Affidabilità dei leader e scelta di voto: percezione dello spazio politico alle elezioni europee 2014 Stefano Camatarri ([email protected]) Mariano Cavataio ([email protected]) DIPARTIMENTO DI SCIENZE SOCIALI E POLITICHE Università degli Studi di Milano Abstract L’idea che gli elettori non siano un corpo omogeneo ma che in realtà vadano indagati per l’eterogeneità che li caratterizza non è di certo nuova nell’ambito dell’analisi socio-politica socio politica contemporanea. Tuttavia, se ampia parte delle soluzioni tipologiche finora ora proposte in Italia ha per lo più avuto ad oggetto il tipo di comportamento di voto adottato, la nostra intenzione vuole qui essere quella di valutare il modo in cui i cittadini si differenziano nell’interpretare e rappresentare i fenomeni politici. Dopoo aver esaminato il “come” e il “perché” dell’esito delle ultime elezioni europee, estrema strema attenzione verrà volta al modo in cui gli elettori italiani si sono differenziati, all’interno di tale contesto competitivo, nell’adozione di specifiche modalità di rappresentazione dello spazio politico. L’affidabilità percepita dei vari leader in gioco assumerà, da questo punto di vista, un’importanza centrale. Partendo infatti dall’ipotesi di natura socio-cognitiva socio cognitiva secondo cui la leadership funzioni come una sorta di euristica, vale a dire come una “scorciatoia mentale” che permette ai cittadini di formulare giudizi ed emettere decisioni politiche, cercheremo in primo luogo di testarne la capacità di fungere da misura sintetica di complessi sistemi di credenze individuali. iduali. In seguito, attraverso l’analisi di alcuni recenti dati di sondaggio, si tenterà di valutare se e in che modo tale aspetto percettivo abbia o meno esercitato un ruolo causale rilevante nella decisione di voto degli elettori lo scorso 25 maggio Key words Europee 2014, Matteo Renzi, deviating elections, elections leadership,, personalizzazione della politica, spazio politico, scorciatoie cognitive, modello di partisanship, partisanship modello della “lontananza dalla politica” XXVIII Convegno SISP Università di Perugia - Dipartimento di Scienze Politiche e Università per Stranieri di Perugia - Dipartimento di Scienze Umane e Sociali Roma, 11 - 12 settembre 2014 Sezione V: Comunicazione politica (Guido Legnante e Lorenzo Mosca) Panel 5.7.3: Le nuove strategie comunicative dei partiti e la percezione degli elettori elett nelle elezioni 2013-2014 Chairs: Luciano Fasano, Università di Milano e Paolo Natale,, Università di Milano Sommario Introduzione…………………………………………………………………...….…...4 1. Differenze e specificità delle elezioni europee 2014: il “come” dell’esito italiano………………………………………………………………………………....5 1.1. Europee 2014: tra partecipazione in calo, forti spinte euroscettiche e sconfitta dei partiti di governi 1.2. Le peculiarità dell’esito italiano delle Europee 2014, le elezioni della consacrazione elettorale di Matteo Renzi 2. Quanto pesano i leader nelle scelte di voto degli elettori e nelle performance elettorali dei partiti? Leadership e personalizzazione della politica nel dibattito politologico sull’esito italiano delle elezioni europee 2014. Quali i “perché” di questo voto……………………………………………………………………………..9 2.1. Elezioni europee 2014 come caso di deviating elections? Il “valore aggiunto” della leadership di Matteo Renzi al PD e l’impatto dell’astensionismo intermittente 3. Intuizioni teoriche e aspetti metodologici ………………………...…………......12 3.1. Leadership, ideologia e scorciatoie cognitive: breve introduzione al frame work teorico di riferimento 3.2. Rilevare lo “spazio dei leader”: alcune note tecnico-metodologiche 4. Analisi e risultati: la strutturazione dei giudizi degli elettori nei confronti dei leader………………………………………………………………...………….........14 4.1. Dare forma alla competizione: la natura eterogenea delle rappresentazioni del dibattito pubblico alle elezioni europee 2014 4.2. Tra prossimità e opposizione: sostenibilità di uno schema di giudizio “amicus/hostis”? 5. Analisi e risultati: la strutturazione dei giudizi degli elettori nei confronti dei leader……………………………………….. ………………………...…………......17 5.1. “Complicando l’ipotesi”: l’introduzione di nuove possibili forme di rappresentazione 5.2. Alla ricerca dei fattori esplicativi: che cosa “spiega” le tre forme di giudizio Conclusioni……………..……………………………………………...…………......21 Riferimenti bibliografici……………………………………………...…………......23 2 Lista delle tabelle e delle figure Tab. 1 Europee 2009 e 2014: affluenza alle urne per paese membro 5 Tab. 2 Europee 2009 e 2014: consenso (in termini di voti validi) al principale partito di governo nei primi cinque paesi più popolosi dell’Unione 5 Tab. 3 Consensi (in termini di voti validi) ai partiti italiani che hanno raggiunto almeno il 10% alle elezioni europee, 1979-2014 6 Fig. 4 Consenso (in termini di voti validi) della prima lista per ogni stato membro 7 Fig. 5 Partecipazione elettorale alle elezioni europee, 1979-2014: Italia in raffronto al dato medio europeo 8 Fig. 6 Andamento dei livelli di fiducia nei principali leader politici, gennaio-agosto 2014 10 Tab. 7 Livelli di affidabilità di alcuni dei principali leader secondo l’intenzione di voto per le principali aree politiche (valori medi, scala 1-10) 15 Fig. 8 Ordinamento di una serie di leader-oggetti all’interno di uno spazio unidimensionale 15 Fig. 9 Intervistati che adottano lo schema di giudizio maggioranza/opposizione secondo l’auto-collocazione ideologica 17 Fig. 10 Intenzioni di voto ai principali partiti in base alle forme di rappresentazione ideologica elaborate 18 Tab. 11 Modelli di regressione logistica binaria 20 3 Affidabilità dei leader e scelta di voto: percezione dello spazio politico alle elezioni europee 20141 Introduzione Una delle parole con cui più spesso si è cercato di descrivere i risultati italiani delle ultime elezioni europee è certamente “anomalia”, se non altro per via dell’enorme successo conseguito dal Partito Democratico, che con il 40,8% ha posto le basi per un voto che qualcuno non ha esitato a definire controcorrente e anticiclico (Tronconi e Valbruzzi 2014). Autorevoli studiosi hanno cercato di spiegare la natura fortemente contro-intuitiva di tale dato concentrandosi su alcuni aspetti di natura contestuale, uno su tutti la credibilità degli attori politici in gioco nel risolvere una serie di problemi (De Sio 2014). Il rischio che tuttavia in questo modo si corre è quello di cadere in una sorta di spiegazione tautologica del comportamento di