Programma Biochimica applicata Principi generali studi in vivo studi in vitro Soluzioni fisiologiche soluzioni tampone terreni per microbiologia terreni per cellule animali Colture di cellule e tessuti colture microbiche colture di cellule animali separazione di cellule conteggio delle cellule conservazione delle cellule tramite congelamento collezioni di colture cellulari Tecniche di Biologia Molecolare introduzione: struttura degli acidi nucleici isolamento degli acidi nucleici elettroforesi su gel di agarosio enzimi utilizzati in biologia molecolare: endonucleasi di restrizione, ligasi vettori di clonaggio e di espressione sequenziamento del DNA isolamento di sequenze specifiche di acidi nucleici: retrotrascrizione, librerie di cDNA e di DNA genomico PCR, Real-Time PCR espressione e silenziamento di geni mutagenesi applicazioni della biologia molecolare promotori e geni reporter sistemi di trasfezione di linee cellulari di mammifero, espressione transiente e stabile, iRNA Le proteine purificazione delle proteine estrazione delle proteine tecniche di frazionamento Tecniche elettroforetiche principi generali elettroforesi di proteine elettroforesi di acidi nucleici Metodi di studio delle interazioni proteina-proteina Sistema del doppio ibrido Pull-down DuoLink Co-IP Metodi di studio delle interazioni DNA-proteina EMSA ChIP Microarray Principi di proteomica Elementi di bioinformatica banche dati di DNA e proteine comparazione di sequenze e analisi della similitudine 1 TESTI CONSIGLIATI: Metodologia biochimica / Wilson K. Walker J. Raffaello Cortina ed. Ingegneria genetica / Primrose S. ed. Zanichelli Metodologie di base per la Biochimica e la Biotecnologia/ Ninfa/Ballou ed. Zanichelli Metodologie Biochimiche/ Bonaccorsi di Patti M.C., Contestabile R., Di Salvo M.L.; Casa Editrice Ambrosiana Lezioni su internet http://farmacia.unich.it Æ gruppi di ricerca Æ biochimica Æ biochimica applicata-CTF Biochimica applicata Principi generali La biochimica è una disciplina interessata all’avanzamento della conoscenza delle relazioni tra struttura e funzione sia a livello molecolare che subcellulare. Il corso di Biochimica Applicata si propone di fornire le conoscenze di base sulle principali tecniche utilizzate nell'indagine delle macromolecole biologiche Nella ricerca biochimica è possibile utilizzare sistemi modello diversi: le tecniche in vivo e in vitro. 2 Gli studi in vivo si applicano ad organismi pluricellulari (animali o piante interi o organi isolati perfusi con le sostanze nutrienti). Vengono utilizzati essenzialmente per le ricerche mediche e cliniche, veterinarie ed agricole, nella produzione di vaccini, anticorpi, ormoni, per saggiare l’efficacia di farmaci, pesticidi,… e nelle ricerche tossicologiche. Molte delle ricerche sugli animali studiano il metabolismo di sostanze estranee e la possibilità di estrapolare i risultati ottenuti a livello umano è un requisito essenziale per la sperimentazione clinica. Gli animali maggiormente utilizzati sono topi, ratti, porcellini d’India per il loro basso costo e la facile utilizzabilità, ma anche conigli, gatti, cani, scimmie e babbuini sono spesso impiegati. Gli animali sono allevati specificatamente per scopi sperimentali e vengono selezionati accuratamente per età, sesso, stato nutrizionale, razza per minimizzare la variabilità degli esperimenti. Quando vengono analizzate le risposte metaboliche a xenobiotici, i risultati ottenuti devono essere comparati con un gruppo di animali di controllo trattati con un placebo. 3 Il costo e l’etica della sperimentazione su animali interi inducono ad aumentare i tentativi diretti alla ricerca di metodi alternativi all’uso di animali interi e a ridurre il numero di animali usandoli solo per sperimentazioni essenziali. La strategia principalmente applicata è basata sull’utilizzo di modelli in vitro. 