Programma Biochimica applicata
Principi generali
studi in vivo
studi in vitro
Soluzioni fisiologiche
soluzioni tampone
terreni per microbiologia
terreni per cellule animali
Colture di cellule e tessuti
colture microbiche
colture di cellule animali
separazione di cellule
conteggio delle cellule
conservazione delle cellule tramite congelamento
collezioni di colture cellulari
Tecniche di Biologia Molecolare
introduzione: struttura degli acidi nucleici
isolamento degli acidi nucleici
elettroforesi su gel di agarosio
enzimi utilizzati in biologia molecolare: endonucleasi di restrizione, ligasi
vettori di clonaggio e di espressione
sequenziamento del DNA
isolamento di sequenze specifiche di acidi nucleici: retrotrascrizione,
librerie di cDNA e di DNA genomico
PCR, Real-Time PCR
espressione e silenziamento di geni
mutagenesi
applicazioni della biologia molecolare
promotori e geni reporter
sistemi di trasfezione di linee cellulari di mammifero, espressione
transiente e stabile, iRNA
Le proteine
purificazione delle proteine
estrazione delle proteine
tecniche di frazionamento
Tecniche elettroforetiche
principi generali
elettroforesi di proteine
elettroforesi di acidi nucleici
Metodi di studio delle interazioni proteina-proteina
Sistema del doppio ibrido
Pull-down
DuoLink
Co-IP
Metodi di studio delle interazioni DNA-proteina
EMSA
ChIP
Microarray
Principi di proteomica
Elementi di bioinformatica
banche dati di DNA e proteine
comparazione di sequenze e analisi della similitudine
1
TESTI CONSIGLIATI:
Metodologia biochimica / Wilson K. Walker J.
Raffaello Cortina ed.
Ingegneria genetica / Primrose S.
ed. Zanichelli
Metodologie di base per la Biochimica e la Biotecnologia/
Ninfa/Ballou ed. Zanichelli
Metodologie Biochimiche/ Bonaccorsi di Patti M.C.,
Contestabile R., Di Salvo M.L.; Casa Editrice Ambrosiana
Lezioni su internet
http://farmacia.unich.it Æ gruppi di ricerca Æ biochimica Æ biochimica applicata-CTF
Biochimica applicata
Principi generali
La biochimica è una disciplina interessata all’avanzamento
della conoscenza delle relazioni tra struttura e funzione sia a
livello molecolare che subcellulare.
Il corso di Biochimica Applicata si propone di fornire le
conoscenze di base sulle principali tecniche utilizzate
nell'indagine delle macromolecole biologiche
Nella ricerca biochimica è possibile utilizzare sistemi modello
diversi: le tecniche in vivo e in vitro.
2
Gli studi in vivo si applicano ad organismi
pluricellulari (animali o piante interi o organi isolati
perfusi con le sostanze nutrienti).
Vengono utilizzati essenzialmente per le ricerche
mediche e cliniche, veterinarie ed agricole, nella
produzione di vaccini, anticorpi, ormoni, per
saggiare l’efficacia di farmaci, pesticidi,… e nelle
ricerche tossicologiche.
Molte delle ricerche sugli animali studiano il
metabolismo di sostanze estranee e la possibilità di
estrapolare i risultati ottenuti a livello umano è un
requisito essenziale per la sperimentazione clinica.
Gli animali maggiormente utilizzati sono topi, ratti,
porcellini d’India per il loro basso costo e la facile
utilizzabilità, ma anche conigli, gatti, cani, scimmie e
babbuini sono spesso impiegati.
Gli animali sono allevati specificatamente per scopi
sperimentali e vengono selezionati accuratamente per
età, sesso, stato nutrizionale, razza per minimizzare la
variabilità degli esperimenti.
Quando vengono analizzate le risposte metaboliche a
xenobiotici, i risultati ottenuti devono essere comparati
con un gruppo di animali di controllo trattati con un
placebo.
3
Il costo e l’etica della sperimentazione su animali interi
inducono ad aumentare i tentativi diretti alla ricerca di
metodi alternativi all’uso di animali interi e a ridurre il
numero di animali usandoli solo per sperimentazioni
essenziali.
