MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 DAL QUOTIDIANO OGGI FISCO •Sul contraddittorio endoprocedimentale la parola alla Corte Costituzionale - pag. 2 •Legge di Stabilità 2016: regime CFC con più oneri per i contribuenti - pag. 4 •Legge di Stabilità 2016: assegnazione agevolata immobili con rettifica della detrazione? pag. 6 •Nuovo regime forfetario: le agevolazioni contributive - pag. 8 •Immobili merce destinati alla vendita con TASI ridotta - pag. 15 LAVORO E PREVIDENZA •Giovani precari e disoccupati: ripristinati gli incentivi alle imprese - pag. 20 •Premi di produttività: più conveniente il welfare aziendale - pag. 22 •Potito di Nunzio: il nuovo ruolo del Consulente del lavoro - pag. 25 •ASDI: per la domanda si attendono le istruzioni INPS pag. 26 •Operazioni di conguaglio nel flusso UniEMens in scadenza pag. 28 •Bando INAIL: finanziamento di progetti formativi per piccole, medie e micro imprese - pag. 31 FINANZIAMENTI •Legge Stabilità 2016: bonus mobili per tutto il 2016 - pag. 37 IMPRESA •Commissione Rordorf: per una riforma organica del fallimento pag. 40 IN EVIDENZA Sul contraddittorio endoprocedimentale la parola alla Corte Costituzionale di Sara Mecca - Avvocato e Docente di Scienza delle finanze e della sicurezza finanziaria presso l’Università della Tuscia È fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia del verbale di chiusura delle operazioni di accertamento e di disporre dei 60 giorni per eventuali controdeduzioni, nelle sole ipotesi di verifiche in loco. Infatti, il contraddittorio amministrativo appare strumentale a garantire il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e a far sì che le parti processuali si trovino su un piano di sostanziale parità. Inoltre, voler applicare l’art. 12, comma 7, alle sole verifiche in loco sarebbe discriminatorio nei confronti di quei contribuenti che hanno invece subito accertamenti a tavolino, i quali hanno comunque diritto ad evidenziare le proprie ragioni prima che la pretesa del fisco si cristallizzi in un atto impositivo. Così la CTR di Firenze con la sentenza n. 736/1/15 ha rimesso la questione alla Consulta. Una società riceveva un avviso di accertamento che veniva impugnato innanzi la CTP competente. La contribuente eccepiva preliminarmente la nullità dell’atto impositivo poiché emesso in violazione delle garanzie previste dall’art. 12, comma 7, legge Commissione Rordorf: per una riforma organica del fallimento di Andrea Bonelli - Dottore commercialista e Revisore legale dei conti in Roma, Membro del Comitato scientifico dell’Istituto per il Governo Societario - IGS, - Studio Signori Professionisti Associati Lo schema di disegno di legge delega elaborato dalla Commissione Rordorf per la revisione della legge fallimentare rappresenta un importante passo avanti verso una riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La riforma si è resa necessaria per porre rimedio alla disomogenea stratificazione normativa succedutasi dal 1942, alle rilevanti difficoltà applicative e alla mancanza di indirizzi giurisprudenziali consolidati. La Commissione riscrive interamente la disciplina delle procedure concorsuali, nel quale trovano spazio l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese e il sovraindebitamento del consumatore e degli altri debitori non assoggettati al fallimento. Per la riforma fallimentare, oggetto di reiterati interventi normativi, sono necessari interventi di carattere sia “tecnico” che “politico”. Tra i primi si fa riferimento alla redazione di un testo unico della crisi Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata d’impresa piuttosto che alla disciplina in materia di gruppi societari, mentre tra gli interventi “politici” si rimanda alla limitazione dell’autonomia del debitore introducendo, ad esempio, percentuali MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco La decisione della CTR Toscana Sul contraddittorio endoprocedimentale la parola alla Corte Costituzionale di Sara Mecca - Avvocato e Docente di Scienza delle finanze e della sicurezza finanziaria presso l’Università della Tuscia È fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, dello Statuto del contribuente nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia del verbale di chiusura delle operazioni di accertamento e di disporre dei 60 giorni per eventuali controdeduzioni, nelle sole ipotesi di verifiche in loco. Infatti, il contraddittorio amministrativo appare strumentale a garantire il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e a far sì che le parti processuali si trovino su un piano di sostanziale parità. Inoltre, voler applicare l’art. 12, comma 7, alle sole verifiche in loco sarebbe discriminatorio nei confronti di quei contribuenti che hanno invece subito accertamenti a tavolino, i quali hanno comunque diritto ad evidenziare le proprie ragioni prima che la pretesa del fisco si cristallizzi in un atto impositivo. Così la CTR di Firenze con la sentenza n. 736/1/15 ha rimesso la questione alla Consulta. Una società riceveva un avviso di accertamento che veniva impugnato innanzi la CTP competente. La contribuente eccepiva preliminarmente la nullità dell’atto impositivo poiché emesso in violazione delle garanzie previste dall’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 (dopo il rilascio del PVC e la conseguente chiusura della verifica, il contribuente può comunicare entro 60 giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza). La CTP accoglieva il ricorso solo parzialmente, respingendo l’eccezione di nullità. Infatti, la norma citata si applicherebbe solo alle verifiche conseguenti ad accessi, ispezioni o verifiche presso i locali in cui si svolge l’attività del contribuente e non a quelle a tavolino (come era nel caso di specie). La società presentava dunque appello in CTR, riproponendo la medesima eccezione di nullità dell’atto. La decisione della CTR e il percorso argomentativo La CTR di Firenze, sez. I, con l’ordinanza n. 736/1/15, depositata il 10 gennaio 2015 (Pres. e Rel. Cicala), con un interessante percorso argomentativo ha sollevato il dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000, rimettendo gli atti alla Consulta. Quadro giurisprudenziale di riferimento I giudici di appello ripercorrono anzitutto le varie pronunce giurisprudenziali che si sono susseguite negli anni sull’argomento. Le SS.UU. della Cassazione, con la sentenza n. 18184 del 2013, avevano stabilito che l’inosservanza Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento determina di per sé, salvo che ricorrano specifiche ragioni di urgenza, l’illegittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus. Detto termine è infatti posto a garanzia del pieno dispiegarsi del diritto al contraddittorio, che costituisce espressione dei principi costituzionali di collaborazione e buona fede tra amministrazione e contribuente. Tuttavia, tale diritto al contraddittorio è previsto dall’art. 12, comma 7 solo per il contribuente che abbia subito un accertamento conseguente ad accessi, ispezioni e verifiche fiscali effettuate nei locali ove si esercita la sua attività imprenditoriale o professionale. Successivamente le medesime SS.UU. (sentenze n. 19667 e n. 19668 del 2014) sembravano aver fatto un passo in avanti, sancendo un vero e proprio “principio generale del contraddittorio”: infatti, il diritto al contraddittorio realizza l’inalienabile diritto di difesa del cittadino garantito dall’art. 24 Cost., nonché il buon andamento della PA. Tale orientamento era stato avallato anche dalla Corte Costituzionale con la pronuncia n. 132 del 2015 secondo cui nel nostro diritto vige il principio generale del contraddittorio, che trova applicazione anche se non è enunciato in specifiche disposizioni di legge. Tuttavia, con la recente sentenza n. 24823 del 2015, le Sezioni Unite della Cassazione hanno nuovamente limitato l’applicazione del contraddittorio. In particolare, si era affermato che non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato per l’Amministrazione di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo non sia espressamente previsto per legge. Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi “armonizzati” (IVA). Peraltro, anche per questa 2 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi. Con tale pronuncia si era dunque di fatto limitata l’applicazione dell’art. 12, comma 7, alle sole verifiche in loco. La questione di legittimità costituzionale Prendendo le mosse da un tale contraddittorio panorama giurisprudenziale, la CTR si pone dunque il seguente quesito: sussiste nel nostro ordinamento un generale obbligo per l’Amministrazione di instaurare il contraddittorio con il contribuente prima di emettere un accertamento ovvero tale obbligo sorge solo ove previsto da specifiche disposizioni di legge? E dunque l’art. 12, comma 7, si applica solo per le verifiche in loco - così come parrebbe dal dettato letterale della norma - ovvero in generale a tutte le tipologie di accertamento, anche a tavolino? I giudici della CTR analizzano, a tal proposito, le peculiarità del processo tributario, caratterizzato dalla sostanziale assenza di una fase istruttoria o di raccolta delle prove da parte di un giudice terzo, o comunque in contraddittorio (è infatti vietata la prova testimoniale). Di fatto, dunque, l’istruttoria fiscale è affidata quasi esclusivamente all’Amministrazione, che peraltro può Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata spesso avvalersi di meri “indizi”. Posto che non è possibile - osserva la Commissione - che i giudici tributari si facciano ricercatori di prove, appare dunque necessario che il contribuente abbia voce nella fase “amministrativa”, in cui si forma il materiale probatorio su cui poi si fonderà il giudizio. Il contraddittorio amministrativo appare dunque strumentale a garantire il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e a far si che le parti processuali si trovino su un piano di sostanziale parità. Peraltro, voler applicare l’art. 12, comma 7, alle sole verifiche in loco sarebbe discriminatorio nei confronti di quei contribuenti che hanno invece subito accertamenti a tavolino i quali hanno comunque diritto ad evidenziare le proprie ragioni prima che la pretesa del fisco si cristallizzi in un atto impositivo. Ne deriva dunque che è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 12, comma 7, legge n. 212/2000 nella parte in cui riconosce al contribuente il diritto a ricevere copia del verbale di chiusura delle operazioni di accertamenti e di disporre dei 60 giorni per eventuali controdeduzioni, nelle sole ipotesi di verifiche in loco. Sarà ora la Consulta a dover pronunciarsi definitivamente sulla questione. 3 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco Verifica del livello di tassazione nominale Legge di Stabilità 2016: regime CFC con più oneri per i contribuenti di Fabio Ghiselli - Dottore Commercialista e Revisore legale, Vice Presidente del CTF ANDAF Ai fini della disciplina CFC, la legge di Stabilità 2016 prevede che qualunque regime fiscale, ordinario e speciale, si consideri “privilegiato” se il livello di tassazione nominale risulta essere inferiore al 50% di quello applicabile in Italia. Non ci sarà più, pertanto, alcun decreto o provvedimento del MEF al quale si potrà fare riferimento per individuare una lista di Paesi, territori o di soggetti che svolgono una determinata attività, cui si applica la disciplina. Dovrà essere la controllante residente a verificare il livello di imposizione del Paese estero e confrontarlo con quello italiano, per ogni periodo d’imposta. Con un onere maggiore per il contribuente che potrà tradursi in una fonte di rischio qualora la struttura interna o esterna che gestisce gli affari fiscali non sia dotata del necessario know how in materia di fiscalità internazionale. La legge di Stabilità 2016 ha introdotto (art. 1, comma 142, lettera b, legge n. 208/2015) alcune modifiche all’art. 167 TUIR (Disposizioni in materia di imprese estere controllate), che disciplina sia le CFC “black list” (commi da 1 a 8), sia quelle c.d. “white” (commi 8-bis e 8-ter). Secondo quanto disposto dal successivo comma 144, le nuove disposizioni esplicano i loro effetti a decorrere dal periodo d’imposta 2016 (per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare). La prima modifica riguarda l’art. 167, comma 1, TUIR. Come è noto, tale disposizione ha due versioni: - quella modificata dall’art. 1, comma 83, lettera l), legge n. 244/2007, che rinvia a un provvedimento del Ministero dell’Economia da emanare ai sensi dell’art. 168-bis, mai scritto e, quindi, di fatto, mai entrato in vigore, - quella previgente, formalmente abrogata dalla stessa norma ma, per le stesse ragioni, ancora in vigore, su cui è intervenuta la legge di Stabilità 2016. Il legislatore ha, quindi, definitivamente abrogato il suddetto rinvio e, per l’individuazione dei Paesi o territori a regime fiscale privilegiato c.d. black list ha, da un lato, ricompreso tutti quelli meglio definiti in linea di principio al nuovo comma 4 e, dall’altro, escluso i Paesi appartenenti all’Unione europea o aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia ha stipulato un accordo che assicura un effettivo scambio di informazioni. La seconda modifica è quella che ha interessato il comma 4, integralmente riformulato con un linguaggio senz’altro meno ridondante del precedente e secondo cui qualunque regime fiscale, ordinario e speciale, si considera “privilegiato” se il livello di tassazione nominale risulta essere inferiore al 50% di quello applicabile in Italia. La prima considerazione, che consegue dal combinato Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata disposto dei due commi, è che non ci sarà più alcun decreto o provvedimento del Ministero delle Finanze al quale si potrà fare riferimento per individuare una lista di Paesi, territori o di soggetti che svolgono una determinata attività, cui si applica de plano la disciplina in esame. Quindi, l’apposito D.M. 21 novembre 2001 non troverà più pratica attuazione, mentre dovrà essere la controllante residente a verificare il livello di imposizione del Paese estero e confrontarlo con quello italiano, per ogni periodo d’imposta. Non c’è dubbio che ciò rappresenterà un onere maggiore per il contribuente che potrà tradursi in una fonte di rischio qualora la struttura interna o esterna che gestisce gli affari fiscali non sia dotata del necessario know how in materia di fiscalità internazionale. C’è da dire, tuttavia, che l’analisi comparativa appare agevolata dal fatto che, per espressa previsione normativa, dovrà essere verificato il livello di “tassazione nominale” del Paese di residenza della società controllata e non quella effettiva. Sul “livello di tassazione” incominciano a riproporsi i dubbi sulla rilevanza o meno dell’IRAP. Come è noto, la norma nulla dice al riguardo, per cui non resta che riferirsi alla circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 51/E del 6 ottobre 2010 che aveva escluso tale imposta dal computo del livello impositivo interno. In realtà, sarebbe forse il caso di affrontare la questione con una maggiore sistematicità, in relazione a entrambi gli elementi del confronto e all’insieme dell’onere impositivo. Vi sono Paesi che adottano una imposizione mista, sul reddito e sul patrimonio netto che, peraltro, rientrano nell’ambito applicativo della convenzione contro le doppie imposizioni (come la Svizzera),oppure una tassazione sui proventi lordi annui quale onere per la facoltà di svolgere determinate 4 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 attività in concessione (come Monte Carlo), e che vengono sistematicamente disconosciute dall’Agenzia delle Entrate. Per questo sarebbe auspicabile un intervento del legislatore o del Dipartimento delle Finanze del MEF, quale fonte interpretativa primaria. Rimane fermo, invece, il principio per cui la determinazione del reddito del soggetto non residente cui corrisponderà la liquidazione separata dell’imposta in capo alla controllante residente in Italia, dovrà seguire le regole imposte dalla disciplina del TUIR, in materia di IRES, secondo quanto disposto dal D.M. 21 novembre 2001, n. 429, di attuazione. Si rinvia a F. Ghiselli, “Controlled foreign companies: aspetti applicativi”, in Elusione fiscale internazionale, a cura di P. Valente, IPSOA, 2014. Direttamente connessa a quanto detto sopra è la modifica che ha interessato il comma 6, nel quale è stato eliminato il riferimento all’aliquota del 27% come livello minimo cui assoggettare il reddito della CFC, per introdurre il principio più generale “dell’aliquota ordinaria dell’imposta sul reddito delle società”, valido anche in caso di interventi di riduzione (come quello previsto dal 2017 al 24%). Come detto in apertura, la legge di Stabilità 2016 ha anche modificato, in parte, la disciplina relativa alle c.d. CFC “white” (che nulla avevano e hanno a che vedere con una lista apposita, mai redatta, ma così denominate per distinguerle da quelle “black list”), contenuta nei commi 8-bis e 8-ter dell’art. 167. Qui l’intervento del legislatore è conseguente alla Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata modifica operata al comma 4, per specificare che tale disciplina si applica a quei soggetti localizzati in Stati o territori diversi da quelli di cui allo stesso comma 4 -ossia diversi da quelli nei quali il livello di tassazione nominale è inferiore al 50% di quello applicabile in Italia - e a quelli localizzati in Stati appartenenti all’Unione europea o in Stati aderenti allo Spazio economico europeo con i quali l’Italia ha stipulato un accordo che assicuri un adeguato scambio di informazioni. Non sono state apportate altre modifiche al testo normativo, ragione per cui continuano ad applicarsi le stesse regole sancite nei commi citati a quei soggetti che risiedono in Paesi UE a fiscalità ridotta e che fino al passato più recente, hanno dovuto presentare l’apposito interpello disapplicativo. Se il principio della “tassazione nominale” vale per i soggetti black list, per quelli white sottoposti alla disciplina dei commi 8-bis e 8-ter permane univocamente valido il riferimento alla “tassazione effettiva” contenuto nel comma 8-bis, lettera a). Ragione per cui, continueranno a presentarsi le stesse problematiche già viste per questo tipo di società residenti all’estero, anche in ordine alla rilevanza delle variazioni, soprattutto in aumento, effettuate in sede di dichiarazione dei redditi presentata nel Paese di residenza, non raramente disconosciute dall’Agenzia delle Entrate in sede di verifica presso la controllante, ai fini della determinazione del livello di imposizione effettiva da confrontare con quello italiano. Leggi anche “Legge di Stabilità 2016: i costi black list escono di scena” 5 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco Verifica sull’atto di provenienza Legge di Stabilità 2016: assegnazione agevolata immobili con rettifica della detrazione? di Nicola Forte - Dottore commercialista in Roma La disciplina dell’assegnazione agevolata prevista dalla legge di Stabilità 2016 potrebbe determinare la necessità di applicare il meccanismo della rettifica della detrazione. Ciò anche se all’atto dell’acquisto non è stata considerata in detrazione l’IVA. Potrebbe non essere sufficiente, in taluni casi, considerare