a formare una comunità nell’episcopio di Rovigo, essendo vescovo
Mons. Giovanni Maria Sartori, e vi rimase fino al 1988. Poi Mons. Sartori fu
trasferito a Trento, la comunità lo seguì
e suor Antonia assistette il vescovo con
amore filiale. Mons. Tito Sartori, fratello del vescovo, la ricorda così: “riservata, attenta e rispettosa, laboriosa e instancabilmente attiva.
Visse in modo trasparente la sua
consacrazione a Dio, perla umile e nascosta, seppe morire al proprio io senza
attendere alcuna approvazione, se non
dal Dio che, negli umili e nascosti, rifulge di limpidissima gloria”. Dopo la
morte del vescovo, avvenuta il 26 set-
tembre 1998, fu sciolta la comunità e
suor Antonia, malferma in salute, fu
accolta a Brendola (VI) nella comunità
“Accoglienza” dove aiutava in portineria per quanto il suo fisico le permetteva. Il Signore venne al suo incontro,
quasi improvvisamente, il 9 giugno
2014 e la accompagnò nel Suo Regno
ricca di Sapienza e di Amore.
n. Arzignano (VI)
05.03.1920
m.Vicenza
12.06.2014
Suor Giannantonia
Elena Stocchiero
Suor Giannantonia entrò in Congregazione a 17 anni evidenziando un’ottima
formazione umana e cristiana, sostenuta da
fede convinta e da preghiera intensa; due
anni dopo, il 30 ottobre 1939, emise i Santi Voti con la Professione Religiosa. Dalle
considerazioni sul suo apostolato nelle tre
comunità in cui ha dimorato a lungo, possiamo cogliere la personalità di questa Sorella
disinvolta, espansiva, che ha comunicato la
radicalità della sua consacrazione e la volontà di viverla in pienezza, ma anche la capacità organizzativa e la generosità.
è ricordata con ammirazione dalle consorelle che l’hanno vista operare nella “Colonia permanente per bambini bisognosi di
cure” a Jesolo (VE), da lei diretta per diciassette anni (1953-1970): vestita di bianco,
con il fischietto alla cintola, arrossata per il
sole che sfidava nel cortile della colonia o
sulla spiaggia, coinvolgeva centinaia di bambini con canti mimati e lunghi racconti che
ripescava nella sua memoria o che leggeva e
sapeva riprodurre con una voce mimetizzata
sempre nuova.
Nell’orfanatrofio femminile di Cittadel-
la (PD), che guidò dal 1972 al 1980, era “la
mamma” che si soffermava ad ascoltare, a
sollecitare, a incoraggiare, attenta alla promozione della persona. Le ragazze si sentivano capite, aiutate e ricambiavano con
affetto le sue premure.
A Villa San Sebastiano (Aq), ove rimase
dal 1986 al 2004, fu instancabile nella carità, sempre pronta ad aiutare, a confortare:
dinamica, semplice e scherzosa, incantava
i fanciulli con le sue catechesi intessute di
canti e racconti evangelici intervallati dal
suono del flauto; fu creativa e competente
insegnante della scuola materna. Persona
che cercava il dialogo e la possibile collaborazione, seppe instaurare un rapporto
distensivo con la Pastora evangelica del
paese partendo dalla collaborazione nel
rapporto educativo a favore degli alunni
del doposcuola.
Con l’avanzare dell’età, non perse il senso dello humor e la semplicità dei rapporti
sereni e cordiali che le permettevano di infondere serenità sia in comunità che nelle
attività pastorali. Col suo sguardo sempre
luminoso diffondeva la gioia profonda di
chi si sente amato e realizzato dall’Amore
che riempie il cuore e lo fa traboccare nella
dedizione continua. Possa ora godere i frutti generosi delle sue opere esercitate soprattutto per far conoscere Gesù che amò con
tutta se stessa.