4 I metodi in vitro richiedono l’incubazione di materiali biologici (preparazioni enzimatiche, organuli isolati, microrganismi intatti, cellule di animali o piante) in ambienti fisicamente e chimicamente artificiali. Le condizioni vengono scelte in modo da avere un limitato grado di crescita, differenziazione e sviluppo, come nelle colture di cellule, tessuti o organi di animali o piante. Il vantaggio dei metodi di coltura delle cellule è che minimizzano le interferenze dovute a cellule diverse adiacenti. Una critica generale rivolta alle ricerche in vitro è che poi l’estrapolazione dei risultati alla situazione in vivo non sia corretta. Gli organismi modello I meccanismi molecolari fondamentali della replicazione del DNA, della trascrizione dell’RNA, della traduzione e della regolazione genica, sono stati determinati per la prima volta nel batteriofago λ e nell’E.coli. Questi primi studi hanno fornito le fondamenta della comprensione dei processi più complessi degli eucarioti. Tra gli organismi modello ricordiamo: I lieviti (Saccharomyces cerevisiae), il moscerino della frutta (Drosophila melanogaster), il pesce zebra (Danio rerio), il topo (Mus musculus) e la rana (Xenopus laevis). 5 Gli organismi modello hanno alcune caratteristiche: sono poco costosi, facili da propagare, economici da allevare, hanno periodi di gestazione brevi, producono una progenie numerosa e sono facili da manipolare in laboratorio. Alcuni hanno il vantaggio ulteriore di avere un genoma relativamente piccolo e poco complicato. Ciascun organismo modello è adatto in modo specifico, come modello semplificato, allo studio di particolari aspetti complessi della biologia. La struttura della cellula e il DNA La cellula è l'unità funzionale più piccola degli esseri viventi. Per funzionalità si intende la capacità di autoreplicarsi e provvedere al proprio nutrimento. La cellula, in genere, interagisce con le altre strutture a lei contigue servendosi di un complesso sistema di membrane e reazioni chimiche. La dimensione della cellula è, di norma, sufficientemente grande da poter essere visibile al microscopio ottico (dove si potranno distinguere le membrane, il nucleo), mentre per osservare le microstrutture si necessita del microscopio elettronico. 6 Ogni cellula è delimitata spazialmente da una membrana esterna, la membrana cellulare, che ha molteplici funzioni: -separare il contenuto della cellula dall'ambiente esterno -regolare i flussi di sostanze in entrata e in uscita dalla cellula grazie alla sua permeabilità selettiva -Riconoscere determinate sostanze (recettori) -Fornire un punto di ancoraggio per il citoscheletro -Permettere la mobilità di particolari cellule -Proteggere la cellula e gli organelli. Le membrane cellulari sono costituite da lipidi (fosfolipidi e colesterolo) Proteine (canali, recettori, enzimi, ancoraggi del citoscheletro) Glucidi (glicolipidi e glicoproteine) 7 All'esterno della membrana cellulare, le cellule di vari organismi (batteri, vegetali, funghi) sono ulteriormente delimitate dalla cosiddetta parete cellulare (composta prevalentemente da peptidoglicano), che svolge una funzione essenzialmente strutturale. All'interno della cellula vi è il citoplasma, una sostanza fluida (ad elevato contenuto d'acqua) che contiene una varietà di molecole e di strutture specializzate dette organelli. Eucariote e procariote Presenza (Eucariote) o meno (Procariote) nel citoplasma di: Strutture specializzate (organelli) Nucleo definito contenente il DNA Le caratteristiche ereditate vengono trasmesse come unità discrete - dette geni - che si distribuiscono secondo determinate regole da una generazione all'altra. I geni degli organismi eucarioti sono localizzati nei cromosomi, strutture complesse formate da proteine e DNA. 8 Il DNA ha una struttura simile a una scala