l’operazione di assegnazione fuori campo IVA; deve essere verificato, infatti, se nel corso del decennio precedente rispetto all’atto di assegnazione sono stati effettuati lavori straordinari sull’immobile in questione e se la relativa imposta sia stata o meno considerata in detrazione. La prima verifica da effettuare, riguarda l’atto di provenienza del bene oggetto di successiva assegnazione. L’immobile potrebbe essere stato acquistato da un privato e quindi l’atto di provenienza dovrebbe aver scontato l’imposta di registro. L’acquisto del bene potrebbe essere stato a suo tempo escluso da IVA in quanto acquistato prima dell’entrata in vigore dell’imposta sul valore aggiunto. In alternativa, l’atto di acquisto potrebbe aver scontato l’imposta di registro a seguito dell’esenzione della cessione ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 8-bis) o n. 8-ter). Quest’ultima disposizione riguarda gli immobili strumentali per natura ed in questo caso l’imposta di registro pagata all’atto dell’acquisto sarà stata determinata in misura fissa. In tutti questi casi l’IVA non è stata considerata in detrazione. É irrilevante se l’indetraibilità sia dovuta alla mancata applicazione del tributo. Se l’atto di provenienza è stato assoggettato ad IVA e l’immobile è di tipo abitativo probabilmente l’IVA non sarà stata considerata in detrazione ai sensi dell’art. 19-bis1, lettera i), D.P.R. n. 633/1972. L’Agenzia delle Entrate ha confermato con diversi documenti di prassi che l’assegnazione dei beni ai soci realizza un’ipotesi di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa (cfr. in particolare circolare n. 40/E del 13 maggio 2002). É possibile, però, che - precedentemente l’operazione di assegnazione - l’immobile sia stato oggetto di ristrutturazione. In tale ipotesi l’impresa potrebbe aver considerato in detrazione l’IVA relativa all’intervento. Si pone quindi il problema di comprendere se l’operazione di assegnazione continui anche in questo caso ad essere fuori campo IVA. I dubbi trovano origine nel fatto che l’eventuale esclusione dal campo di applicazione del tributo attribuirebbe un beneficio al contribuente che, dopo aver considerato in detrazione l’IVA relativa all’intervento di Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata ristrutturazione, escluderebbe successivamente l’intero valore del bene (compreso quello incrementato dai lavori) dall’applicazione del tributo. L’Agenzia delle Entrate ha esaminato il problema con la risoluzione n. 194/E del 17 giugno 2002. In base al documento di prassi, se i lavori di ristrutturazione e di ampliamento integrano la realizzazione di una nuova unità immobiliare ed hanno una consistenza tale da poter essere successivamente destinati a costituire un’autonoma unità immobiliare, la parte dell’immobile realizzata a seguito dell’ampliamento deve essere assoggettata ad IVA (all’atto dell’assegnazione) costituendo anche nell’ipotesi di destinazione a finalità estranee, un’operazione rilevante. Viceversa, se i predetti lavori sono finalizzati esclusivamente a migliorare le condizioni di utilizzazione dell’immobile (senza alcun ampliamento), quindi non hanno esaurito la loro utilità avendo concorso ad incrementare il valore del bene, deve essere operata la rettifica della detrazione ai sensi dell’art. 19-bis2 del D.P.R. n. 633/1972. Tuttavia in questo caso la rettifica è necessaria solo l’IVA relativa ai predetti lavori è stata considerata in detrazione nel decennio precedente (periodo di monitoraggio) rispetto all’atto di assegnazione. Invece se i predetti oneri di manutenzione e riparazione non sono configurabili quali “elementi che compongono il bene”, o se hanno esaurito la loro utilità senza incrementare il valore del bene oggetto di assegnazione (ad esempio se si tratta di lavori di manutenzione ordinaria), la rettifica della detrazione non deve essere effettuata e l’operazione di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa è fuori campo di applicazione dell’IVA. A tal proposito occorre anche ricordare che per i lavori di manutenzione ordinaria effettuati su immobili abitativi l’IVA è indetraibile ai sensi del citato art. 19-bis1 del D.P.R. n. 633/1972. Non sussiste quindi alcuna possibilità di fruire di un indebito vantaggio in 6 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 corrispondenza dell’assegnazione se non si applica il Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata meccanismo della rettifica della detrazione. 7 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco Dal 1° gennaio 2016 Nuovo regime forfetario: le agevolazioni contributive di Saverio Cinieri - Dottore commercialista e pubblicista Per i contribuenti che accedono al regime forfetario è prevista l’applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali. È una delle novità introdotte dalla legge di Stabilità per il 2016, che ha riscritto le regole già definite dalla legge di Stabilità 2015. La nuova formulazione prevede, per i contribuenti forfetari, in luogo dell’esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima, l’applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione separata INPS. I soggetti esercenti attività d’impresa che optano per il regime forfetario possono applicare, ai fini contributivi, un regime agevolato. In pratica, si prevede l’applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione Separata INPS (art. 2, comma 29, legge n. 335/1995). Si ricorda che l’art. 1, commi da 76 a 84, della legge di Stabilità 2015, nella sua versione originaria, aveva introdotto uno specifico regime agevolato ai fini contributivi per i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa (comma 76). Ora, come anticipato, la legge di Stabilità 2016 riscrive completamente le regole. Per capire meglio cosa cambia, è opportuno, però, ricostruire la disciplina così come si è evoluta. L’agevolazione nella legge di Stabilità 2015 La legge di Stabilità 2015 (art. 1, commi da 76 a 84, legge n. 190/2014) ha introdotto uno specifico regime agevolato ai fini contributivi di cui potevano usufruire i contribuenti obbligati al versamento dei contributi previdenziali presso le gestioni speciali artigiani e commercianti, esercenti attività di impresa (comma 76). In particolare, i contribuenti esercenti attività d’impresa che rientravano nel regime fiscale forfetario introdotto nel 2015 potevano fruire anche di un regime agevolato ai fini contributivi nel quale era esclusa l’applicazione della contribuzione previdenziale minima, con una modalità di calcolo dei contributi basati su una percentuale del reddito dichiarato. Si prevedeva, infatti, l’applicazione, per l’accredito della contribuzione, della procedura disposta dall’art. Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata 2, comma 29, legge n. 335/1995, di fatto parificando la disciplina per il calcolo e versamento dei contributi per i richiamati soggetti a quella prevista per gli iscritti alla Gestione separata INPS (per i quali l’importo contributivo va rapportato in dichiarazione dei redditi sulla base dell’imponibile dichiarato nell’esercizio) (comma 77). Sull’agevolazione si era espressa anche l’INPS con la circolare 10 febbraio 2015, n. 29. Leggi anche - “Artigiani e commercianti: come accedere al regime contributivo agevolato” - “Regime contributivo agevolato: entro il 28 febbraio l’adesione” In quell’occasione era stato chiarito che: - si trattava di un regime agevolativo con carattere opzionale e accessibile esclusivamente a domanda. - per i contribuenti che rientravano nel regime fiscale forfetario non trovava applicazione il livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali; pertanto il contribuente non era obbligato a versare la c.d. quota fissa ed i versamenti dovevano essere effettuati in acconto e a saldo, alle scadenze previste per le somme dovute in base alla dichiarazione dei redditi; - alle scadenze previste per il pagamento degli acconti, i soggetti obbligati dovevano versare anche la contribuzione di maternità, pari a 7,44 euro annui, in due rate uguali pari a 3,72 euro. In merito all’applicazione, per l’accredito della contribuzione, dell’art. 2, comma 29, legge n. 335/1995, era stato spiegato che ciò voleva significare che il pagamento di un importo pari al contributo calcolato sul minimale di reddito, attribuiva il diritto all’accreditamento di tutti i contributi mensili relativi a ciascun anno solare cui si riferiva il versamento. Al contrario, nel caso di versamento di un contributo inferiore a quello corrispondente a detto minimale, i mesi accreditati venivano proporzionalmente ridotti. Nell’ipotesi di impresa già esistente, i contributi 8 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 venivano attribuiti temporalmente dall’inizio dell’anno solare, mentre nell’ipotesi di nuova impresa la decorrenza coincideva naturalmente con il mese di inizio di imposizione contributiva. Nel caso in cui erano presenti coadiuvanti o coadiutori, il contribuente poteva indicare la quota di reddito di spettanza dei singoli collaboratori, fino a un massimo, complessivamente, del 49%. Quanto alle modalità operative per fruire del regime agevolato, l’INPS aveva fornito le istruzioni necessarie per richiedere, entro il termine inderogabile del 28 febbraio, l’ammissione allo stesso. Inoltre, era stato chiarito che il regime contributivo agevolato cessava di avere applicazione a partire dall’anno successivo a quello in cui veniva meno taluna delle condizioni previste per l’accesso al regime forfetario. Nuove regole dal 2016 Nel modificare il regime forfetario, la legge di Stabilità 2016 ha riscritto - in parte - la sezione relativa alle agevolazioni contributive. La disposizione completamente riscritta è l’art. 1, comma 77, legge n. 190/2014, che nella sua nuova formulazione prevede che: “Il reddito forfettario determinato ai sensi dei precedenti commi costituisce base imponibile ai sensi dell’articolo 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233. Su tale reddito si applica la contribuzione dovuta ai fini Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata previdenziali, ridotta del 35 per cento. Si applica, per l’accredito della contribuzione, la disposizione di cui all’articolo 2, comma 29, della legge 8 agosto 1995, n. 335”. In pratica: - sparisce il riferimento al disapplicazione del livello minimo imponibile previsto ai fini del versamento dei contributi previdenziali dall’art. 1, comma 3, legge n. 233/1990; - si introduce la riduzione del 35%; - viene confermato l’accredito dei contributi ex art. 2, comma 29, legge n. 335/1995. In definitiva, ora la norma prevede, per i contribuenti forfetari, in luogo dell’esclusione dell’applicazione della contribuzione previdenziale minima, l’applicazione di una riduzione pari al 35% della contribuzione ordinaria INPS dovuta ai fini previdenziali (rispetto quindi a quanto dovuto senza agevolazioni dai contribuenti che utilizzano il normale regime IVA), fermo restando il meccanismo di accredito contributivo secondo le regole della Gestione Separata INPS (art. 2, comma 29, Legge n. 335/1995). Restano comunque confermate tutte le altre regole, in particolare quelle connesse: - ai versamenti; - ai coadiuvanti e collaboratori; - alla richiesta di accesso entro il 28 febbraio; - alla cessazione del regime. 9 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco Con il trasporto per conto del fornitore Vendite a distanza con IVA nel Paese UE del cliente di Marco Peirolo - Dottore commercialista in Torino, Advisor scientifico di Adacta Studio Associato Secondo la Commissione europea, ai fini dell’applicazione dell’IVA nel Paese UE di destinazione, previsto per le vendite a distanza, il trasporto deve intendersi effettuato per conto del fornitore non solo quando il cedente interviene direttamente o per mezzo di un vettore nel trasporto, ma anche quando egli interviene indirettamente - per esempio promuovendo attivamente, suggerendo o consigliando al cessionario un determinato vettore pur non concludendo il contratto di trasporto con il vettore e pur non sostenendo i costi di trasporto. Nell’ambito del D.L. n. 331/1993, le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni spediti/ trasportati nel territorio dello Stato dal cedente o per suo conto, ovvero spediti/trasportati dal cedente o per suo conto nel territorio di altro Stato membro, sono soggette a IVA nel Paese di destinazione dei beni alla duplice condizione che: - il cessionario sia un “privato consumatore” o un operatore non ammesso alla detrazione dell’imposta - il volume annuo di “vendite a distanza” verso il singolo Stato non sia superiore ad una determinata soglia (pari a 35.000 euro per l’Italia). Con norma di interpretazione autentica (art. 11-quater, comma 1, D.L. n. 35/2005) è stato precisato che la locuzione “le cessioni in base a cataloghi, per corrispondenza e simili, di beni deve intendersi riferita alle cessioni di beni con trasporto a destinazione da parte del cedente, a nulla rilevando le modalità di effettuazione dell’ordine di acquisto”. Al riguardo, il corrispondente art. 33, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE stabilisce che “è considerato luogo di una cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto, a partire da uno Stato membro diverso da quello di arrivo della spedizione o del trasporto, il luogo in cui i beni si trovano al momento d’arrivo della spedizione o del trasporto a destinazione dell’acquirente”, ossia fissa una deroga al più generale principio secondo il quale le cessioni a privati consumatori sono assoggettate a IVA nel Paese di origine. Pare, quindi, evidente che ciò che caratterizza, in base alla disciplina unionale, le vendite a distanza, oltre alla circostanza che l’acquirente sia un privato, non è il mezzo tecnologico (fax, telefono, e-mail, etc.) utilizzato per la conclusione del contratto, ma il fatto che il trasporto della merce venga effettuato direttamente dal fornitore o per suo conto a destinazione del cliente in un diverso Paese membro. Ne consegue, secondo la circolare dell’Agenzia delle Entrate 13 giugno 2006, n. 20 (§ 3), “che le cessioni di beni sono ammesse al regime di non imponibilità e devono essere assoggettate ad imposta nello Stato Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata membro di destinazione - anche se concluse presso il punto vendita del fornitore - quando il trasporto a destinazione dell’acquirente in altro Stato membro viene eseguito ad opera del cedente, configurandosi come accessorio all’operazione principale di cessione”. In merito all’interpretazione della locuzione “cessione di beni spediti o trasportati dal fornitore o per suo conto”, contenuta nell’art. 33, par. 1, della direttiva n. 2006/112/CE, la Commissione europea, nel Working Paper n. 855 del 5 maggio 2015, ha osservato che, in base all’interpretazione letterale della norma, l’operazione può qualificarsi come vendita a distanza, soggetta ad IVA nel Paese di destinazione, a condizione che il trasporto sia effettuato direttamente dal cedente o da terzi per suo conto. Si resta, invece, al di fuori della disciplina delle vendite a distanza in tutti i casi in cui il contratto di trasporto sia concluso dal cessionario con il vettore e il cedente non sia, quindi, responsabile per gli eventuali inadempimenti del vettore, imputabili a ritardi nella consegna, danneggiamento della merce, ecc. In base a questa impostazione, anche se il cedente ha consigliato al cessionario un determinato vettore non è possibile ritenere che il trasporto sia stato effettuato per conto del cedente stesso. Un’interpretazione più ampia, suggerita dalla Commissione al fine di privilegiare la “realtà economica” e di evitare l’arbitraria localizzazione territoriale dell’operazione nel Paese di origine o in quello di destinazione, porta invece a ritenere che il trasporto debba intendersi effettuato per conto del fornitore non solo quando il cedente intervenga direttamente o per mezzo di un vettore nel trasporto, ma anche quando egli intervenga indirettamente - per esempio promuovendo attivamente, suggerendo o consigliando al cessionario un determinato vettore - pur non concludendo il contratto di trasporto con il vettore e pur non sostenendo i costi di trasporto. Il Comitato IVA, nella riunione n. 104 del 4 e 5 giugno 2015 (Documento C - taxud.c.1(2015)4820441 - 876), ha quasi unanimemente condiviso l’interpretazione estensiva dell’art. 33 della direttiva n. 2006/112/CE prospettata dalla Commissione europea. In particolare, 10 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 il Comitato IVA ha unanimemente convenuto che il fornitore interviene direttamente nel trasporto quando: - subappalta il servizio di trasporto a terzi che consegnano i beni al cliente; - il trasporto dei beni è fornito da un terzo, ma il fornitore si assume totalmente o parzialmente la responsabilità per la consegna della merce al cliente; - il fornitore fattura e incassa il costo di trasporto dal cliente per poi accreditarlo al soggetto terzo che organizza il trasporto dei beni. Il Comitato IVA ha convenuto quasi all’unanimità che il fornitore interviene indirettamente nel trasporto nei casi in cui: Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata - promuova attivamente il servizio di consegna dei beni al cliente da parte di un terzo; - metta in contatto il cliente e il terzo; - fornisca a terzi le informazioni necessarie per la consegna dei beni al cliente. Il Comitato IVA ha, inoltre, convenuto all’unanimità che i beni non si considerano trasportati o spediti dal fornitore o per suo conto, ai sensi dell’art. 33 della direttiva n. 2006/112/CE, quando è il cliente che trasporta i beni e, quasi all’unanimità, che si resta al di fuori della disciplina in esame quando il cliente organizza il trasporto avvalendosi di un terzo, senza l’intervento, diretto o indiretto, del fornitore. 11 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco La sentenza della CTP Bergamo Sanzioni amministrative tributarie: favor rei applicabile alle disposizioni generali di Raffaele Artina - Dottore Commercialista in Bergamo Uno degli aspetti mai formalmente chiariti dall’Amministrazione finanziaria attiene all’applicazione del principio del favor rei agli istituti generali previsti dalla disciplina delle sanzioni amministrative tributarie, recati dal D.Lgs. n. 472/1997. In questo contesto, la sentenza n. 384/8/15 della CTP di Bergamo, passata in giudicato per mancata impugnazione, rappresenta un interessante precedente per sostenere l’applicazione trasversale del favor rei a tutte le disposizioni che regolano le sanzioni amministrative tributarie, incluse, quindi, anche le disposizioni generali. L’introduzione dell’applicazione della misura sanzionatoria più favorevole alle violazioni di natura tributaria - cd. principio del favor rei - è mutuata dall’analoga disposizione contenuta nel Codice penale. Tuttavia la formulazione dell’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 sembra limitare l’applicazione del principio unicamente alla determinazione della misura della sanzione, con una portata più limitata rispetto a quanto previsto dalla disciplina penalistica, laddove deve essere applicata qualsiasi norma che introduca un vantaggio di qualsivoglia natura per l’imputato. L’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997 dispone che “se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole [...]”