n. Sant’ Urbano (VI)
11.06.1926
m.Vicenza
11.07.2014
Suor Stefana
Teresa Peron
Suor Stefana, quarta figlia di una
numerosa famiglia cristiana, nacque a
Sant’Urbano di Montecchio Maggiore
NELLA LUCE
(VI) l’11 giugno 1926; gli amati genitori,
entrambi dal nome emblematico, Arcangelo il papà, Angela la mamma, offrirono cinque dei loro otto figli al Signore
per la causa benedetta del Regno: due
suore dorotee e tre sacerdoti giuseppini. Suo padre insegnava catechismo e
lei faceva parte dell’Azione cattolica;
dalla mamma attinse la devozione alla
Madonna di Monte Berico e ad essa si
raccomandava perché la orientasse nella
scelta della sua vita. Entrò in Congregazione a ventitre anni e pofessò i Santi
Voti il 25 ottobre 1951. Di carattere sereno, gioioso, comunicativo, servì il Signore come cuoca e refettoriera in varie
comunità, in un clima di vera fraternità,
sostenuta da intensa preghiera. Le persone dei paesi in cui è stata la chiamavano “suor Sorriso”, conquistate dalla sua
semplicità, serenità costante, dalla saggezza con cui valutava le situazioni, dalla capacità di ascolto e di comprensione.
Ad Olmo di Creazzo (VI), la sua
ultima comunità, rimase 21 anni come
“collaboratrice”: accanto al servizio di
cuoca, era “ministro della consolazione”: portava la Comunione a persone
ammalate o anziane, aveva per tutti un
saluto affettuoso e una battuta scherzosa che rallegrava il cuore; partecipava
con vivo interesse ai Centri di ascolto
della Parola organizzati dal parroco, lasciandosi guidare dallo Spirito dal quale
apprendeva la Sapienza del cuore.
Aveva capito che nella vita non è
importante emergere, non è importante
neppure il proprio ruolo, ma è importante l’amore che si pone in ciò che si fa,
e il servizio come stile di vita.
Il 15 febbraio 2011, all’età di ottant’otto anni, poiché non riusciva più
a camminare, fu accompagnata a Vicenza nella comunità “Cuor di Maria”
dove visse vivace e gioiosa, come di sua
consuetudine, accanto alla sorella suor
Otilia. Il fratello sacerdote missionario,
46
appresa la morte di suor Stefana, ebbe
a scrivere; “…amo pensare che avrai già
incontrato con immensa gioia i nostri
familiari: la mamma, il papà, i fratelli:
Michele, Mario, Vincenzo e Maria. (…)
Grazie per il tuo esempio, per la tua
sensibilità, per il tuo umile e prezioso
servizio. Ci mancherai molto. Dal cielo,
ricordati di noi. Riposa in pace. Dal lontanissimo Cile, un affettuoso addio da
tuo fratello P. Tony”.
n. M. Maggiore(VI) 11.08.1927
m.Vicenza 18.07.2014
Suor Alberta
Anna Zanovello
Primogenita di dieci fratelli, suor
Alberta fu, fin da giovanissima, la loro
sorella maggiore con attenzioni affettuose verso tutti. All’età di ventidue
anni, lasciò la famiglia per donarsi
completamente al Signore, portando
con sé un ricco patrimonio di fede e
di tutti quei valori che sono la vera ricchezza della vita. Dopo la Professione
Religiosa che avvenne il 26 aprile 1952,
completò gli studi, già avviati quando
viveva in famiglia, e conseguì il diploma di maturità magistrale.
Insegnò dapprima nella scuola elementare delle comunità di Cittadella e
di Genova e, da Genova, andava come
pendolare a Milano per frequentare la
scuola di specializzazione per audiolesi. Continuò l’insegnamento a Caldiero e, successivamente, a Vigardolo e a
Marola con le bambine sorde alle quali
voleva bene e dalle quali era ricambiata. Fu nella comunità educativa di Mestre per 22 anni in supporto alla scuola
elementare o per supplenze, pronta ad
aiutare i bambini in difficoltà.
Era buona, mite, generosa. In comunità era sempre disponibile, serena,
capace di “costruire ponti” fra le Sorelle; amava la cultura, che curava con
vera passione e trasmetteva volentieri;
era persona di preghiera.
Nel 2008, per motivi di salute, fu
accompagnata a Vicenza, nella comunità di Villa Sant’Antonio dove si
preparò gradualmente ad incontrare
lo sguardo d’amore del suo Signore, e
dove si spense, colta da infarto, il diciotto luglio.
Nella Santa Messa di esequie, al
momento del commiato, le consorelle
di quest’ultima comunità la ringraziarono per avere testimoniato la gioia
della consacrazione: “Sei vissuta in letizia ed essenzialità, sempre contenta
di quanto la Provvidenza disponeva e
donava. Ti piaceva fare memoria del
passato e, in questo, facevi partecipi le
Sorelle.
