Dove Corre il Mondo? Una Questione di Cultura: Le Regole Cognitive della Percezione di Spazio e Movimento In-Mind Italia 1I, 19–23 http://it.in-mind.org ISSN 2240-2454 Susanna Timeo, Anne Maass, e Caterina Suitner Università degli Studi di Padova Keywords percezione, spazio, cultura, stereotipi di genere, agency Lo spazio fisico è il contenitore che rende possibili e, allo stesso tempo, vincola tutte le nostre azioni, ma, come disse Hoffmann (1981), “solo i pesci non sanno che è acqua quella in cui nuotano” (pp. 16-17). La dimensione spaziale spesso resta fuori dalla nostra consapevolezza, ma questo non significa che i riferimenti spaziali non siano elaborati dal nostro cervello. La teoria dell’embodiment (Barsalou, 1999), per prima, ha studiato sistematicamente come il contesto fisico influenzi l’elaborazione cognitiva; infatti, il mondo che conosciamo è quello in cui viviamo, dove le forze fisiche e le caratteristiche degli oggetti ci permettono di compiere alcune azioni, per esempio arrampicarci su di un albero, mentre ce ne vietano altre, come spiccare il volo. La mente si rapporta sistematicamente con queste regole spaziali e ne tiene conto nelle sue elaborazioni. Quando guidiamo per recarci al supermercato il nostro cervello deve considerare la forza di accelerazione o la forza centrifuga, come anche la direzione da prendere, ma a noi sembra una cosa naturale e scontata; la mente, quindi, è intrinsecamente legata al particolare contesto fisico e, se ci trovassimo improvvisamente nello spazio, senza gravità, resteremmo spaesati. Allo stesso modo le relazioni spaziali entrano in gioco in altri campi della cognizione ed influenzano anche le rappresentazioni mentali che abbiamo del mondo e dei concetti astratti (Chatterjee, Maher, & Heilman, 1995; Meier, Hauser, Robinson, Kelland Friesen, & Schjeldahl, 2007; Schubert, 2005). Meier e i suoi collaboratori (2007) hanno mostrato che il concetto di Dio è immaginato in alto nello spazio. Questo risultato non è strano se pensiamo che Dio viene usualmente collocato in cielo, il luogo più alto per eccellenza; se dovessimo scrivere il suo nome su un foglio, quindi, lo porremmo di sicuro nella parte superiore. Lo stesso accade per altri concetti astratti come quello del potere, per cui riconosciamo più velocemente Fig. 1. Esempio di finestra relativa alla matrice dei dati del programma statistico SPSS in lingua ebraica. parole o immagini riferiti ai potenti se presentati in alto, mentre il contrario si verifica per parole o immagini riferiti a persone o gruppi di basso potere (Schubert, 2005). In questo articolo concentreremo l’attenzione su un particolare fenomeno spaziale, lo spatial agency bias. Questo bias si riferisce alle differenze nella dimensione orizzontale dello spazio e, come vedremo, è associato a diverse attribuzioni di agency, la caratteristica dell’essere agente. Inoltre, capiremo come questo fenomeno possa influenzare il nostro giudizio e sia in relazione con gli stereotipi sociali, nel particolare quelli di genere. Destra o sinistra? Una dimensione importante nella vita di tutti i giorni è quella orizzontale; vediamo persone stringersi la mano, treni che arrivano o partono e guardiamo film di azione, Corrispondenza: Susanna Timeo Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione Università degli Studi di Padova,Via Venezia, 8 35139, Padova, Italy. E-mail: [email protected] 20 dove il protagonista di turno sfreccia a tutta velocità sulla sua auto. Come interpretiamo queste scene e, sopratutto, esistono differenze tra il lato destro ed il lato sinistro di un’immagine? Inoltre, in che direzione si svolge un movimento? Ovviamente le azioni hanno luogo in ogni direzione, ma immaginate, ad esempio, la scena di un cane che corre; che traiettoria segue nella vostra mente? Gli studi (Chatterjee et al., 1995; Maass, Pagani, & Berta, 2007) ci dicono