Le regole di gestione dello studio odontoiatrico: rischio biologico e sicurezza sul lavoro (L.Checchi – M.Montevecchi – F.Violante – D.Raimondo – P.Legnani – V.Checchi) HI-LUX LABORATORIO ODONTOTECNICO di Martello Francesco Via Modena, 191/A – 44122 Ferrara – Italy – Tel 0532771296 – Cell 3483919876 www.hiluxsoluzionidentali.it - [email protected] CCIAA 36269 – REA 131569 – R.I. FE53469 – INPS 18888681YK – INAIL 1879690/40 P.IVA 01101830386 – C.F. MRTFNC64T15E974I – REG.MIN.SALUTE ITCA01026556 HI-LUX Pagina 1 20/06/2013 1. Introduzione Un esame accurato dello studio odontoiatrico e delle regole ad esso sottese evidenzia un’attività ed un’organizzazione lavorativa assolutamente non uniforme sul piano nazionale: accanto ad ambulatori ben programmati in relazione a protocolli operativi scientifici, coesistono ambienti di lavoro ove prevalgono disordine e disorganizzazione. Non aiuta, inoltre, il fatto che leggi e regolamenti sul lavoro non siano nati per l’odontoiatria, ma piuttosto per ambienti di tipo industriale o al limite ospedalieri. L’odontoiatria, quindi, ha dovuto recepirli ed il più delle volte anche adattarli a quello specifico ed unico “habitat” che è lo studio odontoiatrico. Altro motivo della mancata standardizzazione di uomini e mezzi è l’estrema complessità della pratica odontoiatrica, poiché l’odontoiatria deve adattarsi a differenti ruoli (anestesista, chirurgo, protesista, endodontista, ortodontista, …), ognuno dei quali richiederebbe ambienti, personale e conoscenze specialistiche, come peraltro avviene in campo medico. Questa situazione così composita ha contribuito a forgiare un “dentista” autonomo, autosufficiente, ma non sempre pronta a confrontarsi e quindi a “resettarsi” in materia di organizzazione del lavoro. Non meno importante è l’estrema pericolosità, ancora sottovalutata, di questa professione, in cui al rischio biologico degli agenti coinvolti – si pensi alla semplice rimozione del tartaro con la contemporanea liberazione di batteri, virus e funghi – si aggiungono quello chimico con la tossicità dei materiali dentali e quello fisico-meccanico associato per esempio a raggi X, rumori, vibrazioni, per finire alle problematiche psicologiche e stress-dipendenti, così ricorrenti specie negli ultimi anni. Di qui la necessità di elaborare una serie di dossier nei quali vengano elencati e descritti quei protocolli che sono alla base della scientificità e della sicurezza del lavoro ed a cui l’odontoiatra debba far riferimento per la sua organizzazione lavorativa interna, nonché per la sicurezza sua e del personale di riferimento. Un’attenta e moderna iconografia, unitamente ad un’aggiornata bibliografia rendono indispensabili questi contributi per tutti quei colleghi odontoiatri che vogliono mantenersi aggiornati. 2. Rischio biologico, chimico, fisico Presso lo studio odontoiatrico vengono svolte differenti attività lavorative, che comportano inevitabilmente l’esposizione a molteplici rischi di natura professionale. Le figure professionali coinvolte in tale attività (odontoiatra, igienista dentale, assistente alla poltrona, tecnici di laboratorio) sono quindi esposte a molteplici rischi con potenziale danno alla salute personale, che tende a intensificarsi con l’età [1]. Queste problematiche possono essere meglio distinte in rischi per la sicurezza e rischi per la salute. I rischi per la sicurezza riguardano la possibilità di infortunio sul lavoro (lesione dell’integrità psicofisica prodotta da una causa che agisce in modo concentrato ne tempo) e si possono classificare in rischi derivanti da: • carenze strutturali dell’ambiente di lavoro; • carenze di sicurezza relative a macchine ed apparecchiature; • manipolazione di sostanze pericolose; • carenza di sicurezza elettrica; • incendio e/o esplosione. I rischi per la salute attengono alla possibilità di insorgenza di malattia da lavoro (lesione dell’integrità psicofisica prodotta da una causa che agisce in modo graduale ne tempo) e si possono classificare in rischi derivanti da: • agenti fisici; • agenti chimici; • agenti biologici; • fattori biomeccanici; • fattori relazionali. Ampia letteratura scientifica documenta da molti anni l’esistenza di tali specifici fattori di rischio cui sono potenzialmente esposte numerose figure professionali in ambiente odontostomatologico (tabella 1). HI-LUX Pagina 2 20/06/2013 Tabella 1 – Fattori di rischio professionali in odontoiatria Tipo di rischio Agenti coinvolti Conseguenze Infezione Batteri Bioaerosol infettivi (da procedure dentali), Virus aria condizionata e ambiente confinato Funghi Prioni Epatite B, C, D Esposizione a fluidi corporei infetti per HIV incidenti da esposizione percutanea Influenza Malattie respiratorie ed altre malattie CMV infettive, per esempio influenza, verruche, Morbillo herpes labiale Parotite Rosolia HPV HSV Chimico Mercurio Effetti tossici da materiali dentali, inclusa Metilmetacrilato l’ipersensibilità respiratoria Cianoacrilato Glutaraldeide Effetti tossici da metodi di sterilizzazione Alcol Ossido di etilene Iodio Protossido di azoto Effetti tossici da gas anestetici Alotano Polveri Effetti tossici da particelle aerodisperse Detergenti per le mani Dermatite da contatto Solventi Irritazioni Polveri Lattice Dermatiti allergiche o da lattice Acrilati Mercurio Agenti sterilizzanti Medicinali Fisico Raggi X Lesioni da radiazioni ionizzanti Luce blu/ultravioletti Lesioni da radiazioni non ionizzanti Rumore Ipoacusia da rumore Vibrazioni Neuropatia periferica Calore Ustioni e scottature da autoclave Ergonomico Posture incongrue Disturbi muscolo-scheletrici (inclusi disturbi a collo, spalle schiena) Stazione eretta prolungata Vene varicose, emorroidi Movimenti ripetitivi Sindrome del tunnel carpale e altri disturbi dell’arto superiore correlati al lavoro Lesione Schegge Lesioni agli occhi e congiuntiviti Psicologico Interventi prolungati Stress Procedure complesse Relazioni tra pazienti e staff Aspetti economici Legenda: HIV = Human Immunodeficiency Virus; CMV = Cytomegalovirus; HPV = Human Papilloma Virus; HSV = Herpes Simplex Virus. Fonte: modificata da Leggat PA, et al. Ind Health 2007;45(5):611-21 2.1. Rischio biologico Per incidenza e importanza, le principali infezioni occupazionali in ambiente odontoiatrico sono rappresentate dalle epatiti virali (Hepatitis B Visus, HBV; Hepatitis C Virus, HCV) e dall’infezione da virus dell’immunodeficienza umana (Human Immunodeficiency Virus, HIV) [2]. HI-LUX Pagina 3 20/06/2013 In generale, i veicoli di infezione occupazionale possono essere costituiti da sangue o fluidi biologici ematici, saliva, secrezioni respiratorie, strumentario odontoiatrico e chirurgico, aghi, taglienti, nonché superfici ambientali, aria e acqua dell’ambiente operativo e dei circuiti del riunito dentale. Per una maggiore chiarezza descrittiva l’Occupational Safety and Health Administration (OSHA), la principale agenzia federale statunitense incaricata della sicurezza e legislazione sanitaria, ha introdotto una dicitura mirante a raggruppare tutti i materiali organici con potenziale infettante differenti dal sangue [3]. La definizione “Other Potentially Infections Materials” (OPIM) è tradotta in italiano come “Altri materiali potenzialmente infetti” e comunemente citata con l’acronimo AMPI. Rientrano in tale categoria i seguenti materiali: • vari fluidi corporei tra cui la saliva stessa o comunque qualsiasi liquido corporeo visibilmente contaminato da sangue; • qualsiasi tessuto o organo umano (vivente o morto); • colture cellulari o tessutali contenenti HIV; • mezzi di coltura o altre sostanze/materiali contenenti HIV o HBV; • sangue, organi e altri tessuti provenienti da animali infetti da HIV o HBV. I contagi non coinvolgono solo il paziente, ma anche gli operatori, spesso esposti a rischi “occulti” come i portatori cronici di HBV e HCV [4]. I microrganismi potenzialmente trasmissibili sono comunque numerosi [5] e nella tabella 2 vengono elencati quelli che assumono maggiore importanza per frequenza e per severità dell’eventuale infezione. Tabella 2 – Microrganismi potenzialmente trasmissibili durante le procedure odontoiatriche Microrganismi presenti nel sangue Malattia HBV Epatite B CV Epatite C HIV Immunodeficienza umana Microrganismi presenti nella saliva e nelle Malattia secrezioni respiratorie HSV Herpes Simplex CMV Infezioni da Cytomegalovirus umano Treponema pallidum Sifilide Mycobacterium tuberculoisis Tubercolosi Streptococchi, stafilococchi, meningococchi, Infezioni da agenti microbici che hanno come virus influenzali e parainfluenzali, Candida habitat le secrezioni salivari o delle vie respiratorie Microrganismi presenti nelle acque Malattia Legionella, Pseudomonas spp. e Infezione da microrganismi che possono Acinebacterium spp colonizzare le condutture di aria/acqua delle attrezzature odontoiatriche Prione Encefalopatie spongiformi trasmissibili Legenda: HBV = Hepatitis B Virus; HCV = Hepatitis C Virus; HIV = Human Immunodeficiency Virus; HSV = Herpes Simplex Virus; CMV = Cytomegalovirus. Fonte: modificata da Tarozzi M. Dental Assistant 2010;3:2-8. La via più comune di potenziale contaminazione da parte di agenti infettivi a trasmissione ematogena è quella determinata dal contatto diretto con sangue e con fluidi biologici contenenti sangue, attraverso le lesioni percutanee, l’esposizione di cute non integra e il contatto con superfici mucose. Le procedure di controllo delle infezioni, come l’attenzione all’igiene generale, uno “smaltimento appropriato” dei rifiuti sanitari, l’adozione da parte del personale di adeguate misure di protezione, la sterilizzazione o disinfezione e la vaccinazione HBV, rimangono la miglior difesa non solo per l’odontoiatra, ma anche (per contribuire a prevenire la trasmissione di agenti infettivi) tra i pazienti odontoiatrici. Queste procedure sono già largamente adottate dagli odontoiatri, sebbene continuino a verificarsi incidenti da esposizione percutanea, soprattutto nei giovani odontoiatri [1]. HI-LUX Pagina 4 20/06/2013 I Centers for Disease Control (CDC) statunitensi raccomandano al personale sanitario operante in ambiente odontostomatologico l’adozione delle seguenti misure di immunoprofilassi attiva, salvo controindicazioni specifiche: • vaccinazione per HBV; • vaccinazione per morbillo, rosolia, parotite epidemica e varicella; • vaccinazione antinfluenzale. Per quanto concerne la profilassi pot-esposizione al virus HBV, sulla base delle raccomandazioni emanate dai CDC nel 2003 [6,7] è necessario analizzare le modalità di esposizione e la condizione del paziente, come sintetizzato nella tabella 3. Tabella 3 – Profilassi post-esposizione al virus HBV Operatore Paziente HBsAg positivo HBV non noto Non vaccinato Ig anti-HBV + 3 dosi di vaccino Ciclo vaccinale completo Vaccinato HBsAb > 10 Nulla. Valori protettivi Nulla. Valori protettivi Vaccinato HBsAb < 10 Ig anti-HBV + 3 dosi di vaccino Come nel caso del paziente (se precedente ciclo vaccinale HBsAg positivo noto, se alto incompleto) rischio di infezione da HBV Ig anti-HBV + 2 dosi di vaccino a distanza di 30 giorni (se effettuato ciclo vaccinale completo in precedenza e l’operatore è non responder) Fonte: Manfredi R, et al. Ital Med Lav Ergon 2007;29(1):11-20. Per quello che riguarda il rischio di trasmissione occupazionale del virus HCV, bisogna tener presente che al momento attuale non sono disponibili né vaccini né immunoglobuline efficaci nella profilassi post-esposizione. Le procedure da adottare dopo incidente professionale intervenuto con paziente con infezione da HCV confermata sono conseguentemente [2,4-8]: • l’effettuazione di sierologia per HCV al temo 0 (e la sua ripetizione dopo 4 e 6 mesi); • l’eventuale ricerca di HCV-RNA (tramite PCR) a 4 e 6 settimane di distanza dall’incidente; • in caso di positività della sierologia per HCV risulta necessario procedere alla determinazione della carica virale plasmatica (HCV-RNA); • se anche la viremia per HCV risulta positiva (HCV-RNA plasmatico positivo), si può prendere in considerazione un’eventuale terapia farmacologica per HCV. Le linee guida promosse dal Ministero della Salute italiano per la chemioprofilassi post-esposizione nei confronti dell’infezione da HIV (tabella 4) sono anch’esse distinte a seconda della modalità di esposizione e della condizione del paziente [9]. Tabella 4 – Linee guida del Ministero della esposizione da HIV Modalità di esposizione Ferita con ago o altro tagliente Contaminazione congiuntivele Contaminazione di cute leso o mucose Ferita da morso umano Contaminazione di cute integra Paziente fonte Paziente HIV positivo noto Paziente con situazione HIV non nota o riferita negativa Paziente con situazione HIV non nota o non disponibile Paziente negativo noto HI-LUX Salute italiano per la chemioprofilassi postProfilassi post-esposizione Raccomandata Raccomandata Da considerare Da considerare Sconsigliata Profilassi post-esposizione Raccomandata Da considerare Da considerare Sconsigliata Pagina 5 20/06/2013 2.2. Rischio chimico In ogni studio odontoiatrico è comune l’utilizzo di molteplici sostanze, miscele di sostanze o materiali quali per esempio metalli e loro leghe, cementi, gessi, resine, porcellane, ceramiche, paste, adesivi, saponi, disinfettanti, sterilizzanti, anestetici locali, abrasivi, reagenti per lo sviluppo e la stampa di pellicole radiografiche. L’intuibile complessità di tale gruppo, estremamente eterogeneo, necessiterebbe di una specifica ed estesa trattazione, che nel presente lavoro verrà in parte ovviata discutendo i prodotti dentali più diffusi, le forme patologiche più frequenti e le peculiari vie di contatto con tali agenti insite nell’attività odontoiatrica. Esiste un’ampia varietà di materiali dentali attualmente utilizzati in ambito odontoiatrico, molti dei quali sottoposti a una vasta gamma di test, sia prima sia dopo l’uso [1]. Alcuni materiali vengono dispersi sotto forma di aerosol durante le operazioni di taglio ad alta velocità e di finitura e possono quindi essere inalati dal personale. Altri materiali sono volatili e possono dal luogo a effetti dermatologici e respiratori. Sebbene gli amalgami contenenti mercurio non vengano più utilizzati come in passato e le moderne tecniche di lavoro abbiano consentito di ridurre notevolmente l’esposizione professionale del personale sanitario, è tuttavia possibile che durante alcune procedure odontoiatriche vi sia ancora un pericolo di esposizione. Le patologie della cute costituiscono un problema rilevante negli studi odontoiatrici. La letteratura scientifica è ricca di contributi che dimostrano la notevole incidenza e prevalenza di dermatiti da contatto