a pioli avvolta a spirale. I montanti della scala sono formati da un'alternanza di molecole di zucchero (desossiribosio) e di fosfato, mentre i pioli sono costituiti da quattro basi azotate: adenina (A), citosina (C), guanina (G), timina (T). L'insieme di una base e dell'unità zucchero-fosfato si chiama nucleotide. Il DNA è quindi una catena di nucleotidi. La sequenza di tre nucleotidi o tripletta, nella molecola del DNA, rappresenta il codice genetico in quanto ogni tripletta codifica la sintesi di un determinato amminoacido. Virus e batteriofagi. Struttura generale e meccanismi di infezione virale. I virus, conosciuti anche come batteriofagi o fagi, sono i rappresentanti più semplici di tutta la sostanza vivente. Sono totalmente incapaci di avere vita autonoma e per poter sopravvivere necessitano di essere ospitati in altre cellule. Le cellule ospiti (quelle che vengono attaccate dal virus) sono usate per i processi metabolici e di riproduzione. I meccanismi di attacco virale sono per lo più conosciuti e si possono schematizzare in tre fasi durante le quali il virus inietta il proprio acido nucleico nella cellula ospite. 9 Fase #1 Nella prima fase il virus si salda alla parete della cellula ospite per mezzo delle placche e delle fibre caudali. Fase #2 Dopo essersi saldamente fissato alla parete delle cellula ospite il virus ne digerisce un breve tratto liberando gli enzimi litici (o enzimi di lisi) spesso mediante l'enzima lisozima. La molecola di DNA o RNA comincia a penetrere lungo la parete della cellula ospite Fase #3 Gli enzimi litici continuano il loro lavoro di demolizione della parete. Appena si è creata una fessura lungo tutta la parete della cellula ospite il DNA o RNA virale è libero di confluire nella cellula da infettare. Una volta all'interno della cellula il capside (guscio di rivestimento del virus) viene rimosso e l'acido virale si moltiplica e codifica le proteine mediante l'apparato metabolico della cellula infettata I virus sono privi di tutte le strutture caratteristiche della cellula, non possiedono citoplasma e nucleo e non possono essere classificati come cellule poichè mancano di propria vitalità. I virus sono costituiti da un involucro proteico chiamato capside che contiene al proprio interno l'acido nucleico. L'acido nucleico presente all'interno del virus può essere di un solo tipo: acido desossiribonucleico (DNA) o acido ribonucleico (RNA) 10 Batteri (procarioti). Struttura generale. I batteri possono essere considerati delle vere e proprie cellule in quanto sono capaci di riprodursi autonomamente. A prova di ciò basta osservare le colture in vitro di colonie batteriche: ogni singola cellula, in opportune condizioni, può replicarsi in maniera indefinita. All'interno dei batteri sono presenti tutti e due tipi di acido nucleico (DNA e RNA) mentre manca una membrana limitante tra apparato cromosomico e restante citoplasma. Protoplasma batterico. Mediante il microscopio elettronico è possibile riconoscere all'interno del batterio (nella regione protoplasmatica) il nucleoide che contiene il cromosoma batterico, formato da una sola molecola circolare di DNA. Il protoplasma contiene numerose particelle chiamate ribosomi, che possono unirsi in gruppi chiamati poliribosomi o polisomi. Eucarioti. La cellula eucariote è il tipo di cellula in assoluto più complesso. E' possibile suddividerla in due grandi regioni: la regione nucleare (che contiene il nucleo) e la regione citoplasmatica (che contiene il citoplasma). A loro volta nucleo e citoplasma contengono ulteriori complessi, molto spesso differenziati, per espletare le funzioni specifiche. 