. Questa previsione trova generalmente applicazione quando la successione nel tempo delle leggi porti alla determinazione di sanzioni di entità diversa in relazione ad una determinata violazione. Ad esempio In relazione alla recente rimodulazione delle sanzioni previste per infedele dichiarazione, il nuovo minimo edittale del 90% previsto dal riformato art. 1, D.Lgs. n. 471/1997 troverà applicazione anche per le violazioni commesse in data antecedente al 1° gennaio 2016. D’altro canto, la nuova sanzione prevista dall’art. 1, comma 3, D.lgs. n. 471/1997, che prevede l’aumento della metà dei minimi edittali per le ipotesi di infedele dichiarazione qualora l’infedeltà derivi dall’utilizzo di documenti per operazioni inesistenti, potrà essere applicata solo per i fatti commessi dal 1° gennaio 2016. Portata più ampia per il favor rei? Chiarito, quindi, come il principio operi direttamente sulle disposizioni che ridondano sull’entità della sanzione, si pone il dubbio se la medesima disposizione possa avere una portata più ampia di quella Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata che traspare dal dato letterale della stessa, giungendo così ad interessare la successione delle leggi che riguardino anche gli istituti generali recati dal D.Lgs. n. 472/1997. Favor rei e ravvedimento operoso Una risposta affermativa a questo interrogativo può essere ricavata dalle pronunce ufficiali dell’Amministrazione finanziaria in tema di ravvedimento operoso. In particolare sul tema il Ministero delle finanze con la C.M. 10 luglio 1998, n. 180/E ha precisato che: “In relazione al ravvedimento è opportuna un’ulteriore precisazione avuto riguardo alle disposizioni previgenti che ammettevano la regolarizzazione entro termini più ampi rispetto a quelli ora previsti dall’art. 13. Nelle ipotesi in cui il ravvedimento possa essere eseguito, in forza delle disposizioni previgenti, oltre i termini indicati nell’art. 13, il principio del favor rei impone di considerare siffatte previsioni ancora operative”. Ed ancora l’Agenzia del Territorio, con circolare 27 aprile 2001, n. 4/T, in tema di ravvedimento operoso e in relazione all’innalzamento della misura percentuale necessaria per ravvedere una violazione di una norma tributaria, operata dal D.Lgs. n. 99/2000, ha precisato che: “Tale modifica, peraltro, a differenza di quella concernente la lettera c) dell’art.13, traducendosi in un trattamento sanzionatorio più sfavorevole per il contribuente [...] non può essere applicata retroattivamente, ma soltanto con riferimento alle violazioni commesse a decorrere dall’11 maggio 2000, data di entrata in vigore del citato D.Lgs. 99/2000”. Per effetto dei citati interventi interpretativi, il favor rei risulterebbe, quindi, applicabile anche ad una delle disposizioni generali regolate dal D.Lgs. n. 472, quella appunto recata dall’art. 13. Ci si domanda, quindi, se sia possibile ipotizzare un’applicazione generalizzata del principio anche agli altri istituti, quali ad esempio quello relativo alla 12 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 definizione delle sanzioni in misura ridotta recato dagli articoli 16 e 17, D.Lgs. n. 472/1997. Modifica alla disciplina della definizione agevolata L’intervento della giurisprudenza di merito Una risposta affermativa al quesito può essere ricavata nella pronuncia della CTP di Bergamo (sentenza n. 384/2015), che ha avuto modo di precisare che la limitazione o le modifiche in peius alla misura della definizione agevolata delle sanzioni non possono essere applicate a fatti antecedenti alla data di entrata in vigore della disposizione modificativa, salvo che l’applicazione retroattiva non derivi da un’espressa previsione della legge. Il caso allo scrutinio dei giudici bergamaschi riguardava un contribuente a cui era stata irrogata la sanzione per indebita compensazione di crediti prevista dall’allora vigente art. 27, comma 18, D.L n. 185/2008 (dal 1° gennaio 2016, art. 13 comma 5, D.Lgs. n. 471/1997), in misura pari al 100% del credito indebitamente compensato. Nella formulazione vigente alla data di commissione della violazione, tale disposizione non prevedeva alcuna limitazione alla possibilità di definizione agevolata della sanzione. Successivamente, il D.L. n. 78/2009 (art. 10, comma 1, lettera a, n. 8), con decorrenza 1° luglio 2009 integrava la disposizione normativa con la previsione che “Per le sanzioni previste nel presente comma, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista dall’articolo 16, comma 3 e 17, comma 2 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472”. Nonostante la condotta fosse stata posta in essere antecedentemente al 1à luglio 2009, l’Agenzia delle Entrate negava il diritto del contribuente di definire la sanzione con riduzione a 1/3. Il contribuente, dopo aver pagato la sanzione in misura ridotta (1/3 di quella irrogata), proponeva ricorso avverso questa parte dell’atto di recupero credito, evidenziando che il comportamento dell’Ufficio comportava una violazione dell’art. 3, comma 3, D.Lgs. n. 472/1997, in quanto l’esclusione della definizione agevolata determinava l’applicazione di una misura sanzionatoria più severa di quanto fosse previsto dal sistema esistente all’epoca dei fatti. Inoltre, si evidenziava che quando il legislatore abbia inteso derogare al principio del favor rei lo ha fatto in modo esplicito (come è avvenuto, ad esempio, per la modifica della misura della definizione agevolata delle sanzioni, che in base all’art. 1, comma 20, legge n. 220/2010 ha determinato un innalzamento del versamento necessario Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata per la definizione delle sanzioni da 1/4 a 1/3; in tale ipotesi è stato esplicitamente previsto che la nuova misura trovasse applicazione per gli atti notificati dal 1° febbraio 2011, prevedendo, quindi, un inasprimento della misura della sanzione anche per fatti commessi antecedentemente). Infine, si invocava l’applicazione dell’art. 3, comma 1, dello Statuto dei diritti del contribuente, dove viene stabilito che “Salvo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo” ed, inoltre, l’impossibilità di considerare la novella in vigore dal 1° luglio 2009 quale norma di interpretazione autentica, in quanto lo stesso Statuto del contribuente stabilisce che: “l’adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tale le disposizioni di interpretazione autentica”. La pronuncia della CTP di Bergamo La CTP di Bergamo ha accolto le doglianze del contribuente, evidenziando che nella fattispecie “deve ritenersi ammessa la definizione agevolata in quanto solamente con l’entrata in vigore del D.L. 1° luglio 2009, n. 78 tale possibilità è stata esclusa; e non vi è dubbio che tale disposizione avesse una portata innovativa in quanto integrava la fattispecie con un sostanziale inasprimento della sanzione. Né può ritenersi che la citata disposizione avesse efficacia retroattiva in quanto non possedeva affatto il carattere di interpretazione autentica di una precedente disposizione. Pertanto, non potendosi ritenere che nel 2008 fosse presente nel sistema una norma specifica che inibisse la definizione agevolata della sanzione, introdotta specificamente con la citata disposizione del 2009, deve affermarsi il diritto del contribuente alla definizione agevolata della sanzione”. Dalla lettura della motivazione della sentenza sembra potersi ammettere che il favor rei sia un principio trasversalmente applicabile alle disposizione sanzionatorie tributarie, siano esse disposizioni che regolano le specifiche ipotesi sanzionatorie individuandone la misura, siano disposizioni generali, la cui modifica può comportare in ogni caso una misura della sanzione più aspra di quella prevista al momento in cui è stata commessa la violazione. Nel caso in analisi si conclude, quindi, per la disapplicazione dell’inibizione alla definizione agevola della sanzione, in quanto tale inibizione è stata prevista da una norma entrata in vigore successivamente alla condotta illecita. 13 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Riferimenti normativi Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Commissione tributaria provinciale Bergamo, sez. VIII, sentenza 23/04/2015, n. 384 14 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco Come cambia la tassazione immobiliare Immobili merce destinati alla vendita con TASI ridotta di Paolo Parisi - Docente di Diritto Tributario Scuola Nazionale dell’Amministrazione Presidenza del Consiglio dei Ministri, di Paola Mazza - Dottore commercialista e pubblicista La legge di Stabilità per il 2016 ha ridotto la tassazione ai fini della TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita - c.d. immobili merce, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati. Al Comune rimane la facoltà di detassarli integralmente. Nella sostanza per gli immobili merce, l’aliquota TASI è ridotta allo 0,1 per cento. I Comuni possono, però, modificare l’ aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento o, in diminuzione, fino all’azzeramento. La legge di Stabilità 2016 (art. 1, comma 14, lettera c, legge n. 208/2015) contiene disposizioni che prevedono, a decorrere dal 2016, la ridotta tassazione ai fini della TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati (immobili merce). Viene, in particolare, previsto per detti immobili una sostanziale riduzione della TASI, imposta che le imprese costruttrici sono, comunque, tenute a versare (diversamente da quanto avviene per l’IMU ove è prevista per gli stessi immobili l’esenzione dal tributo locale). Nella sostanza per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita, fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati, l’aliquota TASI è ridotta allo 0,1%. I Comuni possono, però, modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25% o, in diminuzione, fino all’azzeramento In ambito oggettivo, l’agevolazione si riferisce: - ai fabbricati, porzioni di fabbricato o singole unità immobiliari destinati a uso abitativo; - ai fabbricati destinati ad altri usi, quali lo svolgimento di attività industriali, artigianali, commerciali e professionali, purché gli stessi siano destinati alla vendita dall’impresa che li ha costruiti. Per ciò che concerne il profilo soggettivo, sono interessate dall’agevolazione le imprese che per attività statutaria costruiscono fabbricati per la vendita, vale a dire le c.d. immobiliari di costruzione, per le quali tali fabbricati costituiscono tipicamente beni merce, tassati a costi e ricavi. La norma non richiede, peraltro, che l’impresa costruttrice abbia come oggetto dell’attività propria la costruzione di fabbricati. Pertanto, si ritiene che la riduzione della TASI prevista dalla norma in commento possa essere usufruita da qualsiasi impresa che abbia costruito i fabbricati per la vendita, anche come attività secondaria. Attenzione Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Sono escluse dal beneficio TASI le imprese immobiliari di gestione, ovvero quelle che acquistano i fabbricati finiti per destinarli alla vendita. Beneficiano del trattamento di favore: - i fabbricati costruiti dall’impresa edile rimasti invenduti; - i fabbricati che sono stati dalla stessa acquistati e sui quali sono stati eseguiti incisivi interventi di recupero (risoluzione 11 dicembre 2013, n. 11/DF). La riduzione della TASI, a decorrere dal 1° gennaio 2016, oltre a riguardare gli immobili costruiti dalle imprese immobiliari di costruzione, deve estendersi, quindi, anche agli immobili acquistati e recuperati dalle imprese immobiliari di costruzione a partire dalla data di ultimazione dei lavori. Contenuto dell’agevolazione In relazione ai sopracitati beni merce, è stato previsto un regime di favore, ossia l’applicazione di un’aliquota ridotta ai fini della TASI pari allo 0,1 per cento e, inoltre, è stata riconosciuta ai Comuni la facoltà di modificare la suddetta aliquota, in aumento, sino allo 0,25 per cento. Ovviamente, anche in questa fattispecie è consentito al Comune, e la norma lo ribadisce, la possibilità di azzerare l’aliquota. Nella sostanza, si avrà un’aliquota ordinaria TASI dello 0,1% disposta dalla legge di Stabilità 2016 con la potestà comunale di deliberare variazioni in aumento o in diminuzione dell’aliquota stessa che vanno dallo 0,25% all’integrale detassazione degli immobili in commento. Condizioni per la riduzione della TASI Per beneficiare della riduzione della TASI sugli immobili invenduti delle imprese edili è necessario che gli stessi immobili non siano concessi in locazione, ovvero non siano stati posti a reddito dalla medesima impresa, o utilizzati temporaneamente dalla stessa. Viene, in sintesi, esclusa l’applicazione del beneficio “in caso di locazione e utilizzazione, anche 15 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 temporanea, da parte dell’impresa”, poiché il tenore letterale della norma non consentirebbe una diversa interpretazione. La riduzione della TASI per i fabbricati costruiti e destinati dall’impresa costruttrice alla vendita opera, infatti, “fintanto che permanga tale destinazione e non siano in ogni caso locati”. La riduzione TASI decade per l’intero periodo d’imposta in caso anche solo di temporanea locazione o di temporaneo utilizzo degli immobili invenduti da parte dell’impresa costruttrice. IMMOBILI CHE FRUISCONO DELLA RIDUZIONE TASI Beni merce - finché permane la destinazione alla vendita - fabbricati costruiti destinati alla vendita - a condizione che non siano locati - fabbricati acquistati oggetto di incisivi interventi di recupero - a uso abitativo Attenzione - ad altri usi (per svolgimento attività industriali, artigiana- Non godono del beneficio le imprese immobiliari di gesli, commerciali e professionali) tione Attenzione Il Legislatore non ha riconosciuto la riduzione in oggetto nell’ipotesi in cui un immobile sia locato per una sola frazione dell’anno (ad esempio, 2 mesi su 12): in termini di equità, si è del parere che la riduzione TASI doveva essere riconosciuta in proporzione alla durata del periodo d’imposta in cui l’immobile non era stato locato, così come è previsto con riferimento al trattamento fiscale ai fini dell’IMU della abitazione principale. In tal caso, infatti, nell’ipotesi di un’abitazione che, solo per un lasso temporale, è destinata dal proprietario a propria abitazione principale e, successivamente venga locata, l’imponibilità IMU è limitata alla porzione d’anno nella quale l’immobile non è più la dimora abituale del contribuente. Questa riduzione soggiace all’obbligo dichiarativo da effettuare entro il termine ordinario la presentazione Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata delle dichiarazioni di variazione relative all’imposta municipale sui servizi: l’apposita dichiarazione va redatta utilizzando il modello ministeriale predisposto, con la quale si attesta il possesso dei requisiti e si riportano gli identificativi catastali degli immobili per i quali si applica il beneficio (art. 9, comma 6, D.Lgs. n. 23/2011). I soggetti passivi devono presentare la dichiarazione entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello in cui il possesso degli immobili ha avuto inizio, o sono intervenute variazioni rilevanti ai fini della determinazione dell’imposta. Attenzione Se non si verificano modificazioni dei dati ed elementi dichiarati cui consegua un diverso ammontare dell’imposta dovuta, la dichiarazione ha effetto anche le annualità successive. 16 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Fisco Il decreto del MEF 730 precompilato: comunicazione di spese funerarie, università private e bonus casa entro il 28 febbraio È in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze che disciplina le modalità di trasmissione all’Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle spese universitarie, alle spese funebri e a quelle per interventi di ristrutturazione e riqualificazione energetica ai fini dell’elaborazione del 730 precompilato. I dati relativi alle suddette spese dovranno essere trasmessi entro il 28 febbraio di ciascun anno. Il testo del decreto è stato anticipato ieri sul sito del MEF. Sul sito del Ministero dell’Economia è disponibile il testo del D.M. 13 gennaio 2016 (in corso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) recante “Termini e modalità per la trasmissione alla Agenzia delle Entrate dei dati relativi alle spese universitarie, alle spese funebri, alle spese per interventi del recupero del patrimonio edilizio e alle spese per interventi volti alla riqualificazione energetica ai fini della elaborazione della dichiarazione precompilata”. Il provvedimento dà attuazione all’articolo 3, comma 4, del D.Lgs. 175/2014 che prevede che con apposito decreto del MEF siano individuati i termini e le modalità per la trasmissione telematica all’Agenzia dei dati relativi alle suddette spese che danno diritto alla detrazione dall’IRPEF. Con riferimento alle spese di istruzione, il decreto dispone che le università statali e private trasmettano in via telematica, entro il 28 febbraio di ciascun anno e con riferimento a ciascuno studente, una comunicazione contenente i seguenti dati riferiti all’ano precedente: spese per la frequenza di corsi di istruzione universitaria e di specializzazione; spese per la frequenza di corsi di perfezionamento; spese per la frequenza di master assimilabili ai predetti corsi; spese di iscrizione a corsi di dottorato e ricerca. Tali spese devono essere comunicate al netto dei relativi rimborsi e contributi. Entro lo stesso termine del 28 febbraio dovranno essere comunicati i dati relativi alle spese funebri e relative a ciascun decesso, con l’indicazione dei dati del soggetto deceduto e degli intestatari del documento fiscale. Infine, con riferimento alle spese per interventi di Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica la comunicazione riguarderà l’ammontare delle spese sostenute nell’anno d’imposta precedente e i dati identificativi del mittente, dei beneficiari della detrazione e dei destinatari del pagamento. A cura della Redazione Riferimenti normativi Ministero dell’Economia, D.M. 13/01/2016 Fisco Anche detenuti a titolo diverso dalla proprietà Spese ammortizzabili se relative a beni funzionalmente autonomi In tema di agevolazioni fiscali per investimenti produttivi in aree svantaggiate, è necessario che le relative spese siano riferite a beni strumentali nuovi, fiscalmente ammortizzabili tra gli immobilizzi materiali e, ove insistenti su suolo altrui, funzionalmente autonomi rispetto all’immobile del terzo su cui sono realizzati. Ne consegue che, ove si tratti di spese incrementative riferite a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà, pur non essendo la circostanza di per sé sola sufficiente ad escludere l’agevolazione, è decisivo che il bene, per la sua autonomia, sia idoneo ad essere rimosso ed utilizzato separatamente dall’investitore al termine della locazione o comodato del bene altrui cui accede. Sono ammortizzabili le spese incrementative relative a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà se gli stessi sono funzionalmente autonomi. Così la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 881/2016. Il fatto trae origine dal contenzioso instaurato da una società e l’Agenzia delle Entrate. La CTR ha accolto l’appello della società proposto contro la sentenza della CTP che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di recupero credito di imposta per l’anno 2003, ed ha cosi riconosciuto spettante il credito di imposta ex lege n. 388/2000 (art. 8) commisurato ai nuovi investimenti in beni strumentali nelle aree svantaggiate, che era stato disconosciuto perché relativo a beni di terzi e per migliorie “non separabili” dai beni a cui accedono, con conseguente natura di mero costo. La CTR ha motivato la decisione ritenendo che il credito d’imposta spetti anche a fronte di investimenti effettuati su immobili di proprietà di terzi e che - alla luce della considerazione globale e unitaria degli interventi effettuati dalla contribuente sul locale condotto in locazione - gli interventi edilizi effettuati erano valsi a rendere idoneo o maggiormente idoneo il locale 17 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 all’uso di pubblico esercizio di ristorazione, pur non avendo comportato aumento della superficie, e non potevano essere ricondotti alla mera manutenzione (sia pure straordinaria) poiché costituivano adeguamento alla normativa specifica in materia e refluivano sulla funzionalità complessiva del locale. D’altronde, occorreva dare rilevanza al dato sostanziale del genere di intervento realizzato, dovendosi intendere il requisito della novità in chiave economica piuttosto che in termini materiali, giacchè l’obiettivo della legge era quello di incentivare le iniziative capaci di apportare crescita della produzione e dello sviluppo economico. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, dolendosi del fatto che il giudice di appello aveva dato rilevanza a spese effettivamente incrementative ma che - sebbene astrattamente non inidonee nell’ottica di essere state effettuate su beni altrui - non potevano in concreto valorizzarsi perché riferite “a beni che non hanno la loro autonomia funzionale rispetto ai beni a cui accedono”. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso. Sul punto, va qui ricordato che la Suprema Corte, in una vicenda del tutto analoga a quella qui in esame, ha affermato che in tema di agevolazioni fiscali per investimenti produttivi in aree svantaggiate è necessario che le relative spese siano riferite a beni strumentali nuovi, fiscalmente ammortizzabili tra gli immobilizzi materiali ai sensi degli articoli 67 e 68 TUIR e, ove insistenti su suolo altrui, funzionalmente autonomi rispetto all’immobile del terzo su cui sono realizzati. Ne consegue che, ove si tratti di spese incrementative riferite a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà, pur non essendo la circostanza di per sé sola sufficiente ad escludere l’agevolazione, è decisivo che il bene, per la sua autonomia, sia idoneo ad essere rimosso ed utilizzato separatamente dall’investitore al termine della locazione o comodato del bene altrui cui accede. Nella predetta pronuncia è stato decisivamente evidenziato che la sola circostanza che l’opera sia realizzata su suolo altrui non è decisiva, a condizione che i relativi costi possano essere contabilizzati tra le “immobilizzazioni materiali”, in quanto il bene, avendo una sua autonoma funzionalità ed individualità, a prescindere da quello - di terzi - a cui accede, al termine del periodo di locazione o di comodato può essere rimosso ed utilizzato separatamente dall’investitore. In sostanza, si impone una distinzione tra: a) spese incrementative che si riferiscono a beni che non hanno una loro autonoma funzionalità rispetto al bene a cui accedono (e come tali devono essere classificate civilisticamente nell’attivo dello stato Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata patrimoniale alla voce B 17 - “Altre immobilizzazioni immateriali”, le quali fiscalmente rientrano nella disciplina dell’art. 74, comma 3 TUIR - vecchia formula - e perciò sono ordinariamente deducibili nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio), e come tali non possono rilevare ai fini dell’agevolazione di cui qui trattasi appunto perché costituiscono beni non autonomi, ma, stante l’accessione su beni altrui, oggetto di un mero costo; b) spese incrementative su beni di terzi costituenti beni materiali autonomo (che, secondo corretti principi contabili, vanno classificate tra le “Immobilizzazioni materiali”) e che, in quanto riferibili a beni che hanno una loro autonoma funzionalità e possono essere rimossi ed utilizzati indipendentemente dal bene a cui accedono, sono agevolabili ai sensi dell’art. 8, appunto perché non costituiscono mero costo ma danno luogo ad un bene “nuovo”, sicchè risultano ammortizzabili ai sensi degli articoli 67 e 68 (oggi 103 e 104) TUIR. Poiché nella specie non era controverso che gli investimenti in argomento avessero dato luogo proprio ad incrementi rientranti nella seconda delle due menzionate categorie, non restava che concludere agli Ermellini per l’erroneità dell’applicazione della norma valorizzata. Da qui, dunque, l’accoglimento del ricorso. Di rilievo le conseguenze pratiche della sentenza. In tema di agevolazioni fiscali per investimenti produttivi in aree svantaggiate è necessario che le relative spese siano riferite a beni strumentali nuovi, fiscalmente ammortizzabili tra gli immobilizzi materiali e, ove insistenti su suolo altrui, funzionalmente autonomi rispetto all’immobile del terzo su cui sono realizzati. Ne consegue che, ove si tratti di spese incrementative riferite a beni detenuti a titolo diverso dalla proprietà, pur non essendo la circostanza di per sé sola sufficiente ad escludere l’agevolazione, è decisivo che il bene, per la sua autonomia, sia idoneo ad essere rimosso ed utilizzato separatamente dall’investitore al termine della locazione o comodato del bene altrui cui accede. Precedenti giurisprudenziali: Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 11 ottobre 2013, n. 23136 A cura della Redazione Riferimenti normativi Corte di Cassazione, sez. VI, ordinanza 19/01/2016, n. 881 Fisco Sistema tessera sanitaria 18 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 730 precompilato, CNA: proroga per l’invio delle spese sanitarie al STS “E’ indispensabile prorogare di almeno quindici giorni la scadenza, fissata per il prossimo 1° febbraio, della trasmissione obbligatoria al Sistema tessera sanitaria di tutti i dati relativi alle prestazione erogate nel 2015 dalle strutture sanitarie accreditate, dai medici e dagli odontoiatri iscritti negli Albi”. Lo si legge in un comunicato della CNA diffuso al termine di un incontro con le strutture territoriali che si occupano dell’invio. “La proroga”, sottolinea la CNA, “è dovuta alle numerose, e pesanti, criticità emerse in tutto il territorio nazionale durante il normale lavoro dei soggetti intermediari incaricati delle operazioni. Solo sabato 16 gennaio, infatti, è stato rimosso un errore nella procedura che impediva agli intermediari di operare”. Leggi anche - “730 precompilato: invio spese mediche tra criticità tecniche ed interpretative” - “730 precompilato, spese sanitarie: comunicazione a rischio rinvio?” - “Spese sanitarie: soluzione in vista per la trasmissione dei dati da parte degli studi professionali” La proroga di 15 giorni, conclude CNA, “oltre a consentire di lavorare con carichi normali e senz’affanni, ridurrebbe la possibilità di commettere errori durante l’invio dei dati”. A cura della Redazione Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata 19 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Lavoro e Previdenza Cumulabile con il bonus assunzioni Giovani precari e disoccupati: ripristinati gli incentivi alle imprese di Riccardo Pallotta - Esperto di previdenza professionale, organizzazione e funzionamento della pubblica amministrazione Riattivato l’incentivo di 5.000 euro per le imprese private e le cooperative che assumono giovani precari e disoccupati iscritti alla “Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori”. L’INPS ha comunicato la riapertura delle iscrizioni per i giovani genitori di età inferiore ai 35 anni, con figli minori o affidatari di minori. L’iscrizione dà diritto ad una dote del valore massimo di 5.000 euro, trasferibile al datore di lavoro in caso di assunzione o trasformazione con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo parziale. L’incentivo è cumulabile anche con l’esonero contributivo per le nuove assunzioni, prorogato dalla legge di Stabilità 2016. Riaperte le iscrizioni alla “Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori”. A comunicarlo è l’INPS con il messaggio 7376 del 10 dicembre 2015, che fa seguito alla nota del 18 novembre 2015, con la quale il Dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dopo la sospensione, ha concesso nuovamente la possibilità ai giovani genitori di procedere alle iscrizioni alla Banca dati, sempre - comunque - nei limiti di stanziamento di cui si dirà di seguito. Ma vediamo in cosa consiste l’incentivo e quando se ne ha diritto. Quadro normativo Con decreto del 19 novembre 2010, pubblicato nella G.U. 27 dicembre 2010, n. 301 il Ministro della Gioventù ha stanziato l’importo di € 51.000.000, per la realizzazione di interventi in favore dell’occupazione di persone di età non superiore a trentacinque anni e con figli minori a valere sulla complessiva dotazione del Fondo di sostegno per l’occupazione e l’imprenditoria giovanile istituito dall’articolo 1, commi 72 e 73, della legge 24 dicembre 2007, n. 247. Il decreto prevede la creazione di una banca dati che raccolga i nominativi dei giovani genitori, alimentata su iniziativa dei singoli lavoratori interessati e finalizzata a consentire l’erogazione di un incentivo di 5.000 euro alle imprese private e delle società cooperative che assumono con contratto a tempo indeterminato, anche parziale le persone iscritte alla banca dati stessa. Il Gestore delle attività di selezione delle domande di accesso ai benefici è l’INPS, con il quale il Dipartimento della Gioventù ha stipulato una convenzione finalizzata alla gestione della banca dati e dell’incentivo all’assunzione. L’INPS ha successivamente fornito le istruzioni operative con la circolare del 5 settembre 2011, n. 115 e il messaggio 20065 del 21 ottobre 2011. Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Beneficiari Giovani genitori precari o disoccupati La dote trasferibile di 5.000 euro spetta ai soggetti che possiedono, alla data di presentazione della domanda, congiuntamente i seguenti requisiti: - età non superiore a 35 anni (fino al giorno precedente il compimento del trentaseiesimo anno di età); - essere genitori di figli minori - legittimi, naturali o adottivi - ovvero affidatari di minori; - essere titolari di uno dei seguenti rapporti di lavoro: lavoro subordinato a tempo determinato, lavoro in somministrazione, lavoro intermittente, lavoro ripartito, contratto di inserimento, collaborazione a progetto o occasionale, lavoro accessorio e collaborazione coordinata e continuativa. In alternativa a quest’ultimo requisito, l’incentivo spetta anche ad un soggetto che abbia cessato uno dei rapporti indicati. In tal caso è richiesto l’ulteriore requisito della registrazione dello stato di disoccupazione presso un Centro per l’Impiego. Il superamento del limite d’età del soggetto iscritto o dei minori ovvero di assunzione a tempo indeterminato determina la cancellazione automatica dalla banca dati; invece, in caso di cessazione dell’affidamento spetta all’interessato procedere alla cancellazione. Può essere presentata una nuova domanda di iscrizione alla banca dati ogniqualvolta si verifichino nuovamente le condizioni di iscrizione. Datori di lavoro L’incentivo è riconosciuto alle imprese private e alle società cooperative in caso di assunzione dei soggetti iscritti con contratto a tempo indeterminato, anche a tempo parziale e per la trasformazione a tempo indeterminato (anche con orario parziale) di un rapporto a tempo determinato. Nel caso delle società cooperative, l’incentivo è riconosciuto anche per l’assunzione di soci lavoratori, purché venga stipulato con gli stessi un contratto di lavoro 20 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 subordinato a tempo indeterminato, anche parziale. Sono esclusi dall’incentivo gli enti pubblici - economici e non economici - nonché i datori di lavoro non qualificabili come imprenditori ai sensi del codice civile; rientrano invece nell’ambito dei beneficiari le imprese sociali. Misura e condizioni dell’incentivo L’incentivo, del valore massimo di 5.000,00 euro per ogni assunzione, può essere erogato fino al limite di cinque assunzioni per singola impresa o società cooperativa. Per poter usufruire del beneficio devono inoltre ricorrere le seguenti condizioni. · L’assunzione non deve costituire attuazione di un obbligo, ai sensi della legge 68/1999 in favore dei disabili. · Il datore di lavoro non deve aver effettuato, nei sei mesi precedenti l’assunzione, licenziamenti per giustificato motivo oggettivo o per riduzione del personale, fatta salva l’ipotesi in cui l’assunzione sia finalizzata all’acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori licenziati · Il datore di lavoro non deve avere in atto sospensioni dal lavoro o riduzioni dell’orario di lavoro per crisi aziendale, ristrutturazione, riorganizzazione o riconversione industriale, salvo il caso in cui l’assunzione sia finalizzata alla acquisizione di professionalità sostanzialmente diverse da quelle dei lavoratori sospesi o in riduzione di orario. · Il lavoratore assunto non deve essere stato licenziato, nei sei mesi precedenti l’assunzione, dalla medesima impresa ovvero da impresa collegata o con assetti proprietari sostanzialmente coincidenti Cumulabilità Il beneficio è cumulabile con altri incentivi previsti dalle norme vigenti. N.B. Il beneficio è cumulabile anche con l’esonero contributivo per le nuove assunzioni, prorogato dalla Legge di Stabilità 2016 alle assunzioni effettuate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016. Consulta il dossier Bonus assunzioni 2016 Come richiedere l’incentivo Al momento dell’assunzione, il lavoratore deve essere iscritto alla “Banca dati per l’occupazione dei giovani genitori”. L’iscrizione si effettua accedendo alla sezione dei servizi al cittadino del sito internet dell’INPS www.inps. Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata it, seguendo il seguente percorso: “al servizio del cittadino” > “autenticazione con PIN” > “fascicolo previdenziale del cittadino” > “comunicazioni telematiche” > “invio comunicazioni” > “iscrizione banca dati giovani genitori” e compilando il modulo on line per la domanda di iscrizione. Per autenticarsi è necessario disporre del Codice di identificazione personale (cosiddetto PIN), rilasciato dall’Istituto. L’accesso alla banca dati può altresì essere effettuato collegandosi al sito del Dipartimento della Gioventù www.gioventu.gov.it, sempre previa autenticazione con il PIN rilasciato dall’INPS. All’esito positivo della procedura di compilazione della domanda viene rilasciato un attestato di iscrizione con il “Codice identificativo univoco” (“CIU”) dell’iscrizione. Le imprese e le cooperative interessate: - possono verificare direttamente se una persona è iscritta alla banca dati attraverso l’applicazione per l’invio on line della richiesta di incentivo resa disponibile dall’INPS e abilitata alla semplice consultazione della banca dati, mediante il codice fiscale del lavoratore - verificata l’iscrizione, procedere all’assunzione e anche tramite rappresentante espressamente delegato richiedere il relativo beneficio economico avvalendosi del modulo telematico disponibile all’interno del Cassetto previdenziale Aziende, denominato “Istanze on-line”, presso il sito internet www.inps.it. Entro il giorno successivo all’invio, l’Inps, effettuati con esito positivo i controlli automatizzati in ordine all’iscrizione del lavoratore nella banca dati e in ordine alla correttezza formale delle dichiarazioni del datore di lavoro, attribuirà automaticamente alla posizione contributiva interessata il Codice Autorizzazione corrispondente all’incentivo richiesto. Nella sezione “istanze on-line” del Cassetto previdenziale aziendale sarà reso disponibile l’esito della richiesta. Come si fruisce dell’incentivo La fruizione dell’incentivo avviene tramite conguaglio del relativo credito nella dichiarazione Uniemens. L’incentivo dovrà comunque essere fruito, fino al raggiungimento della misura di € 5.000, in quote mensili non superiori alla retribuzione maturata nel singolo mese dal lavoratore, ferma restando la permanenza del rapporto di lavoro. 