REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio Sede di Roma, Sez. I^ composto dai signori magistrati: Pasquale de Lise Presidente Leonardo Spagnoletti Componente Silvia Martino Componente rel. ha pronunciato la seguente SENTENZA sui ricorsi riuniti: I n. 7065/2007 proposto da Eutelia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eutimio Monaco e Osvaldo Lombardi, ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dei difensori, alla via di San Sebastianello n. 9; CONTRO - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n.12; e nei confronti - Vodafone Omnitel n.v., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Mario Libertini, prof. Luisa Torchia, Alessandro Boso Caretta e Tommaso Di Nitto, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 173: per l’annullamento - del provvedimento n. 16871 del 20.5.2007, notificato alla ricorrente in data 30 maggio 2007, con il quale l’Autorità ha deliberato “a) di rendere obbligatorio l’impegno ai sensi dell’art. 14 – ter, comma 1, della l. n. 287/90 nei confronti di Vodafone Omnitel n.v.; b) di chiudere il procedimento nei confronti di Vodafone Omnitel n.v., senza accertare le infrazioni ai sensi dell’art. 14 – ter, comma 1, della l. n. 287/90”; 1 - di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, ivi compresa la delibera dell’Autorità del 6 settembre 2006, con la quale “è stato comunicato alle imprese nei confronti delle quali erano pendenti procedimenti volti all’accertamento della violazione degli artt. 2 e 3 della l. n. 287/90, o degli artt. 81 e 82 del Trattato CE, che potevano presentare impegni ai sensi dell’art. 14 – ter della l. n. 287/90, come novellata dalla legge n. 248/06, entro e non oltre tre mesi dal 12 agosto 2006, data di entrata in vigore della l. n. 248/06”, nonché del provvedimento n. 17131 del 3.8.2007, con il quale l’Autorità ha deliberato “1) che le condotte poste in essere da Telecom Italia s.p.a. (già Tim s.p.a. e Tim Italia s.p.a) e Wind Telecomunicazioni s.p.a., configurabili come pratiche discriminatorie nei rispettivi mercati all’ingrosso dei servizi di terminazione sulle proprie reti, e consistenti nell’applicazione alle proprie divisioni commerciali di condizioni tecniche e/o economiche per la terminazione delle chiamate fisso – mobile sulle proprie reti più favorevoli rispetto a quelle praticate ai propri concorrenti, costituiscono distinti abusi di posizione dominante, in violazione dell’art. 82 del Trattato CE; 2) che Telecom Italia s.p.a. e Wind Telecomunicazioni s.p.a. pongano immediatamente termine alle condotte di cui alla precedente lett. a), dando comunicazione all’Autorità delle misure adottate per la cessazione delle infrazioni entro 90 giorni dalla notificazione del presente provvedimento; 3) che in ragione della gravità e durata delle condotte di cui alla precedente lett. a), è applicata una sanzione pecuniaria pari a: - per Telecom Italia s.p.a., 20 milioni di euro; - per Wind Telecomunicazioni s.p.a., 2 milioni di euro”, nella parte in cui ha escluso Vodafone dall’accertamento delle condotte accertate in capo a Telecom Italia s.p.a. e Wind Telecomunicazioni s.p.a. quali distinti abusi di posizione dominante, in violazione dell’art. 82 del Trattato CE, e, conseguenzialmente, non ha ordinato anche a Vodafone, così come per Tim e Wind, l’immediata cessazione delle condotte stesse e l’adozione delle misure adatte alla cessazione; - di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali. II n. 9426/2007 proposto da Wind Telecomunicazioni s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall’avv. prof. Gian Michele Roberti e dall’avv. Antonio Lirosi, ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio del secondo, alla via delle Quattro Fontane n.20; CONTRO - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n.12; e nei confronti - Vodafone Omnitel n.v., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Mario Libertini, prof. Luisa Torchia, Alessandro Boso Caretta e Tommaso Di Nitto, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 173; - Trans World Communications Italia s.p.a., Tele2 Italia s.p.a., n.c.; 2 con l’intervento ad opponendum di - Eutelia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Passalacqua, Giovanna De Santis e Piera Messana, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, alla via di San Sebastianello n. 9; - Associazione Italiana Internet Providers (AIIP), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Valli, Marcello Mancuso, Giulia Toraldo Serra e Marco Costantino Macchia, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, alla via del Governo Vecchio n. 20; per l’annullamento del provvedimento n. 16871 del 24 maggio 2007, notificato in data 30.5.2007, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella parte in cui non ha disposto la chiusura del procedimento nei confronti della Wind; III n. 9546/2007, proposto da Telecom Italia s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Claudio Tesauro, prof. Berardino Libonati, prof. Giuseppe Franco Ferrari, prof. Stefano D’Ercole e Nicola Palombi, ed elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio Bonelli Erede Pappalardo, via Paisiello n. 39; CONTRO - Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del Presidente p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n.12; e nei confronti - Vodafone Omnitel n.v., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Mario Libertini, prof. Luisa Torchia, Alessandro Boso Caretta e Tommaso Di Nitto, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, corso Vittorio Emanuele II, n. 173; - Wind Telecomunicazioni s.p.a., Tele2 s.p.a., n.c; con l’intervento ad opponendum di - Eutelia s.p.a., rappresentata e difesa dagli avv.ti Eutimio Monaco e Osvaldo Lombardi, con domicilio eletto presso il loro studio in Roma, alla via di San Sebastianello n. 9; - Associazione Italiana Internet Providers (AIIP), in persona del legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dagli avv.ti Andrea Valli, Marcello Mancuso, Giulia Toraldo Serra e Marco Costantino Macchia, ed elettivamente domiciliata presso il loro studio in Roma, alla via del Governo Vecchio n. 20; per l’annullamento 3 del provvedimento n. 16871 del 24 maggio 2007, dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, nella parte in cui non ha disposto la chiusura del procedimento A/357 – Tele2 e altri operatori/Tim – Vodafone – Wind, anche nei confronti di Telecom Italia, e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale. Visti i ricorsi con i relativi allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, delle parti controinteressate e di quelle intervenute; Visti i motivi aggiunti proposti nel ricorso n. 7065/2007; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti di causa; Relatore alla pubblica udienza del 23.1.2008 la d.ssa Silvia Martino; Uditi altresì gli avv.ti di cui al verbale di udienza; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: FATTO 1. I provvedimenti impugnati traggono origine dall’istruttoria, avviata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in data 23 febbraio 2005 a seguito delle denunce presentate dalle società TELE2 Italia S.p.A., Trans World Communication Italia S.p.A., Startel S.p.A. e ReteItaly S.r.l.. Nel provvedimento di avvio del procedimento, relativo alla presunta infrazione degli artt. 81 e 82 del Trattato Ce, veniva ipotizzato che Telecom Italia mobile s.p.a., Vodafone Omnitel n.v. e Wind Telecomunicazioni s.p.a.., in posizione dominante collettiva nel mercato all’ingrosso dell’accesso alle reti mobili, avessero reiteratamente e ingiustificatamente negato ad altri soggetti, potenziali concorrenti nel mercato finale, di negoziare l’accesso alle rispettive reti per operare servizi di MVNO (Mobile Virtual Network Operator), ESP (Enhanced Service Provider), ATR (Air Time Reseller). Ciò, da un lato, avrebbe reso impossibile l’ingresso di fornitori alternativi per l’offerta di servizi mobili finali all’utenza residenziale e business, dall’altro, avrebbe ostacolato qualsiasi forma di concorrenza nella rivendita all’ingrosso di traffico mobile (in particolare per la componente fissomobile). In data 1° febbraio 2006 l’Autorità deliberava l’ampliamento dell’oggetto dell’istruttoria relativamente ai comportamenti posti in essere nella confronti della società Elsacom, consistenti nel rifiuto opposto a detta società di rinegoziare le condizioni economiche per l’accesso al roaming sulla rispettive reti GSM. In data 28 luglio 2006 veniva adottata e trasmessa alle parti la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie, nelle quali venivano contestati: 1) un abuso di posizione dominante collettiva da parte di Tim, Vodafone e Wind, nel mercato dell’accesso alle infrastrutture di rete mobile; 2) tre abusi di posizione dominante individuale da parte delle suddette società nei mercati della terminazione sulle rispettive reti mobili. 4 In data 10 novembre 2006 Vodafone presentava un impegno ai sensi dell’articolo 14-ter della legge n. 287/90 consistente nel: “[…] fare quanto ragionevolmente possibile al fine di concludere entro il 31 marzo 2007, con un soggetto (‘Operatore’) disponibile, un accordo giuridicamente vincolante, preparatorio o definitivo, avente ad oggetto la fornitura di servizi di accesso wholesale alla propria rete di comunicazione mobile presente in Italia, tale da permettere all’Operatore di sviluppare una propria e autonoma offerta commerciale di servizi di comunicazione mobile alla clientela finale [...]” L’Autorità deliberava la pubblicazione del suddetto impegno il 25 gennaio 2007, ai fine di sottoporlo al cd. “market test”. In risposta alle osservazioni presentate in particolare, da Telecom, Tele2, Fastweb, Eutelia, Welcome, Tiscali, TWC, Emmecom, Infotel, Colt, H3g, le associazioni di categoria AIIP e ASSOPROVIDER, oltre che l’associazione di consumatori Movimento Consumatori, Vodafone trasmetteva una memoria di replica ed ulteriore documentazione, relativa ad un contratto definitivo stipulato con Carrefour Italia Mobile S.r.l. e Carrefour Italia s.p.a. e ad un contratto preliminare con BT Italia. In data 4 aprile 2007, l’Autorità rigettava l’impegno, ritenendolo inidoneo a far venir meno i profili anticoncorrenziali oggetto di istruttoria. In particolare, rilevava che il contratto Vodafone-Carrefour avrebbe consentito l’ingresso sul mercato di un soggetto che, per caratteristiche della clientela e tipologia dei servizi offerti, non appariva in grado di competere immediatamente ed effettivamente nell’offerta di servizi integrati FM/M-M, in special modo alla clientela aziendale. Evidenziava inoltre, relativamente al contratto Vodafone-Bt, che, trattandosi di un contratto preliminare, non risultava suscettibile di un’attuazione piena, tempestiva e facilmente verificabile. I contratti presentati contenevano inoltre alcune clausole che apparivano limitare la capacità competitiva dei soggetti nuovi entranti quali, in particolare: 1) un riconoscimento parziale dei ricavi da terminazione delle chiamate dirette a propri utenti; 2) il divieto di rivendita dei servizi di