voto. L’attribuzione di credibilità, infatti, lungi dal rappresentare l’input fondamentale del processo di ragionamento che guida alla scelta elettorale, ne costituisce a nostro avviso una sorta di esito, fondato a sua volta su un tessuto di predisposizioni fatto di specifiche reti di credenze e schemi di giudizio, che possono favorirne o meno l’insorgenza (Zaller 1992). Questo ci ha indotto a riflettere sull’importanza esplicativa che i diversi modi in cui gli individui percepiscono e rappresentano la realtà politico-sociale potrebbero assumere in questo campo. La fiducia riposta dai cittadini nei vari leader in gioco assumerà, da questo punto di vista, un ruolo centrale. Partendo infatti dall’ipotesi secondo cui la figura del leader funziona come una sorta di scorciatoia mentale, che permette ai cittadini di formulare giudizi ed emettere decisioni politiche, nostro obiettivo sarà quello di testare, per mezzo di dati di sondaggio, la capacità dei giudizi di affidabilità nei confronti di alcuni dei protagonisti dell’attuale scena politica di fungere da misura sintetica di diverse modalità di rappresentazione del dibattito pubblico. In seguito, tenteremo anche di valutare se e in che modo tale aspetto si leghi a quello della decisione di voto degli elettori italiani lo scorso 25 maggio. Prima però di procedere in questo senso, ci occuperemo in primo luogo di fornire un inquadramento generale del modo in cui tale tema è stato affrontato all’interno del dibattito politologico nazionale sulle ultime elezioni europee. Tale strategia ci permetterà, infatti, di contestualizzare in maniera più efficace i contenuti e le questioni che il presente contributo intende affrontare. Provare a chiarire “chi” ha vinto, “come” ha vinto e “perché” ha vinto può aiutare meglio a comprendere il problema della ricerca oggetto di questo studio. Stabilire “chi” ha vinto una data consultazione elettorale è fondamentale per il gioco democratico, per i partiti e i loro leader, per l’opinione pubblica. Tuttavia, per chi si occupa dello studio del comportamento politico ed elettorale, esaminare i “come” e i “perché” dei risultati di una data elezione è prioritario. A sua volta, spiegare il “perché” di un esito elettorale può risultare più complesso del descrivere il relativo “come”. E’ quello che proveremo a fare (a livello di quadro introduttivo) nei primi due paragrafi di questo contributo, facendo ricorso anche alle argomentazioni teoriche e alle evidenze empiriche della letteratura politologica nazionale e internazionale. Per queste ragioni, analisi diacronica e analisi comparata proseguiranno di pari passo. Nel restanti paragrafi ci soffermeremo ad affrontare il core business di questo saggio. 1 Stefano Camatarri ha redatto i paragrafi 3, 4 e 5 più l’introduzione; Mariano Cavataio ha elaborato i paragrafi 1 e 2, oltre alle conclusioni. 4 1. Differenze e specificità delle elezioni europee 2014: il “come” dell’esito italiano 1.1 Europee 2014: tra partecipazione in calo, forti spinte euroscettiche e sconfitta dei partiti di governo Le ultime elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo hanno visto in 2/3 dei paesi membri (18 su 28) il calo della partecipazione elettorale rispetto alle precedenti consultazioni elettorali del 2009, specialmente a Cipro, Lettonia e Repubblica Ceca (Tab. 1). Significativa come non mai è stata l’affermazione di partiti euroscettici, se non esplicitamente anti-euro e anti-Ue, anche in paesi rilevanti del Vecchio Continente: dal Front National (FN) di Marine Le Pen in Francia all’United Kingdom Independence Party (UKIP) di Nigel Farage nel Regno Unito fino a Synaspismós Rizospastikís Aristerás (SYRIZA) di Alexis Tsipras e all’avanzata di Alba Dorata (Χρυσή Αυγή) di Nikólaos Michaloliákos in Grecia, senza dimenticare il MoVimento 5 Stelle (M5S) di Beppe Grillo in Italia (vedi Athanasiadis 2014, Baldini 2014, Lazar 2014, Lefkofridi e Pappas 2014, Pinto e Regalia 2014, Russo 2014, Sudulich 2014; vedi anche Martinelli 2013). Tab. 1 – Europee 2009 e 2014: affluenza alle urne per paese membro (%) 2014 Diff. 09/14 Paese 2014 Diff. 09/14 Paese 2014 Diff. 09/14 45,4 – 0,6 Germania 48,1 + 4,8 Polonia 23,8 – 0,7 89,6 – 0,8 Grecia 60,0 + 7,4 Portogallo 33,7 – 3,0 35,8 – 3,2 Irlanda 52,4 – 6,2 Regno Unito 35,4 + 0,7 a 44,0 – 15,4 ITALIA 57,2 – 8,7 Rep. Ceca 18,2 – 10,2 25,2 Lettonia 30,2 – 23,5 Romania 32,4 + 4,8 56,3 – 3,2 Lituania 47,4 + 26,4 Slovacchia 13,1 – 6,6 36,5 – 7,4 Lussemburgo 85,6 – 5,2 Slovenia 24,6 – 3,8 41,0 + 2,4 Malta 74,8 – 4,0 Spagna 43,8 – 1,1 42,4 + 1,8 Paesi Bassi 37,3 + 0,6 Svezia 51,1 + 5,5 Ungheria 29,0 – 7,3 Note: a = Comprende anche la Circoscrizione Estero; b = L’adesione ufficiale all’Ue è avvenuta nel 2013 Fonte: Nostra elaborazione su dati del Parlamento Europeo (2009-2014) Paese Austria Belgio Bulgaria Cipro Croaziab Danimarca Estonia Finlandia Francia Tab. 2 – Europee 2009 e 2014: consenso (in termini di voti validi) al principale partito di governo nei primi cinque paesi più popolosi dell’Unione (%) Paese membro (principale Europee 2014 Diff. 2009/2014 Diff. dai principali partiti sfidanti partito di governo)* ** Francia (PS-PRG) 14,0 –2,5 –10,9 (da FN); –6,8 (da UMP) Germania (CDU/CSU) 35,3 –2,6 +8,0 (da SPD) ITALIA (PD)a 40,8 +14,7 +19,7 (da M5S); +24 (da FI) Regno Unito (CONS.) 23,3 –3,7 –3,5 (da UKIP); –1,4 (da LAB.) Spagna (PP) 26,1 –16,2 +3,1 (da PSOE/PSC) Note: a = Comprende anche la Circoscrizione Estero *= PS-PRG (Parti Socialiste - Parti Radical de Gauche), CDU/CSU (Christlich Demokratische Union / Christlich-Soziale Union), PD (Partito Democratico), CONS. (Conservative Party), PP (Partido Popular) ** = FN (Front National), UMP (Union pour un Mouvement Populaire); SPD (Sozialdemokratische Partei Deutschlands); M5S (MoVimento 5 Stelle), FI (Forza Italia); UKIP (United Kingdom Independence Party); LAB. (Labour Party); PSOE/PSC (Partido Socialista Obrero Español / Partit Socialista de Catalunya) Fonte: Nostra elaborazione su dati del Parlamento Europeo (2009-2014) e dell’Archivio Storico delle Elezioni nell’ambito del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Ministero dell’Interno (2009-2014) 5 Parimenti, considerando i paesi più popolosi dell’Unione, i partiti di governo hanno conosciuto significative difficoltà2, con vistose perdite di consensi rispetto alla precedente tornata elettorale del 2009, ad eccezione di Italia e, in parte, della Germania (Tab. 2). In Italia il Partito Democratico del presidente del Consiglio Matteo Renzi (PD) ha vinto nettamente queste elezioni con distacchi a doppia cifra rispetto ai principali partiti sfidanti (M5S e FI); mentre la Christlich Demokratische Union / Christlich-Soziale Union (CDU/CSU) del cancelliere Angela Merkel non ha trionfato, ma ha retto, distaccando di ben 8 punti percentuali la Sozialdemokratische Partei Deutschlands (SPD) di Sigmar Gabriel, oltre a confermare la più numerosa delegazione di europarlamentari nel gruppo del Partito Popolare Europeo (PPE)3. 