UNIVERSITÀ DEGLI STUDI LA SAPIENZA Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali Corso di Laurea Specialistica in Fisica Teoria di Whitham per lo studio di shock dispersivi in sistemi non integrabili Relatori: Prof. Giancarlo Ruocco Prof. Andrea Fratalocchi Prof. Stefano Trillo Anno Accademico 2010-2011 Candidato: Matteo Crosta 1 ...Ai miei gentori Abstract This thesis investigated the dynamics of dispersive shocks in nonintegrable systems of physical interest. The study is carried out by employing a fully analytic framework given by the Whitham theory of modulation. This approach, originally developed by Whitham to address the shocks dynamics of integrable equations, has been recently extended to nonintegrable systems thus providing a powerful tool to analytically study dispersive shocks in a broad range of situations. In the first part of the thesis, I presented a deep introduction to the Whitham theory, discussing both integrable and nonintegrable equations. I then applied this theory to study the dispersive shock dynamics of the Cubic-Quintic Nonlinear Schrödinger Equation (CQNLS), an equation of utmost importance in both classical physics and quantum mechanics. More specifically, I studied the development of a dispersive shock from a sharp, step-like initial condition, which represents a bright pulse in optics or a localized matter-wave in Bose-Einstein Condensate (BEC). I begin the analysis by deriving a complete analytic set of periodic solutions of the CQNLS, and discussed their stability and bistability properties. The results of this work have fostered a first publication [1]. I then focused the analysis on the dispersive shock, and through the Whitham theory I carried out a fully analytic study of the phenomenon [2]. This thesis led to the following publications: [1] M. Crosta, A. Fratalocchi and S. Trillo, ”Bistability and instability of dark-antidark solitons in the cubic-quintic nonlinear Schrödinger equation”, Phys. Rev. A (in review). [2] M. Crosta, S. Trillo and A. Fratalocchi, ”Dispersive shocks in BoseEinstein Condensates: dynamics of long range interactions”, Phys. Rev. Lett. (in preparation). Indice 1 Introduzione 2 2 Teoria di Whitham 2.1 Formazione di shock . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Teoria di Whitham: formulazione generale . . . . . . 2.3 Teoria di Whitham nella KdV . . . . . . . . . . . . . 2.3.1 Onde Cnoidali . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.3.2 Equazioni di modulazione . . . . . . . . . . . 2.3.3 Diagonalizzazione delle leggi di conservazione 2.4 Costruzione di Gurevich-Pitaevskii . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 4 4 6 8 8 12 16 20 3 Teoria di Whitham in sistemi non integrabili 3.1 Formulazione non integrabile per la KdV . . . . . . . . 3.1.1 Trailing Edge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.1.2 Leading Edge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 3.2 Formulazione non integrabile per sistemi bidirezionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25 25 27 30 33 4 Nonlinear Schrödinger quintica 36 4.1 Teoria analitica dello shock generato da una discontinuità iniziale 37 4.1.1 Limite non dispersivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38 4.2 Solitoni Dark e Antidark . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 41 4.2.1 Bistabilità e instabilità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 48 4.2.2 Parametrizzazione della soluzione di traslazione negli shock dispersivi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 50 4.3 Shock dispersivo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 52 4.3.1 Leading Edge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 53 4.3.2 Trailing Edge . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 57 5 Conclusioni 61 A Invarianti di Riemann 63 B Calcolo di onde cnoidali per la NLS Quintica 67 1 Capitolo 1 Introduzione Gli shock sono fenomeni fisici legati a rapidi e quasi discontinui cambiamenti delle proprietà di un mezzo, come pressione e densità di un fluido, dove si propaga un onda detta ”shock wave”. Questi fenomeni sono legati esclusivamente ad effetti non lineari. In questi sistemi, dopo un tempo finito, le condizioni iniziali evolvono in singolarità formando una regione in cui la soluzione è ”non fisica”. Tale comportamento si regolarizza attraverso l’aggiunta di piccoli termini di diffusione o dispersione che diventano rilevanti per tempi confrontabili con il tempo di formazione della singolarità. A seconda di che tipo di regolarizzazione si aggiunge nel modello, la fisica varia drasticamente. Nei mezzi viscosi, ad esempio gas comprimibili, si parla di viscous shock wave (VSW), caratterizzate da uno smorzamento del fronte d’onda che evita la formazione della regione singolare. Nei mezzi dispersivi, invece, si osserva la formazione di una intensa regione oscillatoria che tipicamente termina in un solitone a seguito della compensazione tra la dispersione e la non linearità. In questo caso si parla di dispersive shock wave (DSW). In questa tesi verrà focalizzata l’attenzione sui modelli dispersivi e i fenomeni di shock ad essi associati. Nella regione oscillatoria dei DSW si distinguono tipicamente due diverse scale di evoluzione: la scala veloce di oscillazione del treno d’onda e la scala lenta di modulazione del profilo oscillatorio. Nel 1965 Whitham [1] formulò un metodo di mediazione per equazioni differenziali non lineari a derivate parziali (PDEs). Il metodo proposto è una generalizzazione del teorema della media per equazioni differenziali che ammettono una soluzione di propagazione del tipo f (x − vt). L’idea generale è che mediando le leggi di conservazione rispetto alla fase veloce θ = x − vt si ottengono le equazioni di modulazione della soluzione oscillante. Tali equazioni, dette equazioni di Whitham, descrivono completamente l’evoluzione dei parametri lentamente variabili della soluzione di propagazione. Nel lavoro originale [1], Whitham mostrò l’applicazione della teoria per la Korteweg-de Vries (KdV). Nella KdV l’evoluzione dei parametri della soluzione di propagazione è legata ad un sistema di tre PDE non lineari accoppiate. Whitham dimostrò che tali equazioni possono essere diagonalizzate, tramite manipolazioni algebriche non banali, ottenendo un sistema di tre PDE iperboliche quasi-lineari. Si sottolinea che in generale la diagonalizzazione dei sistemi di PDE è limitata ai sistemi iperbolici 2 x 2 [2], quindi una classe di equazioni mol2 3 to limitata. Resta un problema aperto la soluzione dei sistemi con un numero di equazioni maggiore di 2. La risoluzione completa di un problema di DSW passa per la costruzione di Gurevich e Pitaevskii [3] dove si impongono le condizioni iniziali alle equazioni di modulazione. Essi risolsero il problema di Riemann per la KdV, ovvero la soluzione generale a partire da condizioni iniziali composte di due costanti separate da una discontinuità finita. L’obiettivo della costruzione di GurevichPitaevskii è determinare la forma analitica delle velocità con cui si propaga lo shock all’interno del mezzo. Tradizionalmente questo tipo di condizioni iniziali è legata a problemi di gas dinamica e shock viscosi. L’applicazione del problema di Riemann alla KdV unita con la costruzione di Gurevich-Pitaevskii conduce alla completa risoluzione dello shock dispersivo. Successivamente, la teoria di Whitham è stata estesa a soluzioni multifase tramite l’uso della trasformata spettrale [4] e l’integrazione per gap finiti [5]. I benefici di questo approccio includono la diagonalizzazione diretta delle equazioni di modulazione. Questa formulazione ha chiarito che la teoria di Whitham è un metodo applicabile esclusivamente alla classe di equazioni che sono integrabile tramite il metodo della trasformata spettrale. Tale proprietà ha permesso l’applicazione ad altre equazioni integrabili come la nonlinear Schrödinger (NLS) [6]. Il limite della teoria di Whitham risiede nella sua scarsa applicabilità. Il suo utilizzo è circoscritto ai modelli integrabili tramite trasformata spettrale, mentre, a parte rari casi, i modelli fisici non possiedono questa proprietà. Tuttavia, nel 2005 [7], El ha introdotto un metodo, basato sulla teoria di Whitham e la costruzione di Gurevich-Pitaevskii, per il calcolo delle velocità dei DSW nei modelli non integrabili. Questo metodo utilizza alcune proprietà legate al raccordo tra le equazioni di modulazione non diagonalizzate e il limite non dispersivo del modello, portando ad una nuova formulazione della costruzione di Gurevich-Pitaevskii. Si vuole sottolineare che a differenza della teoria originale, questo metodo non caratterizza completamente il profilo di modulazione, ma risolve lo shock dispersivo senza conoscere la forma diagonale delle equazioni di modulazione. Nei capitoli che seguono verrà esposta in dettaglio la soluzione generale dello shock dispersivo relativo alla KdV, in linea con gli articoli originari di Whitham e Gurevich-Pitaevskii. Sulla base di questi risultati si introdurrà l’estensione della teoria di Whitham ai modelli non integrabili, a partire dal lavoro di El [7]. Si mostrerà che questa formulazione applicata alla KdV porta agli stessi risultati ottenibili tramite la teoria di Whitham originale. Una volta introdotta la teoria, si passera alla parte originale del lavoro di tesi. In particolare, sarà presentata l’applicazione concreta della teoria di Whitham per la nonlinear Schrödinger quintica (CQNLS), con una nonlinearità defocusing per il termine cubico e una nonlinearità focusing nel termine quintico in regime semiclassico (non linearità maggiore della dispersione). In aggiunta alla teoria di Whitham, verrà esposto uno studio approfondito sul meccanismo di bistabilità e instabilità che lega le soluzioni solitoniche della CQNLS. Capitolo 2 Teoria di Whitham La teoria di Whitham, nella sua formulazione originale, permette lo studio analitico degli shock dispersivi, limitato nei modelli integrabili. Verrà presentata l’applicazione della teoria per la Korteweg - de Vries (KdV), la più semplice equazione che presenta la formazione di DSW. 2.1 Formazione di shock La più semplice equazione di propagazione non lineare e non dispersiva che presenta formazione di shock è l’equazione di Hopf ut + uux = 0. (2.1) Una possibile risoluzione dell’equazione di Hopf avviene tramite il metodo delle caratteristiche [2]. Prendendo una parametrizzazione del campo di velocità u(x, t) tramite un parametro s u = u(x(s), t(s)), con un curva C ! x = x(s) t = t(s) (2.2) (2.3) la derivata direzionale calcolata lungo la curva C é du du dt du dx = + . ds dt ds dx ds (2.4) Richiedendo che du/ds = 0 si ricava dal confronto con la (2.1) dt = 1, ds dx = u. ds (2.5) Si passa da un’equazione alle derivate parziali ad due equazioni ordinarie. Dalla (2.5), si ricava facilmente che t=s e la curva C si riduce a x=x(t). L’equazione di Hopf espressa come derivata direzionale é d [u(x(t), t] = 0. dt 4 (2.6) 5 2.1. FORMAZIONE DI SHOCK La u [x(t), t] si mantiene costante lungo la curva caratteristica. Passando al problema di Cauchy, prendendo come curva iniziale l’asse reale e il valore iniziale della coordinata nel punto x=x∗ ! x(0) = x∗ (2.7) u(x, 0) ≡ u0 = F (x) Risolvendo il sistema di equazioni ordinarie (2.5) si ottiene ! x(t) = x∗ + F (x)t u(x) = F (x∗ ) (2.8) data l’arbitrarietà di x∗ , si ha una famiglia di soluzione al variare della coordinata iniziale. Fissati x e t si può risalire alla u: u(x, t) = F [x − u(x, t)t] (2.9) u!x, t" 1.0 0.8 0.6 0.4 0.2 x !2 !1 1 2 3 Figura 2.1: Soluzione dell’equazione di Hopf (2.9) a diversi tempi, con F (x) = 1/(1 + x2 ) Si può riscrivere la soluzione nella forma: x − ut = W (u), (2.10) dove W (u) è la funzione inversa della distribuzione iniziale F (x). Le curve caratteristiche (2.10) hanno la forma di fasci di rette con coefficiente angolare u(x, t). Dopo un tempo tc la rette si intersecano e la soluzione diventa a piú valori sviluppando una discontinuità. La dinamica descritta dalla (2.1) é caratterizzata dalla formazione di singolarità per t = tb , x = xb , in cui la soluzione formale 6 2.2. TEORIA DI WHITHAM: FORMULAZIONE GENERALE 2.0 1.5 1.0 0.5 5 10 15 20 Figura 2.2: Grafico delle rette caratteristiche dell’eq. di Hopf con F (x) = 1/(1 + x2 ). Notare l’intersezione che porta alla formazione dello shock. diventa a tre valori e perde di significato fisico. Il tempo in cui si forma la singolarità si ottiene derivando la (2.9) du = F " (1 − tux ) = 0 dx → tb = − 1 . F" (2.11) Per studiare la dinamica oltre al singolarità, si includono nell’equazione effetti di ordine superiore, tali da trasformare l’equazione di Hopf in: • Burgers: ut + uux + νuxx = 0 correzione legata alla viscosità 0<ν$1 • Korteweg - de Vries: ut + uux + #uxxx = 0 correzione legata alla dispersione 0<#$1 La risoluzione delle due equazioni conduce a soluzioni e situazioni fisiche profondamente diverse. Mentre nei modelli viscosi si osserva uno smorzamento dello shock, i modelli dispersivi presentano la formazione di una regione oscillatoria che generalmente termina in un solitone. 2.2 Teoria di Whitham: formulazione generale Un sistema non lineare che presenta una soluzione di propagazione si possono distinguere due scale di evoluzione: la scala di oscillazione veloce (θ = x − ct) e la scala lenta di modulazione. Si cerca una soluzione per onda cnoidale dipendente da alcuni parametri lentamente variabili. Le equazioni che descrivono l’evoluzione di questi parametri sono dette equazioni di modulazione (o di Whitham) e si trovano mediando le leggi di conservazione sulla scala di oscillazione veloce [8]. 7 2.2. TEORIA DI WHITHAM: FORMULAZIONE GENERALE Si consideri una equazione generica Φ(u, ut , ux , uxx , uxt , ..) = 0, (2.12) supponendo che la variabile u(x, t) dipenda da x e t solo nella combinazione u = u(θ), con θ = x − ct, (2.13) l’ Eq. (2.12) si riduce nella forma u2θ = F (u, c, Ai ), (2.14) dove c rappresenta la velocità di propagazione e le Ai di integrazione introdotte nel processo di integrazione della (2.12) (es. energia, quantità di moto). Le soluzioni periodiche corrispondono al moto di u tra due zeri della F (u, c, Ai ), u1 (c, Ai ) e u2 (c, Ai ), con u1 < u2 , tali che, in accoro con la (2.14), la funzione F sia positiva nell’intervallo u1 < u < u2 . Siano θ1 e θ2 i valori di θ per cui u assume valore u1 e u2 u(θ1 ; c, Ai ) = u1 , u(θ2 ; c, Ai ) = u2 , (2.15) integrando per quadratura la (2.14) si ricava la lunghezza d’onda L L=2 " θ2 dθ = 2 θ1 " u2 u1 du =2 uθ " u1 Corrispondentemente si ottengono le relazioni: k = k(c, Ai ) = 2π , L(c, Ai ) u2 du # . F (u, c, Ai ) ω = ω(c, Ai ) = ck(c, Ai ), (2.16) (2.17) dove i parametri c e Ai sono funzioni lente di x e t e hanno una variazione lenta in un periodo di 2π/ω. Si definisce l’operazione di media come f= 1 2∆ " x+∆ f (x" , t)dx" . (2.18) x−∆ supponendo che l’intervallo 2∆ sia maggiore della lunghezza d’onda L. L’ ipotesi di Whitham è che la mediazione delle leggi di conservazione permetta di ricavare le equazioni di modulazione dei parametri lentamente variabili della soluzione (2.14). Quindi, nota una legge di conservazione ρt + Jx = 0, (2.19) si applica la mediazione definita nella (2.18). Per la ρ si ha e per la J $ % J = x " x+∆ $ % $ % 1 ∂ ρ = ρ(x" , t)dx" = ρ , 2∆ x−∆ ∂t t t 1 2∆ % J(x" + ∆, t) − J(x" − ∆, t) = $ % & x+∆ ∂ 1 " " = ∂x . 2∆ x−∆ J(x , t)dx = J & x+∆ ∂ (x" , t)dx" x−∆ ∂x = 1 2∆ $ x (2.20) (2.21) 8 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV Le leggi di conservazione mediate ρt + J x = 0. (2.22) danno la variazione dei parametri sulla scala lenta di modulazione. Si devono avere un numero di leggi di conservazione pari al numero di parametri che descrivono il sistema. Si ha in questo modo un sistema, generalmente complicato, la cui risoluzione porta ad una descrizione completa dell’onda cnoidale. 2.3 Teoria di Whitham nella KdV Si vuole applicare la teoria di Whitham alla più semplice equazione dispersiva che presenta lo shock, la KdV. Quindi seguendo il procedimento sopra descritto: trovare una soluzione del tipo (2.14), definire l’operazione di media sulla scala veloce e ricavare le equazioni di modulazione dalle leggi di conservazione. 2.3.1 Onde Cnoidali Il primo passo per l’applicazione della teoria di Whitham è il calcolo delle onde cnoidali della KdV. Si consideri la KdV unidimensionale, per tempi in cui il termine dispersivo è confrontabile con il termine non lineare (# ≈ 1) ut + uxxx + uux = 0. (2.23) Sostituendo la soluzione di propagazione u(θ), con θ = x − ct, si ha −cuθ + uθθθ + uuθ = 0 (2.24) e procedendo con una integrazione rispetto a θ −cu + uθθ + u2 = B, 2 (2.25) con B costante di integrazione. Si riconosce nella (2.25) un sistema Hamiltoniano. Definendo uθ = p, si ha che le variabili canoniche (p, u) devono soddisfare le equazioni di Hamilton 2 pθ = −∂H/∂u = B + cu − u2 (2.26) uθ = ∂H/∂p = p da cui si ottiene l’Hamiltoniana H: H= p2 cu2 u3 − Bu − + . 2 2 6 (2.27) Per convenienza si definisce una nuova costante A ≡ −H e l’equazione (2.27) si riscrive u2θ = −G(u). (2.28) dove G(u) è un polinomio cubico G(u) ≡ 2A − 2Bu − cu2 + u3 . 3 (2.29) 9 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV Indichiamo con u1 ,u2 e u3 i tre zeri reali di G(u) con u3 > u2 > u1 . Con questa posizione la (4.53) diventa G(u) = 1 (u − u1 )(u − u2 )(u − u3 ), 3 (2.30) Confrontando la (4.53) con la (4.143) si ricavano le espressioni delle costanti del moto in funzione dei tre zeri di G(u) c= 1 (u1 + u2 + u3 ) 3 (2.31) 1 A = − (u1 u2 u3 ) 6 1 B = − (u1 u2 + u2 u3 + u1 u3 ). 6 La soluzione della (2.28) si ottiene per quadratura; du dθ = # . −G(u) (2.32) (2.33) (2.34) La (2.34) ammette soluzioni reali solo se il radicando è maggiore di zero. Uno studio della G(u) rivela che la richiesta è soddisfatta per valori di u tali che u2 < u < u 3 . 0.2 0.15 0.1 G(u) 0.05 0 −0.05 −0.1 −0.15 −0.2 −0.5 0 0.5 u Figura 2.3: Andamento del polinomio G(u) per tre zeri generici. 1 10 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV La (2.34) si integra tra u2 = u(θ2 ) e u3 = u(θ3 ) ottenendo " u3 du # (θ3 − θ2 ) = . −G(u) u2 (2.35) Le condizioni periodicità dell’onda cnoidale impone: u(θ + L) = u(θ), dove si definisce L, il periodo, come " L≡2 u3 u2 # (2.36) du −G(u) . Il vettore d’onda k corrispondente è * " u3 +−1 du 2π # k= =π , L −G(u) u2 (2.37) (2.38) e dalla (2.17) si definisce la relazione ω= 1 (u1 + u2 + u3 )k. 3 (2.39) Data la fattorizzazione del polinomio G(u) nella (4.143), la soluzione della (2.35) è esprimibile tramite le funzioni ellittiche [9]. Operando la sostituzione u = u3 − (u3 − u2 ) sin2 φ" (2.40) il polinomio G(u) diventa: %$ $u − u % % $ %2 1 ,$ 3 2 , (2.41) G(u) = u3 − u1 1 − sin2 φ" sin2 φ cos2 φ" u3 − u2 3 u3 − u1 con il differenziale: du = 2(u2 − u3 ) cos φ" sin φ" dφ" Sostituendo nella (2.35) si ottiene: √ " φ 2 3 dφ" # θ=√ u3 − u1 0 1 − m sin φ" 2 (2.42) (2.43) dove m, modulo, assume valore 0 ≤ m ≤ 1 ed è definito m= u3 − u2 . u3 − u1 (2.44) La soluzione espressa in funzione dell’integrale ellittico di Jacobi K(φ, m) ha la forma . u3 − u1 K(φ, m) ≡ θ. (2.45) 3 Il vettore d’onda k diventa 1 π (u3 − u1 ) 2 k= √ 2 3 K(φ, m) (2.46) 11 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV Invertendo la (2.40) si ricava l’espressione della soluzione ellittica per la KdV /. 0 u3 − u1 2 u(x, t) = u3 − asn (x − ct); m , (2.47) 3 dove a è l’ampiezza e pari a a = u3 − u2 . (2.48) sn2 (φ; m) = sin2 φ, (2.49) La soluzione ottenuta dipende dal parametro m, è utile studiare il comportamento dell’onda cnoidale nei due limiti imposti dal modulo. Se m → 0, si ha che u3 ≈ u2 e l’onda cnoidale (2.47) si trasforma in una funzione trigonometrica. Il seno ellittico di Jacobi diventa L’integrale ellittico del primo tipo K(φ, m), assume valore K(φ, 0) = π2 e il vettore d’onda k diventa: . u3 − u1 k0 ≡ k(m = 0) = . (2.50) 3 Sostituendo la (2.50) nella (2.31), si ricava l’espressione della velocità c in questo limite c0 = u3 − k02 . (2.51) Quindi, l’espressione dell’onda cnoidale nel limite m = 0 è , u(x, t) = u3 − a sin2 k0 (x − c0 t) , (2.52) Dalla (2.39) si definisce la relazione di dispersione a cui è soggetta la (2.52) ω0 = co k0 = u3 k0 − k03 . (2.53) La stessa relazione è ricavabile dalla linearizzazione della KdV per piccole ampiezze intorno ad un valore di fondo u = u3 . Si può concludere, quindi, che il limite m = 0 è il limite lineare dell’onda cnoidale. Nel limite m → 1, u1 ≈ u2 e l’onda cnoidale si trasforma in una funzione iperbolica 1 cn(θ, 1) = , (2.54) cosh θ L’ampiezza a diventa as = u3 − u1 , (2.55) il numero d’onda k tende a 0 e il periodo L tende a infinito. Dalle relazioni sulle funzioni di Jacobi, usando l’identità sn(θ, m)2 + cn(θ, m)2 = 1, (2.56) e la (2.55), sostituendo nella (2.47), si ottiene il solitone della KdV u(x, t) = u1 + a # s , cosh ( as /3(x − cs t)) 2 (2.57) 12 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV dove, la velocità di traslazione del solitone, espressa in funzione di as , cs = u1 + as . 3 (2.58) Quindi il limite m = 1 rappresenta il limite solitonico dell’onda cnoidale. Nelle equazioni trovate (2.57) e (2.52) i termini costanti u1 e u3 generalmente si eliminano ponendo la condizione naturale u(x, t) = 0 nei limiti x → ±∞. Nella teoria di modulazione i termini costanti non possono essere eliminati perché i tre zeri u1 , u2 e u3 sono funzioni lente di x e t e contribuiscono nella regolarizzazione dello shock. 2.3.2 Equazioni di modulazione Il secondo passo della teoria è determinare le equazioni di evoluzione delle costanti del moto A, B in aggiunta alla velocità c. Le equazioni di modulazione si ricavano a partire dalle leggi di conservazione. Il numero di leggi necessario è pari al numero di parametri che definiscono l’onda cnoidale e la mediazione su un periodo (2.37) descrive la dinamica sulla scala lenta dell’onda cnoidale. La riduzione della KdV necessita due costanti, A e B, che aggiunte alla velocità c diventano i tre parametri dell’onda cnoidale. Tali parametri sono legati ai tre zeri del polinomio G(u) dalla (2.31)-(2.33), possiamo quindi formulare il problema in funzione delle variabili u1 , u2 e u3 . La prima si ottiene semplicemente dalla ristruttura della KdV ed esprime la conservazione della massa: % $ % $ u2 u + + uxx = 0. (2.59) 2 t x Una seconda legge, legata alla conservazione della quantità u2 /2, esprime la conservazione dell’energia, $ u2 % 2 t + $ u3 6 + uuxx − u2x % = 0. 2 x (2.60) La terza legge di conservazione, legata all’invarianza dell’ Hamiltoniana, è ottenuta moltiplicando la (2.23) per u2 . $ u3 6 − $ u4 % u2x % u2 u2 + + uxx + xx + ut ux = 0. 2 t 8 2 2 x (2.61) Nella KdV è possibile esprimere tutte le leggi di conservazione in funzione di poche grandezze mediate, semplificando notevolmente le tre leggi di conservazione. Tale proprietà deriva direttamente dalla integrabilità della KdV. In virtù della soluzione u(x − ct), si ha che ∂θ = ∂x . Quindi, dalla (2.59) sostituendo al posto di uθθ la (2.25) si ottiene per la prima legge: $ % $ % u + B + cu = 0, (2.62) t x Per la seconda legge (2.60) sostituendo prima la (2.25) e successivamente la (2.28) si ricava: $ u2 % $ cu2 % + +A . (2.63) 2 t 2 x 13 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV Per la terza sostituendo al primo termine la (2.27) e la (2.23) al posto del termine ut ux si ottiene: $ $ B2 % % cu2 c2 u2 − u2θ + + Bcu + − cu2θ = 0 2 2 2 t x − A + Bu + (2.64) Definiamo la media di una osservabile F (u) su un periodo L come: 1 F (u) = L " L 0 k dθF (θ; u1 , u2 , u3 ) = 2π " 2π k 0 F (u) du # . −G(u) (2.65) Il calcolo di un integrale, del tipo definito nella (2.65), è generalmente complicato. É riportato un esempio dell’applicazione per il calcolo di u. Per definizione si ha: " k u3 u u= du # (2.66) π u2 −G(u) operando la sostituzione: u = u3 − (u3 − u2 ) sin2 φ = u1 + (u3 − u1 )(1 − m sin2 φ) (2.67) otteniamo u= k π " u3 u2 , 1 du # u1 + (u3 − u1 )(1 − m sin2 φ) . −G(u) (2.68) Per il primo termine u1 è costante e l’integrale restante è pari a uno per definizione. Per il secondo termine invece usando le espressioni (2.41) e (2.42) otteniamo: √ " 1 4 3k (u3 − u1 ) φ √ u = u1 + dφ(1 − m sin2 φ) 2 (2.69) π u3 − u1 0 Sostituendo la (2.46) otteniamo l’espressione: u = u1 + 2(u3 − u1 ) E(m) . K(m) (2.70) & # dove E(m) = dφ 1 − m sin2 φ, integrale ellittico del secondo tipo. Applicando l’operazione di media definite nella (2.65) e in virtù della linearità di tale operazione il sistema mediato diventa $ % $ % u + B + cu = 0 t x $ % $ % 1 2 1 2 u + A + cu =0 2 2 t x $ % $ − A + Bu + c u2 − u2 + B 2 + Bcu + θ 2 2 t (2.71) c2 2 2 u − cu2θ % x =0 14 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV dove le quantità mediate da calcolare si sono ridotte a: 1, u, u2 e u2θ . Seguendo il procedimento originario proposto da Whitham [8] si esprimono le quantità mediate in funzione di derivate rispetto alle costanti della funzione ellittica W = W (A, B, c) definita come 1 W (A, B, c) = − 2π " 0 L # −G(u)du. (2.72) La G(u) è definita nella (4.53), A e B sono le costanti note dalla riduzione e c è la velocità di propagazione. Le quantità medie sono " L k 1 1= du # = kWA , 2π 0 −G(u) " L k u u= du # = −kWB , 2π 0 −G(u) " L 1 2 k u2 u = du # = −kWc , 2 2π 0 2 −G(u) " L k u2 u2θ = du # θ = −kW. 2π 0 −G(u) (2.73) (2.74) (2.75) (2.76) Per il momento si mantengono impliciti gli integrali (2.73), (2.76). Sostituendo nelle equazioni (2.71), si ottiene il sistema espresso in termini di W (A, B, c). % $ $ % kWB + ckWB − B = 0, (2.77) t x $ % $ % kWc + ckWc − A = 0, (2.78) t , x - , 1 k(AWA +BWB +cWC −W ) + A(kWA )t +B(kWB )+c(kWc )−W kt − B 2 = 0 2 t x (2.79) La terza equazione può essere semplificata usando alcune proprietà di W . Analizzando il primo membro , k(AWA + BWB + cWC − W ) , (2.80) t le derivate di W rispetto a x e t sono ∂t W (A, B, c) = WA At + WB Bx + Wc ct ∂x W (A, B, c) = WA Ax + WB Bx + Wc cx . (2.81) Derivando le costanti A, B e c si ottiene l’identità (2.81), per i restanti termini abbiamo: , A(kWA )t + B(kWB ) + c(kWc ) − W kt (2.82) Per il secondo membro invece, aggiungendo e sottraendo (cA)x e poi sostituendo le funzioni in termini dell’integrale W (A, B, c) si ha: , 1 kc(AWA + BWB + cWC − W ) − B 2 − Ac = 0. 2 x (2.83) 15 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV operando allo stesso modo si ricava: , A(ckWA )x + B(ckWB )x + c(ckWc )x − W (ck)x − BBx − (cA)x . Quindi, sommando la (2.82) e la (2.84) , A (kWA )t + (ckWA − c)x + , +B (kWB )t + (ckWB − B)x + , +c (kWc )t + (ckWc − A)x − , −W (k)t + (ck)x = 0 (2.84) (2.85) Il primo termine è nullo per la (2.73), il secondo e il terzo invece si annullano per la (2.77) e la (2.78). Si ottiene, in definitiva, una legge di conservazione generale (k)t + (ω)x = 0. (2.86) con ω = ck, che esprime la conservazione del numero d’onda. Svolgendo le derivate: + * ∂ ∂ +c k = −kcx , (2.87) kt + cx k + ckx = 0 → ∂t ∂x Inoltre, dato che vale la (2.73), si ricavano le equazioni di modulazione: Dt WA = WA cx , Dt WB = WA Bx , Dt Wc = WA Ax . (2.88) dove Dt = (∂/∂t + c∂/∂x). Si vuole esprimere il sistema (2.88) in funzione degli zeri della G(u). Dalle relazioni (2.31), (2.33) e (2.32) si ricava: cx = 1, u1 + u2 + u3 , 3 x (2.89) 1, (u1 )x (u2 + u3 ) + (u2 )x (u3 + u1 ) + (u3 )x (u1 + u2 ) , (2.90) 6 1, Ax = − (u1 )x u2 u3 + (u2 )x u2 u3 + (u3 )x u2 u1 . (2.91) 6 Dato che A, B e c sono funzioni u1 , u2 e u3 si ha che W = W (u1 , u2 , u3 ) e il sistema (2.88) diventa Bx = − WA,u1 Dt u1 + WA,u2 Dt u2 + WA,u3 Dt u3 = $ % = 13 WA u1 + u2 + u3 , (2.92) x = − 61 WA W D u + WB,u2 Dt u2 + WB,u3 Dt u3 = $ B,u1 t 1 % (u1 )x (u2 + u3 ) + (u2 )x (u3 + u1 ) + (u3 )x (u1 + u2 ) , x (2.93) 16 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV Wc,u1 Dt u1 + Wc,u2 Dt u2 + Wc,u3 Dt u3 = $ % = − 16 WA (u1 )x u2 u3 + (u2 )x u2 u3 + (u3 )x u2 u1 . (2.94) x dove: $ $ WA WB $ Wc % % % 1 4π 1 4π u1 =− u1 1 =− 4π e analogamente per u2 e u3 . 2.3.3 u1 = " " " du # (u − u1 ) −G(u) (2.95) du # . (u − u1 ) −G(u) (2.97) du # , (u − u1 ) −G(u) (2.96) Diagonalizzazione delle leggi di conservazione La diagonalizzazione del sistema si esegue tramite la ricerca degli invarianti di Riemann. Si consideri la somma delle (2.92)-(2.94) moltiplicate rispettivamente per tre parametri arbitrari p, q e r $ % (2.98a) p(WA )u1 + q(WB )u1 + r(Wc )u1 Dt u1 + $ % + p(WA )u2 + q(WB )u2 + r(Wc )u2 Dt u2 + (2.98b) $ % + p(WA )u3 + q(WB )u3 + r(Wc )u3 Dt u3 = (2.98c) % 2 $ 1 = WA 2p u1 + u2 + u3 − (2.98d) 6 x −q [(u1 )x (u2 + u3 ) − (u2 )x (u3 + u1 ) − q(u3 )x (u1 + u2 )] (2.98e) 3 −r [(u1 )x u2 u3 − r(u2 )x u2 u3 − r(u3 )x u2 u1 ] (2.98f) Focalizzando l’attenzione sulle eq (2.98(d-f)), il termine a destra dell’uguale si scrive , 1 (u1 )x (2p − q(u2 + u3 ) − ru2 u3 ) + (u1 )x (2p − q(u1 + u3 ) − ru1 u3 )+ W A 6 +(u1 )x (2p − q(u2 + u1 ) − ru2 u1 ). (2.99) Scegliendo i parametri p, q e r tali che u3,x = 0 e u2,x = u1,x si ottiene ! 2p − q(u2 + u1 ) − ru2 u1 = 0 (2.100) 2p − q(u1 + u3 ) − ru1 u3 = 2p − q(u2 + u3 ) − ru2 u3 il cui risultato da: p = u1 u2 − u3 u2 − u3 u2 q = 2u3 r = −2 (2.101) dove r è stato scelto in modo arbitrario. In questo modo le (2.98(d-f)) diventano 1 ∂ − (u3 − u2 )(u3 − u1 )WA (u1 + u2 ). 3 ∂x (2.102) 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV 17 Per le (2.98(a-c)) si ha per ogni derivata totale Dt un somma dei tre funzionali WA , WB e Wc . Si consideri il termine a moltiplicare Dt U3 . Sostituendo le espressioni in funzione di W (A, B, c) e dei parametri p, q e r definiti nella (2.101) si ottiene: 1 4π " du # (u3 u2 + u3 u1 − u2 u2 − 2uu3 + u2 ) = (u − u3 ) −G(u) 4 " 1 d , (u − u2 )(u − u1 ) = 2 du = 0 4π du −(u − u3 ) Per Dt u2 si ha " 1 du # (u3 u2 + u3 u2 − u1 u2 − 2uu3 + u2 ) ≡ k1 , 4π (u − u2 ) −G(u) mentre per Dt u3 " 1 du # (u3 u2 + u3 u2 − u1 u2 − 2uu3 + u2 ) ≡ k2 , 4π (u − u1 ) −G(u) (2.103) (2.104) (2.105) (2.106) dalle espressioni precedenti si verifica che k1 − k2 = 0. (2.107) É possibile riscrivere k1 e k2 in modo tale da estrarre un differenziale esatto simile alla (2.104) 1 + 4π e 1 + 4π & & −u2 ) k1 = − (u32π du √ (u2 (u−u2 ) −G(u) u−u1 u−u2 √ du + −G(u) (2.108) du + −G(u) (2.109) − 2uu2 + u3 u2 + u1 u2 − u3 u1 ) −u1 ) k2 = − (u32π du √ (u2 (u−u1 ) −G(u) & & u−u2 u−u1 √ − 2uu1 + u3 u1 + u1 u2 − u3 u2 ), ovviamente il secondo termine nelle due espressioni nullo perché si effettua una integrazione su un percorso chiuso. I termini restanti, aggiungendo e sottraendo la (2.73), possono essere riscritti come k1 = −(u3 − u2 )WA − 2(u3 − u2 )(u2 − u1 )WA,u2 k2 = −(u3 − u1 )WA − 2(u3 − u1 )(u2 − u1 )WA,u1 Dato che k1 − k2 = 0 si ha: $ % WA = −2 (u3 − u2 )WA,u2 + (u3 − u1 )WA,u1 , (2.110) (2.111) quindi, sostituendo in k1 o in k2 k1 = k2 = −2(u3 − u2 )(u3 − u1 )(WA,u1 + WA,u2 ), (2.112) 18 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV Dalla definizione di G(u) e WA si nota che vale l’identità WA,u1 + WA,u2 + WA,u3 ≡ 0 (2.113) e la (2.112) si riscrive come: 2(u3 − u2 )(u3 − u1 )WA,u3 (2.114) Eguagliando la (2.102) e la (2.114) otteniamo l’espressione ridotta della (2.88) 1 ∂ 2(u3 − u2 )(u3 − u1 )WA,u3 Dt (u1 + u2 ) = − (u3 − u2 )(u3 − u1 )WA (u1 + u2 ), 3 ∂x (2.115) quindi, 1 WA ∂ Dt (u1 + u2 ) + (u1 + u2 ) = 0 (2.116) 6 WA,u3 ∂x Allo stesso modo permutazioni cicliche di u1 , u2 e u3 danno le equazioni: Dt (u1 + u3 ) + 1 WA ∂ (u1 + u3 ), 6 WA,u2 ∂x (2.117) Dt (u3 + u2 ) + 1 WA ∂ (u3 + u2 ) 6 WA,u1 ∂x (2.118) Definiamo ora i seguenti parametri, noti come invarianti di Riemann u1 + u2 , 2 u1 + u3 β2 = , 2 u2 + u3 β3 = . 2 Invertendo le relazioni (2.116)-(2.117) in funzione degli invarianti βi β1 = (2.119) (2.120) (2.121) si ricava u1 = β1 + β2 − β3 , (2.122) u2 = β1 − β2 + β3 , (2.123) u3 = −β1 + β2 + β3 . (2.124) WA,β1 = WA,u1 + WA,u2 − WA,u3 (2.125) WA,β1 = −2WA,u3 . (2.126) Quindi le derivate di WA = WA (u1 , u2 , u3 ) espresse in funzione degli invarianti diventano e usando la (2.113), si ottiene Allo stesso modo si ricava per le altre due espressioni WA,β3 = −2WA,u1 , WA,β2 = −2WA,u2 . Dato che, WA = 1/k = L/2π, si verifica che (2.127) 19 2.3. TEORIA DI WHITHAM NELLA KDV WA 2WA 2 2k = =− = . WA,u1 WA,β3 ∂(ln WA )/∂β3 kβ3 (2.128) Allo stesso modo si ottengono le relazioni per WA,u1 eWA,u2 . Sostituendo le relazioni trovate nelle Eq (2.116)e (2.117) e espandendo Dt si ricava ∂ ∂ βi + Vi (β1 , β2 , β3 ) βi ∂t ∂x con Vi = i = 1, 2, 3. 1 1 (β1 + β2 + β3 ) − , 3 3∂βi (ln L) dove m e L si ricavano dalla (2.46), e pari a √ 2 6 L= √ K(φ, m), β3 − β1 m= β2 − β1 . β3 − β1 (2.129) (2.130) (2.131) Con K(φ, m) integrale ellittico del primo tipo. Per il calcolo del secondo termine della Vi si ha ∂K(φ, m) ∂K(φ, m) ∂m = (2.132) ∂βi ∂m ∂βi e la derivate di K(φ, m) rispetto a m è dK(m) E(m) − (1 − m)(K(m)) = ; dm 2m(1 − m) (2.133) con E(m) integrale ellittico del secondo tipo. Applicando le condizioni (2.132)(2.133) si ottengono le velocità Vi V1 = 1 2 (β3 − β1 )(1 − m)K(m) (β1 + β2 + β3 ) + 3 3 E(m) − K(m) (2.134) V2 = 1 2 (β2 − β1 )(1 − m)K(m) (β1 + β2 + β3 ) − 3 3 E(m) − (1 − m)K(m) (2.135) V3 = 2 (β3 − β1 )(1 − m)K(m) 1 (β1 + β2 + β3 ) + 3 3 E(m) (2.136) dette velocità caratteristiche. Utilizzando le (2.122)-(2.124) è possibile esprimere le onde cnoidali per la KdV in funzione degli invarianti di Riemann $ %2 β + β − β ,# -3 1 2 3 u = β3 − β1 − 2m sn2 β3 − β1 (x − ct), m β3 − β1 e conseguentemente la velocità c, il modulo m e il vettore d’onda k √ π β3 − β1 β2 − β1 k=√ , m= , β3 − β1 6 K(φ, m) c= 1 (β1 + β2 + β3 ), 3 (2.137) (2.138) (2.139) 20 2.4. COSTRUZIONE DI GUREVICH-PITAEVSKII 2.4 Costruzione di Gurevich-Pitaevskii La costruzione di Gurevich-Pitaevskii fu introdotta originariamente nel 1974, ponendosi il problema di raccordare la condizioni iniziali della KdV con le equazioni di Whitham. Questa costruzione ha carattere più generale ed è possibile l’estensione a problemi dinamici più complicati (NLS). Prendendo piccoli effetti di dispersione hanno mostrato che dopo un tempo finito, confrontabile con il tempo di rottura tb (2.11), si forma un fronte oscillatorio seguito dalla formazione di un solitone [3]. Più precisamente, si consideri la KdV unidimensionale ut + uux + uxxx = 0, (2.140) passando il sistema alla scala spaziale lenta X = #x con # $ 1 si ha che, durante l’evoluzione iniziale, |ux | ∼ #, |uxxx | ∼ #3 . Quindi |uxxx | $ |ux | e nella prima fase dell’evoluzione si può trascurare il termine dispersivo nella (2.140). In questo limite, detto limite semiclassico, l’evoluzione è descritta dall’equazione di Hopf con u(x, t) = f (x, t) e fxxx = 0, f (x, t)t + f (x, t)f (x, t)x = 0. (2.141) L’evoluzione dell’equazione di Hopf porta alla formazione di singolarità e ad una regione a più valori, come descritto nel paragrafo $2.1. L’ idea generale della costruzione di Gurevich-Pitaevskii (GP) è di usare la teoria di Whitham quando i termini dispersivi non sono più trascurabili e la soluzione acquista carattere oscillatorio. In questa modellizzazione si può dividere il piano (x, t) in tre domini, delimitati da due curve x− (t) e x+ (t): (−∞, x− (t)) ∪ [x− (t), x+ (t)] ∪ (x+ (t), +∞) t Dispersionless limit (2.142) x (t ) Whitham equations x (t ) Dispersionless limit x Figura 2.4: Grafico qualitativo dei limiti di validità delle equazioni 2.4. COSTRUZIONE DI GUREVICH-PITAEVSKII 21 Al di fuori dell’intervallo compreso tra x− (T ) e x+ (T ) la soluzione è regolata dall’equazione di Hopf, limite non dispersivo della KdV. La dinamica all’interno dell’intervallo è localmente periodica e descritta dalle equazioni di Whitham. Sui bordi, per x = x− (t), detto ”trailing edge”, l’onda di propagazione è lineare con modulo m = 0 e ampiezza a = 0. Per x = x+ (t), detto ”leading edge”, l’onda di propagazione diventa un solitone con m = 1 e numero d’onda k = 0. Per verificare la validità di tale costruzione è necessario calcolare i limiti armonico e solitonico della equazioni di modulazione. Se m = 0, dalla (2.138), si ha β2 = β1 . Il calcolo diretto delle velocità nelle equazioni (2.134), (2.136) da V3 = β3 , V2 = V1 = 2β1 − β3 . (2.143) Le equazioni di Whitham si riducono a ∂ ∂ β3 + β3 β3 = 0, ∂t ∂x ∂ ∂ β1 + (2β1 − β3 ) β1 = 0. ∂t ∂x (2.144) Se m = 1, si ha β3 = β2 . Le velocità diventano V1 = β1 , V2 = V3 = 1 (β1 + 2β3 ), 3 (2.145) e le equazioni di Whitham ∂ ∂ β1 + β1 β1 = 0, ∂t ∂x ∂ 1 ∂ β3 + (β1 + 2β3 ) β3 = 0. ∂t 3 ∂x (2.146) Una delle equazioni di Whitham diventa sempre l’equazione di Hopf (2.1), il limite non dispersivo della KdV. Usando la definizione degli invarianti di Riemann si verifica facilmente, che le velocità caratteristiche multiple (2.143) e (2.144) coincidono con la velocità di gruppo ricavabile dalla (2.53) nel limite armonico e con cs (2.58) nel limite solitonico. Se una equazione diventa l’equazione di Hopf, le restanti due collassano in una nuova equazione la cui velocità corrisponde o alla velocità di gruppo del limite armonico o alla velocità del solitone KdV nel limite iperbolico. In conclusione, la costruzione di GP mostra una struttura pienamente compatibile con le equazioni di Whitham e tale compatibilità deve essere rispecchiata nelle condizioni di raccordo nei punti x = x± (t) tra la soluzione interna, equazioni di Whitham, e la soluzione esterna, equazione di Hopf: ! x = x− (T ) → β2 = β1 β3 = f (x, t), (2.147) x = x+ (T ) → β2 = β1 β1 = f (x, t), dove f (x, t) è la soluzione dell’equazione di Hopf. Si sottolinea che i bordi x± (t) non sono noti e la loro determinazione è parte stessa del problema. Le velocità che descrivono la variazione dei bordi x− (t) e x+ (t) sono legate alle velocità caratteristiche associate al collasso di due invarianti di Riemann nei due limiti. In definitiva, i bordi sono descritti dall’equazione differenziale dx− = V2 (β1 , β1 , β3 )x=x− = V1 (β1 , β1 , β3 )x=x− dt dx+ = V2 (β1 , β3 , β3 )x=x+ = V3 (β1 , β3 , β3 )x=x+ . dt (2.148) (2.149) 22 2.4. COSTRUZIONE DI GUREVICH-PITAEVSKII Data l’invarianza del sistema per trasformazioni di scala x → Cx e t → Ct, le equazioni di modulazione possono essere espresse in funzione della variabile auto similare x ζ= (2.150) t e ciò implica che βi = βi (ζ) (2.151) Sostituendo la (2.151) nelle equazioni di Whitham (2.129) si ottiene dβi (Vi − ζ) = 0, dζ i = 1, 2, 3. (2.152) Questa costruzione è una costruzione generale. Il raccordo ai bordi tra la soluzione interna e la soluzione esterna è strettamente legato alle differenti condizioni al contorno che è possibile imporre al sistema. Prendendo come condizioni iniziali una discontinuità finita u0 (−∞) = u− , u0 (+∞) = u+ con u− > u+ , (2.153) Per queste condizioni, la soluzione auto similare della KdV nel limite non dispersivo è: − x < t, u x/t, 0<x<t u(x, t) = (2.154) + u , x > t, che assume valore multiplo per x− (t) < x < x+ (t), come riportato in figura (2.5). In accordo con la costruzione di Gurevich e Pitaevskii nella regione a va- 1 u=u− 0.8 u(x) 0.6 0.4 0.2 u=u+ 0 x−(t) x+(t) −0.2 −0.2 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 x Figura 2.5: Grafico della soluzione della KdV nel limite non dispersivo per u− = 1 e u+ = 0. 23 2.4. COSTRUZIONE DI GUREVICH-PITAEVSKII lore multiplo si forma l’onda non lineare modulata, la cui evoluzione è governata dalle equazioni di Whitham (vedi figura (2.6)). Gli invarianti di Riemann devono soddisfare il limite non dispersivo nella KdV, quindi, le condizioni (2.147) diventano: ! s = s− → β2 = β1 β3 = u− , (2.155) s = s+ → β2 = β3 β1 = u+ , dove i parametri s± sono delle velocità e legate alla variazione dei bordi tramite le equazioni x± = s± t. (2.156) Le condizioni (2.155) implicano che nella zona compresa tra x− (t) e x+ (t), la zona interna, gli invarianti di Riemann β3 e β1 sono costanti e fissati rispettivamente a u− e u+ , mentre, l’unico invariante di Riemann variabile è β2 . In questa regione, le equazioni di Whitham (2.152) hanno come soluzione β1 = cost = u+ β3 = cost = u− s = V2 (u− , β2 , u+ ). (2.157) Sostituendo nella (2.135) i valori di u− e u+ si ricava la soluzione per V2 2 (1 − m)m∆ x 1 − (u + 2u+ + m∆) − = 3 3 E(m)/K(m)) − (1 − m) t (2.158) dove ∆ = u− − u+ è l’ampiezza della discontinuità iniziale e m = (β2 − u+ )/∆. La soluzione ottenuta è detta ”Simple-Wave”, soluzione con due invarianti di Riemann fissati (β1 e β3 )e uno variabile (β2 ). 2 1.8 1.6 1.4 u(x) 1.2 1 0.8 0.6 0.4 0.2 0 −6 −4 −2 0 2 4 6 8 x Figura 2.6: Dispersive shock wave (DSW) nella KdV per u− = 1 e u+ = 0. 2.4. COSTRUZIONE DI GUREVICH-PITAEVSKII 24 Le velocità auto similari s+ e s− si ottengono ponendo direttamente m = 0 e m = 1 nella (2.158) s− = s(m = 0) = u+ − ∆, 2 s+ = s(m = 1) = u− + ∆ 3 (2.159) É possibile ricavare il numero d’onda nel limite armonico e l’ampiezza del solitone nel limite solitonico imponendo le condizioni (2.147) alla (2.50) e (2.55) . . 2 − ∆ e a+ = 2∆. (2.160) k = 3 Capitolo 3 Teoria di Whitham in sistemi non integrabili La regolarizzazione degli shock per le equazioni non integrabili è un problema aperto e di non semplice soluzione perchè la rottura dell’integrabiltà implica l’esistenza di un numero finito di leggi di conservazione. Tuttavia, il calcolo dei parametri s+ , s− e l’ampiezza del solitone as possono essere effettuati dallo studio delle leggi non mediate al ”trailing edge” e al ”leading edge” in quanto godono di particolari proprietà. Generalmente due zeri del polinomio F (u, Ai ) collassano semplificando le equazioni di modulazione. Pur non essendo in grado di calcolare gli invarianti di Riemann è possibile riformulare il problema di Gurevich-Pitaevskii determinando i parametri principali dello shock partendo dalla forma non diagonale delle equazioni di Whitham. 