accesso; 3) la presenza di meccanismi di incentivazione; 4) la prescrizione relativa alla possibilità di chiedere una migrazione dal modello di ESP ad altro modello non prima di un certo termine dalla stipula del contratto definitivo. In data 10 aprile 2007, Vodafone presentava un’istanza di riesame, allegando ad essa nuova documentazione, consistente nel contratto definitivo con BT Italia s.p.a., con il quale detta società acquisiva il diritto di accesso, in qualità di ESP (Enanced service provider) alla rete di Vodafone, al fine di offrire autonomamente alla clientela italiana servizi di comunicazione mobile L’Autorità, nelle adunanze del 12 e 18 aprile 2007, riteneva sussistenti i presupposti per l’accoglimento della suddetta istanza di riesame. Lo schema di provvedimento di accoglimento dell’impegno veniva inviato alla Commissione Europea, ex art. 11.4 del Reg. n. 1/2003 e all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni per la fase di consultazione. Il subprocedimento relativo agli impegni Vodafone si concludeva, infine, con l’impugnato provvedimento n. 16871 del 24.5.2007, con il quale l’Autorità deliberava: a) di rendere obbligatorio l’impegno ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 1, della legge n. 287/90 nei confronti di Vodafone Omnitel n.v.; 5 b) di chiudere il procedimento nei confronti della medesima società senza accertare le infrazioni, ai sensi dell’articolo 14-ter, comma 1, della legge n. 287/90. Il procedimento principale (A 357) proseguiva nei soli confronti di Telecom e Wind e veniva definito, in data 3 agosto 2007, con la delibera n. 17131 con la quale l’Autorità accertava che le condotte poste in essere da Telecom Itala s.pa.e Wind Telecomunicazioni s.p.a., “configurabili come pratiche discriminatorie nei rispettivi mercati all’ingrosso dei servizi di terminazione sulle proprie reti, e consistenti nell’applicazione alle proprie divisioni commerciali di condizioni tecniche e/o economiche per la terminazione delle chiamate fisso-mobili sulle proprie reti più favorevoli rispetto a quelle praticate ai propri concorrenti, costituiscono distinti abusi di posizione dominante, in violazione dell’articolo 82 del Trattato CE”. L’Autorità ordinava inoltre a Telecom e Wind Telecomunicazioni di porre “immediatamente termine alle condotte di cui alla precedente lettera a), dando comunicazione all’Autorità delle misure adottate per la cessazione delle infrazioni entro 90 giorni dalla notificazione del presente provvedimento”. Infine, veniva irrogata una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 20 milioni di Euro per Telecom, e 2 milioni di euro per Wind. Le società Eutelia è insorta avverso il provvedimento di accettazione degli impegni, chiedendone l’annullamento. Detta società ha impugnato altresì (formulando essenzialmente censure di illegittimità derivata) anche il provvedimento n. 17131 del 3 agosto 1998, nonché spiegato intervento ad opponendum nei ricorsi n. 9426/2007 e 9546/2007, proposti da Telecom e Wind. Queste ultime hanno infatti gravato il medesimo provvedimento n. 16178 del 24 maggio 2007, nella parte in cui non ha disposto la chiusura dell’istruttoria anche nei propri confronti. Analogo intervento ad opponendum è stato proposto dall’Associazione Italiana Internet Providers. Si sono costituite, per resistere in tutti e tre i ricorsi, l’Autorità Garante della Concorrenza del Mercato e la controinteressata Vodafone, depositando documenti e memorie. Le parti hanno quindi presentato memorie conclusionali, in vista della pubblica udienza di discussione del 23.1.2008, alla quale i ricorsi sono trattenuti in decisione. DIRITTO 1. In via preliminare, occorre procedere alla riunione dei ricorsi e dei motivi aggiunti in epigrafe, in quanto avvinti da un vincolo di connessione oggettiva e, in parte, soggettiva. 1.1. Occorre altresì sgombrare il campo da due eccezioni pregiudiziali sollevate da Vodafone. La controinteressata ha in primo luogo rilevato che, da un ipotetico annullamento della decisione sugli impegni, la ricorrente Eutelia non conseguirebbe un risultato diverso da quello derivante da un decisione di infrazione, analoga a quella adotta nei confronti di Telecom e Wind. La società ritiene, in particolare, di aver dato, attraverso gli impegni, qualcosa di più, in termini concorrenziali, di quanto sia stato stabilito con il provvedimento finale, il quale ha lasciato cadere l’ipotesi di abuso di posizione dominante collettiva. Essa ha cioè spontaneamente offerto e 6 realizzato quell’apertura del mercato wholesale dell’accesso alle reti mobili che era stata auspicata dall’Autorità come strumento principale e risolutivo delle problematiche concorrenziali evidenziate. Sotto altro profilo, imputa ad Eutelia di non avere espressamente impugnato la Comunicazione di AGCM in data 12 ottobre 2006, relativa alle procedure di applicazione dell’art. 14 – ter della l. n. 287/90 (provvedimento n. 16015). Secondo Vodafone, è infatti con tale delibera che l’Autorità ha esteso ai procedimenti in corso l’applicabilità dell’art. 14 – ter della l. n. 287/90, da ciò discendendo l’inammissibilità dei motivi di ricorso imperniati sull’impossibilità di estendere ai procedimenti pendenti il nuovo istituto. 1.2. Relativamente all’eccezione di inammissibilità per carenza di interesse, è agevole rilevare che le considerazioni di Vodafone attengono in realtà non ad un presupposto processuale, ma al merito del ricorso, in quanto danno per scontata l’idoneità degli impegni dalla stessa assunti a risolvere il problema concorrenziale sollevato dall’Autorità. Siffatta idoneità rappresenta invece (in particolare relativamente alle condizioni economiche del servizio di terminazione su rete Vodafone), il cuore delle censure svolte da Eutelia, la quale evidentemente si prefigge, quale utilità pratica derivante dall’accoglimento del ricorso, di conseguire, in esito alla riapertura del procedimento, una diversa e/o più incisiva misura di quella offerta dalla controinteressata. 1.3. La secondo eccezione è errata in punto di fatto, in quanto l’estensione ai procedimenti pendenti dell’applicabilità dell’art. 14 – ter della l. n. 287/90 è contenuta non già nella delibera del 12.10.2006 (relativa alle “procedure di applicazione dell’art. 14 – ter della l.n. 287/90”) ma nella precedente delibera del 6.9.2006, espressamente gravata da Eutelia. 2. Ai fini di una migliore comprensione dei fatti di cui è causa, giova riassumere quale sia il quadro degli addebiti mossi ai tre gestori di rete mobile sino al momento in cui la posizione di Vodafone è stata “stralciata” per effetto dell’accoglimento degli impegni presentati. Essi risultano cristallizzati nella Comunicazione delle risultanze istruttorie, alla quale occorre, pertanto, fare riferimento per quanto concerne l’idoneità delle misure proposte a risolvere il problema concorrenziale evidenziato dall’Autorità. Siffatta idoneità costituisce il fulcro di tutti e tre i ricorsi, sia pure da prospettive del tutto opposte, e, in un certo senso, speculari. Mentre, infatti, Eutelia reputa gli impegni assunti da Vodafone inadeguati rispetto agli illeciti concorrenziali contestati (in particolare relativamente al mercato della terminazione su rete Vodafone), Telecom e Wind ritengono al contrario che essi abbiano innescato effetti pro – concorrenziali tali da rendere del tutto ingiustificata la prosecuzione dell’istruttoria nei propri confronti. 2.1. I comportamenti portati all’attenzione dell’Autorità, secondo quanto si legge nel provvedimento di avvio dell’istruttoria, hanno coinvolto tutti i livelli della filiera produttiva dei servizi di comunicazione mobile. Ai fini della valutazione delle denunce l’Autorità ha individuato, come mercati rilevanti, il mercato dei servizi finali di comunicazione mobile, il mercato all’ingrosso dei servizi di accesso alle infrastrutture di rete, i mercati all’ingrosso dei servizi di terminazione su ciascuna rete mobile. 7 E’ stato altresì preso in considerazione, in quanto in esso si sono prodotti gli effetti dei comportamenti denunciati, anche il mercato dei servizi di fonia all’utenza c.d. business, con particolare riguardo ai servizi di comunicazione fisso-mobile. Telecom Italia (succeduta, a seguito di fusione per incorporazione, a Telecom Italia Mobile s.p.a. e Tim Italia s.p.a., originarie destinatarie della comunicazione di avvio del procedimento), Vodafone e Wind sono operatori di rete mobile (Mobile Network Operator o MNO) c.d. integrati, in quanto forniscono servizi di comunicazione mobile attraverso infrastrutture di rete che utilizzano sulla base di risorse radio (frequenze) ad essi assegnate in via esclusiva. Accanto agli operatori di rete integrati, esiste un’ampia varietà di figure alternative che possono fornire servizi di comunicazione mobile agli utenti finali anche senza il possesso di un’infrastruttura di rete, utilizzando quella di uno o più gestori ospitanti. Tali operatori possono essere suddivisi in due categorie principali in relazione al loro rapporto concorrenziale con gli MNO. In particolare, alla prima categoria appartengono gli MVNO (Mobile Virtual Network Operator), ovvero quei soggetti che, pur non titolari di frequenze radio, offrono servizi di telecomunicazioni al pubblico sfruttando le funzioni e gli elementi della rete di uno o più gestori, con modalità di utilizzo assimilabili al servizio di roaming relativamente alle funzioni di registrazione, di raccolta e di terminazione delle chiamate. Gli MVNO sono completamente autonomi nella relazione con i clienti finali, presentandosi al pubblico con un proprio marchio e con una propria politica commerciale e ponendosi in un rapporto di concorrenza diretta, del tipo inter-brand, con il gestore ospitante. La loro presenza - secondo le considerazioni svolte dall’Autorità, condivise da tutte le parti del procedimento - vale ad incrementare il numero degli operatori nel mercato dei servizi di comunicazione mobile. Alla seconda categoria appartengono, invece, tutte le altre tipologie di fornitori alternativi che, non detenendo risorse di numerazione proprie né un proprio marchio commerciale, non presentano questa caratteristica di indipendenza dalle politiche commerciali dei gestori ospitanti, (ESP, Enanced Service Provider, ATR, Air Time Reseller, ecc.). Tali soggetti, la cui attività consiste essenzialmente nel rivendere servizi mobili sulle reti degli operatori ospitanti per conto di questi ultimi, sviluppano, quindi, forme di concorrenza prevalentemente intra-brand nell’ambito dei servizi di comunicazione mobile. Nel provvedimento di avvio l’Autorità ha ipotizzato: 1) che il rifiuto opposto agli operatori denuncianti di negoziare una forma di accesso wholesale alle rispettive reti mobili, tale da consentire a tali società di operare come MVNO, ESP, o ATR, configuri un abuso di posizione dominante collettiva da parte di Tim, Vodafone e Wind, nel mercato intermedio dell’accesso, volto ad impedire l’ingresso nel mercato al dettaglio dei servizi di comunicazione mobile da parte di operatori alternativi, e/o un’intesa restrittiva della