21 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Lavoro e Previdenza Benefici per i datori di lavoro Premi di produttività: più conveniente il welfare aziendale di Debhorah Di Rosa - Consulente del lavoro e pubblicista La legge di Stabilità 2016 ha ripristinato la tassazione agevolata sui premi di produttività erogati dai datori di lavoro del settore privato ai lavoratori dipendenti. Il provvedimento, in vigore dal 1° gennaio 2016, alza il limite dei redditi ammessi all’incentivo e prevede specifiche ipotesi di detassazione e decontribuzione totale dei premi erogati con specifiche finalità di istruzione, assistenza sociale e sanitaria. Con il venir meno della decontribuzione dei premi di risultato diviene più conveniente, per i datori di lavoro, lo sfruttamento delle opportunità collegate alle misure di welfare aziendale. La legge di Stabilità 2016 ha ripristinato per il 2016 la detassazione dei premi produttività che non aveva trovato applicazione per l’anno 2015 a causa della mancanza di risorse finanziarie. Cosa prevede la legge di Stabilità 2016 La nuova disciplina prevede un sostanzioso ampliamento della platea di beneficiari grazie all’innalzamento fino a 50.000 euro del limite dei redditi percepiti nell’anno precedente dal lavoratore. Se da un lato, dunque, il legislatore ammette alla fruizione della tassazione agevolata anche i lavoratori inquadrati con mansioni più elevate (quadri e dirigenti) dall’altra viene ridotto per tutti il limite di retribuzione ammissibile. Si prevede altresì un doppio tetto all’importo che potrà essere assoggettato a tassazione agevolata: - 2.000 euro lordi nella generalità dei casi; - 2.500 euro lordi per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, attraverso la contrattazione di istituti di partecipazione (ad es. le commissioni bilaterali). Nel caso in cui il datore di lavoro tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva non sia lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, ai fini del riconoscimento del beneficio, il dipendente è tenuto ad attestare per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno. Da quest’anno non è più prevista la decontribuzione previdenziale per i premi di produttività, stante l’azzeramento delle disponibilità del Fondo dedicato: le retribuzioni premiali non usufruiranno più della decontribuzione sotto il profilo previdenziale, che, innegabilmente, è aveva costituito, in passato, una forte spinta per i datori di lavoro a stipulare con le organizzazioni sindacali dei lavoratori accordi in materia di premi di produttività. Regime di tassazione agevolata dal 1° gennaio 2016 A decorrere dal 1° gennaio 2016, salva espressa Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata rinuncia scritta del lavoratore, i premi di risultato la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di specifici criteri, nonché le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, godono di un regime di tassazione agevolata. L’agevolazione viene estesa, con lo stesso limite e la medesima aliquota agevolata, anche agli utili distribuiti dalle aziende ai dipendenti. In entrambi i casi, le erogazioni devono essere previste e regolate da contratti collettivi aziendali o territoriali di cui all’art. 51 del DLgs. n. 81/2015. In particolare, tali emolumenti, entro il limite di importo complessivo di 2.000,00 euro lordi sono soggetti a una imposta sostitutiva pari al 10% in luogo dell’ordinaria tassazione IRPEF e delle addizionali regionali e comunali. Il predetto limite è aumentato fino ad un importo non superiore a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro. I premi produttività corrisposti entro i limiti previsti, non concorrono alla formazione del reddito complessivo del lavoratore o del suo nucleo familiare ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE); Resta fermo il computo dei predetti redditi ai fini dell’accesso alle prestazioni previdenziali e assistenziali. N.B. Ai fini della determinazione dei premi di produttività, è previsto che venga computato il periodo obbligatorio di congedo di maternità. È bene ricordare inoltre che, in base all’articolo 14 del D.Lgs. 151/2015, per usufruire dei benefici fiscali e contributivi, i contratti aziendali dovranno essere depositati in via telematica presso la sede dell’Ispettorato del lavoro competente. Welfare e detassazione La perdita della decontribuzione dei premi di risultato 22 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 rende più conveniente, per i datori di lavoro, lo sfruttamento delle opportunità collegate alle misure di welfare aziendale che in quanto decontribuiti, a differenza dei premi di produttività standard, comportano una effettiva riduzione del costo del lavoro. La nuova legge di Stabilità dispone che le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del TUIR non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, dei premi di risultato concordati a livello collettivo e teoricamente detassabili. In buona sostanza, i premi di produttività possono essere fruiti, in tutto o in parte, sotto forma di contributi versati dal datore di lavoro a enti o casse aventi esclusivamente fine assistenziale oppure sotto forma di contributi versati al fondo di previdenza complementare. Più in particolare, la normativa innovata include i servizi di utilità sociale ex art. 100 TUIR “erogati dal datore di lavoro” e le somme e i servizi “di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari”. Va evidenziato, inoltre, il superamento del concetto riduttivo di “asili nido” a favore della più ampia definizione di educazione e istruzione “in età prescolare” che consente di agevolare anche le scuole materne prima escluse. L’agevolazione viene altresì estesa alle somme e alle prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la Causali di corresponsione Tipologia premio Periodo di applicazione Beneficiari fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti. L’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro potrà avvenire mediante buoni, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un preciso valore nominale. Si tratta certamente di uno strumento interessante, anche per le piccole imprese, in quanto l’importo corrisposto mediante i servizi sostitutivi agevolati previsti consente la esclusione dalla base imponibile sia ai fini fiscali che sotto il profilo contributivo. A tal fine, è opportuno, nell’interesse sia del datore di lavoro che del lavoratore, che vi sia la piena tracciabilità dell’effettivo utilizzo dei buoni erogati per gli scopi previsti, in quanto trattandosi a tutti gli effetti di una agevolazione, l’onere probatorio rimane in capo a chi effettivamente ne ha tratto beneficio. Criteri in attesa di decreto attuativo La legge rinvia all’emanazione di un decreto ministeriale, da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, che dovrà stabilire: - i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione; - le modalità attuative del regime fiscale agevolato, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione dei dipendenti all’organizzazione del lavoro; - le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali, che regolano il riconoscimento degli emolumenti agevolabili. Premi di produttività 2016: raffronto con la disciplina previgente Tassazione agevolata Tassazione agevolata 2016 2014 Premi di risultato Premi di risultato legati a: legati a: - incrementi di produttività, redditività, qual- indicatori quantitaità, efficienza ed innovazione; tivi di produttività/ - somme erogate sotto forma di partecipazione redditività/qualità/ef- agli utili dell’impresa. ficienza/innovazione; - flessibilità orario di lavoro o ferie; - nuove tecnologie; - fungibilità delle mansioni In denaro, unitamente In denaro, unitamente alla retribuzione. alla retribuzione. Dall’1 gennaio al 31 Dall’1 gennaio al 31 dicembre 2016 dicembre 2014 Lavoratori dipendenti del settore privato: Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Detassazione - Trattamenti di welfare aziendale, fruiti in alternativa ai premi aziendali; - Contributi versati al fondo di previdenza complementare Erogazione di servizi e prestazioni 23 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Limite di reddito 2015 Importo massimo 40.000 euro 50.000 euro 3.000 euro - 2.000 euro - 2.500 euro se i lavoratori sono coinvolti pariteticamente nell’organizzazione aziendale Tassazione agevolata Imposta sostitutiva: aliquota 10% Imposta sostitutiva: Detassazione totale aliquota 10% Procedura Deposito degli accordi collettivi o aziendali L’erogazione deve avvenire in esecuzione presso le direzioni territoriali del Lavoro entro di contratti aziendali o territoriali sottoscritti 30 giorni dalla sottoscrizione . dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o dalle loro rappresentanze sindacali aziendali o dalle RSU. Ulteriore agevolazi- --Redditi neutri per ISEE one Come si evince dalla tabella suesposta, la disciplina incentivante in vigore per quest’anno, pur mantenendo una applicazione circoscritta al settore privato, amplia, rispetto al 2014, il riferimento reddituale così da rendere possibile anche agli impiegati di alto livello, ai quadri e ai dirigenti, la fruizione della tassazione ad aliquota ridotta. Anzi, va osservato, che il beneficio in termini monetari per il lavoratore aumenta al crescere del reddito percepito dallo stesso nel periodo d’imposta. Inoltre se già la riduzione dell’importo massimo del Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata premio penalizza tutte le categorie di lavoratori, risulta assolutamente disincentivante, per il datore di lavoro, il fatto che, a differenza che negli anni precedenti, non sia più prevista in aggiunta alla detassazione anche la decontribuzione del premio, in una sfera di contestuale esenzione da imposizione fiscale e contributiva. Si tratta di una circostanza che, si auspica, potrà nel tempo costituire uno stimolo per le aziende ad operare per una incentivazione degli strumenti di welfare aziendale che il legislatore ha invece inserito. 24 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Lavoro e Previdenza Intervista Potito di Nunzio: il nuovo ruolo del Consulente del lavoro di Potito di Nunzio - Presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano “Il Consulente del Lavoro non assiste soltanto i datori di lavoro ma può assistere tutti, essendo il punto di riferimento professionale su tutte le questioni di lavoro”. E’ quanto ha dichiarato Potito di Nunzio, Presidente del Consiglio Provinciale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Milano, nell’intervista rilasciata a IPSOA Quotidiano, che anticipa i temi del suo intervento oggi, 20 gennaio, a Bari in sede di Roadshow Wolters Kluwer per il professionista, un ciclo di incontri di formazione organizzato dalla Scuola di formazione IPSOA in collaborazione con Vodafone. Presidente di Nunzio, il Jobs Act ha rivoluzionato il mondo del lavoro. Come è cambiata o potrà cambiare la professione del consulente del lavoro? La nostra professione cambia con il mutare del diritto del lavoro e delle relazioni industriali. Oggi, dopo il Jobs Act, le regole che governano il mondo del lavoro sono profondamente cambiate e cambiati sono gli equilibri tra le parti del rapporto di lavoro, sia esso autonomo che subordinato. La nostra professione poi continua ad avere riconoscimenti importanti dal legislatore. Nel Jobs Act si prevede che il consulente del lavoro possa assistere le parti, e non soltanto del datore di lavoro, negli atti di conciliazione e avanti le commissioni di certificazione. Questo a conferma che il Consulente del Lavoro non assiste soltanto i datori di lavoro ma può assistere tutti, essendo il punto di riferimento professionale su tutte le questioni di lavoro che, ricordo, non sono soltanto quelle derivanti dal diritto del lavoro, ma anche quelle che derivano dall’applicazione delle norme della previdenza sociale e di quelle di carattere fiscale. Il Jobs Act ha reso vantaggioso per i datori di lavoro stabilizzare le collaborazioni coordinate e continuative. Le alternative alla collaborazione sono tante. Qual è a suo avviso la più conveniente? Non è questione di convenienza, innanzitutto bisogna valutare le necessità del datore di lavoro e di come strutturerà il rapporto di lavoro e come l’attività lavorativa verrà svolta. Da queste valutazioni discende l’applicazione di un contratto di lavoro piuttosto che un altro. Per non eludere la sua domanda, comunque, valutando esclusivamente i costi per il datore di lavoro, posso dirle che va sicuramente rivalutato il contratto di apprendistato. Il contratto a tempo indeterminato mantiene comunque il suo appeal anche se in misura minore rispetto allo scorso anno 2015. Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Nella legge di Stabilità 2016 si torna a parlare di sgravi contributivi all’assunzione, ma in misura e durata ridotte. Ritiene che l’agevolazione sosterrà la ripresa dell’occupazione? Per far crescere l’occupazione è necessario che l’economia del Paese riparta; oggi abbiamo solo timidi segnali di ripresa. Lo abbiamo constatato lo scorso anno 2015: il lavoro a tempo indeterminato era il più conveniente di tutti in termini di costo, eppure non abbiamo visto un boom di assunzioni. Va detto, tuttavia, che le norme introdotte servono sicuramente a far crescere, senza eccessivi timori, l’occupazione nel momento in cui le condizioni economiche e di mercato diventeranno più favorevoli. Le tecnologie digitali stanno modificando il modo di lavorare dei lavoratori e delle aziende. Il futuro può chiamarsi “smart working”? Certamente. Già oggi le aziende propendono per queste forme di lavoro che consentono, oltre che di aumentare la produttività del lavoro, di agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Bisogna, tuttavia, superare qualche ostacolo in materia di sicurezza, essendo il datore di lavoro responsabile di ciò che accade al lavoratore durante l’attività lavorativa. E soprattutto bisogna regolamentare tale prestazione di lavoro per dare qualche certezza a coloro i quali vogliono percorrere tale strada. In parlamento è in discussione un disegno di legge su tale materia, speriamo che dalla regolamentazione non escano ulteriori rigidità. La Redazione segnala Convegni gratuiti e accreditati - Il lavoro parasubordinato e la disciplina delle mansioni alla luce del Jobs act le novità normative e le procedure per limitare il contenzioso, Scuola di Formazione IPSOA 25 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Lavoro e Previdenza Pubblicato il decreto ASDI: per la domanda si attendono le istruzioni INPS di Giuseppe Buscema - Consulente del lavoro, Commercialista e Revisore legale in Catanzaro Potrà essere richiesto presentando apposita domanda all’INPS in via telematica l’ASDI, l’assegno di disoccupazione previsto dal decreto sugli ammortizzatori sociali n. 22 del 2015, attuativo del Jobs Act. L’invio della richiesta sarà consentita utilizzando i moduli e con le modalità previste dall’INPS entro quindici giorni dall’entrata in vigore del decreto ministeriale 29 ottobre 2015, pubblicato in Gazzetta Ufficiale. L’ASDI è riconosciuto nei limiti delle risorse disponibili ai lavoratori che abbiano fruito della NASpI e siano ancora in stato di disoccupazione. Può partire l’assegno di disoccupazione previsto dal decreto sugli ammortizzatori sociali n. 22 del 2015. E’ stato, infatti, pubblicato sulla GU del 18 gennaio scorso il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali 29 ottobre 2015 previsto dal comma 6 dell’articolo 16 del decreto attuativo della normativa in materia di ammortizzatori sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183 - cd. Jobs act. Leggi anche · Centri per l’Impiego: è online la nuova sezione per la “Comunicazione ASDI” · Assegno di disoccupazione: al via la comunicazione ASDI Il D.Lgs. n.22/2015, infatti, oltre alle prestazioni NASpI prevista in caso di disoccupazione involontaria del lavoratore, l’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa DISS-COLL, infatti, il decreto ha previsto dal 1° maggio 2015 anche l’assegno di disoccupazione - ASDI. La prestazione potrà essere richiesta presentando apposita domanda all’INPS in via telematica utilizzando i moduli e con le modalità previste dall’INPS entro quindici giorni dall’entrata in vigore del presente DM. FIGLI 1 2 3 4 o più In ogni caso, la misura dell’indennità non potrà superare il 75% dell’ultima indennità NASpI percepita. Il beneficiario dell’ASDI, per poter vedersi riconosciuta la prestazione, dovrà sottoscrivere l’apposito progetto personalizzato previsto dall’articolo 5 del decreto. Il progetto è finalizzato con la finalità di trovare una rapida ricollocazione e prevede precise attività cui è Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata L’ASDI è previsto venga riconosciuta nei limiti delle risorse disponibili ai lavoratori che abbiano fruito della NASpI e siano ancora in stato di disoccupazione. Inoltre, al termine di fruizione della NASpI siano componenti di un nucleo familiare in cui sia presente almeno un minore di anni 18 o abbiano un’età pari a 55 anni o superiore e non abbiano maturato i requisiti per il pensionamento di vecchiaia o anticipato. Occorre altresì il possesso di una attestazione dell’ISEE, in corso di validità, dalla quale risulti un valore dell’indicatore pari o inferiore ad euro 5.000. La condizione ISEE dovrà essere aggiornata nel mese di gennaio, entro il termine del mese pena la sospensione della prestazione. Ulteriore requisito è quello che il richiedente non abbia usufruito dell’ASDI per un periodo pari o superiore a 6 mesi nei 12 mesi precedenti il termine del periodo di fruizione della NASpI e comunque per un periodo pari o superiore a 24 mesi nel quinquennio precedente. La prestazione commisurata all’indennità NASpI già percepita; in particolare, è pari al minor importo tra il 75% di tale prestazione e dell’ammontare dell’assegno sociale. E’ prevista una maggiorazione nel caso di figli a carico pari al 20% dell’assegno sociale per il primo figlio . Per i figli successivi l’incremento è il seguente: IMPORTO in euro 89,7 116,6 140,8 163,3 tenuto il richiedente la prestazione. A tal fine è previsto la presa in carico redatto dal servizio per l’impiego ed inoltre il richiedente dovrà svolgere una ricerca attiva di occupazione che dovrà tangibilmente dimostrare di aver fatto. In particolare, è previsto che il progetto deve contenere almeno i seguenti elementi: a) individuazione di un responsabile del progetto; 26 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 b) definizione del profilo personale di occupabilità; c) valutazione della condizione di bisogno del richiedente nel supporto alla ricerca attiva di lavoro; d) definizione degli atti di ricerca attiva che devono essere compiuti in ciascuna settimana; e) frequenza ordinaria degli appuntamenti con il Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata responsabile del progetto, che di regola è bisettimanale; f) modalità con le quali il lavoratore è tenuto a comprovare la ricerca attiva di lavoro al responsabile del progetto. A tal fine, il lavoratore è tenuto a tener traccia degli atti compiuti secondo le modalità concordate nel progetto. 