3.1 Formulazione non integrabile per la KdV La formulazione della costruzione di Gurevich-Pitaevskii per le equazioni non integrabili è introdotta a partire dalla KdV di cui sono stati già mostrati i risultati. Le equazioni di modulazione della KdV sono % ∂u ∂ $ u2 + + uθθ = 0, ∂t ∂x 2 % u2 ∂ $ u2 % ∂ $ u3 + − θ + uuθθ = 0, ∂t 2 ∂x 3 2 (3.1) (3.2) ∂k ∂ω + = 0, (3.3) ∂t ∂x dove la mediazione è quella definita nella (2.65) sull’onda di propagazione definita dalla (2.46). Al ”trailing edge” e al ”leading edge” si può verificare che [7] F (u)u2 =u3 = F (u3 ), F (u)u2 =u1 = F (u1 ). Questo implica automaticamente che 25 (3.4) 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV u|u2 =u3 = u3 e u|u2 =u1 = u1 , 26 (3.5) tali relazioni possono essere verificate direttamente dalla (2.70). Quindi, dalla (3.4) e dalla (3.5) si ricava F (u)u2 =u3 = F (u), F (u)u2 =u1 = F (u). (3.6) Quest’ultima relazione implica che nei due limiti si ha, u2 = u2 . La prima equazione di modulazione, nel limite non dispersivo, diventa ut + uux = 0, (3.7) l’equazione di Hopf in u. Nel paragrafo $2.5 è stato esposto il limite semiclassico per cui al ”trailing edge” l’equazione esterna è l’equazione di Hopf, quindi, la costruzione appena esposta è coerente con i risultati ottenuti nella (2.144) e (2.146). In definitiva, al ”trailing edge” e al ”leading edge” una equazione di modulazione collassa sempre nell’equazione di Hopf. Fissato questo concetto si può formulare la struttura della teoria. Le equazioni di modulazione (3.1), (3.4) si possono scrivere nella generica forma differenziale d d Pi (u1 , u2 , u3 ) + Qi (u1 , u2 , u3 ) = 0. dt dx (3.8) dove u1 , u2 e u3 sono gli zeri del polinomio G(u). La (3.8) può essere espressa nella forma Ut + A(U )Ux = 0 (3.9) dove U = (u1 , u2 , u3 )T e A(U ) è la matrice dei coefficienti. Si vuole esprimere la (3.8) in forma caratteristica. 3 5 j=1 (m) dm cj dt U j = 0, ∂ dm ∂ ≡ + Vm , dt ∂t ∂x m = 1, 2, 3, (3.10) Ottenuta diagonalizzando A c(m) A = Vm c(m) , (3.11) dove le Vi , velocità caratteristiche, sono gli autovalori associati al problema. L’indice m è associato all’equazione caratteristica considerata, mentre j scorre tra le componente del vettore U e c. Gli autovettori cj corrispondenti a differenti autovalori Vj sono linearmente indipendenti. Inoltre, se la matrice A è reale e simmetrica tutti gli autovalori sono reali e ortogonali. Introducendo un nuovo set di variabili Y = (u, k, a)T , tramite una trasformazione U → Y , si ottiene un nuovo sistema in forma matriciale analogo al primo Yt + A(U (Y ))Yx = 0 (3.12) dove A(U (Y )) è la nuova matrice dei coefficienti. In forma caratteristica diventa 3 5 j=1 (m) dm bj dt Yi =0 m = 1, 2, 3, (3.13) 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV 27 dove le velocità caratteristiche Vj (Y ) sono gli autovalori della matrice A(Y ), con b(m) autovettore applicato da sinistra. Si assuma che autovalori Vm siano reali e ordinati nel seguente modo: V1 (Y ) < V2 (Y ) < V3 (Y ). In queste condizioni il sistema definito nella (3.13) diventa iperbolico. Entrambe le rappresentazioni (3.10) e (3.13) devono possedere le stesse proprietà a cui sono soggette le equazioni di Whitham. Al ”trailing edge” m = 0, u2 = u3 e a = u3 − u2 = 0, mentre, al ”leading edge” m = 1, quindi u2 = u1 e k = 0. In entrambi i limiti, nella descrizione con il set di variabili U , due zeri collassano e il sistema diventa degenere. Un autovalore della matrice A(U ) acquista doppia molteplicità e due velocità caratteristiche Vm coincidono. Un comportamento analogo si avrà anche nella rappresentazione del sistema con il set di variabili Y , tuttavia nella rappresentazione caratteristica vi sono importanti ripercussioni. Dato che nei due limiti si ha a = 0 o k = 0 un differenziale scompare automaticamente e il sistema (3.13) ammette una riduzione. Applicando la costruzione di Gurevich-Pitaevskii, dato che deve essere mantenuto l’ordinamento delle velocità Vi , gli autovalori che collassano devono essere identificati con le velocità dell’onda cnoidale nei limiti armonico e solitonico, mentre il rimanente autovalore è la velocità u dell’equazione di Hopf. Se, dopo la riduzione, è nota l’espressione della forma caratteristica si può stabilire una corrispondenza biunivoca tra le restanti componenti di Y . In questi termini, per la KdV, la velocità dei bordi (2.148) e (2.149) diventano 6 dx− = V2 (u, k, a = 0)6x=x− , dt 6 dx+ = V2 (u, k = 0, a)6x=x+ . dt (3.14) Nel caso di un decadimento da discontinuità iniziale del tipo (2.153), la costruzione di Gurevich-Pitaevskii deve considerare al traling edge si hanno onde lineari caratterizzate da a = 0 mentre al ”leading edge” si ha il solitone con k = 0 e i bordi devono raccordarsi con la discontinuità finita x = s− t : x = s+ t : a = 0, k = 0, u = u− u = u+ (3.15) s+ = V2 (u+ , a+ ), (3.16) dove, le velocità s± sono s− = V2 (u− , k − ), e a+ , k − sono ottenuti tramite la soluzione del problema di GurevichPitaevskii. Questo apparto teorico, nonostante non descriva la dinamica dell’onda cnoidale nella zona interna, può predire esattamente i valori di a+ e k − e, quindi, le velocità s± al ”trailing edge” e al ”leading edge” senza il calcolo degli invarianti di Riemann del sistema mediato. 3.1.1 Trailing Edge Segue dal sistema definito dalla (3.13) che il differenziale lungo la i-esima caratteristica non è indipendente, ma le componenti del vettore Y sono legate dalla relazione: (i) (i) (i) b1 (u, k, a)di u + b2 (u, k, a)di k + b3 (u, k, a)di a = 0. (3.17) 28 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV dove di = d/dt + Vi d/dx. Posto a = 0, un differenziale è nullo e la caratteristica ammette una riduzione in (i) (i) b1 (u, k, a = 0)di u + b2 (u, k, a = 0)di k = 0, (3.18) un sistema 2x2 nelle due variabili (u, k). La risoluzione della (3.18) comporta la diagonalizzazione del sistema 2x2 e quindi il calcolo degli invarianti di Riemann del sistema ridotto. Da sottolineare che l’esistenza di questi invarianti non comporta l’esistenza degli invarianti di Riemann nel sistema generale. Le equazioni diagonalizzate definiscono una relazione locale tra i coefficienti del sistema di Whitham ridotto. Se al ”trailing edge” a = u3 − u2 = 0, come precedentemente dimostrato, si ha F (u1 , u2 , u3 )|a=0 = F (u3 ) = F (u). (3.19) Inoltre, si verifica immediatamente che lim u2 = u2 , (3.20) lim ω = lim ck = k(c|a=0 ) = k(u3 − k 2 ) = ku − k 3 . (3.21) a→0 e che per ω, usando la (2.51), a→0 a→0 Lo stesso risultato è ottenibile direttamente dalla linearizzazione della KdV ignorando l’integrazione con le onde cnoidali. Infatti, sostituendo u = u0 + u1 ei(ωt−kx) (3.22) nella (2.23), con |u1 | $| u0 |, si ottiene: iωu1 − iku0 u1 − iu1 k 3 = 0 e quindi la (2.53). Il sistema di Whitham ridotto diventa ! ut + uux = 0, (k)t + (ω0 (u, k))x = 0. (3.23) (3.24) Si sottolinea che per la KdV il sistema ottenuto è già in forma diagonale comportando una notevole semplificazione del problema. Procedendo con la sostituzione k = k(u) si calcola la relazione sulla i-esima caratteristica dk dk ∂ω ∂ω ut + ux + ux = 0 du du ∂k ∂u (3.25) sostituendo nella prima delle (3.29) si ottiene una equazione differenziale in ∂ω0 dk ∂u = . 0 du u − ∂ω ∂k dk du (3.26) Se vale la (2.53), l’equazione diventa dk k 1 = 2 = du 3k 3k (3.27) 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV la cui integrazione da 29 . 2 (u + C1 ) (3.28) 3 L’equazione (3.34) pone la relazione tra i valori di k e u sulla caratteristica del sistema di Whitham quando l’ampiezza è nulla. La costante C1 è ricavabile dal raccordo con le condizioni iniziali legate al problema di Gurevich-Pitaevskii. ! − u = u− x = s− t a=0 (3.29) + + x =s t k=0 u = u+ k= Dalla seconda condizione si ricava . 2 + 0= (u + C1 ) 3 dalla prima invece . k= 2 − (u − u+ ) = 3 . → 2 ∆ ≡ k− 3 C1 = −u+ → k = − (3.30) . 2 ∆ 3 (3.31) con ∆ = u− − u+ . In accordo con la (3.16) si deve calcolare la velocità auto similare s− . Le velocità caratteristiche del sistema di Whitham ridotto derivano dal confronto con le equazioni (3.24) e (3.25), quindi, ∂ω0 = u − 3k 2 . ∂k u, (3.32) La seconda espressione indica la velocità di gruppo di un pacchetto di onde derivante dalla legge di relazione di dispersione (3.21). Per una completo accordo tra la teoria di Whitham e la formulazione non integrabile si devono identificare le velocità caratteristiche (3.32) con le velocità dal problema di Gurevich-Pitaevskii integrabile (2.143). Dato che la KdV è una equazione completamente integrabile tale identificazione è abbastanza agevole. Partendo da u, E(m) u = u3 + 2(u3 − u1 ) , (3.33) K(m) tramite la definizione di k, nella (2.46), si ricava √ √ 2 3 u3 − u1 K(m) = . π k (3.34) Sostituendo nella (3.66) si ottiene u = u1 + Per a = 0, u = u3 , ricavando √ (u − u1 ) = √ u3 − u1 3k. (3.35) √ u − u1 3k, (3.36) √ u1 = u − 3k 2 . (3.37) V2 (u, k, a = 0) = ∂ω0 /∂k (3.38) Questa espressione coincide con la velocità di gruppo nel limite lineare dell’onda cnoidale, ricavabile dalla (2.53). Con questa condizione la velocità caratteristica V2 può essere identificata con 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV 30 e s− ∂ω0 (u− , k − ) = u+ − ∆. (3.39) ∂k Risultato in accordo con quello calcolato nella costruzione di GurevichPitaevskii (2.159). s− = 3.1.2 Leading Edge Allo stesso modo, per il ”leading edge”, si procede integrazione indiretta della i-esima caratteristica con k = 0. (i) (i) b1 (u, 0, a)di u + b2 (u, 0, a)di a = 0 (3.40) Cercando la relazione locale a = a(u) si calcola, come per il ”trailing edge”, l’integrale della (3.40) e quindi s+ . Sulla base degli elementi esposti nel paragrafo $ 3.1 introducendo un opportuno set di variabili si può semplificare il problema, in particolare si introduce il numero d’onda coniugato $" u2 du # 1 %−1 1 π (u3 − u1 ) 2 = √ , (3.41) 2 3 K(m" ) G(u) u1 # con m" = 1 − m. Si nota che se m" = 0, k̃ = as /3. Si definisce, inoltre, la quantità k Λ= . (3.42) k̃ k̃ = π Il vettore Y (u, k, a) può essere sostituito dal nuovo vettore Y " = Y " (u, k̃, Λ). Le nuove quantità k̃ e Λ possiedono stesse le proprietà, rispettivamente, di a e k. m = 1 → m" = 0 → m = 0 → m" = 1 → Λ =0 k̃ = 0 (3.43) Con queste nuove variabili le condizioni di Gurevich-Pitaevskii diventano ! − x = s− t k̃ = 0 u = u− (3.44) + + x =s t Λ =0 u = u+ Per le equazioni di modulazione nel limite solitonico si ha che la prima decade nell’equazione di Hopf, mentre per la seconda equazione si ha che ω → ω̃ = ω̃(u, k̃, λ) = ck̃. Usando (3.42) e la (3.45) si ricava $ % $ % $ % k̃Λ + ω̃ = 0 → kΛt + ω̃Λx + Λ kt + ω˜x = 0. t x (3.45) (3.46) Equivalentemente al ”trailing edge”, se λ = 0 su una caratteristica i valori di k̃ e u devono essere connessi da una relazione del tipo k̃ = k̃(u) che non dipende dalla soluzione particolare. Considerando l’equazione (3.46) nell’intorno della caratteristica menzionata quando k $ 1, per il termine tra parentesi nella (3.45) si ha % dk̃ ∂u ∂ ω˜s dk̃ dk̃ $ ∂ ω˜s + ux = ux −u . (3.47) dũ ∂t ∂k du du ∂u 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV 31 dove indichiamo con ω̃s = ω̃(u, 0, k̃) la relazione che può essere chiamata relazione di dispersione solitonica.. Quindi, sostituendo nella (3.45), λt + % ∂ ω̃ ω˜s λ , dk̃ $ ∂ ω̃s ∂λ s + ux −u + = O(λ ) du ∂u ∂u ∂x k̃ k̃ (3.48) La caratteristica da la relazione k̃ = k̃(u) e non deve dipendere da λ, quindi, l’espressione tra parentesi quadre deve essere identicamente nulla. Si ricava, in definitiva, ∂ ω̃s dk̃ ∂u = (3.49) du u − ∂ ω̃0 ∂ k̃ e ω˜s ∂λ λx = O(λ ). (3.50) ∂x k̃ Notiamo che le espressioni (3.50) e (3.26) sono identiche a meno di sostituire l’opportuna legge di dispersione. Le velocità caratteristiche in questo limite corrispondono a ω̃s , (3.51) u, k̃ dove il primo termine è la velocità legata alla equazione di Hopf, mentre il secondo è la velocità associata alla doppia caratteristica ottenuta dalla riduzione. Integrando la (3.49) con la legge di dispersione solitonica (3.45) e imponendo le condizioni (3.44) si può ottenere il valore del parametro s+ . La costruzione con il set di variabili Y " conduce al calcolo di s+ e quindi alla soluzione del problema di Gurevich-Pitaevskii. Si osserva, innanzitutto, che k̃ e k possono essere interpretati come numero d’onda e frequenza della onda di propagazione coniugata associata alle stesse radici uj , ma con curva di potenziale G(u) invertita. Questi risultati si ottengono automaticamente definendo una trasformazione di coordinate del tipo x → ix̃ t → it̃ u → ũ. (3.52) λt + In questo modo la KdV si trasforma in una nuova equazione che porta segno opposto nel termine dispersivo ũt̃ − ũx̃x̃x̃ + ũũx̃ . (3.53) Cercando una soluzione di propagazione ũ = ũ(θ̃) = ũ(x̃ − ct̃), chiamata onda coniugata a cui è associata la stessa velocità di propagazione c del caso reale, si ottiene agevolmente (ũ)2θ̃ = G(ũ), con ũ(θ + L̃) = ũ(θ) (3.54) Mentre k̃ = 2π/L è definito nella (3.42) Nel caso particolare della KdV le soluzioni di propagazione sono in un caso u = u(θ) e nell’altro iũ = (−iθ̃). Entrambe hanno lo stesso set di radici uj e rappresentano proiezioni sull’asse reale e immaginario della stessa funzione ellittica. La differenza fondamentale sta che per le due onde il numero d’onda è simile, ma con peculiarità diverse. Infatti, per l’onda coniugata il limite armonico cade per u1 = u2 , mentre il limite solitonico per u3 = u2 , viceversa per il caso reale. Quindi il limite 3.1. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER LA KDV 32 armonico dell’onda coniugata corrisponde al limite solitonico dell’onda reale e per entrambe le equazioni il limite armonico corrisponde alla propagazione di onde lineari con una specifica legge di dispersione. Senza la richiesta di integrabilità, la legge di dispersione per la KdV reale e coniugata si trova mediante linearizzazione attorno ad una valore fisso di fondo. Nello specifico, la KdV coniugata si linearizza, analogamente alla (3.22), attorno ad un valore u0 = +u, ottenendo ω˜s = k̃+u, + k̃ 3 . (3.55) Equivalentemente, si definisce la media sulla scala veloce, della famiglia di soluzioni definite nella (3.53). Per un osservabile F si ha +F ,(u1 , u2 , u3 ) = k̃ π " u2 u1 F (ũ) dũ # , G(ũ) dove +, è la media. Con l’integrale definito nella (3.56), si mostra che 6 6 +F ,(u1 , u2 , u3 )6 = F (u1 ), u2 =u1 quindi, tramite la (3.5), +F (u),k=0 = F (u)k=0 , (3.56) (3.57) (3.58) in particolare si ha che +u, = u. Questa proprietà è legata alla forma quadratica della G(u) nell’intorno del limite armonico e solitonico. Segue dalla (3.58) che ω˜s (+u,, k̃) = ω˜s (u, k̃). (3.59) Usando la (3.55), si ottiene per la KdV coniugata, quando k = 0, ω˜s (u, k̃) = k̃u + k̃ 3 . (3.60) Il problema ora è formalmente risolto perché tramite imposizione delle (3.44) si ottiene con passaggi identici al caso reale, ma con la legge di dispersione leggermente diversa . 2 k̃ = (C2 − u), (3.61) 3 dove C2 costante di integrazione. Va sottolineato che per il caso reale, tramite il cambiamento formale k → ik̃ e ω0 → iω˜0 , la soluzione del caso solitonico la si può ottenere direttamente dalla legge dispersione lineare. La soluzione (3.61) è una relazione generale tra k̃ e u sulla caratteristica del sistema di Whitham quando λ = 0 e non è una soluzione globale. Ora, tramite la costruzione di Gurevich-Pitaevskii si ricava il valore delle costanti. Imponendo la (3.44) si ottiene . 2 0= (C2 − u− ) → C2 = u− . (3.62) 3 Imponendo la seconda otteniamo il valore del numero d’onda coniugato: . 2 + k̃ = ∆. (3.63) 3 3.2. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER SISTEMI BIDIREZIONALI 33 Si osserva, dalla (3.31), che k̃ + = k − . Seguendo ancora la costruzione del ”trailing edge” della KdV reale, la velocità s+ si ottiene dalla velocità di gruppo associata alla relazione di dispersione coniugata (3.60) s+ = ωs (u+ , k̃ + ) 2 = u+ + ∆. 3 k̃ (3.64) In accordo con la soluzione globale del sistema nel limite solitonico (2.159). L’ampiezza as del solitone si ottiene dalla relazione (2.58) che per l’onda coniugata diventa 2 s+ = u+ + a+ , (3.65) 3 usando la (3.64) si ricava a+ = 2∆ = 2(u− − u+ ). (3.66) in accordo con la (2.160). 3.2 Formulazione non integrabile per sistemi bidirezionali La formulazione di Gurevich-Pitaevskii si può estendere ai sistemi bidirezionali che vantano numerose applicazioni in ottica e in meccanica dei fluidi. Più precisamente a sistemi 2x2 strettamente iperbolici modificati da una piccola dispersione. Si consideri un generico sistema bidirezionale espresso nella simbolica forma: φt = K4 (φ, φx , φxx , ...), (3.67) dove φ è un vettore a due componenti e K4 è un operatore differenziale che mescola le derivare spaziali φx . Tale che la (3.67) ammetta una legge di dispersione lineare ω = ω0 (k) che nel limite non dispersivo diventi ω → k se k $ 1. Si assume che il sistema (3.67) ammetta almeno tre leggi di conservazione indipendenti ∂Qi ∂Pi + = 0, i = 1, 2, 3. (3.68) ∂t ∂x dove Pi sono le quantità conservate e Qi i corrispondenti flussi. In aggiunta alle equazioni (3.68) si deve considerare anche la conservazione del numero d’onda. ∂k ∂ω + =0 ∂t ∂x (3.69) Generalmente i sistemi fisici considerati, meccanica dei fluidi e ottica, conservano densità ρ e momento ρu. In questa breve esposizione si tratterà un modello che descrive la dinamica di un gas dove due leggi di conservazione P1,2 corrispondano, nel limite non dispersivo , alle equazioni di Eulero (ρ)t + (ρu)x = 0, (ρu)t + (ρu2 + p(ρ))x = 0. (3.70) dove p(ρ) è la pressione del gas. Assunzione generale per tali modelli è che il limite dispersivo ammetta la rappresentazione in funzione degli invarianti di 3.2. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER SISTEMI BIDIREZIONALI 34 Riemann. Si cerca per il sistema (3.67) una soluzione di propagazione, periodica e a singola fase φ(x, t) = φ(θ) con φ(θ + 2π/k) = φ(θ), (3.71) dove θ = x − ct. La soluzione deve essere espressa in funzione delle variabili ρ, u, k e a. Dove ρ e u la densità e la velocità media del fluido, mentre k e a sono gli usuali numero d’onda e ampiezza della soluzione periodica. Come ultima assunzione si ammette che la riduzione del tipo (2.14) conduca ad un potenziale Q(ρ) che possieda le proprietà discusse nella sezione precedente, ovvero una riduzione lineare se a = 0 e iperbolica se k = 0. I tipici sistemi a possedere queste caratteristiche sono la NLS [10] o il sistema Kaup-Boussinesq [11]. Le tipiche condizioni iniziali a gradino per un sistema del tipo (3.70) sono ! ! ρ = ρ− ρ = ρ− x>0 (3.72) t=0: − x < 0, u = u− u=u dove ρ± e u = u± sono costanti. Studi analitici sui decadimenti da discontinuità iniziale in sistemi dispersivi integrabili mostrano che la soluzione asintotica consiste in di tre regioni separate da due onde in propagazione: un’onda di rarefazione e/o onda di shock. La descrizione dello shock dispersivo generalmente si esegue tramite la teoria di Whitham, il sui sistema si può esprimere nella forma: ∂ ∂ P j (ρ̄, ū, k, a) + Q (ρ̄, ū, k, a) = 0 , ∂t ∂x j j = 1, 2, 3 , (3.73) ∂ ∂ k+ ω(ρ̄, ū, k, a) = 0 , (3.74) ∂t ∂x dove ρ̄ and ū sono la densità e la velocità mediate sulla famiglia si soluzioni (3.70), k è il numero d’onda e a è l’ampiezza. Usando gli argomenti esposti nella sezione precedente, il sistema di Whitham ammette una riduzione esatta per a = 0 e k = 0 che deve corrispondere con il limite non dispersivo del sistema (equazioni di Eulero mediate) 7 8 7 8 ρ t + ρ u x = 0, 7 8 7 8 (3.75) ρu t + ρ u2 + p(ρ) x = 0, Ovviamente il sistema (3.75) può essere ottenuto direttamente dal sistema di Whitham considerando i limiti lineare e iperbolico. La legge di conservazione del numero d’onda (3.69), nel limite lineare assume la forma a = 0, kt + (ω0 (ρ̄, ū, k))x = 0 (3.76) dove ω = ω0 (ρ̄, ū, k) è la legge di dispersione lineare del sistema ottenuta considerando piccole perturbazioni su un fondo ρ = ρ̄, u = ū. Le condizioni iniziali per i sistemi bidirezionali nel caso di decadimento da una discontinuità iniziali si ottengono per analogia con le condizioni al contorno (3.15) della KdV x = s− t : x = s+ t : a = 0 , ρ̄ = ρ− , ū = u− , k = 0 , ρ̄ = ρ+ , ū = u+ , (3.77) 3.2. FORMULAZIONE NON INTEGRABILE PER SISTEMI BIDIREZIONALI 35 dove la dipendenza delle velocità dei bordi s± in funzione dei parametri iniziali deve essere trovata. La determinazione delle velocità si ottiene dalla richiesta di una relazione locale tra k e u lungo le curve caratteristiche definite dalla velocità del sistema di Whitham ridotto (a = 0 e k = 0). Nei sistemi bidirezionali, tipicamente, si deve imporre la relazione tra la soluzione del modello non dispersivo (3.75) e l’espressione della legge di conservazione del numero d’onda (3.74) espressa in funzione delle variabili mediate. In definitiva si cerva la relazione tra le componenti ρ e u in funzione dei parametri iniziali Φ(ρ+ , ρ− , u+ , u− ) = 0 (3.78) Da sottolineare che negli shock conservativi, questo metodo è applicabile finché la pressione p è funzione della sola densità ρ. Capitolo 4 Nonlinear Schrödinger quintica In questo capitolo si vuole applicare la costruzione di Gurevich-Pitaevskii per la nonlinear Schrödinger con un termine quintico perturbativo (CQNLS) in regime semiclassino i#ψz + #2 α ψxx − |ψ|2 ψ + |ψ|4 ψ = 0, 2 2 (4.1) dove ψ rappresenta un campo complesso, 0 < # $ 1 parametro per la dispersione e il termine α è un parametro esterno di controllo per la nonlinearità quintica. L’equazione (4.1) può essere considerata la generalizzazione della nonlinear Schrödinger (NLS) iψz + ψxx + a|ψ|2 ψ = 0. Per a < 0 la NLS descrive un modello con nonlinearità ”defocusing”, viceversa, se a > 0 si parla di caso ”focusing”. Quando a < 0 la soluzione che descrive del modello è del tipo # ψ = −2/a sech(x) exp (iz). Come la NLS, la CQNLS è un’equazione universale che descrive situazioni fisiche diverse. I modelli più importanti a cui è associata la CQNLS sono lo studio dei plasmi [12], ottica non lineare [13] e condensazione di Bose-Einstein [14]. Nella condensazione di Bose, le non linearità cubica e quintica rappresentano rispettivamente l’interazione a due e tre corpi. In ottica, la CQNLS descrive la propagazione di un’onda elettromagnetica stazionaria in un materiale con una non linearità Kerr di tipo saturabile troncata al primo ordine. Questa classe di equazioni può essere ulteriormente generalizzata introducendo una funzione g(|ψ|2 ), per la parte non lineare, che vari a seconda del modello considerato. Per la CQNLS è g(|ψ|2 ) = |ψ|2 − α2 |ψ|4 . L’equazione associata alla g(ψ) è la nonlinear Schrödinger generalizzata (GNLS) i#ψz + #2 ψxx − g(|ψ|2 )ψ = 0. 