I cattivi nella letteratura greca. Rappresentazioni della negatività e del nemico da Omero ai Cristiani Storia della Lingua Greca Laurea Specialistica in Filologia, Letteratura e Tradizione Classica a.a. 2008/2009 – C. Neri [email protected] E ha daccanto una faccia tosta e trista, uno che si chiama Franti, che fu già espulso da un’altra sezione. (E. De Amicis, Cuore, Milano 1886, 25 ottobre) prologo • la definizione di un’identità • il disvelamento di un’ideologia • la rassicurante conferma di un modello di comportamento i cattivi come costruzione linguistica e letteraria la faccia del cattivo un incontro di persone in ricerca presentazioni reciproche: attese e obiettivi presentazione del corso: • gli obiettivi • i modi • programma e calendario • le verifiche • il materiale gli obiettivi • approfondire una lingua nei suoi contesti • comunicare, insegnare, autovalutarsi • fare ricerca: strumenti e metodi i modi • lezioni introduttive e finestre di approfondimento • lezioni-Referate • seminari di studio (facoltativi) programma e calendario • il programma e la tabella delle lezioni • i libri in programma • date degli appelli le verifiche • autovalutazione: le schede di verifica • Referate • esame finale: il testo e il saggio il materiale http://www2.classics.unibo.it/Didatti ca/Programs/20082009/Neri/ parole per condannare il male κακό ς cattivo ἐχθρός nemico αἰσχρός turpe FRANTI E. De Amicis, Cuore, Milano 1886 A un tratto Franti, quella brutta faccia, salì sur un banco, e facendo mostra di portare due cesti sulle braccia, scimmiottò la mamma di Crossi, quando veniva ad aspettare il figliuolo alla porta; perché ora è malata. Molti si misero a ridere forte. Allora Crossi perse la testa, e afferrato un calamaio glie lo scaraventò al capo di tutta forza; ma Franti fece civetta, e il calamaio andò a colpire nel petto il maestro che entrava. la prima impresa (26 ottobre) - quando uno piange, egli ride - trema davanti a Garrone, e picchia il muratorino perché è piccolo - provoca tutti i più deboli di lui, e quando fa a pugni, s’inferocisce e tira a far male - ci ha qualcosa che fa ribrezzo su quella fronte bassa, in quegli occhi torbidi - ha cartella, quaderni, libri, tutto sgualcito, stracciato, sporco - odia la scuola, odia i compagni, odia il maestro - egli si dibatteva, digrignava i denti: si fece trascinare fuori a viva forza lo stile (21 gennaio) E quell’infame sorrise. Ma Franti dicono che non verrà più perché lo metteranno all’ergastolo. l’aristia e l’epilogo (28 gennaio, 6 marzo) la cattiveria di Franti • la torbida bruttezza • il disordine sfacciato • la violenza contro i deboli • la vigliaccheria • il riso Il riso è satanico: è dunque profondamente umano ENRICO BOTTINI U. Eco, Diario minimo, Milano 1963 L’unica volta che Enrico si tradisce e ci mostra la madre di Franti che si precipita in classe a implorare perdono per il figlio punito, affannata coi capelli grigi arruffati, tutta fradicia di neve, avvolta da uno scialle, curva e tossicchiante, ci lascia capire che Franti ha dietro di sé una condizione sociale, e una stamberga malsana, e un padre sottoccupato, che spiegano molte cose. Ma per Enrico tutto questo non esiste, egli non può capire il pudore di questo ragazzo che di fronte all’impudicizia feudale della madre che si getta, davanti alla scolaresca, ai piedi del Direttore e di fronte all’intervento melodrammatico di quest’ultimo (“Franti, tu uccidi tua madre!”, eh via, dove siamo?), cerca un contegno nel sorriso, per non soccombere nello strame. la giustificazione sociologica (p. 84) Quando Crossi gli tira un calamaio egli fa civetta, e il calamaio va a colpire il maestro che entrava. Civetta meritoria quant’altre mai, dunque, perché questo maestro è lo stesso ributtante leccapiedi che in un diverbio tra Coraci (il calabrese) e Nobis, dà ragione a Coraci e torto a Nobis, ma a Nobis dà del voi mentre a Coraci dà del tu. Dà del tu anche a Franti, naturalmente, perché costui non ha un padre distinto con una gran barba nera. ribellismo (p. 85) l’igienico Franti, se diamo ascolto ad Enrico, ride troppo: il suo ghigno non è normale, il suo sorriso cinico è stereotipo, quasi deformante; chi ride così certo non è contento, oppure ride perché ha una missione. Franti nel cosmo del Cuore rappresenta la Negazione, ma – strano a dirsi – la Negazione assume i modi del Riso. Franti ride perché è cattivo – pensa Enrico – ma di fatto pare cattivo perché ride. Quello che Enrico non si domanda è se la cattiveria di chi ride non sia una forma di virtù, la cui grandezza egli non può capire poiché tutto ciò che è riso e cattiveria in Franti altro non è che negazione di un mondo dominato dal cuore, o meglio di un cuore pensato a immagine del mondo in cui Enrico rivoluzionario (p. 86) prosperaile riso si ingrassa. Ma se il Bene è solo ciò che una società riconosce come favorevole, il Male sarà soltanto ciò che si oppone a quanto una società identifica con il Bene, ed il Riso, lo strumento con cui il novatore occulto mette in dubbio ciò che una società considera come Bene, apparirà col volto del Male, mentre in realtà il ridente – o il sogghignante – altro non è che il maiueta di una diversa società possibile [...]. Chi ride è malvagio solo per chi credel’anarchia in ciò di cuimaieutica si ride. (pp. 89s.) Tra questi poli è l’Enrico: di carattere impreciso, incostante nei suoi propositi etici, schiavo di ambigui culti della personalità, non poteva essere gran che diverso col padre che si ritrovava, torbido personaggio costui, incarnazione di quell’ambiguo socialismo umanitario che precedette il fascismo [...]. E ti educava così questo figlio alla violenza e alla retorica nazionale, all’interclassismo corporativista e all’umanitarismo paternalista, sì che svolgendosi la vicenda nell’ottantadue, possiamo immaginarci Enrico interventista quarantenne (e quindi a casa, da tavolino), all’inizio della guerra, e professionista fiancheggiatore delle squadre d’azione nel ventidue, lieto infine che il Paese sia andato in mano a un uomo forte garante dell’ordine e della fratellanza. il cripto-cattivo (pp. 82s.) la cattiveria di Enrico • la torbida ipocrisia • il socialismo paternalista • l’interclassismo a-rivoluzionario • l’ordine fascista • il non riso Il Riso è lo strumento con cui il novatore occulto mette in dubbio ciò che una società considera come Bene. (U. Eco) NEGATIVITÀ TOTALE DEMONIZZAZIONE TERSITE Iliade II Iliade II 188s., 198s. ὃν τινα μὲν βασιλῆα καὶ ἔξοχον ἄνδρα κιχείη τὸν δ᾽ ἀγανοῖς ἐπέεσσιν ἐρητύσασκε παραστάς· ... ὃν δ᾽ αὖ δήμου τ᾽ ἄνδρα ἴδοι βοόωντά τ᾽ ἐφεύροι, τὸν σκήπτρῳ ἐλάσασκεν ὁμοκλήσασκέ τε μύθῳ· e quando (Odisseo) si imbatteva in un sovrano e in un uomo di spicco, / gli si accostava con dolci parole, provava a trattenerlo ... se invece uno del popolo vedeva, lo coglieva a strillare, / lo incalzava di scettro, con le parole lo rimproverava. Iliade II 203-205 οὐ μέν πως πάντες βασιλεύσομεν ἐνθάδ᾽ Ἀχαιοί· οὐκ ἀγαθὸν πολυκοιρανίη· εἷς κοίρανος ἔστω, εἷς βασιλεύς, ᾧ δῶκε Κρόνου πάϊς ἀγκυλομήτεω non siamo fatti tutti per regnare, in questa, noi Achei; / aver molti sovrani non è bene: sovrano sia uno solo, / ed uno il re, cui lo concesse il figlio di Crono mente acuta Iliade II 211-270 ἄλλοι μέν ῥ᾽ ἕζοντο, ἐρήτυθεν δὲ καθ᾽ ἕδρας· Θερσίτης δ᾽ ἔτι μοῦνος ἀμετροεπὴς ἐκολῴα, ὃς ἔπεα φρεσὶν ᾗσιν ἄκοσμά τε πολλά τε ᾔδη μάψ, ἀτὰρ οὐ κατὰ κόσμον, ἐριζέμεναι βασιλεῦσιν, ἀλλ᾽ ὅ τι οἱ εἴσαιτο γελοίϊον Ἀργείοισιν ἔμμεναι· αἴσχιστος δὲ ἀνὴρ ὑπὸ Ἴλιον ἦλθε· φολκὸς ἔην, χωλὸς δ᾽ ἕτερον πόδα· τὼ δέ οἱ ὤμω κυρτὼ ἐπὶ στῆθος συνοχωκότε· αὐτὰρ ὕπερθε φοξὸς ἔην κεφαλήν, ψεδνὴ δ᾽ ἐπενήνοθε λάχνη. ἔχθιστος δ᾽ Ἀχιλῆϊ μάλιστ᾽ ἦν ἠδ᾽ Ὀδυσῆϊ· τὼ γὰρ νεικείεσκε· τότ᾽ αὖτ᾽ Ἀγαμέμνονι δίῳ ὀξέα κεκλήγων λέγ᾽ ὀνείδεα· τῷ δ᾽ ἄρ᾽ Ἀχαιοὶ ἐκπάγλως κοτέοντο νεμέσσηθέν τ᾽ ἐνὶ θυμῷ. αὐτὰρ ὃ μακρὰ βοῶν Ἀγαμέμνονα νείκεε μύθῳ· “Ἀτρεΐδη τέο δ᾽ αὖτ᾽ ἐπιμέμφεαι ἠδὲ χατίζεις; πλεῖαί τοι χαλκοῦ κλισίαι, πολλαὶ δὲ γυναῖκες εἰσὶν ἐνὶ κλισίῃς ἐξαίρετοι, ἅς τοι Ἀχαιοὶ πρωτίστῳ δίδομεν εὖτ᾽ ἂν πτολίεθρον ἕλωμεν. ἦ ἔτι καὶ χρυσοῦ ἐπιδεύεαι, ὅν κέ τις οἴσει Τρώων ἱπποδάμων ἐξ Ἰλίου υἷος ἄποινα, ὅν κεν ἐγὼ δήσας ἀγάγω ἢ ἄλλος Ἀχαιῶν, ἠὲ γυναῖκα νέην, ἵνα μίσγεαι ἐν φιλότητι, ἥν τ᾽ αὐτὸς ἀπονόσφι κατίσχεαι; οὐ μὲν ἔοικεν ἀρχὸν ἐόντα κακῶν ἐπιβασκέμεν υἷας Ἀχαιῶν. ὦ πέπονες κάκ᾽ ἐλέγχε᾽ Ἀχαιΐδες οὐκέτ᾽ Ἀχαιοὶ οἴκαδέ περ σὺν νηυσὶ νεώμεθα, τόνδε δ᾽ ἐῶμεν αὐτοῦ ἐνὶ Τροίῃ γέρα πεσσέμεν, ὄφρα ἴδηται ἤ ῥά τί οἱ χἠμεῖς προσαμύνομεν ἦε καὶ οὐκί· ὃς καὶ νῦν Ἀχιλῆα ἕο μέγ᾽ ἀμείνονα φῶτα ἠτίμησεν· ἑλὼν γὰρ ἔχει γέρας αὐτὸς ἀπούρας. ἀλλὰ μάλ᾽ οὐκ Ἀχιλῆϊ χόλος φρεσίν, ἀλλὰ μεθήμων· ἦ γὰρ ἂν Ἀτρεΐδη νῦν ὕστατα λωβήσαιο·” ὣς φάτο νεικείων Ἀγαμέμνονα ποιμένα λαῶν, Θερσίτης· τῷ δ᾽ ὦκα παρίστατο δῖος Ὀδυσσεύς, καί μιν ὑπόδρα ἰδὼν χαλεπῷ ἠνίπαπε μύθῳ· “Θερσῖτ᾽ ἀκριτόμυθε, λιγύς περ ἐὼν ἀγορητής, ἴσχεο, μηδ᾽ ἔθελ᾽ οἶος ἐριζέμεναι βασιλεῦσιν· οὐ γὰρ ἐγὼ σέο φημὶ χερειότερον βροτὸν ἄλλον ἔμμεναι, ὅσσοι ἅμ᾽ Ἀτρεΐδῃς ὑπὸ Ἴλιον ἦλθον. τὼ οὐκ ἂν βασιλῆας ἀνὰ στόμ᾽ ἔχων ἀγορεύοις, καί σφιν ὀνείδεά τε προφέροις, νόστόν τε φυλάσσοις. οὐδέ τί πω σάφα ἴδμεν ὅπως ἔσται τάδε ἔργα, ἢ εὖ ἦε κακῶς νοστήσομεν υἷες Ἀχαιῶν. τὼ νῦν Ἀτρεΐδῃ Ἀγαμέμνονι ποιμένι λαῶν ἧσαι ὀνειδίζων, ὅτι οἱ μάλα πολλὰ διδοῦσιν ἥρωες Δαναοί· σὺ δὲ κερτομέων ἀγορεύεις. ἀλλ᾽ ἔκ τοι ἐρέω, τὸ δὲ καὶ τετελεσμένον ἔσται· εἴ κ᾽ ἔτι σ᾽ ἀφραίνοντα κιχήσομαι ὥς νύ περ ὧδε, μηκέτ᾽ ἔπειτ᾽ Ὀδυσῆϊ κάρη ὤμοισιν ἐπείη, μηδ᾽ ἔτι Τηλεμάχοιο πατὴρ κεκλημένος εἴην, εἰ μὴ ἐγώ σε λαβὼν ἀπὸ μὲν φίλα εἵματα δύσω, χλαῖνάν τ᾽ ἠδὲ χιτῶνα, τά τ᾽ αἰδῶ ἀμφικαλύπτει, αὐτὸν δὲ κλαίοντα θοὰς ἐπὶ νῆας ἀφήσω πεπλήγων ἀγορῆθεν ἀεικέσσι πληγῇσιν”. ὣς ἄρ᾽ ἔφη, σκήπτρῳ δὲ μετάφρενον ἠδὲ καὶ ὤμω πλῆξεν· ὃ δ᾽ ἰδνώθη, θαλερὸν δέ οἱ ἔκπεσε δάκρυ· σμῶδιξ δ᾽ αἱματόεσσα μεταφρένου ἐξυπανέστη σκήπτρου ὕπο χρυσέου· ὃ δ᾽ ἄρ᾽ ἕζετο τάρβησέν τε, ἀλγήσας δ᾽ ἀχρεῖον ἰδὼν ἀπομόρξατο δάκρυ. οἳ δὲ καὶ ἀχνύμενοί περ ἐπ᾽ αὐτῷ ἡδὺ γέλασσαν. la cattiveria di Tersite • la deforme bruttezza • la ghignante contestazione del potere • l’amore per la disputa e per la discordia • la propensione all’insulto • il disfattismo demagogico • la turpe cattiveria irrisa Il riso degli integrati come conferma dei valori in I POTENTI ΔΩΡΟΦΑΓΟΙ Esiodo, Opere e giorni Esiodo, Opere e giorni 202-212 νῦν δ᾽ αἶνον βασιλεῦσιν ἐρέω φρονέουσι καὶ αὐτοῖς· ὧδ᾽ ἴρηξ προσέειπεν ἀηδόνα ποικιλόδειρον ὕψι μάλ᾽ ἐν νεφέεσσι φέρων ὀνύχεσσι μεμαρπώς· ἣ δ᾽ ἐλεόν, γναμπτοῖσι πεπαρμένη ἀμφ᾽ ὀνύχεσσι, μύρετο· τὴν ὅ γ᾽ ἐπικρατέως πρὸς μῦθον ἔειπεν· “δαιμονίη, τί λέληκας; ἔχει νύ σε πολλὸν ἀρείων· τῇ δ᾽ εἶς ᾗ σ᾽ ἂν ἐγώ περ ἄγω καὶ ἀοιδὸν ἐοῦσαν· δεῖπνον δ᾽, αἴ κ᾽ ἐθέλω, ποιήσομαι ἠὲ μεθήσω. ἄφρων δ᾽, ὅς κ᾽ ἐθέλῃ πρὸς κρείσσονας ἀντιφερίζειν· νίκης τε στέρεται πρός τ᾽ αἴσχεσιν ἄλγεα πάσχει”. ὣς ἔφατ᾽ ὠκυπέτης ἴρηξ, τανυσίπτερος ὄρνις. Esiodo, Opere e giorni 213-218 ὦ Πέρση, σὺ δ᾽ ἄκουε δίκης μηδ᾽ ὕβριν ὄφελλε· ὕβρις γάρ τε κακὴ δειλῷ βροτῷ, οὐδὲ μὲν ἐσθλὸς ῥηιδίως φερέμεν δύναται, βαρύθει δέ θ᾽ ὑπ᾽ αὐτῆς ἐγκύρσας ἄτῃσιν· ὁδὸς δ᾽ ἑτέρηφι παρελθεῖν κρείσσων ἐς τὰ δίκαια· δίκη δ᾽ ὑπὲρ ὕβριος ἴσχει ἐς τέλος ἐξελθοῦσα· παθὼν δέ τε νήπιος ἔγνω. O Perse dai ascolto alla giustizia, non accrescer violenza: / per i mortali è male la violenza, e non c’è valoroso / che possa tollerarla di buon grado, ma ne subisce il peso / quando si imbatte nell’ac-cecamento. Una strada migliore / è andar dall’altra parte, alla giustizia: la giustizia è più forte / della violenza, quando al fine emerge: anche lo sciocco Esiodo, Opere e giorni 263s. ταῦτα φυλασσόμενοι, βασιλῆς, ἰθύνετε μύθους, δωροφάγοι, σκολιέων δὲ δικέων ἐπὶ πάγχυ λάθεσθε. A questo state attenti, o re, addrizzate, mangiatori di doni, / i discorsi, e scordatevi del tutto dei giudizi sovvertiti. la cattiveria dei potenti δωροφάγοι • la violenza • l’arrogante arbitrio del potere • la sconsideratezza • l’incuria del futuro Dike e i trentamila guardiani: la teodicea e le disgrazie cosmiche e sociali come punizione divina Lingue letterarie e lingue parlate Il greco (tranne, parzialmente, glosse e iscrizioni, che peraltro sono ‘formalizzate’) è per noi una lingua letteraria (ma ciò, come sempre avviene per le lingue antiche, è dovuto anche al processo della tradizione). Il complesso dei linguisti e il sospetto verso le lingue letterarie: l’esempio del latino da Augusto al Rinascimento (o al Concilio Vaticano II) e del sanscrito, il divaricarsi dei piani. Le lingue letterarie come forme ‘normalizzate’ del parlato e come insiemi compatti di regole fissate e codificate e le lingue parlate come incerti oggetti di ricerca (quale lingua parlata? quali atlanti linguistici?). L’importanza, anche modellizzante, delle lingue letterarie (es. il gotico di Ulfila, lo slavo o slavone di Salonicco di Cirillo e Metodio, l’armeno dei primi traduttori biblici, l’arabo del Corano) e le lingue comuni in nuce (es. di Dante, Petrarca e Boccaccio). La lingua letteraria è uno dei mezzi di azione di un gruppo di individui dotati di forza e di coscienza di sé; non di rado una lingua letteraria diventa lingua comune. Dal parlato alla ‘letteratura’ La difficile individuazione del parlato (l’esempio di Erodoto I 142 e delle diverse lingue ioniche) e i presunti ‘rispecchiamenti’ (Ipponatte e la commedia). Le lingue letterarie, come anche le lingue religiose, sono un tipo particolare di lingue ‘speciali’ o ‘tecniche’. Parlate locali (ogni gruppo locale ha la sua) e parlate speciali (gruppi professionali, esercito, sport). Il carattere esoterico e ‘segreto’ delle lingue speciali, che le rende così difficili da studiare. I caratteri delle lingue speciali: il mantenimento della fonetica e del sistema grammaticale, e la differenziazione lessicale (il lessico ha una certa autonomia ed è più facilmente modificabile: l’es. dell’armeno zingaresco); forestierismi, neologismi, slittamenti semantici. Lingue letterarie religiose e profane Le lingue religiose: il passaggio dall’umano al divino e l’esigenza di discontinuità e di oscurità (terminologica e sintattica: l’es. di Ahura Mazdah); le Gatha, gli inni vedici, il Carmen fratrum Arvalium, l’Inno a Zeus dell’Agamennone di Eschilo. Il processo di laicizzazione delle lingue religiose: l’intervento di elementi esterni (i re stranieri in India) e il proselitismo (l’alfabeto gotico, slavo, armeno). Il processo di cristallizzazione e di irrigidimento indotto dalle lingue religiose divenute letterarie: la chiave di interpretazione della realtà e la meccanizzazione del pensiero. L’internazionalismo delle lingue letterarie. Le lingue letterarie di origine profana: thul islandesi, filé Il greco come lingua profana Il diletto delle aristocrazie, le feste pubbliche, l’espressione di sentimenti individuali; la scarsa incidenza dell’elemento religioso sulla lingua e sulla letteratura elleniche. I caratteri delle lingue letterarie: arcaismo e dialettalismo (il dialetto diverso da quello su cui riposa la lingua corrente); differenze grammaticali (il passato remoto, il congiuntivo, …), fonetiche (gorod e grad in russo), lessicali (corsiero, affinché, concerne, sono a dirle, èspleta; l’esempio dei Cechi e dei Francesi: ordinateur e computer), di ordo verborum (le esigenze di autonomia e completezza delle frasi letterarie). Parlato (varietas e irregolarità grammaticale, monotonia nei tipi di frase e nel lessico) versus letterario (regolarità [monotonia] grammaticale, varietà nei tipi di frase e nel La lingua di Omero? Il fantasma del testo di Omero: prima e dopo Alessandria. L’età prealessandrina: il sostrato eolico (ma tessalico e beotico, non lesbico) e le differenti spiegazioni degli eolismi omerici; il sostrato arcadico-cipriota; la fase ionica; l’edizione pisistratidea e l’atticizzazione (?); il metacarakthrismov~ ionico del 403 (l’esempio di EOS); edizioni kat’ a[ndra e kata; povlin. L’età alessandrina e postalessandrina: il lavoro degli Alessandrini (Zenodoto, Aristofane di Bisanzio) e le edizioni ‘selvagge’ dei papiri; Aristarco e la sua scuola; l’erudizione ellenistica (Aristonico e Didimo, Erodiano e Nicanore: il commento dei quattro); il Venetus A e la tradizione medioevale. Il problema degli arcaismi: il testo come risultato di un continuo compromesso tra le esigenze della tradizione e della metrica da un lato e della modernizzazione e dell’uditorio dall’altro. La fissazione del testo omerico risale a un’epoca in cui la pronuncia si era già differenziata rispetto a quella degli antichi aedi. Le differenze/oscillazioni (dovute al destinatario: Ioni, Eoli, ecc.) già nel testo antico. Incoerenze omeriche L’azione del digamma () ‘scoperto’ da Richard Bentley: a) i 350 casi in cui fa posizione nei tempi forti dell’esametro (ma non nei deboli). b) i migliaia di casi in cui evita lo iato. c) la consonante che si sta indebolendo (il passaggio da Omero a Esiodo). Il dativo plurale delle declinazioni tematiche: le forme antiche -oisi e -h/si e le forme recenti -oi~ e -h/~/-ai~. Forme non contratte e forme contratte: a) il genitivo singolare: -oio, -oo e -ou/-w. b) le contrazioni indebite (deivdoa ed hjova). La palaia;av~: diacronia sincronia Le forme eoliche nelle iscrizioni e ioniche di Chio, e le forme eoliche metricamente ‘protette’. Il passaggio di a a h. I duali in -a, i gen. in -ao e in -avwn, laov~ / nhov~. I nomi di Posidone e degli Ioni. Le forme dell’articolo plurale. Forme con nasali geminate e pronomi personali. Esiti di labiovelari. Desinenze di infiniti. I participi perfetti in -nt-. Dativi plurali in -essi e aoristi in -ss-. Le varie forme delle preposizioni (prov~, potiv, protiv). I nomina agentis: -twr/-thr per i nomi semplici e -ta~/-th~ per i composti (come in eolico). Una lingua letteraria e internazionale L’uso incoerente e ‘versificatorio’ del duale (o[sse, ojfqalmov~). Il pubblico aristocratico (l’esempio di Tersite) e la corporazione internazionale degli aedi. I composti ‘letterarizzanti’ e termini peregrini (glw`ttai). Opera ‘aperta’, formularità, pensiero individuale e libero dei personaggi. Il carattere arcaico della lingua epica La presenza intermittente dell’aumento, non rintracciabile in alcun testo di prosa. L’autonomia degli avverbi, non ancora preposizioni o preverbi. L’alternanza di -ss- con -s-: tovsso~ e tovso~, mevsso~ e mevso~, (ej)kavlesa ed (ej)kavlessa. La progressiva scomparsa (non rivoluzionante) di alcune libertà e di IL MILES GLORIOSUS Archiloco, fr. 114 W.2 Archiloco, fr. 114 W.2 οὐ φιλέω μέγαν στρατηγὸν οὐδὲ διαπεπλιγμένον οὐδὲ βοστρύχοισι γαῦρον οὐδ᾽ ὑπεξυρημένον, ἀλλά μοι σμικρός τις εἴη καὶ περὶ κνήμας ἰδεῖν ῥοικός, ἀσφαλέως βεβηκὼς ποσσί, καρδίης πλέως. Non mi piace uno stratego alto o con le gambe larghe / né dei suoi riccioli fiero, né rasato a perfezione: /possa averne uno piccino, all’apparenza a gambe storte, / ma sui piedi ben piantato, saldo, pieno di coraggio. la cattiveria del miles gloriosus • la smentita della kalokagathia • l’apparenza contro la sostanza • la rasatura come segno di mollezza • la cura di sé come “legge di Paride” La rivalutazione militar-simposiale delle gambe che resistono. PITTACO Alceo, fr. 129 V. Alceo, fr. 129 V. [ ]·ρά·α τόδε Λέσβιοι ···]····εὔδειλον τέμενος μέγα ξῦνον κά[τε]σσαν ἐν δὲ βώμοις ἀθανάτων μακάρων ἔθηκαν κἀπωνύμασσαν ἀντίαον Δία σὲ δ᾽ Αἰολήιαν [κ]υδαλίμαν θέον πάντων γενέθλαν, τὸν δὲ τέρτον τόνδε κεμήλιον ὠνύμασσ[α]ν Ζόννυσσον ὠμήσταν. ἄ[γι]τ̣᾽ εὔνοον θῦμον σκέθοντες ἀμμετέρα[ς] ἄρας ἀκούσατ᾽, ἐκ δὲ των̣[δ]ε̣ μ̣ό̣χ̣θ̣ων ἀργαλέας τε φύγας ῤ[ύεσθε· τὸν ῎Υρραον δὲ πα[ῖδ]α πεδελθε̣τ̣ω̣ κήνων Ἐ[ρίννυ]ς ὤς ποτ᾽ ἀπώμνυμεν τόμοντες ἄ··[ ʹ̣·]ν̣·· μηδάμα μηδ᾽ ἔνα τὼν ἐταίρων ἀλλ᾽ ἢ θάνοντες γᾶν ἐπιέμμενοι κείσεσθ᾽ ὐπ᾽ ἄνδρων οἲ τότ᾽ ἐπικ·ʹ̣η̣ν ἤπειτα κακκτάνοντες αὔτοις δᾶμον ὐπὲξ ἀχέων ῤύεσθαι. κήνων ὀ φύσγων οὐ διελέξατο πρὸς θῦμον ἀλλὰ βραϊδίως πόσιν ἔ]μβαις ἐπ᾽ ὀρκίοισι δάπτει τὰν πόλιν ἄμμι δε̣δ̣[·]··[·]·ί·αις οὐ κὰν νόμον [·]ον̣··[ ]ʹ̣[] γλαύκας ἀ[·]··[·]··[ γεγρά·[ Μυρσιλ̣[ο ···]·[ [ ] [ ] ·]··[ Archiloco (Hippon. fr. *115 W.2), 14-16 ταῦτ᾽ ἐθέλοιμ᾽ ἂ̣ν ἰδεῖ̣ν, ὅς μ᾽ ἠδίκησε, λ̣[ὰ]ξ δ᾽ ἐπ᾽ ὁρκίοις ἔβη, τὸ πρὶν ἑταῖρος [ἐ]ών. la cattiveria di Pittaco • il tradimento degli dèi protettori • il tradimento dei compagni morti • il tradimento dell’eteria • l’asservimento del demos e della polis • l’attitudine al doppio gioco La logica di parte e l’inaccettabile pretesa di chi si pone al di sopra delle parti ARTEMONE Anacreonte, PMG 388 Anacreonte, PMG 388 πρὶν μὲν ἔχων βερβέριον, καλύμματ᾽ ἐσφηκωμένα, καὶ ξυλίνους ἀστραγάλους ἐν ὠσὶ καὶ ψιλὸν περὶ πλευρῆισι <˘˘> βοός, νήπλυτον εἴλυμα κακῆς ἀσπίδος, ἀρτοπώλισιν κἀθελοπόρνοισιν ὁμιλέων ὁ πονηρὸς Ἀρτέμων, κίβδηλον εὑρίσκων βίον, πολλὰ μὲν ἐν δουρὶ τιθεὶς αὐχένα, πολλὰ δ᾽ ἐν τροχῶι, πολλὰ δὲ νῶτον σκυτίνηι μάστιγι θωμιχθείς, κόμην πώγωνά τ᾽ ἐκτετιλμένος· νῦν δ᾽ ἐπιβαίνει σατινέων χρύσεα φορέων καθέρματα la cattiveria di Artemone • il look del ‘coatto’ • le cattive compagnie • la vita ‘falsa’ e volgare • la schiavile abitudine alla pena • l’ostentazione di un lusso recente e posticcio L’ironia del simposio aristocratico sui ‘villan rifatti’ dei ceti emergenti ARCHILOCO MALEDICO Pindaro, P. 2,49-56 Pindaro, P. 2,49-56 θεὸς ἅπαν ἐπὶ ἐλπίδεσσι τέκ'μαρ ἀνύεται, θεός, ὃ καὶ πτερόεντ᾽ αἰετὸν κίχε, καὶ θαλασσαῖον παραμείβεται δελφῖνα, καὶ ὑψιφρόνων τιν᾽ ἔκαμψε β'ροτῶν, ἑτέροισι δὲ κῦδος ἀγήραον παρέδωκ᾽· ἐμὲ δὲ χ'ρεών φεύγειν δάκος ἀδινὸν κακαγοριᾶν. εἶδον γὰρ ἑκὰς ἐὼν τὰ πόλλ᾽ ἐν ἀμαχανίᾳ ψογερὸν Ἀρχίλοχον βαρυλόγοις ἔχθεσιν πιαινόμενον· τὸ πλουτεῖν δὲ σὺν τύχᾳ πότ'μου σοφίας ἄριστον. la cattiveria del malédico • la parola ardita e pesante • il morso dell’odio e del turpiloquio • l’incuria del destino stabilito dagli dèi • l’incapacità di stare al proprio posto • povertà e insipienza La ricchezza e la sapienza come misura e come σωφροσύνη L’invenzione dell’articolo Il primo manifestarsi dell’individualità e del presente nella lirica greca arcaica: il mito come confronto, la sentenza e lo snodo tra particolare e universale, l’io e il sentimento, la mobilità dello spirito (B. Snell). La formazione (autoctona soltanto in Grecia) dei concetti scientifici e la lingua come espressione dello spirito e come mezzo di conoscenza: le premesse linguistiche della scienza e la selezione degli elementi linguistici necessari all’elaborazione teorica. La fissazione dell’universale in forma determinata e il processo di astrazione (nomi propri [l’individuale], nomi comuni [il generale: classificazione, generalizzazione e prima conoscenza], astratti [mere astrazioni senza plurale; ‘nomi mitici’personificazioni e metafore: antropomorfizzare l’incorporeo]): l’invenzione dell’articolo e la sostantivazione dell’aggettivo e delle forme verbali. Funzioni dell’articolo: determinare l’immateriale, porlo come universale, determinare singolarmente l’universale (farne cioè un nome astratto, comune e proprio a un tempo). L’uso particolare, determinato (“questo qui”), dell’articolo omerico (ed esiodico): il valore dimostrativo e l’assenza degli articoli veri e propri; il valore oppositivo (“questi … quelli”); il valore anaforico (“Odisseo … lui”); il valore ‘connettivo-relativo’ (“e quelle …”); il valore prolettico (questo: ...); il valore dimostrativo-apposizionale (“quella, l’isola”); il valore individualizzante (“tutte quelle altre volte”); il valore enfatico (“questo tuo dono”). La prima comparsa della prosa e la presenza dell’articolo (a eccezione delle iscrizioni cipriote e di quelle panfilie, che lo presentano assai di rado): il valore determinativo; il valore di rinvio e riferimento; il valore di opposizione; l’interposizione e la creazione Le lingue dei lirici I dativi plurali in -oi~, -ai~ (strum. ai. -aih, ir. -aiš. lit. -ais) e in -oisi, -aisi/-hsi (loc. -su in indoiranico e baltoslavo): -oisi in ionico, -oi~ nei dialetti dorico-occidentali (eccezioni in argivo), -oisi (agg. e sost.) e -oi~ (art.) nel lesbico, le oscillazioni dell’attico e delle lingue