allergiche e irritative e di casi di orticaria, generalmente a carico delle mani. La prevalenza di dermatosi tra gli odontoiatri varia, a seconda degli studi, da 15 al 33% [1]. Uno studio condotto in Svezia su 3500 odontoiatri ha evidenziato come circa il 15% degli stessi segnalasse la presenza di eczema a carico delle mani [10], mentre in studi condotti in Nuova Zelanda, Inghilterra, Queensland e altri Stati australiani circa 1/3 degli operatori ha riportato sintomi di dermatite a carico delle mani nell’ultimo anno [12]. In generale le dermatosi sono favorite da diversi fattori, quali il contatto con numerose sostanze, i frequenti lavaggi della mani con detergenti, l’usura o i microtraumi da lavoro, l’utilizzo di guanti talcati, la non perfetta asciugatura delle mani, ecc. Le cause più frequenti di dermatiti di tipo irretivo sono i detergenti/disinfettanti, gli acrilati, l’acido fluoridrico, i materiali plastici e le aldeidi. Gli agenti più frequentemente responsabili di dermatiti allergiche da contatto sono gli acrilati; altre cause possono essere rappresentate dall’uso di anestetici locali, colofonia, per solfato di ammonio, matildiclorobenzene sulfonati, derivati sulfonati del toluene, idrochinoni, fragranze, balsami, ftalati, metalli quali cobalto, cormo, nichel, palladio e mercurio, derivati della gomma, resine, aldeidi (fig.1a,b). Fig. 1a,b – Immagini di dermatite da contatto riconducibile all’uso di guanti con mescole di lattice inidonee, associate a lubrificante di amido di mais Un cenno a parte meritano le frequenti dermatiti da uso dei guanti in lattice, in particolare quando associati a polvere lubrificante. L’allergia ai guanti in lattice è la più frequente causa di dermatite nel personale odontoiatrico in vari studi svolti in tutto il mondo [1]. Uno studio americano ha riportato una prevalenza del 15% di reazioni avverse conseguenti all’impiego di guanti in lattice in un importante centro odontoiatrico [13]. Sono comunque disponibili specifici test per valutare l’eventuale sensibilizzazione al lattice e ai derivati della gomma. L’allergia alle proteine del lattice è l’unica patologia atopica indotta dalla gomma naturale, ma non è la sola che questo prodotto può provocare [14]. Gli additivi della gomma sono i maggiori responsabili di dermatite allergica da contatto, come pure alla polvere lubrificante vengono ricondotte talune manifestazioni di tipo irritativo [15]. La componente principale del lattice è inerte e non dà adito ad alcuna reazione avversa; si tratta di una macromolecola (1-4 cispolisoprene) che viene sottoposta al processo industriale di HI-LUX Pagina 6 20/06/2013 “vulcanizzazione” finalizzato a conferirle le caratteristiche di resistenza ed elasticità che contraddistinguono i manufatti di gomma in commercio. Questa lavorazione richiede però che il lattice venga additivato con sostanze chimiche a basso peso molecolare (tiouramici, carbammati, tiouree, mercaptobenzotiazolo, parafenilendiamina) aventi funzioni di coloranti, antiossidanti e acceleranti del processo di lavorazione. Si tratta di apteri a elevato potere sensibilizzante i quali, legandosi a proteine della cute, possono innescare meccanismi di immunoreazione cellulomediata, che sono propri della dermatite allergica da contatto. La gomma, inoltre, tende a aderire alle superfici cutanee con cui viene a contatto ed è quindi necessario utilizzare lubrificanti per favorire il distacco di superfici affrancate, il più comune dei quali è la polvere di amido di mais, immessa direttamente sul prodotto alla fine della lavorazione. Alla polvere di amido di mais è stata attribuita un’azione irritativa diretta sulla cute a causa della sua spiccata alcalinità [10]; le lesioni che ne conseguono possono essere potenziate da diversi meccanismi imputabili sia all’azione occlusiva dei guanti, sia all’impiego di altri agenti irritanti quali disinfettanti e detergenti. La dermatite irritativa da contatto è strettamente circoscritta alle sedi tipiche della dermatite allergica, pur privilegiando le regioni palmari e volari. Anche l’esordio, caratterizzato da un quadro eritemato-edematoso, accomuna le diverse dermatiti; la forma irritativa si differenzia per la maggiore uniformità evolutiva delle lesioni e per la ridotta intensità del prurito, oltre che per la negatività dei patch test per gli additivi chimici. Orticaria localizzata e edema da contatto, congiuntivite, rinite, asma e reazioni sistemiche di orticaria, angioedema e shock anafilattico costituiscono, con frequenza decrescente, i quadri clinici indotti dall’allergia alle proteine del lattice. L’orticaria da contatto è presente nel 75-100% del casi [16]. L’asma è frequentemente preceduta da sintomi rinitici, forse a causa del articolato veicolato dall’allergene, che tende a depositarsi nelle prime vie aeree [17]. Le reazioni sistemiche interessano il 6-8% dei soggetti allergici [18] e si verificano soprattutto nel corso di interventi invasivi. Per quanto riguarda il sesso, la prevalenza delle dermatosi professionali è risultata essere più elevata tra le femmine, così come tra gli odontoiatri più giovani e meno esperti [1]. Un’anamnesi positiva per condizioni allergiche è risultata, inoltre, esser correlata con una maggiore prevalenza di dermatite alla mano, così come la pratica di alcuni hobby che implicano l’uso di solventi espone a un più alto rischio di riportare sintomi [1,12]. La letteratura descrive vari casi di patologie respiratorie di natura allergologica in personale sanitario degli studi odontoiatrici, la cui prevalenza è in aumento [19]. Gli agenti sensibilizzanti più frequentemente in causa sono gli acrilati e il lattice. Altre possibili cause sono l’esposizione alla coramina T, al talco o a tracce di metalli tossici come il berillio, presente in alcune leghe dentali [19,20]. In questi casi, un’adeguata ventilazione dello studio odontoiatrico potrebbe aiutare a prevenire l’esposizione e l’irritazione degli occhi, delle vie respiratorie e della cute [21]. 2.2.1. Aerosol I termini “aerosol” e “splatter” sono stati introdotti da Micik e colleghi con due lavori pionieristici nell’ambito dell’aerobiologia dentale, citati da Herrel et al. [22]. In questi articoli il termine “aerosol” definisce le particelle aventi diametro inferiore a 50µm. Particelle di tali dimensioni sono abbastanza piccole da rimanere sospese nell’aria per un lungo periodo di tempo prima di depositarsi sulle superfici ambientali o nel tratto respiratorio. Le particelle più piccole di un aerosol (0,5µm) hanno la capacità di penetrare nelle vie respiratorie e insediarvisi, presentando così il maggior potenziale di trasmissione di infezioni. Con il termine “splatter” Micik e colleghi definiscono particelle aventi diametro superiore a 50µm. Gli autori sostengono che queste particelle sono troppo grandi e rimangono sospese in aria solamente per un breve periodo. La possibilità di una distinzione basata sulla dimensione delle particelle costituenti ha suggerito anche l’individuazione di due termini di uso oramai comune in ambito odontoiatrico, vale a dire “macroaerosol” e “microaerosol” [23]. Il maggiore potenziale infettante spetta quindi agli aerosol dentali, anche se le particelle classificabili come splatter devono pur sempre essere considerate una potenziale minaccia nella trasmissione di