2 (4.2) Spesso è conveniente risolvere i modelli in funzione di g(|ψ|2 ) per trovare caratteristiche più generali della soluzione. A differenza della NLS, la CQNLS non appartiene alla classe di equazioni integrabili e quindi non può essere risolta mediante il metodo della trasformata spettrale [4]. Tuttavia, la CQNLS ammette soluzioni per onda solitaria, legate da un meccanismo di bistabilità. Inoltre, la CQNLS è una equazione che presenta fenomeni di shock, e, data la sua natura 36 4.1. TEORIA ANALITICA DELLO SHOCK GENERATO DA UNA DISCONTINUITÀ INIZIALE 37 non integrabile la risoluzione non può avvenire tramite la teoria di Whitham, bensı̀, tramite la riformulazione del problema di Gurevich-Pitaevskii per modelli non integrabili presentata nel precedente capitolo. In linea con la trattazione generale degli shock, comunemente usata per la NLS, si procede applicando la trasformazione di Madelung * " + # i ψ = ρ(x, z) exp u(x, z)dx , (4.3) # dove ρ > 0 rappresenta l’intensità del campo ψ. Sostituendo nella (4.2) si ottiene l’equivalente idrodinamico del modello ρz + (uρ)x = 0, $ρ ρ2 % xx uz + uux + f " (ρ)ρx = #2 − x2 , 4ρ 8ρ x (4.4a) (4.4b) dove f (ρ) è la non linearità della CQNLS f (ρ) = ρ − α 2 ρ . 2 (4.5) Nell’equivalente idrodinamico, ρ può essere interpretata come la densità del fluido e la (4.5) è il corrispondente delle equazioni di stato. La funzione u(r, z), il valore locale del vettore d’onda, è la velocità del fluido. La prima equazione delle (4.4) rappresenta la conservazione della massa e la seconda la conservazione dell’impulso e i termini al secondo membro della (4.4b) sono associati alla dispersione. Come per la KdV, si dovrà studiare il sistema al variare di # e la dispersione avrà un ruolo determinante solo per tempi confrontabili con il tempo di rottura tc . Il caso # = 0 corrisponde al limite non dispersivo della CQNLS ρz + (uρ)x = 0 (4.6a) uz + uux + f " (ρ)ρx = 0 (4.6b) Si sottolinea che il limite α → 0, corrispondente alla NLS e deve essere valido ad ogni livello dell’analisi dello shock. 4.1 Teoria analitica dello shock generato da una discontinuità iniziale Si consideri il problema descritto dalla (4.4), con f (ρ) definita nella (4.5), relativo alle condizioni iniziali per ρ e u del tipo: ! ρ0 x < 0 ρ= u(x, 0) = 0, (4.7) 1 x>0 dove ρ0 > 1. Si assume che il valore iniziale della u sia nullo su tutto lo spazio. All’inizio dell’evoluzione, si generano onde di propagazione lineari in accordo con la legge di dispersione ottenuta tramite la linearizzazione di (4.4) nell’intorno di ρ = ρ0 e u = u0 , valori di fondo del pacchetto d’onda e # ∼ 1. Sostituendo: ρ = ρ0 + ρ1 exp [i(kx − ωz)] e u = u0 + u1 exp [i(kx − ωz)] con |ρ1 | $ 1, si ottiene, trascurando i termini di ordine superiore, l’espressione della legge di dispersione. Dalla (4.4a), sostituendo l’espressione di ρ e u si ricava: 4.1. TEORIA ANALITICA DELLO SHOCK GENERATO DA UNA DISCONTINUITÀ INIZIALE (ω − ku0 ) = k ρ0 u1 , ρ1 38 (4.8) mentre, dalla (4.4b), trascurando i termini ρ21 , si ottiene (ω − ku0 ) + f " (ρ0 )k ρ1 k 3 ρ1 =− . u1 4 u1 (4.9) Sostituendo la (4.9) nella (4.8) si ricava la legge di dispersione ω = ω(k): . k2 ω = ω(k, u0 , ρ0 ) = ku0 ± k f " (ρ0 )ρ0 + . (4.10) 4 Per la f (ρ) data dalla (4.5) si ricava la legge di dispersione per la CQNLS . k2 ω = ω(k, u0 , ρ0 ) = ku0 ± k ρ0 − αρ20 + (4.11) 4 4.1.1 Limite non dispersivo Si vuole calcolare la soluzione del sistema (4.6), per le condizioni iniziali (4.9). Data la bidirezionalità del sistema, generalmente il problema si risolve con una combinazione di due onde in propagazione in direzioni opposte. Introducendo gli invarianti di Riemann (vedi Appendice A) λ± = u ± R(ρ), con # 1 R(ρ) = ρ − αρ2 − √ arctan α Il sistema (4.6) diventa (4.12) . 1 − 1, αρ ∂λ± ∂λ± + V± =0 ∂z ∂x dove V± V± = u ± # ρ − αρ2 , (4.13) (4.14) (4.15) sono le velocità caratteristiche. Da sottolineare che la condizione di sistema iperbolico è valida finché le velocità sono reali, questo è vero se α < 1/ρ0 . Nel limite α → 0, si devono ottenere gli invarianti di Riemann della NLS. Sviluppando la (4.12) e la (4.15) per α piccoli, si ottengono le espressioni degli invarianti di Riemann e delle velocità caratteristiche per la NLS [10]: √ r± = u ± 2 ρ, V± = 3 1 r± + r∓ . 4 4 (4.16) Dato che il sistema è invariante per trasformazioni del tipo x → Cx e z → Cz, le (4.14) si possono esprimere in funzione della variabile autosimilare ζ = x/z $ % d V+ − ζ dζ λ+ = 0 $ % (4.17) d V− − ζ dζ λ− = 0. 4.1. TEORIA ANALITICA DELLO SHOCK GENERATO DA UNA DISCONTINUITÀ INIZIALE 39 Si cercano soluzioni di tipo ”simple-wave” caratterizzate da un invariante di Riemann costante e l’altro variabile. Le possibili soluzioni del sistema (4.17) sono V+ = ζ λ− = λ0− = cost, (4.18) oppure V− = ζ λ+ = λ0+ = cost. (4.19) Dato che nelle condizioni iniziali si ha che ρ = ρ0 e u = 0, per x < 0, si sceglie come soluzione la (4.19). Imponendo le condizioni (4.7) si ha per λ0+ : λ0+ = 9 1 ρ0 − αρ20 − √ , arctan α . 1 − 1 = R(ρ0 ), αρ0 (4.20) che, espresso in funzione di u diventa u = R(ρ0 ) − R(ρ). (4.21) Sostituendo la (4.21) nella (4.19), si ottiene la soluzione cercata, detta left simple wave (LSW). . . 9 % x # 1 $ 1 1 ρ0 − αρ20 − 2 ρ − αρ2 − √ arctan − 1 − arctan −1 = , αρ0 αρ z α (4.22) questa equazione determina l’andamento, in forma implicita, dell’intensità ρ in funzione della variabile auto-similare ζ = x/z. Per un completo raccordo tra le condizioni iniziali (4.7) e la soluzione (4.22) si individua un punto x = x− 1 − tale che: per x < x− 1 si ha ρ = ρ0 = cost, mentre, per x > x1 si ha l’onda di rarefazione, la soluzione del sistema per x < 0. Quindi, x = x− 1 è un punto di discontinuità debole in cui il sistema si propaga con la velocità vs , ottenuta sostituendo ρ = ρ0 nella (4.22), pari alla velocità 9 x− 1 = −vs = − ρ0 − αρ20 . z (4.23) Successivamente, per x > 0 si ha: ρ = 1 e u = 0. Queste condizioni però, non sono in accordo con l’Eq. (4.21) utilizzata per la costruzione della LSW. L’onda di che soddisfa le condizioni (4.7) per x > 0, si ottiene in modo analogo alla (4.22) ed ha la forma: . √ 1 1 0 √ λ+ = 1 − α − arctan − 1 = R(1), (4.24) α α . . % x # √ 1 $ 1 1 2 1 − α − 2 ρ − αρ − √ arctan − 1 − arctan − 1 = . (4.25) α αρ z α Per connettere le due ”simple-wave”, entrambe soluzioni valide del sistema, si introduce una distribuzione intermedia ρ(x/z) = ρ− = cost u(x/z) = u− = cost (4.26) tale da raccordare le due onde di rarefazione. Il raccordo tra la distribuzione intermedia e la LSW iniziale (4.22) avviene in un secondo punto di discontinuità 4.1. TEORIA ANALITICA DELLO SHOCK GENERATO DA UNA DISCONTINUITÀ INIZIALE 40 debole x = x+ 1 . La connessione tra la distribuzione intermedia e la LSW finale (4.25) può avvenire esclusivamente tramite una right simple wave (RSW). La RSW si muove in direzione opposta rispetto alle due soluzioni e ciò comporta la comparsa di una zona compresa tra due punti di discontinuità debole, x− 2 e x+ in cui il sistema assume valore multiplo in virtù della sovrapposizione della 2 RSW con la distribuzione media (4.26) e la LSW (4.25) valida per x > 0. La RSW si ottiene imponendo per la (4.18) le condizioni ρ = 1 e u = 0 in modo da connettere la LSW dove λ0+ = R(1): . √ 1 1 (4.27) λ0− = √ arctan − 1 − 1 − α, α α u = R(ρ) − R(1) (4.28) e l’andamento in funzione di ζ # √ 1 $ 2 ρ − αρ2 − 1 − α + √ arctan α . 1 − 1 − arctan αρ . % x 1 − 1 = . (4.29) α z Le soluzioni (4.22) e (4.29) devono essere connesse alla distribuzione intermedia ρ = ρ− e u = u− . Imponendo che le velocità u della LSW iniziale e la RSW siano uguali a u− in un punto di discontinuità x = x+ 2 si ricava il valore del parametro ρ− relativo alla discontinuità iniziale. ! − u = R(ρ0 ) − R(ρ− ) (4.30) u− = R(ρ− ) − R(ρ1 ) quindi 2R(ρ− ) = R(ρ0 ) + R(1), (4.31) che definisce completamente ρ− . Noto il parametro ρ− , si ricava dalla (4.28) u− % 1$ u− = R(ρ− ) − R(1) = R(ρ0 ) − R(1) . (4.32) 2 − I punti di discontinuità interni x = x+ 1 e x = x2 si ottengono sostituendo i − − valori di ρ e u nelle (4.29) e (4.22), x+ 1 = u− − vs (ρ− ), z x− 2 = u− + vs (ρ− ) z (4.33) Questi punti corrispondono alle discontinuità deboli con cui l’onda si propaga con la velocità vs , ma nella direzione opposta. L’intera distribuzione di intensità è mostrata in figura (4.1a). La soluzione formale del sistema (4.4) porta nella + regione x− 2 < x < x2 ad una distribuzione a tre valori e quindi non fisica. Questa regione indica che si genera uno shock dispersivo nella regione di transizione tra ρ = ρ− , u = u− e ρ+ = 1, u+ = 0. La struttura che si forma è presentata qualitativamente in figura (4.1b). Si vuole sottolineare che i bordi della zona di oscillazione x± 2 non devono necessariamente coincidere nei due casi. La zona di oscillazione sorge, come nella KdV, come effetto di compensazione tra la dispersione e gli effetti non lineari. Nel punto x+ 2 , il ”leading edge”, l’onda si trasforma in un pacchetto d’onda lineare, mentre, nel punto x− 2 , il ”trailing edge”, si ha un solitone. 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 41 Figura 4.1: Soluzione del problema di Riemann associato associato alla CQNLS. (a) soluzione del limite non dispersivo. (b) figura schematica per la rappresentazione dello shock. Si può osservare la zona di oscillazione dello shock caratterizzata da due differenti scale spaziali: l’oscillazione veloce dell’intensità e la variazione lenta del profilo di modulazione. Questo suggerisce che lo shock può essere trattato con la teoria di Whitham. 4.2 Solitoni Dark e Antidark Prima di passare alla descrizione dello shock si devono calcolare le soluzione per onde di traslazione della CQNLS [15] quando i termini dispersivi sono confrontabili con la non linearità (# = 1). Partendo dalla (4.2), si impone inizialmente che il campo ψ sia stazionario in t ψ = u(x, z)eiβz , (4.34) 42 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK dove β = g(ρb ) con ρb = |ψ0 |2 intensità di fondo. Conseguentemente, anche |u(x, t)|2 → ρb quando x → ±∞. La GNLS (4.2) espressa in termini di u(x.t) diventa: : ; 1 iuz + uxx − g(|u|2 ) − g(ρb ) = 0. (4.35) 2 La soluzione di solitone si trova imponendo un onda di propagazione, localizzata, nella forma u(x, z) = f (θ)eiφ(θ) , (4.36) con f e φ funzioni reali e θ = x − vz. Queste soluzioni dipendono da due parametri interni la velocità v e l’intensità di fondo ρb . Sostituendo la (4.36) nella (4.35) si ottengono le condizioni che devono soddisfare f e φ. Con questa sostituzione le derivate diventano: ∂ ∂ = , ∂x ∂θ ∂ ∂ = −v . ∂z ∂θ Analizzando singolarmente le derivate del campo u si ha * + fθ iuz = v φθ − i u, f (4.37) (4.38) e 1 1 uxx = 2 2 /* fθ +iφθ f + + x * fθ +iφθ f +2 0 * + fθθ φθθ φ2θ φθ fθ u= +i − +i u. (4.39) 2f 2 2 f Sostituendo nella (4.35) e separando parte reale e immaginaria si ha: f 2 φθθ + f fθ φθ , 2 7 8 fθθ φθ 8 7 + vφθ 1 − − g(ρb ) + g(f 2 ) = 0. 2f 2 vf fθ = (4.40a) (4.40b) Integrando una volta rispetto a θ la (4.40a) si ha vf 2 = f 2 φθ + 2B, (4.41) con B costante. Imponendo la condizione che f 2 → ρb per x → ±∞, dove la fase φ è stazionaria, si ricava B = ρb /2v. Si ha, infine, per la parte immaginaria * + ρb φθ = v 1 − 2 . (4.42) f La (4.42) impone una condizione sulla fase φ che sostituita nella (4.40b) determina l’equazione che deve soddisfare f (θ) * + / 0 fθθ v2 ρ2b 2 + f − 3 − g(f ) − g(ρb ) f = 0. (4.43) 2 2 f Si riconosce nella (4.43) un sistema Hamiltoniano. Sostituendo g(f ) = f 2 − (α/2)f 4 si ricava fθθ = −v 2 f + v 2 ρ2b ∂V + 2g(ρb )f + 2f 3 + γf 5 = − f3 ∂f (4.44) 43 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK che definisce il potenziale V (f ) dell’Hamiltoniana * + 2 α 6 1 4 f v 2 ρ2b 2 V (f ) = f − f + v + 2g(ρb ) . + 6 2 2 2f 2 (4.45) In conclusione, l’onda di traslazione deve soddisfare Ĥ(f, f˙) = fθ2 + V (f ). 2 (4.46) Le soluzioni di solitone corrispondono alle orbite omocline/eterocline della (4.46). Il solitone dark con intensità di fondo ρb si ricava dalle orbite Hamiltoniane ca√ ratterizzate dal livello E0 = Ĥ(f = ρb , f˙ = 0), tale che E0 − V (f ) ha un √ doppia radice per f = ρb . Definendo 2k0 ≡ v 2 + 2g(ρb ) e C0 = vρb si ottiene il livello energetico del solitone dark α ρ2 E0 = − ρ3b + b + v 2 ρb . 3 2 (4.47) Tuttavia, per analisi analitiche successive è più conveniente esprimere il sistema in funzione dell’intensità ρ ≡ f 2 , che, sostituita nella (4.46) da 4 ρ2θ = − αρ4 + 4ρ3 − 8k0 ρ2 + 8E0 ρ − 4C02 ≡ Q(ρ), 3 (4.48) Si riconosce un nuovo sistema Hamiltoniano in cui ρ è la posizione e p = ρ̇ ≡ dρ/dθ è il momento, che evolvono secondo le equazioni canoniche p2 + V (ρ), 2 * + ρ2θ α C2 = Ĥ − V (ρ) = 2ρ − ρ3 + ρ2 − 2k0 ρ + 2E0 − 0 , 2 3 ρ ṗ = − ∂ Ĥ , ∂ρ ρ̇ = ∂ Ĥ ; ∂p Ĥ(ρ, ρ̇) = che unita con la (4.47) porta alla forma del potenziale V (ρ) / 0 C02 α 3 3 2 2 V = 2ρ (ρ − ρb ) − (ρ − ρb ) + 2k0 (ρ − ρb ) − . 3 ρ0 (4.49) (4.50) (4.51) I solitoni corrispondono alle orbite omocline della (4.50) che si formano dal punto di sella dell’Hamiltoniana (p, ρ) = (0, ρb ) e caratterizzate dal livello energetico E # = V (ρb ) = −2C02 . L’equazione (4.48) deve soddisfare la condizione ρθ = Q(ρ), quindi sono ammesse soluzioni reali solo nelle zone in cui Q(ρ) = [E − V (ρ)] > 0. Per convenienza si riporta l’analisi in funzione di −Q(ρ) in modo da studiare il comportamento dei minimi di V (ρ) − E. Per α -= 0 il potenziale V (ρ) − E è quartico con una doppia ”buca” a cui è associato un doppio loop nello spazio delle fasi (ρθ , ρ) come mostrato in figura 4.2. Lo spazio delle fasi mostra l’esistenza due stati legati caratterizzati rispettivamente da una soluzione che varia tra per ρm < ρ < ρb , dove ρm è l’intensità di minimo e una per ρb < ρ < ρa con ρa intensità di picco. Si ha in generale la coesistenza di due soluzioni corrispondenti ad una coppia di solitone dark e antidark (solitone bright su un piedistallo ρb ). Le intensità ρm < ρb < ρa sono gli zeri reali di V (ρ) − E e la loro forma esplicita si ricava direttamente dalla (4.48). In questo limite, limite solitonico, il funzionale Q(ρ) = Ĥ − V (ρ) presenta un doppio zero 44 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 2 5 (b) 4 1.5 3 2 1 ρθ V(ρ)−E 1 0.5 ρm ρa ρ b 0 −1 0 −2 −3 (a) −0.5 −4 −1 0 1 2 3 −5 4 0 1 ρ 2 3 4 ρ Figura 4.2: Potenziale V (ρ) − E e dello spazio delle fasi per α = 0.5, ρb = 1 e v = 0.25 in ρ = ρb valore di fondo per |θ| → ±∞, uno zero per ρ = ρm e uno zero per ρ = ρa . La forma del potenziale cercata deve essere del tipo Q(ρ) = 4P (ρ)(ρ − ρb )2 , (4.52) con P (ρ) = aρ2 + bρ + c. Dal confronto con la (4.48) si ricavano i coefficienti della forma quadratica α a=− , 3 b=1− 2α ρb 3 c=− C02 = −v 2 , ρ20 (4.53) quindi, le espressioni degli zeri ρm e ρa ρm = − −(3 − 2αρb ) + (3 − 2αρb )2 − 12v 2 α , 2α # (3 − 2αρb )2 − 12v 2 α , 2α e Q(ρ) può essere espresso in forma più compatta come ρa = (3 − 2αρb ) + # Q(ρ) = 4(ρ − ρa )(ρ − ρm )(ρ − ρ0 )2 . (4.54) (4.55) (4.56) L’espressione analitica della coppia di solitoni dark-antidark si ricava tramite integrazione per quadratura della (4.48) " " dρ dθ = (4.57) Q(ρ) in termini delle radici reali e1 < e2 < e3 < e4 del polinomio Q(ρ). La soluzione della (4.57) è definita in due zone distinte: la prima per e1 < ρ < e2 e la seconda per e3 < ρ < e4 . L’imposizione della condizione di periodicità ρ(θ) = ρ(θ+2π/k) definisce il numero d’onda per le due soluzioni * " e2 +−1 * " e4 +−1 dρ dρ # # k1 = π , k2 = π (4.58) Q(ρ) Q(ρ) e1 e3 45 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK Nella condizione di solitone i due zeri centrali collassano formando un doppio zero del potenziale per e2 = e3 = ρb , e4 e e1 diventano rispettivamente ρm e ρa . I profili di intensità ρ(θ) dei due solitoni si ottengono integrando la (4.57) tra ρm e ρ, ottenendo il solitone dark, e integrando tra ρ e ρa che solitone antidark. " ρ " ρa dρ dρ # # θ= , θ= . (4.59) Q(ρ) Q(ρ) ρm ρ L’integrazione delle (4.59) è riportata in Appendice C, e la forma dei due solitoni è rispettivamente ρd = dove A= ρm + rρa tanh2 Aθ , 1 + r tanh2 Aθ . ρad = α(ρa − ρb )(ρb − ρm ) , 3 r= ρa + r" ρm tanh2 Aθ , 1 + r" tanh2 Aθ ρb − ρm ρa − ρb r" = (4.60) ρa − ρb ρb − ρm (4.61) Sono riportate in figura 4.3 e 4.4 le forma del solitone dark e antidark per diversi valori di α. Una volta note le soluzioni ρ(θ) si possono calcolare gli invarianti 1.2 1 α=0.2 α=0.5 d ρ (θ) 0.8 α=0.8 0.6 0.4 0.2 0 −8 −6 −4 −2 0 θ 2 4 6 8 Figura 4.3: Profilo di intensità del solitone dark per ρb = 1 e v = 0.25 del moto * + ρb (u∗x u − ux u∗ ) 1 − dx, ρ −∞ < = " " ρ(x) i +∞ |ux |2 H= + [g(ρb ) − g(ρ)] dρ dx, 2 −∞ 2 ρb M= i 2 " +∞ (4.62) (4.63) 46 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 12 α=0.2 10 ρad(θ) 8 6 4 α=0.5 2 α=0.8 −8 −6 −4 −2 0 θ 2 4 6 8 Figura 4.4: Profilo di intensità del solitone antidark per ρb = 1 e v = 0.25 e la potenza, o il numero di particelle, Pa e Pd " +∞ " 7 2 8 Pa = |u| − ρ0 dx, , Pa = −∞ +∞ −∞ 7 8 ρ0 − |u|2 dx. (4.64) Le espressioni (4.60) permettono di ottenere, integrando la (4.42), la fase non lineare associata alle due famiglie di solitoni. Si ottiene per il solitone dark e antidark rispettivamente *. + v rρa − φd = − s tan 1 tanh [A(θ − θ0 )] + φ0 (4.65) A ρm *. + v rρm − φad = − s tan 1 tanh A(θ − θ0 )] + φ0 (4.66) A ρa 9 b −ρm ) dove s ≡ (ρa −ρρba)(ρ . Dalle eq (4.65)-(4.66) si può calcolare il salto di fase ρm ∆Φ = Φ(+∞) − Φ(−∞) lungo il solitone. L’analisi dell’equilibrio del punto d’equilibrio ρ = ρb , ρ̇ = 0 mostra che esiste un valore critico di α per cui le soluzioni solitoniche non sono più valide. Imponendo ∂Q(ρ)2 /∂ρ2 = 0 per ρ = ρb si ottiene αc : αc = ρb − v 2 ρ2b (4.67) É mostrato in figura 4.5 come varia lo spazio delle fasi quando α varia tra zero e il valore critico αc . Prendendo l’intensità di fondo ρb = 1 e la velocità 47 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 2 a 0.1 c V(ρ)−E −2 e 0.05 0 0 V(ρ)−E V(ρ)−E 2 −2 0 −0.05 −4 −4 0 2 4 0 2 ρ 4 4 b −2 0 −2 2 ρ 4 −4 0.5 ρ 1 1.5 f 1 ρθ 0 0 0 2 d 2 ρθ ρθ 2 −4 −0.1 4 ρ 0 −1 0 2 4 ρ −2 0 0.5 ρ 1 Figura 4.5: Potenziale e spazio delle fasi per v = 0 e ρb = 1, e differenti valori di α: (a-b) α = 0; (c-d) α = 0.5; (e-f) α = 0.9, dove la branca del solitone antidark diventa estremamente piccola v = 0, in accordo con la (4.54), si ha un solitone black (ρm = 0) per tutti i valori di α. Il solitone antidark invece ha una intensità di picco ρa = 3/α − 2ρb con una forte dipendenza da α che sarà spiegata in seguito. Nel limite α = 0 il termine quintico nella (4.1) scompare e il modello decade nella NLS defocusing. In questo limite il funzionale V (ρ) − E è cubico e dalle separatrici si dirama una sola branca corrispondente alla soluzione di solitone dark della NLS (ρ = tanh2 [x]). Invece, quando ρ > 1 il moto non è localizzato e non c’è coesistenza di solitoni. Per 0 < α < αc si inverte il comportamento a θ = ∞ formando la seconda ”buca” nel potenziale V (ρ) − E e il doppio loop della coppia darkantidark. Il solitone antidark è estremamente piccato per piccoli valori di α e diventa progressivamente meno intenso quando α aumenta. Quando α → αc il solitone antidark diventa estremamente debole fino a diventare un onda lineare per α = αc con ρa → ρb . Il legame dei solitoni dark-antidark con la velocità v si analizza rappresentando graficamente ρm e ρa in funzione di v per diversi valori di α (Fig. (4.6)). Si può notare come il picco di intensità ρa resta costante per valori piccoli della velocità v e decresce da infinito (α = 0) fino a ρa = ρb per α = αc quando il solitone scompare. L’intensità di minimo ρm del solitone dark invece cresce con la velocità formando un solitone diventa grey con ampiezza a = ρb −# ρm , quindi, la darkness del solitone decresce con v fino al valore minimo vc = ρb − αρ2b . Da notare che il solitone della NLS (α = 0) è sempre meno intenso rispetto al corrispondente della CQNLS con la stessa velocità. 