concorrenza, nella misura in cui il contemporaneo rifiuto di Tim, Vodafone e Wind di negoziare con tali soggetti avrebbe potuto essere il frutto di uno specifico accordo intercorso fra i tre operatori; 2) che i tre MNO abbiano posto in essere comportamenti discriminatori a favore delle proprie divisioni commerciali, consistenti nell’offerta a queste ultime di servizi di terminazione fissomobile sulle rispettive reti a condizioni tecniche o economiche più favorevoli di quelle praticate ai 8 terzi. Tali comportamenti sono stati configurati nel provvedimento di avvio come abusi di posizione dominante singola da parte di Tim,Vodafone e Wind, nei rispettivi mercati della terminazione. L’Autorità è partita dall’assunto che esistano tanti mercati dei servizi di terminazione quanto sono le reti mobili e che, di conseguenza, i tre MNO siano dominanti ciascuno con riferimento alla propria rete. In particolare, al fine di fornire una corretta definizione, sotto il profilo merceologico, del mercato dei servizi all’ingrosso di terminazione su rete mobile, ha tenuto conto di due aspetti fondamentali che caratterizzano l’offerta dei servizi di telefonia al dettaglio: 1) l’applicazione del principio di “chi chiama paga” (CCP, Calling Party Pays), in base al quale il soggetto chiamante è differente dal soggetto che sceglie su quale rete terminare la chiamata (il chiamato che ha sottoscritto l’abbonamento); 2) l’assenza di sostituibilità da lato della domanda, per cui una chiamata destinata al terminale mobile di un determinato utente non può essere sostituita con una chiamata destinata ad un altro utente. Ciò implica che un operatore che vuole fornire ad un proprio cliente il servizio di telefonia deve disporre necessariamente del servizio di terminazione sulla rete del chiamato. Per questa ragione i tre MNO, notificati quali operatori con notevole forza nel mercato (cfr., da ultimo, la delibera AGCOM n. 3/06/Cons. del 12 gennaio 2006) sono sottoposti a obblighi regolamentari, in particolare per quanto riguarda l’osservanza del principio di non discriminazione e le tariffe di terminazione. In data 28 luglio 2006, l’Autorità ha trasmesso ai soggetti interessati la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie. Rispetto al procedimento di avvio, sono venute meno le contestazioni relative all’esistenza di un’intesa ex art. 81 CE. Sono stati confermati, invece, gli addebiti relativi a due distinte violazioni dell’art. 82 del Trattato, consistenti in: 1) un abuso di posizione dominante collettiva da parte di Tim, Vodafone e Wind nel mercato dell’accesso alle infrastrutture di rete mobile, nella forma di rifiuto ingiustificato opposto agli operatori richiedenti l’accesso alle reti mobili per lo svolgimento di attività di operatori mobili virtuali (MVNO), fornitori avanzati di servizi (ESP) e rivenditori di traffico su rete mobile (ATR); 2) tre abusi di posizione dominante individuale da parte di ciascuno dei suddetti gestori nei mercati della terminazione sulle rispettive reti mobili, consistenti nell’attuazione di pratiche discriminatorie a favore delle proprie divisioni commerciali (anche tramite l’utilizzo di particolari soluzioni tecniche come le connessioni PABZ-MSC e/o apparati GSM Box) volte ad escludere i propri concorrenti dai mercati all’ingrosso dei servizi di terminazione e dal connesso mercato al dettaglio dei servizi di telefonia fisso – mobile per la clientela aziendale. Quanto agli effetti anticoncorrenziali delle infrazioni accertate, l’Autorità ha evidenziato che: - con riferimento al mercato dell’accesso, l’abuso di PDC ha impedito l’ingresso di operatori mobili virtuali nel mercato dei servizi di comunicazione mobile e ha precluso agli operatori di rete fissa la formulazione di offerte convergenti fisso – mobile commercializzate invece dai tre gestori mobili. 9 - con riferimento al mercato della terminazione, le condotte contestate hanno impedito agli operatori concorrenti di formulare offerte al dettaglio F - M alla clientela aziendale in concorrenza con quelle di Tim, Vodafone e Wind e che le stesse condotte hanno ostacolato la rivendita di terminazione all’ingrosso eliminando qualsiasi forma alternativa di approvvigionamento di terminazione rispetto all’interconnessione. A questo punto del procedimento si è inserita la fase subprocedimentale autonoma, concernente gli impegni presentati da Vodafone ai sensi dell’articolo 14-ter della legge n. 287/90. E’ infatti accaduto che, con delibera del 6 settembre 2006, l’Autorità abbia esteso anche ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della l. n. 248/2006, la possibilità, per le imprese, di avvalersi del nuovo istituto. Con il provvedimento oggi in rilievo, l’Autorità, in sede di riesame, ha ritenuto le misure proposte idonee a far venire meno entrambi i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria nei confronti di Vodafone, con riferimento, quindi, sia al mercato dell’accesso che a quello della terminazione sulla propria rete. In particolare ha ritenuto che “il contratto sottoscritto in data 7 aprile 2007 con BT Italia, definitivamente vincolante per le parti, rappresenta un elemento di novità decisivo, in quanto segna concretamente ed effettivamente l’apertura del mercato dell’accesso wholesale alle reti mobili italiane.” Con riferimento al mercato della terminazione, ha evidenziato “che le condizioni economiche per la terminazione su rete VODAFONE previste nel contratto con BT Italia consentiranno a quest’ultima di formulare offerte fisso-mobile on net alla clientela aziendale in concorrenza con quelle proposte da VODAFONE.”. 3. Tanto premesso si può procedere all’esame dei motivi di ricorso principiando dai vizi di carattere procedimentale. 3.1. Eutelia ha in primo luogo posto l’accento sulla perentorietà del termine previsto dall’art. 14 – ter della l. n. 287/90 per la presentazione degli impegni. Secondo la ricorrente, il testo vigente della norma, frutto delle modifiche apportate in sede di conversione del d.l. n. 223/06, tende ad evitare comportamenti “opportunistici” delle imprese e a contemperare, da un lato, l’interesse di queste ultime ad evitare il pieno accertamento degli illeciti, con la conseguente applicazione delle sanzioni pecuniarie, dall’altro, quello pubblico ad ottenere un miglioramento effettivo del mercato in tempi più rapidi di quelli richiesti dal completamento di un ordinario procedimento di infrazione. L’ammissibilità dell’impegno è infatti esclusivamente legata, a detta della ricorrente, allo stadio dell’istruttoria. Essa presuppone non già un’infrazione già accertata, bensì l’esistenza di un problema concorrenziale non ancora sufficientemente definito al quale le misure proposte dalle imprese forniscano una risposta adeguata. Nel caso di specie, secondo Eutelia, è stata comunque disattesa la finalità “deflattiva” dell’istituto poiché l’accoglimento degli impegni è avvenuto nell’ambito di un procedimento avviato da oltre due anni, sulla scorta di una complessa istruttoria di fatto già conclusa. La società censura, pertanto, anche la delibera del 6 settembre 2006 con la quale l’Autorità ha previsto, in via transitoria, per le imprese coinvolte in procedimenti pendenti al momento 10 dell’entrata in vigore della l. 4 agosto 2006, n. 248, la possibilità di presentare impegni ai sensi del cit. art. 14 – ter della l. n. 287/90, nel termine di tre mesi decorrenti dalla data del 12 agosto 2006. Ritiene in particolare illegittima la delibera nella parte in cui ha esteso a tutti i procedimenti istruttori pendenti la possibilità di presentare impegni, senza porre alcun discrimen in relazione allo stato di avanzamento del procedimento. Infine, l’accettazione dell’impegno non sarebbe giustificata nemmeno dalla possibilità, ipotizzata in dottrina, di conseguire, attraverso l’applicazione di siffatto istituto, un quid pluris rispetto alla stessa decisione di infrazione. Secondo Eutelia, infatti, l’unica condotta che può giustificare una decisione con impegni ad uno stadio ormai avanzato del procedimento è, nel caso in esame, esclusivamente quella consistente in un’offerta pubblica wholesale, tale cioè da consentire l’accesso alla rete a tutti i potenziali concorrenti a condizioni eque e non discriminatorie, con il solo limite della capacità di condivisione della rete stessa. Lamenta ancora la circostanza che l’Autorità non abbia sottoposto al c.d “market test” anche l’istanza di riesame presentata da Vodafone dopo il primo provvedimento di rigetto. Tale istanza si porrebbe peraltro in palese violazione dello stesso termine prescritto dalla delibera del 6 settembre 2006. La decisione di accoglimento, inoltre, è intervenuta 6 giorni prima dello scadere del termine assegnato alle parti per la presentazione di memorie. 3.1.1. L’istituto della “decisione con impegni” è stato introdotto dall’art. 9 del Regolamento CE n. 1/2003. Esso sancisce che “1. Qualora intenda adottare una decisione volta a far cessare un’infrazione e le imprese interessate propongano impegni tali da rispondere alle preoccupazioni espresse loro dalla Commissione nella sua valutazione preliminare, la Commissione può, mediante decisione, rendere detti impegni obbligatori per le imprese. La decisione può essere adottata per un periodo di tempo determinato e giunge alla conclusione che l'intervento della Commissione non è più giustificato. 2. La Commissione, su domanda o d'ufficio, può riaprire il procedimento: a) se si modifica la situazione di fatto rispetto a un elemento su cui si fonda la decisione; b) se le imprese interessate contravvengono agli impegni assunti; oppure c) se la decisione si basa su informazioni trasmesse dalle parti che sono incomplete, inesatte o fuorvianti.”. Gli obblighi assunti dalle imprese hanno carattere vincolante e, pertanto, la loro violazione comporta, oltre la riapertura del procedimento, l’applicazione di un’ammenda ai sensi dell’art. 23, par. 2, del cit. Reg. n. 1/2003. Le misure correttive proposte debbono essere “pertinenti” rispetto all’oggetto del procedimento e quindi funzionali alla soluzione del problema evidenziato dalla Commissione. E’ ragionevole ritenere, così come evidenziato dai primi contributi in materia, che le imprese offrano misure analoghe a quelle che potrebbero essere imposte dalla Commissione ove la stessa adottasse una decisione di infrazione. Come queste ultime, pertanto, debbono essere proporzionate alla violazione contestata. 