Presenze di specie ittiche esotiche come possibili indicatori di cambiamenti climatici: il caso dello Stretto di Sicilia M.L. Bianchini1, S. Ragonese2 Istituto di Biologia Agro-Ambientale e Forestale, CNR, Roma, Italia Istituto per l’Ambiente Marino Costiero, CNR, Mazara del Vallo(Tp), Italia [email protected] 1 2 SOMMARIO: La presenza di specie alloctone viene spesso indicata come un risultato diretto dei cambiamenti climatici che sono apparentemente in atto, viz. al riscaldamento globale. Tuttavia, questo assunto non è necessariamente vero, e le recenti “colonizzazioni” di specie esotiche potrebbero essere dovute ad altri fattori; per converso, variazioni nei rapporti di abbondanza delle specie autoctone potrebbero essere più significative. La fauna ittica dello Stretto di Sicilia si è arricchita negli ultimi anni di 13 specie di diversa provenienza; purtroppo di una sola, il pesce palla Sphoeroides pachygaster, è possibile disporre di dati certi e di tipo quantitativo. Il pesce palla, praticamente assente dalle aree siciliane fino alla fine degli anni ’80, è ora rinvenibile su tutto lo shelf con valori di 1-2 individui/km2. Per verificare eventuali relazioni tra invasione e cambiamenti ambientali a livello di meso-scala si rendono necessari ulteriori studi sull’evoluzione spaziale, e non solo temporale, di questo popolamento. 1 IL PROBLEMA SCIENTIFICO La presenza nel Mediterraneo di specie nuove di vertebrati ed invertebrati è spesso considerata come un effetto dei cambiamenti climatici che sembrano essere in atto (Francour et al., 1994). Paradossalmente, la fauna ittica del Mediterraneo è tutta di origine alloctona, in quanto alcuni milioni di anni fa il bacino ha subito fenomeni anossici che hanno fatto sparire le specie indigene della Tetide. I pesci attuali sono dunque specie ricolonizzatrici, soprattutto di origine temperata o boreale, entrate attraverso Gibilterra successivamente all’apertura della soglia (Bianchi, 2007); nulla impedisce di pensare che il fenomeno possa ancora essere attivo. Lo scavo del Canale di Suez ha offerto dal 1869 una nuova via di colonizzazione, questa volta alle specie indo-pacifiche di valenza subtropicale. Le specie lessepsiane entrano dunque perché è stata loro aperta la porta, e non necessariamente perché le acque del Mediterraneo si stanno scaldando. Il fenomeno ha recentemente avuto una accelerazione (Boudouresque, 2004), anche perché la sali- nità dei Bitter lakes (laghi amari) che fungeva da barriera si è ridotta. L'espansione dell'areale di distribuzione di varie specie può essere ascritta direttamente a variazioni della temperatura dell'acqua (Quèro et al., 1998), ma più spesso a cause indirette, quali la diversa circolazione delle masse d'acqua. Bisogna anche considerare che, perché si possa parlare di una relazione con i cambiamenti climatici, è necessario che una specie nuova sia segnalata in quantità tali da giustificare una colonizzazione, e non solo un evento casuale di portata limitata (Streftaris et al., 2005). Per ora, fortunatamente, nessuna delle “invasioni” di specie ittiche nel Mediterraneo è dovuta ad immissioni dirette, volontarie od involontarie, determinate da attività antropiche (Bianchini et al., 1995). Nello studio dei potenziali effetti dei cambiamenti climatici di meso-scala nel Mediterraneo, non ci si deve però limitare alla segnalazione “qualitativa” di specie nuove, ma bisogna esaminare le variazioni quantitative che possono intervenire negli assemblage ittici 513 Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR Figura 1: Mappa dello Stretto di Sicilia. autoctoni, dove una specie abbondante stenoterma potrebbe rarefarsi a vantaggio di un'altra specie più adattabile alle mutate condizioni (Vacchi et al., 2001), secondo gradienti che si conformano a quelli ambientali. In questo contesto generale, lo Stretto di Sicilia (Fig. 1) gode di una posizione privilegiata per il suo effetto di soglia nella transizione tra il bacino orientale e quello occidentale del Mediterraneo. 