La tua testimonianza ha seminato
tanto amore: ora che sei già arrivata
alla Gerusalemme celeste, aiutaci a
camminare come hai fatto tu, sulla via
evangelica della carità fraterna. Grazie,
suor Alberta!”
n.Foggia
09.06.1920
m.Vicenza
24.07.2014
Suor Esterina
Clementina Calmo
Suor Esterina nacque a Foggia il 9
giugno 1920 e attinse dai suoi genitori
profondi valori umani e cristiani che la
resero sensibile all’Amore del Signore
NELLA LUCE
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e ad accogliere la chiamata ad essere
Sua per sempre donandosi a Lui con la
Professione Religiosa, che emise il 28
ottobre 1945 nella Congregazione delle
Suore Dorotee Figlie dei Sacri Cuori.
In riferimento al suo nome, Suor
Esterina può essere accostata alla figura
biblica della regina Ester, per la nobiltà
di tratto, di fine e altruistica sensibilità,
di intelligente ingegno, di umile e fiduciosa preghiera a favore dei destinatari
della sua missione di educatrice e catechista. Il cognome Calmo definisce
bene il suo carattere tranquillo, imperturbabile anche nelle situazioni difficoltose del quotidiano; offre l’immagine
di un lembo di mare in stato di quiete,
invitante a stare a riva per trovare distensione e serenità.
Fu una educatrice esemplare: sempre affabile, attenta a tutti i bambini,
paziente e gioiosa, trasmettendo valori
e conoscenze con la tenerezza propria
di una mamma e coinvolgendo i genitori nell’opera educativa per collaborare con loro. Si prodigò nella catechesi
parrocchiale e nell’animazione liturgica.
Era amata dalle consorelle e stimata dal
parroco e dai parrocchiani; intesseva relazioni all’interno della comunità e nei
contatti più vari, grazie alla sua bontà
d’animo e al suo rispetto per le diversità
di vedute e di pensiero altrui, oltre che
per il servizio competente e assiduo: le
urgeva dentro la carità quale risposta
serena e costante alla sua vocazione: conoscere e far conoscere il Signore Gesù
nel suo quotidiano vivere.
Anche da quiescente presso la comunità “Betania” a Dolo (VE) diede
prova di vivere un rapporto interpersonale gioviale e allegro con tutte le
consorelle e con le persone conosciute:
confezionava lavoretti a uncinetto o a
ferri per offrire un contributo al mercatino in favore delle missioni e, nel tempo libero, si dedicava al giardinaggio,
rendendo più amena e ridente la casa.
Era molto legata affettivamente ai
nipoti, che le telefonavano spesso e,
una volta all’anno andavano a trovarla,
nonostante la lontananza, anche nell’Infermeria a Vicenza, dove fu accompagnata il tre marzo 2012, perché non più
autosufficiente; anche qui mantenne le
sue caratteristica di serenità di spirito e
di accettazione della Volontà di Dio.
La sua esistenza è stata un dono accolto, amato e offerto nella semplicità e
nella gioia propria di chi ama il Signore
e il prossimo con tutto il cuore.
n. Ambato (Ecuador) 08.07.1934
m.Quito (Ecuador) 22.08.2014
Suor Inés
Isabel Torres Cordova
Suor Inés ha maturato la sua scelta
di vita in una famiglia ricca di fede, di
esempi di squisita umanità e di laboriosità. Entrò in Congregazione nel 1951 e
nel 1954 emise i Santi Voti. Trascorse i
primi venti anni di vita religiosa in comunità con le “prime” missionarie che
avevano fatte proprie le espressioni del
Fondatore Mons. Giovanni Antonio
Farina: “Andate, vere apostole del Vangelo, senza paura, siate le vere Figlie dei
Sacri Cuori sacrificate al bene dei prossimi. Io vi accompagno!”
Fu educatrice instancabile nella missione del Napo, ai margini della foresta
amazzonica, distinguendosi per il suo
spirito di sacrificio e per la sua tenerezza verso le fanciulle più povere della
missione. Dal 1974 fu insegnante esemplare anche ad Azuqueca de Henares
(Spagna) per venticinque anni,.