11 Il nucleo è separato dal restante citoplasma da una membrana nucleare che è provvista di minuscoli pori (pori nucleari) per lo scambio di sostanze. All'interno del nucleo troviamo i cromosomi e la cromatina (costituente primario dei cromosomi); i cromosomi contengono il DNA e sono i portatori dei caratteri ereditari (i geni) Esterno al nucleo è il citoplasma, delimitato dalle restanti cellule dalla membrana plasmatica. La traduzione di un gene e lo splicing del trascritto primario avvengono nel nucleo. L’mRNA maturo lascia il nucleo e raggiunge il reticolo endoplasmatico rugoso che contiene i ribosomi, capaci di trasformare l’informazione contenuta nell’mRNA in proteina. In genere le porzioni di mRNA processate con lo splicing vengono distrutte nel nucleo. In alcuni casi, tuttavia, le porzioni introniche dell’mRNA migrano nel nucleolo dove sono utilizzate per la costruzione dei ribosomi. 12 Soluzioni tampone Gli organismi e le cellule , in genere, possono resistere ad ampie variazioni di pH dell’ambiente esterno. I processi cellulari, al contrario, sono sensibili ai cambiamenti di pH e avvengono in un medium il cui pH è rigidamente controllato. La massima parte dei processi cellulari avviene ad un pH circa neutro. Un cambiamento di pH può alterare la distribuzione di un composto o uno ione attraverso una membrana. Gli studi in vitro richiedono l’utilizzo di sistemi tampone con determinati requisiti: 1) possedere una buona nell’intervallo di pH richiesto capacità tamponante 2) essere facilmente disponibile 3) essere enzimaticamente stabile 4) non essere tossico 5) possedere un valore di pH poco influenzabile dalla concentrazione, temperatura composizione del mezzo 13 Terreni per microbiologia: i terreni si differenziano in base al tipo di microrganismo che si vuole mantenere in coltura. Un terreno minimo, tipicamente, deve contenere una miscela di sali di Na+, K+, Ca2+, Mg2+, NH4+, Cl-, HPO42-, SO42- e una fonte di carbonio non complessa come ad esempio il glucosio. Sostanze organiche complesse possono essere aggiunte quando le richieste nutrizionali non sono ben definite o per accelerare la velocità di crescita. Colture miste La popolazione microbica presente ambiente è grande e complessa. nel nostro Molte differenti specie microbiche abitano normalmente varie parti del nostro corpo (orale, intestinale, cutanea) ed in modo analogo il nostro ambiente (aria, suolo, acqua). Colture pure Una coltura pura è costituita da una popolazione di cellule derivate tutte da un’ un’unica cellula madre. Essa rappresenta una condizione artificiale per l’accrescimento dei batteri ed è una condizione imposta da manipolazioni di laboratorio. 14 Una condizione per poter studiare i microrganismi è poterli coltivare nelle condizioni di laboratorio. Per questo scopo si devono conoscere quali sostanze nutritizie e quali condizioni fisiche essi richiedono. Tali informazioni hanno consentito di sviluppare numerosi terreni o mezzi per la loro coltura. Preparazione dei terreni Dissoluzione degli ingredienti in volume di H2O. Determinazione del pH ed eventuale correzione. Distribuzione in contenitori idonei. Sterilizzazione. L’agar, un agente gelificante, può essere aggiunto per solidificare il medium e per facilitare la crescita in superficie dei microrganismi. I terreni, solitamente, vengono acquistati già pronti all’uso oppure sotto forma di polveri che vengono portate in soluzione e sterilizzate in autoclave o tramite filtrazione laddove non si possa ricorrere all’autoclave. 15 Componenti principali dell’ dell’agar: agarosio, agarosio, al 70%; agaropectina, agaropectina, al 30%. L’Agar non svolge altre funzioni nel terreno che non sia quella solidificante: non presenta perciò alcuna caratteristica nutritiva per i batteri. 