1.2 Le peculiarità dell’esito italiano delle Europee 2014, le elezioni della consacrazione elettorale di Matteo Renzi «Ecco il matador». Così Angela Merkel si complimentava con Matteo Renzi a margine del vertice europeo dei capi di Stato e di governo dell’Unione riuniti a Bruxelles, dopo che il partito (PD) guidato dal presidente del Consiglio dei Ministri italiano aveva trionfato alle elezioni europee, conseguendo oltre 11 milioni e 200 mila voti4, cifre che non si vedevano dalle lontane elezioni europee del periodo della cosiddetta “Prima Repubblica”, quelle del 1979, 1984 e 1989 (Tab. 3)5. Tab. 3 – Consensi (in termini di voti validi) ai partiti italiani che hanno raggiunto almeno il 10% alle elezioni europee, 1979-2014 (%)* Lista 1979 1984 1989 1994 1999 2004 2009 2014 DC 36,5 33,0 32,9 PCI 29,6 33,3 27,6 PSI 11,0 11,2 14,8 AN 12,4 10,3 11,5 FI 30,6 25,2 20,9 16,8 LN 10,2 PDL 35,3 PDS/DS 19,1 17,3 PPI 10,0 Uniti nell’Ulivo/PD 31,8 26,1 40,8 M5S 21,2 Note: * = Comprende anche la Circoscrizione Estero DC (Democrazia Cristiana); PCI (Partito Comunista Italiano); PSI (Partito Socialista Italiano); AN (Alleanza Nazionale); FI (Forza Italia); LN (Lega Nord); PDL (Popolo della Libertà); PDS (Partito Democratico della Sinistra); DS (Democratici di Sinistra); PPI (Partito Popolare Italiano), PD (Partito Democratico); M5S (MoVimento 5 Stelle) Fonte: Nostra elaborazione su dati dell’Archivio Storico delle Elezioni nell’ambito del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali – Ministero dell’Interno (1979-2014) 2 Si consulti Tronconi e Valbruzzi 2014. Vedi pure Baldini (2014), Bolgherini (2014), Hernandez e Fraile (2014), Lazar (2014), Plescia e Johann (2014), Raniolo (2014), Russo (2014) e Sudulich (2014). 4 Il dato comprende anche la Circoscrizione Estero. 5 Nostra elaborazione su dati dell’Archivio Storico delle Elezioni nell’ambito del Ministero dell’Interno (19792014). 3 6 Austria 27,0 Belgio OVP 16,4 N-VA Bulgaria 30,4 Cipro GERB/ГЕРБ 37,8 ΔΗΣΥ/DISY Croazia 41,4 HDZ+HSP AS Danimarca 26,6 Estonia 24,3 Finlandia ER 22,6 KOS 24,9 FN Francia Germania 35,3 CDU/CSU 26,6 ΣΥ.ΡΙ.ΖΑ. 25,7 IND. + OTHER PARTIES Grecia Irlanda Paesi membri O. (DF) ITALIA 40,8 PD 46,2 V. Lettonia Lituania 17,4 TS-LKD 37,7 CSV/PCS Lussemburgo PL/MLP 53,4 Malta Paesi Bassi 15,5 D66 Polonia 32,1 PO 31,5 PS 26,8 UKIP Portogallo Regno Unito Rep. Ceca 16,1 ANO2011 Romania 37,6 PSD+PC+UNPR Slovacchia 24,1 SMER - SD Slovenia 24,9 SDS 26,1 PP 24,4 S Spagna Svezia FIDESZ - KDNP 51,5 Ungheria 0 10 20 30 40 50 60 % (lista) Fig. 4 – Consenso (in termini di voti validi) della prima lista per ogni stato membro (%)6 Fonte: Nostra elaborazione su dati del Parlamento Europeo (2014) 6 ÖVP: Österreichische Volkspartei; N-VA: Nieuw-Vlaamse Alliantie; GERB/ГЕРБ: Citizens for European Development of Bulgaria/Граждани за европейско развитие на България; ∆ΗΣΥ/DISY: ∆ηµοκρατικός Συναγερµός/Democratic Rally; HDZ+HSP AS: Hrvatska demokratska zajednica (EPP) + Hrvatska stranka prava dr. Ante Starčević (ECR) + HSS Hrvatska seljačka stranka (EPP); O. (DF): Dansk Folkeparti; ER: Eesti Reformierakond; KOK: Kansallinen Kokoomus; FN: Front National; CDU/CSU: Christlich Demokratische Union Deutschlands / Christlich-Soziale Union; ΣΥ.ΡΙ.ΖΑ.: Συνασπισµός Ριζοσπαστικής Αριστεράς/Coalition of the Radical Left; Ind. + other parties: Independents + other parties; PD: Partito Democratico; V.: Vienotība; TSLKD: Tėvynės sąjunga - Lietuvos krikščionys demokratai; CSV/PCS: Chrëschtlech-Sozial Volkspartei/Parti chrétien-social; PL/MLP: Partit Laburista/Malta Labour Party; D66: Democraten 66; PO: Platforma Obywatelska; PS: Partido Socialista; UKIP: United Kingdom Independence Party; ANO 2011: ANO 2011; PSD+PC+UNPR: Coalition (Partidul Social Democrat + Partidul Conservator + Uniunea Nationala pentru Progresul Romaniei; SMER-SD: SMER - Sociálna demokracia; SDS: Slovenska demokratska stranka; PP: Partido Popular; S: Socialdemokraterna; FIDESZ - KDNP: Fidesz - Magyar Polgári Szövetség - Keresztény Demokrata Néppárt. 7 D’altronde, quello che è stato ribattezzato da parte di autorevoli analisti e commentatori (Diamanti 2014) come il “PdR – il Partito di Renzi” ha saputo conseguire (come lista) il più alto numero di consensi (a livello percentuale) di tutta la storia italiana delle elezioni europee, permettendo al Partito di Via del Nazareno di eleggere la più numerosa delegazione di europarlamentari (31) nel gruppo dell’Alleanza Progressista dei Socialisti e Democratici (S&D). Nemmeno partiti di massa come la DC e il PCI furono in grado di raggiungere il 40% dei voti validi alle Europee (Tab. 3). Il trionfo del PD nel 2014 è destinato, pertanto, a rimanere nella storia se inquadrato nell’analisi diacronica del voto in Italia. E’ infatti il terzo migliore risultato percentuale di sempre nella storia delle elezioni italiane di scala nazionale7, dopo il 48,5% e il 42,4% conseguiti dalla DC rispettivamente alle elezioni politiche (Camera) del 1948 e del 19588. Estendendo l’analisi dal livello diacronico a quello comparato (Fig. 4), è possibile rilevare come il PD sia l’unico partito a raggiungere e superare il 40% rispetto alle liste classificate in prima posizione nei paesi più popolosi del Vecchio Continente (Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Polonia e Spagna). A onor del vero, l’eccellente risultato del Partito di Via del Nazareno non rappresenta un record assoluto dell’intera Unione nelle Europee 2014. Rimane però la quinta migliore performance elettorale d’Europa considerando tutte le liste classificate in prima posizione nei 28 paesi membri. 100 85,7 82,5 81,1 73,6 80 69,7 71,7 65,1 57,2 60 62,0 % 59,0 58,4 56,7 49,5 40 45,5 43,0 42,5 2009 2014 20 0 1979 1984 1989 1994 1999 2004 Anno elezioni Italia UE Fig. 5 – Partecipazione elettorale alle elezioni europee, 1979-2014: Italia in raffronto al dato medio europeo (%) Fonte: Nostra elaborazione su dati del Parlamento Europeo (1979-2014) e dell’Archivio Storico delle Elezioni nell’ambito del Dipartimento per gli Affari Interni e Territoriali Ministero dell’Interno (1979-2014) 7 Nostra elaborazione su dati dell’Archivio Storico delle Elezioni nell’ambito del Ministero dell’Interno (19462014). 