1.5 48 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 1 0.9 γ=0.01 γ=0.6 0.8 γ=0.3 2 10 0.7 γ=0 γ=0.8 a γ=0.1 0.5 ρ ρm 0.6 0.4 1 10 γ=0.3 γ=0.9 0.3 0.2 γ=0.6 0.1 γ=0.9 0 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 velocità c 0.7 0.8 0.9 1 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 velocità c 0.7 0.8 0.9 1 Figura 4.6: (a) darkness del solitone dark e (b) massimo del solitone antidark in funzione della velocità v per differenti valori di α e con ρb = 1. 4.2.1 Bistabilità e instabilità La bistabilità nei sistemi solitonici implica l’esistenza di differenti soluzioni aventi lo stesso valore di un invariante del moto (es., la potenza), al variare dei parametri interni tipicamente ρb e v e la costante di propagazione non lineare β = g(ρb ). Inoltre, Hermann [16] mostrò che i solitoni dark possono esibire una bistabilità caratterizzata da differenti soluzioni aventi la stessa larghezza a metà altezza (FWHM), sebbene in possesso di differenti ampiezze e, in generale, differenti invarianti del moto. Questo secondo tipo di bistabilità fu introdotta per distinguere dalla precedente definizione. La coesistenza della coppia solitone dark-antidark costituisce un meccanismo di bistabilità in quanto coesistono due differenti soluzioni con gli stessi parametri interni (ρb e v) e differenti invarianti M , H, P . Tuttavia, queste famiglie di soluzioni possono essere bistabili anche secondo la definizione di Gantz e Herrmann: soluzioni con la stessa FWHM coesistono anche con differenti valori di intensità di fondo ρb eα. L’espressione generale della FWHM, è θF W HM = # 2 tanh−1 f (ρ0 , ρm , ρa ), w (4.68) ρb −ρm a −ρb dove f (ρ0 , ρm , ρa ) = 2ρaρ−ρ per i solitoni dark e f (ρ0 , ρm , ρa ) = ρa +ρ b −ρm b −2ρm per i solitoni antidark. I risultati ottenuti rappresentando θF W HM nel piano (α, ρb ), in figura (4.7), mostrano che il solitone dark è bistabile per diversi valori di α e tale range di valori di α si riduce notevolmente all’aumentare della velocità. Al contrario, il solitone antidark non è mai bistabile secondo la seconda definizione poiché non si osservano ripiegamenti delle curve di livello di θF W HM per nessuna velocità v. La stabilità della coppia di solitoni si può studiare applicando il criterio di Barashenkov [17], ovvero analizzando le proprietà della derivata dell’invariante del moto M (4.62) rispetto alla velocità v. La condizione marginale ∂M = 0, ∂v (4.69) separa le soluzioni stabili (∂v M < 0) d quelle instabili (∂v M > 0). Il calcolo di M per il solitone dark mostra che tale funzione è sempre negativa, quindi l’intera famiglia di solitoni dark è stabile nel suo dominio di esistenza. 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 49 Figura 4.7: Curve di livello di FWHM nello spazio dei parametri α, ρb .(a) solitone dark, (b) solitone antidark per v = 0.1. (c-d) solitone dark con v = 0.4 e v = 0.8. La linea tratteggiata rappresenta la condizione marginale αc . Viceversa, i solitoni antidark mostrano un comportamento completamente differente. Per piccoli valori di α il solitone antidark è sempre instabile su tutto il dominio di esistenza. Per α sufficientemente grande il momento M (v) cambia la sua pendenza vicino al cut-off vc invertendo la stabilità e formando solitoni stabili. La dinamica del solitone antidark, ad alti valori di α, per tre differenti velocità è riportata in figura 4.8. Nella 4.8(a) per v = 0.5, il solitone si propaga in un fascio stabile (Fig 4.8b). Quando la velocità diminuisce, il solitone decade in un differente solitone di maggiore velocità e stabile (Fig 4.8b). Infine, per velocità piccole, il solitone decade in una coppia di solitoni antidark stabili (Fig 4.8c) che viaggiano con velocità opposte. Al contrario, per piccoli valori di α non esiste soluzione stabile e il solitone antidark decade in uno shock dispersivo (Fig 4.9). Per entrambe le direzioni, il ”trailing edge” è definito dal solitone. Il ”leading edge” è legato a onde piane che aumentano la loro velocità e diventano sempre meno intense fino all’intensità di fondo ρb = 1. Questo comportamento è analogo a quanto si può osservare nella NLS (α = 0), in regime semiclassico, quando decade un impulso gaussiano su un piedistallo [18]. Si sottolinea che in questo caso lo shock si forma direttamente da un solitone instabile. 50 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK Figura 4.8: Dinamica del solitone antidark con ρb = 1, α = 0.7 per differenti valori della velocità iniziale: (a) v=0.5, propagazione stabile; (b) v=0.4, decadimento in un solitone stabile; (c) decadimento in una coppia di solitoni antidark, meno intensi, con velocità opposte 4.2.2 Parametrizzazione della soluzione di traslazione negli shock dispersivi La soluzione del modello (4.60) dipende dai parametri interni v e ρb e un parametro esterno α. La scelta di tali parametri è completamente arbitraria e dipende esclusivamente da cosa si vuole studiare nel modello. Negli shock dispersivi si preferisce usare ρm , l’intensità di minimo del solitone dark e ricavare l’espressione della velocità v in funzione di essa. Questa parametrizzazione si può ottiene imponendo una diversa espressione analitica del potenziale Q(ρ) nel limite solitonico. Si consideri dalla soluzione del sistema in un funzione dell’intensità ρ * +2 dρ = Q(ρ), (4.70) dθ 4 3 2 con Q(ρ) = − 4α 3 ρ + 4ρ + a2 ρ + a3 ρ + a4 , dove a2 , a3 , a4 sono a2 = −8k0 , a3 = 8E0 , a4 = −4C02 . (4.71) La condizione di solitone porta al fenomeno collasso degli zeri formando un doppio zero della funzione Q(ρ) in ρb e altri due zeri per ρ = ρm e ρ = ρa . Dato che ρm in questa parametrizzazione è un parametro interno del sistema si cerca un potenziale Q(ρ) del tipo Q(ρ) = 4(ρ − ρb )2 (ρ − ρm )(Aρ − B), (4.72) 4.2. SOLITONI DARK E ANTIDARK 51 Figura 4.9: Decadimento di un solitone antidark instabile (ρb = 1, v = 0, α = 0.1) in due shock dispersivi simmetrici: (a) grafico di intensità; (b) istantanea dell’ intensità e della fase per z = 5. Sviluppando la (4.72) e confrontando con la (4.70) si determina la forma dei parametri A e B , α α A=− , B = 1 − (2ρb + ρm ) , (4.73) 3 3 quindi, il terzo zero ρa = −B/A, intensità di picco solitone antidark è ρa = 3 − (2ρb + ρm ). α (4.74) Confrontando la (4.72) con la (4.56) si determina la relazione tra v e ρm / 0 7 a 8 v 2 = ρm 1 − αρb 1 − . (4.75) 3ρb dove a = ρb − ρm . Il motivo per cui si preferisce questa parametrizzazione è legato al cambiamento di variabile delle equazioni di modulazione, menzionato nel capitolo 3, nella formulazione non integrabile della costruzione di GurevichPitaevskii. L’ampiezza a del solitone dark è, con questa parametrizzazione, una espressione semplice dei soli parametri interni ρb e ρm e non contiene il parametro esterno α. Si introduce, inoltre, un ulteriore parametro che sarà 52 4.3. SHOCK DISPERSIVO utilizzato nello studio dello shock dispersivo, κ. Quando |θ| →∞ . si ha che l’intensità del solitone decade come ρb − ρ ∝ exp(−κ|θ|) (4.76) Si può trovare la relazione tra κ e gli altri parametri analizzando la (4.48) nel limite |θ| → ∞ dove ρ → ρb . Espandendo in serie il potenziale Q(ρ) per piccoli valori di ρ" = ρb − ρ si ha 6 6 dQ(ρ) 66 " 1 d2 Q(ρ) 66 Q(ρ) = Q(ρb ) + ρ + (ρ" )2 , (4.77) dρ 6ρb 2 dρ2 6ρb dove i primi due termini sono nulli per le proprietà legate al solitone. Mettendo in relazione la (4.77) con la (4.48) e la (4.76) si ottiene 6 1 d2 Q(ρ) 66 2 " 2 κ (ρ ) = (ρ" )2 (4.78) 2 dρ2 6ρb quindi, κ= 4.3 4 6 # 1 d2 Q(ρ) 66 = 2 f (ρb ) − v 2 2 dρ2 6ρb (4.79) Shock dispersivo La soluzione periodica della CQNLS (4.60) espressa in termini della fase veloce θ è caratterizzata da tre costanti della riduzione (4.71) e la velocità v (4.75). In una teoria di modulazione questi parametri diventano lentamente variabili rispetto ad x e z. Nella teoria di Whitham le equazioni di modulazione si ricavano dalle leggi di conservazioni dell’equazione dispersiva mediata su una oscillazione veloce rispetto alla fase θ: ∂ ∂ (ρ) + (ρu) = 0, ∂z ∂x / 2 0 ∂ ∂ u ρxx (ρx )2 (u) + + f (ρ) + − = 0, ∂z ∂x 2 4ρ 8ρ2 / 0 ∂ ∂ ρ 1 (ρu) + ρu2 + f (ρ) − (ρ log(ρ))xx = 0, ∂z ∂x 2 2 (4.80a) (4.80b) (4.80c) che unita con la legge di conservazione del numero d’onda k compongono le equazioni di modulazione. Il sistema di Whitham per la GNLS può essere espresso nella forma: : ; : ; P i (a2 , a3 , a4 , v) z + Qi (a2 , a3 , a4 , v) x = 0, i = 1, 2, 3, (4.81) k(a2 , a3 , a4 , v)z + ω(a2 , a3 , a4 , v)x = 0. (4.82) Dove P1 = ρ, P2 = u e P3 = ρu sono le densità conservate della GNLS e Qi i corrispondenti flussi. Le medie sono calcolate sulla famiglia di soluzioni periodiche (4.58) " k e2 f (a2 , a3 , a4 , v; ρ) # f (a2 , a3 , a4 , v) = dρ (4.83) π e1 Q(ρ) 53 4.3. SHOCK DISPERSIVO La descrizione analitica dello shock dispersivo prevede di risolvere il sistema (4.81), (4.82), con condizioni al contorno tali da garantire continuità del sistema con il limite non dispersivo ai bordi x± (z) dello shock dispersivo x = x+ (z) : a = 0, ρ = ρ+ , u = u+ , (4.84) x = x− (z) : k = 0, ρ = ρ− , u = u− , (4.85) La dipendenza di ρ, u, k, a rispetto a a2 , a3 , a4 e v. è definita nella (4.83) e dalle formule nella sezione $4.3. Le coppie (ρ− , u− ) e (ρ+ , u+ ) rappresentano le soluzioni del limite non dispersivo (4.6) valutati rispettivamente al ”trailing edge” e al ”leading edge”’. I bordi x± (t) dello shock dispersivo rappresentano le condizioni al contorno libere che contengono le condizioni cinematiche: dx+ = v0 (ρ+ , u+ , k + ) , dz dx− = vs (ρ− , u− , a− ) , dz (4.86) dove v0 (ρ+ , u+ , k) = ∂ω0 /∂k è la velocità di gruppo di un pacchetto d’onda lineare con numero d’onda k che si propaga su intensità di fondo ρ+ e fase u+ e vs (ρ− , u− , a) è la velocità del solitone con ampiezza a e variabili di fondo ρ− e u− . Ovviamente, i valori di k + al ”leading edge”, l’ampiezza a− al ”trailing edge” e le velocità dei bordi x± (t) devono essere determinati come previsto dal problema di Gurevich-Pitaevskii. Si determineranno ora le velocità s± dei bordi, secondo la riformulazione del problema di Gurevich-Pitaevskii per modelli non integrabili esposta nel Cap. 3, utilizzando le semplificazioni che le equazioni di modulazione subiscono quando a = 0 o k = 0. La costruzione verrà applicata esclusivamente al solitone dark. Al ”leading edge” il calcolo della velocità s+ è lo stesso sia per il solitone dark che per il solitone antidark. Al ”trailing edge” invece, la soluzione per il solitone antidark, secondo gli argomenti esposti nella sezione 4.2.3, si ottiene cambiando parametro interno ρm → ρa e mandando a → −a. 4.3.1 Leading Edge Al ”leading edge”, quando x = x+ (z), l’ampiezza di oscillazione a → 0. Come per la KdV, si deve adottare la procedura di riduzione della teoria di Whitham esposta nel Cap. 3. Se a = 0 la media di una osservabile rispetto a due variabili è pari all’osservabile calcolata per le due variabili mediate F (ρ, u) = F (ρ, u). (4.87) La riduzione delle equazioni di Whitham deve essere consistente con le condizioni al contorno dello shock dispersivo quando a = 0. Al ”leading edge” le soluzioni devono raccordarsi con il limite dispersivo e le equazioni di modulazione si riducono a ρz + (ρ u)x = 0, (4.88) uz + u ux + f " (ρ)ρx = 0. Le medesime equazioni possono essere ottenute direttamente dal sistema di Whitham imponendo a = e2 − e1 → 0 nelle (4.81). Inoltre, la medesima riduzione deve riflettersi anche nella legge di conservazione del numero d’onda, che generalmente in un modello integrabile permette la chiusura del sistema. La chiave della riduzione sta nella scelta del cambiamento di variabili menzionato nel paragrafo 54 4.3. SHOCK DISPERSIVO $3.1. Per un sistema del tipo GNLS il cambiamento è (a2 , a3 , a4 , v) → (ρ, u, k, a). La legge di conservazione del numero d’onda espressa nel nuovo set di variabili è kz + [ω(ρ, u, k, a)]x = 0, con ω = vk, (4.89) che al ”leading edge” diventa: dove kz + [ω0 (ρ, u, k)]x = 0, (4.90) . / 0 k2 2 ω0 (ρ, u, k) = k u + + (ρ − αρ ) , 4 (4.91) u = R(ρ) − R(1) (4.92) è la relazione di dispersione di un pacchetto d’onda lineare. Le equazioni (4.88) e (4.90) compongono un sistema chiuso che rappresenta la riduzione esatta per ampiezza nulla delle equazioni di Whitham. Nel sistema ridotto si riconosce l’equivalente del sistema idrodinamico con l’aggiunta della conservazione del numero d’onda. I due sistemi sono disaccoppiati quindi possono essere risolti indipendentemente per ρ(x, z) e u(x, z). Dato che i valori di ρ e u sono soggetti alle condizioni al contorno per a = 0, si può ammettere che la diagonalizzazione del sistema idrodinamico è eseguibile tramite la ”simple-wave”. Imponendo la relazione su u e sostituendo la (4.92) nella seconda del sistema (4.88) si ha . . * + 1 − αρ 1 − αρ ρt + R(ρ) − R(1) ρx + (1 − αρ)ρx = 0, ρ ρ (4.93) quindi, l’espressione in forma diagonale della equazione di modulazione ρz + V+ (ρ)ρx = 0, (4.94) 9 (4.95) dove V+ (ρ) = R(ρ) − R(1) + ρ − αρ2 . Invece, usando la definizione di u nella (4.90) si ottiene una seconda equazione differenziale dipendente dalle sole variabili (ρ, u) kz + [Ω(ρ, k)]x = 0, (4.96) con . / 0 k2 Ω(ρ, k) = ω0 (ρ, u(ρ), k) = k R(ρ) − R(1) + + ρ − αρ2 . 4 (4.97) Riconosciamo nelle equazioni (4.94) e (4.97) la stessa riduzione ottenuta per la KdV (3.24) con le velocità definite come V+ (ρ), ∂Ω(ρ, k) ∂k (4.98) 55 4.3. SHOCK DISPERSIVO che definiscono due famiglie di curve caratteristiche: dx = V+ (ρ) dz (4.99) e dx ∂Ω(ρ, k) = (4.100) dz ∂k La famiglia definita dalla (4.99) dipende unicamente da ρ ed è completamente determinata dalla simple wave del limite dispersivo della GNLS, l’equivalente dell’equazione di Hopf nella KdV. Questa famiglia di soluzioni collega la zona interna in cui termina lo shock dispersivo con la zona in cui vale il limite idrodinamico. La seconda famiglia di soluzioni, invece, dipende da ρ e k. La definizione delle velocità s+ del ”leading edge” x = x+ (z) in accordo con la (4.97) mostra che il ”leading edge” dello shock dispersivo è rappresentato dalla caratteristica (4.100). Come per la KdV, sostituendo k = k(ρ) nelle equazioni (4.94) e (4.96) si ottiene la relazione che lega le due velocità caratteristiche dk ∂Ω/∂ρ = dρ V+ − ∂Ω/∂k (4.101) L’equazione differenziale in k si risolve con la condizione iniziale k(ρ− ) = 0 che equivale alla formazione del solitone al ”traling edge”. É utile definire una nuova variabile γ 4 k2 γ = 1+ (4.102) 4(ρ − αρ2 ) Il numeratore e il denominatore della (4.101) espresse in funzione di γ diventano / 0 ∂Ω k # = γ + (1 − 2αρ)(γ + 1)) (4.103) ∂ρ 2γ ρ − αρ2 e ∂Ω V+ − = ∂k # / 0 ρ − αρ2 (1 − γ)(2γ + 1) . γ (4.104) Il differenziale dk/dρ espresso in funzione di γ si ricava invertendo la (4.102) 9 k 2 = 4(γ 2 − 1)( ρ − αρ2 ), (4.105) e derivando rispetto a ρ 2k dk dγ = 4(γ 2 − 1)(1 − 2αρ) + 8γ(ρ − αρ2 ) dρ dρ (4.106) Sostituendo le (4.103),(4.104) e(4.106) nella (4.101) si ottiene una nuova equazione differenziale in γ dγ (1 + γ)[1 + 2γ − 4γαρ] =− dρ 2(2γ + 1)(ρ − αρ2 ) (4.107) con la condizione iniziale γ(ρ− ) = 1, dove ρ− è determinata in funzione della discontinuità iniziale ρ0 . Se è nota la soluzione della (4.107), quindi, l’espressione 56 4.3. SHOCK DISPERSIVO della γ(ρ), si risale al numero d’onda k + al ”leading edge” , dove ρ = 1, tramite la (4.105) # k + = k(1) = 2(1 − α) γ 2 (1) − 1. (4.108) La velocità di propagazione s+ del ”leading edge” è * + dx+ ∂Ω(1, k + ) 1 + s = = = (1 − α) 2γ(1) − dz ∂k γ(1) (4.109) L’equazione (4.107) non è risolvibile analiticamente, tuttavia è possibile trovare delle correzioni a partire dal caso limite α = 0 i cui la la GNLS si riduce alla NLS. Infatti, se α = 0, la (4.107) diventa dγ 1+γ =− , dρ 2ρ la cui soluzione è con γ(ρ− ) = 1, 4 γ(ρ) = 2 ρ− − 1, ρ (4.110) (4.111) e la velocità s+ diventa s+ = # 8ρ− − 8 ρ− + 1 # 2 ρ− − 1 (4.112) in completo accordo con i risultati noti per la NLS [10]. Per valori di α $ 1, si possono trovare delle correzioni alla (4.111). Introducendo γ(ρ) = γ0 + γ1 , (4.113) dove γ0 soddisfa la (4.111) e γ1 è una correzione di ordine α. Espandendo in serie la (4.107), trascurando i termini di ordine α2 , si arriva all’equazione per γ1 4 # 4 ρ− /ρ − 3 ρ− dγ1 γ1 =− + # α, (4.114) dρ 2ρ 4 ρ− /ρ − 1 ρ che integrata con la condizione iniziale γ1 (ρ− ) = 0 da come soluzione ! + # # # / * 16 # 0> 1 −1 − − − − γ1 (1) = 2 ρ α 3+16ρ −19 ρ +32 ρ ln − # +tanh 4 ρ− . 9 9 ρ− (4.115) Sostituendo l’espressione di γ1 (1) nella (4.109) si ottiene l’espressione esplicita della velocità s+ # / 0 8ρ− − 8 ρ− + 1 1 + # # s ≈ (1 − α) + 2 − γ1 (1), (4.116) 2 ρ− − 1 (2 ρ− − 1)2 a meno di termine dell’ordine α2 . 57 4.3. SHOCK DISPERSIVO 4.3.2 Trailing Edge Quando x = x− (z), al ”trailing edge”, si genera un treno di solitoni dark debolmente interagenti che si propagano su un fondo ρ, u lentamente variabile. Dato che k → 0 per x → x− , si deve analizzare il limite solitonico del sistema di modulazione (4.81). In questo limite, la lunghezza d’onda L tende a infinito, il contributo dei solitoni nei flussi mediati ρ e u tendono a zero, quindi, come per il ”leading edge” si ha che F (ρ, u) = F (ρ, u). La differenza fondamentale è che il limite k → 0 è singolare e richiede un approccio diverso. Si vuole utilizzare il metodo dell’onda coniugata esposto nel precedente capitolo. Ovvero si vuole risolvere il problema solitonico del sistema originale tramite l’analisi del limite armonico del sistema coniugato. Il primo passo è introdurre la trasformazione di coordinate x → ix̃ z → it̃ (4.117) θ → iθ̃. nella (4.4). Si ottiene un sistema identico all’originale a meno di un segno nei termine dispersivi ρt + (ρu)x = 0 $ xx + ut + uux + f " (ρ)ρx = − ρ4ρ ρ2x 8ρ2 % (4.118) x Imponendo le trasformazioni (4.117) alla (4.70) si ottiene la soluzione associata al sistema coniugato * +2 dρ = −Q(ρ) , (4.119) dθ? Il segno meno determina un ribaltamento del potenziale Q(ρ) il cui effetto è invertire la zona solitonica con quella armonica. Dando le condizioni di periodicità ρ(θ̃) = ρ(θ̃ + 2π/k̃) si definisce il numero d’onda coniugato ? k=π @" e3 e2 # dρ −Q(ρ) A−1 . (4.120) Nel limite solitonico, e2 → e3 , si può espandere Q(ρ) intorno al punto ρ = e2 = e3 e la (4.119) diventa la legge di conservazione dell’energia per l’oscillatore armonico: 6 * +2 1 dρ 1 d2 Q 66 + (ρ − ρ)2 = Q(ρ). 2 dθ? 4 dρ2 6ρ e dal confronto con la (4.79) si mostra che in questo limite 4 6 1 d2 Q 66 ? k= = κ, 2 dρ2 6ρ (4.121) La legge di dispersione dell’onda coniugata si ottiene linearizzando le equazioni (4.118) attorno a valori di fondo ρ̄ e ū: . * + κ2 ω ? (ρ, u, k̃) = ω ? (ρ, u, κ) = κ u + f (ρ̄) − , (4.122) 4 58 4.3. SHOCK DISPERSIVO che, dopo la sostituzione di u nel limite non dispersivo (4.88) e f (ρ̄), assume la forma . / 0 κ2 2 ? Ω(ρ, κ) = ω ?0 (ρ, u(ρ), k) = κ R(ρ) − R(1) + ρ − αρ − . (4.123) 4 La trasformazione (4.117) mappa un’onda armonica exp[i(kx − ωz)] in un’onda solitonica exp[±κ(x − vs z)], con una legge di dispersione solitonica ω ? = vs κ. Nel limite solitonico dove k̃ = κ, la le legge di dispersione lineare ω (4.91) e la legge di dispersione solitonica ω ? (4.122) sono legate dalla trasformazione i? ω (κ) = ω(iκ). (4.124) Ora che è stata dimostrata l’equivalenza dei due sistemi in questo limite si può procedere allo stesso modo del ”leading edge” con una ridefinizione delle variabili. Tramite considerazioni identiche a quanto esposto per la KdV, si può sostituire l’ampiezza a con il numero d’onda coniugato κ e il numero d’onda originale con Λ ≡ k/k̃ (4.125) Il sistema di Whitham nel limite non dispersivo dell’onda coniugata è identico a quello originale (4.88) e si ha nuovamente che le equazioni ridotte devono raccordarsi con la simple-wave ρz + V+ (ρ)ρx = 0, (4.126) con V+ definita nella (4.95). Il passaggio successivo è eseguire il limite k → 0 nella legge di conservazione (4.82). Introducendo il cambiamento di coordinate (a2 , a3 , a4 , v) → (ρ̄, ū, k̃, Λ) e operando la sostituzione k = Λκ si ha k̃Λz + ω̃Λx + Λ(k̃z + ω̃x ) = 0 , (4.127) con ω ? = v k̃. Si ottiene un’equazione identica alla (3.46) a meno di una ridefinizione di ω. L’espansione per Λ $ 1 conduce all’espressione dell’equazione caratteristica per i termini dominanti. per cui ? ∂Λ ∂Λ Ω + = 0, ∂z κ ∂x (4.128) dx Ω̃(ρ̄, κ) = , (4.129) dz κ dove Λ0 $ 1 è una costante. In particolare, quando Λ0 = 0 la caratteristica (4.129) definisce completamente il ”traling edge”. Considerando la (4.127) ? ? si calcolata lungo la curve caratteristiche dx/dz = Ω/κ dove ? k = κ, ω ? = Ω ricava κz + Ω x = 0 (4.130) Λ =Λ 0 per Dato che ρ e κ non possono essere specificate indipendentemente lungo una caratteristica deve esistere una relazione locale κ(ρ) consistente con il sistema (4.126), (4.130). Sostituendo κ = κ(ρ) nella (4.130) e usando la (4.126) si ottiene ? dκ ∂ Ω/∂ρ = . ? dρ V+ − ∂ Ω/∂κ (4.131) 59 4.3. SHOCK DISPERSIVO Le velocità caratteristiche al ”trailing edge” sono V+ , Ω̃ . κ (4.132) dove il primo termine V+ rappresenta la velocità del limite non dispersivo, la simple wave, e il secondo termine è la velocità che connette la soluzione interna con quella esterna. La condizione iniziale per l’equazione differenziale ordinaria (4.132) deve essere applicabile anche nel caso di intensità nulla dello shock dispersivo che è una condizione globale (4.85), corrispondente ai valori iniziali di ρ− = ρ+ = 1. Si richiede quindi κ(1) = 0. In accordo con le condizioni cinematiche (4.86), la velocità del bordo è pari alla velocità del solitone, e si ha s− = ? − , κ− ) Ω(ρ dx− = , dz κ− dove κ− = κ(ρ− ). Introducendo la nuova variabile 4 κ2 γ ?