2 ATTIVITÀ DI RICERCA L’Istituto per l’Ambiente Marino Costiero del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IAMC-CNR), attraverso l’unità territoriale di Mazara del Vallo (TP), conduce annualmente, a partire dal 1994, due campagne sperimentali di pesca a strascico (trawl survey) associate, una nella tarda primavera (programma internazionaleMEDITS) e l’altra in periodo autunnale (programma nazionale GRUND), nello Stretto di Sicilia. Il disegno statistico del campionamento è randomiale stratificato per profondità nella zona oggi denominata GU 16 secondo le definizioni GFCM, grossomodo corrispondente alla metà italiana (e maltese) dello Stretto di Sicilia, estesa su circa 57.500 km2. In totale sono state effettuate 3463 cale, di 30 min, a profondità tra 0 m e 200 m (che copre un'area di 23.000 km2) e di 1 h tra questo limite e 800 m. Tutti i pesci, ossei o cartilaginei, catturati vengono classificati a livello specifico, o direttamente a bordo o successivamente in la514 boratorio, rilevandone se del caso anche sesso, maturità e vari parametri morfometrici. La sede di Mazara è anche il punto di riferimento dei pescatori locali, che vi portano spesso esemplari rari o “strani” catturati nel corso dell’attività di pesca commerciale; va peraltro notato che la flotta peschereccia mazarese è la più grande ed attiva dell’intero Mediterraneo, con barche che battono non solo le coste siciliane e le acque dello Stretto di Sicilia, ma anche zone assai più distanti, in special modo nel bacino orientale. 3 RISULTATI RILEVANTI Dei 98 pesci segnalati dalla CIESM come alloctoni per il Mediterraneo, risultano catturate durante le operazioni commerciali e consegnate al laboratorio di Mazara, e quindi probabilmente presenti nello Stretto di Sicilia o nelle sue vicinanze, almeno 13 specie, e cioè: - Upeneus moluccensis, una triglia di provenienza indo-pacifica, già sfruttata commercialmente nel Mediterraneo orientale; - Fistularia commersonii (Fiorentino et al., 2004), un grosso pesce ago della regione indo-pacifica; - Stephanolepis diaspros, un piccolo tetraodontide entrato via Suez; - Leiognathus klunzingeri, un altro pesciolino lessepsiano; - Beryx splendens, un pesce alfonsino subtropicale, ampiamente diffuso in tutti gli oceani, ma di origine atlantica per quanto attiene alla sua presenza in Mediterraneo, dove è ancora rarissimo; - Gephyroberyx darwinii, un altro bericiforme subtropicale ubiquitario, entrato attraverso Gibilterra, anch’esso rarissimo; - Pisodonophis semicinctus (Ragonese e Giusto, 2000), un pesce anguilliforme di acque costiere proveniente dall’Atlantico subtropicale; - Sphoeroides pachygaster (Ragonese et al., 1992), un pesce palla ubiquitario nei mari subtropicali e temperati, giunto attraverso Gibilterra ed ormai molto frequente in tutto il Mediterraneo (Fig. 2); Impatti dei cambiamenti climatici Figura 2: Una femmina di pesce palla, Sphoeroides pachygaster (337 mm LS). - Microchirus boscanion, sogliola portoghese, dall’Atlantico subtropicale; - Solea senegalensis, sogliola senegalese, ad ampia diffusione atlantica (fino alla Bretagna); - Chaunax suttkusi (Ragonese et al., 2001), una piccola rana pescatrice di profondità (fino a 1000 m), proveniente dall’Atlantico tropicale (ma in effetti di acque fredde, vista la profondità), rara e senza interesse commerciale; - Psenes pellucidus, una specie oceanica a larga distribuzione, giunto dall’Atlantico temperato; - Trachyscorpia cristulata echinata (Ragonese e