8 A onor del vero, nettamente diversi furono i livelli di partecipazione elettorale che si registrarono in quelle elezioni politiche rispetto all’affluenza al voto alle Europee 2014: 92,2% nelle Politiche 1948 (Camera) e 93,8% nelle Politiche 1958 (Camera). 8 Tuttavia sull’esito italiano (e non solo) pesa la bassa partecipazione elettorale. Storicamente le Europee, assieme alle Provinciali, sono elezioni (di secondo ordine) che registrano il più basso voter turnout (Cuturi, Sampugnaro e Tomaselli 2000; Tuorto 2006), sebbene l’affluenza alle urne sia sempre stata nettamente più elevata (di circa 20 punti percentuali) rispetto al dato medio europeo. L’analisi diacronica ci consente però di riscontrare una specificità del risultato italiano alle ultime Europee9: sono le elezioni italiane per il rinnovo del Parlamento Europeo con la più bassa affluenza alle urne di sempre e con il minore differenziale di partecipazione tra il dato medio europeo e quello del nostro Paese (dal 1979 ad oggi), differenziale che passa da 22 punti percentuali nel 2009 a meno di 15 punti percentuali nel 2014 (Fig. 5). Per queste ragioni, alcuni esperti hanno parlato di una “europeizzazione” delle elezioni europee in Italia. Al di là di quei commenti su una presunta “specialità” costante e continua del comportamento di voto italiano rispetto a quello europeo, commenti peraltro scarsamente suffragati da solide evidenze empiriche, il quadro elettorale emerso in Italia in occasione delle ultime elezioni europee non necessariamente è destinato a essere confermato nelle future tornate elettorali, in quanto l’appalesarsi di un “ciclo elettorale” a partire dagli anni Novanta incide sugli effetti dell’astensionismo “intermittente” fra elezioni di diverso ordine, determinando via via la vittoria e la sconfitta delle forze in campo (Cuturi, Sampugnaro e Tomaselli 2000; Legnante e Segatti 2001; Segatti 2008; Tuorto 201010). Il quadro elettorale potrebbe, insomma, cambiare in quelle consultazioni dove si regista da sempre la più alta mobilitazione e partecipazione elettorale, ovvero le elezioni politiche. Ma sul “perché” dell’esito italiano di queste elezioni europee 2014 si rimanda alla lettura del prossimo paragrafo. 2. Quanto pesano i leader nelle scelte di voto degli elettori e nelle performance elettorali dei partiti? Leadership e personalizzazione della politica nel dibattito politologico sull’esito italiano delle elezioni europee 2014. Quali i “perché” di questo voto 2.1 Elezioni europee 2014 come caso di deviating elections? Il “valore aggiunto” della leadership di Matteo Renzi al PD e l’impatto dell’astensionismo intermittente A seguito dei risultati delle ultime elezioni europee, vivace è stato il dibattito dei politologi e tra i politologi italiani su quanto conti la figura del leader per il successo dei partiti, prendendo spunto dalla clamorosa performance elettorale conseguita dal PD. Le elezioni europee 2014 hanno, infatti, dimostrato come Matteo Renzi risulti essere il primo leader nazionale di centro-sinistra a essere in grado di “trainare” elettoralmente il proprio partito, visto che storicamente il centro-sinistra ha sofferto della mancanza di una leadership nazionale forte, unica, chiaramente riconosciuta e riconoscibile tale da rappresentare un vantaggio competitivo per la coalizione. Lo si nota anche dall’analisi dell’andamento diacronico dei livelli di fiducia nei principali leader politici (Fig, 6)11, che vede nell’ex sindaco di Firenze il politico con il più alto indice di gradimento nel 2014. 9 Si consultino anche Emanuele (2014), Maggini (2014a) e Tuorto (2014). Per un approfondimento del fenomeno dell’intermittenza elettorale, vedi Crewe, Fox e Alt 1977; Reif e Schmitt 1980; Blais 2000; Cautres e Mayer 2004. 11 I dieci sondaggi realizzati dall’Istituto Ixè S.r.l. tra gennaio e agosto 2014 hanno una estensione territoriale di tipo nazionale, con metodo di campionamento casuale probabilistico stratificato rispetto ai parametri di sesso, età e macro area di residenza; il metodo di raccolta dati impiegato è quello CATI/CAMI (interviste telefoniche su utenze fisse e cellulari); il margine di errore (con rappresentatività del campione al livello di confidenza del 95%) è di ±3,1%. L’analisi dei trend è agevolata metodologicamente dal fatto che i 10 sondaggi a cura dell’istituto guidato da Roberto Weber impiegano il medesimo campionamento, il medesimo sistema di raccolta 10 9 60 50 40 % 30 20 10 0 17 gen 24 gen 31 gen 07 feb 14 feb 21 feb 14 mar 28 mar 04 apr 29 ago Data di pubblicazione/diffusione del sondaggio Renzi Napolitano Letta Grillo Berlusconi Alfano Fig. 6 – Andamento dei livelli di fiducia nei principali leader politici, gennaio-agosto 2014 (%)* Note: * = gen (gennaio), feb (febbraio); mar (marzo); apr (aprile); ago (agosto) Fonte: Nostra elaborazione su dati di sondaggio dell’Istituto Ixè nell’ambito dei “Sondaggi Politico Elettorali” del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri (2014) Secondo alcune elaborazioni a cura dell’Istituto Cattaneo (Valbruzzi 2014), il “valore aggiunto” apportato al PD da parte dell’attuale presidente del Consiglio è spiegabile anche per via della natura specifica delle elezioni europee che incentivano maggiormente il ricorso al sincere voting12 nelle scelte di voto degli elettori. Questo perché, al contrario delle elezioni amministrative, il voto europeo è tradizionalmente interpretato dall’elettorato come espressione della vicinanza ideologica al partito preferito. Non tutti però concordano pienamente con questa intuizione teorica, considerato che – a prescindere dal tipo di elezione – i votanti che esprimono una logica di voto di tipo “sincera” tendono sempre a rappresentare la componente maggioritaria delle scelte di voto nell’elettorato, sebbene decisivi per le sorti di una data competizione elettorale possano talvolta risultare quegli elettori che esprimono strategic voting13 e/o deviating voting14 (Cox 1997, 1999; Schadee e Segatti 2008; Cavataio e Fasano 2012). Ed è proprio la crescente influenza delle caratteristiche personali, di valence images dei candidati nelle scelte di voto (Stokes 1992; Barisione 2006) a rendere le ultime Europee assai simili a quelle che negli anni Sessanta alcuni studiosi nordamericani chiamavano deviating elections (Campbell et al. 1960; Stokes 1962), con un ridimensionamento nell’elettorato di dati e il medesimo calcolo del margine dell’errore. Non sono stati scelti sondaggi simili di altri istituti per due motivi: a) questo nostro contributo impiega i dati di Ixé; b) comparare sondaggi basati su metodologie differenti di case demoscopiche differenti avrebbe comportato problemi di coerenza metodologica in fase di analisi. 