letterarie (la tragedia, la commedia di Epicarmo, i poeti lirici). L’uso intermittente, arcaico (ábharat e bhárat) e omerico, dell’aumento: libero nella lirica corale e in quella eolica, costante (tranne omeriche eccezioni) in quella ionica. L’uso intermittente, ‘poetico’, dell’articolo (raro negli elegiaci, nella lirica monodica e corale, più frequente nel giambo e nella commedia, oltre che nella prosa). I generi della lirica Il fondo ionico (kovt’, kw~, etc.) e gli epicismi dell’elegia: ionicismi (o atticismi: doriv?) non epici (la progressiva riduzione) ed epicismi non ionici (il progressivo incremento). L’epigramma dalla dialettizzazione alla maggiore letterarietà (fine IV sec.). Il verso popolare (con paralleli nel vedico) e lo ionico corrente (cólto, non parlato: la lingua delle iscrizioni) del giambo (forme contratte, crasi, declinazione ‘attica’, termini volgari, la riduzione degli epicismi non ionici). L’incomparabile lirica eolica (in mancanza di una prosa eolica e di una lirica corale epicorica; il limitato apporto delle iscrizioni: fonetica e morfologia, non lessico) e beotica (Corinna), i metri ‘innodici’ indoeuropei, il lessico e lo stile semplici; la lingua delle persone cólte contemporanee (tranne la rarità dell’articolo e delle forme contratte): eolico nei lesbici, ionico in Anacreonte, beotico in Corinna. La lirica corale: il ‘dorico’ di poeti non dorici; composizioni corali per feste religiose pubbliche e successiva laicizzazione; l’a, gli infiniti in -men, gen. in -a`n e dat. in -essi, la mancanza di aoristi in -xa e di ‘futuri dorici’, la rarità di (tranne che in Alcmane e in Pindaro: la confusione /g nei codici), l’alternanza suv/tuv, la TIDEO Eschilo, Th. 380-394 Eschilo, Th. 380-394 Τυδεὺς δὲ μαργῶν καὶ μάχης λελιμμένος μεσημβριναῖς κλαγγαῖσιν ὡς δράκων βοᾷ· θείνει δ᾽ ὀνείδει μάντιν Οἰκλείδην σοφόν, σαίνειν μόρον τε καὶ μάχην ἀψυχίᾳ. τοιαῦτ᾽ ἀυτῶν τρεῖς κατασκίους λόφους σείει, κράνους χαίτωμ᾽, ὑπ᾽ ἀσπίδος δὲ τῷ χαλκήλατοι κλάζουσι κώδωνες φόβον· ἔχει δ᾽ ὑπέρφρον σῆμ᾽ ἐπ᾽ ἀσπίδος τόδε, φλέγονθ᾽ ὑπ᾽ ἄστροις οὐρανὸν τετυγμένον· λαμπρὰ δὲ πανσέληνος ἐν μέσῳ σάκει, πρέσβιστον ἄστρων, νυκτὸς ὀφθαλμός, πρέπει. τοιαῦτ᾽ ἀλύων ταῖς ὑπερκόμποις σαγαῖς βοᾷ παρ᾽ ὄχθαις ποταμίαις, μάχης ἐρῶν, ἵππος χαλινῶν ὣς κατασθμαίνων μένει, ὅστις βοὴν σάλπιγγος ὁρμαίνει κλύων. la cattiveria di Tideo • l’incapacità di controllo • il desiderio irrefrenabile di sangue e violenza • l’urlo • l’animalizzazione • la propensione all’insulto • la vanteria La forza militare come forza difensiva e come CLITEMESTRA Eschilo, Ag. 1227-1238 Eschilo, Ag. 1227-1238 νεῶν τ᾽ ἄπαρχος Ἰλίου τ᾽ ἀναστάτης οὐκ οἶδεν οἵα γλῶσσα, μισητῆς κυνὸς λέξασα κἀκτείνασα φαιδρόνους δίκην ἄτης λαθραίου τεύξεται κακῇ τύχῃ. τοιάδ’ ἐτόλμα· θῆλυς ἄρσενος φονεύς ἔστιν – τί νιν καλοῦσα δυσφιλὲς δάκος τύχοιμ᾽ ἄν; ἀμφίσβαιναν, ἢ Σκύλλαν τινὰ οἰκοῦσαν ἐν πέτραισι, ναυτίλων βλάβην, θύουσαν Ἅιδου μητέρ᾽ ἄσπονδόν τ᾽ Ἄρη φίλοις πνέουσαν; ὡς δ᾽ ἐπωλολύξατο ἡ παντότολμος, ὥσπερ ἐν μάχης τροπῇ. δοκεῖ δὲ χαίρειν νοστίμῳ σωτηρίᾳ. la cattiveria di Clitemestra • la sfrontata falsità • il mortifero inganno • la femminilità degenerata • la mostruosità • il tradimento degli affetti familiari • l’ardire tracotante La donna come fedele custode della casa e come madre esemplare Il teatro: festa religiosa e laica Le maschere da armamentario cultuale a istituto letterario e mezzo di rappresentazione. Lo scenario (il teatro di Dioniso), il pubblico (l’intera povli~) e la formalizzazione. La commistione di generi poetici non attici: il genere lirico religioso dorico e quello lirico narrativo ionico. Dalla lirica corale alla tragedia: il coro, il canto ‘a solo’, il parlato-recitato (l’attività di Arione di Metimna a Corinto e l’origine ANTIGONE E CREONTE Sofocle, Ant. 471-476 e 705-718 Sofocle, Ant. 471-476 XO. δηλοῖ τὸ γέννημ᾽ ὠμὸν ἐξ ὠμοῦ πατρὸς τῆς παιδός· εἴκειν δ᾽ οὐκ ἐπίσταται κακοῖς. ΚΡ. ἀλλ᾽ ἴσθι τοι τὰ σκλήρ᾽ ἄγαν φρονήματα πίπτειν μάλιστα, καὶ τὸν ἐγκρατέστατον σίδηρον ὀπτὸν ἐκ πυρὸς περισκελῆ θραυσθέντα καὶ ῥαγέντα πλεῖστ᾽ ἂν εἰσίδοις. Sofocle, Ant. 705-718 μή νυν ἓν ἦθος μοῦνον ἐν σαυτῷ φόρει, ὡς φῂς σύ, κοὐδὲν ἄλλο, τοῦτ᾽ ὀρθῶς ἔχειν· ὅστις γὰρ αὐτὸς ἢ φρονεῖν μόνος δοκεῖ, ἢ γλῶσσαν ἣν οὐκ ἄλλος ἢ ψυχὴν ἔχειν, οὗτοι διαπτυχθέντες ὤφθησαν κενοί. ἀλλ᾽ ἄνδρα, κεἴ τις ᾖ σοφός, τὸ μανθάνειν πόλλ᾽ αἰσχρὸν οὐδὲν καὶ τὸ μὴ τείνειν ἄγαν. ὁρᾷς παρὰ ῥείθροισι χειμάρροις ὅσα δένδρων ὑπείκει, κλῶνας ὡς ἐκσῴζεται, τὰ δ᾽ ἀντιτείνοντ᾽ αὐτόπρεμν᾽ ἀπόλλυται. αὔτως δὲ ναὸς ὅστις ἐγκρατὴς πόδα τείνας ὑπείκει μηδέν, ὑπτίοις κάτω στρέψας τὸ λοιπὸν σέλμασιν ναυτίλλεται. ἀλλ᾽ εἶκε, θυμῷ καὶ μετάστασιν δίδου. la cattiveria di Antigone e Creonte • l’inflessibilità disumana • l’autocentrismo autistico • la sicurezza di sé • la noncuranza delle estreme conseguenze • il fanatismo rovinoso • la sostanziale vacuità La saggezza come misura, temperanza, contrattazione con gli eventi, apertura alle opinioni e alle parole altrui ODISSEO Sofocle, Ph. 100-119 Sofocle, Ph. 100-119 ΝΕ. τί οὖν μ᾽ ἄνωγας ἄλλο πλὴν ψευδῆ λέγειν; ΟΔ. λέγω σ᾽ ἐγὼ δόλῳ Φιλοκτήτην λαβεῖν. ΝΕ. τί δ᾽ ἐν δόλῳ δεῖ μᾶλλον ἢ πείσαντ᾽ ἄγειν; ΟΔ. οὐ μὴ πίθηται· πρὸς βίαν δ᾽ οὐκ ἂν λάβοις. ΝΕ. οὕτως ἔχει τι δεινὸν ἰσχύος θράσος; ΟΔ. ἰοὺς ἀφύκτους καὶ προπέμποντας φόνον. ΝΕ. οὐκ ἆρ᾽ ἐκείνῳ γ᾽ οὐδὲ προσμεῖξαι θρασύ; ΟΔ. οὔ, μὴ δόλῳ λαβόντα γ᾽, ὡς ἐγὼ λέγω. ΝΕ. οὐκ αἰσχρὸν ἡγῇ δῆτα τὸ ψευδῆ λέγειν; ΟΔ. οὔκ, εἰ τὸ σωθῆναί γε τὸ ψεῦδος φέρει. ΝΕ. πῶς οὖν βλέπων τις ταῦτα τολμήσει λακεῖν; ΟΔ. ὅταν τι δρᾷς εἰς κέρδος, οὐκ ὀκνεῖν πρέπει. ΝΕ. κέρδος δ᾽ ἐμοὶ τί τοῦτον ἐς Τροίαν μολεῖν; ΟΔ. αἱρεῖ τὰ τόξα ταῦτα τὴν Τροίαν μόνα. ΝΕ. οὐκ ἆρ᾽ ὁ πέρσων, ὡς ἐφάσκετ᾽, εἴμ᾽ ἐγώ; ΟΔ. οὔτ᾽ ἂν σὺ κείνων χωρὶς οὔτ᾽ ἐκεῖνα σοῦ. ΝΕ. θηρατέ᾽ ἄ<ρα> γίγνοιτ᾽ ἄν, εἴπερ ὧδ᾽ ἔχει. ΟΔ. ὡς τοῦτό γ᾽ ἔρξας δύο φέρῃ δωρήματα. ΝΕ. ποίω; μαθὼν γὰρ οὐκ ἂν ἀρνοίμην τὸ δρᾶν. ΟΔ. σοφός τ᾽ ἂν αὑτὸς κἀγαθὸς κεκλῇ᾽ ἅμα. la cattiveria di Odisseo • la contaminazione della purezza • la menzogna e l’inganno come strumenti di lotta • il guadagno come obiettivo assoluto • ‘il fine giustifica i mezzi’ • la blandizie della vanità • la falsa σοφία L’eroe come leale cercatore di gloria e come puro GIASONE Euripide, Med. 446-464 Euripide, Med. 446-464 ΙΑΣΩΝ οὐ νῦν κατεῖδον πρῶτον ἀλλὰ πολλάκις τραχεῖαν ὀργὴν ὡς ἀμήχανον κακόν. σοὶ γὰρ παρὸν γῆν τήνδε καὶ δόμους ἔχειν κούφως φερούσηι κρεισσόνων βουλεύματα, λόγων ματαίων οὕνεκ᾽ ἐκπεσῆι χθονός. κἀμοὶ μὲν οὐδὲν πρᾶγμα· μὴ παύσηι ποτὲ λέγουσ᾽ Ἰάσον᾽ ὡς κάκιστός ἐστ᾽ ἀνήρ. ἃ δ᾽ ἐς τυράννους ἐστί σοι λελεγμένα, πᾶν κέρδος ἡγοῦ ζημιουμένη φυγῆι. κἀγὼ μὲν αἰεὶ βασιλέων θυμουμένων ὀργὰς ἀφήιρουν καί σ᾽ ἐβουλόμην μένειν· σὺ δ᾽ οὐκ ἀνίεις μωρίας, λέγουσ᾽ ἀεὶ κακῶς τυράννους· τοιγὰρ ἐκπεσῆι χθονός. ὅμως δὲ κἀκ τῶνδ᾽ οὐκ ἀπειρηκὼς φίλοις ἥκω, τὸ σὸν δὲ προσκοπούμενος, γύναι, ὡς μήτ᾽ ἀχρήμων σὺν τέκνοισιν ἐκπέσηις μήτ᾽ ἐνδεής του· πόλλ᾽ ἐφέλκεται φυγὴ κακὰ ξὺν αὑτῆι. καὶ γὰρ εἰ σύ με στυγεῖς, οὐκ ἂν δυναίμην σοὶ κακῶς φρονεῖν ποτε. la cattiveria di Giasone • la sentenziosità arrogante • le sofisticazioni verbali • la legge del potere • l’opportunismo • il carrierismo • la freddezza sentimentale L’autenticità degli affetti familiari e l’esigenza di una corrispondenza tra parole e azioni ETEOCLE Euripide, Ph. 531-550 Euripide, Ph. 531-550 (ΙΟΚΑΣΤΗ) τί τῆς κακίστης δαιμόνων ἐφίεσαι Φιλοτιμίας, παῖ; μὴ σύ γ᾽· ἄδικος ἡ θεός· πολλοὺς δ᾽ ἐς οἴκους καὶ πόλεις εὐδαίμονας ἐσῆλθε κἀξῆλθ᾽ ἐπ᾽ ὀλέθρωι τῶν χρωμένων· ἐφ᾽ ἧι σὺ μαίνηι. κεῖνο κάλλιον, τέκνον, Ἰσότητα τιμᾶν, ἣ φίλους ἀεὶ φίλοις πόλεις τε πόλεσι συμμάχους τε συμμάχοις συνδεῖ· τὸ γὰρ ἴσον νόμιμον ἀνθρώποις ἔφυ, τῶι πλέονι δ᾽ αἰεὶ πολέμιον καθίσταται τοὔλασσον ἐχθρᾶς θ᾽ ἡμέρας κατάρχεται. καὶ γὰρ μέτρ᾽ ἀνθρώποισι καὶ μέρη σταθμῶν Ἰσότης ἔταξε κἀριθμὸν διώρισεν, νυκτός τ᾽ ἀφεγγὲς βλέφαρον ἡλίου τε φῶς ἴσον βαδίζει τὸν ἐνιαύσιον κύκλον, κοὐδέτερον αὐτῶν φθόνον ἔχει νικώμενον. εἶθ᾽ ἥλιος μὲν νύξ τε δουλεύει μέτροις, σὺ δ᾽ οὐκ ἀνέξηι δωμάτων ἔχων ἴσον; [καὶ τῶιδ᾽ ἀπονεῖμαι; κἆιτα ποῦ ᾽στιν ἡ δίκη;] τί τὴν τυραννίδ᾽, ἀδικίαν εὐδαίμονα, τιμᾶις ὑπέρφευ καὶ μέγ᾽ ἥγησαι τόδε; la cattiveria di Eteocle • l’amore folle del potere e dell’onore personali • il disprezzo democrazia dell’uguaglianza e della • la rottura dei legami sociali • la disparità sociale come fonte di conflitto • l’innaturalità democratico dell’atteggiamento anti- • la tirannide e la felicità ingiusta e solitaria Commistione linguistica nella tragedia I cori: i metri e la lingua lirici, l’a, le ultime tracce del ‘sacro’ (le oscillazioni testuali e il problema della tradizione linguistica dei testi scenici). Il parlato giambo-trocaico, la lingua di Atene e gli ionismi letterarizzanti: la grammatica attica; a ed h attici; la sporadicità del duale; ss (non tt) e rs (non rr) e gli iperionismi (pursov~); forme ioniche letterarie (o[pwpa per eJovraka, douvrato~ e dorov~ per dovrato~, Qrh`/x, gh`qen). La volontà di distaccarsi dall’attico quotidiano e di ‘alzare il tono’: gli omerismi (forme non contratte, lunghe ei e ou per e e o, des. in -oio ed -essi, forme pronominali e articolorelativo, diverse forme verbali, comp. ajreivwn e bevltero~, preposizioni, congiunzioni e particelle) e il gioco dei verbi composti (e dei preverbi ‘esaustivi’); la glossa in luogo del nome comune; occidentalismi (nel coro e nel dialogo: La cultura ‘di tipo ateniese’ La commistione stilizzata di tutte le espressioni letterarie precedenti. La lirica discorsiva e narrativa ionica e la lirica religiosa dorica. Il carattere interdialettale e tendenzialmente ‘imperialista’ della letteratura ateniese. La preparazione di una nuova lingua comune (che però sarà creata dalla filosofia, dalla scienza e dalla storiografia più che dalla poesia). CLEONE IL PAFLAGONE Aristofane, Eq. 40-60 Aristofane, Eq. 40-60 ΟΙΚΕΤΗΣ Α´ λέγοιμ᾽ ἂν ἤδη. νῷν γάρ ἐστι δεσπότης ἄγροικος ὀργήν, κυαμοτρώξ, ἀκράχολος, Δῆμος Πυκνίτης, δύσκολον γερόντιον ὑπόκωφον. οὗτος τῇ προτέρᾳ νουμηνίᾳ ἐπρίατο δοῦλον βυρσοδέψην, Παφλαγόνα πανουργότατον καὶ διαβολώτατόν τινα. οὗτος καταγνοὺς τοῦ γέροντος τοὺς τρόπους, ὁ βυρσοπαφλαγών, ὑποπεσὼν τὸν δεσπότην ᾔκαλλ᾽, ἐθώπευ᾽, ἐκολάκευ᾽, ἐξηπάτα κοσκυλματίοις ἄκροισι, τοιαυτὶ λέγων· “ὦ Δῆμε, λοῦσαι πρῶτον ἐκδικάσας μίαν, ἐνθοῦ, ῥόφησον, ἔντραγ᾽, ἔχε τριώβολον. βούλει παραθῶ σοι δόρπον;” εἶτ᾽ ἀναρπάσας ὅ τι ἄν τις ἡμῶν σκευάσῃ τῷ δεσπότῃ Παφλαγὼν κεχάρισται τοῦτο. καὶ πρώην γ᾽ ἐμοῦ μᾶζαν μεμαχότος ἐν Πύλῳ Λακωνικήν, πανουργότατά πως παραδραμὼν ὑφαρπάσας αὐτὸς παρέθηκε τὴν ὑπ᾽ ἐμοῦ μεμαγμένην. ἡμᾶς δ᾽ ἀπελαύνει κοὐκ ἐᾷ τὸν δεσπότην ἄλλον θεραπεύειν, ἀλλὰ βυρσίνην ἔχων δειπνοῦντος ἑστὼς ἀποσοβεῖ τοὺς ῥήτορας. la cattiveria di Cleone il Paflagone • la spregiudicatezza: buono a nulla capace di tutto • la maldicenza calunniosa • il mestiere manifatturiero (e maleodorante) • l’adulazione opportunista • l’indole del kapo • la violenza rapinosa • la demagogia e l’usurpazione del merito Il buon tempo antico dell’aristocrazia terriera e degli Il ‘dramma’ siciliano e la commedia La misteriosa (l’assenza di opere intere fino a Teocrito e ad Archimede) ma influente (l’esempio delle monete del VI sec. a.C.) cultura siciliana e le origini doriche del dramma (dra`ma) La koine occidentale di tipo dorico: Epicarmo (il nome di un genere?) e Sofrone. I genitivi ejmevo~ e tevo~, ivsami (< ivsanti), deiknuvein (< deiknuvonti), pef&kein, pevposca, il dat. pl. in -essi, kavrrwn (per kreivsswn) La commedia attica L’ateniese parlato e le differenze tra Aristofane e Menandro: i volgarismi. La grammatica attica (imperativi in -o e in -so, e[dosan ed e[dwkan, futuri dorici e non, e[mellon ed h[mellon, comparativi in -w e in -ona, plei`n / plevon / pleion h] …), i cori e i composti paratragici (e paraepici e paralirici), gli ‘stranieri’ parlanti nei dialetti locali (le lingue diverse ma comunicanti), i metricismi (-οιατο, -μεσθα, etc.). CANDAULE E GIGE Erodoto, I 8,1-9,1 Erodoto, I 8,1-9,1 οὗτος δὴ ὦν ὁ Κανδαύλης ἠράσθη τῆς ἑωυτοῦ γυναικός, ἐρασθεὶς δὲ ἐνόμιζέ οἱ εἶναι γυναῖκα πολλὸν πασέων καλλίστην. ὥστε δὲ ταῦτα νομίζων, ἦν γάρ οἱ τῶν αἰχμοφόρων Γύγης ὁ Δασκύλου ἀρεσκόμενος μάλιστα, τούτῳ τῷ Γύγῃ καὶ τὰ σπουδαιέστερα τῶν πρηγμάτων ὑπερετίθετο ὁ Κανδαύλης καὶ δὴ καὶ τὸ εἶδος τῆς γυναικὸς ὑπερεπαινέων. χρόνου δὲ οὐ πολλοῦ διελθόντος, χρῆν γὰρ Κανδαύλῃ γενέσθαι κακῶς, ἔλεγε πρὸς τὸν Γύγην τοιάδε· “Γύγη, οὐ γάρ σε δοκέω πείθεσθαί μοι λέγοντι περὶ τοῦ εἴδεος τῆς γυναικός (ὦτα γὰρ τυγχάνει ἀνθρώποισι ἐόντα ἀπιστότερα ὀφθαλμῶν), ποίεε ὅκως ἐκείνην θεήσεαι γυμνήν”. ὁ δὲ μέγα ἀμβώσας εἶπε· “δέσποτα, τίνα λέγεις λόγον οὐκ ὑγιέα, κελεύων με δέσποιναν τὴν ἐμὴν θεήσασθαι γυμνήν; ἅμα δὲ κιθῶνι ἐκδυομένῳ συνεκδύεται καὶ τὴν αἰδῶ γυνή. πάλαι δὲ τὰ καλὰ ἀνθρώποισι ἐξεύρηται, ἐκ τῶν μανθάνειν δεῖ· ἐν τοῖσι ἓν τόδε ἐστί, σκοπέειν τινὰ τὰ ἑωυτοῦ. ἐγὼ δὲ πείθομαι ἐκείνην εἶναι πασέων γυναικῶν καλλίστην, καί σεο δέομαι μὴ δέεσθαι ἀνόμων”. ὁ μὲν δὴ λέγων τοιαῦτα ἀπεμάχετο, ἀρρωδέων μή τί οἱ ἐξ αὐτῶν γένηται κακόν. ὁ δ᾽ ἀμείβετο τοῖσδε· “θάρσεε, Γύγη, καὶ μὴ φοβέο μήτε ἐμέ, ὥς σεο πειρώμενος λέγω λόγον τόνδε, μήτε γυναῖκα τὴν ἐμήν, μή τί τοι ἐξ αὐτῆς γένηται βλάβος· ἀρχὴν γὰρ ἐγὼ μηχανήσομαι οὕτω ὥστε μηδὲ μαθεῖν μιν ὀφθεῖσαν ὑπὸ σέο”. la cattiveria di Candaule e di Gige • il desiderio folle e ostinato e il delirio di onnipotenza • la cecità di fronte all’evento • la noncuranza del pudore (e la curiosità malsana) • l’incapacità di corresponsabilità opporsi al male e la • la debolezza degli scrupoli e dei timori fondati • il complotto e l’inganno ‘obbligati’: la scelta PERIANDRO Erodoto, V 92,ε1-??? Erodoto, V 92,α1-η4 ... ὅτε γε ὑμεῖς, ὦ Λακεδαιμόνιοι, ἰσοκρατίας καταλύοντες τυραννίδας ἐς τὰς πόλις κατάγειν παρασκευάζεσθε, τοῦ οὔτε ἀδικώτερόν ἐστι οὐδὲν κατ᾽ ἀνθρώπους οὔτε μιαιφονώτερον ... τυραννεύσας δὲ ὁ Κύψελος τοιοῦτος δή τις ἀνὴρ ἐγένετο· πολλοὺς μὲν Κορινθίων ἐδίωξε, πολλοὺς δὲ χρημάτων ἀπεστέρησε, πολλῷ δέ τι πλείστους τῆς ψυχῆς. Ἄρξαντος δὲ τούτου ἐπὶ τριήκοντα ἔτεα καὶ διαπλέξαντος τὸν βίον εὖ διάδοχός οἱ τῆς τυραννίδος ὁ παῖς Περίανδρος γίνεται. “ὁ τοίνυν Περίανδρος κατ᾽ ἀρχὰς μὲν ἦν ἠπιώτερος τοῦ πατρός, ἐπείτε δὲ ὡμίλησε δι᾽ ἀγγέλων Θρασυβούλῳ τῷ Μιλήτου τυράννῳ, πολλῷ ἔτι ἐγένετο Κυψέλου ... Περίανδρος δὲ συνεὶς τὸ ποιηθὲν καὶ νόῳ σχὼν ὥς οἱ ὑπετίθετο Θρασύβουλος τοὺς ὑπερόχους τῶν ἀστῶν φονεύειν, ἐνθαῦτα δὴ πᾶσαν κακότητα ἐξέφαινε ἐς τοὺς πολιήτας· ὅσα γὰρ Κύψελος ἀπέλιπε κτείνων τε καὶ διώκων, Περίανδρός σφεα ἀπετέλεε. μιῇ δὲ ἡμέρῃ ἀπέδυσε πάσας τὰς Κορινθίων γυναῖκας διὰ τὴν ἑωυτοῦ γυναῖκα Μέλισσαν. la cattiveria di Periandro • le origini difficoltose da “figlio della τύχη” • la frequentazione contaminante dei tiranni • il potere come ferocia • la schiavitù nei confronti degli oracoli • il contatto con l’occulto • la distruzione del valore come garanzia di potere • il disordine sessuale e affettivo La σωφροσύνη e il rispetto delle leggi umane e divine Un’invenzione ionica: la prosa La poesia degli Eoli e la prosa degli Ioni: l’affrancamento dalla tradizione e dal sentimento e la riproduzione intellettuale e discorsiva di una realtà positiva. Gli Ioni alla guida culturale e spirituale della Grecia dall’età arcaica all’inizio di quella classica: i Greci yauna, l’influsso sull’architettura, sulle arti e sulla scienza orientale (persiana in primis). La koiné ionica e l’influenza dell’alfabeto ionico (l’es. di c), poi generalizzato (Atene 403, Beozia 370, ecc.), e della terminologia ionica. L’estrazione e la lingua ionica dei primi prosatori (Talete, Anassimandro, Anassimene; Eraclito; Ecateo), e quindi del genere in quanto tale (Erodoto e Tucidide; Ippocrate di Coo; Antioco di Siracusa, Ellanico di Lesbo); le poche tracce di una prosa dorica (dalle Dialexeis ad Archimede); le differenze stilistiche (maggiore o minore letterarietà), non linguistiche tra i La prosa ‘paraletteraria’: ai\noi,lovgoi, mu`qoi, leggi ed elenchi L’Ai[swpo~ logopoiov~ e i riflessi poetici da Archiloco a Platone (Phaed. 