malattie quali la tubercolosi, la sindrome acuta respiratoria severa (SARS), il morbillo e l’herpes. HI-LUX Pagina 7 20/06/2013 La maggior parte delle procedure odontoiatriche che richiedono strumentazione meccanica produce particelle aerodisperse nel sito d’utilizzo [22]. Strumenti odontoiatrici quali trapani, scaler a ultrasuoni, apparecchi per air polishing ed air abrasion producono gli aerosol più visibili (fig.2a,b). Fig.2a,b – Produzione di inquinamento aereo da strumenti odontoiatrici: si noti la differente distribuzione del getto, unitamente all’eterogeneità dimensionale delle particelle prodotte Ognuno di questi strumenti rimuove dal campo operatorio materiale che diventa aerosol mediante l’azione dello strumento rotante, delle vibrazioni ultrasoniche o dell’azione combinata di spruzzi d’acqua e aria compressa. Il getto d’acqua è di solito la parte dell’aerosol più visibile a occhio nudo. Un’analisi qualitativa e quantitativa della composizione degli aerosol sprigionati durante le procedure odontoiatriche è estremamente difficile; tale composizione, infatti, è altamente condizionata sia dal paziente sia dalla manovra operativa. Tuttavia, è ragionevole supporre che negli aerosol siano presenti componenti salivari, ematiche, secreti nasofaringei, placca dentale e, insieme a questi, tutti i materiali impiegati nelle procedure dentali [22]. Sono stati condotti molteplici studi al fine di determinare quale, fra le procedure odontoiatriche, produca un più alto rischio di contaminazione batterica del materiale aerodisperse [24-29]. È stato dimostrato che la maggiore contaminazione deriva dall’utilizzo di scaler a ultrasuoni, seguito da quello della turbine e di altri dispositivi tipo ari polisher e siringa aria-acqua [22,30,31]. La tabella 5 elenca gli strumenti e le procedure dentali che producono la maggiore quantità di aerosol. Tabella 5 – Dispositivi dentali e procedure che producono contaminazione aerea Strumenti sonici e ultrasonici Considerati come la principale fonte di contaminazione di aerosol; l’utilizzo di un dispositivo di aspirazione a elevata capacità ridurrà la contaminazione aerea di oltre il 95% Air polishing Le conte batteriche indicano che la contaminazione aerea è quasi uguale a quella da scaler a ultrasuoni; anche in questo caso un buon dispositivo di aspirazione può ridurre la contaminazione aerea di oltre il 95% Siringa aria-acqua Le conte batteriche indicano che la contaminazione aerea è quasi uguale a quella da strumenti a ultrasuoni; nuovamente si consiglia l’uso di dispositivi di aspirazione a elevata capacità Preparazione dentale con turbina La contaminazione aerea riesce a essere considerevolmente abbattuta qualora si usi la diga dentale Preparazione dentale via air La contaminazione batterica non è nota; è stata comunque abrasion dimostrata un’ampia contaminazione delle particelle abrasive Fonte: Harrel SK, et al. J Am Dent Assoc 2004 ;135(4) :429-37 HI-LUX Pagina 8 20/06/2013 La rassegna della letteratura evidenzia come sia importante, per la sicurezza dell’operatore e del paziente, che la nube di aerosol sprigionata dalle procedure odontoiatriche venga opportunamente controllata. Mentre il rischio infettivo in generale può essere contenuto con apposite procedure di controllo, in caso di nube aerosolica il rischio di diffusione può essere solo ridotto adottando le necessarie precauzioni relativamente semplici e poco costose. Il team odontoiatrico non dovrebbe far affidamento su un’unica strategia preventiva, ma affidarsi a una serie di norme preventive da seguire integralmente. Il primo livello di difesa consiste nell’utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI) quali mascherine, guanti e occhiali. Altro strumento di protezione appare essere il ricorso di routine a procedure che prevedono risciacqui con antisettici prima del trattamento. Ulteriori dispositivi che possono essere adottati per ridurre il rischio di contaminazione sono rappresentati dai sistemi filtranti dell’aria ad alta efficienza (High Efficiency Particulate Air, HEPA) e, quando possibile, dalla diga di gomma. Non va in ultimo trascurata l’importanza di un’efficace e corretta aspirazione chirurgica: può infatti essere un buon ausilio nel ridurre la dispersione dell’aerosol. La tabella 6 elenca i metodi a disposizione per limitare la contaminazione da aerosol e splatter. Tabella 6 – Metodi per ridurre la contaminazione aerea Strumento Vantaggi Svantaggi Barriere di protezione Parte delle “precauzioni stan- Le mascherine filtrano solo il (mascherine, guanti e occhiali) dard” 60-95% degli aerosol; la loro Metodo economico efficacia è condizionata dal corretto adattamento Assenza di azione protettiva alla rimozione Risciacqui con collutori antiset- Riducono la conta batterica Tendono a essere più efficaci tici (per esempio clorexidina) orale, salivare e aerea sugli organismi liberi; non inprima della procedura odontoia- Metodo economico fluenzano i microrganismi della trica placca dentale, i microrganismi subgengivale, il sangue nel locus dell’intervento e i microrganismi del rinofaringe Aspirazione chirurgica Riduce il numero di batteri nella Quando non è disponibile un aria e rimuove la maggior parte assistente, è necessario utilizdel materiale generato dal locus zare un dispositivo di evacuaoperatorio come batteri, sangue zione ad alto volume attaccato e virus allo strumento Metodo economico Filtri dei particolati dell’aria Efficaci nel ridurre il numero di Efficaci solo dopo che gli ambientale e trattamento ultra- microrganismi nell’aria organismi sono già nell’aria violetto del sistema di ventiladella stanza zione Costo da moderato a elevato Possono richiedere modifiche tecniche al sistema di ventilazione Fonte: Harrel SK, et al. J Am Dent Assoc 2004 ;135(4):429-37 2.3. Rischio fisico Presso gli studi odontoiatrici viene utilizzata un’eterogenea gamma di strumenti quali aspiratori, compressori, turbine, microtomi, frese, apparecchiature radiogene, ultrasuoni, laser, con conseguente possibile esposizione a molteplici rischi di tipo fisico [1,32]. 2.3.1. Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti L possibilità di esposizione a radiazioni ionizzanti e non ionizzanti è comune in ambiente odontoiatrico. È perciò importante che si adottino misure appropriate per proteggere sia il paziente sia lo staff da tale rischio. A proposito delle radiazioni ionizzanti, tutto il personale è chiamato a rispettare corrette norme comportamentali quali, per esempio, il ripararsi dietro barriere di protezione durante l’emissione HI-LUX Pagina 9 20/06/2013 delle stesse. In tale ambito esistono comunque già da tempo specifiche leggi che impongono l’esecuzione di rigorosi controlli sia delle attrezzature sia degli ambienti dedicati [1,33]. È probabilmente per tale motivo che già da tempo non risultano effetti sulla salute correlati all’esposizione in ambito odontoiatrico. Visto l’impiego sempre più diffuso di raggi ultravioletti e “luce blu”, si guarda con crescente interesse ai rischi connessi alle radiazioni non ionizzanti [32]. Anche l’introduzione nella pratica clinica odontoiatrica della tecnologia laser [34-37] ha comportato la possibilità di nuovi danni visivi a vari livelli, sia corneale sia al cristallino o alla retina, secondo la lunghezza d’onda del fascio. Schermi di sicurezza