12 Il “voto sincero” è quel voto dell’elettore al partito preferito, al “partito del cuore”, a prescindere dalle relative aspettative di successo alle elezioni. 13 Il “voto strategico” è quel voto a favore della lista che l’elettore ritiene abbia le maggiori possibilità di vittoria alle elezioni al fine di evitare il wasted vote. 14 “Il voto deviante” è quel voto a favore di un candidato a prescindere dal fatto che faccia parte del partito preferito dall’elettore o della lista con le maggiori aspettative di chance di vittoria. 10 quelle considerazioni legate a una logica di appartenenza di tipo partitico-coalizionale e con una mobilitazione più apartisan che risente di un rapporto diretto fra elettore e candidato, fra elettore e leader (Calise 2010; Aarts, Blais e Schmitt 2011; Dalton 2013). In questo quadro, le tendenze alla personalizzazione e alla presidenzializzazione della politica sembrano essere diventate (in Italia, in Europa e nelle principali democrazie occidentali) una risposta al più che decennale declino dell’identificazione e della mobilitazione partitica, e al conseguente disallineamento fra elettori e partiti a cui stiamo assistendo da anni, tali da porre impegnative sfide ai partiti di oggi, in termine di legittimazione, credibilità e attrazione, a partire dalla loro capacità di realizzare un efficace linkage tra istituzioni e cittadini (Dalton e Wattenberg 2000; Mair, Müller e Plasser 2004; Poguntke e Webb 2005; Blondel et al. 2010; Dalton, Farrell e McAllister 2011; Dalton 2013; Welzel e Inglehart 2013). Si diceva elezioni europee 2014 come caso di “elezioni devianti”, nel senso che qualora emergesse un leader (in questo caso Matteo Renzi) in grado di imprimere la salienza della propria valence image con precise issue position rispetto al clima di opinione del momento, allora potrebbe verificarsi una “deviazione” di voto con un cambiamento della logica di mobilitazione partecipativa dell’elettorato, che potrebbe personalizzarsi oltre i confini partitici e/o coalizionali. La “deviazione” comporterebbe un aumento dell’incidenza delle dinamiche candidate-oriented con un conseguente incremento della volatilità elettorale e con un consenso da conquistare volta per volta in un contesto di “campagna permanente”. Non è un caso che la discussione sulle ultime elezioni europee ha fatto emergere un intenso dibattito sull’incidenza di un nuovo tipo di voto, il “voto volatile” (Parisi 2014), da aggiungere alla tipologia classica messa a punto da Arturo Parisi e Gianfranco Pasquino (1977) a metà degli anni Settanta. Tuttavia, prendendo spunto dai risultati delle Politiche 2013 e delle Europee 2014, diversi esperti del settore hanno nutrito più di qualche perplessità verso quelle ipotesi che sostengono l’irrilevanza, se non addirittura la scomparsa, della persistenza della vischiosità nel comportamento politico e di voto italiano. Questo perché, alla luce delle argomentazioni teoriche e delle evidenze empiriche della letteratura, gli spostamenti di voto inter-coalizionali tra i nuclei degli elettori “leali” (quest’ultimi ancora maggioritari) nell’ambito dei due grandi schieramenti tradizionali sono sempre stati assai modesti considerando l’intero periodo della cosiddetta “Seconda Repubblica” (Legnante 2010; Itanes 2013; Colloca e Vignati 2014; Salvati 2014). In definitiva, guardare al trionfo di Renzi solo tramite le lenti del “voto personalizzato” (Baldini e Legnante 2000) e del “partito personale” (Calise 2010) può rischiare di risultare parziale. Senza ombra di dubbio, anche in Italia, come in altri paesi europei, sono in atto processi di “disallineamento” tra i partiti e il loro elettorato, tali da innescare un incremento degli elettori mobili. Ma mobilità non necessariamente significa movimento (Parisi 1980). E l’asse di distinzione destra/sinistra è e resta importante per gli elettori (Itanes 2013; Salvati 2014), tale da non essere ancora stato totalmente rimpiazzato dall’emergere di nuove fratture come nuovo/vecchio, establishment/anti-establishment (Corbetta 2014). Inoltre come ci ha insegnato la teoria della lealtà del cittadino democratico, in democrazia a ogni disallineamento segue un riallineamento tra elettori e partiti (Welzel e Inglehart 2013). E non è un caso che alcuni osservatori abbiano spiegato il successo del PD alle Europee 2014 come frutto, da un lato, delle valence images di Renzi che lo rendono altamente popolare in molte fasce dell’elettorato generale e dell’opinione pubblica (Diamanti 2014); dall’altro lato, da un riallineamento verso il PD degli elettori di centro-sinistra delusi che avevano disertato le urne o votato per altri partiti (M5S in testa) in occasione delle politiche dell’anno precedente. Parimenti, dall’analisi dei flussi elettorali emerge come questo riallineamento non si sia manifestato a favore delle altre liste, FI in primis. In altri termini, il “Partito di Renzi” vince 11 tra i propri elettori riuscendo meglio a mobilitarli rispetto a tutte le altre liste, non riuscendo però a sfondare nell’elettorato del centro-destra (Colloca e Vignali 2014; Gualmini 2014a, 2014b). Il che dimostra ancora una volta come il primo motore del cambiamento elettorale continui a rimanere l’astensionismo intermittente e asimmetrico più che la volatilità elettorale. E dove l’offerta politica e lo stato di salute degli avversari conta. Il Partito di Via del Nazareno ha saputo, infatti, sfruttare le vulnerabilità del centro-destra che si è presentato agli elettori in modo frammentato come non mai. Riassumendo, il PD nel 2014 vince grazie al “valore aggiunto” rappresentato dalla leadership di Matteo Renzi, grazie alla mobilitazione dell’elettorato di centro-sinistra e alla parallela smobilitazione di quello di centro-destra, grazie al fallimento del coordinamento strategico dei partiti cosiddetti “moderati”. Pertanto, la combinazione di fattori diversi ha reso possibile l’eclatante 40,8%. Sebbene la leadership non costituisca l'unico fattore esplicativo del successo renziano, abbiamo ritenuto opportuno che esplorarne le relative funzioni e dinamiche nell’ambito dei processi cognitivi orientati alla scelta di voto potesse costituire un contributo