che, per noi occidentali, il mondo si muove preferibilmente da sinistra verso destra. Se non ne siete convinti provate ad osservare queste immagini (Fig. 1 e Fig. 2): Timeo, Maass & Suitner strate le azioni in direzione sinistra-destra mentre all’altra metà azioni in direzione destra-sinistra. Sono stati chiesti, successivamente, dei giudizi sui filmati osservati, riguardanti la velocità, la forza e la bellezza dell’azione: i risultati indicavano che i goal in direzione sinistradestra avevano ottenuto punteggi più alti in tutte e tre le dimensioni, rispetto agli stessi goal visti in direzione opposta, da destra a sinistra. Ma i dati si capovolgevano per i partecipanti arabi. Questi risultati dimostrano che l’influenza della scrittura va oltre il contesto linguistico e riesce a condizionare addirittura l’interpretazione di un’azione. È possibile, pertanto, che questo bias spaziale possa influenzare altre funzioni cognitive. I ricercatori stanno attualmente studiando gli effetti del fenomeno nel campo dell’attenzione e della memoria: se si chiede a delle persone di fare paragoni tra due immagini od oggetti è probabile, infatti, che ciò che è a sinistra venga preso come modello, divenendo lo standard di comparazione. Anche in altri casi, quindi, giudizi che appaiono totalmente razionali, come mettere a confronto due alternative, possono soffrire di un bias di posizione. La posizione dell’agente Fig. 2. Esempio di istogramma in lingua ebraica. Come vi appaiono? Non vi sembrano strane, storte? Non vi verrebbe voglia di capovolgerle? Ebbene queste immagini non sono sbagliate, appartengono solamente ad una diversa cultura, quella ebraica per la precisione. Alcuni studi (Maass & Russo, 2003; Maass, Suitner, Favaretto, & Cignacchi, 2009) hanno messo in luce, infatti, come la scrittura e la lettura siano responsabili delle nostre preferenze percettive di tipo visivo: per noi occidentali la lingua scritta scorre da sinistra a destra, e perciò prediligiamo questa direzione, mentre per altre culture (ad esempio arabe o israeliane) scorre da destra a sinistra. La scrittura è fondamentale nella società e noi siamo continuamente soggetti a stimoli linguistici: se pensiamo a quante volte leggiamo un libro, scriviamo una e-mail, o vediamo un cartellone pubblicitario ci rendiamo conto di quanto questo aspetto sia pervasivo nella nostra quotidianità. Per noi occidentali le parole scorrono verso destra e questo riferimento spaziale diviene un punto fondamentale, come il fatto che il cielo sta sopra le nostre teste. Tale fenomeno viene identificato come embodiment culturale, cioè un processo percettivo-motorio abituale e ripetuto, dovuto alla cultura di appartenenza, come nel caso della scrittura, che influenza le rappresentazioni mentali di eventi od oggetti. Nella nostra mente il movimento ideale, quindi, segue lo direzione della lingua scritta. Uno studio (Maass, Pagani, & Berta, 2007) ha mostrato ai partecipanti dei filmati di goal calcistici; a metà gruppo venivano mo- L’agency si riferisce alla capacità di agire attivamente sul mondo fisico e sociale. Quando due persone si relazionano, assumono spesso ruoli complementari rispetto a questa caratteristica; l’agente è colui il quale mette in atto un comportamento verso il ricevente, che assume un ruolo più passivo. Nel corso di un’interazione le due parti si scambiano spesso di ruolo; tuttavia, in un dato momento, è possibile indicare chi sta compiendo un’azione e chi, invece, la riceve o la subisce; per esempio, nella frase “Marco regala un gioiello a Rebecca” possiamo affermare che Marco è l’agente e Rebecca la ricevente. Il neuropsicologo Anjan Chatterjee (2002) ha scoperto che questi due ruoli sono legati a specifiche posizioni nello spazio. La sua intuizione è nata dall’osservazione di un paziente con danni neurologici; nello specifico, l’uomo era afasico, cioè aveva difficoltà