Questo periodo fu interrotto da una
grave infermità.
Fu accompagnata in Italia, a Treviso, nel settembre 1976 e sottoposta ad
intervento chirurgico; successivamente,
accompagnata in Ecuador perché potesse riabbracciare la mamma, data la
gravità della sua situazione fisica.
Ottenne il miracolo della guarigione per intercessione del Fondatore,
grazie alla preghiera incessante di tutte
le Sorelle dell’Ecuador e sue, nel 1978
ritornò ad Azuqueca e riprese la sua
missione di insegnante, arricchita dalla
sublime e profonda esperienza di chi
ha ricevuto da Dio il segno della misericordia e della tenerezza. Si dedicò
ai fanciulli con attenzione alla loro crescita culturale e, soprattutto alla loro
maturazione interiore ancorata ad una
vita improntata sulla fede e sulla solidarietà. Vivace, espansiva, molto attiva
sia nella scuola, che in comunità e in
parrocchia, si pose a concretare la promessa fatta al Fondatore: “A lui offro
il resto della mia vita che Dio si degnerà donarmi”. Coltivava parecchi interessi: la musica, il disegno, lo studio
dell’inglese; le piaceva organizzare “festine” in comunità e, immancabilmente, prima della conclusione, si vestiva
da “vescovo” e, impersonandosi nella
figura di Giovanni Antonio Farina, impartiva la benedizione alle consorelle
che accoglievano con gioia questa sua
iniziativa.
Nel 1999 fu trasferita a Bogotà
(Colombia) dove continuò ad essere
apostola di carità a tutti i livelli e ad
additare l’essenziale: l’amore di Dio e
l’amore del prossimo al di sopra di tutto. Nell’ultimo periodo della sua vita,
ammalata, ma serena e abbandonata
alla volontà del Padre, aveva un solo
desiderio: sapere che il “suo” Fondatore sarebbe stato presto canonizzato.
Fu esaudita.
Giovanni Antonio Farina
Proclamato Santo il 23 Novembre 2014
"Signore, ho ascoltato il tuo annunzio, Signore ho avuto timore della tua opera.
Nel corso degli anni manifestala, falla conoscere nel corso degli anni.
...io gioirò nel Signore, esulterò in Dio mio salvatore"
(Abacuc 3,4.)
Nel silenzio della storia, la Chiesa ha vigilato sui doni a lei affidati e ha approfondito la santità di vita del Vescovo
Giovanni Antonio Farina, un beato per i tempi nostri.
Il Santo Padre, nel Concistoro ordinario pubblico del 12 giugno 2014, per la Canonizzazione di alcuni Beati,
ha decretato che il Vescovo Giovanni Antonio Farina, fondatore e padre della nostra famiglia religiosa: Suore
Maestre di Santa Dorotea, Figlie dei SS. Cuori, con Sede in Vicenza, sia iscritto nell'Albo dei Santi il 23 novembre
2014, Festa di Cristo Re dell'universo.
Oggi, a nome delle Sorelle della Congregazione tutta, desidero semplicemente condividere la gioia e la
riconoscenza al Signore per un dono che oltrepassa l'ambito della nostra famiglia religiosa, rende più bella e
splendente la Chiesa per quella luce di santità e per quel dono di grazia e di "paternità" che Giovanni Antonio
Farina sapeva esprimere con tutti, in particolare con i "poveri".
In attesa di ritrovarci nell'abbraccio di Piazza S. Pietro in Roma, godiamo nel Signore ed esultiamo in Dio nostro
Salvatore che si rende presente nel mondo attraverso la testimonianza di chi vive, predica e incarna il Vangelo
della carità intelligente.
Vicenza, 13 giugno 2014
Suor M. Emma dal Maso
Superiora generale
IN CASO DI MANCATO RECAPITO RESTITUIRE A VICENZA C.P.O. PER LA RESTITUZIONE AL MITTENTE
CHE SI IMPEGNA A PAGARE LA RELATIVA TARIFFA
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Rifiutato
Indirizzo incompleto
Indirizzo inesatto
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Deceduto
Sconosciuto
Trasferito
Periodico «Nella Luce di S. M. Bertilla» - Istituto Farina - Via S. Domenico, 23 - 36100 VICENZA (Italia)
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Bollettino 2014 - Suore Maestre Di Santa Dorotea