11 L’istituto appare concepito per fornire una rapida risposta all’interesse pubblico al mantenimento di un mercato concorrenziale, in fattispecie complesse o nuove, rispetto alle quali si appalesa opportuno raggiungere una soluzione di tipo negoziato. Per converso, è stato osservato, occorre evitare che l’accettazione degli impegni diventi solo un modo per evitare la sanzione, diminuendo così l’efficacia deterrente della missione affidata alle ANC e alla Commissione. Le decisioni con impegni, infatti, non producono quell’effetto di chiarimento della regola giuridica che deriva, invece, dalle decisioni di infrazione. In questo senso va tenuto presente che, secondo il considerando n. 13 del Regolamento n. 1/2003, le decisioni concernenti gli impegni non sono “opportune” nei casi in cui la Commissione intenda comminare un’ammenda, il che induce a ritenere applicabile l’istituto soprattutto nei casi meno gravi. Vi è comunque concordia su fatto che la Commissione goda di un’ampia discrezionalità nel valutare se accettare le misure proposte dalle imprese, e quindi rendere obbligatoria una decisione ai sensi dell’art. 9 del Reg. n. 1/2003. Al riguardo, nella sentenza 11 luglio 2007, Alrosa c. Commissione, in causa T 170/06, il Tribunale di primo grado ha chiaramente affermato che “la Commissione non è mai tenuta, in forza dell’art. 9, n. 1 del regolamento n. 1/2003 a decidere di rendere obbligatori degli impegni piuttosto che ad agire ai sensi dell’art. 7 del medesimo regolamento. Non è pertanto tenuta a fornire le ragioni per le quali degli impegni non le sembrano idonei ad essere resi obbligatori in modo da concludere il procedimento” (punto 130). Nella stessa decisione il Tribunale di I grado ha anche affermato “che l’obiettivo dell’art. 7, n. 1 del regolamento n. 1/2003 è lo stesso di quello perseguito dall’art. 9, n. 1, e coincide con l’obiettivo principale del regolamento n. 1/2003, che è quello di garantire un’efficace applicazione delle regole di concorrenza previste dal Trattato” (punto 95) e che “Per il conseguimento di tale obiettivo la Commissione dispone di un margine di valutazione discrezionale nella scelta offertale dal regolamento n. 1/2003 di rendere obbligatori gli impegni proposti dalle imprese interessate e di adottare una decisione ai sensi dell’art. 9 o di seguire la via prevista dall’art. 7, n. 1 del medesimo regolamento, che esige l’accertamento di un’infrazione” (punto 96). Tuttavia “l’esistenza di tale margine di valutazione discrezionale [...] non esonera la Commissione dall’obbligo di rispettare il principio di proporzionalità quando decide di rendere obbligatori impegni offerti ai sensi dell’art. 9 n. 1 del regolamento n. 1/2003” (punto 97). Inoltre “sarebbe [...[ in contrasto con l’economia del regolamento n. 1/2003 che una decisione la quale, ai sensi dell’art. 7, n. 1, del medesimo regolamento, dovrebbe essere considerata non proporzionata all’infrazione accertata, possa essere adottata facendo ricorso al procedimento ex art. 9, n. 1, sotto la forma di impegno reso obbligatorio, per il motivo che l’infrazione non ha potuto essere formalmente provata in tale contesto” (punto 101). La Commissione europea, dal canto suo, aveva già in precedenza chiarito, relativamente all’applicazione dell’art. 9 del Regolamento n. 1/2003 (Memo/04/217 in data 17.9.2004) che “This instrument is novel and the conditions for its use are flexible” e “efficiency reasons justify that the Commission limits itself to making the commitments binding, and does not issue a formal prohibition decision”. 12 L’unico limite di opportunità all’adozione di una decisione con impegni è, secondo la Commissione, quello dei procedimenti riguardanti i cartelli segreti c.d. “hardcore” (“the case is not one where a fine would be appropriate [this therefore excludes commitment decisions in hardcore cartel cases])”. Nelle sue prime decisioni in materia (cfr. in particolare, il provvedimento n. 16151 del 15.11.2006, caso I646, Produttori vernici marine, il cui impianto argomentativo è stato pienamente avallato da questa Sezione con sentenza n. 14157 del 29.12.2007), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sembra propensa a ritenere: - che l’idoneità delle misure correttive proposte dalle imprese debba essere rapportata all’oggetto dell’istruttoria, con riguardo non solo ai profili concorrenziali in atto ma anche agli effetti eventualmente già prodottisi. L’Autorità ha in particolare valutato non appropriati impegni relativi a condotte che hanno già pienamente realizzato i loro effetti restrittivi e che non siano in grado di rimuovere questi ultimi con efficacia retroattiva; - che gli impegni presentati debbano comunque essere suscettibili di un’attuazione piena, tempestiva e facilmente verificabile. Nel caso di specie, forma oggetto di impugnativa prima ancora che l’adeguatezza delle misure proposte da Vodafone, la stessa scelta di preferire una procedura negoziata a quella di infrazione. Il Collegio reputa però che tale scelta, attesi i lineamenti che l’istituto ha assunto in sede comunitaria, impinga nell’autonomia di cui le Autorità nazionali dispongono relativamente alla determinazione delle proprie priorità di intervento e, pertanto, in una sfera in cui la discrezionalità delle Autorità medesime è massima, non potendo quindi interferirsi, salva l’esistenza di decisioni chiaramente arbitrarie, nelle valutazioni di ammissione alla procedura negoziata. Nel caso di specie, le argomentazioni di Eutelia fanno peraltro leva su alcune differenze sussistenti, sul piano procedimentale, tra l’istituto in esame, così come disciplinato dal Reg. n. 1/2003, e le disposizioni contenute nell’art. 14 – ter della l. n. 287/90, secondo le quali “1. Entro tre mesi dalla notifica dell'apertura di un'istruttoria per l'accertamento della violazione degli articoli 2 o 3 della presente legge o degli articoli 81 o 82 del Trattato CE, le imprese possono presentare impegni tali da far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell'istruttoria. L'Autorità, valutata l'idoneità di tali impegni, può, nei limiti previsti dall'ordinamento comunitario, renderli obbligatori per le imprese e chiudere il procedimento senza accertare l'infrazione.” (comma 1). Se risultano, infatti, evidenti le analogie con la disciplina comunitaria nella parte in cui la norma fa riferimento alla necessità di elidere “i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria” e ad una valutazione dell’idoneità degli impegni “nei limiti previsti dall’ordinamento comunitario”, vi è invece una chiara difformità nella previsione di un brevissimo termine per la presentazione degli impegni, laddove il più volte richiamato art. 9 del Reg. n. 1/03, non stabilisce né i tempi della “valutazione preliminare” della Commissione, ne quelli per la definizione delle istanze presentate dalla imprese. Per l’accettazione degli impegni non sussiste cioè un preciso sbarramento temporale, mentre nella prassi, si è osservato, la stessa pubblicazione degli impegni per la loro sottoposizione al c.d. market test fa seguito ad una lunga fase di approfondimento e discussione tra le parti e gli uffici della Commissione. 13 Il legislatore interno sembra avere concepito invece lo sbarramento temporale come un deterrente, derivante dalla necessità, da un lato, di prevenire comportamenti “opportunistici” delle imprese e, dall’altro, di salvaguardare l’efficacia dei programmi di clemenza previsti dall’art. 15, comma 2 – bis della l. n. 287/90 (cfr. la sentenza 14157/2007 cit.). E’ tuttavia dubbio che a tale termine possa attribuirsi natura perentoria in quanto essa contrasterebbe, in primo luogo, con la lettera e lo spirito dell’art. 9 del Regolamento comunitario n. 1/2003, norma peraltro direttamente applicabile anche nell’ordinamento interno. Al riguardo, non va infatti dimenticato che l’art. 5 del medesimo Regolamento prevede che le Autorità Garanti della Concorrenza degli Stati membri sono competenti ad applicare gli artt. 81 e 82 del Trattato in casi individuali e che a tal fine, agendo d’ufficio o in seguito a denuncia, possono adottare alcune decisioni, tra cui è inclusa quella di accettare impegni. Tale potere è dunque attribuito alle Autorità nazionali direttamente dal Regolamento (cfr., sia pure in relazione alle decisioni che dispongono misure cautelari, TAR Lazio, sez. I^, 7 marzo 2006, n. 1713, Merck). La previsione di un termine perentorio risulta poi disarmonica non solo con il procedimento disciplinato in sede comunitaria, ma soprattutto con la funzione dell’istituto, la quale richiede, da un lato, che le imprese siano poste in grado di proporre misure correttive idonee e, dall’altro, che la Commissione disponga di elementi sufficienti per valutarne la rispondenza ai profili anticoncorrenziali emersi. La tempestività della presentazione degli impegni va quindi rapportata, di volta in volta, alle fattispecie concrete, essendo rimessa alla Commissione, e alle ANC, la relativa valutazione. Alla luce dell’impostazione comunitaria dell’istituto, il termine previsto dall’art. 14 – ter della l. n. 241/90 deve in definitiva intendersi come meramente sollecitatorio. Reputa altresì il Collegio che l’assenza, nella delibera del 6 settembre 2006, di criteri atti a discriminare i procedimenti pendenti, in rapporto al loro stato di avanzamento, lungi dall’evidenziare una forma di “eccesso di potere”, come ritenuto da Eutelia, sia al contrario pienamente legittima proprio in quanto riflette l’ampia discrezionalità dell’Autorità circa l’adozione di una decisione con impegni. Al riguardo va ancora evidenziato che, così come sottolineato dalla difesa erariale, nella cit. delibera del 6.9.2006, l’Autorità non ha prefigurato una sorta di accettazione automatica e generalizzata degli impegni ma si è espressamente riservata la facoltà di delibarne l’idoneità “nei limiti previsti dall’ordinamento comunitario”. In disparte le osservazioni che verranno fatte in prosieguo, circa l’adeguatezza “sostanziale” degli impegni di Vodafone, l’Autorità appare aver fatto buono governo di siffatta discrezionalità. Sebbene, infatti, il procedimento A357 fosse ormai giunto alla fase della Comunicazione delle risultanze istruttorie, non può certo dirsi che il quadro probatorio che, sino ad allora, si era venuto componendo, si presentasse così “schiacciante” da escludere del tutto i benefici solitamente derivanti da una decisione con impegni. Di tanto vi è prova nel fatto che il principale addebito contestato dall’Autorità, quello relativo all’abuso di PDC nel mercato dell’accesso, non ha trovato conferma nel provvedimento finale. 14 E’ altresì innegabile che lo stralcio della posizione di Vodafone abbia comportato almeno una parziale semplificazione dell’attività di verifica e di valutazione giuridica che fa seguito ai rilievi contenuti nella CRI. Non condivisibile, infine, è l’argomentazione di Eutelia secondo cui l’ammissibilità o comunque l’accettazione di una decisione con impegni sia legata all’esistenza di quid pluris, rispetto a quanto sufficiente a rimuovere gli effetti dell’illecito concorrenziale contestato. L’offerta di misure sproporzionate rispetto al problema concorrenziale sollevato rappresenta, semmai, un rischio per le imprese, a fronte del quale esse sono chiamate ad effettuare una comparazione con il beneficio derivante dalla chiusura del procedimento e dal conseguente venir meno dell’eventualità di una decisione di accertamento dell’infrazione. Al riguardo, nel caso Alrosa, il Tribunale di I grado ha chiaramente esplicitato l’esigenza che anche le misure rese obbligatorie attraverso una decisione ai sensi dell’art. 9, par. 1, del Regolamento, siano soggette, da parte della Commissione, a “controllo di proporzionalità”. Secondo il Tribunale, infatti, “neppure la volontarietà degli impegni è atta a esonerare la Commissione dal rispetto del principio di proporzionalità, perché è la decisione della Commissione che li rende obbligatori. Il fatto che un’impresa ritenga, per ragioni sue proprie, che è opportuno, in un certo momento, presentare taluni impegni non significa che tali impegni siano per ciò stesso necessari” (punto 105, decisione cit.). Non occorre poi spendere molte parole per comprendere che la tesi di Eutelia tende ad assimilare il ruolo dell’Autorità antitrust a quello proprio di un’Autorità di regolazione. 