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SABATO 12 NOVEMBRE 2011
il Cittadino
Primo Piano
INSEDIAMENTI RURALI DEL LODIGIANO ­ 227
LE VICENDE, LE MEMORIE, LE FIGURE DI UN MONDO CONTADINO SCOMPARSO
Sulla Belvedere vola l’aquila dei Gimondi
Dalla Val Taleggio a Montanaso fieri dello stemma di famiglia
M
entre ascolto Gerardo Gi­
mondi, agricoltore della ca­
scina Belvedere di Montana­
so Lombardo (in realtà que­
sta corte avrebbe due nomi: Belvede­
re e Palazzetta), finisco più volte per
distrarmi: osservo i suoi occhi, viva­
cissimi e a volte velati di malinco­
nia, la barba che gli circonda il viso,
dandogli un aspetto da uomo serioso
e saggio; a tratti, mi distrae anche la
sua voce, quando chiama la moglie,
Simona Nanni, per renderla parteci­
pe di quest’incontro, mentre lei vor­
rebbe sottrarsi. Mi colpisce con
quanta dolcezza la chiami. Forse mi
sono lasciato influenzare dal fatto
che Gerardo e Simona, mi piace
adesso chiamarli solo con il nome,
abbiano sei figli: il primogenito Tho­
mas ha trent’anni; seguono Denis,
ventinovenne, Peter, venticinque
primavere, William, ventuno; e, infi­
ne, due gemelli: Emanuele e Camilla,
sedicenni, studenti al terzo anno del­
le classi superiori. I ragazzi grandi,
invece, hanno tutti un impegno agri­
colo nell’azienda di famiglia, anche
se Thomas ha pure avviato un’attivi­
tà in proprio come contoterzista.
n UNA MIRACOLOSA APPARIZIONE
Davvero, sarà stato questo a condi­
zionarmi, ma ascoltando Gerardo mi
sembra di avere davanti un patriar­
ca, malgrado egli abbia solo 55 anni.
Ha un modo particolare di esprimer­
si, sempre pacato, di chi controlla le
tante idee filtrandole con il metro
della saggezza, con la cautela della
prudenza. Mi piace il forte senso che
ha della famiglia: quella propria, che
apre alle amicizie le porte della ca­
scina come quelle del cuore, e quella
da cui proviene, che ha origini remo­
te, remotissime, e pone le proprie ra­
dici nella Val Taleggio, precisamente
nel comune di Gerosa.
I Gimondi hanno pure il loro stem­
ma: c’è l’immagine di un’aquila, ed
altri simboli, di cui però non è stato
tramandato il significato. L’araldica
di famiglia è legata ad una storia an­
tica, legata al culto dell’apparizione
della Madonna della Foppa. Questa
credenza risale ad un evento che sa­
rebbe avvenuto in un giorno del lu­
glio 1558: due pastorelle stavano pa­
scolando il loro gregge di pecore in
una valletta (appunto “foppa” in ber­
gamasco) di Gerosa; all’impegno la­
vorativo, univano la gioia della pre­
ghiera; solo verso sera vollero conce­
dersi un mo­
mento di ripo­
so e, vista
l’ora, cenaro­
no; ma aveva­
no dimentica­
to l’acqua: il
desiderio di
dissetarsi di­
venne fortis­
simo e le loro
gole presero
ad ardere; al­
l’improvviso
apparve loro
la Madonna
che, un volta
confortatele,
mostrò loro
una sorgente,
posta ai piedi
delle fanciul­
le. A loro vol­
se l’invito di
sollecitare gli
abitanti del
paese nella
costruzione
di un tempio,
che fu subito
edificato, do­
ve riunirsi in
preghiera.
Mezzo secolo
dopo la Ma­
donna sarebbe nuovamente apparsa:
questa volta in sogno ad una ragaz­
za, alla quale avrebbe raccomandato
di avvisare gli abitanti di Gerosa
che, se si fossero recati in preghiera
al tempio, sarebbero stati risparmia­
ti dal flagello della peste, portata nel
1630 dai Lanzachenecchi. È probabi­
le che in quest’occasione gli abitanti
del luogo, resi salvi dall’epidemia,
avessero offerto oltre agli ex voto, i
propri stemmi di famiglia, ancora
oggi conservati nell’edificio sacro
dedicato alla Madonna della Foppa.