= 1− 4(ρ − αρ2 ) (4.133) (4.134) nella (4.131) e tramite operazioni analoghe effettuate al ”leading edge” si ottiene l’equazione differenziale ordinaria dγ̃ (1 + γ̃)[1 + 2γ̃ − 4γ̃αρ] =− dρ 2(2γ̃ + 1)(ρ − αρ2 ) con la condizione iniziale γ ?(1) = 1. (4.135) (4.136) Nota la funzione γ ?(ρ), la velocità al ”trailing edge” è determinata dalla (4.133) unita con la (4.123) # s− = R(ρ− ) − R(1) + ρ − αρ2 γ ?. (4.137) L’ampiezza a = ρ− − ρm del solitone al ”trailing edge” in funzione del salto di intensità ρ− e di γ ? allo shock dispersivo si ricava dalla (4.75) con v = s− − u− , − ρb = ρ * + / * +0 7 82 a ρ− − α ρ− γ ?2 = (ρ− − a) 1 − αρ− 1 − − (4.138) 3ρ Come per il ”leading edge”, quando α = 0 il sistema decade nella NLS di cui si può scrivere la soluzione esplicitamente. Dalla (4.135) si ottiene d? γ 1+γ ? =− , dρ 2ρ (4.139) la cui soluzione con le condizioni al contorno (4.136) è 2 γ ?(ρ) = √ − 1. ρ (4.140) 60 4.3. SHOCK DISPERSIVO Mentre, le equazioni (4.137) e (4.138), unite con la (4.140), danno rispettivamente # s− = ρ− (4.141) e # a = 4( ρ− − 1) (4.142) in completo accordo con risultati noti [10]. Ancora, per piccoli valori di α si possono trovare correzioni della (4.139) in forma esplicita. Introducendo γ ? = γ ?0 + γ ?1 , dove γ ?0 è data dalla (4.140), γ ?1 deve soddisfare √ d? γ1 γ ?1 4/ ρ − 3 α √ , =− + √ (4.143) dρ 2ρ 4/ ρ − 1 ρ che integrata con la condizione iniziale γ ?1 (1) = 0, =C B < # # − − −−1 4 − ρ ρ α ρ − 1 γ ?1 (ρ− ) = # + + , ρ− − 1 + 64 ln 3 4 32 ρ− (4.144) e quindi / 0 # # 2 −# − − − − − − s ≈ ρ (1 + γ ?1 (ρ )) − (ρ ρ − 1) + ρ (2 − ρ ) α. (4.145) 3 Capitolo 5 Conclusioni In questa tesi è stata esposta una trattazione completa per la risoluzione dello shock dispersivo includendo un esempio pratico nel caso della Korteweg-de Vries e dell’equazione non lineare di Schrödinger a nonlinearità quintica (CQNLS). Il metodo di risoluzione esposto è la teoria di Whitham nelle sua formulazione per sistemi integrabili e non integrabili. A livello generale, la teoria di Whitham caratterizza completamente lo shock dispersivo di un modello. In particolare si calcolano le velocità di propagazione dei bordi dello shock, tramite le equazioni di modulazione dei parametri lentamente variabili dell’onda cnoidale, quest’ultima soluzione dell’equazione iniziale. La costruzione di Gurevich-Pitaevskii richiede che le equazioni di modulazione, o di Whitham, siano espresse in forma diagonale e quindi necessita del calcolo degli invarianti di Riemann. Tuttavia, il calcolo degli invarianti rappresenta il principale ostacolo della teoria perchè, escludendo casi particolari (KdV e NLS), è di difficile soluzione. La formulazione di Whitham per i sistemi non integrabili utilizza delle proprietà di raccordo delle leggi di conservazione con il limite non dispersivo del modello riuscendo a ridurre il numero delle equazioni di modulazione. Con questo approccio, la risoluzione dello shock dispersivo passa per il calcolo degli invarianti di Riemann del sistema ridotto e non del sistema di Whitham generale. Si sottolinea che l’esistenza degli invarianti di Riemann del sistema ridotto non influenza l’esistenza degli invarianti del sistema generale. Pur non calcolando la forma diagonale leggi di modulazione dell’onda cnoidale, tramite le equazioni del sistema ridotto, diagonalizzate, si riesce a caratterizzare lo shock dispersivo calcolandone i parametri principali. In questa tesi è stata esposta, in maniera completa, l’applicazione della formulazione non integrabile per la CQNLS. Tale equazione ammette fenomeni di shock, in regime semiclassico, legati dal decadimento di un solitone dark. Tale esempio mostra chiaramente che nei sistemi bidirezionali si ottiene una riduzione delle equazioni di Whitham a sistemi 2x2, sempre diagonalizzabili (Appendice A). Questa riduzione ha permesso di calcolare i parametri principali dello shock, in particolare, le velocità s± dei bordi e l’ampiezza del solitone al trailing edge in funzione del salto di intensità iniziale. 61 62 Inoltre, per la CQNLS, si è mostrata l’esistenza di due differenti soluzioni, la coppia di solitoni dark-antidark, legate da un meccanismo di bistabilità del primo e del secondo tipo. In aggiunta è stato studiato un nuovo meccanismo di instabilità che coinvolge la formazione di un DSW a seguito del decadimento di un solitone antidark instabile. Appendice A Invarianti di Riemann Gli invarianti di Riemann permettono di riscrivere in forma più agevole un sistema di equazioni differenziali alle derivate parziali. Questo metodo è una generalizzazione del metodo delle caratteristiche, ovvero, la ricerca di funzioni che si mantengano costanti lungo le curve. In questo paragrafo si espone un metodo per la determinazione degli invarianti in un sistema 2x2. Si consideri il generico sistema quasi lineare con due variabili ρ(x, t) e u(x, t): a1 ρt + a2 ρx + a3 ut + a4 ux = 0, b1 ρt + b2 ρx + b3 ut + b4 ux = 0. (A.1) Si consideri la curva α nel piano (t, x) definita dalle espressioni t = T (s), x = X(s), (A.2) dove s è un parametro. Si definiscono le componenti del vettore tangente alla curva α dx dt = X " (s) = cos φ = T " (s) = sin φ, (A.3) ds ds dove φ rappresenta l’angolo formato tra il vettore tangente e l’asse x. Supponendo che i valore iniziali ρ(x, t) e u(x, t) siano dati sulla curva α, le derivate direzionali di u e ρ sono ρ" ≡ dρ/ds = ρx cos φ + ρt sin φ, u" ≡ du/ds = ux cos φ + ut sin φ. (A.4) Anche il sistema (A.1) deve essere soddisfatto, quindi ci sono quattro equazioni per la determinazione delle derivate ρx , ρt , ut e ux . Dato che il dato iniziale è dato sulla curva caratteristica, il sistema non ha soluzioni, quindi il determinante deve essere nullo. Si ha che per date soluzioni ρ(x, t) e u(x, t) l’angolo φ deve soddisfare la condizione 6 6 A1 6 6 B1 quindi, 6 6 A2 66 66 a1 cos φ − a2 sin φ = B2 6 6 b1 cos φ − b2 sin φ 6 a3 cos φ − a4 sin φ 66 = 0, b3 cos φ − b4 sin φ 6 ∆13 cos2 φ − (∆14 − ∆23 ) sin φ cos φ + ∆24 sin2 φ = 0, 63 (A.5) (A.6) 64 dove ∆ij = ai bj − bi aj . (A.7) Se la (A.6) ha due soluzioni reali in termini di cot φ si possono considerare due famiglie di curve caratteristiche corrispondenti alle soluzioni ρ(x, t) e u(x, t). In questo caso il sistema (A.1) è detto iperbolico. Se si ha una sola soluzione il sistema è parabolico, invece, per due soluzioni complesse il sistema è ellittico. Supponendo che tali radici siano reali, vogliamo ricavare come le funzioni ρ e u variano lungo le curve caratteristiche. L’idea generale è di esprimere le (A.1), in termini delle derivate direzionali di ρ e u lungo la curva. Dal sistema (A.1), sottraendo la prima equazione moltiplicata per B1 con la seconda moltiplicata per A1 , si ottiene −∆12 dρ + ux cos φ(∆23 − ∆13 cot φ) + ut sin φ(−∆14 + ∆24 tan φ) = 0. (A.8) ds Alcune manipolazioni della (A.6) unite con l’antisimmetria della (A.7) portano alle identità trigonometriche −∆14 − ∆13 cot φ = −∆23 − ∆42 tan φ ≡ −K, −∆32 − ∆13 cot φ = −∆14 − ∆42 tan φ ≡ −L. (A.9) Imponendo la seconda delle (A.9) nella (A.8) si ricava ∆12 dρ du +K = 0. ds ds (A.10) Allo stesso modo, sottraendo la prima delle (A.2) moltiplicata per B2 con la seconda moltiplicata per A2 e si ottiene L dρ du + ∆34 = 0. ds ds (A.11) Se nessuna delle equazioni (A.10) e (A.11) ammettono la soluzione identica, esse sono equivalenti. Inoltre, K e L dipendono da cot φ, quindi la scelta della radice della (A.6) definisce la variazione lungo una delle curve caratteristiche C1 e C2 . Prendendo, per esempio, la variazione di ρ e u definite nella (A.10) si ha ∆12 dρ du + K(cot φ1 ) = 0, ds1 ds1 ∆12 dρ du + K(cot φ2 ) = 0. ds2 ds2 (A.12) con s1 e s2 i parametri relativi rispettivamente alla famiglia C1 e C2 . Si aggiunge, inoltre, l’ipotesi che i coefficienti ai e bi non dipendano esplicitamente dalle coordinate x e t, ma solo attraverso ρ(x, t) e u(x, t). Se si riescono a trovare delle funzioni λ1,2 = λ(ρ, u) tali da soddisfare γ∆12 = ∂λ1 /∂ρ, β∆12 = ∂λ2 /∂ρ, γK(cot φ1 ) = ∂λ1 /∂u, βK(cot φ2 ) = ∂λ2 /∂u. (A.13) ∂(β∆12 ) ∂(βK(cot φ2 )) = ∂u ∂ρ (A.14) e le condizioni di compatibilità ∂(γ∆12 ) ∂(γK(cot φ1 )) = , ∂u ∂ρ 65 è possibile riscrivere la (A.10) nella forma dλ1 = 0, ds1 dλ2 = 0. ds2 (A.15) Le due variabili λ1,2 si mantengono costanti lungo le caratteristiche e sono chiamate invarianti di Riemann. Le due curve definiscono in accordo con la (A.3) i due vettori tangenti (cos φ1,2 , sin φ1,2 ) nel piano (x, t) e le derivate (A.10) hanno il significato di variazioni lungo le curve integrali definite dai campi vettoriali. Quindi possono essere riscritte ∂λ1 ∂λ1 cos φ1 + sin φ1 = 0, ∂x ∂t oppure dove v1,2 = cot φ1,2 ∂λ2 ∂λ1 cos φ2 + sin φ2 = 0, ∂x ∂t ∂λ1,2 ∂λ1,2 + v1,2 = 0, ∂t ∂x sono le velocità caratteristiche. (A.16) (A.17) Invarianti nella NLS quintica Partendo dal sistema idrodinamico derivante dalla NLS quintica ρt + (ρu)x = 0 (A.18) ut + uux + f " (ρ)ρx = 0 dove f (ρ) = ρ + 2δ ρ2 e δ = ηγ, con η = ±1. Si ricavano i coefficienti ai , bj : a1 = 1, b1 = 0, a2 = u, b2 = f " (ρ), a3 = 0, b3 = 1, a4 = ρ, a4 = u. (A.19) I determinanti ∆ij = ai bj − bi aj sono: ∆13 = 1, ∆14 = ∆23 = u, ∆24 = u2 − ρf " (ρ). (A.20) Date le curve caratteristiche ρ(x, t) e u(x, t) soluzioni del problema (A.18), la relazione tra l’angolo φ della tangente alla curva caratteristica e l’asse x è definita dall’equazione (A.6), con i coefficienti espressi nella (A.19). Si ha quindi cos2 φ−2u sin φ cos φ+(u2 −ρf " (ρ)) sin2 φ ≡ (cos φ−u sin φ)2 −ρf " (ρ) sin2 φ = 0. (A.21) Risolvendo la (A.21) in funzione di cot φ si ottengono le velocità caratteristiche # v± = cot φ± = u ± ρf " (ρ) (A.22) nel modello descritto dalla (A.18) le velocità caratteristiche assumono la forma: # V± = u ± ρ + δρ2 . (A.23) # Il coefficiente K nella (A.12) è pari a K(cot φ± ) = ± ρ + δρ2 e ∆12 = 1 − δρ. Le condizioni di compatibilità (A.14) diventano: % ∂ $ ∂ # α(1 + δρ) = (α ρ + δρ2 ) ∂u ∂ρ (A.24) 66 % ∂ $ ∂ # β(1 + δρ) = − (β ρ + δρ2 ) ∂u ∂ρ Si osserva che le equazioni (A.24) e (A.25) sono soddisfatte se 4 1 + δρ γ=β= . ρ (A.25) (A.26) Si ottiene dalle relazioni (A.13) ∂λ1 (1 + δρ) =# , ∂ρ ρ + δρ2 e ∂λ2 (1 + δρ) = −# , ∂ρ ρ + δρ2 ∂λ1 = 1, ∂u ∂λ2 = 1. ∂u Gli invarianti di Riemann devono quindi soddisfare le equazioni 4 4 " " 1 + δρ 1 + δρ λ+ = u + dρ , λ− = u − dρ ρ ρ (A.27) (A.28) (A.29) Procedendo con il calcolo degli integrali si distinguono i casi i cui α è maggiore o minore si zero, ovvero η = ±1. Se η = −1 gli invarianti di Riemann sono . ,# 1 1 λ± = u ± ρ − αρ2 − √ arctan −1 , (A.30) αρ α invece, se η = +1, si ha invece λ± = u ± ,# , # 1 ρ − αρ2 + √ ln 1 + 2αρ + αρ + α2 ρ2 , 2 α (A.31) Nel limite α → 0, l’Eq.(4.1) diventa la NLS defocusing e gli invarianti di √ Riemann (A.30) e (A.31) si riducono a λ± = u ± 2 ρ, risultati già noti in letteratura [10] . Appendice B Calcolo di onde cnoidali per la NLS Quintica Partendo dall’equazione (4.48), ponendoci nel caso η = −1, si vuole ricavare la forma dei solitoni dark e antidark. Raccogliendo il termine 4/3α, si può riscrivere la (4.48) come: $ dρ %2 dθ con Q(ρ) Q(ρ) = * − ρ4 + = 4 αQ(ρ) 3 + 3 3 6 6 3 ρ + k0 ρ2 + E0 ρ + C02 . α α α α (B.1) (B.2) Supponendo quattro zeri distinti della Q(ρ) ordinati nel seguente modo e1 < e2 < e3 < e4 , la (B.1) si può riscrivere $ dρ %2 dθ = 87 87 87 8 4α 7 e4 − ρ ρ − e3 ρ − e2 ρ − e1 , 3 (B.3) i quattro zeri sono legati alle costanti di integrazione tramite: 3 2 C , α 0 6 e1 e2 e3 + e1 e2 e4 + e1 e3 e4 + e2 e3 e4 = − E0 , α 6 e1 e2 + e1 e3 + e1 e4 + e3 e4 + e2 e4 = k0 , α 3 e1 + e2 + e3 + e4 = . α e1 e2 e3 e4 = Procedendo con l’integrazione per quadratura si ricava . " " 3 dρ # dθ = . 4α Q(ρ) (B.4a) (B.4b) (B.4c) (B.4d) (B.5) Si devono ora legare gli estremi di integrazione della (B.5) al potenziale Q(ρ). Graficando il potenziale per quattro valori generici di e4 , e3 , e2 e e1 (B.1) si nota che ci sono due zone in cui Q(ρ) > 0 e quindi due possibili soluzioni delle 67 68 0.2 0.5 1.0 1.5 2.0 !0.2 !0.4 !0.6 Figura B.1: Andamento del potenziale Q(ρ) per quattro zeri generici. equazioni del moto. Considerando dapprima la zona in cui Q(ρ) > 0 per valori di ρ compresi tra e1 < ρ < e2 , si ha . " θ " ρ 3 dρ # dθ = . (B.6) 4α Q(ρ) θ0 e1 La risoluzione dell’integrale (B.6) si ottiene operando la sostituzione [9] sin2 φ = e4 − e2 ρ − e1 . e2 − e1 e4 − ρ (B.7) Invertendo tale relazione si ottiene immediatamente un fattore del potenziale Q(ρ) (ρ − e1 ) = k̃(e4 − ρ). (B.8) dove per semplificare si definisce K̃ ≡ e2 − e1 sin2 φ, e4 − e2 (B.9) Tramite alcune manipolazioni della (B.7), si possono ottenere gli altri fattori del potenziale 7 87 e1 − e3 8 (ρ − e3 ) = e4 − ρ k̃ + , e4 − ρ 7 87 e1 − e2 8 (ρ − e2 ) = e4 − ρ k̃ + , e4 − ρ e1 − e4 (e4 − ρ) = . 1 + k̃ (B.10a) (B.10b) (B.10c) Sostituendo le (B.10) nel potenziale G(ρ), si ottiene: * +2 4* +* +* + 9 e4 − e1 e4 − e2 e2 − e1 e3 − e1 G(ρ) = cos φ sin φ (1 − m1 sin2 φ) e2 − e1 e1 − e4 e1 − e4 1 + k̃ (B.11) 69 dove si è definito il modulo m1 come m1 = (e4 − e3 )(e2 − e1 ) . (e3 − e1 )(e4 − e2 ) (B.12) Invertendo la relazione (B.7), si ricava l’espressione di ρ in funzione in φ 8 2 7 1 e1 + e4 ee24 −e −e2 sin φ 8 2 7 , (B.13) ρ= 1 1 + ee24 −e −e2 sin φ differenziando si ricava dρ = * e2 − e1 e4 − e2 + * (e4 − e1 ) sin 2φ +2 . 7 e −e 8 2 1 + e24 −e12 sin x Sostituendo (B.14), (B.11) nella (B.5) si ottiene . 3 2F (φ, m1 ) # θ − θ0 = . 4α (e3 − e1 )(e4 − e2 ) Definendo (B.14) (B.15) . α(e3 − e1 )(e4 − e2 ) (B.16) 3 si ricava dalla (B.13) l’espressione dell’onda cnoidale relativa all’integrale tra gli zeri e1 e e2 7 8 2 1 e1 + e4 ee24 −e −e2 sn (A(θ − θ0 ), m1 ) 8 ρ= . (B.17) 1 2 1 + ( ee24 −e −e2 sn (A(θ − θ0 ), m1 ) A≡ L’integrale nella seconda area, compresa tra e3 e e4 , equivale alla risoluzione dell’equazione . " θ " e3 3 dρ # dθ = . (B.18) 4α Q(ρ) θ0 ρ ottenuta, in modo analogo, tramite la sostituzione sin2 φ = (e3 − e1 )(e4 − ρ) , (e4 − e3 )(ρ − e1 ) (B.19) ottenendo l’onda cnoidale dove m2 è pari a 7 8 2 3 e4 + e1 ee43 −e −e1 sn (A(θ − θ0 ), m2 ) 7 8 ρ= . 3 2 1 + ee43 −e −e1 sn (A(θ − θ0 ), m2 ) (B.20) (e4 − e3 )(e4 − e2 ) , (e2 − e1 )(e3 − e1 ) (B.21) e4 + re1 tanh2 A(θ − θ0 ) 1 + r tanh2 A(θ − θ0 ) (B.22) m2 = Il limite di solitone è legato all’imposizione che m → 1, che comporta e3 = e2 = ρ0 nelle onde cnoidali. Si ottiene le espressione del solitone dark ρ1 = 70 e del solitone antidark ρ2 = e1 + r" e4 tanh2 A(θ − θ0 ) , 1 + r" tanh2 A(θ − θ0 ) (B.23) dove r e r" sono rispettivamente r= e2 − e1 e4 − e2 r" = e4 − e3 . e3 − e1 (B.24) Bibliografia [1] G.B. Whitham, Proc . Roy. Soc. A 283, 238-261 (1965). [2] G.B. Whitham, Linear and Nonlinear Waves, (Wiley-Interscience, 1974). [3] A.V. Gurevich e L.P. Pitaevskii, Sov. Phys. JETP 38, 291 (1974). [4] F. Calogero e A. 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Trillo Dipartimento di Ingegneria, Università di Ferrara, Via Saragat 1, 44122 Ferrara, Italy† (Dated: August 11, 2011) ∗ † O TI TR IS D R N O T FO RE V IE W Spatial solitons are important for their capability to beat diffraction and their potential for engineering a variety of optical reconfigurable structures including (and not limited to) couplers, deflectors and logic gates. In Kerr media where the paraxial propagation is described by the nonlinear Schrödinger (NLS) equation, only one soliton solution exists once the parameters (i.e., nonlinearity and peak intensity or width) are fixed and that solution is stable. However, more general nonlinear responses can result into bistability of solitons (strictly speaking solitary waves) and/or their instability against the growth of weak perturbations. In this paper we are interested to investigate such features for solitons sitting on a finite background (i.e., darklike) in the context of the Cubic-Quintic NLS (CQNLS) with a defocusing cubic and focusing quintic nonlinear response. The importance of such model lies in the fact that it constitutes the simplest model for a defocusing saturable Kerr effect [1, 2], whose parameters can be effectively measured in a relatively simple way by two-wave coupling or Z-scan [3, 4]. As far as bistability is concerned, the case of dark solitons has been investigated with reference to various model including the CQNLS [2, 5–9]. In particular Hermann has shown that dark solitons exhibit bistability of the second kind, i.e. characterized by solutions possessing the same full-width-half-maximum (FWHM), albeit possessing different amplitudes (and generally invariants of motion). This type of bistability was introduced in Refs. [10, 11] by Gatz and Hermann, to distinguish it from the earlier definition [12–14] which implies the existence of different solutions possessing the same value U of one invariant of motion (e.g., the power) for different values of the internal parameter, typically the nonlinear propagation constant β. The analysis carried out by Herrmann, however, is limited to stationary solitons, while a full family of moving dark solitons can exist. The analysis is further complicated by the fact that the CQNLS in the regime considered here is known to possess coexisting antidark (or bright on pedestal) solutions [9, 15]. The full family of dark and antidark solitons, once parametrized by the velocity, exhibits intriguing features which have been overlooked, and which we discuss below. Furthermore, whether the full family of the dark-antidark moving pairs is stable or not, and which are the instability mechanisms is still an open problem. Our systematic investigation of these problems provides two answers: (i) it shows that the criterium demonstrated by Barashenkov [16] for dark solitons provides the correct exhaustive answer to the stability problem also for antidark solitons; (ii) it clarifies that the instabilities are not of the collapsing type as conjectured in the previous literature (collapse can in principle occur even in 1+1D with nonlinear mechanism such as the cubic-quintic nonlinearity), rather involving new scenarios in proper regions of the parameter space. IB INTRODUCTION CO I. PY N We characterize the full family of soliton solutions sitting over a background plane wave and ruled by the cubic-quintic nonlinear Schrödinger equation in the regime where a quintic focusing term represents a saturation of the cubic defocusing nonlinearity. We discuss existence and properties of solitons in terms of catastrophe theory and fully characterize bistability and instabilities of the dark-antidark pairs, revealing new mechanisms of decay of antidark solitons. http:www.primalight.org; [email protected] [email protected] Besides being important per se, the knowledge of the dynamics of the whole soliton family of the CQNLS is also important in view of recent studies which extend the investigation of competing nonlinearities to the nonparaxial [17] and nonlocal [18, 19] regimes. Moreover, the full characterization of the soliton solutions and their instabilities constitute the starting ground for describing the feature of dispersive shock waves (DSW, involving multiple solitons in the weakly dispersive regime) [20], an active area of research where succesful experiments have been recently performed in non-Kerr media under different excitation conditions [21–23]. In this respect, here we provide the first prediction of a dispersive shock wave produced directly by the decay of a solitary wave 2 ∂u 1 ∂ 2 u α 4 2 + − |u| u + |u| u = 0, 2 ∂z 2 ∂x 2 (1) which describes a saturable Kerr-like nonlinearity through its truncated expansion at second-order in the 2 normalized intensity |u| , with α being an external free parameter that weights the quintic nonlinear response (the smaller α, the weaker the saturation effect). Solitons of such system have been reported before. However, we reformulate the full problem from the beginning, giving novel analytical formulas which prove convenient for the purpose of our analysis. Solitons correspond to translationally invariant solutions of the the ! form u(z, x) = ρ(θ) exp [iφ(θ) + iβz], where θ = x − vz and β = g(ρ0 ) is the nonlinear phase shift experienced by a plane-wave background with intensity ρ0 ≡ |u0 |2 , in the medium where the nonlinear refractive index varies with 2 intensity ρ = |u| according to the law g(ρ) = −ρ+αρ2 /2. These solutions depend on two internal parameters which we choose, in analogy to general dark soliton solutions of the defocusing NLS equation, as ρ0 (intensity background, which fixes also β) and v (soliton velocity, which fixes also the darkness or brightness of the soliton). Note that, here, the quintic term prevents the simple rescaling to ρ0 = 1 without rescaling α, and the velocity complicates further the scenario, so we keep the three parameters free. The modulus ρ plays the role of equivalent ”position”, and obeys the standard Hamiltonian dynamics with ”momentum” p = ρ̇ ≡ dρ/dθ, ∂H ∂H p2 , ρ̇ = ; H= + V (ρ), ∂ρ ∂p 2 (2) # " 2 α 3 c V = 2ρ (ρ − ρ30 ) − (ρ2 − ρ20 ) + 2k0 (ρ − ρ0 ) − 0 . 