3.1.2. Sempre sul piano procedimentale, Eutelia ha poi stigmatizzato la circostanza che AGCM abbia accolto gli impegni di Vodafone, dopo una prima decisione di rigetto, senza procedere ad un nuovo “market test”, secondo la procedura delineata dalla stessa Autorità nella Comunicazione in data 12 ottobre 2006 ed ispirata, come noto, all’art. 27, comma 4, del Reg. n. 1/2003. Relativamente ad eventuali modifiche o aggiustamenti degli impegni, successivamente al market test, in assenza di precise indicazioni contenute nella Comunicazione dell’Autorità del 12.10.2006, reputa il Collegio che possono trovare applicazione i noti principi elaborati dalla giurisprudenza amministrativa in ordine alla più risalente ed emblematica ipotesi di istruttoria pubblica conosciuta dal nostro ordinamento, vale a dire la pubblicazione della delibera di adozione del piano regolatore generale, o di una sua variante. Come noto, la ripubblicazione del piano va effettuata soltanto quando ne muti l’impostazione, a causa dell’introduzione di modifiche essenziali, tali da configurare l’adozione di un nuovo provvedimento. Nella fattispecie, vi è concordia sul fatto che proposta di nuovi impegni rispetto a quelli evidenziare una sopravvenuta circostanza di definitivo con BT Italia, contratto del quale semplice versione “preliminare”. l’istanza di riesame di Vodafone non contenesse la in precedenza pubblicati ma che si limitasse ad fatto, rappresentata dalla stipulazione del contratto era stata in precedenza trasmessa all’Autorità una Il Collegio osserva che, nella decisione di accoglimento, l’Autorità ha fatto applicazione del criterio, già in precedenza delineato (cfr. il provvedimento, sopra citato, relativo al procedimento I646, Produttori vernici marine), secondo cui gli impegni presentati “debbono essere suscettibili di un’attuazione piena, tempestiva e facilmente verificabile”. 15 Si legge infatti nel provvedimento che “il contratto sottoscritto in data 7 aprile 2007 con BT Italia, definitivamente vincolante per le parti, rappresenta un elemento di novità decisivo, in quanto segna concretamente ed effettivamente l’apertura del mercato dell’accesso wholesale alle reti mobili italiane.” Inoltre, la rinnovata e positiva valutazione di alcune clausole, delle quali era stata in precedenza rilevata la “criticità”, non può considerarsi per ciò solo illegittima, dovendo piuttosto verificarsi se tale determinazione sia assistita da autonoma e compiuta valutazione. Va infine evidenziato, relativamente alla censura di violazione del diritto a contraddire di Eutelia, in quanto “parte” del procedimento, che la ricorrente, oltre a partecipare al market test,: - ha avuto tempestiva comunicazione da parte dell’Autorità della formulazione, da parte di Vodafone, di un’istanza di riesame, nonché della proposta di accoglimento; - ha esercitato il diritto di accesso ai verbali delle sedute dell’Autorità in data 1, 12 e 18 aprile 2007: - è stata messa in grado, grazie alla proroga del termine di chiusura del procedimento principale, fissato per il 30 maggio 2007, di presentare memorie anche in relazione all’accoglimento degli impegni Vodafone, partecipando, in data 6 giugno 2007, all’audizione finale. Attesa la sequenza logico – temporale degli eventi appena descritti, reputa i Collegio che Eutelia, pur in mancanza dell’assegnazione di un preciso termine per controdedurre, con specifico riguardo alla proposta di accoglimento dell’istanza di riesame presentata da Vodafone, abbia avuto a disposizione un congruo termine per replicare a siffatta decisione che, è bene precisare, è stata formalizzata, con l’adozione del provvedimento definitivo, solo in data 24 maggio 2007. 4. Sul piano sostanziale, Eutelia ritiene che l’Autorità non abbia comunque fornito una motivazione idonea a spiegare il superamento delle “criticità” sostanziali, rilevate con il precedente provvedimento di rigetto degli impegni, a tanto non essendo sufficiente la stipulazione del contratto definitivo con BT Italia. Tale accordo non sarebbe infatti idoneo a far venir meno i profili concorrenziali rilevati dall’Autorità. In particolare, secondo la ricorrente, esso non elimina gli effetti anticoncorrenziali sul mercato all’ingrosso dell’accesso in quanto non contempla la predisposizione di un’offerta wholesale rivolta alla generalità degli operatori. Richiama, al riguardo, il parere reso, nel procedimento in esame, dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni nel quale si sottolinea la permanente “criticità tuttora riscontrabile nei mercati dell’accesso alle reti mobili”, unitamente agli analoghi rilievi espressi nella delibera n. 168/07/CONS del 19 aprile 2007 con la quale è stato disposto l’avvio del procedimento avente ad oggetto l’identificazione e l’analisi del mercato dell’accesso e della raccolta delle chiamate nelle reti telefoniche pubbliche (c.d. Mercato n. 15). Analoghi rilievi critici svolge in ordine al problema della terminazione sulla rete Vodafone. L’abuso relativo al mercato all’ingrosso della terminazione, consistente nell’applicazione da parte dei tre MNO di prezzi ingiustificatamente gravosi per il servizio di terminazione delle chiamate sulle proprie reti, è stato contestato dall’Autorità a carico di ciascun operatore in quanto singolarmente dominante sulla propria rete mobile. 16 Pertanto, anche nel caso in cui un operatore di rete fissa riuscisse a negoziare un accordo di MVNO con Tim o Wind la situazione non muterebbe perché permarrebbe per tale operatore la necessità di approvvigionarsi anche del servizio di terminazione offerto da Vodafone. Quest’ultima, tuttavia, nella mancanza di un impegno sul punto, potrà continuare ad applicare tariffe di terminazione eccessive o comunque discriminatorie rispetto a quelle praticate alle proprie divisioni commerciali. Inoltre, prosegue Eutelia, l’accordo tra Vodafone e BT Italia accentua, piuttosto che risolvere, le distorsioni concorrenziali degli abusi commessi da Vodafone in quanto è ragionevole presumere che, in virtù del suddetto accordo, BT Italia possa oggi acquistare anche il servizio di terminazione a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle praticate da Vodafone agli altri operatori. Con i motivi aggiunti Eutelia ha rimarcato che vi è una netta distinzione tra il mercato in cui si sono realizzate le condotte qualificate da AGCM come abusive, ovvero il mercato all’ingrosso della terminazione sulle reti dei singoli operatori mobili, e il mercato in cui detto abuso ha prodotto i suoi effetti, e cioè quello a valle dei servizi integrati di fonia F – M. Anche in tale prospettiva il contratto stipulato con BT risulterebbe del tutto inidoneo a risolvere il problema concorrenziale evidenziato dall’Autorità. Pur volendo ammettere, infatti, che il compenso per la terminazione degli utenti BT consenta a quest’ultima di formulare offerte integrate fisso mobile on – net alla clientela aziendale in concorrenza con quelle proposte da Vodafone, per il servizio di terminazione su rete Vodafone BT continuerà invece a corrispondere il prezzo regolamentato di interconnessione e quindi ad essere discriminata da Vodafone rispetto alle proprie divisioni commerciali. Gli unici comportamenti idonei alla rimozione degli effetti degli abusi contestati a Vodafone sarebbero, pertanto, esclusivamente quelli ricavabili dall’ordine inibitorio contenuto nel provvedimento finale, vale a dire il ritiro di tutte le offerte F - M scontate attualmente commercializzate dalla società (analogamente agli altri MNO) ovvero l’allineamento delle tariffe di interconnessione ai minori prezzi praticati alle proprie divisioni commerciali. In definitiva, gli effetti pro-competitivi dell’accordo sono estremamente labili, in particolare perché non vi è alcun obbligo da parte di Vodafone di stipulare un contratto di accesso alla propria rete con qualunque operatore alternativo lo richieda. 4.1. Circa l’idoneità degli impegni proposti da Vodafone, l’Autorità ha osservato (parr. 24 – 27) che “ [...] il contratto sottoscritto in data 7 aprile 2007 con BT Italia, definitivamente vincolante per le parti, rappresenta un elemento di novità decisivo, in quanto segna concretamente ed effettivamente l’apertura del mercato dell’accesso wholesale alle reti mobili italiane [...] Le condizioni economiche previste nel contratto con riferimento alla terminazione, inoltre, consentono a BT Italia di formulare offerte F-M alla clientela aziendale che siano in concorrenza con quelle formulate da Vodafone. [...] In relazione alla clausola di revenue sharing, la stessa può rappresentare una remunerazione dei costi di investimento che Vodafone deve sostenere per permettere [all’operatore di rete fissa sua controparte contrattuale] di offrire servizi di comunicazione sulla sua rete e, in ogni caso, è mitigata dalla presenza del sistema di [valutazione del mercato] annuale delle condizioni economiche dei servizi offerti [all’operatore]. [...] Rilevante, infine, è la circostanza che, nel contratto, Vodafone si sia espressamente riservata il diritto di fornire a terzi analoghi servizi di accesso wholesale alla propria rete, senza alcuna restrizione (articolo 2.4): ciò dà la possibilità ad altri operatori di entrare nel mercato all’ingrosso dei servizi di accesso alle reti mobili [...]”. 