utile alla comprensione del contesto attuale. Ma riserviamo ai prossimi paragrafi la trattazione specifica di questo tema. 3. Intuizioni teoriche e aspetti metodologici 3.1 Leadership, ideologia e scorciatoie cognitive: breve introduzione al framework teorico di riferimento Se è vero che in Italia le caratteristiche dei leader hanno giocato un ruolo importante nella competizione politica per le ultime elezioni europee, ciò che ora intendiamo fare è inquadrare la questione in modo un po’ più chiaro, possibilmente sfatando alcuni luoghi comuni che possono facilmente riprodursi in questo campo. In che senso la valutazione dei leader in gioco è stata e ha rappresentato un elemento chiave alle ultime elezioni europee? Siamo di fronte a valutazioni verso singoli leader-oggetti tra loro indipendenti oppure abbiamo a che fare con reti, combinazioni di giudizi, tra loro sistematicamente correlate e riassunte entro precise mappature degli oggetti politici? E infine: in che modo questi aspetti percettivo-valutativi si legano al comportamento politico degli elettori? Un conto, infatti, è dire che il giudizio attribuito al leader politico è dovuto a elementi idiosincratici e soggettivi, un altro è dire che questo deriva da fattori, per così dire, ideologici che svolgono un ruolo attivo nell’influenzare la formulazione di atteggiamenti specifici. Ovviamente, selezionare l’una o l’altra opzione può portare a esiti anche fortemente contrastanti delle successive analisi. Quel che qui intendiamo fare è provare a porci nel secondo campo. Siamo infatti interessati a testare l’ipotesi che la scelta di voto alle ultime europee sia stata caratterizzata da una certa sistematicità nell’organizzazione di una pluralità di giudizi verso i leader e non dalla considerazione separata e non necessariamente coerente dei singoli apprezzamenti verso di essi. Questo perché la prospettiva teorico-interpretativa in cui intendiamo porci ricalca quella della cosiddetta political cognition, la quale si occupa di indagare come il dibattito politico è percepito ed interpretato (Kuklinski et al. 2001). Nostro primario obiettivo, in questo senso, non può dunque che essere che quello di riflettere sull’effettiva importanza che i giudizi e le credenze degli elettori avrebbero avuto nell’orientare atteggiamenti e comportamenti politici degli stessi alle ultime elezioni europee. L’assunzione di tale prospettiva di analisi dovrebbe comportare, almeno nelle nostre aspettative, la possibilità di riscontrare l’esistenza di coerenti schemi di giudizio a proposito degli attori in gioco, corrispondente a una coerente mappatura degli stessi entro precisi schemi mentali da parte degli elettori. Cruciale, da questo punto di vista, è la nozione teorica di spazio politico. Solitamente con questo concetto si fa riferimento 12 a forme di rappresentazione uni o pluri-dimensionale, fondate su artefatti cognitivi per mezzo dei quali l’ambiente politico viene mappato e quindi ordinato da parte degli elettori sulla base di precise etichette. Un classico esempio ne è il continuum ideologico che si estende tra le due tradizionali categorie di destra e sinistra. Ciò che qui si intende fare è cercare di ricostruire una mappa dotata della medesima struttura unidimensionale, fondata però non su etichette di carattere generale ed astratto, bensì sulla strutturazione giudizi che gli elettori nutrono nei confronti di diversi leader e personalità politiche di riferimento15. Come, infatti, normalmente avviene con la collocazione delle diverse forze politiche lungo il continuum sinistra-destra, anche per i leader si può ricercare l’esistenza di forme di giudizio condivise, fondate sulla sistematicità nell’organizzazione di una pluralità di giudizi e non sulla considerazione separata dei singoli apprezzamenti verso di essi. Tale soluzione dovrebbe inoltre permetterci di verificare l'esistenza di una effettiva funzione euristica da parte della stessa leadership, ovvero la capacità di questa di fungere da misura sintetica di una complessa rete di giudizi alla base di un qualche spazio politico, qui inteso in termini di unified bipolar concept, esteso tra due poli lungo un continuum unidimensionale. Quest’ultimo aspetto comporta importanti implicazioni dal punto di vista tecnico-metodologico, che ci accingiamo a presentare all’interno del prossimo paragrafo. 3.2 Rilevare lo “spazio dei leader”: alcune note tecnico-metodologiche Una dimensione ideologica unidimensionale richiede l’utilizzo di specifiche tecniche per poter essere appropriatamente ricostruita. Non parliamo qui tanto di strumenti di analisi come cluster analysis e analisi fattoriale, le quali, seppur molto utili nell’identificare e distinguere gli ipotetici estremi di tale dimensione ideologica, tendono tuttavia a scindere la stessa impropriamente in due monopolar concepts tra loro separati ed opposti (Van Schuur, Henk e Kiers 1994)16. Per questo preferiamo qui concentrarci sull’esito di tecniche come item analysis e scaling unidimensionale. Queste ultime, infatti, fondandosi sull’assunzione che sia soggetti (ad es. gli elettori) che stimoli (ad es. il giudizio sul personaggio o oggetto politico) possano essere posizionati sulla medesima dimensione latente e che, al ridursi della distanza che separa soggetto e stimolo, aumenti il gradimento da parte del soggetto, sembrano essere decisamente più idonee a testare l’esistenza di ipotetiche strutture ideologiche bipolari (Van Schuur 1984). Tale scelta non significa ovviamente limitarsi all’utilizzo di sole tecniche descrittive. Si cercherà anzi di conseguire anche alcuni obiettivi di analisi inferenziale, specie quando si tenterà di valutare le determinanti di diverse forme di rappresentazione dello spazio politico e il loro legame col voto. All’interno di tale contesto analitico va tuttavia anche tenuto conto di quelle che possono essere le criticità, soprattutto di carattere informativo, del presente contributo. In primo luogo, la natura pre-elettorale dei dati analizzati, qui appartenenti ad un campione rappresentativo dell’elettorato sondato durante il periodo pre-elettorale17. Questa porta infatti con sé una serie di constraints e implicazioni relative all’interpretazione dei dati, 15 Esistono controversie rispetto alla reale morfologia di un ipotetico spazio politico (Converse 2006, Duckitt 2001, Eagly & Chaiken 1998, Eysenck 1954/1999, Feldman 2003, Kerlinger 1984). Nel nostro caso, tuttavia, la sua ipotetica unidimensionalità sembra essere suggerita da alcuni preliminari test descrittivi, i quali permettono di desumere l’esistenza, sotto forma di dimensioni latenti, di due opposte polarità di un continuum, sebbene non necessariamente legate all’opposizione destra-sinistra. 