3 ρ0 ṗ = − 2 Here c0 = vρ0 and k0 = v2 + ρ0 − α2 ρ20 . Once ρ(θ) is obtained by solving Eqs. (2), the phase profile φ(θ) can be found by integrating the following equation: $ % ρ0 φ̇ = v 1 − . (3) ρ A. Soliton solutions Soliton solutions sitting on the plane-wave background ρ = ρ0 correspond to homoclinic separatrix trajectories of Eqs. (2), characterized by the energy level H = E with E = V (ρ0 ) = −2c20 . Such separatrices emanate from the saddle point (ρ, p) = (ρ0 , 0) of the Hamiltonian H(ρ, p). ρd (θ) = ρm + rρa tanh2 [w(θ − θ0 )] , 1 + r tanh2 [w(θ − θ0 )] (4) where r = (ρ0 − ρm )/(ρa − ρ0 ) and w = ! α(ρa − ρ0 )(ρ0 − ρm )/3 is the inverse soliton width, while the minimum intensity (dip) is given by the root ρ = ρm . Similarly for anti-dark solitons, we obtain ρa + 1r ρm tanh2 [w(θ − θ0 )] ρa (θ) = 1+ 1 r tanh2 [w(θ − θ0 )] , (5) where r and w are the same as for dark solitons. 2 1 ρ 1 ρm 0 ρa 2 i |u| , φ (rad)/π We start from the CQNLS equation: 0 0.5 (a) −1 0 1 2 3 (c) 0 4 −5 ρ 5 5 0 x 5 (d) 0 −5 0 x 3 (b) |u|2, φ (rad) DARK-ANTIDARK SOLUTIONS V(ρ)−E II. For α #= 0, the potential V (ρ) − E is a double well corresponding to a double-loop separatrix as shown in Fig. 1(a,b). Therefore one has, in general, a coexisting pair of dark and antidark solitons that corresponds to the motion along the left well ρm ≤ ρ ≤ ρ0 (dark solitons), and the right well ρ0 ≤ ρ ≤ ρa (antidark solitons), respectively. Here ρm ≤ ρ0 ≤ ρa are the roots of V (ρ) − E (explicit expressions of ρm , ρa are reported in Appendix A). In terms of such roots, we derive (see Appendix A) the following explicit solutions for dark solitons: p of the CQNLS model. 0 1 2 ρ 3 4 2 1 0 −5 FIG. 1. (Color online) Dark-antidark pair sitting on the unit background ρ0 = 1, for α = 0.6, v = 0.3: (a) potential V (ρ) − E vs. ρ; (b) phase-space picture (contour lines of H); (c-d) Relative intensity (thick black solid line) and phase (thin red solid line) profiles of dark (c) and antidark (d) solitons. The expressions in Eqs. (4)-(5) allow us to obtain, by integrating Eq. (3), the nonlinear phase associated to the two soliton families. We obtain for dark and antidark solitons, respectively $& % v rρa tanh[w(θ − θ0 )] + φ0 , (6) φd = − s tan−1 w ρm $& % v ρm φa = s tan−1 tanh[w(θ − θ0 )] + φ0 , (7) w rρa ' (ρa −ρ0 )(ρ0 −ρm ) . From Eqs. (6-7) one can where s ≡ ρa ρm easily calculate the phase jump ∆Φ = Φ(+∞) − Φ(−∞) across the soliton. 3 bounded by the curve (so called bifurcation set [24]) ! a "3 # b $2 + = 0, (8) 3 2 ρ =1, v=0.5 0 −0.5 ρ0=3, v=0.5 ρ0=1, v=0.7 a −1 ρ =3, v=0 0 −1.5 −2 ρ =1, v=0 0 −2.5 −1 ρ0=4, v=0 −0.5 0 b 0.5 1 FIG. 2. (Color online) Cusp catastrophe picture for darkantidark soliton pairs. Each curve shows the evolution of the parameter a and b of the normal form potential V (y) = y 4 /4 + ay 2 /2 + by, calculated for a dark-antidark soliton pair with fixed internal parameters v and ρ0 , and α changing from zero up to its critical value αc , where all the curves arrive tangentially on the cusp curve (Eq. (8), red solid line) that bounds the soliton existence domain. 2 (a) 0 0 −2 −2 −4 −4 (e) 0 0 1 2 3 4 4 0 1 2 3 4 4 (b) p 0.1 (c) −0.1 5 2 0 0.5 1 (d) Taking fixed internal parameters ρ0 and v, while changing α continuosly, makes the control parameters a and b calculated for the soliton to span a smooth curve in the control parameter plane (a, b), until at α = αc , they hit (arriving tangentially) the boundary set by the cusp curve [Eq. (8)]. Different values of ρ0 and v result into different control curves, as displayed in Fig. 2. We point out that a similar behavior occurs by varying ρ0 or v, keeping the other two parameters fixed. In particular, in the latter case, the existence domain turns %out to be −vc ≤ v ≤ vc , with the cut-off velocity vc = ρ0 − αρ20 , obtained by expressing Eq. (9) in terms of v = vc . 1.5 1 (f) 2 2 1 0 0 0 −2 −2 −1 dip intensity V(ρ)−E 2 shown in Fig. 2. Such curve marks the values where the critical points (∂y V = 0) of the potential become doubly degenerate (∂y2 V = 0), and exhibits the characteristic shape of a cusp in the origin (three-fold degenerate point, ∂y3 V = 0). In terms of the original parameter ρ0 , v, α, the existence condition requires α ≤ αc , with the following critical value of the quintic coefficient αc : # $ v2 1 1− . (9) αc = ρ0 ρ0 (a) 0.6 0.3 peak intensity 0 0.8 0.5 α=0 2 10 0.1 1 10 0 1 2 ρ 3 4 −4 0 1 2 ρ 3 4 5 −2 0 0.5 1 1.5 ρ FIG. 3. (Color online) Potential and phase-space picture for v = 0, ρ0 = 1, and different values of α: (a-b) α = 0 (ideal Kerr case); (c-d) α = 0.5; (e-f) α = 0.9 (close to critical value αc = 1, where the right branch of the separatrix becomes vanishingly small). Interestingly, the existence domain of the soliton pairs can be described with the aid of catastrophe theory [24], already applied to characterize dark-antidark soliton pairs in a different context (gap soliton theory [25]). In fact, the quartic potential V in Eqs. (2) belongs to the A+ family, and gives rise to the so called cusp catastrophe. According to this picture the potential V (ρ) in Eq. (2), which is of the general form V (ρ) = c4 ρ4 + c3 ρ3 + c2 ρ2 + c1 ρ, can be cast into the canonical form [24] V (y) = y 4 /4 + ay 2 /2 + by, by means of the change of variable ρ = (4c4 )−1/4 y − c3 /(4c4 ). Then, in the control parameter plane (a, b) (explicit expressions of a and b as a function of α, ρ0 , v are cumbersome but can be easily derived), solitons exist in the inner region 0 0 0 0.5 velocity v 1 0.3 0.6 0.9 −4 α=0.01 (b) 10 0 0.9 0.5 velocity v 1 FIG. 4. (Color online) (a) dip intensity (darkness) of dark solitons and (b) maximum intensity of antidark solitons as a function of velocity v for different values of α. Here the background is ρ0 = 1. The dashed curves represent the existence threshold set by Eq. (9). Note the vertical log scale in (b). As an example, we show in Fig. 3 how the typical phase plane (potential) changes when α is varied between zero and the critical value αc . In this case we choose ρ0 = 1 and still solitons, viz. v = 0, yielding ρm = 0 which means that the dark soliton is black regardless of the value of α, while the antidark is characterized by a peak intensity ρa = 3/α − 2ρ0 . In the limit α = 0 shown in Fig. 3(a,b), which represents the ideal Kerr case, the potential is cubic, and the separatrix has only one branch corresponding to the well-known black soliton solution (ρ = tanh2 (x)) of the NLS equation, whereas for ρ > 1 the motion is unbounded and no coexisting antidark solutions do exist. In fact the unbounded motion for ρ > 1 can be thought of as the motion in the right well that, however, becomes infinitely 4 deep [V (θ = ∞) → −∞)] and wide (since ρa → ∞). Viceversa, as α grows from zero, the behavior of the potential at θ = ∞ is inverted, and the right well becomes finite, allowing for a eight-shaped separatrix corresponding to the dark-antidark pair [see Fig. 3(c-d)]. For small values of α the antidark soliton has high peak intensity ρa above the background ρ0 , which, however, decreases as the saturation parameter α increases. For α approaching its critical value αc antidark solitons become shallow [see Fig. 3(e-f)], until they reduce to the plane wave exactly at α = αc , where ρa → ρ0 . The behavior of dark-antidark FIG. 5. (Color online) Color level plot of FWHM [θF W HM in Eq. (10)] in the parameter plane (α, ρ0 ) for v = 0.1, dark (a) and antidark (b) solitons. (c,d) dark solitons with v = 0.4 (c), and v = 0.8 (d). The dashed lines give the critical condition αc (ρ0 , v). solitons with velocity exhibits intriguing features, which can be gathered by plotting the minimum (dip) intensity ρm of dark solitons (the larger ρm , the lower the darkness) and the peak intensity ρa of antidark solitons (the higher ρa , the brighter the antidark) versus v at constant ρ0 , for different values of α, as displayed in Fig. 4. For non-zero but small velocities the picture remains qualitatively unchanged with respect to the case v = 0, in the sense that the peak intensity ρa of antidark solitons decreases continuously from infinity (at α = 0) to ρa = ρ0 at the critical value αc , such that they become infinitely shallow (i.e. they reduce to a pure plane wave). In this case, however, the dip intensity of dark solitons is no longer zero, i.e. they becomes gray solitons with darkness ρ0 − ρm . The darkness decreases for growing velocities ! v up to a minimum value at the bound velocity vc = ρ0 − αρ20 (obtained by solving Eq. (9) with respect to v for fixed α). This is clearly shown in Fig. 4, where we summarize the result for a fixed background ρ0 = 1. Note from Fig. 4(a) that Kerr (NLS) dark solitons (α = 0) are always darker than the corresponding CQNLS solitons of the same velocity (the curve ρm (v) for α = 0 is always below the other curves relative to α $= 0), and have also a larger phase jump ∆Φ than their CQNLS counterparts. Interestingly, however, as the velocity grows large enough (above v = 0.5 in Fig. 4), it turns out that dark solitons can become infinitely shallow at the cut-off condition for their existence (ρa → ρ0 and hence darkness tends to zero). Conversely, under the same conditions, antidark solitons cease to become infinitely shallow, rather reaching a finite minimum peak intensity at the cut-off condition for their existence [see Fig. 4(b)]. From Fig. 4(b) it is also clear that, for small α the brightness of antidark solitons is nearly independent on the velocity. This change of behavior at the cut-off condition for the existence (from infinitely shallow antidark to infinitely shallow dark solitons) depends the background ρ0 . It can be shown to occur at the value of α0 = 3/(4ρ0 ), √ in correspondence of the velocity v0 = ρ0 /2 (in Fig. 4, α0 = 0.75 and v0 = 0.5). The coexistence of dark and antidark solitons constitute bistable mechanism such that two different solutions exist with same parameters (ρ0 and v) and different renormalized invariants M, H, P (see Appendix A for their definition). However these soliton families can be bistable also according to the definition by Gatz and Herrmann, i.e. for fixed α different solutions of the same width can exist although they sit on a different background ρ0 . This type of bistability was investigated for still (v = 0) dark solitons [7]. In order to generalize this result to the full family (any v, and antidark case), we have calculated the FWHM as θF W HM = ! 2 tanh−1 f (ρ0 , ρm , ρa ), w (10) a −ρ0 for dark solitons where f (ρ0 , ρm , ρa ) = 2ρaρ−ρ 0 −ρm (FWHM taken at half the intensity between ρ0 and the ρ0 −ρm dip ρm ) and f (ρ0 , ρm , ρa ) = ρa +ρ for antidark soli0 −2ρm tons (FWHM at half the intensity between ρ0 and the peak ρa ), respectively. The results obtained by mapping θF W HM in the plane (α, ρ0 ) are summarized in Fig. 5. As shown, dark solitons exhibit bistability for sufficiently large α, regardless of their velocity. However the range of values of α where bistability occurs is greatly reduced for large velocities [see Fig. 5(c)]. Conversely, as shown in Fig. 5(d), antidark solitons are never bistable in the same sense (no folding of the level curves of θF W HM is ever observed at any velocity). III. INSTABILITY SCENARIOS Having characterized the features of dark-antidark soliton pairs, we discuss their stability. We proceed by applying a known stability criterium according to which the stability is related to the derivative of the invariant momentum M (see Appendix A) of the soliton against its 5 2 1 (b) Hamiltonian H momentum M (a) 1.5 dark 1 0.5 0 0 vc antidark 0.3 velocity v 0.8 antidark 0.6 dark 0.4 0.2 0 0 0.6 0.5 1 1.5 momentum M 2 FIG. 6. (Color online) (a) Renormalized momentum M vs. soliton velocity v, and (b) Hamiltonian H(v) vs. M (v), for dark and antidark solitons with fixed ρ0 = 1 and α = 0.7. The red bullets mark the marginal condition ∂v M = 0 for antidark solitons. 0.6 1 α0 (a) ρ0=1 coefficient α coefficient α 1 0.8 αm 0.4 0.2 0 0 0.8 (b) ρ0=2 0.6 0.4 α0 slope. Therefore the whole family of dark solitons is stable in its existence domain, a conclusion that is fully supported by our numerical simulation of the propagation. Viceversa instabilities take place for antidark solitons. In particular, for small α, it turns out that they are always unstable in the whole domain of existence since M (v) exhibits always positive slope. Conversely at sufficiently large α, the momentum M (v) changes its slope near the cut-off value for existence vc . This is shown in Fig. 6, where we compare the momentum M (v) for dark and antidark solitons at α = 0.7 and ρ0 = 1. Note that the change of slope of the momentum means that two antidark solutions with same momentum and different velocity exist. These two solutions differ by their Hamiltonian H (see Appendix for its expression). Indeed, as shown in Fig. 6(b) the Hamiltonian H as a function of M is folded, showing an upper (unstable) branch and a lower (stable) branch. αm 0.2 0.5 1 velocity v 1.5 0 0 0.5 1 velocity v 1.5 FIG. 7. (Color online) Stability maps for antidark solitons in the parameter plane (v, α) for (a) ρ0 = 1; (a) ρ0 = 2. The light (cyan) and dark (red) shaded domains correspond to unstable and stable solutions, respectively. The dot-dashed line sets the value α0 below which antidark solitons have finite brightness at cut-off. The dynamics illustrated in Fig. 8 and Figs. 9-10 are relative to the sampled values marked by bullets and stars in (a), respectively. velocity v. The marginal condition ∂M = 0, ∂v (11) separates stable solutions (∂v M < 0) from unstable ones (∂v M > 0). Such criterium, proved by Barashenkov [16] for dark solitons of the generalized NLS equation is found to account also for the instabilities of antidark solitons. We emphasize, however, that such criterium accounts for real eigenvalues crossing into the right-half plane (usually bifurcating from zero eigenvalues associated with neutral modes, i.e. symmetries of the model). Other instability mechanisms such as oscillatory instabilities resulting from edge bifurcations leading to pairs of complex conjugate eigenvalues entering the right-half plane, need an independent characterization. However, we have found (numerically) no evidence for instabilities of such kind. Moreover, the condition for the existence of solitons [Eq. (9)] turns out to coincide with the region where the background plane-wave is modulationally stable. Therefore the condition (11) turns out to be an exhaustive criterium to assess the linear stability of all the solutions presented so far. The calculation of the function M (v) for dark soliton family shows that such function has always a negative FIG. 8. (Color online) Dynamics of antidark solitons with ρ0 = 1, α = 0.7, exhibiting different behavior depending on the initial velocity v [see bullets in Fig. 7(a)]: (a) v = 0.5, stable propagation; (b) v = 0.4, decay into a nearby stable antidark soliton; (c) v = 0, decay into a pair of antidark shallow solitons with opposite velocities. The velocity which gives the marginal stability (∂v M = 0) clearly depends on ρ0 and α. The results of Fig. 6 could be repeated for different values of ρ0 and α, and summarized by drawing stability maps in the plane v, α at constant ρ0 . This is shown in Fig. 7 for two different values of the background ρ0 . As shown a relatively small island of stability is found in the vicinity of the boundary for existence, where they have small brightness. In par- 6 FIG. 9. (Color online) Decay of an unstable antidark solitons (ρ0 = 1, v = 0, α = 0.1) into two symmetric dispersive shock fans (trains of dark solitons): (a) color level plot of the intensity; (b) snapshot of intensity (black solid line) and phase (red solid line) at z = 5. For comparison the input intensity (renormalized to the maximum of the plot) is shown (solid blue line). FIG. 10. (Color online) As in Fig. 7 for v = 0.8. ticular stability requires α > αm , where αm corresponds to the vertex of the stability island [see Fig. 7]. In order to test the validity of the marginal stability condition we have made extensive simulations. Such simulations confirm indeed that ∂v M = 0 gives the threshold for stability also for antidark solitons, and reveal basically two different mechanisms of instability. The first scenario is valid for relatively large α, such that a stable range of velocities exists. As an example for illustration purpose we have chosen α = 0.7, ρ0 = 1, which yields a range of stable velocities v = (0.4644, 0.5477) [see Fig. 6(a)]. The dynamics for three different values of v, marked by bullets in the map of Fig. 7(a), is displayed in Fig. 8. As shown in Fig. 8(a), for v = 0.5 the antidark soliton propagates in stable fashion. Conversely, when v is decreased just below the threshold for instability [v = 0.4 in Fig. 8(b)], the initial soliton decays into a different antidark soliton of higher velocity, which is stable. However, for lower velocities, such that the soliton lies far from the threshold for stability, the decay into a pair of stable antidark soliton is observed, a process which is accompanied by radiation. Note that the instabilities are extremely long-range in both cases, i.e. they become manifest only after tens of diffraction lengths. As shown in Fig. 8(c), the two antidark solitons are symmetric in the limit v = 0 in such a way that the initial zero momentum is conserved, otherwise they appear to be asymmetric (case not shown). The scenario illustrated in Fig. 8 holds also for different values of α, providing α > αm , i.e. a stable range of velocities exists. It is interesting to note that the value ρ0 = 3/(4ρ0 ), which discriminates the fact that antidark solitons can be or not infinitely shallow at cut-off, lies in the region of stability for any ρ0 (see dot-dashed lines in Fig. 7). Therefore antidark solitons with arbitrarily small brightness that exist for α > α0 around cut-off, are always stable, whereas antidark solitons which have finite brightness at cut-off can propagate stably only for α > αm . The scenario discussed above change qualitatively when α < αm , where the island of stability shrinks to zero. In this case the decay instability towards other antidark solitons is forbidden because no stable solutions exist. In this case, the only stable solutions are dark solitons and therefore the decay instability occurs towards these solutions, even though their shape differ dramatically (indeed being ”opposite”) from the input antidark shape. Importantly when α is small (weak saturation) the antidark solitons possess large amplitude and large power Pa and hence number of particles (see Appendix for its definition). Under these conditions we have found that the decay instability of the antidark leads to a DSW (see Refs. [20–23] and references therein), i.e. an expanding region filled with fast oscillations which behave asympotically as solitons. In the present case, starting with a zero-velocity antidark soliton, the decay instability leads to two symmetric DSW fans, as displayed in Fig. 9 for α = 0.1. In each of the two fans, the inner edge is set by the darkest and slowest soliton, whereas on the outer edge the fan is linked to the plane wave through a train of solitons with progressively decreasing darkness and increasing velocity, which become denser as the background is approached. Although this behavior is reminiscent of that ruled by the integrable NLS equation (limit α = 0) in the semiclassical regime (i.e., nonlinearity much stronger than diffraction/dispersion) under excitation of e.g. a gaussian on pedestal [21], it must be emphasized that this is, to the best of our knowl- 7 edge, the first example where the dispersive shock waves occurs directly through the decay of an unstable solitary wave of the system. Further characterization of the shock fan need to develop the Whitham modulational theory for the system, which is beyond the scope of this paper. However, simple arguments based on the features of solitons as shown in Fig. 4, let us predict that the fan ruled by Eq. (1) is narrower as compared to the one ruled by the integrable NLS equation under the same excitation. This is due to the fact that the soliton