60c, 61b). Genealogie, elenchi di vincitori (ad Olimpia dal 776 a.C.), liste di sacerdoti o governanti (gli efori a Sparta dal 757 a.C., gli arconti ad La prosa didascalica e narrativa: logografia, storiografia, scienza, filosofia La lingua dei primi logografi tra pretese poetiche e koiné d’uso microasiatica. Epicismi, forme non contratte, ionismi arcaici, l’ingenuità e il gusto narrativo (l’esempio degli Iamata di Epidauro). Erodoto, la filosofia, la medicina La lingua semplice (scevra di glw`ttai), varia e ‘internazionale’ del viaggiatore di Alicarnasso. Arcaismi, forme non contratte, epicismi e atticismi: il peso della tradizione manoscritta e la stilizzazione letteraria. Le gnw`mai filosofiche tra retorica e poesia: Eraclito e Democrito. GLI ATENIESI (E I MELII) Tucidide, V 84-116 Tucidide, V 89 ἡμεῖς τοίνυν οὔτε αὐτοὶ μετ᾽ ὀνομάτων καλῶν, ὡς ἢ δικαίως τὸν Μῆδον καταλύσαντες ἄρχομεν ἢ ἀδικούμενοι νῦν ἐπεξερχόμεθα, λόγων μῆκος ἄπιστον παρέξομεν, οὔθ᾽ ὑμᾶς ἀξιοῦμεν ἢ ὅτι Λακεδαιμονίων ἄποικοι ὄντες οὐ ξυνεστρατεύσατε ἢ ὡς ἡμᾶς οὐδὲν ἠδικήκατε λέγοντας οἴεσθαι πείσειν, τὰ δυνατὰ δ᾽ ἐξ ὧν ἑκάτεροι ἀληθῶς φρονοῦμεν διαπράσσεσθαι, ἐπισταμένους πρὸς εἰδότας ὅτι δίκαια μὲν ἐν τῷ ἀνθρωπείῳ λόγῳ ἀπὸ τῆς ἴσης ἀνάγκης κρίνεται, δυνατὰ δὲ οἱ προύχοντες πράσσουσι καὶ οἱ ἀσθενεῖς ξυγχωροῦσιν. Tucidide, V 104s. ΜΗΛ. χαλεπὸν μὲν καὶ ἡμεῖς (εὖ ἴστε) νομίζομεν πρὸς δύναμίν τε τὴν ὑμετέραν καὶ τὴν τύχην, εἰ μὴ ἀπὸ τοῦ ἴσου ἔσται, ἀγωνίζεσθαι· ὅμως δὲ πιστεύομεν τῇ μὲν τύχῃ ἐκ τοῦ θείου μὴ ἐλασσώσεσθαι, ὅτι ὅσιοι πρὸς οὐ δικαίους ἱστάμεθα, τῆς δὲ δυνάμεως τῷ ἐλλείποντι τὴν Λακεδαιμονίων ἡμῖν ξυμμαχίαν προσέσεσθαι, ἀνάγκην ἔχουσαν, καὶ εἰ μή του ἄλλου, τῆς γε ξυγγενείας ἕνεκα καὶ αἰσχύνῃ βοηθεῖν. καὶ οὐ παντάπασιν οὕτως ἀλόγως θρασυνόμεθα. ΑΘ. τῆς μὲν τοίνυν πρὸς τὸ θεῖον εὐμενείας οὐδ᾽ ἡμεῖς οἰόμεθα λελείψεσθαι· οὐδὲν γὰρ ἔξω τῆς ἀνθρωπείας τῶν μὲν ἐς τὸ θεῖον νομίσεως, τῶν δ᾽ ἐς σφᾶς αὐτοὺς βουλήσεως δικαιοῦμεν ἢ πράσσομεν. la cattiveria degli Ateniesi • la politica di potenza • la necessità della tirannide di Stato • l’impossibilità della pietà • l’imperialismo come violenza • la perdita del senso del divino • l’oppressione del debole • la perdita del senso storico La politica come lungimiranza (verso il passato e verso il futuro) e come misura La lingua ufficiale della dodecapol e della giambografia: la prosa ‘orale’ Il carattere autoctono della prosa ionica e il rifiuto dei concetti tradizionali di origine orientale (ma si veda Eraclito): i fatti e la ragione. Gli scritti per la lettura (cf. Plat. Parm. 127c) e il carattere orale delle frasi (le ripetizioni, le pospositive, i parallelismi e la sottolineatura continua della struttura della frase). Dalle parole-forza alle parole-segno (es. di u{pno~, fuvsi~, ajnavgkh). Il pensiero discorsivo e razionale: l’isolamento e l’espressione distinta di ogni nozione (l’opposizione dei termini, l’articolo e l’aggettivo neutro, le formanti Atene e la retorica La sopravvivenza della lingua di cultura ionica. La prosa fatta per l’azione: l’attico dall’arcaismo (il duale, i verbi atematici, lambavnw/lhvyomai, povli~, -tt- e -rr-)alla Kunstprosa. La retorica di importazione (Siracusa?): Gorgia di Leontini (le figure retoriche), Trasimaco di Calcedonia (il ritmo prosastico e i cola). Politologia e storiografia: la Costituzione degli Ateniesi e Tucidide. Lisia figlio di Cefalo (l’atticismo giudiziario); Antifonte e la differenza tra Tetralogie e discorsi giudiziari; Iperide e l’anticipo della koiné; Demostene e la prosa di tutta la Grecia. TRASIMACO Platone, Resp. 336b-e, 350c-d Platone, Resp. 336b-e καὶ ὁ Θρασύμαχος πολλάκις μὲν καὶ διαλεγομένων ἡμῶν μεταξὺ ὥρμα ἀντιλαμβάνεσθαι τοῦ λόγου, ἔπειτα ὑπὸ τῶν παρακαθημένων διεκωλύετο βουλομένων διακοῦσαι τὸν λόγον· ὡς δὲ διεπαυσάμεθα καὶ ἐγὼ ταῦτ᾽ εἶπον, οὐκέτι ἡσυχίαν ἦγεν, ἀλλὰ συστρέψας ἑαυτὸν ὥσπερ θηρίον ἧκεν ἐφ᾽ ἡμᾶς ὡς διαρπασόμενος. καὶ ἐγώ τε καὶ ὁ Πολέμαρχος δείσαντες διεπτοήθημεν· ὁ δ᾽ εἰς τὸ μέσον φθεγξάμενος, “τίς, ἔφη, ὑμᾶς πάλαι φλυαρία ἔχει, ὦ Σώκρατες; καὶ τί εὐηθίζεσθε πρὸς ἀλλήλους ὑποκατακλινόμενοι ὑμῖν αὐτοῖς; ἀλλ᾽ εἴπερ ὡς ἀληθῶς βούλει εἰδέναι τὸ δίκαιον ὅτι ἔστι, μὴ μόνον ἐρώτα μηδὲ φιλοτιμοῦ ἐλέγχων ἐπειδάν τίς τι ἀποκρίνηται, ἐγνωκὼς τοῦτο, ὅτι ῥᾷον ἐρωτᾶν ἢ ἀποκρίνεσθαι, ἀλλὰ καὶ αὐτὸς ἀπόκριναι καὶ εἰπὲ τί φῂς εἶναι τὸ δίκαιον. καὶ ὅπως μοι μὴ ἐρεῖς ὅτι τὸ δέον ἐστὶν μηδ᾽ ὅτι τὸ ὠφέλιμον μηδ᾽ ὅτι τὸ λυσιτελοῦν μηδ᾽ ὅτι τὸ κερδαλέον μηδ᾽ ὅτι τὸ συμφέρον, ἀλλὰ σαφῶς μοι καὶ ἀκριβῶς λέγε ὅτι ἂν λέγῃς· ὡς ἐγὼ οὐκ ἀποδέξομαι ἐὰν ὕθλους τοιούτους λέγῃς. καὶ ἐγὼ ἀκούσας ἐξεπλάγην καὶ προσβλέπων αὐτὸν ἐφοβούμην, καί μοι δοκῶ, εἰ μὴ πρότερος ἑωράκη αὐτὸν ἢ ἐκεῖνος ἐμέ, ἄφωνος ἂν γενέσθαι. νῦν δὲ ἡνίκα ὑπὸ τοῦ λόγου ἤρχετο ἐξαγριαίνεσθαι, προσέβλεψα αὐτὸν πρότερος ὥστε αὐτῷ οἷός τ᾽ ἐγενόμην ἀποκρίνασθαι, καὶ εἶπον ὑποτρέμων· “ὦ Θρασύμαχε, μὴ χαλεπὸς ἡμῖν ἴσθι· εἰ γάρ τι ἐξαμαρτάνομεν ἐν τῇ τῶν λόγων σκέψει ἐγώ τε καὶ ὅδε, εὖ ἴσθι ὅτι ἄκοντες ἁμαρτάνομεν”. Platone, Resp. 350c-d ὁ δὴ Θρασύμαχος ὡμολόγησε μὲν πάντα ταῦτα, οὐχ ὡς ἐγὼ νῦν ῥᾳδίως λέγω, ἀλλ᾽ ἑλκόμενος καὶ μόγις, μετὰ ἱδρῶτος θαυμαστοῦ ὅσου, ἅτε καὶ θέρους ὄντος — τότε καὶ εἶδον ἐγώ, πρότερον δὲ οὔπω, Θρασύμαχον ἐρυθριῶντα — ἐπειδὴ δὲ οὖν διωμολογησάμεθα τὴν δικαιοσύνην ἀρετὴν εἶναι καὶ σοφίαν, τὴν δὲ ἀδικίαν κακίαν τε καὶ ἀμαθίαν, “εἶεν”, ἦν δ᾽ ἐγώ, “τοῦτο μὲν ἡμῖν οὕτω κείσθω, ἔφαμεν δὲ δὴ καὶ ἰσχυρὸν εἶναι τὴν ἀδικίαν. ἢ οὐ μέμνησαι, ὦ Θρασύμαχε;”. la cattiveria di Trasimaco • il naturalismo sfrenato • la volontà di potenza • la violenta e bestiale irruenza • il dialogo come grido e prevaricazione • il disprezzo delle ‘sciocchezze’ altrui • l’indisponibilità a ‘perdere tempo’ • l’irriducibilità delle proprie idee Il dialogo come pazienza e come costruzione comune della verità Filosofia e retorica: Isocrate e Platone La conversazione cólta di Platone: i poetismi, le etimologie popolari (vd. Cratilo), l’attico puro (il duale), parole usuali in significato generale (i neutri e l’articolo), l’algebra linguistica. La storia girovaga di Senofonte: l’attico impuro e l’annuncio della koiné (la rarità del duale, dorismi e ionismi, poetismi, coinismi). La lingua aulica e la grammatica attica di Isocrate. La koiné in Aristotele: l’attico che diventa greco comune e prosa del pensiero razionale (l’ordo verborum, le pospositive, gli elementi verbali e nominal-verbali, l’articolo dimostrativo, varietas e unità). La lingua dei vasai e delle tabellae defixionis: l’attico che non rimane. CNEMONE, IL MISANTROPO Menandro, Dysc. 708-721, 740-747 Menandro, Dysc. 708-721 [ ]εσοις ἐβουλόμην [ Μυρ]ρίνη καὶ Γοργία, ε·[ ]ον προειλόμην οὐκ ἴσως̣ [····]ι̣ κ[·]ι̣[·]ν οὐδ᾽ ἂν εἷς δύναιτό με τοῦτο μεταπεῖσαί τις ὑμῶν, ἀλλὰ συγχωρήσετε. ἓν δ᾽ ἴσως ἥμαρτον ὅστις τῶν ἁπάντων ὠιόμην αὐτὸς αὐτάρκης τις εἶναι καὶ δεήσεσθ᾽ οὐδενός. νῦν δ᾽ ἰδὼν ὀξεῖαν οὖσαν ἄσκοπόν τε τοῦ βίου τὴν τελευτήν, εὗρον οὐκ εὖ τοῦτο γινώσκων τότε. δεῖ γὰρ εἶναι—καὶ παρεῖναι—τὸν ἐπικουρήσοντ᾽ ἀεί. ἀλλὰ μὰ τὸν ῞Ηφαιστον—οὕτω σφόδρα <δι>εφθάρμην ἐγὼ. τοὺς βίους ὁρῶν ἑκάστους τοὺς λογισμούς <θ᾽> ὃν τρόπον πρὸς τὸ κερδαίνειν ἔχουσιν—οὐδέν᾽ εὔνουν ὠιόμην ἕτερον ἑτέρωι τῶν ἁπάντων ἂν γενέσθαι. Menandro, Dysc. 740-747 τῶν δ᾽ ἀναγκαίων λέγειν πλείον᾽] οὐκ ἀνδρὸς νομίζω· πλὴν ἐκεῖνό γ᾽ ἴσθι, π αῖ— ὑπὲρ ἐ]μ̣οῦ γὰρ βούλομ᾽ εἰπεῖν ὀλίγα σοι καὶ τοῦ τρόπου— εἰ τοιοῦτ]οι πάντες ἦσαν, οὔτε τὰ δικαστήρια ἦν ἄν, οὔθ᾽ αὑτοὺς ἀπῆγον εἰς τὰ δεσμωτήρια, οὔτε πόλεμος ἦν, ἔχων δ᾽ ἂν μέτρι᾽ ἕκαστος ἠγάπα. ἀλλ᾽ ἴσως ταῦτ᾽ ἐστ᾽ ἀρεστὰ μᾶλλον· οὕτω πράττετε. ἐκποδὼν ὑμῖν <ὁ> χαλεπὸς δύσκολός τ᾽ ἔσται γέρων. la cattiveria di Cnemone • la sofferenza (misantropia) nel contatto con gli altri • l’incontro come prevaricazione • il moralismo e la chiusura • la sfiducia negli altri • il pessimismo come ermeneutica • l’immodificabilità dell’atteggiamento • l’incomprensione del sentimento L’apertura verso gli altri, la generosità, l’attenzione alla L’unità di tre nozioni La lingua letteraria da Aristotele all’età moderna: la lingua di Polibio, di Strabone, di