17 A fronte di alcuni rilevi formulati nel parere reso dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, AGCM ha poi replicato (parr. 36 – 38 ) che “la prima condotta contestata a Vodafone - rifiuto di fornire servizi di accesso all’ingrosso – ha l’effetto di precludere l’offerta a valle di tutte le tipologie di servizi di comunicazione mobile. In tal senso, la circostanza che la società, ai fini dell’adempimento dell’impegno, abbia stipulato due contratti definitivi ed uno preliminare con soggetti con caratteristiche diverse tra loro - un operatore di telefonia fissa, un operatore della grande distribuzione e un operatore attivo nei servizi postali - in grado di offrire gran parte delle tipologie di servizi mobili finali, consente, sotto il profilo antitrust, lo sviluppo del processo concorrenziale. Peraltro, con specifico riferimento al fatto che BT Italia offre solo servizi fissomobile specificamente rivolti alla clientela aziendale, si osserva che i costi di diversificazione della propria offerta cui va incontro un operatore di rete fissa che voglia estendere alla clientela residenziale servizi già prestati all’utenza business appaiono limitati [..] Con specifico riferimento al mercato della terminazione fisso-mobile, si sottolinea che le condizioni economiche per la terminazione su rete Vodafone previste nel contratto con BT Italia consentiranno a quest’ultima di formulare offerte fisso-mobile on net alla clientela aziendale in concorrenza con quelle proposte da Vodafone”. Le valutazioni appena riportate appaiono in linea con l’originaria ipotesi “accusatoria” contenuta nel procedimento di avvio e sviluppata nella Comunicazione delle risultanze istruttorie, relativa ad un abuso di posizione dominante collettiva nell’accesso alle infrastrutture di rete mobile e a tre distinti abusi di posizione dominante individuale da parte di ciascuno dei suddetti gestori nei mercati della terminazione sulle rispettive reti mobili. L’impostazione di fondo del procedimento A357 muove dalla considerazione che anche la posizione dominante individuale di Tim, Vodafone e Wind, nei rispettivi mercati dei servizi all’ingrosso di terminazione sulla propria rete, sia stata determinata non solo dalla circostanza che ciascuna rete sia proprietà di un solo gestore e che non vi è sostituibilità dal lato della domanda per i servizi di terminazione su una data rete, ma anche dal fatto che i tre gestori, in tutto il periodo oggetto di analisi, non hanno dato accesso alle proprie reti ad operatori alternativi, in particolare di rete fissa, e quindi non sono stati soggetti a pressioni o vincoli da parte di concorrenti, attuali, o potenziali. Tra le due tipologie di illecito concorrenziale ipotizzate vi dunque è un chiaro rapporto logico – fattuale, coerentemente valorizzato anche dalla decisione in esame. Di immediata percezione, a parere del Collegio, è il conseguimento, attraverso di essa, dell’obiettivo dell’avvio di un processo di apertura del mercato dell’accesso wholesale alla rete, con la conseguente possibilità, per gli operatori virtuali, di elaborare una propria competitiva offerta commerciale. Tale possibilità non è invero stata contestata da Eutelia la quale, a ben vedere, imputa in realtà all’Autorità antitrust di non avere imposto a Vodafone la predisposizione di una offerta pubblica wholesale, vale a dire un tipica misura regolatoria che nemmeno l’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni ha sinora ritenuto necessaria (cfr. in particolare la delibera 168/07/CONS richiamata dalla stessa Eutelia). A ciò si aggiunga che, nel caso di specie, nel contratto stipulato con BT Italia non figurano clausole di esclusiva né risulta che una simile esclusiva sia stata assicurata in via di fatto. In tale contratto è anzi rinvenibile una clausola, debitamente valorizzata dall’Autorità, secondo cui Vodafone si è espressamente riservata di fornire a terzi analoghi servizi di accesso wholesale alla propria rete, senza alcuna restrizione. 18 E se è vero, così come evidenziato da Eutelia, che dagli impegni assunti da Vodafone non deriva un obbligo generalizzato a contrarre con i terzi, tuttavia un eventuale futuro, ingiustificato rifiuto di Vodafone di concedere ad essi, a parità di impegno tecnico e commerciale, analoghe condizioni di accesso alla propria rete, verrebbe sicuramente a configurarsi quale elusione delle misure concordate, con la conseguente riapertura del procedimento di infrazione. In altre parole l’impegno Vodafone segna, a parere del Collegio, un punto di “non ritorno”, perché introduce, quantomeno, un modello di comportamento virtuoso al quale, da ora in poi, la società dovrà adeguarsi nelle negoziazioni relative alla proprie risorse di rete. Al riguardo, appaiono poi condivisibili le argomentazioni di Vodafone, relative all’analisi delle dinamiche competitive innescate dalla decisione impugnata. In particolare: - una volta che vi sia stato l’ingresso, nel mercato, di un MVNO, un MNO che voglia rispondere all’iniziativa del proprio concorrente che ha fornito al primo l’accesso alla rete, deve “attrezzarsi” per essere anch’egli presente nel mercato di accesso wholesale alle reti; - di fronte ad un operatore di rete fissa che ha stipulato un contratto di MVNO e che entra nel mercato delle offerte convergenti, gli altri operatori alternativi non possono rimanere inerti e devono cercare di adeguare la propria offerta, attraverso contratti di accesso alle reti mobili; - è presumibile che anche gli operatori della grande distribuzione o di altro settore non possano lasciare un vantaggio competitivo e di immagine ai primi, fra loro (nella fattispecie, Coop e Carrefour) che si sono cimentati nel mercato delle telecomunicazioni attraverso la stipula di un contratto di MVNO. Siffatta analisi risulta confermata da quanto documentato dalla stessa Vodafone e dalla difesa erariale. Dopo l’accoglimento degli impegni sono state infatti avviate numerose trattative, anche da parte degli altri gestori di rete mobile. In particolare, Tim, dopo la stipulazione del contratto con Coop ha sottoscritto un contratto preliminare con Tiscali e ha intrapreso, nel corso del 2007, trattative con Fastweb (parr. 350 e 354 del provvedimento finale). Wind ha segnalato l’esistenza di trattative in corso con le società Noverea, Goware, Materna, Fastweb, Aci Informatica, Panorama, Alcatel Lucent, Lyneamobile, Blyk MVNO e con una primaria società italiana quotata in borsa (parr. 352 e 354). Nelle memorie conclusionali, Vodafone ha poi rappresentato che, attualmente, già undici operatori virtuali sono entrati nel mercato retail con le loro offerte o sono in procinto di entrarvi. Di rilievo è anche il provvedimento della Commissione europea in data 27.11.2007, depositato da Vodafone, con il quale, nell’autorizzare la concentrazione tra Vodafone e Tele2, la Commissione medesima, in relazione all’avvenuto ingresso nel mercato italiano di numerosi operatori mobili virtuali (cfr. i parr. 47 – 56), conclude per l’assenza di problemi anticoncorrenziali, sia in relazione al mercato wholesale dell’accesso alla rete, sia in relazione al segmento emergente dei servizi convergenti fisso – mobile. 19 4.2. Relativamente alle problematiche concernenti il mercato della terminazione, giova precisare che l’abuso contestato a Vodafone non riguarda l’esistenza in sé di prezzi eccessivamente gravosi praticati a livello wholesale, quanto il fatto che la discriminazione operata da Vodafone a favore delle proprie divisioni commerciali (grazie ai “sussidi” derivanti dalle più elevate tariffe di terminazione richieste ai concorrenti), ha impedito a questi ultimi di replicare offerte analoghe nel mercato dei servizi finali all’utenza aziendale, sulla direttrice fisso – mobile, relativamente alla componente on – net e intercom, nonché la rivendita di terminazione a livello wholesale (cfr. in particolare i parr. 492 – 496, 507 – 523 e 547 della CRI) In tale ottica, non vi è una apprezzabile illogicità nel fatto che l’Autorità abbia valorizzato la circostanza che le “condizioni economiche per la terminazione su rete Vodafone previste nel contratto con BT Italia consentiranno a quest’ultima di formulare offerte fisso-mobile on net alla clientela aziendale in concorrenza con quelle proposte da Vodafone”. E’ infatti elementare il rilievo secondo cui, una volta che abbiano fatto ingresso sul mercato operatori che possono disporre, grazie agli accordi negoziati con gli MNO, di una propria rete virtuale, l’acquisto di terminazione a buon prezzo non rappresenta più l’unico strumento utilizzabile, da parte dei concorrenti, per formulare offerte competitive. L’effetto escludente derivante dalle condizioni economiche per l’acquisto del (solo) servizio di terminazione viene infatti ampiamente ridimensionato dalla possibilità di negoziare un complessivo accordo di accesso alla rete wholesale. Quanto poi alla circostanza, particolarmente enfatizzata da Eutelia nei motivi aggiunti, secondo cui anche BT Italia, per terminare off - net, ossia su rete Vodafone, si troverà comunque a pagare, in assenza di un preciso impegno sul punto da parte della stessa Vodafone o di una decisione di infrazione, un prezzo più alto di quello che l’MNO pratica alle proprie divisioni commerciali, essa è, a ben vedere, inconferente in quanto siffatta evenienza incide sull’offerta al dettaglio di raccolta di chiamate destinate ad essere terminate sulle reti più diverse, ivi compresa quella di Vodafone, vale a dire un segmento del mercato dei servizi finali che non ha formato oggetto di rilievi specifici da parte dell’Autorità. Appare comunque ovvio che, così come correttamente rimarcato dall’Associazione Internet Providers, l’accettazione degli impegni non incide affatto sul perdurante obbligo di Vodafone di osservare il principio di non discriminazione “esterno – interno”, sia sotto il profilo tecnico che economico, imposto a tutti gli operatori notificati dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. Gli impegni si limitano infatti a risolvere un concreto problema concorrenziale, essendo rimesso, semmai, all’Autorità di settore di verificare il rispetto degli obblighi regolamentari o, più in generale, di procedere ad una revisione verso il basso delle tariffe di terminazione. 4.2.1. Quanto testé rilevato consente anche di comprendere il non perfetto allineamento tra il parere dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni e la valutazione di AGCM. In particolare, AgCOM ha affermato di ritenere “verosimile che l’efficacia procompetitiva dell’impegno sia idonea a neutralizzare i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria, per quanto di essi fosse pro- quota imputabile a Vodafone, secondo quanto è sufficiente ai limitati fini dell’art. 14 – ter della l. n. 287/90”. L’Autorità ha peraltro osservato “con precipuo riguardo alla proprie competenze di regolamentazione del settore” che i contratti stipulati da Vodafone con BT 20 Italia e Carrefour “non sono in grado di superare tutti gli ostacoli che si frappongono allo svolgimento delle dinamiche competitive.”