nella produzione e nella comprensione linguistica ed utilizzava una strategia spaziale per comprendere le frasi. Se gli veniva chiesto di descrivere una scena, in cui un soggetto agiva su un oggetto, egli indicava quello posto a sinistra come l’agente e quello posto a destra come il ricevente, anche se l’azione si svolgeva chiaramente nella direzione opposta. Questo fenomeno fece pensare a Chatterjee di trovarsi di fronte ad un meccanismo primitivo spaziale e perciò condusse altri studi per testare la sua “ipotesi dell’agency.” Chiese a dei partecipanti, senza disfunzioni cerebrali, di rappresentare attraverso un disegno alcune frasi in cui erano presenti sia un agente (soggetto) che un ricevente (complemento oggetto), come “un cerchio spinge un triangolo” (Chatterjee et al., 1995). Anche Dove corre il mondo? Una questione di cultura in questo caso le persone posizionavano in maggioranza l’agente a sinistra e il ricevente a destra, confermando la presenza di uno spatial agency bias, cioè un bias spaziale legato all’agency. Chatterjee (2002) avanzò un’ipotesi di lateralizzazione emisferica, tuttavia oggi sappiamo che la lingua scritta è il fattore di maggior impatto (e anche Chatterjee si è convertito ad una interpretazione di tipo culturale). Oltre alla direzione di scrittura si sovrappone l’influenza di un’ulteriore costante linguistica: l’ordine delle componenti sintattiche del periodo. Nella maggior parte delle lingue, infatti, la disposizione degli elementi in una frase attiva prevede che il soggetto preceda l’oggetto: le lingue occidentali seguono solitamente l’ordine soggetto-verbo-oggetto e procedono verso destra, quindi l’agente si troverà alla sinistra del ricevente. Lingue come l’arabo, invece, procedono verso sinistra, ma comunque mantengono la precedenza del soggetto sull’oggetto; in questo caso, pertanto, l’agente sarà alla destra del ricevente. Pochissime lingue, come il Malagasy (parlata in Madagascar) hanno una disposizione sintattica tale per cui l’oggetto è posto prima del soggetto. Nell’esperimento di Chatterjee et al. (1995) i risultati più significativi si sono ottenuti, appunto, con le frasi attive, le quali presentavano la tipica struttura spaziale linguistica con l’ordine soggetto-verbo-oggetto e la rendevano accessibile ai partecipanti: in tal modo, le persone trovavano più immediata la rappresentazione con l’agente a sinistra. Prendendo in considerazione quanto detto finora, dobbiamo concludere che siamo irrimediabilmente condizionati, nelle percezioni, dalla direzione della nostra scrittura? In parte sì; tuttavia i ricercatori sembrano essere fiduciosi sulle possibilità di modificare questo bias attraverso le influenze prossimali del contesto. Infatti la scrittura è presente ogni giorno nella nostra vita e, pertanto, mantiene uno schema spaziale costantemente attivo nella mente; uno studio (Suitner, 2009) ha, però, dimostrato che un semplice esercizio di scrittura nella direzione opposta riesce a diminuire sensibilmente il bias, aprendo così le porte alla possibilità di tenere sotto controllo questo spostamento sistematico del giudizio. Si è visto, infine, che il bias agisce maggiormente in concomitanza con uno stile di elaborazione delle informazioni più astratto, mentre quando i termini diventano concreti e analitici ci sono minori effetti (Suitner & Giacomantonio, 2012); anche questi risultati indicano come il contesto immediato possa variare la forza del fenomeno. Pertanto, nel caso di un evento molto chiaro e concreto, la sola posizione spaziale non è un indizio molto rilevante; tuttavia, in situazioni astratte o di grande ambiguità, lo spatial agency bias può influenzare le opinioni e i giudizi delle persone, riguardo ciò che sta accadendo. Questo fatto risulta particolarmente importante perché è legato alla formazione e al mantenimento di convinzioni e stereotipi sociali. 