Simona Nanni Gimondi ha riprodot­
to più misure di questo stemma, che
oggi rappresenta in modo molto ete­
rogeneo la sua famiglia: esso, infatti,
è esposto sui trattori, esibito su felpe
e cappelli, posto all’ingresso di casa.
n IL PATRIARCA BOSCAIOLO
Ne sarebbe stato contento il primo
patriarca di famiglia: Leone Gimon­
di. Egli faceva l’agricoltore in Val Ta­
leggio ma, avendo solo qualche vac­
ca, aveva affidato tutto alla moglie,
ed era andato a fare il boscaiolo, spo­
standosi ovunque lo chiamassero.
Fu Leone junior a lasciare
i monti nel secondo dopoguerra
per fare il malghese in pianura
Lui segava i tronchi e li metteva in
pila sulla teleferica, affinchè come
razzi scendessero a valle. Oggi Ge­
rardo ricorda il nonno per quelle sue
mani, grandi e muscolose, che quan­
do era piccolo lo impressionavano
terribilmente.
Nel 1924 Leone Gimondi fu arruolato
per la guerra di Libia; sua moglie
era incinta, e Leone ebbe il presenti­
mento, per fortuna errato, che non
sarebbe tornato dal campo di batta­
glia; per questo raccomandò alla
consorte di chiamare il nascituro,
fosse nato maschietto, con il suo stes­
so nome: e così in casa Gimondi si
ebbe un altro Leone.
Leone junior Gimondi fu un agricol­
tore di razza; era stato anche lui in
guerra, durante il secondo conflitto
bellico, e una volta tornato aveva de­
ciso che fermarsi a Gerosa non ave­
va alcun senso: meditò, come i tanti
agricoltori di quel tempo e di quei
luoghi, se spostarsi in Svizzera o in
Francia o se scendere in pianura per
fare il malghese. Optò per quest’ulti­
ma scelta, recidendo i legami con le
proprie origini montanare.
Con sé portò la moglie Isolina Pesen­
ti Barili: il motivo del doppio cogno­
me è che in Val Gerosa si chiamano
tutti Pesenti, e così gioco forza cia­
scun ceppo familiare, diverso dall’al­
tro, ha dovuto aggiungere ufficial­
mente il secondo cognome, quasi fos­
se una “scumagna”.
n IN CASCINA A MEDIGLIA
Nei primi anni i Gimondi si sposta­
rono di frequente: Limito, Pioltello,
Liscate, tra le altre tappe, ed infine
Mediglia, dove Leone junior andò co­
me malghese alla cascina Cà del
Lambro, un piccolo podere sulla riva
del fiume. Un luogo infelice, a ripen­
sarlo oggi: con l’acqua che esondava
continuamente, che dove batteva ru­
bava terreno, e così si dovevano fare
in continuo guardie notturne per
stare vigili e non essere colti impre­
parati da una piena. Un posto diffici­
le, ma che Leone Gimondi, con lungi­
miranza, non si lasciò scappare l’oc­
casione di accaparrarsi quando il ca­
scinale fu posto in vendita. In azien­
da, con il proprio latte, si produceva
il taleggio, almeno nei primi periodi.
La cascina
Belvedere
oggi ospita
circa duecento
bovine da latte;
in alto
lo stemma
della famiglia
Gimondi
Leone ed Isolina ebbero quattro figli:
Giuseppe, che è rimasto a Mediglia,
ha proseguito l’attività agricola e so­
lo lo scorso anno ha venduto la pro­
pria mandria; Sergio, che ha optato
per gli studi, si è diplomato perito al­
l’Istituto tecnico industriale Feltri­
nelli di Milano e oggi è tecnico di ae­
romobile. Gerardo, testimone della
nostra storia; ed infine Paolo, pur­
troppo deceduto nel 1988 in un inci­
dente stradale.
Leone fu un ottimo maestro di vita
per i propri figli; insegnò loro un
principio fondamentale: quello del­
l’umiltà; diceva sempre loro di avere
pazienza nell’attendere il raccolto,
ma quando questo si fosse rivelato
abbondante, di non lasciare l’erba in
eccesso sul prato, ma di rastrellarla,
facendone economia semmai i tempi
prendessero un’inaspettata brutta
piega. Raccomandava loro di essere
previdenti, ma al tempo stesso di
non avere paura: se il passo appariva
più lungo di quanto potevano garan­
tire le proprie gambe, ebbene, non ci
si doveva tirare indietro, ma lavora­
re il doppio, anche il triplo, per man­
tenere gli impegni presi. Era stato
così che lui gradualmente aveva am­
pliato la sua azienda agricola.