La strategia principalmente applicata è basata sull’utilizzo di
modelli in vitro.
4
I metodi in vitro richiedono l’incubazione di materiali
biologici (preparazioni enzimatiche, organuli isolati,
microrganismi intatti, cellule di animali o piante) in
ambienti fisicamente e chimicamente artificiali.
Le condizioni vengono scelte in modo da avere un
limitato grado di crescita, differenziazione e sviluppo,
come nelle colture di cellule, tessuti o organi di
animali o piante.
Il vantaggio dei metodi di coltura delle cellule è che
minimizzano le interferenze dovute a cellule diverse
adiacenti.
Una critica generale rivolta alle ricerche in vitro è che
poi l’estrapolazione dei risultati alla situazione in vivo
non sia corretta.
Gli organismi modello
I meccanismi molecolari fondamentali della replicazione del DNA,
della trascrizione dell’RNA, della traduzione e della regolazione
genica, sono stati determinati per la prima volta nel batteriofago λ
e nell’E.coli.
Questi primi studi hanno fornito le fondamenta della
comprensione dei processi più complessi degli eucarioti.
Tra gli organismi modello ricordiamo:
I lieviti (Saccharomyces cerevisiae), il moscerino della frutta
(Drosophila melanogaster), il pesce zebra (Danio rerio), il topo
(Mus musculus) e la rana (Xenopus laevis).
5
Gli organismi modello hanno alcune caratteristiche: sono poco
costosi, facili da propagare, economici da allevare, hanno periodi
di gestazione brevi, producono una progenie numerosa e sono
facili da manipolare in laboratorio.
Alcuni hanno il vantaggio ulteriore di avere un genoma
relativamente piccolo e poco complicato. Ciascun organismo
modello è adatto in modo specifico, come modello semplificato,
allo studio di particolari aspetti complessi della biologia.
La struttura della cellula e il DNA
La cellula è l'unità funzionale più piccola degli esseri
viventi. Per funzionalità si intende la capacità di autoreplicarsi e provvedere al proprio nutrimento.
La cellula, in genere, interagisce con le altre strutture a lei
contigue servendosi di un complesso sistema di
membrane e reazioni chimiche.
La dimensione della cellula è, di norma, sufficientemente
grande da poter essere visibile al microscopio ottico (dove
si potranno distinguere le membrane, il nucleo), mentre
per osservare le microstrutture si necessita del
microscopio elettronico.
6
Ogni cellula è delimitata spazialmente da una
membrana esterna, la membrana cellulare, che ha
molteplici funzioni:
-separare il contenuto della cellula dall'ambiente esterno
-regolare i flussi di sostanze in entrata e in uscita dalla
cellula grazie alla sua permeabilità selettiva
-Riconoscere determinate sostanze (recettori)
-Fornire un punto di ancoraggio per il citoscheletro
-Permettere la mobilità di particolari cellule
-Proteggere la cellula e gli organelli.
Le membrane cellulari sono costituite da
lipidi (fosfolipidi e colesterolo)
Proteine (canali, recettori, enzimi, ancoraggi del
citoscheletro)
Glucidi (glicolipidi e glicoproteine)
7
All'esterno della membrana cellulare, le cellule di vari
organismi (batteri, vegetali, funghi) sono ulteriormente
delimitate dalla cosiddetta parete cellulare (composta
prevalentemente da peptidoglicano), che svolge una
funzione essenzialmente strutturale.
All'interno della cellula vi è il citoplasma, una sostanza
fluida (ad elevato contenuto d'acqua) che contiene
una varietà di molecole e di strutture specializzate
dette organelli.
Eucariote e procariote
Presenza (Eucariote) o meno (Procariote) nel citoplasma
di:
Strutture specializzate (organelli)
Nucleo definito contenente il DNA
Le caratteristiche ereditate vengono trasmesse come
unità discrete - dette geni - che si distribuiscono
secondo determinate regole da una generazione
all'altra.
I
geni
degli
organismi eucarioti
sono localizzati nei
cromosomi, strutture
complesse formate
da proteine e DNA.