e occhiali protettivi dedicati, qualora utilizzati correttamente, sembrano comunque completamente in grado di prevenire l’eventuale danno. Occorre però sottolineare come, per ora, siano pochi gli studi che hanno effettivamente esaminato tale tematica nello specifico ambito dell’odontoiatria; inoltre, la maggior parte delle patologie a oggi riscontrate e riconducibili a radiazioni di tipo non ionizzante era comunemente osservata nella comunità in generale e non correlata professionalmente [11]. In generale, un primo problema visivo associato alla professione può essere rappresentato dal semplice affaticamento dovuto alla concentrazione prolungata, all’illuminazione insufficiente o all’inadeguata posizione della lampada da lavoro [38]. Un altro problema, maggiormente connesso con le fonti luminose utilizzate, può essere costituito dall’insorgenza di maculopatia. Fino a poco tempo fa si credeva che la sensibilità alla luce dipendesse dai soli bastoncelli e coni della retina. Recenti ricerche, tuttavia, hanno mostrato che alcune cellule gangliari potrebbero funzionare come un terzo tipo di fotorecettori chiamati “fotorecettori retinici gangliari intriseci” [39,40]. Queste cellule, sparsamente situate, sono risultate molto sensibili alla luce blu. Comunemente, quando la luce colpisce un fotorecettore, la cellula diviene refrattaria ad altri stimoli finchè non recupera attraverso un processo metabolico. L’assorbimento della luce blu, invece, ha dimostrato di invertire tale processo in un modello animale (roditori). Di fronte a tale stimolo la cellula diventa nuovamente reattiva prima che sia realmente pronta. Ciò aumenta notevolmente il potenziale danno ossidativo, con accumulo di lipofuxina nell’epitelio pigmentato retinico [41]. La luce blu è un elemento importante della “luce naturale” e può anche contribuire alla nostra salute psicologica [42]. Da alcune ricerche, tuttavia, emerge che livelli elevati di illuminazione da luce blu possono essere tossici per le strutture cellulari retiniche [43]. Un ulteriore disturbo rilevato può essere la cataratta, che è una condizione di opacità o perdita di trasparenza del cristallino. La trasmissione delal luce attraverso il cristallino viene ostacolata e il risultato è costituita dalla formazione di immagini sulla retina fioche, distorte o sfocate e dalla diminuzione della vista [44]. Le lesioni penetranti e i raggi ultravioletti sono fattori di rischio per l’insorgenza di cataratta. 2.3.2. Vibrazioni È noto che l’esposizione umana a vibrazioni meccaniche può rappresentare un fattore rilevante per i lavoratori esposti. Le operazioni in cui si impugnano utensili vibranti, o materiali sottoposti a vibrazioni o impatti, possono indurre un insieme di disturbi neurologici e circolatori digitali e lesioni osteoarticolari a carico degli arti superiori; l’insieme di tali lesioni e definito “sindrome da vibrazioni mano-braccio” [45]. La componente vascolare delal sindrome è costituita da una forma secondari del fenomeno di Raynaud definita “sindrome del dito bianco indotta da vibrazioni”; la componente neurologica è caratterizzata da una neuropatia periferica prevalentemente sensitiva; la componente osteoarticolare comprende lesioni cronico-degenerative a carico dei segmenti ossei e articolari degli arti superiori, in particolare a livello dei polsi e dei gomiti. Le neuropatie periferiche sono sicuramente tra i rischi professionali ai quali gli odontoiatri vanno incontro in seguito all’utilizzo costante di strumenti vibranti. La sensibilità vibrotattile sembra essere particolarmente compromessa nei soggetti che usano utensili generanti vibrazioni a media e alta frequenza come, per esempio, quelli odontoiatrici [1,46,47]. I disturbi neurosensoriali da vibrazioni mano-braccio sembrano essere dovuti ad alterazioni a carico di diversi tipi di fibre, sia mieliniche sia amieliniche, e di due classi di meccanorecettori cutanei,definiti rispettivamente “slow adapting” e “fast adapting” in rapporto alla rapidità e modalità di risposta allo stimolo meccanico [45,48]. Vi è evidenza epidemiologica di comparsa di parestesie, riduzione della sensibilità tattile, e limitazione della capacità di manipolazione più raffinata, in igienisti dentali utilizzanti strumenti rotanti ad alta HI-LUX Pagina 10 20/06/2013 frequenza e ultrasonici rispetto a gruppi di controllo. Diversi studi, infatti, hanno valutato il rischio da vibrazioni trasmesse al sistema mano-braccio da strumenti quali trapani e aspiratori, con riscontro di una lieve neuropatia co diminuzione della sensibilità vibrotattile alla punta delle dita che impugnano lo strumento, in genera transitoria e di moderata entità [1,31,46,48]. Il deterioramento permanente della sensibilità dei polpastrelli avviene solo dopo molti anni di costante svolgimento della professione. Il segno distintivo dovuto a molti anni di lavoro odontoiatrico pare essere una diminuita sensibilità tattile; all’opposto, la sensibilità termica non si modifica molto nel corso del tempo. Il dito maggiormente interessato è il pollice, probabilmente perché esercita più forza e riceve un maggior carico di vibrazioni. Sarebbe quindi utile concedere i giusti tempi di riposo e compiere movimenti che possano scaricare la tensione e restituire ossigeno ai tessuti muscolari contratti. 2.3.3. Rumore Per quanto riguarda l’esposizione al rumore, i livelli di rumore delle apparecchiature delal moderna odontoiatria sono ormai generalmente scesi sotto 85 dB(A), standard di riferimento ampiamente utilizzato, al di sotto del quale i rischio di perdita dell’udito è minimo [1,49]. Nonostante ciò, alcuni odontoiatri possono essere ancora a rischio qualora le attrezzature utilizzate siano difettose. Secondo alcuni studi, l’impiego prolungato del manipolo a ultrasuoni può rappresentare un potenziale rischio per il sistema uditivo sia degli operatori sia dei pazienti, poiché in grado di provocare l’insorgenza di acufeni e cambiamenti temporanei delal soglia uditiva, anche se non vi sono prove di danna permanenti [31,32]. Una possibile relazione causa-effetto tra l’uso di apparecchiature odontoiatriche e la perdita dell’udito negli odontoiatri è stato l’obiettivo di molti studi. I risultati di queste ricerche, tuttavia, non hanno fornito evidenza di ipoacusia da rumore negli odontoiatri. Il grado di rischio pare dipendere da diversi fattori tra cui l’età, la suscettibilità personale, l’esposizione giornaliera totale, l’esposizione cronica, il fumo, l’uso di farmaci e l’esposizione non professionale. Diversi studi condotti su nuove attrezzature dentali hanno registrato i livelli sonori delle sorgenti di rumore comuni in odontoiatria e la tabella 7 ne mostra le conclusioni [32]. Tabella 7 – Valori in decibel di alcune delle più comuni sorgenti di rumore in campo odontoiatrico Attrezzatura dB(A) Turbina 65,5-93 Micromotore 61,9-77 Strumenti ultrasonici 73-88 Tubo di aspirazione grande 75 Tubo di aspirazione piccolo 73 Unità squadramodelli 93,5 Vibratore 98,5 Unità motore per aspirazione 81,7-86,5 Fonte: Pandis N, et al, Am J Orthod Dentofocial Orthop 2007;132(3):280-92 3. Tutela degli operatori dai rischi professionali (Testo Unico sulla Sicurezza del Lavoro) Il sistema delle fonti in tema di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro si presenta alquanto