Plutarco; la lingua avversata dagli atticisti, ‘accademici della Crusca’ ante litteram. La lingua parlata, d’uso, dell’età di Alessandro Magno e dei secoli successivi: la testimonianza dei papiri documentari e di opere a finalità non principalmente letteraria come il Nuovo Testamento; l’evoluzione della lingua in rapporto ad Aufstieg und Niedergang dell’impero culturale greco; l’inevitabile varietas di ogni lingua parlata. La lingua ‘madre’ del greco medioevale e moderno, con la sua nuova differenziazione in parlate non corrispondenti in nulla agli antichi dialetti, e caratterizzate da una sostanziale unità di fondo. La codificazione ortografico-grammaticale e l’insegnamento scolastico da un lato, le varietà e ‘irregolarità’ fonetiche e di pronuncia dall’altro: la koiné come fluttuante insieme di tendenze (la progressiva e inarrestabile scomparsa del perfetto, dell’ottativo, del futuro, dell’infinito, dei casi). Il quadro storico Commercianti, soldati, intellettuali dalle povlei~-stato alla cittadinanza ‘allentata’ dell’età ellenistica: la lingua locale dalla funzione politica di lingua della comunità a vernacolo per esteriori rivendicazioni di indipendenza. Le tappe di un’evoluzione storico-linguistica: le invasioni persiane, l’egemonia ateniese, l’egemonia macedone e l’impero di Alessandro Magno, l’impero romano. La minaccia persiana: dalla koiné ionica del VI sec. a.C. alla koiné ionico-attica (475-431 a.C.); la resistenza contro i Persiani e l’egemonia di Atene e di Sparta L’impero culturale di Atene: il sistema giudiziario (dal 446 a.C.), le cleruchie, le arti e l’aristocrazia dello spirito (l’ininfluenza linguistica delle egemonie di Sparta e di Tebe). I Macedoni da Alessandro I (490-454) ad Archelao (413-400) e da Filippo ad Alessandro Magno, e la consacrazione dell’attico sotto l’impero macedone: il nuovo periodo di espansione (a differenza del V secolo) e l’affermarsi della cultura ellenistica (Alessandria, Pergamo, Antiochia). La soppressione delle peculiarità attiche e il formarsi di una lingua comune dalla Sicilia all’India, dall’Egitto al Mar Nero: la lingua urbana e ufficiale delle classi dirigenti e i patois locali (il declino delle koinaiv occidentali). Il carattere ‘impoetico’ della koinhv, lingua della scienza e della filosofia: il lessico intellettuale dell’Occidente (precisione e sfumature). Le fonti della koiné I testi documentari (lettere, conti, ecc.) e gli errori (ei/i, la pronuncia delle occlusive, a/e, gli errori dei forestieri). Papiri (Egitto ed Ercolano ante 79 d.C.) e iscrizioni: le differenti tipologie di errore. I testi letterari e gli inconvenienti della ‘tradizione’ (quella ‘a monte’: letterarizzante; quella ‘a valle’: analogista e/o innovatrice); i testi documentari come termometri della lingua d’uso nelle opere letterarie. I testi ‘paraletterari’: i Settanta e il Nuovo Testamento; il valore documentario dei testi biblici per lo studio della koiné e l’antichità della loro tradizione (il Vaticano e il Sinaitico del IV sec., l’Alessandrino del V sec.); il problema della paternità delle particolarità (gli autori o i copisti?). L’influenza del parlato sulla lingua ufficiale: l’esempio di oujdeiv~/oujqeiv~ e dei gruppi -tt-/-ss-. Il testi letterari non arcaizzanti (Aristotele, Menandro, Polibio) e il greco moderno: l’evoluzione della lingua. ANTIOCO 2 Maccabei, 9,5-11 e 28 2 Maccabei, 9,5-11 e 28 ὁ δὲ παντεπόπτης κύριος ὁ θεὸς τοῦ Ισραηλ ἐπάταξεν αὐτὸν ἀνιάτῳ καὶ ἀοράτῳ πληγῇ. ἄρτι δὲ αὐτοῦ καταλήξαντος τὸν λόγον ἔλαβεν αὐτὸν ἀνήκεστος τῶν σπλάγχνων ἀλγηδὼν καὶ πικραὶ τῶν ἔνδον βάσανοι, πάνυ δικαίως τὸν πολλαῖς καὶ ξενιζούσαις συμφοραῖς ἑτέρων σπλάγχνα βασανίσαντα. ὁ δ᾽ οὐδαμῶς τῆς ἀγερωχίας ἔληγεν, ἔτι δὲ καὶ τῆς ὑπερηφανίας ἐπεπλήρωτο, πῦρ πνέων τοῖς θυμοῖς ἐπὶ τοὺς Ιουδαίους καὶ κελεύων ἐποξύνειν τὴν πορείαν, συνέβη δὲ καὶ πεσεῖν αὐτὸν ἀπὸ τοῦ ἅρματος φερομένου ῥοίζῳ καὶ δυσχερεῖ πτώματι περιπεσόντα πάντα τὰ μέλη τοῦ σώματος ὁ δ᾽ ἄρτι δοκῶν τοῖς τῆς θαλάσσης κύμασιν ἐπιτάσσειν, διὰ τὴν ὑπὲρ ἄνθρωπον ἀλαζονείαν, καὶ πλάστιγγι τὰ τῶν ὀρέων οἰόμενος ὕψη στήσειν, κατὰ γῆν γενόμενος, ἐν φορείῳ παρεκομίζετο φανερὰν τοῦ θεοῦ πᾶσιν τὴν δύναμιν ἐνδεικνύμενος, ὥστε καὶ ἐκ τοῦ σώματος τοῦ δυσσεβοῦς σκώληκας ἀναζεῖν καὶ ζῶντος ἐν ὀδύναις καὶ ἀλγηδόσιν τὰς σάρκας αὐτοῦ διαπίπτειν. ὑπὸ δὲ τῆς ὀσμῆς αὐτοῦ πᾶν τὸ στρατόπεδον βαρύνεσθαι τὴν σαπρίαν καὶ τὸν μικρῷ πρότερον τῶν οὐρανίων ἄστρων ἅπτεσθαι δοκοῦντα, παρακομίζειν οὐδεὶς ἐδύνατο διὰ τὸ τῆς ὀσμῆς ἀφόρητον βάρος. ἐνταῦθα οὖν ἤρξατο τὸ πολὺ τῆς ὑπερηφανίας λήγειν τεθραυσμένος καὶ εἰς ἐπίγνωσιν ἔρχεσθαι, θείᾳ μάστιγι κατὰ στιγμὴν ἐπιτεινόμενος ταῖς ἀλγηδόσιν ... ὁ μὲν οὖν ἀνδροφόνος καὶ βλάσφημος τὰ χείριστα παθών, ὡς ἑτέρους διέθηκεν, ἐπὶ ξένης ἐν τοῖς ὄρεσιν οἰκτίστῳ μόρῳ κατέστρεψεν τὸν βίον. la cattiveria di Antioco • l’oppressione dei sudditi • la persecuzione religiosa • la presunzione • la vuota vanteria (ἀλαζονεία) • il perseverare nel male • la propensione all’ira e alla violenza • il tardivo riconoscimento del limite La difesa del Giudaismo e dei suoi valori, la libertà politico-religiosa, il riconoscimento dell’onnipotenza GIUDA Mt 26,14-25, 27,3-10 Mt 26,14-25 τότε πορευθεὶς εἷς τῶν δώδεκα, ὁ λεγόμενος Ἰούδας Ἰσκαριώτης, πρὸς τοὺς ἀρχιερεῖς εἶπεν· “τί θέλετέ μοι δοῦναι, κἀγὼ ὑμῖν παραδώσω αὐτόν;”. οἱ δὲ ἔστησαν αὐτῷ τριάκοντα ἀργύρια. καὶ ἀπὸ τότε ἐζήτει εὐκαιρίαν ἵνα αὐτὸν παραδῷ. τῇ δὲ πρώτῃ τῶν ἀζύμων προσῆλθον οἱ μαθηταὶ τῷ Ἰησοῦ λέγοντες· “ποῦ θέλεις ἑτοιμάσωμέν σοι φαγεῖν τὸ πάσχα;”. ὁ δὲ εἶπεν· “ὑπάγετε εἰς τὴν πόλιν πρὸς τὸν δεῖνα καὶ εἴπατε αὐτῷ· ὁ διδάσκαλος λέγει· ὁ καιρός μου ἐγγύς ἐστιν, πρὸς σὲ ποιῶ τὸ πάσχα μετὰ τῶν μαθητῶν μου”. καὶ ἐποίησαν οἱ μαθηταὶ ὡς συνέταξεν αὐτοῖς ὁ Ἰησοῦς καὶ ἡτοίμασαν τὸ πάσχα. ὀψίας δὲ γενομένης ἀνέκειτο μετὰ τῶν δώδεκα. καὶ ἐσθιόντων αὐτῶν εἶπεν· “ἀμὴν λέγω ὑμῖν ὅτι εἷς ἐξ ὑμῶν παραδώσει με”. καὶ λυπούμενοι σφόδρα ἤρξαντο λέγειν αὐτῷ εἷς ἕκαστος· “μήτι ἐγώ εἰμι, κύριε;”. ὁ δὲ ἀποκριθεὶς εἶπεν· “ὁ ἐμβάψας μετ᾽ ἐμοῦ τὴν χεῖρα ἐν τῷ τρυβλίῳ οὗτός με παραδώσει. ὁ μὲν υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου ὑπάγει καθὼς γέγραπται περὶ αὐτοῦ, οὐαὶ δὲ τῷ ἀνθρώπῳ ἐκείνῳ δι᾽ οὗ ὁ υἱὸς τοῦ ἀνθρώπου παραδίδοται· καλὸν ἦν αὐτῷ εἰ οὐκ ἐγεννήθη ὁ ἄνθρωπος ἐκεῖνος”. ἀποκριθεὶς δὲ Ἰούδας ὁ παραδιδοὺς αὐτὸν εἶπεν· “μήτι ἐγώ εἰμι, ῥαββί;”. λέγει αὐτῷ· “σὺ εἶπας”. Mt 27,3-10 τότε ἰδὼν Ἰούδας ὁ παραδιδοὺς αὐτὸν ὅτι κατεκρίθη, μεταμεληθεὶς ἔστρεψεν τὰ τριάκοντα ἀργύρια τοῖς ἀρχιερεῦσιν καὶ πρεσβυτέροις λέγων· “ἥμαρτον παραδοὺς αἷμα ἀθῷον”. οἱ δὲ εἶπαν· “τί πρὸς ἡμᾶς; σὺ ὄψῃ”. καὶ ῥίψας τὰ ἀργύρια εἰς τὸν ναὸν ἀνεχώρησεν, καὶ ἀπελθὼν ἀπήγξατο. οἱ δὲ ἀρχιερεῖς λαβόντες τὰ ἀργύρια εἶπαν· οὐκ ἔξεστιν βαλεῖν αὐτὰ εἰς τὸν κορβανᾶν, ἐπεὶ τιμὴ αἵματός ἐστιν. συμβούλιον δὲ λαβόντες ἠγόρασαν ἐξ αὐτῶν τὸν ἀγρὸν τοῦ κεραμέως εἰς ταφὴν τοῖς ξένοις. διὸ ἐκλήθη ὁ ἀγρὸς ἐκεῖνος ἀγρὸς αἵματος ἕως τῆς σήμερον. τότε ἐπληρώθη τὸ ῥηθὲν διὰ Ἰερεμίου τοῦ προφήτου “καὶ ἔλαβον τὰ τριάκοντα ἀργύρια, τὴν τιμὴν τοῦ τετιμημένου ὃν ἐτιμήσαντο ἀπὸ υἱῶν Ἰσραήλ, καὶ ἔδωκαν αὐτὰ εἰς τὸν ἀγρὸν τοῦ κεραμέως, καθὰ συνέταξέν μοι κύριος”. la cattiveria di Giuda • il tradimento • l’ipocrisia • l’avidità e l’uso del denaro • la motivazione ‘religiosa’ • il tardivo pentimento • la disperazione • l’incredulità La purezza, la coerenza e la fiducia dei seguaci di Gesù IL BIBLIOMANE IGNORANTE Luc. 18,1s., 16s., 19s., 22s. Luc. 18,1s. καὶ μὴν ἐναντίον ἐστὶν οὗ ἐθέλεις ὃ νῦν ποιεῖς. οἴει μὲν γὰρ ἐν παιδείᾳ καὶ αὐτὸς εἶναί τις δόξειν σπουδῇ συνωνούμενος τὰ κάλλιστα τῶν βιβλίων· τὸ δέ σοι περὶ τὰ κάτω χωρεῖ, καὶ ἔλεγχος γίγνεται τῆς ἀπαιδευσίας πως τοῦτο. μάλιστα δὲ οὐδὲ τὰ κάλλιστα ὠνῇ, ἀλλὰ πιστεύεις τοῖς ὡς ἔτυχεν ἐπαινοῦσι καὶ ἕρμαιον εἶ τῶν τὰ τοιαῦτα ἐπιψευδομένων τοῖς βιβλίοις καὶ θησαυρὸς ἕτοιμος τοῖς καπήλοις αὐτῶν. ἢ πόθεν γάρ σοι διαγνῶναι δυνατόν, τίνα μὲν παλαιὰ καὶ πολλοῦ ἄξια, τίνα δὲ φαῦλα καὶ ἄλλως σαπρά, εἰ μὴ τῷ διαβε-βρῶσθαι καὶ κατακεκόφθαι αὐτὰ τεκμαίροιο καὶ συμ-βούλους τοὺς σέας ἐπὶ τὴν ἐξέτασιν παραλαμβάνοις; ἐπεὶ τοῦ ἀκριβοῦς ἢ διάγνωσις; ἵνα δέ σοι δῶ αὐτὰ ἐκεῖνα κεκρικέναι, ὅσα ὁ Καλλῖνος εἰς κάλλος ἢ ὁ ἀοίδιμος Ἀττικὸς σὺν ἐπιμελείᾳ τῇ πάσῃ ἔγραψαν, σοὶ τί ὄφελος, ὦ θαυμάσιε, τοῦ κτήματος οὔτε εἰδότι τὸ κάλλος αὐτῶν οὔτε χρη-σομένῳ ποτὲ οὐδὲν μᾶλλον ἢ τυφλὸς ἄν τις ἀπολαύ-σειε κάλλους παιδικῶν; σὺ δὲ ἀνεῳγμένοις μὲν τοῖς ὀφθαλμοῖς ὁρᾷς τὰ βιβλία, καὶ νὴ Δία κατακόρως, καὶ ἀναγιγνώσκεις ἔνια πάνυ ἐπιτρέχων, φθάνοντος τοῦ ὀφθαλμοῦ τὸ στόμα· οὐδέπω δὲ τοῦτό μοι ἱκανόν, ἢν μὴ εἰδῇς τὴν ἀρετὴν καὶ κακίαν ἑκάστου τῶν ἐγγε-γραμμένων καὶ συνίῃς ὅστις μὲν ὁ νοῦς σύμπασιν, τίς δὲ ἡ τάξις τῶν ὀνομάτων, ὅσα τε πρὸς τὸν ὀρθὸν κα-νόνα τῷ συγγραφεῖ ἀπηκρίβωται καὶ ὅσα κίβδηλα καὶ νόθα καὶ παρακεκομμένα. Luc. 18,16s. τίνα γὰρ ἐλπίδα καὶ αὐτὸς ἔχων εἰς τὰ βιβλία καὶ ἀνατυλίττεις ἀεὶ καὶ διακολλᾷς καὶ περικόπτεις καὶ ἀλείφεις τῷ κρόκῳ καὶ τῇ κέδρῳ καὶ διφθέρας περιβάλλεις καὶ ὀμφαλοὺς ἐντίθης, ὡς δή τι ἀπολαύσων αὐτῶν; πάνυ γοῦν ἤδη βελτίων γεγένησαι διὰ τὴν ὠνήν, ὃς τοιαῦτα μὲν φθέγγῃ – μᾶλλον δὲ τῶν ἰχθύων ἀφωνότερος εἶ – βιοῖς δὲ ὡς οὐδ᾽ εἰπεῖν καλόν, μῖσος δὲ ἄγριον, φασί, παρὰ πάντων ἔχεις ἐπὶ τῇ βδελυρίᾳ· ὡς εἰ τοιούτους ἀπειργάζετο τὰ βιβλία, φυγῇ φευκτέον ἂν ἦν ὅτι πορρωτάτω ἀπ᾽ αὐτῶν. δυοῖν δὲ ὄντοιν ἅττ᾽ ἂν παρὰ τῶν παλαιῶν τις κτήσαιτο, λέγειν τε δύνασθαι καὶ πράττειν τὰ μήτε ταῦτα φαίνηταί τις παρ᾽ αὐτῶν ὠφελούμενος, τί ἄλλο ἢ τοῖς μυσὶ διατριβὰς ὠνεῖται καὶ ταῖς τίλφαις οἰκήσεις καὶ πληγὰς ὡς ἀμελοῦσι τοῖς οἰκέταις; Luc. 18,19s. ἀλλὰ μὴ ἐπίδειξιν πλούτου σοι τὸ πρᾶγμα ἔχει καὶ βούλει τοῦτο ἐμφῆναι ἅπασιν, ὅτι καὶ εἰς τὰ μηδέν σοι χρήσιμα ὅμως ἐκ πολλῆς τῆς περιουσίας ἀναλίσκεις; καὶ μὴν ὅσα γε κἀμὲ Σύρον ὄντα εἰδέναι, εἰ μὴ σαυτὸν φέρων ταῖς τοῦ γέροντος ἐκείνου διαθήκαις παρενέγρα-ψας, ἀπωλώλεις ἂν ὑπὸ λιμοῦ ἤδη καὶ ἀγορὰν προὐτί-θεις τῶν βιβλίων. λοιπὸν οὖν δὴ ἐκεῖνο, πεπεισμένον ὑπὸ τῶν κολάκων ὡς οὐ μόνον καλὸς εἶ καὶ ἐράσμιος ἀλλὰ σοφὸς καὶ ῥήτωρ καὶ συγγραφεὺς οἷος οὐδ᾽ ἕτε-ρος, ὠνεῖσθαι τὰ βιβλία, ὡς ἀληθεύοις τοὺς ἐπαίνους αὐτῶν. φασὶ δὲ σὲ καὶ λόγους ἐπιδείκνυσθαι αὐτοῖς ἐπὶ δείπνῳ κἀκείνους χερσαίων βατράχων δίκην διψῶντας κεκραγέναι, ἢ μὴ πίνειν, ἢν μὴ Luc. 18,22s. καίτοι τί ταῦτα ληρῶ; πρόδηλος γὰρ ἡ αἰτία τῆς περὶ τὰ βιβλία σπουδῆς, εἰ καὶ ὑπὸ νωθείας ἐγὼ μὴ πάλαι κατεῖδον· σοφὸν γάρ, ὡς γοῦν οἴει, τοῦτ᾽ ἐπινενόηκας καὶ ἐλπίδας οὐ μικρὰς ἔχεις περὶ τοῦ πράγματος, εἰ βασιλεὺς μάθοι ταῦτα σοφὸς ἀνὴρ καὶ παιδείαν μάλιστα τιμῶν· εἰ δὲ ταῦτα ὑπὲρ σοῦ ἐκεῖνος ἀκούσειεν, ὡς ὠνῇ βιβλία καὶ συνάγεις πολλά, πάντα ἐν βραχεῖ παρ᾽ αὐτοῦ ἔσεσθαί σοι νομίζεις. ἀλλ᾽, ὦ κατάπυγον, οἴει τοσοῦτον μανδραγόραν κατακεχύσθαι αὐτοῦ ὡς ταῦτα μὲν ἀκούειν, ἐκεῖνα δὲ μὴ εἰδέναι, οἷος μέν σου ὁ μεθ᾽ ἡμέραν βίος, οἷοι δέ σοι πότοι, ὁποῖαι δὲ νύκτες καὶ οἵοις καὶ ἡλίκοις la cattiveria del bibliomane • la stupidità e l’ignoranza • l’esteriorità inconsistente • l’autocompiacimento estetico • lo sfoggio di ricchezza • la creazione di una propria claque • l’ambizione arrivista • la pederastia La vera sapienza, la vera dottrina, la vera cultura, l’armonia tra parole, atteggiamenti e opere I caratteri della koiné Da un ritmo quantitativo a un ritmo accentuativo (fenomeno indoeuropeo, cui si oppone in parte solo il lituano): l’ingresso dell’accento nella ritmica e l’affievolirsi delle distinzioni quantitative all’interno dello stesso timbro. La scomparsa di , y, s-. La scomparsa del duale (Ar.: 37x duvo: 10x + dracmav~, 27x + duale; Men.: duvo + pl.) e la rianimazione fittizia degli atticisti. La scomparsa dell’ottativo, doppione del congiuntivo (vd. sanscrito, persiano, latino, ecc.): il mantenimento del valore desiderativo, il progressivo arretramento di quello potenziale (la concorrenza del futuro: qualcuno potrebbe fare / farà forse), di quello irreale (la concorrenza del passato: facciamo come se tu fossi / che eri), di quello dipendente dai tempi storici (‘congiuntivo del passato’: la concorrenza del congiuntivo); «la perdita di un’eleganza da aristocratici» (Meillet). Il verbo dalla complicazione indoeuropea (le ‘anomalie’) all’uniformazione paradigmatica: i verbi atematici e le forme ‘irregolari’ ricondotti a una coniugazione ‘normale’; la debole e ambigua des. 3 pers. pl. -nt e il prevalere di -san. La riduzione delle forme nominali anomale, la riduzione dei comparativi, la progressiva scomparsa del medio, la rapida scomparsa del perfetto (la • cattivi e viziosi • tiranni e macchiette • atrocità e ridicolaggini • nemici da annientare e avversari da mettere in burla i cattivi come costruzione del sé alla fine di una carrellata... “Una cosa che hai visto spesso” (Marc. Aur. VII 1) che cos’è, dunque, la cattiveria? Marc. Aur. VII 1 τί ἔστι κακία; τοῦτ᾽ ἔστιν. ὃ πολλάκις εἶδες. καὶ ἐπὶ παντὸς δὲ τοῦ συμβαίνοντος πρόχειρον ἔχε ὅτι τοῦτό ἐστιν ὃ πολλάκις εἶδες. ὅλως ἄνω κάτω τὰ αὐτὰ εὑρήσεις, ὧν μεσταὶ αἱ ἱστορίαι αἱ παλαιαί, αἱ μέσαι, αἱ ὑπόγυιοι· ὧν νῦν μεσταὶ αἱ πόλεις καὶ οἰκίαι. οὐδὲν καινόν· πάντα καὶ συνήθη καὶ ὀλιγοχρόνια. Che cos’è la cattiveria? È questo: una cosa che hai visto spesso. E in ogni circostanza tieni a portata di mano che è questo: una cosa che hai visto spesso. E insomma, su e giù, troverai sempre le stesse cose, di cui sono piene le storie antiche, quelle di mezz’età e quelle recenti; di cui son piene le città e le case. Non c’è niente di nuovo: tutto ci è consueto, e dura un attimo. “ciò che è possibile ... ciò che è proprio impossibile” (Marc. Aur. VII 71) una battaglia possibile Marc. Aur. VII 71 γελοῖόν ἐστι τὴν μὲν ἰδίαν κακίαν μὴ φεύγειν, ὃ καὶ δυνατόν ἐστι, τὴν δὲ τῶν ἄλλων φεύγειν, ὅπερ ἀδύνατον. È ridicolo non voler evitare la propria cattiveria, il che è possibile, e voler evitare quella degli altri, il che è proprio impossibile. E disse Natan a Davide: “tu sei l’uomo che ha fatto questo”. (2Sam 12,7) epilogo 2Sam 12,1-13 καὶ ἀπέστειλεν κύριος τὸν Ναθαν τὸν προφήτην πρὸς Δαυιδ, καὶ εἰσῆλθεν πρὸς αὐτὸν καὶ εἶπεν αὐτῷ· “δύο ἦσαν ἄνδρες ἐν πόλει μιᾷ, εἷς πλούσιος καὶ εἷς πένης, καὶ τῷ πλουσίῳ ἦν ποίμνια καὶ βουκόλια πολλὰ σφόδρα καὶ τῷ πένητι οὐδὲν ἀλλ᾽ ἢ ἀμνὰς μία μικρά, ἣν ἐκτήσατο καὶ περιεποιήσατο καὶ ἐξέθρεψεν αὐτήν καὶ ἡδρύνθη μετ᾽ αὐτοῦ καὶ μετὰ τῶν υἱῶν αὐτοῦ ἐπὶ τὸ αὐτό· ἐκ τοῦ ἄρτου αὐτοῦ ἤσθιεν καὶ ἐκ τοῦ ποτηρίου αὐτοῦ ἔπινεν καὶ ἐν τῷ κόλπῳ αὐτοῦ ἐκάθευδεν καὶ ἦν αὐτῷ ὡς θυγάτηρ. καὶ ἦλθεν πάροδος τῷ ἀνδρὶ τῷ πλουσίῳ καὶ ἐφείσατο λαβεῖν ἐκ τῶν ποιμνίων αὐτοῦ καὶ ἐκ τῶν βουκολίων αὐτοῦ ποιῆσαι τῷ ξένῳ ὁδοιπόρῳ ἐλθόντι πρὸς αὐτὸν, καὶ ἔλαβεν τὴν ἀμνάδα τοῦ πένητος καὶ ἐποίησεν αὐτὴν τῷ ἀνδρὶ τῷ ἐλθόντι πρὸς αὐτόν”. καὶ ἐθυμώθη ὀργῇ Δαυιδ σφόδρα τῷ ἀνδρί, καὶ εἶπεν Δαυιδ πρὸς Ναθαν· “ζῇ κύριος ὅτι υἱὸς θανάτου ὁ ἀνὴρ ὁ ποιήσας τοῦτο, καὶ τὴν ἀμνάδα ἀποτείσει ἑπταπλασίονα, ἀνθ᾽ ὧν ὅτι ἐποίησεν τὸ ῥῆμα τοῦτο καὶ περὶ οὗ οὐκ ἐφείσατο”. καὶ εἶπεν Ναθαν πρὸς Δαυιδ· “σὺ εἶ ὁ ἀνὴρ ὁ ποιήσας τοῦτο. τάδε λέγει κύριος ὁ θεὸς Ισραηλ· ‘ἐγώ εἰμι ἔχρισά σε εἰς βασιλέα ἐπὶ Ισραηλ, καὶ ἐγώ εἰμι ἐρρυσάμην σε ἐκ χειρὸς Σαουλ. καὶ ἔδωκά σοι τὸν οἶκον τοῦ κυρίου σου καὶ τὰς γυναῖκας τοῦ κυρίου σου ἐν τῷ κόλπῳ σου καὶ ἔδωκά σοι τὸν οἶκον Ισραηλ καὶ Ιουδα, καὶ εἰ μικρόν ἐστιν προσθήσω ταῦτα. τί ὅτι ἐφαύλισας τὸν λόγον κυρίου τοῦ ποιῆσαι τὸ πονηρὸν ἐν ὀφθαλμοῖς αὐτοῦ; τὸν Ουριαν τὸν Χετταῖον ἐπάταξας ἐν ῥομφαίᾳ καὶ τὴν γυναῖκα αὐτοῦ ἔλαβες σεαυτῷ εἰς γυναῖκα καὶ αὐτὸν ἀπέκτεινας ἐν ῥομφαίᾳ υἱῶν Αμμων. καὶ νῦν οὐκ ἀποστήσεται ῥομφαία ἐκ τοῦ οἴκου σου ἕως αἰῶνος ἀνθ᾽ ὧν ὅτι ἐξουδένωσάς με καὶ ἔλαβες τὴν γυναῖκα τοῦ Ουριου τοῦ Χετταίου τοῦ εἶναί σοι εἰς γυναῖκα’. τάδε λέγει κύριος· ‘ἰδοὺ ἐγὼ ἐξεγείρω ἐπὶ σὲ κακὰ ἐκ τοῦ οἴκου σου καὶ λήμψομαι τὰς γυναῖκάς σου κατ᾽ ὀφθαλμούς σου καὶ δώσω τῷ πλησίον σου καὶ κοιμηθήσεται μετὰ τῶν γυναικῶν σου ἐναντίον τοῦ ἡλίου τούτου. ὅτι σὺ ἐποίησας κρυβῇ, κἀγὼ ποιήσω τὸ ῥῆμα τοῦτο ἐναν-τίον παντὸς Ισραηλ καὶ ἀπέναντι καὶ εἶπεν Δαυιδ τῷ Ναθαν· “ἡμάρτηκα τῷ κυρίῳ”. καὶ εἶπεν Ναθαν πρὸς Δαυιδ· “καὶ κύριος παρεβίβασεν τὸ ἁμάρτημά σου οὐ μὴ ἀποθάνῃς”. de nobis fabula narratur? [email protected]