8
Il DNA ha una struttura simile a una scala a pioli avvolta a
spirale. I montanti della scala sono formati da un'alternanza
di molecole di zucchero (desossiribosio) e di fosfato, mentre
i pioli sono costituiti da quattro basi azotate: adenina (A),
citosina (C), guanina (G), timina (T).
L'insieme di una base e dell'unità zucchero-fosfato si
chiama nucleotide. Il DNA è quindi una catena di nucleotidi.
La sequenza di tre nucleotidi o tripletta, nella molecola del
DNA, rappresenta il codice genetico in quanto ogni tripletta
codifica la sintesi di un determinato amminoacido.
Virus e batteriofagi.
Struttura generale e meccanismi di infezione virale.
I virus, conosciuti anche come batteriofagi o fagi, sono i
rappresentanti più semplici di tutta la sostanza vivente.
Sono totalmente incapaci di avere vita autonoma e per poter
sopravvivere necessitano di essere ospitati in altre cellule.
Le cellule ospiti (quelle che vengono attaccate dal virus)
sono usate per i processi metabolici e di riproduzione.
I meccanismi di attacco virale sono per lo più conosciuti e si
possono schematizzare in tre fasi durante le quali il virus
inietta il proprio acido nucleico nella cellula ospite.
9
Fase #1
Nella prima fase il virus si salda alla parete della
cellula ospite per mezzo delle placche e delle fibre
caudali.
Fase #2
Dopo essersi saldamente fissato alla parete
delle cellula ospite il virus ne digerisce un
breve tratto liberando gli enzimi litici (o
enzimi di lisi) spesso mediante l'enzima
lisozima. La molecola di DNA o RNA
comincia a penetrere lungo la parete della
cellula ospite
Fase #3
Gli enzimi litici continuano il loro lavoro di demolizione della
parete. Appena si è creata una fessura lungo tutta la parete
della cellula ospite il DNA o RNA virale è libero di confluire
nella cellula da infettare. Una volta all'interno della cellula il
capside (guscio di rivestimento del virus) viene rimosso e
l'acido virale si moltiplica e codifica le proteine mediante
l'apparato metabolico della cellula infettata
I virus sono privi di tutte le strutture caratteristiche della
cellula, non possiedono citoplasma e nucleo e non
possono essere classificati come cellule poichè mancano
di propria vitalità.
I virus sono costituiti da un involucro proteico chiamato
capside che contiene al proprio interno l'acido nucleico.
L'acido nucleico presente all'interno del virus può essere
di un solo tipo: acido desossiribonucleico (DNA) o acido
ribonucleico (RNA)
10
Batteri (procarioti).
Struttura generale.
I batteri possono essere considerati delle vere e proprie
cellule in quanto sono capaci di riprodursi autonomamente.
A prova di ciò basta osservare le colture in vitro di colonie
batteriche: ogni singola cellula, in opportune condizioni, può
replicarsi in maniera indefinita.
All'interno dei batteri sono presenti tutti e due tipi di acido
nucleico (DNA e RNA) mentre manca una membrana
limitante tra apparato cromosomico e restante citoplasma.
Protoplasma batterico.
Mediante il microscopio elettronico è possibile
riconoscere all'interno del batterio (nella regione
protoplasmatica) il nucleoide che contiene il
cromosoma batterico, formato da una sola molecola
circolare di DNA.
Il protoplasma contiene numerose particelle
chiamate ribosomi, che possono unirsi in gruppi
chiamati poliribosomi o polisomi.
Eucarioti.
La cellula eucariote è il tipo di cellula in assoluto più
complesso.
E' possibile suddividerla in due grandi regioni: la regione
nucleare
(che contiene il nucleo) e la regione
citoplasmatica (che contiene il citoplasma).
A loro volta nucleo e citoplasma contengono ulteriori
complessi, molto spesso differenziati, per espletare le
funzioni specifiche.
11
Il nucleo è separato dal restante citoplasma da una
membrana nucleare che è provvista di minuscoli pori
(pori nucleari) per lo scambio di sostanze.
All'interno del nucleo troviamo i cromosomi e la
cromatina (costituente primario dei cromosomi); i
cromosomi contengono il DNA e sono i portatori dei
caratteri ereditari (i geni)
Esterno al nucleo è il citoplasma, delimitato dalle
restanti cellule dalla membrana plasmatica.