farraginoso, essendo prevalso il ricorso a una normazione “torrentizia” e tuttavia bisognosa di essere, di continuo, integrata e aggiornata. Il D.Lgs. 81/2008 ha raccolto le varie disposizioni emanate sull’argomento a partire dagli anni Cinquanta del secolo scorso a oggi, tuttavia in materia sono ancora vigenti, in quanto non abrogate dalla normativa successiva, alcune disposizioni di legge. Il D.Lgs. 81/2088, entrato in vigore il 15 agosto 2008, recentemente integrato e modificato dal D.Lgs. 106/2009, in continuità con il D.Lgs. 626/1994 e con la normativa europea, ha riordinato e coordinato numerose normative relative alla tutela della sicurezza del lavoro. Si compone di 306 articoli (riuniti in 13 titoli) e 52 allegati. L’obiettivo di questo sistema organizzato è la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali attraverso l’analisi dei rischi presenti, la loro valutazione e la programmazione di HI-LUX Pagina 11 20/06/2013 interventi correttivi di tipo tecnico, procedurale, organizzativo per un miglioramento delle condizioni di lavoro. Il D.Lgs. 81/2008 prevede un campo di applicazione che include tutti i settori di attività, privati e pubblici, e tutte le tipologie di rischio, tutti i lavoratori e le lavoratrici, subordinati, autonomi e le imprese familiari. Gli obblighi generali sono quelli elencati nell’art.15: • valutare i rischi per la salute e la sicurezza; • eliminare i rischi, possibilmente alla fonte, privilegiando gli interventi di miglioramento degli ambienti e delle attrezzature rispetto a quelli di protezione dell’operatore; • scegliere attrezzature e metodi di lavoro meno pericolosi; • mantenere nel tempo i livelli di sicurezza e salute; • predisporre le manutenzioni regolari di macchine e impianti; • predisporre le misure per le emergenze come infortuni, incendi, ecc; • mantenere informati e addestrati i propri dipendenti. Per le piccole e medie imprese (quali sono la maggior parte degli studi odontoiatrici non inseriti in strutture ospedaliere) sono state introdotte disposizioni che consentono di facilitare l’adempimento di alcuni obblighi in base alle dimensioni e al livello di rischio presente: • svolgimento diretto da parte del datore di lavoro dei componenti di prevenzione e protezione dai rischi, o Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) (art.34); • autocertificazione dell’avvenuta valutazione dei rischi e provvedimenti relativi, per le aziende con meno di 10 dipendenti che non risultino soggette a rischi particolari, al posto della redazione del documento di valutazione dei rischi (art.29, comma 5); • procedure standardizzate per gli adempimenti documentali (art.29 comma 5 e modello per la redazione del documento di valutazione dei rischi da D.M. del 5 dicembre 1996). Nella valutazione dei rischi negli studi odontoiatrici dovranno essere considerate le varie mansioni e i profili professionali (odontoiatra, assistente alla poltrona, tirocinante, impiegato amministrativo). Si dovrà esaminare l’ambiente lavorativo per identificare i potenziali rischi: gli studi devono possedere tutti i requisiti (altezza, superficie, aperture, pavimenti) dettati dal titolo II del D.Lgs. n.81/2008; gli impianti devono essere conformi alla normativa prevista dal titolo III del D.Lgs. n.81/2008 e dalla Legge n.46/90. I rischi infortunistici più frequenti sono rappresentati da tagli, punture e lesioni da contatto con parti rotanti ad alta velocità e sono correlati all’impiego di elettrobisturi, turbine, micromotori, siringhe. Allo stato attuale la legge non prevede esplicitamente, per l’attività odontoiatrica, l’obbligo alla sorveglianza sanitaria e questa, quindi, non può essere disposta d’ufficio; la sua attivazione deriverà, invece, dalla valutazione dei rischi. 3.1. Sorveglianza sanitaria Nel contesto normativo italiano la sorveglianza sanitaria avrebbe lo scopo di accertare, preventivamente e periodicamente, l’assenza di controindicazioni all’esposizione a un determinato fattore di rischio (a livelli che si presume siano contenuti entro quelli considerati legalmente accettabili). L’art.41 del D.Lgs n.81/2008 prevede che la sorveglianza sanitaria sia eseguita dal medico competente: a) nei casi previsti da leggi, direttive europee o indicazioni fornite dalla Commissione Consultiva Permanente; b) qualora il lavoratore ne faccia richiesta e la stessa sia ritenuta dal medico competente correlata ai rischi lavorativi. Il D.Lgs. n.81/2008 specifica le categorie di accertamenti incluse ed escluse dalla sorveglianza sanitaria. Sono confermate le visite previste dal precedente ordinamento (visite preventive, periodiche, a richiesta e per cessazione del rapporto di lavoro) e viene introdotta una nuova categoria di visite, quella per “cambio della mansione”. Il giudizio di idoneità alla mansione specifica, atto finale della sorveglianza sanitaria, dovrebbe essere limitato all’attestazione dell’idoneità (piena o non piena) o dell’inidoneità (temporanea o permanente) all’esposizione ai soli fattori di rischio per i quali la sorveglianza sanitaria sia in esser (e null’altro, perché in caso contrario verrebbe a configurarsi una situazione di sorveglianza sanitaria illegittima in quanto eseguita ad di fuori dei casi tassativamente indicati dal D.Lgs. n.81/2008). HI-LUX Pagina 12 20/06/2013 Data la natura periodica della sorveglianza sanitaria, tutti i giudizi di idoneità vanno intesi come temporanei fino alla successiva scadenza delal visita periodica e ciò per l’ovvia considerazione della possibilità che nel tempo si modifichino sia le condizioni cliniche del soggetto sia le condizioni materiali e organizzative del lavoro. In conseguenza di ciò, si dovrebbe utilizzare indicazioni temporali solo allorquando il giudizio debba essere rivisto prima della sua naturale scadenza. Il giudizio di idoneità ha il significato di assenza di controindicazioni alla destinazione lavorativa della persona ed è, per sua natura, non specificabile (altrimenti diventa, necessariamente, un giudizio di idoneità parziale). I giudizi di idoneità parziale possono contenere una “prescrizione” o “limitazione” (si noti che quest’ultimo termine dovrebbe essere usato solo eccezionalmente, in quanto contraddice la filosofia delal moderna Medicina del Lavoro di attuare, per quanto possibile, misure a sostegno della capacità lavorativa). Un tema di grande rilievo attiene al confine tra “idoneità parziale” e “inidoneità”. Infatti, mentre i giudizi di idoneità o non idoneità non pongono difficoltà interpretative (tutto o niente), diversi problemi sono invece stati segnalati, operativamente, in relazione al giudizio di idoneità parziale (con limitazioni o prescrizioni). In questo caso, infatti, il medico competente può aver indicato limitazioni o prescrizioni tali da rendere il soggetto (a cui le stesse si riferiscono) praticamente non impiegabile, in concreto, nelle attività alle quali era originariamente addetto, con ovvie possibili conseguenze sull’attività dello stesso. Per quanto riguarda la “inidoneità alla mansione specifica” il D.Lgs. n.81/2008 prevede che, ove possibile, il datore di lavoro adibisca il lavoratore ad “altra mansione compatibile con il suo stato di salute”, mentre non sono previste indicazioni sulla gestione dei casi di inidoneità temporanea al lavoro. Per quest’ultimo caso, ove si presenti, l’allontanamento temporaneo dall’esposizione (prima normato dall’art.8 del D.Lgs. n.277/1991, ora abolito) qualora necessario dovrà avvenire mediante l’uso degli strumenti a tale scopo previsti dall’ordinamento o dai contratti di lavoro (malattia generica, infortunio malattia professionale) a seconda della causa che ha determinato l’inidoneità temporanea al lavoro. 