Quale futuro per i Tecnici ortopedici italiani? di Giovanni Saverio Macrì Mi piace ricordare il caro amico e collega Mario Catalucci, venuto meno alcuni anni orsono, al quale va riconosciuto il merito di essere stato primo “motore” a dar avvio al raggiungimento di un obbiettivo:- Elevare la nostra professione al rango universitario-. Sì, proprio così, un corso di laurea per tecnici ortopedici. Il sottoscritto, e con me anche altri, è stato un collaboratore di Mario Catalucci, per questo, gli sono grato per tutto quanto egli ha fatto per la categoria e per quanto mi ha insegnato, in forza di ciò lo considero a tutti gli effetti il mio Maestro. Penso proprio che assieme a me, tutti i colleghi gli debbano esser grati, nessuno escluso! Ma beninteso, questo è un mio libero sincero pensiero. E’ da tempo che mi pongo, tra me e me, delle domande alle quali, poi, cerco di dare risposta:- Ma quale futuro ha la nostra professione? Certo se prescindessimo alle nostre ambizioni, che ci venga riconosciuto il ruolo progettuale, l’albo professionale, un ordine professionale, insomma:- La dignità professionale che la nostra categoria merita. La formazione tecnico-pratica dovrebbe essere fatta in Università Di seguito a queste domande me ne son posto un’altra: se Mario Catalucci fosse in vita sarebbe soddisfatto di come le istituzioni hanno trattato la nostra disciplina professionale? Sarebbe contento di come le rappresentanze associative hanno tutelato gli atti professionali? Sono certo della risposta:- NO! NO! E poi NO! Non sarebbe contento di come sono stati organizzati i corsi universitari, della formazione demandata solo ed esclusivamente in strutture private e, non come dovrebbe essere, in un laboratorio ortopedico gestito da un ente universitario, anche se capisco, a qualche mio collega potrebbe balenare alla mente, che tutto ciò andrebbe poi ad un rapporto concorrenziale con le strutture private! Ma questo è sempre un mio libero pensiero, pur tuttavia , in tutto il mondo è così, l’attività di ricerca è svolta sempre in strutture universitarie, ed Il frutto di tali ricerche poi lasciate ai privati. No! Son certo, Catalucci non sarebbe contento dei piani di studio e non avrebbe mai accettato supinamente che ad un corso di laurea per tecnici ortopedici, ci fosse anche l’esame di ginecologia. ANTOI ci ha provato e lo ha detto al Primo forum delle lauree universitarie non mediche, ma sapete- Una noce in un sacco non fa rumore!- A far rumore son altri e, ne fanno tanto che alla fine diverremo sordi! La nascita di ANTOI per i singoli tecnici ortopedici Le rappresentanze professionali, queste libere associazioni, per quanto attiene la nostra categoria, hanno avuto dei grandi meriti, non sto qui a citarle tutte, mi corre l’obbligo di citarne le più importanti:- La FIOTO che fin dall’inizio curò sia gli interessi aziendali che professionali, il sottoscritto entrò in FIOTO ben 36 anni fa e con essa ho collaborato, subito dopo sono entrato in ANTOI la prima rappresentanza professionale. Per parlare di FIOTO, della grande FIOTO di allora, ci vorrebbero fiumi di inchiostro, fu con essa che iniziarono corsi di aggiornamento, congressi, convivi culturali ai massimi livelli, essa partecipava, con pari dignità, assieme agli enti pubblici, quali Onig ed il Rizzoli ai lavori presso il Ministero della Sanità alle riunioni della commissione nazionale di revisione del nomenclatore tariffario delle protesi – nel quale oltre che individuare le tariffe,questi è ancora oggi la nostra “Bibbia”si, nei vecchi tariffari erano contemplate delle norme di indirizzo sia normative professionali, che di accreditamento delle aziende! Le Rappresentanze, vediamo di far un pò d’ordine, la FIOTO nata come mera rappresentanza aziendale ma, con inserito nel proprio statuto un articolo che prevedeva anche l’elevazione della categoria del T.O. (tanto è vero che nei vari settori di rappresentanza aziendale c’era anche il settore “D”) il settore dei dipendenti laddove non fossero proprietari della azienda iscritta, ma in possesso del titolo abilitante la professione, tutto ciò, però, di fatto cozzava con le due identità tutorie, per voler di tanti colleghi fondò, l’ANTOI. È stata la prima rappresentanza degli interessi professionali ed oggi è di fatto accreditata in vari enti istituzionali per elevare la categoria. I tecnici ortopedici in area tecnica Le tante critiche che altri colleghi (i quali non sono iscritti ANTOI) ci muovono contro per aver scelto l’appartenenza all’area “tecnico assistenziale” in luogo di quella “riabilitativa” appaiono esagerate. Il T.O. esercita la professione in una officina ortopedica, sia essa privata che pubblica sono quindi chiarissimi i ruoli che egli svolge, li svolge in un officina ortopedica perché la professione non per caso si chiama “tecnico ortopedico” anche se nel nostro profilo professionale è chiaramente scritto che il T.O. è il primo professionista il quale, dopo aver messo in servizio un manufatto tecnico ortopedico fornisce i primi rudimenti riabilitativi al proprio paziente/utente. Che senso aveva appartenere all’area riabilitativa e sederci accanto ad altre professioni, le quali con i fatti ci stanno dimostrando che, nonostante a noi siano stati riconosciuti i ruoli già nel lontano 1934, questi non ce li vogliono riconoscere? Le prove di ciò che dico? Quante di queste professioni “contra legem” vogliono usurparci delle nostre funzioni? Ed allora anziché muoverci critiche, non sarebbe il caso che questi censori si uniscano ad ANTOI per muovere “guerra” a chi senza titoli vuole operar nell’area tecnico assistenziale- per l’appunto la nostra- e congiuntamente appartenere all’area riabilitativa? E’ forse un titolo onorifico appartenere a una delle due aree? Sarebbe invece onorevole e onesto per tutti, esercitare la professione prescindendo, dal proprio ruolo e, lasciatemelo dire, rispettosi come lo sono stati e, lo sono i tecnici ortopedici, nello scibile della sanità ce ne sono pochi. Cordialmente sempre io, un Tecnico ortopedico. Giovanni Saverio Macrì