La traduzione di un gene e lo splicing del trascritto primario
avvengono nel nucleo.
L’mRNA maturo lascia il nucleo e raggiunge il reticolo
endoplasmatico rugoso che contiene i ribosomi, capaci di
trasformare l’informazione contenuta nell’mRNA in
proteina.
In genere le porzioni di mRNA processate con lo splicing
vengono distrutte nel nucleo. In alcuni casi, tuttavia, le
porzioni introniche dell’mRNA migrano nel nucleolo dove
sono utilizzate per la costruzione dei ribosomi.
12
Soluzioni tampone
Gli organismi e le cellule , in genere, possono
resistere ad ampie variazioni di pH dell’ambiente
esterno.
I processi cellulari, al contrario, sono sensibili ai
cambiamenti di pH e avvengono in un medium il cui
pH è rigidamente controllato.
La massima parte dei processi cellulari avviene ad un
pH circa neutro.
Un cambiamento di pH può alterare la distribuzione di
un composto o uno ione attraverso una membrana.
Gli studi in vitro richiedono l’utilizzo di sistemi tampone con
determinati requisiti:
1)
possedere una buona
nell’intervallo di pH richiesto
capacità
tamponante
2) essere facilmente disponibile
3) essere enzimaticamente stabile
4) non essere tossico
5) possedere un valore di pH poco influenzabile dalla
concentrazione, temperatura composizione del mezzo
13
Terreni per microbiologia:
i terreni si differenziano in base al tipo di
microrganismo che si vuole mantenere in coltura.
Un terreno minimo, tipicamente, deve contenere
una miscela di sali di Na+, K+, Ca2+, Mg2+, NH4+,
Cl-, HPO42-, SO42- e una fonte di carbonio non
complessa come ad esempio il glucosio.
Sostanze organiche complesse possono essere
aggiunte quando le richieste nutrizionali non sono
ben definite o per accelerare la velocità di crescita.
Colture miste
La popolazione microbica presente
ambiente è grande e complessa.
nel
nostro
Molte
differenti
specie
microbiche
abitano
normalmente varie parti del nostro corpo (orale,
intestinale, cutanea) ed in modo analogo il nostro
ambiente (aria, suolo, acqua).
Colture pure
Una coltura pura è costituita da una popolazione di
cellule derivate tutte da un’
un’unica cellula madre.
Essa rappresenta una condizione artificiale per
l’accrescimento dei batteri ed è una condizione imposta
da manipolazioni di laboratorio.
14
Una condizione per poter studiare i microrganismi è
poterli coltivare nelle condizioni di laboratorio.
Per questo scopo si devono conoscere quali sostanze
nutritizie e quali condizioni fisiche essi richiedono.
Tali informazioni hanno consentito di sviluppare
numerosi terreni o mezzi per la loro coltura.
Preparazione dei terreni
Dissoluzione degli ingredienti in volume di H2O.
Determinazione del pH ed eventuale correzione.
Distribuzione in contenitori idonei.
Sterilizzazione.
L’agar, un agente gelificante, può essere aggiunto
per solidificare il medium e per facilitare la crescita in
superficie dei microrganismi.
I terreni, solitamente, vengono acquistati già pronti
all’uso oppure sotto forma di polveri che vengono
portate in soluzione e sterilizzate in autoclave o
tramite filtrazione laddove non si possa ricorrere
all’autoclave.
15
Componenti principali dell’
dell’agar:
agarosio,
agarosio, al 70%;
agaropectina,
agaropectina, al 30%.
L’Agar non svolge altre funzioni nel terreno che
non sia quella solidificante: non presenta perciò
alcuna caratteristica nutritiva per i batteri.
16
Terreni per cellule animali
il controllo dello scambio gassoso e del pH sono fattori
critici per il mantenimento a lungo termine di colture
cellulari.
Il terreno tamponato con 30mM di bicarbonato deve
essere mantenuto in aria contenente il 5% (v/v) di CO2
per mantenere un pH compreso tra 7.5 e 7.3. Si
aggiunge di solito il colorante rosso fenolo, di colore
rosso arancio a pH 7.5, per rivelare il corretto pH.