3.2. Esempio di protocollo sanitario proposto al medico competente per operatori addetti a studi odontoiatrici (linee guida 2002 della Regione Lombardia) • Visita medica all’inizio dell’attività lavorativa. • Visita medica periodica triennale. • Esami di laboratorio con frequenza triennale comprendenti: emocromo con formula, glicemia, transaminasi, gamma-GT, marcatori HBV e HCV. • Vaccinazione per HBV. • Visite straordinarie per lavoratori con problematiche particolari (ad esempio, lavoratori sensibilizzati). • Visite per gli impiegati amministrativi addetti all’uso di video-terminale come da titolo VII del D.Lgs. n.81/2008 (quinquennali per i lavoratori fino al compimento del cinquantesimo anno di età, biennali per quelli di età superiore o classificati come idonei con prescrizioni o limitazioni, art.176). 3.3. Rischio biologico Il datore di lavoro integrerà il processo di valutazione dei rischi specificato nella parte generale, ex art.28 del D.Lgs n.81/2008, con la valutazione specifica dei rischi “Agenti biologici” prevista dal titolo X dello stesso decreto. La prevenzione del rischio infettivo si basa sull’adozione sistematica delle misure disposte dal titolo X del D.Lgs. n.81/2008 e delle misure specifiche disposte dal D.M. del 28 settembre 1990. Importantissimi sono la corretta igiene delle mani degli operatori e l’utilizzo dei mezzi barriera personali. 3.4. Rischio chimico In diverse fasi del lavoro odontoiatrico si impiegano sostanze e miscele quali metalli e loro leghe, cementi, gessi, resine, porcellane, ceramiche, paste, adesivi, saponi, disinfettanti, sterilizzanti, anestetici locali, abrasivi, glicina, bicarbonato di sodio, reagenti per sviluppo e stampe di pellicole radiografiche. HI-LUX Pagina 13 20/06/2013 Il datore di lavoro integrerà il processo di valutazione dei rischi specificato nella parte generale, ex art.28 del D.Lgs. n.81/2008, con la valutazione specifica dei rischi “Sostanze pericolose” ex titolo IX, capo I, dello stesso decreto. 3.5. Rumore Il rumore in uno studio odontoiatrico è prodotto da macchinari, utensili, impianti di aspirazione e ventilazione. Il titolo VIII, capo II, del D.Lgs. n.81/2008 prevede che il datore di lavoro effettui la valutazione del rumore presente nella propria attività lavorativa almeno ogni 4 anni (Art.181). Misurazioni del rumore effettuate negli studi odontoiatrici hanno evidenziato un’esposizione quotidiana personale al rumore sempre e ampiamente al di sotto di 80dB(A). Deve in ogni caso essere tenuta presso lo studio un’autocertificazione in cui il datore di lavoro dichiara che, considerata la tipologia di attività svolta, le sorgenti di rumore non sono in grado di produrre un livello di esposizione giornaliera al rumore (LEX,8h) superiore a 80dB(A). Nell’acquisto di nuovi macchinari il contenimento della rumorosità dovrà essere attentamente considerato come un parametro fondamentale. 3.6. Vibrazioni Anche per questo rischio si può fondatamente ritenere che l’esposizione sia bassa. Nell’acquisto di nuove attrezzature si deve in ogni modo accordare la preferenza a strumenti che comportino una minore trasmissione di vibrazioni. I riferimenti normativi per la valutazione di tale rischio sono contenuti nel titolo VIII, capo III, del D.Lgs. n.81/2008. Il titolo VIII del D.Lgs. n.81 del 30 aprile 2008 (“Attuazione dell’articolo 1 della Legge 3 agosto 2007, n.123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”), al capo III sulla protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a vibrazioni, prescrive specifiche metodiche di individuazione e valutazione dei rischi associati all’esposizione a vibrazioni del sistema manobraccio (HAV) e del corpo intero (WBV) e specifiche misure di tutela, che vanno documentate nell’ambito del rapporto di valutazione dei rischi prescritto dall’art.28 del D.Lgs. n.81/2008. L’art.202 del D.Lgs. n.81/2008 prescrive in particolare l’obbligo, da parte dei datori di lavoro, di valutare il rischio da esposizione a vibrazioni dei lavoratori durante il lavoro ed è previsto che la valutazione dei rischi possa essere effettuata sia senza misurazioni, sulla base di appropriate informazioni reperibili presso il costruttore e/o da banche dati accreditate (ISPESL, Regioni), sia con misurazioni, in accordo con le metodiche di misura prescritte da specifici standard ISO-EN. La disponibilità di banche dati, ove siano accessibili tali informazioni, rende più agevole l’effettuazione delal valutazione dei rischi e l’attuazione immediata delle azioni di tutela prescritte dal D.Lgs. N.81/2008, senza dover ricorrere a misure onerose e spesso complesse, a causa di una serie di fattori ambientali e tecnici che inducono frequentemente artefatti ed errori. Tale prescrizione è di particolare rilevanza nel caso del rischio vibrazioni, in quanto sia nel caso dell’esposizione del sistema mano-braccio sia nel caso dell’esposizione del corpo intero, non esistono DPI antivibrazioni in grado di proteggere i lavoratori adeguatamente e riportare comunque i livelli di esposizione del lavoratore al di sotto dei valori limite fissati dal Decreto, come per esempio avviene nel caso delle protezioni auricolari in relazione al rischio rumore. Nel caso delle vibrazioni, nella maggior parte dei casi la riduzione alla fonte è l’unica misura da adottare al fine di ricondurre l’esposizione a valori inferiori ai limiti prescritti. 3.7. Radiazioni ionizzanti e non ionizzanti Per quanto concerne le radiazioni ionizzanti, le dosimetrie disponibili dimostrano livelli di esposizione molto bassi; non risultano segnalazioni riferibili a effetti sulla salute dovuti a tali esposizioni. Tra le radiazioni non ionizzanti, si segnalano i raggi ultravioletti e i laser, per i quali è di recente introduzione l’obbligo di valutazione del rischio. 4. Sicurezza sul luogo di lavoro: ruoli e mansioni nell’ambito della pratica odontoiatrica sono identificabili differenti figure professionali alle quali vanno riconosciute specifiche mansioni e responsabilità. La forma lavorativa più tradizionale e ancora oggi più rappresentativa della professione è certamente costituita dallo studio monoprofessionale; tale condizione vede un odontoiatra (o medico odontoiatra) che, in duplice HI-LUX Pagina 14 20/06/2013 veste di lavoratore e datore di lavoro, è affiancato da un dipendente comunemente definito “assistente”. L’evolversi delal professione odontoiatrica, manifestandosi sia nello sviluppo di strutture lavorative sempre più complesse, con nuovi rapporti e figure professionali, sia nella contemporanea maturazione legislativa di settore, ha portato a un forte rinnovamento, per il quale, oggi più che mai, risulta indispensabile un chiarimento dei ruoli e del mansioni. A prescindere dal desiderio di chiarire tutte le eventuali posizioni e figure lavorative che possono riscontrarsi nella pratica professionale, è comunque interesse del presente lavoro focalizzare l’attenzione su tre di esse, in particolare: il “datore