with vanishingly small darkness, constituting the outer edge of the fan, correspond to progressively reduced velocity as α increases, as clearly shown in Fig. 4(a). The decay scenario shown in Fig. 9 does not change when starting with an antidark soliton with non-zero velocity (v, M != 0), except that the two shock fans become asymmetric (the higher the velocity, the higher the asymmetry), in both the number of solitons and the velocity of the darkest soliton (inner edge of the fan), as shown in Fig. 10. This asymmetry is largely expected on the basis that a symmetric configuration would have M = 0 and hence would lead to violation of momentum conservation. Moreover the asymmetric development of the shock is analogous to DSW generated in the integrable NLS limit when starting from a gray beam with non-zero velocity (momentum) [23]. Finally we point out that, for larger α, yet with α < αc , the scenario remains qualitatively unchanged though the number of dark solitons generated in the decay of the antidark soliton decreases. Though the aim of this paper was the full characterization of solitary waves sitting on a finite background, before concluding, we point out that such solitons can also coexist with bright solitary waves with zero pedestal. ! Seeking for bright solitons of the form u(x, z) = ρ(x) exp(iβz), a simple calculation shows that the peak! intensity of these solutions turns out to be ρa = 3(1 + 1 + 8βα/3)/(2α). The existence domain of such solutions include arbitrarily small α, and hence they coexist with dark-antidark pairs. Given the defocusing nature of the leading order (cubic) nonlinearity this might appear surprising. However, it is not difficult to understand that such bright solitons are sustained entirely by the quintic focusing nonlinearity since ρa diverges in the limit α → 0, where the quintic nonlinearity vanishes indeed. Without deepening the study of the bright case, already investigated in the framework of the CQNLS equation, we expect them to be unstable at least in the limit of small α, where they do not affect the decay dynamics of antidark solitons or the stable dynamics of dark solitons discussed above. IV. ity and instabilities have been studied for the full family parametrized by the intensity of the background wave and the velocity, and a new mechanism of instability involving the decay of an antidark soliton into a dispersive shock wave has been characterized, and is expected to be observable in saturable defocusing media. V. Analytical solutions can be worked out from the equation which follows directly from Eq. (2) ρ̇ = " 4α ! Q(ρ), 3 (12) 3 [E − V (ρ)]. The polynomial Q(ρ) can where Q(ρ) = 4α be expressed in terms of its ordered roots ρm , ρ0 (double root), ρa , with ordering ρm ≤ ρ0 ≤ ρa , as Q(ρ) = (ρ − ρa )(ρ − ρm )(ρ − ρ0 )2 . From Eq. (12) one obtains the following quadrature integral, " # ρ(θ) # 4α θ dρ ! = dθ, (13) 3 θ0 Q(ρ) ρ(θ0 ) where ρ(θ0 ) = ρm or ρ(θ0 ) = ρa for dark or antidark solitons, respectively. The integral (13) gives, upon inversion, the solutions given in the text. Explicitly, the extremal roots ρm , ρa are expressed by: ! 3 − 2αρ0 − (3 − 2αρ0 )2 − 12v 2 α , ρm = ! 2α 3 − 2αρ0 + (3 − 2αρ0 )2 − 12v 2 α ρa = . (14) 2α Once the soliton solutions are known one can easily calculate the renormalized invariants (momentum, Hamiltonian) which are defined as follows i 2 # +∞ +∞ & |ux |2 + 2 M= H= # −∞ −∞ $ % ρ0 (u∗x u − ux u∗ ) 1 − dx, ρ (15) ' (16) # ρ(x) ρ0 [g(ρ0 ) − g(ρ)]dρ dx, and the power or number of particles, Pa (antidark) and Pd (dark): CONCLUSION Pa = In summary we have discussed the main properties of solitary solutions with finite background of the CQNLS equation with focusing quintic term. Bistabil- APPENDIX A # +∞ −∞ |u|2 − ρ0 dx; Pd = # +∞ −∞ ρ0 − |u|2 dx(17) The quantities M and H are those employed in the text to assess the stability of soliton solutions. 8 [1] W. Krolikowski and B. Luther-Davies, Opt. Lett., 18, 188 (1993). [2] Y. S. Kivshar and B. Luther-Davies, Phys. Rep., 298, 81 (1998). [3] Y.-F. Chen, K. Beckwitt, F. Wise, B. G. Aitken, J. S. Sanghera, and I. D. Aggarwal, J. Opt. Soc. Am B, 23, 347 (2005). [4] Z. Q. Zhang, W. Q. He, C. M. Gu, W. Z. Shen, O. H., and Q. X. 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Fratalocchi1∗ PRIMALIGHT, Faculty of Electrical Engineering; Applied Mathematics and Computational Science, King Abdullah University of Science and Technology (KAUST), Thuwal 23955-6900, Saudi Arabia 2 Dipartimento di Ingegneria, Università di Ferrara, Via Saragat 1, 44122 Ferrara, Italy 3 Dept. of Physics, Sapienza University of Rome, I-00185, Rome, Italy (Dated: November 10, 2011) We show that the perturbative nonlinearity associated with three-atom interactions, competing with standard two-body repulsive interactions, can change dramatically the evolution of 1D dispersive shock waves in a Bose-Einstein condensate. In particular, we prove the existence of a rich crossover dynamics, ranging from the formation of multiple shocks regularized by coexisting trains of dark and antidark matter waves, to 1D soliton collapse. For a given scattering length, all these different regimes can be accessed by varying the number of atoms in the condensate. PACS numbers: 03.75.Lm,03.75.Kk,42.65.Sf Introduction. — Bose-Einstein Condensation (BEC) has been successfully described in the mean-field limit by the Gross-Pitaevskii equation (GPE), which embodies quantum two-body interactions (s-wave scattering) into its cubic nonlinear term [1]. Though not compulsory for (ideal, i.e. interaction-less) condensation, such term sustains several, remakable and otherwise unobservable, coherent phenomena such as soliton formation [2], quantum shocks [3, 4], collapse [5], nonclassical states [6], time reversal, quantum chaos and Anderson localization [7]. The exceptionally huge tunability (in magnitude and sign) of the scattering length a through Feshbach resonances [8], have made the area of ultracold atoms a prolific ground to investigate new quantum and nonlinear physics. Particular interest, in this context, was stirred by higher-order few-body interactions [9] boosted also by the observation of resonant Efimov states [10]. Most efforts in this area are presently aimed at assessing the impact of few-body recombination loss coefficients which limits the lifetime of condensates [11]. However, almost unexplored is also the effect of three-body elastic collisions, which naturally arises as a quintic conservative (Hamiltonian) term in the higher-order expansion of the GPE [9, 12, 13] whose impact clearly grows as higher densities are being reached in experiments [14]. It is therefore of paramount importance to assess whether the three-body interactions can lead to a clear signature in terms of qualitative new scenarios, especially if the latter becomes accessible in the perturbative limit. In this letter we address this question with reference to the dynamics of dispersive shock waves (DSWs), which form in a repulsive BEC when the kinetic spreading regularizes the tendency driven by the nonlinearity to form multivalued wave fronts. At variance with earlier [3, 4, 15] and more recent studies on DSWs [16–19], which are all based on the standard GPE, we investigate the case characterized by an attractive three-body nonlinear correction to the repulsive s-wave scattering. This regime is expected to be achievable by exploiting resonance tuning for bosons and turns out to be relevant also for superfluid fermions [20]. Unlike the case of competing nonlinearities of the same sign (where three-body contributions merely strengthen the nonlinearity at high densities), we find that the presence of the quintic term of different sign leads to a rich phase-diagram of the wavebreaking phenomenon, with novel regimes that uniquely identify the contribution of the three-body interaction. Remarkably, for a given scattering length, the crossover between different dynamics can be totally controlled by changing the number of atoms in the condensate. Due to the ubiquitous nature of DSW, these findings are also of fundamental interest in other areas of classical physics, including nonlinear optics [21], electronic systems [22], and granular chains [23]. Model and general shock scenario. – We start from the following dimensionless cubic-quintic GPE, describing the free evolution in 1D (after trap is released along x) of a BEC ruled by two and three-body interactions: ∂ψ !2 ∂ 2 ψ + − |ψ|2 ψ + α|ψ|4 ψ = 0, (1) ∂t 2 ∂x2 ! having introduced dimensionless spatial x = X! mN ω/! and temporal t = T N ω/! coordinates, with ! = !/mωRT F " 1 (RT F is the Thomas-Fermi radius), and a ! rescaled wave function ψ" = Ψ 4π!a/mωN , being m the single boson mass, N = |Ψ|2 dX the number of particles and ω the transverse BEC trap frequency. The parameter α/!ω = N g3 /|g2 |2 (with α ≥ 0) uniquely determines the properties of the system in terms of the number of particles and the relative strength of the three-body term g3 [9] over the two-body term g2 = 4π!2 a/m. At variance with the cubic GPE system (α = 0), which is completely characterized by the scattering length a, this normalization clearly shows that the high-order BEC dynamics lives in a two dimensional phase space encompassing both a and N . This will permit to explore different scenarios i! 2 FIG. 1. Color Online. Dispersionless evolution for ρ+ 0 = 1.5: (a-b) as obtained from Eqs. (5-7) with α = 0.15 (a), α = 0.3 (b); (c-d) numerical results from Eqs. (2) comparing the case α = 0.4 (c) with the case of a standard GPE (α = 0) with positive cubic nonlinearity (d). even for a constant scattering length. We study the general shock dynamics in the dispersionless (or hydrodynamic) limit of Eq. (1), which can be obtained by !apply√ ing the Madelung transformation ψ = ρ exp[ !i dxu] for # → 0: ∂ρ ∂(uρ) + = 0, ∂t ∂x ∂u ∂u ∂f +u + = 0, ∂t ∂x ∂x (2) where f (ρ) = ρ − αρ2 , and ρ, u act as density and velocity of the fluid, respectively. The impact of the quintic term can be understood by studying the decay of an initial jump in the density, which can be easily realized experimentally. This amounts to solve the Riemann problem associated with the initial value u(x, 0) = 0, + ρ(x, 0) = ρ+ 0 + (ρ− − ρ0 )Θ(x) [Θ(x) is the Heaviside ± − + function], ρ0 (ρ0 > ρ0 ) being the initial constant densities across x = 0. We solve Eqs. (2) by deriving the following Riemann invariants λ± = u ± R(ρ): R(ρ) = " ρ(1 − 2αρ) + cos−1 (1 − 4αρ) √ , 2 2α (3) ± which transform Eqs. (2) into the diagonal form ∂λ ∂t + " ∂λ± V± ∂x = 0, where V± = u ± ρ(1 − 2αρ) are the Riemann characteristic eigenvelocities. As long as V± are strictly real, i.e. α < 1/(2ρ− 0 ), (4) the evolution of λ± can be given in terms of the selfsimilar variable ζ = x/t through the following simple wave solutions of the system (characterized by one of the two Riemann variables remaining constant) " R(ρ+ ρ(1 − 2αρ) = ζ, 0 ) − R(ρ) − " − R(ρ) − R(ρ0 ) + ρ(1 − 2αρ) = ζ. (5) FIG. 2. Color Online. Global phase diagram of the shock + dynamics in the parameter plane (ρ0 ≡ ρ− 0 , α) [ρ0 = 1]. The two simple waves (5) are connected by an intermediate region with constant values ρ = ρi and u = ui . The latter can be found by the matching equations − + − ui = [R(ρ+ 0 ) − R(ρ0 )]/2 and 2R(ρi ) = R(ρ0 ) + R(ρ0 ). The borders xi± of the intermediate region are then calculated by substituting the density ρi into Eqs. (5): " xi± ≡ ζi± = R(ρi ) − R(ρ− ρi (1 − 2αρi ). (6) 0)± t Conversely, the simple wave external edges xe± ≡ ζe± t are calculated by matching Eqs. (5) with the asymptotic (input) values ρ± 0 , thus obtaining # √ xe− xe+ + = − ρ+ = 1 − 2α. (7) 0 (1 − 2αρ0 ), t t Equations (5)-(7) predict a rich scenario for the shock dynamics, as illustrated in Fig. 1a-b. Henceforth, with− out loss of generality, we take ρ+ 0 = 1 and ρ0 ≡ ρ0 . For small values of α [see Fig. 1a], wave-breaking occurs only for x > 0, where the velocity ζi+ of the point xi+ is larger than ζe+ , leading to a multivalued region, whose dispersive regularization leads to a DSW. However, a more complex dynamics is observed when α is increased [see Fig. 1b]: in this case not only xi+ but also xe− moves sufficiently fast and induces wave breaking for x < 0, thus producing a double shock in the dynamics. The crossover between these two regimes is given by the condition ζe− (α∗ ) = ζi− (α∗ ). It is worth noting that a double shock have also been predicted in a BEC flowing through a penetrable barrier [17], though both the underlying mechanism and the regularization are completely different in the latter case. A third regime settles in when Eq. (4) is violated, resulting in imaginary eigenvelocities V± [Eqs. (2) are no longer hyperbolic]. In this case, solutions (5)-(7) are meaningless and we resort to numerical integration of Eqs. (2). Our analysis show (Fig. 1c) that the system evolution is characterized by the generation of two opposite velocities (Fig. 1c, u in the inset), which compress the wavefront and generate a cusp-like singularity at x ≈ 0− . This behavior originates from a three-body dominance over the two-body 3 FIG. 3. Color Online. (a) Velocity of DSW edges ζt , ζl , and rarefaction edges ζe− , ζi− vs. α; (b-c) Color level plot of density evolution ρ(x, t) from Eq. (1) for $ = 0.01 and (b) α = 0, (c) α = 0.1; For comparison the edges of the DSW xl , xt from Eq. (9), xe− , xi− of the rarefaction wave from Eqs. (6)-(7) are reported. (d) Snapshots ρ(x, t = 8) from (b-c) showing the DSW dark soliton train for α = 0, 0.1. term, as demonstrated by comparing Fig. 1c to Fig. 1d, which shows the evolution of the same input launched in a standard GPE with positive nonlinearity [Eq. (1) with α = 0 and x → ix]. The two wave-breaking are qualitatively identical, which can be understood by considering that the GPE with attractive two-body nonlinearity exhibits complex eigenvelocities, in the same way as Eq. (1) for α > 1/2ρ0 . Despite such similarity, the long-term dynamics (regularization) in the presence of three-body nonlinearities will be totally different, as discussed in the following paragraphs. Figure 2 summarizes the results of the dispersionless analysis in a wave-breaking phase diagram. In particular, the two curves α∗ = α∗ (ρ0 ) and α = 1/(2ρ0 ), divide the phase space into three distinct regions, each characterized by different wave breaking scenarios deepened below. Real eigenvelocities: tuning the shock dynamics. – We study the shock regularization for α ≤ α∗ by exploiting Whitham theory of modulation, in the form suitable for nonintegrable systems [24]. We summarize only the outcome of this approach, while deferring the (involved) mathematical details to a successive paper. When α ≤ α∗ , the multivalued region for x > 0 (Fig. 1) is regularized by the formation of a single DSW such that a modulated cnoidal wave (or dark soliton train) appears within a shock fan limited by a leading xl and a trailing xt edge. By matching the dispersionless limit with the Whitham equations [24], we are able to find the velocities of the edges ζl = xl /t and ζt = xt /t (replacing the hydrodynamic estimates ζe+ , ζi+ ), in the form: ! " 1 , ζl = (1 − 2α) 2γl − γl # ζt = R(ρi ) − R(1) + γt ρi (1 − 2αρi ), (8) FIG. 4. Color Online. (a) Snapshots of density ρ(x) obtained from Eq. (1) with α = 0.3, $ = 0.01, and a input jump ρ0 = 1.5; (b)-(c) zoom of the boxed evolution in (a), showing the opposite type of regularization taking place in the dynamics. with γl = γ(1) and γt = γ(ρi ) arising from the solution of the differential equation: ∂γ (1 + γ)(1 + 2γ − 8γα) = , ∂ρ 2ρ(2γ + 1)(2αρ − 1) (9) integrated in ρ ∈ [1, ρi ], with the initial condition γ(1) = 1 for γl , and γ(ρi ) = 1 for γt . Figure 3a displays the DSW edge velocities ζl , ζt [calculated by integrating Eq. (9)] and those of the rarefaction wave ζe− , ζi− [from Eqs. (6)-(7)] as a function of α. Increasing the three-body contributions results into a nearly linear decrease of all relevant velocities ζl , ζt , ζe− , ζi− , with a consequent reduction of the extension of both simple waves and the shock fan. It is worth emphasizing that the two edges of the DSW behave in a markedly different way: the leading edge ζl is strongly influenced by α, while the variation of ζt is much smaller. As a consequence, even when α is increased by a small factor, the shock dynamics is significantly affected in terms of both shock fan and shock overall angular direction. To verify these predictions, we resort to numerical integration of Eq. (1). As shown in Fig. 3b-c, a remarkable agreement is obtained between theory and numerical simulations. The snapshot in Fig. 3d shows that, despite a small variation of α, a substantial reduction of the shock fan extension occurs (nearly a factor of two for ∆α = 0.1) accompanied by a reduced average velocity (center of mass closer to x = 0). In summary, in the regime where a single shock is formed for x > 0, all the features of the shock dynamics are significantly varied by slightly perturbing the strength of the three-body interaction terms α. Real eigenvelocities: multi-shock generation through antidark solitons. – When α∗ < α < 1/2ρ0 , simulations show the occurrence of a second DSW for x < 0 (Fig. 4), in complete agreement with the hydrodynamic analysis. In this case, however, the DSW for x < 0 differs substantially from the dynamics discussed above for x > 0. The latter, in fact, is characterized by a cnoidal wave composed by a train of dark-like oscillations (see Fig. 3), 4 FIG. 5. Color Online. Snapshots of density ρ vs. x from Eq. (1) for α = 0.4 and # = 0.01: (a) shock regularization; (b) antidark collapse instability. owing to the condition ρ(xt ) > ρ(xl ) (see also Fig. 1a). The DSW, more specifically, originates from a series of oscillations that start from the leading edge xl (where the shock matches the linear wave background at ρ = 1) and culminate into a dark soliton at the trailing edge [Fig. 4c]. On the contrary, the DSW for x < 0 moves in the opposite (backward) direction and has a larger density on the leading edge, which yields ρ(xl1 ) > ρ(xt1 ), being xl1 and xt1 the leading and trailing edge of the DSW at x < 0, respectively. As a consequence, the modulated wave train that regularizes the shock needs to be composed by bright entities, as shown in Fig. 4b. In this case, the trailing edge is an antidark (bright on pedestal) soliton solution of Eq. (1), which has been thoroughly investigated recently [25]. Quite remarkably, although these solitons are mostly unstable [25], the average velocity of the DSW for x < 0 is such that the soliton (and hence the DSW) is totally stable on propagation. Complex eigenvelocities: 1D BEC collapse. — When α > 1/2ρ0 , the wave-breaking observed in the simulations of Eq. (1) reflects indeed the dominant character of three-body interactions (Fig. 5a-b). In the early stage, a cusp-like singularity in x ∼ 0− is generated (Fig. 5a), as predicted by Eqs. (2). Contrary to the the case of the standard attractive GPE, which shows a similar early stage behavior [see Fig. 1d], the three-body dominance in Eq. (1) leads to a completely different long term dynamics. In the quintic case, in fact, the singularity tends to evolve into antidark solitons, due to the condition ρ(xl ) > ρ(xt ). Contrary to the previous case, however, here the solitons velocity is nearly vanishing. Zero-velocity antidark solitons of Eqs. (1) are always unstable [25], and they lead the BEC towards irreversible collapse near x = 0 (Fig. 5b). We emphasize that such a collapsing dynamics, which we have verified to occur also for different inputs (e.g. Gaussian on pedestal), is a unique features of Eq. (1). Collapse, in fact, cannot be observed in the standard GPE (α = 0) that, owing to its integrable nature, does not possess unstable solitons. It is also worthwhile remarking the perturbative value of the quintic term (α > 0.34) which induces such a dramatic and abrupt change in the dynamics. In conclusion, we have shown that the perturbative nonlinearity arising from three-body elastic collisions can dramatically alter the breaking scenario in repulsive BEC. The generation of multiple DSWs involving antidark soliton trains, as well as 1D collapsing dynamics are new peculiar behaviors that can be controlled by means of the BEC number of atoms. These results are expected not only to foster new perspectives in BEC physics, but also to stimulate novel experiments in nonlinear optics, where the quintic terms account for saturation of classical Kerr nonlinearities. We acknowledge funding from PRIN 2009 project (No. 2009P3K72Z). ∗ [email protected]; www.primalight.org [1] F. Dalfovo, S. Giorgini, L. V. Pitaevskii, and S. Stringari, Rev. Mod. Phys. 71, 463 (1999). [2] C. Becker et al., Nat. Phys. 4, 496 (2008). [3] Z. Dutton, M. 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