La concentrazione degli ioni Calcio è fondamentale per la
crescita delle cellule dipendenti dall’ancoraggio. Altri
composti tipicamente aggiunti sono le vitamine, le fonti di
carbonio (glucosio), gli amminoacidi e le proteine.
Le proteine possono includere il plasma o il siero.
Il siero, la cui composizione non è sempre ben determinata,
contiene importanti fattori di crescita (IGF, EGF,…)
essenziali per la crescita a lungo termine delle cellule
prelevate da tessuti differenziati.
L’uso di terreni privi di siero (SFM) è importante per
mantenere cellule indifferenziate, per valutare l’effetto di
ormoni e di fattori di crescita sulla differenziazione cellulare.
Antibiotici
attivi
contro
contaminazioni
microbiologiche possono venir aggiunti, dopo
sterilizzazione per filtrazione, e vengono considerati
attivi per circa 5 giorni a 37°C.
La maggioranza dei terreni per colture cellulari
viene acquistata in forma liquida , conservata
refrigerata e aperta in condizioni di sterilità.
17
Microscopia
Il diametro di una tipica cellula animale va da 10 a 20 μm
ed è quindi invisibile ad occhio. Le cellule inoltre sono di
solito translucide e incolori.
La scoperta delle loro caratteristiche interne, quindi, si
basò sulla disponibilità di buoni microscopi e
sull’elaborazione di una serie di coloranti che le rendessero
visibili esaltandone il contrasto.
Microscopia ottica.
Non è possibile utilizzare radiazioni di una data lunghezza
d’onda per esaminare particolari strutturali molto inferiori
alla stessa lunghezza d’onda.
Il limite di risoluzione dei microscopi ottici deriva dalla
lunghezza d’onda della luce visibile, che va da 0.4 μm per il
violetto a 0.7 μm per il rosso.
18
In condizioni ottimali è
possibile ottenere
teoricamente in
microscopia ottica un limite
di risoluzione di 0.2 μm.
Anche se si utilizzano lenti
che permettono un maggiore
ingrandimento, l’immagine
non è nitida perché si va oltre
il potere risolutivo
La distanza limite alla quale è possibile vedere
distintamente due oggetti, il cosiddetto limite di
risoluzione, dipende sia dalla lunghezza d’onda della
luce adoperata sia dall’apertura numerica del sistema
di lenti.
La risoluzione del microscopio dipende dall’ampiezza
del cono di illuminazione e, dunque, dalle lenti del
condensatore e dell’obiettivo.
La lente del condensatore focalizza un cono di raggi
luminosi su ciascun punto del campione.
La lente dell’obiettivo raccoglie un cono di raggi luminosi per
formare un’immagine.
19
PREPARAZIONE CAMPIONI:
1. FISSAZIONE CON ALCOOL O FORMALDEIDE
(DISIDRATAZIONE)
(in alternativa, congelamento)
2. INCLUSIONE IN PARAFFINA
3. FORMAZIONE DI SEZIONI SOTTILI AL
MICROTOMO
Per realizzare un preparato che si possa osservare al
microscopio, occorre prima trattare le cellule con un
fissante per immobilizzarle, ucciderle e conservarle.
La fissazione è un procedimento che rende le cellule
permeabili ai reagenti coloranti e stabilisce legami
trasversali tra le macromolecole. I primi protocolli
prevedevano l’immersione in acidi o solventi organici come
l’alcol; oggi si impiegano le aldeidi (formaldeide o
glutaraldeide).
Anche dopo il fissaggio i tessuti sono di solito teneri e fragili
e prima di sezionarli occorre incorporarli in un mezzo di
supporto.
I materiali utilizzati per questo scopo sono cere o resine. In
forma liquida questi materiali permeano e circondano il
tessuto fissato, dopo di che li si può indurire (tramite
raffreddamento o per polimerizzazione) ottenendo un
blocco solido facilmente sezionabile con un microtomo.
Qualsiasi trattamento di fissaggio e di incorporazione può
alterare la struttura della cellula o le molecole che la
costituiscono.