27 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Lavoro e Previdenza Modalità operative Operazioni di conguaglio nel flusso UniEMens in scadenza di Debhorah Di Rosa - Consulente del lavoro e pubblicista Danno luogo a conguaglio e recuperi gli eventi o elementi che, in corso d’anno, hanno determinato l’aumento o la diminuzione delle retribuzioni imponibili. Applicazione del massimale contributivo e pensionabile, esatto ammontare esente dei fringe benefit e conguagli legati al versamento del TFR al Fondo Tesoreria: sono alcune delle operazioni da evidenziare nel flusso UniEMmens di competenza del mese di dicembre 2015, in scadenza il prossimo 31 gennaio e con la denuncia del mese di gennaio 2016 da trasmettere entro il 28 febbraio. Come quantificare correttamente l’imponibile contributivo? Alla fine di ogni anno il datore di lavoro è tenuto ad effettuare le operazioni di conguaglio per pervenire all’esatta quantificazione dell’imponibile contributivo, di verificare la corretta applicazione delle aliquote contributive correlate all’imponibile e di accertare l’ imputazione all’anno di competenza di alcuni emolumenti variabili. Gli eventi o elementi che hanno determinato l’aumento o la diminuzione delle retribuzioni imponibili, di competenza del mese di dicembre 2015 vanno necessariamente evidenziati nel flusso Uniemens, valorizzando l’elemento VarRetributive di DenunciaIndividuale, per gestire le variabili retributive e contributive in aumento e in diminuzione ed anche gli “imponibili negativi” con il conseguente recupero delle contribuzioni non dovute. A tal proposito la circolare INPS n. 209 dello scorso 30 dicembre, esamina, come ogni anno, le operazioni che generalmente danno luogo a conguagli e recuperi contributivi, tra le quali, per via della maggiore complessità applicativa, ricordiamo: • l’applicazione del massimale contributivo e pensionabile (soggetti di prima occupazione successiva al 31.12.1995); • la verifica dell’esatto ammontare esente dei fringe benefit; • l’imputazione, per competenza, degli elementi variabili della retribuzione; • i conguagli legati al versamento del TFR al Fondo Tesoreria e relative compensazioni contributive e la rivalutazione annuale del TFR conferito al fondo tesoreria. Le operazioni di conguaglio, in via generale, possono essere effettuate, oltre che con il flusso UniEMens di competenza del mese di dicembre 2015 in scadenza il prossimo 31 gennaio, anche con la denuncia del mese di gennaio 2016, da trasmettere entro il 28 febbraio. L’Istituto tuttavia osserva che le operazioni di conguaglio TFR al Fondo di Tesoreria e relative misure compensative, possono essere effettuate anche con la denuncia di febbraio 2016 e dunque con versamento entro il 16 marzo e invio del flusso entro il 31 marzo, Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata senza alcun aggravio di oneri accessori. Elementi variabili della retribuzione Si tratta di specifiche fattispecie, legate alla corresponsione di straordinari, trasferte, malattia, infortunio, permessi, ferie, CIG, indennità di cassa, congedi vari. Al riguardo va osservato che gli elementi relativi al mese di dicembre 2015 corrisposti o trattenuti nel mese di gennaio 2016 si considerano: • con il principio di competenza (dicembre 2015) ai fini assicurativi, posizione del lavoratore (se ne dovrà tenere conto Uniemens); • retribuzioni del mese di gennaio 2016 ai fini dell’assoggettamento contributivo; Detti importi non incidono dunque nella determinazione dei massimali dell’anno 2015. Anche ai fini della Certificazione Unica 2016 e della dichiarazione 770/2016, i datori di lavoro devono debitamente tener conto delle predette variabili retributive, nel computo dell’imponibile dell’anno 2015. Gestione del massimale contributivo Si tratta del massimale annuo, non frazionabile a mesi, applicabile alla base imponibile degli iscritti a forme pensionistiche obbligatorie, privi di anzianità contributiva, dopo il 31 dicembre 1995 o che comunque abbiano optato per il calcolo della pensione con il sistema contributivo. Esempio di calcolo Retribuzione complessiva dell’anno 2015: € 120.000,00 Retribuzione sulla quale è stata calcolato il contributo IVS: € 104.400,00 Massimale contributivo per il 2015: € 100.324,00 Differenza:€ 4.076,00 contribuzione versata in eccesso: € 4.076,00 /100* 34 = € 1.385,84 Contributo aggiuntivo IVS 1% Si tratta di una contribuzione aggiuntiva applicata nel 28 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 caso di regimi pensionistici che prevedono aliquote a carico del dipendente inferiori al 10%. Esso deve essere calcolato sulle quote di retribuzione eccedenti il limite della prima fascia di retribuzione pensionabile pari, per il 2015, a € 46.123,00. Il predetto limite deve essere mensilizzato: l’aliquota aggiuntiva dell’1% deve essere applicata mensilmente sulla retribuzione Mese Gennaio Febbraio Marzo Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Ottobre Novembre Dicembre Totale Retribuzione mensile 3.000 3.000 3.000 3.300 3.300 6.000 (incl. 14ma) 3.300 5.600 (incl. premio) 3.300 3.300 3.300 6.000 (incl. 13.ma) 46.400 € 46.400,00 retribuzione annua - € 46.123,00 prima fascia retribuzione pensionabile Retribuzione effettiva da assoggettare al contributo aggiuntivo IVS = 277 Contributi da restituire al lavoratore e da riportare a credito nel flusso nell’UniEmens: (€ 6.092-277,00) x 1% = € 58,15 Nel caso di più rapporti di lavoro nel corso dell’anno, le retribuzioni, ai fini dell’applicazione del contributo, devono essere cumulate: in tale ipotesi il lavoratore deve esibire ai datori di lavoro successivi al primo la certificazione delle retribuzioni già percepite e il conguaglio a fine anno dovrà tenere conto anche delle retribuzioni percepite dal lavoratore interessato nei precedenti rapporti di lavoro e di quanto già eventualmente trattenuto a titolo di contributo aggiuntivo. Nel caso invece di rapporti simultanei, in linea di massima, sarà il datore di lavoro che corrisponde la retribuzione più elevata, sulla base della dichiarazione esibita dal lavoratore, ad effettuare le operazioni di conguaglio a credito o a debito. Fringe benefit Il valore dei fringe benefit concessi ai dipendenti non concorre a formare reddito imponibile a condizione che non risulti superiore (compresi i benefit corrisposti da precedenti datori di lavoro), nel periodo d’imposta, Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata eccedente, per il 2015, € 3.844,00, vale a dire un dodicesimo di € 46.123,00. Ne deriva che il calcolo del contributo effettuato applicando il criterio della mensilizzazione va verificato a fine anno, o comunque nel mese di cessazione del rapporto, al fine di procedere ad eventuali operazioni di conguaglio. Esempio di calcolo Quota retributiva assoggettata a contributo aggiuntivo 2.156 1.756 2.164 a € 258,23. La somma dei benefit di valore superiore al predetto limite, per effetto dell’armonizzazione delle basi imponibili fiscale e previdenziale, anche ai fini contributivi, concorre interamente a formare reddito imponibile. Solo ai fini contributivi, l’INPS ha precisato che in caso di superamento del limite di esenzione, l’azienda opererà il conguaglio e provvederà al versamento dei contributi solo sul valore del fringe - benefit da essa erogato Esempio di calcolo Il nuovo datore di lavoro procederà, in sede di conguaglio, ad assoggettare a imposte il valore complessivo dei fringe-benefit € 285,00 mentre assoggetterà a contribuzione solo il fringe benefit corrisposto direttamente € 155,00. Imponibile fiscale € 285 Imponibile previdenziale € 155 Gestione del Fondo di Tesoreria L’INPS rammenta come il versamento delle quote di TFR va effettuato mensilmente, salvo conguaglio a fine anno o alla cessazione del rapporto di lavoro. In occasione delle operazioni di conguaglio, quindi, 29 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 le aziende devono provvedere alla sistemazione delle differenze a debito o a credito eventualmente determinatesi in relazione alle somme mensilmente versate al Fondo di Tesoreria e alla regolarizzazione delle connesse misure compensative. L’Istituto precisa inoltre che la quota di TFR che le aziende versano mensilmente al Fondo di Tesoreria affluisce al netto dell’ammontare corrispondente all’importo del contributo di cui all’articolo 3, ultimo comma, della legge 29 maggio 1982, n. 297 (0,50%), calcolato sull’imponibile previdenziale. Ne deriva che le aziende, che sono anche state ammesse alla fruizione dello sgravio contributivo sulle retribuzioni di secondo livello, all’atto del recupero della percentuale di incentivo spettante, recuperano anche il citato contributo aggiuntivo IVS dello 0,50%. Una volta restituito ai datori di lavoro, detto contributo riassume la sua natura originaria di TFR e, di conseguenza, concorre a implementare la quota che le aziende sono tenute a versare al Fondo di Tesoreria. Per il versamento di tali differenze va utilizzato nella denuncia individuale il nuovo codice CF03. Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Le aziende costituitesi in data successiva al 31 dicembre 2006 sono tenute al versamento delle quote dovute anche per i mesi pregressi, a far tempo da quello di inizio dell’attività, in sede di conguaglio di fine anno, maggiorando l’importo da versare del tasso di rivalutazione, che per l’anno 2015 - è pari al 1,92% calcolato fino alla data di effettivo versamento. Le aziende costituitesi durante l’anno in corso che, al 31.12.2015, hanno raggiunto il limite dei 50 addetti, devono trasmettere l’apposita dichiarazione entro il termine di trasmissione della denuncia UniEmens relativa al mese di febbraio 201 (31 marzo 2016). Il TFR versato al Fondo di Tesoreria deve essere rivalutato alla fine di ciascun anno, ovvero alla data di cessazione del rapporto di lavoro e tale incremento al netto dell’imposta sostitutiva deve essere imputato alla posizione del singolo lavoratore. Il costo della rivalutazione resta a carico del Fondo di Tesoreria. Sulle somme oggetto di rivalutazione, va versata all’Erario l’imposta sostitutiva del 11% ex D.Lgs. n. 47/2000, che grava sul lavoratore. 30 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Lavoro e Previdenza Centralinisti non vedenti Sanzioni amministrative: adeguamento al costo della vita Adeguate al costo della vita, le sanzioni amministrative previste dall’art. 10 della legge 29 marzo 1985. Il decreto direttoriale n. 2 dell’8 gennaio 2016 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali entrerà in vigore il quindicesimo giorno successivo alla sua pubblicazione sul sito istituzionale avvenuta ieri 19 gennaio 2015. Entrerà in vigore il 4 febbraio 2015 il decreto direttoriale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, n. 2 dell’8 gennaio 2016 che prevede, l’aumento delle seguenti sanzioni: - gli importi di cui al comma 1, art. 10 L. 29 marzo 1985 n. 113, così come rideterminati dal decreto di adeguamento del 24 luglio 2010, passano da euro 127,17 a euro 128,82 e da euro 2.543,12 a € 2.576,18. Trattasi delle sanzioni previste dai soggetti privati, datori di lavoro, che non provvedono ad effettuare le comunicazioni agli uffici provinciali del lavoro previste dalla normativa relative circa le caratteristiche dei centralini telefonici, con la precisazione delle linee urbane e dei posti di lavoro di cui sono dotati, il numero e le generalità dei centralinisti telefonici privi della vista e vedenti, con l’indicazione della data in cui sono stati adibiti ai centralini medesimi. - gli importi di cui al comma 2, art. 10 L. 29 marzo 1985 n. 113, così come rideterminati dal decreto di adeguamento del 24 luglio 2010 e dal successivo decreto 3 settembre 2012, passano da euro 25,40 ad euro 25,73 e da euro 101,41 ad euro102,73. Trattasi delle sanzioni amministrative previste per i datori di lavoro privati che, pur essendo obbligati, non assumono i centralinisti telefonici non vedenti. La variazione si è resa necessaria a seguito della variazione dell’indice del costo della vita nel periodo maggio 2012-novembre 2015 che è stata pari a +1,3%. A cura della Redazione Riferimenti normativi Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, decreto direttoriale 08/01/16, n. 2 Lavoro e Previdenza Sicurezza sul lavoro Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Bando INAIL: finanziamento di progetti formativi per piccole, medie e micro imprese A disposizione 14.589.896 euro per il finanziamento di una campagna nazionale di rafforzamento della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro nelle piccole, medie e micro imprese, in attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 81/2008 e successive modifiche e integrazioni. Il bando INAIL è stato pubblicato ieri, 19 gennaio 2016, sulla Gazzetta Ufficiale n. 14. Le domande di finanziamento, dovranno essere presentata entro le ore 13:00 del prossimo 19 aprile. Con un comunicato congiunto, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l’INAIL, informano che con un bando INAIL si mettono a disposizione 14.589.896 euro per il finanziamento di una campagna nazionale di rafforzamento della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro nelle piccole, medie e micro imprese, in attuazione di quanto previsto dal decreto legislativo 81/2008 e successive modifiche e integrazioni. Il comunicato relativo al bando è stato pubblicato ieri, 19 gennaio 2016, sulla Gazzetta Ufficiale n. 14. L’intervento riguarda diversi ambiti che spaziano dalla formazione finalizzata all’adozione di modelli organizzativi a quella sugli aspetti organizzativi-gestionali e tecnico-operativi nei lavori in appalto e negli ambienti confinati, alla valutazione e gestione dei rischi in ambiente di lavoro. I fondi saranno assegnati a progetti realizzati in almeno quattro regioni, una per ciascuna delle macroaree nord, centro, sud e isole. I soggetti destinatari sono i datori di lavoro, i lavoratori, compresi quelli stagionali, i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls/Rlst) delle piccole, medie e micro imprese, e i piccoli imprenditori mentre i soggetti attuatori sono le organizzazioni sindacali e datoriali, gli organismi paritetici, le università, il dipartimento dei vigili del fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile, gli ordini e collegi professionali per i propri iscritti, gli enti di patronato e i soggetti formatori accreditati. L a domanda di finanziamento, deve essere presentata dai soggetti attuatori su delega delle piccole, medie e micro imprese cui sono dedicati i progetti, entro le ore 13:00 del prossimo 19 aprile, corredata dalla documentazione richiesta e con le modalità indicate nel bando. Non sarà finanziato più di un progetto per ciascun soggetto attuatore, singolo o in aggregazione, in ognuno 31 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 dei sei diversi ambiti di intervento l’importo erogabile per ciascun progetto, è compreso tra un minimo di 200mila e un massimo di 800mila euro. Saranno coperti il totale dei costi ammissibili sostenuti per la sua realizzazione. Ogni iniziativa di formazione dovrà essere realizzata entro il termine di 18 mesi dalla comunicazione di ammissione al finanziamento. Eventuali chiarimenti e informazioni sul presente Bando possono essere richiesti all’indirizzo di posta elettronica: [email protected]. A cura della Redazione Riferimenti normativi INAIL, bando 19/01/16 (G.U. 19/01/2016, n. 14) Lavoro e Previdenza L’omissione non ricade sul lavoratore Assenza di misure di sicurezza: rifiuto al lavoro lecito con conservazione dello stipendio Lecito il rifiuto al lavoro e la conservazione dello stipendio per il periodo di astensione se il datore di lavoro non appronta le necessarie misure per eseguire l’attività in sicurezza. Il legittimo rifiuto di eseguire la prestazione lavorativa motivato dalla violazione dell’obbligo datoriale di sicurezza garantisce il diritto alla retribuzione. In caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ. (obbligo di tutela delle condizioni di lavoro da parte dell’imprenditore), non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma questi conserva al contempo il diritto alla retribuzione, in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore. Con una interessante sentenza, la Corte di Cassazione ha ribadito un importante principio in tema di prestazioni lavorative, in particolare affermando che in caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ., non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma questi conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore. Il fatto trae origine dal contenzioso instaurato dalla Fiat Group Automobiles Spa nei confronti di alcuni Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata dipendenti. Con ricorso al Tribunale quattordici dipendenti della Fiat Group Automobiles Spa convenivano la datrice di lavoro esponendo che erano addetti all’assemblaggio delle portiere delle auto presso il reparto denominato “Ute 11”; che nei mesi precedenti il marzo 2008 si era verificata la caduta di diverse portiere; che il 3 marzo 2008 si era verificata l’ennesima caduta di una portiera, per cui i lavoratori si erano rifiutati di proseguire il lavoro sino a quando l’azienda non avesse adempiuto agli obblighi in materia di sicurezza; che era intervenuta la squadra di manutenzione che aveva effettuato i primi interventi urgenti di riparazione e sostituzione dei ganci di tenuta, all’esito dei quali, dopo un’ora e 45 minuti gli operai avevano ripreso il lavoro; che l’azienda aveva addebitato ai ricorrenti la retribuzione corrispondente al fermo di un’ora e 45 minuti qualificando il rifiuto della prestazione come sciopero. Concludevano chiedendo la condanna della società a rimborsare quanto indebitamente trattenuto per la giornata del 3 marzo 2008. Il Tribunale rigettava il ricorso, ritenendo che la non gravità dell’inadempimento datoriale escludesse l’applicabilità dell’art. 1460 c.c. I lavoratori impugnavano tale decisione e la Corte di Appello lo accoglieva condannando la società a pagare le somme trattenute per la giornata del 3 marzo 2008, oltre accessori e spese del doppio grado. La Corte d’appello riteneva “sussistenti tutti i requisiti della fattispecie prevista dall’art. 1460 c.c. con la conseguente legittimità del rifiuto temporaneo della prestazione” attuato dai lavoratori. Ha considerato che il rifiuto era immediatamente seguito all’ennesima caduta di una portiera; che la gravità di tale evento, in correlazione con gli obblighi di sicurezza e di prevenzione gravanti sul datore di lavoro, era desumibile dalla circostanza, riconosciuta dall’azienda medesima, che la caduta di una portiera avrebbe potuto provocare seri danni all’addetto che ne fosse stato investito; che l’indagine sulla causale dei distacchi non apportava elementi tali da ridurre o attenuare la gravità dell’inadempimento circa gli obblighi di sicurezza e prevenzione; che nell’ottica della gravità complessiva del comportamento datoriale inadempiente occorreva evidenziare che nel periodo precedente l’episodio del 3 marzo 2008 si erano verificati altri casi di sganciamento totale o parziale delle portiere e tale circostanze erano state comunicate ai superiori; che, sotto il profilo della proporzionalità della reazione, la sospensione della prestazione si era protratta per il tempo strettamente necessario per consentire l’intervento dei manutentori, dopo di che 32 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 i lavoratori, rassicurati dall’intervento aziendale, avevano ripreso a lavorare. I giudici avevano altresì affermato che “dall’applicazione dell’art. 1460 c.c. deriva direttamente una posizione di mora credendi del datore di lavoro che non è quindi liberato dall’obbligazione relativa alla corresponsione della retribuzione relativa all’arco temporale in cui la prestazione lavorativa non ha avuto luogo; una soluzione di diverso segno risulterebbe contraria ai principi dell’ordinamento, dal momento che, in presenza di un’astensione legittima, ed essendo esclusa la fattispecie dello sciopero, proprio sul piano della corrispettività delle prestazioni non ne può derivare un danno al soggetto che ha subito l’inadempimento datoriale”. Contro la sentenza proponeva ricorso per cassazione la Fiat, contestando alla Corte d’appello di aver riconosciuto la permanenza in capo al datore di lavoro dell’obbligo retributivo pur in assenza di una prestazione lavorativa, con deviazione dal principio di corrispettività del contratto di lavoro, nonché di avere ritenuto che dal rifiuto della prestazione lavorativa, quale reazione all’inadempimento datoriale, possa derivare automaticamente una posizione di mora accipiendi del datore di lavoro. La Cassazione ha respinto il ricorso, affermando un principio di diritto già presente nella giurisprudenza della Corte ma che, per la sua importanza, dev’essere in questa sede ribadito. Sul punto, gli Ermellini ricordano che il datore di lavoro è obbligato a mente dell’art. 2087 c.c. ad assicurare condizioni di lavoro idonee a garantire la sicurezza delle lavorazioni ed è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. Per la giurisprudenza della Cassazione la violazione di tale obbligo legittima i lavoratori a non eseguire la prestazione, eccependo l’inadempimento altrui. La protezione, anche di rilievo costituzionale, dei beni presidiati dall’art. 2087 c.c. postula meccanismi di tutela delle situazioni soggettive potenzialmente lese in tutte le forme che l’ordinamento conosce. Dunque, per garantire l’effettività della tutela in ambito civile, non solo azioni volte all’adempimento dell’obbligo di sicurezza o alla cessazione del comportamento lesivo ovvero a riparare il danno subito, ma anche il potere di autotutela contrattuale rappresentato dall’eccezione di inadempimento, rifiutando l’esecuzione della prestazione in ambiente nocivo soggetto al dominio dell’imprenditore. Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Di recente è stato altresì statuito che in caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ., non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore. Poiché la Corte d’appello aveva applicato detto principio di diritto riconoscendo ai lavoratori la retribuzione per il periodo di sospensione dell’attività, prescindendo dalla costituzione in mora e pur in assenza di una prestazione lavorativa, la sentenza impugnata non meritava le critiche mosse. Da qui, dunque, il rigetto del ricorso. Di rilievo le conseguenze pratiche della sentenza. Ed invero, secondo l’interpretazione offerta dalla Cassazione, in caso di violazione da parte del datore di lavoro dell’obbligo di sicurezza di cui all’art. 2087 cod. civ., non solo è legittimo, a fronte dell’inadempimento altrui, il rifiuto del lavoratore di eseguire la propria prestazione, ma costui conserva, al contempo, il diritto alla retribuzione in quanto non possono derivargli conseguenze sfavorevoli in ragione della condotta inadempiente del datore. Precedenti giurisprudenziali: Cass., Sez. L, sentenza n. 6631 del 1/04/2015; Cass., Sez. L, sentenza n. 10553 del 7/05/2013 Riferimenti normativi Corte di Cassazione, Sez. L, sentenza 19 gennaio 2016, n. 836 Lavoro e Previdenza Istanze di concessione Cassa integrazione ordinaria: dall’INPS la mappa delle sedi competenti In attesa del decreto ministeriale attuativo del Jobs Act, l’INPS fornisce i criteri di individuazione delle strutture territorialmente competenti per la concessione della cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO). I direttori di sede sono i soggetti legittimati ad adottare i provvedimenti amministrativi di concessione o di reiezione della domanda. Con la circolare n. 7 del 20 gennaio 2016 l’INPS fornisce le istruzioni per l’individuazione delle strutture territorialmente competenti per la concessione della CIGO, nonché i soggetti legittimati ad adottare i provvedimenti amministrativi di concessione della 33 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 integrazione salariale ordinaria o di reiezione della domanda. Dal 1 gennaio 2016, infatti, le integrazioni salariali ordinarie sono concesse dalla Sede Inps territorialmente competente (Decreto Legislativo n. 148/15 all’art. 16, comma 1, attuativo del Jobs Act). L’INPS sottolinea che la nuova competenza è esercitata anche su tutte le domande giacenti e non definite nel 2015, con esclusione delle domande già prese in carico da una Sede (stato domanda “trasferita”), che saranno definite dalla Sede stessa. L’INPS definisce i criteri per l’individuazione della struttura territorialmente competente alla concessione della CIG Ordinaria. In particolare: · Se l’unità produttiva è ubicata nella medesima provincia dove è iscritta l’Azienda, la sede Inps territorialmente competente a ricevere la domanda è quella presso cui è iscritta l’azienda. · Se l’unità produttiva è ubicata in una provincia diversa da quella dove è iscritta l’Azienda, la sede Inps territorialmente competente a ricevere la domanda è quella presso cui è ubicata l’unità produttiva. Nel caso in cui l’unità produttiva, oltre ad essere “fuori provincia” rispetto alla sede INPS presso cui è iscritta l’azienda di riferimento, è ubicata in un’area metropolitana o in una Provincia con almeno una agenzia complessa, la sede territorialmente competente a ricevere la domanda è rispettivamente la Direzione metropolitana o la Direzione provinciale, a prescindere dalla circoscrizione territoriale in cui è ubicata tale unità produttiva. · Se il cantiere non è qualificabile come Unità produttiva, la sede Inps territorialmente competente a ricevere la domanda è quella presso cui è iscritta l’azienda. Sono i direttori di sede avranno l’esclusiva competenza circa la definizione delle istanze di CIGO. Per ragioni di carattere operativo - funzionale, la definizione delle istanze di CIGO può essere delegata formalmente dal Direttore metropolitano/provinciale e di Filiale di coordinamento, mediante apposito ordine di servizio, alla dirigenza di sede. Fino al momento dell’adozione del decreto del Ministro del lavoro e delle Politiche Sociali attuativo le Strutture territorialmente competenti, in sede di istruttoria della domanda, continueranno ad osservare i criteri di esame delle domande di concessione già applicati dalle Commissioni Provinciali. A cura della Redazione Riferimenti normativi INPS, circolare 20/1/2016, n. 7 Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Lavoro e Previdenza CCNL Collaboratori familiari Lavoratori domestici: nuovi minimi retributivi dal 1° gennaio 2016 Determinato il nuovo trattamento economico, a decorrere dal 1° gennaio 2016, per i lavoratori domestici. Oltre ad aggiornare gli importi dei minimi tabellari, il verbale di accordo 18 gennaio 2016 stabilisce i valori orari per i lavoratori addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, e l’importo dell’indennità di funzione e delle indennità vitto e alloggio dal 1° gennaio 2016. Col verbale di accordo 18 gennaio 2016 la Commissione formata da Fidaldo, Domina con Federcolf, Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs ha determinato il nuovo trattamento economico, a decorrere dal 1° gennaio 2016, per i lavoratori domestici. Minimi tabellari Dal 1° gennaio 2016 gli importi dei minimi tabellari sono i seguenti: Categoria DS D CS C BS B AS A Liv. unico Conviventi 965,38 908,60 851,80 795,01 738,23 624,65 --- Conviventi(fino a 30 ore settimanali) ------658,71 596,26 567,87 ------- Nonconviventi(valori orari) 8,06 7,72 6,69 6,35 6,02 5,68 5,36 4,54 --- Assis- ----979,57 --------- Pre- ----------------655,89 Assistenza a persone non autosufficienti in sostituzione dei titolari Ai lavoratori addetti all’assistenza di persone non autosufficienti, con prestazioni limitate alla copertura dei giorni di riposo dei lavoratori titolari, spettano i seguenti valori orari: - € 8,68 per il livello DS; 34 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 - € 7,20 per il livello CS. Indennità di funzione Dal 1° gennaio 2016 l’importo dell’indennità di funzione spettante ai lavoratori conviventi di livello DS e D è elevato ad € 167,94. Indennità vitto e alloggio Dal 1° gennaio 2016 il valore dell’indennità sostitutiva di vitto e alloggio è fissato in € 5,48 giornalieri di cui: - € 1,91 per ciascun pasto; - € 1,66 per il pernottamento. A cura della Redazione Riferimenti normativi Verbale di accordo 18/1/2016 Lavoro e Previdenza Contribuzione al Filcoop Alimentari aziende cooperative: più tempo per l’assistenza sanitaria integrativa I lavoratori del settore alimentare delle aziende cooperative, ai fini dell’adesione al fondo di assistenza sanitaria integrativa, potranno manifestare la propria volontà di partecipare alla contribuzione al Filcoop dal 1° giugno 2016. Con il verbale di accordo 14 dicembre 2015 AGCIAgrital, Legacoop-Agroalimentare, FEDAGRIConfcooperative con FAI-CISL, FLAI-CGIL e UILA-UIL hanno stabilito quanto segue in materia di assistenza sanitaria integrativa. Il c.c.n.l. 5 dicembre 2012 aveva stabilito che dal 1º gennaio 2016 il dipendente poteva decidere di partecipare alla contribuzione al Filcoop a carico azienda (€ 10 mensili) con una quota di € 2 a suo carico, per 12 mensilità. Qualora non avesse manifestato una volontà in tal senso, sarebbe decaduto dall’iscrizione, interrompendo altresì la contribuzione a carico azienda. Considerato che nei tempi individuati non è stato possibile informare adeguatamente i lavoratori, le Parti hanno stabilito che la mancata contribuzione del lavoratore non avrà effetti fino al 31 maggio 2016 (e continuerà il versamento a carico azienda) e i lavoratori potranno manifestare la propria volontà dal 1° giugno 2016. A cura della Redazione Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata Lavoro e Previdenza Destinatari e domande Aziende editoriali in crisi, sui prepensionamenti prime indicazioni INPS L’INPS spiega come applicare le norme della Legge di Stabilità 2016 in merito al prepensionamento dei lavoratori dipendenti poligrafici di aziende editoriali collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria con particolare riguardi ai destinatari e al termine di presentazione delle domande. Di prossima pubblicazione una circolare contenente chiarimenti sul monitoraggio delle domande di pensionamento ed alla decorrenza dei trattamenti pensionistici. La Legge di Stabilità 2016 (art. 1, commi da 295 a 297 della legge 28 dicembre 2015, n. 208) ha disposto in merito al prepensionamento dei lavoratori dipendenti poligrafici di aziende editoriali. L’INPS, con la circolare n. 8 del 20 gennaio 2016, fornisce le prime indicazioni operative in merito ai destinatari della norma ed al termine di presentazione delle domande di prepensionamento. Lavoratori destinatari della norma La norma della Legge di Stabilità 2016 si rivolge ai lavoratori dipendenti poligrafici di aziende editoriali collocati in cassa integrazione guadagni straordinaria finalizzata al prepensionamento (articolo 37, comma 1, lettera a), della legge 5 agosto 1981, n. 416) in forza di accordi di procedura sottoscritti tra il 1° settembre ed il 31 dicembre 2013, che maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento previsti dalle disposizioni vigenti al 31 dicembre 2013 successivamente alla predetta data. A tali lavoratori, dispone la Legge di Stabilità 2016, continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze dei trattamenti pensionistici vigenti al 31 dicembre 2013. A tal proposito l’INPS richiama le disposizioni del D.P.R. n. 157 del 2013 che aveva previsto: - a decorrere dal 1° gennaio 2014, per i lavoratori poligrafici un graduale innalzamento del requisito contributivo richiesto per il diritto al prepensionamento - e, in deroga a tale previsione, che le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze dei trattamenti pensionistici vigenti al 31 dicembre 2013 continuassero ad applicarsi, in caso di maturazione dei requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente alla predetta data, ai lavoratori poligrafici collocati in cassa integrazione guadagni 35 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 straordinaria finalizzata al prepensionamento in forza di accordi di procedura sottoscritti entro il 31 agosto 2013. Tali lavoratori, spiega l’INPS, hanno diritto al prepensionamento indipendentemente dal requisito anagrafico e in presenza delle altre condizioni di legge, sulla base dell’anzianità contributiva minima di 32 anni da far valere nell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, aumentata di un periodo pari a tre anni fino a un massimo di trentacinque. Presentazione delle domande I lavoratori dipendenti poligrafici di aziende editoriali devono presentare domanda di prepensionamento entro 60 giorni: - dall’ammissione al trattamento straordinario di integrazione salariale; - dalla maturazione del requisito contributivo di 32 anni nel periodo di godimento del trattamento; - dalla maturazione del requisito contributivo di 32 anni se alla data di pubblicazione del decreto di ammissione al trattamento straordinario di integrazione salariale, successiva alla decorrenza del trattamento stesso, l’interessato non abbia ancora perfezionato il requisito contributivo; - dalla data di pubblicazione del decreto di ammissione al trattamento straordinario di integrazione salariale se a tale data, successiva alla decorrenza del trattamento stesso, l’interessato abbia già perfezionato il requisito contributivo di 32 anni ( cfr. punto 5 della circolare n. 107 del 2002). L’INPS fa riserva di fornire, con successiva circolare, ulteriori chiarimenti anche in ordine al monitoraggio delle domande di pensionamento ed alla decorrenza dei trattamenti pensionistici. A cura della Redazione Riferimenti normativi INPS, circolare 20/1/2016, n. 8 Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata 36 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Finanziamenti Come beneficiare della detrazione IRPEF Legge Stabilità 2016: bonus mobili per tutto il 2016 di Bruno Pagamici - Dottore commercialista e pubblicista La legge di Stabilità 2016 ha confermato fino al 31 dicembre 2016 il bonus mobili, ossia la detrazione IRPEF del 50% per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici destinati all’arredo di appartamenti oggetto di ristrutturazione. Indipendentemente dall’importo delle spese sostenute per i lavori di ristrutturazione, la detrazione IRPEF deve essere calcolata su un importo massimo di 10.000 euro. Tale soglia riguarda la singola unità immobiliare, comprensiva delle pertinenze, o la parte comune dell’edificio oggetto di ristrutturazione. La detrazione può essere fruita anche nel caso di mobili e grandi elettrodomestici acquistati all’estero. Ancora un anno di vita per il bonus mobili. La detrazione IRPEF del 50%, riservata ai contribuenti che fruiscono della detrazione per interventi di recupero del patrimonio edilizio, è stata confermata fino al 31 dicembre 2016 dalla legge di Stabilità 2016 (Legge n. 208/2015). Consulta il Dossier Tassazione immobili per approfondire tutte le novità. Quando è possibile beneficiare del bonus Condizione fondamentale per avere la detrazione è la realizzazione di un intervento di recupero del patrimonio edilizio (e usufruire della relativa detrazione), sia su singole unità immobiliari residenziali, sia su parti comuni di edifici residenziali. In sintesi, la detrazione è collegata agli interventi: - di manutenzione ordinaria, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale; - di manutenzione straordinaria effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali;- di restauro e di risanamento conservativo, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali; - di ristrutturazione edilizia, effettuati sulle parti comuni di edificio residenziale e su singole unità immobiliari residenziali; - necessari alla ricostruzione o al ripristino dell’immobile danneggiato a seguito di eventi calamitosi, anche se non rientranti nelle categorie elencati nei punti precedenti, sempreché sia stato dichiarato lo stato di emergenza; - di restauro e di risanamento conservativo, e di ristrutturazione edilizia, riguardanti interi fabbricati, eseguiti da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie, che provvedano entro 18 mesi dal termine dei lavori alla successiva alienazione o assegnazione dell’immobile. La realizzazione di lavori di ristrutturazione sulle parti comuni condominiali consente ai singoli condomini (che usufruiscono pro quota della relativa detrazione) di detrarre le spese sostenute per acquistare Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata gli arredi delle parti comuni, come guardiole oppure l’appartamento del portiere, ma non consente loro di detrarre le spese per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici per la propria unità immobiliare. Per usufruire del bonus è inoltre indispensabile che la data dell’inizio dei lavori di ristrutturazione preceda quella in cui si acquistano i beni. Non è necessario, invece, che le spese di ristrutturazione siano sostenute prima di quelle per l’arredo dell’abitazione. La data di avvio dei lavori può essere dimostrata da eventuali abilitazioni amministrative, dalla comunicazione preventiva all’Asl, se obbligatoria, o da una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, per lavori per i quali non sono necessarie comunicazioni o titoli abitativi Beni agevolabili Si può usufruire della detrazione IRPEF del 50% per l’acquisto di: - mobili nuovi (tra questi, letti, armadi, cassettiere, librerie, scrivanie, tavoli, sedie, comodini, divani, poltrone, credenze, nonché i materassi e gli apparecchi di illuminazione). E’ escluso l’acquisto di porte, pavimentazioni (per esempio, il parquet), tende e tendaggi, nonché di altri complementi di arredo; - grandi elettrodomestici nuovi di classe energetica non inferiore alla A+ (A per i forni), per le apparecchiature per le quali sia prevista l’etichetta energetica. Per gli elettrodomestici che ne sono sprovvisti, l’acquisto è agevolato solo se per essi non è ancora previsto l’obbligo di etichetta energetica. Rientrano nei grandi elettrodomestici, per esempio: frigoriferi, congelatori, lavatrici, asciugatrici, lavastoviglie, apparecchi di cottura, stufe elettriche, piastre riscaldanti elettriche, forni a microonde, apparecchi elettrici di riscaldamento, radiatori elettrici, ventilatori elettrici, apparecchi per il condizionamento. Tra le spese da portare in detrazione si possono includere quelle di trasporto e di montaggio dei beni acquistati. 37 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Per fruire della detrazione i beni agevolabili devono essere acquisti entro il 31 dicembre 2016. Non è previsto alcun vincolo temporale nella consequenzialità tra l’esecuzione dei lavori e l’acquisto dei beni. L’acquisto di mobili o di grandi elettrodomestici è agevolabile anche se i beni sono destinati ad arredare un ambiente diverso dello stesso immobile oggetto di intervento edilizio. La detrazione può essere fruita anche nel caso di mobili e grandi elettrodomestici acquistati all’estero. Importo detraibile La detrazione spettante, da ripartire tra gli aventi diritto in 10 quote annuali di pari importo, deve essere calcolata su un importo massimo di 10.000 euro riferito, complessivamente, alle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici. Se la somma delle spese sostenute per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici supera l’importo di euro 10.000, la detrazione spettante dovrà essere determinata comunque sull’importo massimo di euro 10.000. Questo limite riguarda la singola unità immobiliare, comprensiva delle pertinenze, o la parte comune dell’edificio oggetto di ristrutturazione. Pertanto, se si Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata esegue lavori di ristrutturazione su più unità immobiliari si avrà diritto beneficio per più volte. La detrazione si ottiene indicando le spese sostenute nella dichiarazione dei redditi. Modalità di pagamento Per avere la detrazione occorre effettuare i pagamenti con bonifici bancari o postali, sui quali deve essere indicato: - la causale del versamento (è quella attualmente utilizzata da banche e Poste Spa o postali, per i bonifici relativi ai lavori di ristrutturazione); - il codice fiscale del beneficiario della detrazione; - il numero di partita Iva o il codice fiscale del soggetto a favore del quale il bonifico è effettuato. Stesse modalità devono essere osservate per il pagamento delle spese di trasporto e di montaggio dei beni. È consentito effettuare il pagamento anche mediante carte di credito o carte di debito. In questo caso, la data di pagamento è individuata nel giorno di utilizzo della carta da parte del titolare (indicata nella ricevuta di transazione) e non nel giorno di addebito sul conto corrente del titolare stesso. Non è ammesso, invece, effettuare il pagamento mediante assegni bancari, contanti o altri mezzi di pagamento. 38 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Finanziamenti imprese e ai raggruppamenti di imprese. A cura della Redazione Finanziamenti BEI: in Gu l’attuazione degli interventi della Sezione speciale Riferimenti normativi Ricerca e innovazione PMI Ministero dello Sviluppo economico, 09/11/2015 (G.U. 19/01/216, n. 14) decreto I criteri, le modalità di selezione e le caratteristiche dei progetti da includere nel portafoglio di finanziamenti BEI (Banca europea per gli investimenti), le tipologie di operazioni ammissibili e la misura massima della garanzia della Sezione speciale in relazione al portafoglio garantito, nonché le modalità di concessione, di gestione e di escussione della medesima garanzia sono stati definiti dal decreto 6/11/2015 del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19/01/2016. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19 gennaio 2016, il decreto 6 novembre 2016 del Ministero dello Sviluppo Economico di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, che definisce i criteri, le modalità di selezione e le caratteristiche dei progetti da includere nel portafoglio di finanziamenti BEI (Banca europea per gli investimenti), le tipologie di operazioni ammissibili e la misura massima della garanzia della Sezione speciale in relazione al portafoglio garantito, nonché le modalità di concessione, di gestione e di escussione della medesima garanzia. Entro 90 giorni dalla data di pubblicazione del decreto, la BEI comunicherà al Gestore del Fondo la data di avvio della fase di costruzione del portafoglio di finanziamenti BEI e a decorrere da tale data, diverrà operativa la Sezione speciale. Dell’avvio dell’operazione di Risk sharing finance facility per l’innovazione industriale sarà data comunicazione sui siti Internet del MiSE (www.mise.gov.it), del MEF (www. mef.gov.it), del Fondo (www.fondidigaranzia.it) e della BEI (www.eib.org). Sono finanziabili: -i progetti di ricerca, sviluppo e innovazione finalizzati alla realizzazione di nuovi prodotti, processi o servizi o al notevole miglioramento di prodotti, processi o servizi esistenti; - i progetti caratterizzati da un elevato contenuto innovativo e/o tecnologico, finalizzati alla industrializzazione di prodotti, servizi o processi; - altri progetti che la BEI consideri ammissibili e finanziabili a titolo di innovazione sulla base delle proprie linee di valutazione, che siano realizzati da imprese di qualsiasi dimensione, con particolare riguardo alle PMI, alle reti di Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata 39 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Impresa Verso il Consiglio dei Ministri Commissione Rordorf: per una riforma organica del fallimento di Andrea Bonelli - Dottore commercialista e Revisore legale dei conti in Roma, Membro del Comitato scientifico dell’Istituto per il Governo Societario - IGS, - Studio Signori Professionisti Associati Lo schema di disegno di legge delega elaborato dalla Commissione Rordorf per la revisione della legge fallimentare rappresenta un importante passo avanti verso una riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza. La riforma si è resa necessaria per porre rimedio alla disomogenea stratificazione normativa succedutasi dal 1942, alle rilevanti difficoltà applicative e alla mancanza di indirizzi giurisprudenziali consolidati. La Commissione riscrive interamente la disciplina delle procedure concorsuali, nel quale trovano spazio l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese e il sovraindebitamento del consumatore e degli altri debitori non assoggettati al fallimento. Per la riforma fallimentare, oggetto di reiterati interventi normativi, sono necessari interventi di carattere sia “tecnico” che “politico”. Tra i primi si fa riferimento alla redazione di un testo unico della crisi d’impresa piuttosto che alla disciplina in materia di gruppi societari, mentre tra gli interventi “politici” si rimanda alla limitazione dell’autonomia del debitore introducendo, ad esempio, percentuali minime di soddisfacimento dei creditori, piuttosto che l’attribuzione di appositi poteri atti a consentire l’iniziativa del concordato preventivo ai singoli creditori, con lo scopo di favorire ancor più celermente l’emersione della crisi in cui versa l’impresa. Tra gli interventi di carattere politico, merita particolare attenzione la Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014, “Un nuovo approccio al fallimento d’impresa e all’insolvenza”. Leggi anche: - Decreto “fallimenti”, tra ritorno al “passato” e allineamento agli standard internazionali Schema di disegno della legge delega: principi generali La Commissione ministeriale istituita dal Ministero della Giustizia con decreto 28 gennaio 2015, nota anche come Commissione Rordorf, ha elaborato uno schema di disegno di legge delega recante “Delega al Governo per la riforma organica delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza” che non solo rappresenta una evoluzione dell’ultima revisione della legge fallimentare contenuta nel D.L. n. 83/2015, ma riscrive interamente la disciplina delle procedure concorsuali all’interno di un quadro sistematico, nel quale trovano spazio tra gli altri anche l’istituto dell’amministrazione straordinaria delle grandi imprese e il sovraindebitamento del consumatore e degli altri debitori non assoggettati al fallimento. Nei Principi generali di cui all’art. 2 dello Schema di Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata disegno di delega viene sostituito il termine fallimento con sinonimi quali “insolvenza” o “liquidazione giudiziale” in aderenza ad una tendenza già manifestatasi nei principali ordinamenti europei quali quelli di Francia, Germania e Spagna. La modifica potrebbe apparire folcloristica, ma nella realtà il termine fallimento ha da sempre invocato negatività e discredito, una sorta di “lettera scarlatta” marchiata sul debitore. In realtà proprio questa modifica letterale rappresenta un solco tracciato dal nuovo disegno di legge delega che vede l’insolvenza come evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un’impresa, che certamente va prevenuta e regolata ma rimane comunque un evento possibile. Sempre all’art. 2 della legge delega viene previsto l’introduzione di una definizione dello stato di crisi, intesa come probabilità di futura insolvenza, distinta dalla nozione di insolvenza di cui al D.P.R. n. 267/1942. Viene, inoltre, previsto l’adozione di un modello unico processuale per l’accertamento dello stato di crisi o di insolvenza del debitore, caratterizzato da particolare celerità e dalla legittimazione ad agire anche da soggetti con funzioni di controllo sull’impresa. Via anche all’assoggettamento al procedimento di accertamento dello stato di crisi ed insolvenza di ogni categoria di debitore, sia persona fisica o giuridica, professionista, imprenditore commerciale o artigiano. Priorità alle proposte che comportino: - il superamento dello stato di crisi assicurando la continuità aziendale; - la riduzione della durata e dei costi inerenti le procedure concorsuali, compresi i compensi dei professionisti per limitare le spese prededucibili; assicurare la specializzazione dei giudici addetti alla materia concorsuale; - l’ istituzione presso il Ministero della giustizia di un albo di soggetti destinati a svolgere funzioni di gestione o controllo nell’ambito delle procedure concorsuali. 40 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Quanto evidenziato nei Principi generali dello schema di legge delega risulta perfettamente allineato con quanto indicato con la Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014 “Un nuovo approccio al fallimento d’impresa e all’insolvenza”, nelle quali la Commissione ha voluto raccomandare agli Stati membri un approccio che favorisca la ristrutturazione delle imprese in crisi a salvaguardia degli asset aziendali e con la tutela dei posti di lavoro senza penalizzare il debitore. In particolare la Raccomandazione ha posto come obiettivi degli Stati membri: a) diminuire i costi della valutazione dei rischi connessi agli investimenti in un altro Stato membro; b) aumentare i tassi di recupero del credito; c) eliminare le difficoltà di ristrutturazione dei gruppi trasfrontalieri d’impresa. La Raccomandazione contempla, inoltre, norme minime in materia di: a) quadri di ristrutturazione preventiva e b) liberazione dai debiti degli imprenditori falliti. Molta enfasi viene data dalla Commissione in tema di ristrutturazione preventiva in un quadro che dovrebbe prevedere i seguenti elementi: a) possibilità dell’imprenditore di ristrutturare la propria impresa in una fase precoce che coincide con la probabilità di insolvenza di quest’ultima; b) mantenimento da parte del debitore del controllo della gestione corrente dell’impresa; c) sospensione temporanea delle azioni esecutive individuali; d) vincolo per tutti i creditori sociali del piano di ristrutturazione omologato; e) agevolazione all’ottenimento di nuova finanza necessaria all’attuazione del piano di ristrutturazione. Procedure di allerta e composizione assistita della crisi Proprio il principio della salvaguardia dei valori di un’impresa in difficoltà, riportati nella Raccomandazione della Commissione europea del 12 marzo 2014, rappresentano uno snodo cruciale nello schema di legge delega laddove vengono istituiti apposite procedure di allerta volte ad anticipare l’emersione della crisi mediante una rapida analisi delle cause Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata del malessere economico finanziario dell’impresa, e successivamente mirate a supportare i negoziati in vista del raggiungimento dell’accordo con i creditori, o con alcuni di essi. Risulta evidente come il successo di tali procedure dipendano per lo più dalla propensione degli imprenditori ad avvalersene tempestivamente. In tale ottica è necessario configurare un sistema di incentivi, per chi vi ricorra, e di disincentivi per chi non vi ricorra, qualora sussistano le condizioni, fermo l’obbligo di segnalazione al debitore dei più rilevanti indizi di difficoltà finanziaria ad opera dei principali creditori istituzionali, quali ad esempio l’Agenzia delle Entrate, o degli organi di controllo qualora si tratti d’impresa gestita in forma societaria. Tali procedure di allerta dovranno assumere un carattere confidenziale e stragiudiziale; è proprio la confidenzialità il punto critico di tale sistema preventivo. Se si ipotizza, ad esempio, una procedura di allerta di cui un istituto di credito venga a conoscenza, appare quanto mai probabile che la banca si attivi per diminuire la propria esposizione mediante ad esempio un congelamento delle linee autoliquidanti con immediato nocumento dell’impresa stessa. Va, inoltre, capito come gli organi di controllo societari e revisori dovranno comunicare all’organo amministrativo lo stato di crisi visto che tale compito/obbligo ricade già nei doveri/poteri dei su menzionati organi societari. Concordato preventivo La riforma ha ritenuto di circoscrivere tendenzialmente l’istituto in questione alla sola ipotesi del concordato in continuità attualmente disciplinato dall’art. 186 bis della legge fallimentare. Il favor verso l’istituto concordatario trova una sua giustificazione, infatti, non quando lo stesso persegua gli scopi tipici del fallimento, o allineandoci alle auspicate modifiche lessicali della “liquidazione giudiziaria, bensì quando lo stesso favorisca la continuità aziendale e una migliore soddisfazione dei creditori sociali. E’ stata comunque ipotizzata l’eventualità di un concordato liquidatorio purché preveda la provenienza alla procedura di risorse esterne rispetto al valore dell’attivo realizzabile, e purché tale apporto permetta un aumento “apprezzabile” dei vantaggi ai creditori rispetto all’ipotesi fallimentare. 41 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Impresa Cambiano i requisiti Riforma appalti: partecipazione alle gare più facile per le PMI di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale dei conti e giornalista pubblicista Con la legge delega di riforma del settore degli appalti pubblici, il Governo si propone di intervenire sulle disposizioni contenute nel Codice degli appalti pubblici dedicate ai requisiti generali di partecipazione alle gare al fine di favorire una più ampia presenza delle PMI. Negli ultimi anni, infatti, le norme del Codice hanno subito continue integrazioni e modifiche da parte del legislatore: tali e tante da rendere difficile per le imprese di piccole/medie dimensioni partecipare agli appalti. La riforma prevede criteri meno selettivi per la definizione dei requisiti di capacità economico finanziaria, tecnica, compresa quella organizzativa, e professionale che gli operatori economici devono possedere per partecipare alle procedure di gara. La legge delega al Governo di riforma del settore degli appalti pubblici, approvata in via definitiva, il 14 gennaio 2016 al Senato, prevede importanti novità. Molte le disposizioni che dovranno essere oggetto di appositi decreti attuativi da emanare, da parte dell’esecutivo di Governo, entro il 18 aprile. Leggi anche: - Riforma appalti: contratti sotto soglia, nuovi obblighi di pubblicità e trasparenza; - Riforma appalti, il Senato approva in via definitiva: come cambiano le gare per le imprese; Tra questi emerge anche la questione legata ai requisiti di capacità tecnica ed economico-finanziaria che devono essere attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto; i potenziali partecipanti devono essere scelti dalle stazioni appaltanti nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione tenendo presente l’interesse pubblico a favorire l’accesso delle micro, piccole e medie imprese. Il problema della disposizione contenuta nell’attuale Codice degli appalti pubblici, infatti, è che le misure contenute, come vedremo nei successivi paragrafi, in riferimento ai requisiti di capacità tecnica ed economica-finanziaria rappresentano per le imprese di medie e piccole dimensioni, un problema che molto spesso diventa insuperabile per partecipare al bando di gara. La direttiva europea La Direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici, che abroga la direttiva 2004/18/CE Testo rilevante ai fini del SEE, all’articolo 58 stabilisce, al paragrafo 1, che i criteri di selezione possono riguardare: - a) l’abilitazione all’esercizio dell’attività professionale; - b) la capacità economica e finanziaria; - c) le capacità tecniche e professionali. Lo stesso paragrafo 1 dispone che le amministrazioni aggiudicatrici possono imporre agli operatori economici, come requisiti di partecipazione, unicamente i Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata criteri di cui ai paragrafi 2, 3 e 4. Le amministrazioni aggiudicatrici limitano i requisiti a quelli adeguati per assicurare che un candidato o un offerente abbia la capacità giuridica e finanziaria e le competenze tecniche e professionali necessarie per eseguire l’appalto da aggiudicare. Tutti i requisiti sono attinenti e proporzionati all’oggetto dell’appalto. Tale ultimo principio viene ribadito anche per gli appalti divisi in lotti. Lo strumento che la direttiva n. 24, utilizza per la dimostrazione del possesso dei criteri di selezione definiti a norma dell’articolo 58 (nonché delle cause di esclusione contemplate dall’art. 57) è il Documento di gara unico europeo (DGUE). Leggi anche: Appalti pubblici, documento di gara unico UE: meno oneri per le PMI L’art. 59, della Direttiva 2014/24/UE, stabilisce infatti che, al momento della presentazione delle domande di partecipazione o delle offerte, le amministrazioni aggiudicatrici accettano il documento di gara unico europeo (DGUE) che consiste in un’autodichiarazione aggiornata come prova documentale preliminare in sostituzione dei certificati rilasciati da autorità pubbliche o terzi in cui si conferma che l’operatore economico in questione soddisfa, tra l’altro, i “pertinenti criteri di selezione definiti a norma dell’articolo 58”. Si evidenzia che il documento di gara unico europeo (DGUE), per le procedure di appalto, è stato di recente modificato; è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea L3, del 6 gennaio 2016, il regolamento di esecuzione (UE) 2016/7 della Commissione Europea del 5 gennaio 2016, che stabilisce il modello di formulario, per il documento di gara unico europeo (DGUE), per le procedure di appalto. Il documento varato dalla Commissione Europea ha come finalità di evitare oneri amministrativi alle amministrazioni aggiudicatrici e agli enti aggiudicatori 42 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 nonché indicazioni eventualmente contraddittorie nei diversi documenti di gara; in particolare è previsto che le informazioni che gli operatori economici devono inserire nel DGUE dovrebbero essere indicate, chiaramente e in anticipo, dalle amministrazioni aggiudicatrici e dagli enti aggiudicatori nell’avviso di indizione di gara, oppure mediante richiami in tale documento ad altre parti dei documenti di gara, che gli operatori economici devono, in ogni caso, esaminare attentamente in vista della loro partecipazione e dell’eventuale presentazione di offerte. La normativa nazionale: come il Governo potrebbe intervenire Le disposizioni nazionali in materia di valutazione dei requisiti sono contenute nel Capo II (intitolato “Requisiti dei partecipanti alle procedure di affidamento”) del Titolo I della Parte II del Codice dei Contratti Pubblici. In particolare nell’art. 38, sono elencati i requisiti di ordine generale (le c.d. cause di esclusione, quali ad esempio procedure fallimentari, misure di prevenzione, sentenze di condanna, ecc.), mentre l’art. 39 riguarda i requisiti di idoneità professionale. L’articolo 38, del Codice degli appalti pubblici, potrebbe essere oggetto di modifica da parte del Governo con la legge delega, con disposizioni che semplifichino la presentazione della documentazione e dei requisiti: la normativa attuale è molto restrittiva, per esempio, in materia di soggetti che si trovano in procedura concorsuali , nei confronti di soggetti in cui è pendente Copyright Wolters Kluwer Italia © Riproduzione riservata il procedimento per l’applicazione di una delle misure di prevenzione, in materia intestazione fiduciaria, in materia di società che ha una situazione di controllo di cui all’articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale. Questi sono alcuni esempi che potrebbero essere oggetto di modifica del Governo; obiettivamente le disposizioni contenute nell’art. 38, del Codice degli appalti pubblici, in materia di requisiti generali oggetto di continue integrazioni e modifiche da parte del legislatore in questi anni , sono diventate molte e possono “spaventare” la ditta di piccole/media dimensioni che intende partecipare ad un appalto pubblico. Lo stesso criterio vale anche per i successivi: - art. 39, il quale dispone che i concorrenti alle gare, se cittadini italiani o di altro Stato membro residenti in Italia, possono essere invitati a provare la loro iscrizione nel registro della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura o nel registro delle commissioni provinciali per l’artigianato, o presso i competenti ordini professionali. Ulteriori disposizioni sono dettate per i cittadini di un altro Stato membro non residente in Italia; - art. 40, sulla disciplina della qualificazione per eseguire lavori pubblici. Si ritiene che anche in questi casi il Governo debba intervenire cercando di “snellire” gli adempimenti che le ditte partecipanti alla gara devono presentare. 43 MERCOLEDÌ 20 GENNAIO 2016 Wolters Kluwer Italia S.r.l. si impegna con scrupolosa attenzione nell’elaborazione e nel costante aggiornamento dei testi della presente opera. Resta comunque inteso che spetta al cliente controllare, verificare la correttezza e la completezza delle informazioni acquisite con la consultazione dell’opera ed il loro aggiornamento. 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