Giusto, 1999), uno scorfano di acque profonde dall’Atlantico temperato e sub-boreale (fino al Mare d’Irlanda). Tuttavia, per le ragioni già esposte, la presenza delle prime quattro specie, pur contribuendo alla “tropicalizzazione” della fauna mediterranea, non può essere ascritta direttamente ai cambiamenti climatici; le catture dei due bericiformi sono per ora così occasionali da non poter essere in alcun modo collegate ad una “invasione”; l’entrata in Mediterraneo delle ultime quattro specie non si collega poi necessariamente ad un eventuale riscaldamento in atto in quanto, essendo animali anche di acque temperate, possono originare da aree termicamente analoghe al Mediterraneo occidentale. Delle restanti tre specie, solo S. pachygaster risulta essere stata catturata nel corso delle campagne sperimentali; essa è quindi l’unica di cui si possono avere informazioni quantitative; è interessante notare che nel corso di campagne precedenti (condotte a partire del 1985 su una zona più estesa), il pesce palla era praticamente assente dalla GSA italiana dello Stretto di Sicilia (Fig. 3). Il pesce palla è stato rinvenuto praticamente solo tra i 50 m ed i 200 m di profondità, nel 6% circa delle cale effettuate in questi strati. La cattura è stata particolarmente frequente ed abbondante nel 1996 (6-8 animali/km2, col 12% di cale positive), mentre nelle ultime campagne si Figura 3: L’“invasione” del pesce palla, Sphoeroides pachygaster, nel Mediterraneo (dove le linee rappresentano la circolazione della corrente superficiale atlantica). 515 Clima e cambiamenti climatici: le attività di ricerca del CNR è attestata su una media di 1-2 esemplari/km2, ritornando ai valori dei primi anni '90. Inoltre, recentemente si pescano frequentemente anche pesci più piccoli, confermando l'idea che la popolazione si sia definitivamente stabilita, con eventi riproduttivi in loco. All'elenco precedente potrebbero nel prossimo futuro aggiungersi almeno altre tre specie, dal Mar Rosso Siganus luridus e S. rivilatus, e la atlantica Seriola fasciata, segnalate sulle coste tunisine dello Stretto di Sicilia. 4 PROSPETTIVE FUTURE Per correlare gli ipotizzati cambiamenti climatici generalizzati con la apparente diffusione nel Mediterraneo di specie ittiche a preferenza termica elevata, non basta limitarsi a segnalare la presenza puntiforme di specie esotiche nei nostri mari; si deve invece esaminare l'evoluzione quantitativa e spaziale, oltre che temporale, dei nuovi popolamenti. In futuro, si dovrebbero inoltre valutare i rapporti a livello degli assemblage ittici multispecifici, dove specie autoctone temperate potrebbero essere scalzate da specie sempre autoctone, ma con valenza più subtropicale. Lo studio di questi “gradienti di densità” non può comunque essere portato avanti a livello di unità regionali, e nemmeno nazionali, ma richiede una collaborazione scientifica tra le due sponde del Mediterraneo. 5 BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE Bianchi C.N., 2007. Biodiversity issues for the forthcoming tropical Mediterranean Sea. Hydrobiologia, 580: 7-21. Bianchini M.L., Palmegiano G.B., Zoccarato I., 1995. Introduzione di specie alloctone nell’ambiente acquatico: rischi e benefici. Il Pesce, 12(3): 44-51. Boudouresque C.F., 2004. Marine biodiversity in the Mediterranean: status of species, populations and communities. Sci. Rep. Port-Cros Nat. Park, 20: 97-146. Fiorentino F., Giusto G.B., Sinacori G., Norri- 516 to G., 2004. First record of Fistularia commersonii (Fistularidae, Pisces) in the Strait of Sicily (Mediterranean). Biol. Mar. Med., 11(2): 583-585. Francour P., Boudouresque C.F., Harmelin J.G., Harmelin-Vivien M.L., Quignard G.P., 1994. 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