. Il preteso contrasto tra le due Autorità deve quindi principalmente ricondursi, così come correttamente rilevato dall’Avvocatura dello Stato, alla “distinzione e al parallelismo” tra le competenze e gli obiettivi di ciascuna Autorità. In questo senso, la circostanza, rimarcata da Eutelia, relativa all’avvio da parte di AgCom di un procedimento avente ad oggetto l’analisi del mercato n. 15 (il mercato dell’accesso) è forse indice dell’esistenza di un complessivo deficit di concorrenza in tale mercato, tale da giustificare un intervento di regolazione, ma non già prova di uno specifico illecito concorrenziale da abuso di posizione dominante tuttora imputabile a Vodafone ovvero agli altri operatori dominanti. Relativamente al mercato della terminazione, AgCOM si è invece chiaramente espressa in senso negativo, avendo rilevato che “le condizioni dell’impegno assunto da Vodafone non sembrano affrontare e risolvere i profili anticoncorrenziali riscontrati con riferimento al mercato della terminazione fisso-mobile, consistenti nelle condizioni discriminatorie praticate agli operatori rispetto alle divisioni interne”. Al riguardo, va ricordato, circa il rapporto tra le due Autorità (cfr. in particolare, Cons. St., sez.VI, 10 marzo 2006, n. 1271), che “i compiti attribuiti all'Autorità nazionale di regolamentazione (AGCom) in tema di definizione dei mercati rilevanti e delle posizioni dominanti nel settore delle telecomunicazioni, non hanno fatto venire meno la generale competenza antitrust spettante all'AGCM: quest'ultima deve acquisire il parere della prima, che è obbligatorio e non vincolante, ma dalle cui risultanze l'AGCM può discostarsi con adeguata motivazione”. Inoltre, “le valutazioni dell'Autorità di settore assumono una valenza diversa a seconda che si riferiscano alla disciplina ed alle caratteristiche del settore regolato rispetto a quelle attinenti l'applicazione delle norme in materia di tutela della concorrenza. In entrambi i casi l'Autorità antitrust dovrà motivare il discostamento dal parere dell'autorità di settore, ma nella prima ipotesi la motivazione dovrà essere particolarmente esauriente a differenza della seconda, in cui le valutazioni attengono direttamente alle competenze attribuite al garante della concorrenza”(Cons. Stato, sez. VI, 23 aprile 2002, n. 2199 e Cons. Stato, sez. VI, 2 marzo 2001, n. 1187). Nella fattispecie, la spiegazione offerta da AGCM circa l’idoneità dell’impegno ad elidere i concreti effetti anticoncorrenziali del secondo abuso contestato a Vodafone, non presta il fianco, come già osservato, a rilievi di manifesta illogicità e, pertanto, la difformità in sé degli apprezzamenti delle due Autorità rimane priva di autonoma valenza invalidante. 5. Secondo Telecom e Wind, in caso di illeciti plurisoggettivi, ovvero di una pluralità di condotte monosoggettive strettamente connesse, come quelle in esame, il procedimento deve essere chiuso, oltre che nei confronti dell’impresa che ha presentato l’impegno, anche nei confronti delle altre. La procedura prevista dall’articolo 14-ter più volte citato, mutuata dal diritto comunitario, trova, infatti, la sua ratio di fondo in ragioni di economia procedimentale, da un lato, e di pronta modifica della situazione di mercato, dall’altro. In caso di comportamenti paralleli plurisoggettivi, la rottura del parallelismo da parte di uno o più soggetti può risultare infatti sufficiente a far venire meno i profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria in quanto rompe l’equilibrio che si era in precedenza creato. 21 Se, invece, l’impegno assunto da una delle parti è inidoneo ad elidere la disfunzione di mercato, l’istruttoria deve continuare nei confronti di tutte le imprese coinvolte e gli impegni assunti da alcune della parti soltanto potranno essere valutati esclusivamente come attenuanti. Nella fattispecie, per quanto riguarda il mercato della terminazione, Telecom e Wind reputano che l’accordo Vodafone BT abbia ormai modificato in modo irreversibile le condizioni di mercato facendo, a loro dire, venir meno l’interesse di AGCM ad accertare l’illegittimità delle condotte individuali poste in essere da Tim e da Wind. A ciò deve aggiungersi che, attraverso la decisione di infrazione, si avrebbe un accertamento implicito anche nei confronti di chi ha presentato l’impegno. Siffatto esito è però in contrasto con la disciplina dell’istituto in questione il quale impone di non procedere, in caso di accoglimento, ad alcun accertamento. Infine, secondo Telecom, la mancata chiusura dell’istruttoria potrebbe comportare gravi e irreparabili distorsioni della concorrenza nel mercato della terminazione in quanto Vodafone è oggi libera di applicare, per le componenti on – net e intercom, prezzi inferiori ai sottostanti costi di terminazione laddove Telecom si è vista costretta a ritirare le offerte fisso – mobile di cui l’Autorità ha ipotizzato il carattere discriminatorio. Alla luce di tali perplessità chiede, pertanto, che venga rinviata in via pregiudiziale alla Corte di Giustizia la questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 9, par. 1, del Regolamento CE n. 1/2003, cui si conforma l’art. 14 - ter della l. n. 287/90, in fattispecie plurisoggettive analoghe a quella in esame. L’Autorità sarebbe incorsa, infine, in un evidente vizio logico in quanto pur avendo negato, ab origine, che il mercato rilevante da considerare fosse quello dei “Gruppi chiusi di utenti”, ha poi finito per accettare un impegno che farebbe esclusivo riferimento a tale mercato. 5.1. Circa l’incidenza dell’accettazione degli impegni Vodafone sul procedimento ordinario di accertamento dell’illecito a carico dei soggetti che non hanno presentato impegni, giova delineare quale sia la posizione dell’Autorità, ampiamente delineata nei parr. 368 – 374 del provvedimento finale. L’Autorità è partita in primo luogo dall’affermazione che l’istituto della decisione con impegni ha una “forte valenza derogatoria” e, pertanto, “trattandosi di una deroga all’ordinaria procedura”, il suo ambito di applicazione deve necessariamente essere interpretato restrittivamente. La decisione di accettazione degli impegni è adottata nei confronti di chi ha proposto l’impegno. Ciò comporta necessariamente che “gli effetti di preclusione all’accertamento, che scaturiscono da questa decisione come effetti naturali imposti dalla legge, non possono che valere esclusivamente nei confronti dell’impresa che ha presentato gli impegni, che sono stati accettati”. Secondo l’Autorità, il procedimento “incidentale” deve considerarsi del tutto autonomo dalla procedura ordinaria di accertamento e dai suoi esiti. La differenza sarebbe poi radicale anche sul piano dei contenuti sostanziali della decisione e della relativa disciplina. La decisione ai sensi dell’art. 14-ter presuppone, infatti, la mera “prefigurazione” di un’ipotesi di violazione della normativa di concorrenza. Si tratta cioè di un oggetto assai più indefinito ed ampio 22 dell’oggetto della pronuncia di accertamento. All’Autorità “non incombe alcun onere probatorio, essa dovrà limitarsi a valutare l’ ‘idoneità’ degli impegni, cioè la loro capacità sul piano tecnico effettuale di risolvere il problema delineato nell’atto di avvio.”. L’oggetto dell’accertamento si sostanzia invece “nella verifica se i fatti accertati in istruttoria possano essere sussunti nelle fattispecie di illecito, come dettagliatamente delineate dalla giurisprudenza.” Alla luce della differenze esistenti tra i due procedimenti, l’Autorità ritiene che la regola per cui l’effetto preclusivo all’accertamento vale solo nei confronti di chi l’impegno ha presentato, non possa essere scalfita nel caso di procedure plurisoggettive, quando una sola impresa si sia attivata. Tale esito è imposto dal fatto che “la decisione di cui all’articolo 14-ter ha destinatari individuati e, introducendo una deroga all’ordinaria procedura di accertamento, l’ambito di estensione dei suoi effetti deve essere interpretato restrittivamente, circoscrivendone la portata appunto a coloro che sono formalmente i diretti destinatari della decisione”. Simile soluzione è ritenuta dall’Autorità coerente “con il principio della necessaria valutazione individuale delle condotte delle singole imprese coinvolte nella procedura, principio tipico in tema di illecito amministrativo, che questa Autorità è tenuta ad applicare atteso il richiamo alla legge n. 689/81 contenuto nell’articolo 31 della legge n. 287/90”. Essa evidenzia altresì l’irragionevolezza di estendere l’immunità garantita dalla decisione ai sensi dell’articolo 14-ter anche chi non ha ritenuto di offrire alcun impegno e che, per giunta a differenza dell’impresa i cui impegni sono stati accolti, resterebbe del tutto libero da qualsiasi obbligo. Si produrrebbe in definitiva “un effetto di immunità dall’accertamento dell’illecito anche in capo a chi non ha posto in essere il comportamento che la legge esige come presupposto di quell’unica decisione che l’immunità può determinare”. Quanto alla tesi secondo cui il comportamento virtuoso di una sola delle imprese farebbe radicalmente venir meno il problema concorrenziale, “sarebbe del tutto trascurato il fatto che comunque resterebbe da chiarire se il comportamento delle imprese fino al momento in cui l’unica impresa virtuosa si è attivata, abbia potuto integrare gli estremi dell’abuso contestato e perciò, non foss’altro per la necessità di verificare l’ipotesi accusatoria relativa a ciò che storicamente è accaduto, il procedimento di accertamento si deve concludere”. L’Autorità evidenzia ancora che i due procedimenti, in definitiva, “non sono necessariamente interdipendenti” e che “i rispettivi esiti concreti non possono essere messi in relazione”. Sottolinea, infine che, “ammettere in generale la possibilità per le parti di una procedura plurisoggettiva, come quella nella specie, di potersi rendere immuni sulla base dell’impegno di uno solo, si presterebbe a facili strumentalizzazioni da parte delle imprese coinvolte, che potrebbero colludere tra loro per ripartirsi vantaggi e svantaggi di una simile procedura ed eventualmente continuare l’attività illecita dietro lo schermo della decisione che tutti renderebbe immuni. La soluzione che, invece, si ritiene di adottare elimina questi rischi di strumentalizzazione, definendo un trattamento procedurale e sostanziale strettamente connesso all’effettivo comportamento di ciascuno”. 5.1.1. Il Collegio reputa condivisibili, in primo luogo, le argomentazioni dell’Autorità circa la necessità un “accertamento storico” e di una “valutazione individualizzata” del comportamento 23 delle imprese, in quanto coerenti con la configurazione di illecito amministrativo delle condotte rilevanti ai fini antitrust. A ciò si aggiunga che, come ancora correttamente evidenziato dall’Autorità, nessuna disposizione del Regolamento CE n. 1/2003 prevede l’estensione dell’immunità derivante dalla valutazione di idoneità degli impegni presentati unilateralmente da una delle parti di un illecito plurisoggettivo anche alle altre parti dell’illecito. Per converso, l’istituto non potrebbe avere alcuna applicazione utile in fattispecie plurisoggettive ove dovesse ritenersi, come adombrato dalle ricorrenti, che l’impegno di una delle parti debba risultare idoneo a rimuovere gli effetti non solo della propria, ma anche dell’altrui condotta anticoncorrenziale. Neppure giova alle ricorrenti opporre che lo spontaneo meccanismo concorrenziale, innescato dagli impegni Vodafone abbia, in tesi, determinato la “cessazione dell’infrazione”, con conseguente inutilità della prosecuzione del procedimento al solo fine di applicare loro una sanzione pecuniaria. In disparte la circostanza, ben evidenziata dall’Autorità, della differenza esistente tra un comportamento “spontaneo”, in quanto razionale sul piano economico, ed un obbligo giuridico derivante da una decisione di infrazione, le ricorrenti trascurano la circostanza che la Commissione e le ANC possono perseguire anche infrazioni già cessate. Secondo la giurisprudenza comunitaria, infatti, il potere della Commissione di infliggere sanzioni non è affatto menomato dalla circostanza che il comportamento che costituisce infrazione sia cessato da tempo (Corte di Giustizia, sentenza 15 luglio 1970, causa 41/69, ACF