16 Terreni per cellule animali il controllo dello scambio gassoso e del pH sono fattori critici per il mantenimento a lungo termine di colture cellulari. Il terreno tamponato con 30mM di bicarbonato deve essere mantenuto in aria contenente il 5% (v/v) di CO2 per mantenere un pH compreso tra 7.5 e 7.3. Si aggiunge di solito il colorante rosso fenolo, di colore rosso arancio a pH 7.5, per rivelare il corretto pH. La concentrazione degli ioni Calcio è fondamentale per la crescita delle cellule dipendenti dall’ancoraggio. Altri composti tipicamente aggiunti sono le vitamine, le fonti di carbonio (glucosio), gli amminoacidi e le proteine. Le proteine possono includere il plasma o il siero. Il siero, la cui composizione non è sempre ben determinata, contiene importanti fattori di crescita (IGF, EGF,…) essenziali per la crescita a lungo termine delle cellule prelevate da tessuti differenziati. L’uso di terreni privi di siero (SFM) è importante per mantenere cellule indifferenziate, per valutare l’effetto di ormoni e di fattori di crescita sulla differenziazione cellulare. Antibiotici attivi contro contaminazioni microbiologiche possono venir aggiunti, dopo sterilizzazione per filtrazione, e vengono considerati attivi per circa 5 giorni a 37°C. La maggioranza dei terreni per colture cellulari viene acquistata in forma liquida , conservata refrigerata e aperta in condizioni di sterilità. 17 Microscopia Il diametro di una tipica cellula animale va da 10 a 20 μm ed è quindi invisibile ad occhio. Le cellule inoltre sono di solito translucide e incolori. La scoperta delle loro caratteristiche interne, quindi, si basò sulla disponibilità di buoni microscopi e sull’elaborazione di una serie di coloranti che le rendessero visibili esaltandone il contrasto. Microscopia ottica. Non è possibile utilizzare radiazioni di una data lunghezza d’onda per esaminare particolari strutturali molto inferiori alla stessa lunghezza d’onda. Il limite di risoluzione dei microscopi ottici deriva dalla lunghezza d’onda della luce visibile, che va da 0.4 μm per il violetto a 0.7 μm per il rosso. 18 In condizioni ottimali è possibile ottenere teoricamente in microscopia ottica un limite di risoluzione di 0.2 μm. Anche se si utilizzano lenti che permettono un maggiore ingrandimento, l’immagine non è nitida perché si va oltre il potere risolutivo La distanza limite alla quale è possibile vedere distintamente due oggetti, il cosiddetto limite di risoluzione, dipende sia dalla lunghezza d’onda della luce adoperata sia dall’apertura numerica del sistema di lenti. La risoluzione del microscopio dipende dall’ampiezza del cono di illuminazione e, dunque, dalle lenti del condensatore e dell’obiettivo. La lente del condensatore focalizza un cono di raggi luminosi su ciascun punto del campione. La lente dell’obiettivo raccoglie un cono di raggi luminosi per formare un’immagine. 19 PREPARAZIONE CAMPIONI: 1. FISSAZIONE CON ALCOOL O FORMALDEIDE (DISIDRATAZIONE) (in alternativa, congelamento) 2. INCLUSIONE IN PARAFFINA 3. FORMAZIONE DI SEZIONI SOTTILI AL MICROTOMO Per realizzare un preparato che si possa osservare al microscopio, occorre prima trattare le cellule con un fissante per immobilizzarle, ucciderle e conservarle. La fissazione è un procedimento che rende le cellule permeabili ai reagenti coloranti e stabilisce legami trasversali tra le macromolecole. I primi protocolli prevedevano l’immersione in acidi o solventi organici come l’alcol; oggi si impiegano le aldeidi (formaldeide o glutaraldeide). Anche dopo il fissaggio i tessuti sono di solito teneri e fragili e prima di sezionarli occorre incorporarli in un mezzo di supporto. I materiali utilizzati per questo scopo sono cere o resine. In forma liquida questi materiali permeano e circondano il tessuto fissato, dopo di che li si può indurire (tramite raffreddamento o per polimerizzazione) ottenendo un blocco solido facilmente sezionabile con un microtomo. Qualsiasi trattamento di fissaggio e di incorporazione può alterare la struttura della cellula o le molecole che la costituiscono. Un metodo alternativo consiste