MI HANNO INSEGNATO A NON ARRENDERMI. E LA SMA HA APERTO I MIEI ORIZZONTI Si considera un lottatore, forse perché per ottenere ciò che voleva ha sempre dovuto lottare. Giuseppe ha 27 anni, da quando ne aveva uno e mezzo deve affrontare una malattia genetica: l'atrofia muscolare spinale di tipo 2, parlando in sigle, la SMA II. Anche grazie all'educazione dei suoi genitori, che non gli hanno fatto sconti, pur restandogli sempre accanto, ha considerato la malattia una sfida da superare, un impedimento da smentire. Perché il padre e la madre gli hanno insegnato ad arrangiarsi, a non arrendersi e a coltivare i suoi sogni. E Giuseppe quella sfida l'ha accettata, l'ha affrontata e la vince, ogni giorno. Ha conquistato le sue vittorie sul campo. Prima di tutto su quello da wheelchair hockey. «Da dieci anni pratico l'hockey su carrozzina: per i primi 5 anni a Palermo, poi sono riuscito a fondare una squadra sul mio territorio. Coinvolge giocatori provenienti da tutti i paesini vicini a quello in cui risiedo; si chiama “Leoni Sicani” ed è la prima in provincia di Agrigento. Siamo un "gruppo" di ragazzi in carrozzina che - racconta Giuseppe - grazie allo sport sono finalmente usciti fuori da casa e che amano ritrovarsi nelle palestre di tutta Italia». Girando, girando, qualcuno lo ha notato e ad un certo punto, «Sono stato chiamato a far parte della nazionale italiana di wheelchair hockey. Ho persino vinto il Torneo 4 Nazioni in Svizzera nel 2011 e partecipato all'Europeo in Finlandia nel 2012». Ma le sole sfide sportive a Giuseppe non bastano. Per non perdersi nulla di quello che la vita può offrirgli, nel 2010 si lancia in un'altra impresa. Corona come dice lui: «un altro sogno»: prende la patente. «Per guidare un auto completamente adattata alle mie capacità, allestita in Germania e arrivata in Italia come prima auto digitale per un diversamente abile». Non lo fermano nemmeno i mille legacci burocratici che gli costano due anni di “lotte”. «Oggi – rivendica con orgoglio - ho una vita indipendente grazie ad un "ausilio" che mi ha cambiato la vita e tutto questo non ha prezzo! Ho la possibilità di andare dove voglio e quando voglio. Sembra scontato ma per chi vive nelle mie stesse condizioni non è per niente così». Da circa un anno e mezzo viene seguito dal punto di vista clinico dal Centro NEMO SUD, una «mamma per tutto il meridione», come lo chiama lui, un punto di riferimento fondamentale per tutte le famiglie che vivono sulla propria pelle cosa significa avere a che fare con una malattia genetica degenerativa. «Oltre ad un personale qualificato, ho trovato un ambiente lontano dal classico stile ospedaliero, personale giovane, gioviale e scherzoso con cui alla fine si instaura un rapporto di amicizia che facilita di gran lunga l’approccio con il paziente senza farti pesare in nessun modo il periodo di degenza all’interno del Centro». Al momento per la sua malattia non esiste una cura. Giuseppe ha un atteggiamento fin troppo “realista”, ma, come è nel suo stile, non molla la speranza. «Sinceramente non spero un giorno di camminare, ma che quanto meno si riesca a trovare un farmaco che arresti la malattia e che ti possa dare un po’ di forza in più per riuscire a svolgere le funzioni quotidiane più serenamente. Del resto dopo 27 anni ho dimostrato che si possono fare cose grandi anche seduto su una carrozzina, perciò quella non mi pesa». A tal punto che della sua malattia ha fatto una compagna di vita. «Spesso penso che l’atrofia mi ha reso una persona migliore. Forse, senza la malattia sarei stato il classico ragazzo nullafacente, senza ambizioni e con una vita monotona. Di me si può dire l’esatto contrario. Grazie all’atrofia muscolare, che ha allargato i miei orizzonti, negli anni della mia crescita, ho una mentalità aperta, riesco a vedere le cose attraverso più angolazioni e la mia vita è sin troppo movimentata!». Ma la grande sfida, Giuseppa ha voluto affrontarla con Valentina, la sua fidanzata. «Da circa due anni conviviamo: insieme abbiamo intrapreso quest'avventura. Ho realizzato il sogno di avere una persona al mio fianco con cui un giorno spero di avere una famiglia tutta nostra». Sostienici su Facebook e Twitter con #OGNIGIORNO e dona ora Se vuoi anche tu raccontarci la tua storia, scrivila qui (10 febbraio 2015) (Fonte: www.telethon.it)