21 Lo spatial agency bias e gli stereotipi sociali Lo spatial agency bias non indica solamente chi è l’agente della scena in un determinato momento, ma può essere anche associato all’agency intesa come tratto caratteristico di un individuo o di un gruppo sociale; in questa prospettiva è possibile categorizzare gli stimoli in base alla loro maggiore o minore capacità di azione sul contesto. Tipicamente, i gruppi sociali di genere (maschile e femminile) sono quelli che si differenziano maggiormente in base a questa caratteristica (Abele, 2003): i maschi vengono, infatti, immaginati come il gruppo agentic, mentre le femmine sembrano essere associate alla communion, intesa come la capacità di accogliere gli altri e di vivere in armonia col gruppo. Molte testimonianze di questa disparità di genere si possono ritrovare, ad esempio, in campo artistico, dove lo spatial agency bias è stato ampiamente studiato. Per primi McManus e Humphrey (1973) misero in evidenza il fenomeno, analizzando più di 1400 dipinti alla Galleria Nazionale dei Ritratti di Londra; essi scoprirono che, incompatibilmente con un effetto casuale, oltre il 60% dei soggetti ritratti, visti dalla prospettiva dell’osservatore, mostrava il lato sinistro del volto. Questi risultati sono in linea col modello dello spatial agency bias, assumendo che il pittore veda il suo soggetto come passivo, dato che quest’ultimo non si muove e si lascia solamente ritrarre; pertanto, l’orientamento più comune del volto è quello che corrisponde alla posizione del ricevente, con l’esposizione della guancia sinistra. Tuttavia diversi studi (Grüsser, Selke, & Zynda, 1988; Humphrey & McManus, 1973; McManus & Humphrey, 1973) hanno evidenziato che la tendenza è particolarmente accentuata quando il soggetto ritratto è una donna (68% delle donne con lato sinistro esposto contro il 56% degli uomini; vedi McManus & Humphrey, 1973). Questo fenomeno è probabilmente legato allo stereotipo che vede la donna come una figura più passiva, rispetto al maschio, il quale domina nella vita familiare e sociale; ovviamente questa prospettiva era più accentuata nel passato dove alla figura femminile venivano riconosciuti solo i ruoli di moglie e madre e gli uomini rivestivano quasi tutte le cariche pubbliche. Gli studi (Grüsser et al., 1988; Suitner & Maass, 2007) osservano, infatti, un progressivo livellamento del bias per i due gruppi, testimoniando un lento processo di parificazione sociale tra i sessi. Vista in quest’ottica, quindi, la posizione spaziale delle figure diventa una testimonianza delle credenze di chi le ritrae; partendo da questo assunto, una ricerca si è proposta di capire se le artiste donne avessero visioni differenti rispetto alla loro controparte maschile (Suitner & Maass, 2007). I risultati, infatti, dimostrano che le pittrici dipingono più frequentemente tutti i soggetti in posizione agentic (con la guancia destra esposta), Timeo, Maass & Suitner 22 ma, soprattutto, che dipingono maggiormente i soggetti femminili in questa posizione, rispetto ai pittori uomini. Un’altra ricerca (Maass, Suitner, Favaretto, & Cignacchi, 2009) ha, inoltre, indagato la relazione tra le credenze di agency attribuite ai soggetti maschili e femminili e il relativo posizionamento nello spazio. In un primo studio sono state analizzate rappresentazioni di tre coppie (uomo e donna) protagoniste di popolari programmi tv: gli Addams, i Flinstones e i Simpsons. Esse sono molto diverse fra loro in base al grado di stereotipo maschile e femminile che rappresentano; partendo dagli Addams, una coppia altamente stereotipata con l’uomo forte e virile e la donna esile e provocante, si arriva ai Simpsons, dove la moglie è colei che manda avanti la famiglia mentre il marito è un maldestro, passando per i Flinstones, che si collocano a metà strada. I risultati hanno dimostrato che il bias, con la donna