n UNA LEZIONE COMPRESA
E di questa lezione fece tesoro il no­
stro Gerardo quando, nel 1981, decise
di mettersi in proprio dividendosi
dal padre e dal fratello. Proprio a
Montanaso Lombardo si liberava la
cascina Belvedere, proprietà di Ales­
sandro Granati di Casalpusterlengo,
ma che negli ultimi tempi era stata
condotta in affitto dall’agricoltore
Piero Sestagalli. Successivamente
acquistò pure la porzione di corte
che era proprietà di Zucchelli (ap­
punto la cascina Palazzetta) e quindi
la possessione che apparteneva ai so­
ci Ferrari e Moroni. Gerardo Gimon­
di veniva da Mediglia: qui era fore­
stiero. Ambientarsi in un luogo nuo­
vo, agli inizi, non è mai facile per
nessuno. Ma lui seppe vincere ogni
diffidenza.
Gerardo aveva da poco sposato la sua
Simona Nanni, originaria di Dresa­
no e i cui genitori erano tassisti,
quindi ben distanti dal mondo agri­
colo. Simona quando giunse a Mon­
tanaso Lombardo, alla corte Belvede­
re, aveva soltanto sedici anni e non
sapeva da che parte cominciare: di­
venne immediatamente una perfetta
agricoltrice, talmente brava da non
concedersi indulgenze materne, al­
meno con i primi figli, che faceva ri­
gare dritto. Vivere in campagna le ha
dato la possibilità di affrancarsi dal­
le etichette: casa Gimondi non ha
mai regole troppo precise, perché gli
impegni casalinghi vanno conciliati
con quelli della stalle e degli anima­
li.
n UN GRANDE ALLEVAMENTO
I Gimondi cominciarono con quindi­
ci vacche da latte e cinque manzette,
una sorte di dote che Leone aveva vo­
luto dare al figlio Gerardo. Sono pas­
sati trent’anni da allora e nello scor­
so marzo è nata la vitellina numero
mille, contando soltanto le femmine.
Adesso in azienda vi sono più di due­
cento capi, di cui oltre cento in pro­
duzione di latte, conferito allo stabi­
limento Milano di Peschiera Borro­
meo.
Gerardo, coadiuvato da moglie e fi­
gli, ha aumentato anche gli ettari,
terreni in parte di proprietà qui nel
territorio di Arcagna, e in parte,
quelli condotti in affitto, dislocati al­
trove: si tratta, in prevalenza, di ap­
pezzamenti a prato stabile, colture
alternate tra lo ietto e il mais di pri­
mo e secondo raccolto, a seconda del
mese di piantagione. Tutta la produ­
zione serve per il fabbisogno alimen­
tare delle proprie bovine. A guarda­
re le cose a ritroso si può dire che Ge­
rardo e Simona Gimondi hanno ve­
ramente avuto
coraggio; la red­
ditività dell’agri­
coltura è affidata
a cifre molto
chiare: quando
correva l’anno di
grazie 1981 nel
vendere al macel­
lo una buona bo­
vina si guadagna­
vano duemila lire
a kg; oggi, tren­
t’anni dopo, si
guadagna un eu­
ro. Lo stesso per
il latte: negli anni
Novanta il pro­
duttore si mette­
va in tasca otto­
cento lire a litro;
oggi, quaranta
centesimi.
A casa Gimondi,
tra i genitori e i
ragazzi c’è il soli­
to, classico scon­
tro generaziona­
le: Gerardo ha
molta saggezza e
capisce le esube­
ranze dei suoi ra­
gazzi, certe volte
li accontenta, al­
tre volte s’atteg­
gia ad anziano e
frena i facili en­
tusiasmi. Accan­
to all’impegno
agricolo, Gerar­
do ha svolto altre
attività: dal 1985
è consigliere co­
munale; ed è sta­
to presidente del­
l’Associazione Combattenti e Redu­
ci, che commemora i caduti delle
Guerre.
La vita dei Gimondi, pur vissuta in
modo radicale nell’impegno agrico­
lo, si dipana attraverso tanti interes­
si; ero arrivato alla cascina Belvede­
re nelle prime ore del pomeriggio,
tra le nubi talvolta faceva capolino
un raggio di sole, e vado via che è bu­
io fitto, ma proprio fitto fitto. Chissà
se nel cielo, sopra il Santuario della
Madonna della Foppa, a quest’ora
brillano le stelle.
Eugenio Lombardo
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