16 Ad esempio, nel campo delle analisi socio-politiche, alcune applicazioni di analisi fattoriale hanno più volte suggerito, contrariamente alle aspettative, che “liberalismo” and “conservatorismo” costitussero due fattori separati e indipendenti, piuttosto che un unico fattore bipolare (Conover e Feldman 1981; Krosnick e Weisberg 1988; Weisberg 1980). 17 Le presenti analisi hanno avuto ad oggetto un campione rappresentativo dell’elettorato italiano elaborato dall’Istituto Ixè in occasione di un sondaggio pre-elettorale svolto nell’aprile del 2014. Cogliamo l’occasione per ringraziare il Prof. Luca Sabatini dell’Università degli Studi di Genova per la gentile concessione. 13 che si legano alla dimensione temporale della rilevazione degli stessi, in quanto espone non tanto allo studio non di comportamenti politici effettivamente avvenuti, e quindi richiamati attraverso il ricordo di voto degli intervistati, quanto all’analisi di intenzioni ancora suscettibili a cambiamenti nel corso dei successivi periodi di campagna elettorale. A ciò si aggiungono poi alcune problematiche che sono tipiche di ogni survey elettorale, come la molteplicità di caratteristiche che queste richiedono per poter essere realizzate correttamente e le molteplici distorsioni, spesso difficilmente controllabili, che rendono di norma difficilmente conoscibile ciò che attraverso di essi cerchiamo di indagare (Natale 2009). Sarà in ogni caso sulla base di questo difficilmente sostituibile strumento conoscitivo che cercheremo di esaminare l’esistenza di forme di giudizio condivise all’interno dell’elettorato, osservando in che modo la sistematicità o meno dell’organizzazione di determinati giudizi su diversi protagonisti – oggetti della scelta politica si relazioni alla scelta di voto. Non solo: cercheremo anche di gettare luce sulle possibili determinanti di tali pattern - combinazioni, all’interno di un modello causale che possa così rivelarsi più complesso, ma anche dotato di maggiore completezza, soprattutto rispetto alle dinamiche cognitive non idiosincratiche che regolano l’attribuzione e l’utilizzo dell’affidabilità percepita quale dispositivo – scorciatoia utile per orientarsi all’interno dell’ambiente politico (Sniderman, Brody e Tetlock 1991). Prima di procedere in questo senso, riassumiamo di seguito gli obiettivi della presente analisi: • • • Testare l’esistenza di forme di giudizio condivise all’interno dell’elettorato osservando se le valutazioni dei vari leader - oggetti in campo si dispieghino o meno in maniera coerente e sistematica; Cercare di gettare luce sulle possibili determinanti di tali pattern - combinazioni; Indagare la relazione tra forme di rappresentazione e scelta di voto. 4. Analisi e risultati: la strutturazione dei giudizi degli elettori nei confronti dei leader 4.1 Dare forma alla competizione: la natura eterogenea delle rappresentazioni del dibattito pubblico alle elezioni europee del 2014 Poco sopra abbiamo affermato di essere interessati dell’individuazione di fattori «ideologici» che, al di là degli elementi soggettivi che possono provocare meccanismi di attrazione e repulsione non sistematica di vari leader e oggetti politici, svolgano un ruolo attivo nell’influenzare la formulazione di atteggiamenti specifici, al fine di integrarli in maniera coerente nel più generale sistema di credenze (van Dijk 1998). In termini operativi, un primo passo verso tale direzione parte dall’ipotesi che ciascuno dei leader considerati abbia nell’elettorato del proprio partito il gruppo che esprime il giudizio più positivo nei suoi riguardi. Ciò può essere facilmente osservato attraverso un’analisi del livello medio di affidabilità ricevuta da ogni personalità e oggetto politico ripartendo gli elettori secondo il partito da essi votato18. Dopo aver dunque suddiviso il campione in più sottogruppi, nei quali i rispondenti sono stati ripartiti secondo la loro intenzione di voto verso i principali partiti in competizione, è stata calcolata, per ciascuno di tali gruppi, la media delle valutazioni (Tab. 7). Quel che è emerso è che il giudizio nei confronti di ogni singolo oggetto-stimolo non appare espresso in modo indipendente, bensì risulta in qualche modo legato al partito a cui si ammette di essere 18 Nel nostro sondaggio gli intervistati sono invitati ad esprimere un giudizio rispetto ai protagonisti politici secondo la seguente modalità: «(l)e leggerò ora una serie di personaggi della politica nazionale. Quanta fiducia ha per ognuno di essi, molta, abbastanza, poca o per nulla?» (Istituto Ixè 2014). 14 vicini. Ciò si nota non solo dal fatto che il giudizio nei confronti del leader del proprio partito tende ad essere particolarmente benevolo, ma anche perché il partito scelto influenza, almeno a livello aggregato, pure il giudizio rispetto a tutti gli altri leader. Tab. 7 – Livelli di affidabilità di alcuni dei principali leader secondo l’intenzione di voto principali aree politiche (valori medi, scala 1-10)19 Tot. Governo Renzi Napolitano Alfano Berlusconi Grillo (media “Renzi” di gruppo) PD - Lista Tsipras 7,5 7,4 7,0 4,4 3,1 3,3 5,5 Forza Italia - Lega - Fratelli d’Italia 5,8 6,1 4,8 4,1 6,9 3,9 5,3 per le (N) (189) (52) Movimento 5 Stelle 4,4 4,4 3,8 3,4 3,2 7,1 4,9 (82) Indecisi 6,3 6,4 6,5 4,7 3,8 3,8 5,3 (62) Tot. (media del 6,2 6,2 5,7 4,1 3,8 4,1 4,9 campione) Fonte: Nostra elaborazione su dati di sondaggio Istituto Ixè, Aprile 2014 (500) Un esempio ne è certamente l’elettorato del Movimento 5 Stelle, in cui una valutazione positiva del leader Beppe Grillo tende a contrapporsi, secondo una logica che appare abbastanza sistematica, al giudizio che viene espresso nei confronti tutti gli altri. Non sarebbe, in questo senso, solo il fatto di riconoscersi in una certa forza politica che porta a giudicare positivamente un leader, bensì una rete di percezioni e rappresentazioni che si sviluppano attraverso la valutazione congiunta di diverse personalità e oggetti politici. Lo stesso vale per le figure di Matteo Renzi e del suo governo, che pure gode di un consenso molto più trasversale rispetto alle diverse aree politiche. I due item in questione, infatti, ottengono livelli di affidabilità superiori alla media del campione non solo tra i votanti di centro-sinistra (in cui svettano, tra l’altro, anche le