di lavoro” (DL), l’”assistente” ed il “collaboratore”. Il D.Lgs. n.81/2008 sulla sicurezza del Lavoro prevede che sia il titolare dell’attività, ovvero il DL, la figura responsabile anche in senso penale della sicurezza in ambito lavorativo; in quanto tale, il DL deve farsi carico in primo luogo della “Valutazione dei Rischi” (VDR), atto preliminare per definire i provvedimenti intesi a eliminare o ridurre i rischi medesimi. Lo stesso DL è chiamato a nominare un suo “braccio destro per la sicurezza”, cioè il cosiddetto Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP). Spesso, nelle piccole attività, il DL può assumere anche la carica di RSPP e in tal caso avrà l’obbligo di frequentare un corso di formazione specifico. Il DL può anche nominare RSPP un altro interno alla sua organizzazione, o un esterno, ma in ambedue i casi è sempre richiesta una specifica formazione. Secondo il D.Lgs. n.81/2008, al DL è dovuta anche la nomina di addetti al pronto soccorso/primo intervento e all’antincendio. Entrambe le cariche sono potenzialmente assumibili dal medesimo titolare. Il DL sarebbe tenuto anche alla nomina della figura del “medico competente” per la Sorveglianza Sanitaria (SS). Allo stato attuale nessuna legge e/o nessuna tabella prevede esplicitamente, per l’attività odontoiatrica, l’obbligo alla SS e quindi questa non può essere richiesta d’ufficio ma può essere eventualmente desunta a seguito della VDR. Nel caso in cui il professionista operi da solo, in altre parole senza dipendenti né collaboratori, lo stesso non è soggetto a queste norme legislative ed è quindi esonerato dall’attuare quanto accennato, salvo utilizzare i DPI e attrezzature a norma. All’opposto, qualora il professionista si avvalga anche a titolo gratuito dell’aiuto di qualcuno, diviene automaticamente soggetto alla normativa. Riferendosi al dipendente dello studio odontoiatrico per antonomasia, ci si riferisce alla figura dell’”assistente alla poltrona”. Tale figura professionale, benché da decenni chiaramente riconosciuta nella società, si avvale di un concreto riconoscimento istituzionale solamente dal 1993, con il primo contratto nazionale d’area odontoiatrica, nel quale vennero appunto a stabilirsi le specifiche condizioni di lavoro. Prima di tale contratto l’assistente, al momento dell’assunzione nello studio professionale, non aveva un inquadramento preciso: era considerato e assunto, secondo i casi, come inserviente o impiegata/o d’ordine, non prevedendo il Contratto Nazionale di Lavoro degli studi odontoiatrici tale figura. A questa carenza normativa si associava un vuoto formativo, vale a dire l’assenza di una formazione culturale strutturata, compensata solo in parte da sporadici e brevi corsia spesso a pagamento, gestiti e proposti da associazioni odontoiatriche o paramediche. Nel tentativo di colmare tale vuoto furono antesignane alcune regioni, come per esempio l’Emilia Romagna che tramite la Provincia di Forlì e Cesena rilasciò sin dal 1992 la qualifica professionale di “Addetta alla Poltrona Odontoiatrica”. Il percorso del riconoscimento istituzionale, attraverso successive e molteplici tappe, è giunto il 22 aprile 2009 alla sottoscrizione del nuovo e ultimo contratto per gli “Addetti Operanti in Studi Tecnici e Professionali”. Per la prima volta vengono a definirsi in modo preciso sia le mansioni sia l’inquadramento dell’”Assistente allo Studio Odontoiatrico” (ASO), chiarendo con precisione quali siano i doveri e i diritti di questa figura così importante nell’attività odontoiatrica. L’ASO, in qualità di dipendente dello studio professionale, può in base al nuovo contratto assumere un importante ruolo nell’ambito della sicurezza, divenendo Rappresentante per la Sicurezza dei Lavoratori (RLS): figura richiesta per legge in tutte le attività professionali con almeno un dipendente (D.Lgs. n.81/2008). Va comunque ricordato che tale ruolo può essere assunto solo dopo specifico corso formativo, il quale riconoscerà al soggetto un titolo valido per tutta la vita professionale. L’RLS è una figura con molteplici compiti nell’ambito della sicurezza, sintetizzabili nell’insieme come segue: vigilare sulla sicurezza degli altri dipendenti, trasmettere le informazioni ricevute e riferire al datore di lavoro e/o RSPP eventuali punti critici sulla questione sicurezza in modo da evitare incidenti. Lo studio professionale, una volta nominato il RLS, dovrà poi provvedere alla comunicazione dei relativi dati all’Istituto Nazionale Assicurazione contro gli HI-LUX Pagina 15 20/06/2013 Infortuni sul Lavoro (INAIL). Nel caso in cui nessun dipendente voglia assumere tale ruolo, è bene che venga comunque stilato e sottoscritto uno specifico documento di rinuncia. Con il termine “collaboratore” si fa comune riferimento a un igienista dentale o odontoiatra (o medico odontoiatra) che in qualità di libero professionista con partita IVA, esegue prestazioni specialistiche presso una struttura di cui non è titolare e nella quale non ha un contratto come lavoratore dipendente. Il rapporto esistente tra il titolare dello studio ed il collaboratore implica considerazioni sulla sicurezza nel luogo di lavoro non sempre evidenziate preliminarmente. Innanzi tutto è bene sottolineare come in un rapporto di collaborazione professionale non vi sia l’obbligo di stipulare un contratto scritto. È altrettanto vero che se ne consiglia vivamente la stipula, così da chiarire e responsabilizzare le parti coinvolte, specialmente qualora si verificassero imprevisti. Il collaboratore, al pari del lavoratore dipendente, una volta all’interno del luogo di lavoro assume tutti gli obblighi e i diritti in materia di salute e sicurezza vigenti presso la struttura medesima. Diviene quindi responsabile dell’attuazione di tutte le specifiche procedure preposte e della corretta gestione e utilizzazione dei DPI fornitigli. Il collaboratore dovrà, pertanto, essere informato sulle disposizioni vigenti presso la struttura e aggiornato qualora si verificassero delle modifiche. Se per il lavoratore dipendente si riconosce nell’INAIL l’organo preposto alla gestione dell’infortunio, per il collaboratore sarà l’Ente Nazionale di Previdenza e Assistenza dei Medici e degli Odontoiatri (EMPAM) con l’eventuale Responsabilità Civile professionale dello stesso a supportarlo in tale circostanza. Conflitto di interessi Gli autori dichiarano di non aver nessun conflitto di interessi. Finanziamento allo studio Gli autori dichiarano di non aver ricevuto finanziamenti istituzionali per il presente studio. Bibliografia 1. Leggat PA, Kedjarune U, Smith DR. Occupational health problems in modern dentistry: a review. Ind Health 2007;45(5):611-21. 2. Manfredi R, Calza L, Verucchi G. The health professional in the dental/oral field and exposure to risk of infection: epidemiology an prevention. G Ital Med Lav Ergon 2007;29(1):11-20. 3. US Department of Labor, Occupational Safety and Health Administration (OSHA). 29 CFR Part 1910.1030. Occupational exposure to bloodborne pathogens; needlesticks and other sharps injuries; final rule. Federal Register 2001;66:5317-25. 4. Montagna MT, Napoli C, Tatò D, De Benedditis M, Petruzzi, Serpico R. Gruppo di Lavoro SITL. L’igiene in odontoiatria. Dentista Moderno 2006;10:138-49. 5. Tarozzi M. 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