nel congelamento veloce che rende inutile il fissaggio e l’incorporazione 20 Il tessuto congelato si può sezionare direttamente per mezzo del criostato. Le sezioni congelate conservano la struttura nativa delle singole molecole ma i cristalli di ghiaccio compromettono la struttura della cellula. Dopo il fissaggio i tessuti vengono di solito tagliati in sezioni sottilissime con un microtomo che consente di ottenere sezioni spesse da 1 a 10 mm. Allo stato naturale le cellule riescono invisibili al microscopio ottico ordinario. Per renderle visibili occorre colorarle. I coloranti impiegati si legano in maniera preferenziale a determinate regioni della cellula (per esempio il nucleo o i mitocondri) rendendo così chiaramente visibili queste strutture interne. 21 La maggior parte delle macromolecole è presente nella cellula in un numero relativamente piccolo di esemplari: è impossibile perciò rilevarle con una colorazione classica. Una soluzione consiste nell’utilizzare composti fluorescenti. Questi composti legano la struttura o molecola che si vuole evidenziare e, colpiti da un raggio di un’appropriata lunghezza d’onda, emettono una radiazione caratteristica. 22 I microscopi a fluorescenza sono capaci di rilevare le sostanze fluorescenti utilizzate per colorare le cellule. Tali microscopi sono molto simili al microscopio ordinario, salvo che la luce per illuminare il campione, tratta da una sorgente molto potente, attraversa due insiemi di filtri: uno per intercettarla prima che raggiunga il campione e uno per filtrarla dopo che lo ha abbandonato. Il primo filtro serve a selezionare le lunghezze d’onda idonee ad eccitare la particolare sostanza fluorescente, il secondo a bloccare queste ultime, selezionando quelle emesse per fluorescenza. DAPI is excited with UV light. When bound to doublestranded DNA its absorption maximum is at 358 nm and its emission maximum is at 461 nm 23 Cellule staminali. La cellula staminale è una particolare cellula “non programmata” o non specializzata capace di dividersi in altre cellule specializzate. DEFINIZIONE: le cellule staminali sono cellule che possono essere coltivate o riprodotte, ma che possono anche generare cellule adulte di differente progenie, cioè di tessuti diversi (New Engl J Med 2002; 346: 1576) La cellula staminale può essere immaginata come una entità cellulare dalla quale possono nascere, indifferentemente, cellule altamente specializzate, come le cellule neurali, muscolari, ossee e via dicendo. Le cellule normali non permettono questo poiché il risultato delle loro divisioni è sempre simile alla cellula originaria; una cellula muscolare, ad esempio, dividendosi può formare altre cellule muscolari ma non di altro tipo. La cellula staminale, invece, può dividersi in tutte le altre cellule specializzate. La proprietà di divisione e di trasformazione in altre cellule dissimili dall’originale prende il nome di transdifferenziamento. Nella categoria di cellule staminali vanno anche inserite le cellule capaci di originare un solo tessuto (unipotenti), alcuni tessuti (pluripotenti o multipotenti) e, come detto prima, tutti i tessuti (totipotenti) 24 Le cellule staminali hanno due proprietà fondamentali: 1) Capacità di auto-rinnovamento illimitato (possono riprodursi a lungo senza differenziarsi) 2) Capacità di dare origine a cellule progenitrici dalle quali discendono popolazioni di cellule altamente differenziate. Cellula staminale pluripotente: Cellula capace di dare origine a più popolazioni cellulari, in generale a tutte quelle di un tessuto (ad esempio, tutte quelle del midollo osseo, o tutte quelle dell'epitelio mucoso intestinale, sia nelle ghiandole sia sulla superficie). Cellula staminale totipotente: Cellula capace di dare origine a tutte le popolazioni cellulari dell'organismo. Tali sono le cellule all'interno della morula o della blastocisti, cioè di stadi precoci dello sviluppo embrionale (prima settimana di sviluppo dell'uomo). 25 Divisione cellulare e ciclo delle cellule staminali. Ad ogni suddivisione la cellula staminale produce altre due cellule: una specializzata ed un'altra staminale. La presenza di una cellula non differenziata garantisce, nel corso del tempo, la possibilità di riparazione del tessuto a cui cellula appartiene. In un muscolo, ad esempio, la presenza di cellule staminali garantisce il ricambio cellulare qualora le cellule muscolari fossero diventate troppo vecchie o comunque incapaci di riprodursi. Per questo motivo non tutti i tessuti, e di conseguenza gli organismi, hanno eguale capacità di auto-ripararsi. Il fegato, ad esempio, subito dopo una lesione è capace di auto-generarsi mentre il cervello no. Un ictus può risultare incurabile se ha gravemente danneggiato le cellule cerebrali. 26 Questo potrebbe accadere perché la capacità delle cellule staminali di creare nuove cellule per sostituire quelle danneggiate non è uguale tra tutti i tessuti e, quasi sicuramente, va a rallentare con il procedere degli anni. Le cellule staminali, in virtù di questa loro caratteristica, si definiscono labili quando non operano più nella costruzione di nuove cellule, stabili quando operano seppure in maniera ridotta e perenni quando non cessano mai la loro attività di sostituzione/creazione di cellule. Origine delle cellule staminali e presenza nel corpo umano. La principale fonte, per la ricerca, di cellule staminali può essere individuata nell’embrione. E’ li che si annidano molte cellule staminali totipotenti, capaci cioé di proliferare tutti i tipi di tessuto, con un grande grado di divisibilità. 27 Fonti per l’ottenimento di Cellule Staminali Embrionali: -Embrioni congelati (stadio di blastocisti) -Aborti terapeutici (V-IX settimana di gestazione) -Liquido amniotico (prelevato attorno alla XVI-XVII settimana) Il cordone ombelicale, subito dopo il parto, presenta una buona quantità di cellule staminali considerate i precursori degli elementi componenti il sangue. Se le cellule staminali del cordone ombelicale possano servire alla generazione di altri tessuti questo è tuttora in fase di studio. Negli adulti vi è la presenza di alcune cellule staminali che servono per la rigenerazione di tessuti danneggiati (fegato, pancreas, muscolo, midollo). La ricerca è giunta alla promettente conclusione che le cellule staminali adulte, pur non essendo totipotenti, se opportunamente guidate possono dividersi in cellule del tessuto di appartenenza e cellule di alcuni tipi di tessuto totalmente opposti (indicate quindi come multipotenti). 28 Cellule staminali autologhe ed eterologhe. A seconda della provenienza, e del successivo utilizzo, le cellule staminali si definiscono autologhe ed eterologhe. Una cellula staminale autologa è una cellula prelevata da un animale (quale l’uomo) e successivamente impiantata sullo stesso come in un auto-trapianto. Le cellule eterologhe, invece, sono rappresentate dalle cellule prelevate da un animale e impiantate su un altro. Cosa induce una cellula staminale o un progenitore a scegliere come differenziarsi? programma genetico intrinseco stimoli ambientali STUDI in vitro: ‘potenziali’ attributi di una cellula staminale in vivo LA CELLULA SARA’ IN GRADO DI DIFFERENZIARSI IN TUTTI I TIPI CELLULARI OTTENUTI in vitro ? Esperimenti di trapianto di cellule 3 variabili: -L’origine delle cellule trapiantate -il sito in cui avviene il trapianto (area specifica in cui si effettua il trapianto) -il momento dello sviluppo in cui avviene il trapianto (embrionale, postnatale, adulto) 29 I RISULTATI OTTENUTI, PUR CON UNA GRANDE ETEROGENEITA’ DI RISPOSTA, SEMBRANO INDICARE L’IMPORTANZA DETERMINANTE DEI FATTORI AMBIENTALI SULLA SCELTA DEL FENOTIPO FINALE 30