Chemiefarma/Commissione, punto 175; id., sentenza 2 marzo 1983, causa 7/82, GVL/Commissione, punto 24). In tal senso, peraltro, dispone espressamente l’art. 7, par. 1, del Regolamento CE n. 1/2003 (“Qualora la Commissione abbia un legittimo interesse in tal senso, essa può inoltre procedere alla constatazione di una infrazione già cessata”). Analoghi arresti sono presenti nella giurisprudenza amministrativa italiana, secondo la quale l’art. 15 della l. n. 287/90 deve essere interpretato nel senso che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato può irrogare una sanzione pecuniaria, nonostante la cessazione dei comportamenti anticoncorrenziali e l'impegno a non reiterarli in futuro, ove ritenga, con valutazione assistita da congrua motivazione, che le infrazioni commesse siano gravi (cfr. Cons. St., sez. VI, 7 ottobre 2003, n. 5928, Poste Italiane). L’accertamento dell’illecito riveste poi un valore - monito, in quanto rende edotte le imprese interessate che il loro comportamento ha violato la normativa sulla concorrenza e che un ulteriore analogo modo di agire potrebbe essere in tal modo accertato e sanzionato in futuro (cfr., sul punto, TAR Lazio, sez. I, sentenza n. 6833 del 6 agosto 2006). Tanto premesso, deve altresì condividersi quanto fatto rilevare dalla difesa erariale in ordine alla circostanza che l’esito dell’istruttoria, secondo cui l’abuso di posizione dominante collettiva non è stata sufficientemente provata, ha fatto venire meno ogni interesse di Telecom e Wind ad una pretesa estensione degli effetti degli impegni di Vodafone anche nei loro confronti. Con riguardo agli abusi relativi al mercato della terminazione, appare poi dirimente la circostanza, debitamente evidenziata da AIIP e della stessa difesa erariale, che essi sono stati configurati, ab 24 origine, come individuali, e, pertanto, pur risentendo della stretta connessione, sopra evidenziata, con la preesistente chiusura del mercato dell’accesso, l’avvio di uno spontaneo processo concorrenziale, determinato dall’apertura della rete di Vodafone, non ne garantisce in modo certo l’elisione, perlomeno in misura analoga a quella derivante dall’obbligo giuridico scaturente dalla definizione di una procedura di infrazione. 5.2. Con riferimento al profilo di censura secondo cui la prosecuzione dell’accertamento nei confronti degli altri MNO finirebbe col privare anche Vodafone del vantaggio consistente nel mancato accertamento e nella conseguente assenza di ricadute sul piano delle azioni civili di danno scaturenti dalla violazione della normativa antitrust, il Collegio osserva, in primo luogo, che di tanto avrebbe dovuto lagnarsi, semmai, la stessa Vodafone, attraverso l’impugnativa del provvedimento oggetto della presente disamina, ovvero del provvedimento finale. La prosecuzione dell’istruttoria ordinaria nei confronti di Telecom e Wind non può avere, peraltro, il rilievo attribuitole dalle ricorrenti in quanto, dopo l’accettazione degli impegni, alcun ulteriore accertamento o approfondimento è stato effettuato nei confronti di Vodafone la cui posizione è stata perciò completamente stralciata. Su un piano più generale, deve comunque osservarsi che la stessa mancanza di un formale accertamento dell’illecito non esclude con certezza che gli elementi probatori raccolti fino al momento dell’accettazione degli impegni possano venire utilizzati anche in un giudizio civile. La decisione con impegni non comporta infatti alcuna immunità sul piano civilistico ma rende solo più difficile il proficuo esperimento delle azioni risarcitorie. Tale effetto, inoltre, appare direttamente proporzionale alla tempestività del raggiungimento di una soluzione negoziata, nella misura in cui quest’ultima consenta di evitare che il quadro degli addebiti acquisti via via pregnanza. In definitiva, anche nel caso di specie, il successo di eventuali azioni civili di danno nei confronti di Vodafone dipenderà non già dalla decisione di infrazione adottata nei confronti di Tim e di Wind, come da queste ultime paventato, quanto dalla valenza probatoria che il dossier “Vodafone” esistente presso l’Autorità, ove acquisito al giudizio, possa assumere in tale sede. 5.3. Relativamente ai possibili effetti distorsivi, derivanti dall’asserita difformità tra il contenuto che Tim e Wind attribuiscono alla diffida adottata dall’Autorità e gli impegni assunti da Vodafone, si rileva quanto segue. L’ordine di eliminazione delle infrazioni, emanato ai sensi dell’art. 15 della l. n. 287/90, è diretto alla rimozione degli effetti anticoncorrenziali prodotti dalle condotte tenute in violazione della legge antitrust. Il suo contenuto deve essere determinato, pertanto, alla luce della motivazione del provvedimento stesso. Nel caso di specie, diversamente da quanto sembra ritenere l’Autorità, reputa il Collegio che il rapporto tra procedimento ordinario e decisione con impegni non sia di totale e assoluta autonomia in quanto entrambi nascono dal medesimo problema concorrenziale. 25 In particolare, la decisione con impegni può costituire un utile modello di raffronto in ordine al contenuto delle misure comportamentali che le imprese sanzionate possono adottare per ottemperare alla decisione di infrazione. Da questo punto di vista, infatti, gli impegni non costituiscono un “quid minus” rispetto ad una ipotetica decisione di infrazione, proprio perché essi, pur facendo riferimento ad una contestazione dall’oggetto ancora “ampio e indefinito”, debbono comunque risultare funzionali alla rimozione dei “profili anticoncorrenziali oggetto dell’istruttoria”. Pertanto, se nell’ambito di una istruttoria ordinaria si inserisce, relativamente ad una delle imprese coinvolte, una procedura di “decisione con impegni”, essa non può essere considerata completamente avulsa dalla prima poiché riguarda in definitiva la medesima fattispecie, sebbene non ancora connotata in chiave di illecito. Al riguardo, non appare inutile richiamare le considerazioni svolte dal Tribunale di I Grado, nella più volte citata sentenza resa sul caso “Alrosa”, secondo cui “l’obiettivo dell’art. 7, n. 1 del regolamento n. 1/2003 è, in definitiva, lo stesso di quello perseguito dall’art. 9, n. 1, e coincide con l’obiettivo principale del regolamento n. 1/2003 che è quello di garantire un’efficace applicazione delle regole di concorrenza previste dal Trattato” (punto 95). Inoltre, “nel contesto dell’art. 9, n. 1, del medesimo regolamento, effettivamente la Commissione non è tenuta a dimostrare formalmente l’esistenza di un’infrazione [...] ma deve cionondimeno dimostrare l’effettività delle preoccupazioni concorrenziali che giustificavano che essa prevedesse l’adozione di una decisione ai sensi degli artt. 81 e 82 CE [...] il che presuppone un’analisi del mercato ed una identificazione dell’infrazione prevista meno definitive che nell’ambito di applicazione dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 1/2003, benché quest’ultima debba essere sufficiente per consentire un controllo dell’idoneità dell’impegno”. Nel caso in esame, poiché le condotte ipotizzate a carico di Vodafone, relativamente al mercato della terminazione sono, da un punto di vista oggettivo, assimilabili a quelle successivamente accertate nei confronti di Tim e Wind, è logico ritenere che, in assenza di specifiche misure “positive” imposte dall’Autorità con il provvedimento finale, anche l’offerta di contratti analoghi a quelli che hanno formato oggetto dell’impegno di Vodafone possa risultare idonea ad ottemperare alla decisione di infrazione. E’ bene precisare, al riguardo, che alcuna indicazione in senso contrario può trarsi dalla circostanza che, nel provvedimento finale, non sia stata data adeguata considerazione, nella prospettazione di Telecom, al contratto stipulato con Tiscali. Infatti, secondo quanto desumibile dal provvedimento (par.354) e dalla memoria della difesa erariale, la società ha dato notizia delle trattative intraprese solo in sede di audizione finale, inviando copia del relativo contratto (preliminare) il 27 luglio 2007 quando, ormai, era abbondantemente decorso il termine per l’acquisizione degli elementi istruttori, ai sensi dell’art. 14, commi 2 e 5, del d.P.R. n. 217 del 1998. In sostanza si tratta di una produzione effettuata in extremis che non poteva più influire sulla definizione del provvedimento di infrazione. Alcun effetto distorsivo della concorrenza può dunque direttamente inferirsi dall’ordine inibitorio contenuto nel provvedimento finale in quanto esso deve essere interpretato anche alla luce del subprocedimento relativo agli impegni, rilevante quale espressione di uno dei possibili modelli di comportamento che l’Autorità ritiene idonei a rimuovere gli effetti anticoncorrenziali degli abusi oggetto dell’istruttoria. 26 5.4. Non condivisibile è l’ulteriore affermazione di Telecom secondo cui l’Autorità, pur avendo ab origine escluso che il mercato rilevante da considerare fosse quello dei “Gruppi chiusi di utenti”, abbia poi finito per accettare un impegno che farebbe esclusivo riferimento a tale mercato. Come noto, infatti, il segmento delle chiamate “interaziendali” (cfr. in particolare i parr. 255 e 256 del provvedimento finale), rappresenta solo una quota delle chiamate aziendali on – net, vale a dire le chiamate che sono originate e terminate sulla stessa rete ma dove solo chi chiama (il dipendente aziendale) appartiene al GCU, mentre chi riceve la chiamata ha un contratto con il medesimo gestore, ma non appartiene allo stesso gruppo aziendale. La disamina degli impegni presentati da Vodafone, sopra analizzata, evidenzia però che i contratti stipulati dalla società consentono alle controparti di formulare offerte alla clientela aziendale, relativamente all’intera direttrice on – net, e non già soltanto limitatamente ai Gruppi chiusi di utenti. 6. Non appare, infine, necessario rimettere alla Corte di Giustizia la questione relativa alla corretta interpretazione dell’art. 9, par. 1, del Regolamento CE n. 1/2003, cui si conforma l’art. 14 - ter della l. n. 287/90. I rilievi critici svolti dalle ricorrenti - in particolare quelli relativi alla possibilità di perseguire un’infrazione già cessata, nonché al contenuto e all’estensione degli effetti di una decisione con impegni - trovano infatti adeguata confutazione nella ricostruzione sistematica compiuta dall’Autorità, la quale risulta coerente sia con gli orientamenti assunti dalla Commissione e dal Tribunale di primo grado relativamente all’applicazione del nuovo istituto, sia con consolidati principi elaborati dalla Corte di Giustizia in materia di procedure ordinarie di infrazione. 7. Per tutto quanto sopra argomentato i ricorsi e i motivi aggiunti, debbono essere respinti. La novità delle questioni impone, peraltro, l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti. PQM Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, pronunciando sui ricorsi riuniti di cui in premessa, li respinge. sez. I^, definitivamente Spese compensate. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 23.1.2008. Pasquale de Lise Presidente Silvia Martino Estensore 27