Un metodo alternativo consiste nel congelamento veloce
che rende inutile il fissaggio e l’incorporazione
20
Il tessuto congelato si può sezionare direttamente per mezzo
del criostato. Le sezioni congelate conservano la struttura
nativa delle singole molecole ma i cristalli di ghiaccio
compromettono la struttura della cellula.
Dopo il fissaggio i tessuti vengono di solito tagliati in sezioni
sottilissime con un microtomo che consente di ottenere sezioni
spesse da 1 a 10 mm.
Allo stato naturale le cellule riescono invisibili al microscopio
ottico ordinario. Per renderle visibili occorre colorarle. I
coloranti impiegati si legano in maniera preferenziale a
determinate regioni della cellula (per esempio il nucleo o i
mitocondri) rendendo così chiaramente visibili queste strutture
interne.
21
La maggior parte delle macromolecole è presente nella
cellula in un numero relativamente piccolo di esemplari: è
impossibile perciò rilevarle con una colorazione classica.
Una soluzione consiste nell’utilizzare composti fluorescenti.
Questi composti legano la struttura o molecola che si vuole
evidenziare e, colpiti da un raggio di un’appropriata
lunghezza d’onda, emettono una radiazione caratteristica.
22
I microscopi a fluorescenza sono capaci di rilevare
le sostanze fluorescenti utilizzate per colorare le cellule.
Tali microscopi sono molto simili al microscopio ordinario,
salvo che la luce per illuminare il campione, tratta da una
sorgente molto potente, attraversa due insiemi di filtri: uno
per intercettarla prima che raggiunga il campione e uno per
filtrarla dopo che lo ha abbandonato.
Il primo filtro serve a selezionare le lunghezze d’onda
idonee ad eccitare la particolare sostanza fluorescente, il
secondo a bloccare queste ultime, selezionando quelle
emesse per fluorescenza.
DAPI is excited with UV light. When bound to doublestranded
DNA its absorption maximum is at 358 nm and
its emission maximum is at 461 nm
23
Cellule staminali.
La cellula staminale è una particolare cellula “non
programmata” o non specializzata capace di dividersi in
altre cellule specializzate.
DEFINIZIONE: le cellule staminali sono cellule che
possono essere coltivate o riprodotte, ma che possono
anche generare cellule adulte di differente progenie, cioè di
tessuti diversi (New Engl J Med 2002; 346: 1576)
La cellula staminale può essere immaginata come una
entità cellulare dalla quale possono nascere,
indifferentemente, cellule altamente specializzate, come
le cellule neurali, muscolari, ossee e via dicendo.
Le cellule normali non permettono questo poiché il
risultato delle loro divisioni è sempre simile alla cellula
originaria; una cellula muscolare, ad esempio, dividendosi
può formare altre cellule muscolari ma non di altro tipo.
La cellula staminale, invece, può dividersi in tutte le
altre cellule specializzate.
La proprietà di divisione e di trasformazione in altre
cellule dissimili dall’originale prende il nome di
transdifferenziamento.
Nella categoria di cellule staminali vanno anche inserite
le cellule capaci di originare un solo tessuto (unipotenti),
alcuni tessuti (pluripotenti o multipotenti) e, come detto
prima, tutti i tessuti (totipotenti)
24
Le cellule staminali hanno due proprietà fondamentali:
1) Capacità di auto-rinnovamento illimitato (possono riprodursi
a lungo senza differenziarsi)
2) Capacità di dare origine a cellule progenitrici dalle quali
discendono popolazioni di cellule altamente differenziate.
Cellula staminale pluripotente: Cellula capace di
dare origine a più popolazioni cellulari, in generale a
tutte quelle di un tessuto (ad esempio, tutte quelle del
midollo osseo, o tutte quelle dell'epitelio mucoso
intestinale, sia nelle ghiandole sia sulla superficie).
Cellula staminale totipotente: Cellula capace di dare
origine a tutte le popolazioni cellulari dell'organismo.
Tali sono le cellule all'interno della morula o della
blastocisti, cioè di stadi precoci dello sviluppo
embrionale (prima settimana di sviluppo dell'uomo).