raffigurata a destra, è presente solo per la coppia stereotipata degli Addams. Nella seconda parte dello studio, è stato chiesto a dei partecipanti di posizionare, in degli ipotetici scenari, delle squadre maschili e femminili, che si confrontavano in sfide sportive (pallavolo) o intellettuali (scacchi). Sono state, inoltre, indagate le percezioni dei partecipanti riguardo ai gruppi maschile e femminile; i risultati, anche in questo caso, mostravano che solo chi riteneva che le donne fossero il gruppo meno agentic le posizionava a destra. Conclusioni Abbiamo visto che la nostra esplorazione dello spazio non procede in maniera libera e casuale, ma viene influenzata da specifici schemi, guidati dalle nostre abitudini di lettura e scrittura. Perciò le nostre preferenze percettive ci fanno apparire più naturali e veloci i movimenti che vanno da sinistra a destra nel nostro campo visivo: questo fenomeno può avere numerose influenze sulla percezione degli oggetti che ci circondano e, ad esempio, a parità di prestazioni, potremmo preferire la pubblicità di un’automobile che sfreccia verso destra, perché ci appare più scattante. Un’altra scoperta altrettanto importante è la diversa attribuzione di agency a soggetti che si trovano, rispettivamente, a destra e a sinistra nel nostro campo visivo. Anche questo aspetto ha dei risvolti pragmatici di primo piano se pensiamo a tutti quei contesti in cui apparire attivi e capaci risulta una caratteristica vincente: possiamo pensare al linguaggio non verbale che deve mantenere un manager nelle sue dichiarazioni pubbliche o alla comunicazione dei leader politici negli incontri diplomatici. In definitiva, è importante prestare attenzione alle relazioni spaziali che intercorrono tra noi e le altre persone; esse sono, infatti, indizi sottili e spesso ignorati delle nostre relazioni sociali e, anche se finemente, possono aiutarci a costruire l’immagine che diamo di noi al mondo. Glossario Bias. è uno scostamento sistematico del giudizio. È chiamato anche errore di giudizio perché le valutazioni a cui conduce sono influenzate da processi cognitivi o conoscenze pregresse irrilevanti rispetto alla situazione (in questo caso, la direzione della scrittura). Embodied cognition. è una corrente psicologica (Barsalou, 1999) che asserisce che la mente e il pensiero sono modellati in base alla forma del corpo umano e alle costrizioni del mondo fisico. Lateralizzazione emisferica. specializzazione di uno dei due emisferi del cervello per uno specifico compito. Stereotipo sociale. credenza semplificata e condivisa su un gruppo sociale (ad es., “Gli italiani mangiano pizza e suonano il mandolino”). Riferimenti bibliografici Abele, A. E. (2003). The dynamics of masculine-agentic and feminine-communal traits: Findings from a prospective study. Journal of Personality and Social Psychology, 85, 768-776. Barsalou, L. W. (1999). Perceptual symbol systems. Behavioral and Brain Sciences, 22, 577-660. Chatterjee, A., Maher, L. M., & Heilman, K. M. (1995). Spatial characteristics of thematic role representation. Neuropsychologia, 33, 643-648. Chatterjee, A. (2002). Portrait profiles and the notion of agency. Empirical Studies of the Arts, 20, 33-41. 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Positioning bias in portraits and self-portraits: Do female artists make different choices? Empirical Studies of the Arts, 25, 71-95. Susanna Timeo è dottoranda presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università degli Studi di Padova. Tra i suoi interessi di ricerca ci sono la teoria dell’embodiment e lo sviluppo della mente sociale nei primi mesi di vita. Anne Maass è professore presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università degli Studi di Padova. Caterina Suitner è ricercatrice presso il Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università degli Studi di Padova.