25
Divisione cellulare e ciclo delle cellule staminali.
Ad ogni suddivisione la cellula staminale produce altre
due cellule: una specializzata ed un'altra staminale.
La presenza di una cellula non differenziata garantisce,
nel corso del tempo, la possibilità di riparazione del
tessuto a cui cellula appartiene. In un muscolo, ad
esempio, la presenza di cellule staminali garantisce il
ricambio cellulare qualora le cellule muscolari fossero
diventate troppo vecchie o comunque incapaci di
riprodursi.
Per questo motivo non tutti i tessuti, e di conseguenza gli
organismi, hanno eguale capacità di auto-ripararsi. Il
fegato, ad esempio, subito dopo una lesione è capace di
auto-generarsi mentre il cervello no.
Un ictus può risultare incurabile se ha gravemente
danneggiato le cellule cerebrali.
26
Questo potrebbe accadere perché la capacità delle
cellule staminali di creare nuove cellule per sostituire
quelle danneggiate non è uguale tra tutti i tessuti e,
quasi sicuramente, va a rallentare con il procedere
degli anni.
Le cellule staminali, in virtù di questa loro caratteristica,
si definiscono labili quando non operano più nella
costruzione di nuove cellule, stabili quando operano
seppure in maniera ridotta e perenni quando non
cessano mai la loro attività di sostituzione/creazione di
cellule.
Origine delle cellule staminali e presenza nel corpo
umano.
La principale fonte, per la ricerca, di cellule staminali può
essere individuata nell’embrione.
E’ li che si annidano molte cellule staminali totipotenti,
capaci cioé di proliferare tutti i tipi di tessuto, con un
grande grado di divisibilità.
27
Fonti per l’ottenimento di Cellule Staminali Embrionali:
-Embrioni congelati (stadio di blastocisti)
-Aborti terapeutici (V-IX settimana di gestazione)
-Liquido amniotico (prelevato attorno alla XVI-XVII settimana)
Il cordone ombelicale, subito dopo il parto, presenta una
buona quantità di cellule staminali considerate i
precursori degli elementi componenti il sangue.
Se le cellule staminali del cordone ombelicale possano
servire alla generazione di altri tessuti questo è tuttora
in fase di studio.
Negli adulti vi è la presenza di alcune cellule staminali che
servono per la rigenerazione di tessuti danneggiati (fegato,
pancreas, muscolo, midollo).
La ricerca è giunta alla promettente conclusione che le
cellule staminali adulte, pur non essendo totipotenti, se
opportunamente guidate possono dividersi in cellule del
tessuto di appartenenza e cellule di alcuni tipi di tessuto
totalmente opposti (indicate quindi come multipotenti).
28
Cellule
staminali
autologhe
ed
eterologhe.
A seconda della provenienza, e del successivo utilizzo,
le cellule staminali si definiscono autologhe ed
eterologhe.
Una cellula staminale autologa è una cellula prelevata da
un animale (quale l’uomo) e successivamente impiantata
sullo stesso come in un auto-trapianto.
Le cellule eterologhe, invece, sono rappresentate dalle
cellule prelevate da un animale e impiantate su un altro.
Cosa induce una cellula staminale o un progenitore a
scegliere come differenziarsi?
programma genetico intrinseco
stimoli ambientali
STUDI in vitro:
‘potenziali’ attributi di una cellula staminale
in vivo LA CELLULA SARA’ IN GRADO DI
DIFFERENZIARSI IN TUTTI I TIPI CELLULARI
OTTENUTI in vitro ?
Esperimenti di trapianto di cellule
3 variabili:
-L’origine delle cellule trapiantate
-il sito in cui avviene il trapianto (area specifica in cui si effettua il trapianto)
-il momento dello sviluppo in cui avviene il trapianto
(embrionale, postnatale, adulto)
29
I RISULTATI OTTENUTI, PUR CON UNA GRANDE ETEROGENEITA’
DI RISPOSTA, SEMBRANO INDICARE L’IMPORTANZA
DETERMINANTE
DEI FATTORI AMBIENTALI SULLA SCELTA DEL FENOTIPO FINALE
30
Scarica

Programma Biochimica