figure del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di Angelino Alfano), ma anche tra coloro che alla data del nostro sondaggio dichiarano di non aver ancora elaborato una propria intenzione di voto. Ben poco al di sotto di tale soglia si attestano invece gli elettori vicini all’area di centro-destra, tra cui la figura di Renzi pare esercitare un certo appeal, pur senza minacciare seriamente i livelli di fiducia in Silvio Berlusconi. Grillo Berlusconi Alfano Napolitano20 Renzi Governo Renzi Fig. 8 – Ordinamento di una serie di leader-oggetti all’interno di uno spazio unidimensionale Fonte: Nostra elaborazione su dati di sondaggio Istituto Ixè, Aprile 2014 (N.500) L’analisi dell’organizzazione dei giudizi condotta attraverso tradizionali tecniche descrittive (analisi fattoriale, cluster e scaling) conferma in ogni caso la plausibilità di una ripartizione 19 All’interno della tabella appaiono evidenziati i valori che, all’interno di ciascun raggruppamento politico, risultano superiori alla media dei giudizi per ciascun leader all’interno del campione. 20 L’inserimento dell’item relativo a Napolitano all’interno della scala si giustifica con la correlazione moderatamente positiva dello stesso con gli item “Alfano”, “Renzi” e “Governo Renzi” e negativa con i restanti (Berlusconi e soprattutto Grillo). 15 dei leader in gruppi contrapposti. Come anticipato sopra, riportiamo qui nel dettaglio l’esito dello scaling unidimensionale con relativa rappresentazione grafica21. Il coefficiente di scalabilità generale H, che misura il livello di intersoggettività della sequenza ottenuta, cioè di quanto le preferenze espresse da ciascun rispondente sono compatibili con un ipotetico ordinamento generale dei leader in termini di affidabilità percepita, è qui pari a 0.54. Ciò significa che esiste un criterio di valutazione significativamente condiviso nonché dotato di una sistematicità molto superiore di quanto potrebbe avvenire per puro caso. Riscontri positivi si hanno anche dal test di coerenza interna, che con un’Alfa di Cronbach pari a 0.65, fornisce un´utile riprova della consistenza tendenzialmente unidimensionale della scala in questione. 4.2 Tra prossimità e opposizione: sostenibilità di uno schema di giudizio “amicus/hostis”? Alla luce delle evidenze appena presentate riteniamo opportuno svolgere qui alcune ulteriori considerazioni. A fronte di tali evidenze vanno però fatte alcune considerazioni. In primo luogo, alcuni item appaiono molto più performanti di altri sul criterio di ordinamento unidimensionale considerato (l’item relativo a Berlusconi risulta il peggiore da questo punto di vista). Ciò potrebbe voler dire che l’ordinamento qui presentato sia più condiviso in certe regioni dello spazio politico piuttosto che in altre; il che sembra tra l’altro preludere a una certa eterogeneità delle rappresentazioni dello spazio politico che stiamo qui tentando di ricostruire. Inoltre, da un punto di vista concettuale, i cosiddetti modelli di unfolding unidimensionale sono strettamente connessi alla nozione downsiana di utilità del votante intesa in termini di prossimità spaziale (Downs 1957). L’elettore, in altre parole, tenderebbe a preferire i partiti che più sono vicini al loro punto ideale lungo un continuum ideologico. Ordinando le preferenze di diversi individui per diversi partiti, i modelli di unfolding non parametrici finiscono quindi per disporre tanto gli elettori quanto questi ultimi lungo un’unica dimensione latente. Tuttavia, i risultati ottenuti mostrano qualche incongruenza rispetto a un puro criterio di prossimità in termini spaziali, specie in termini di sinistra-destra. Questo sia per quanto riguarda l’evidente antinomia tra gli item “Governo Renzi” e “Grillo” (sono loro gli «stimoli» agli antipodi, la chiave interpretativa in grado di spiegare la scala di ottenuta) sia nel senso della vicinanza tra Renzi e Napolitano, sia di quella tra Grillo e Berlusconi. Questo ci spinge a ipotizzare la possibilità di un criterio di giudizio differente da quello di prossimità spaziale dei partiti, corrispondente alla contrapposizione del tipo amicus/hostis, qui interpretabile nei termini di una dicotomia tra maggioranza e opposizione. Si tratta di un meccanismo semplice, secondo cui gli elettori giudicherebbero in modo favorevole i leader complessivamente riconducibili all’area governativa e viceversa quelli ad essa estranei, seguendo il seguente algoritmo di ragionamento: • Se il leader-oggetto appartiene all’area pro (o anti) governo, in cui mi riconosco –> giudizio positivo • Se il leader-oggetto appartiene all’area pro (o anti) governo, in cui non mi riconosco –> giudizio negativo22. 21 Per quanto riguarda quest’ultima ci siamo affidati alla procedura ALSCAL del pacchetto SPSS. Questa ci ha infatti permesso di giungere a una disposizione spaziale degli item attraverso un calcolo delle distanze intercorrenti tra questi all’interno di una matrice delle distanze, precedentemente prodotta dal programma. Tale processo di adattamento è normalmente regolato da un algoritmo di “stress”, che compara le distanze tra i vari item all’interno dell’output spaziale con quelle presenti nella matrice originaria (Kruskal & Wish, 1978; Young, 1970). Secondo gli stringenti parametri di Kruskal, una soluzione spaziale diviene accettabile quando la sua funzione di stress è compresa tra 0 e 0.15. Nel nostro caso, la soluzione unidimensionale teorizzata ha un valore di “stress” pari a 0.02 e può dunque essere accettata. 22 Ad ispirare l’utilizzo di questo approccio sono stati i contributi di Baldassari e Schadee (2004) e Baldassarri (2005). 16 Per precisare l’effettività di questa affermazione ci interrogheremo ora sulla diffusione e sul grado di specificità in cui l’organizzazione bipolare dei giudizi si manifesta a livello del singolo individuo: quanti (e soprattutto quali) sono i rispondenti che hanno una struttura di giudizio perfettamente conforme a tale criterio? Per quanto riguarda i dati a nostra disposizione tale caratteristica appare osservabile a partire dal giudizio espresso per 6 oggetti politici: 4 riconducibili all’area governativa (Renzi, Governo Renzi, Napolitano, Alfano) e 2 all’area, per così dire, anti-governativa (Grillo e Berlusconi). Complessivamente, ben il 29% di questi appare conforme al criterio di giudizio indagato. 5. Analisi e risultati: l'applicazione dei modelli “partisanship” e "lontananza dalla politica" 5.1 “Complicando l’ipotesi”: introduzione di nuove possibili forme di rappresentazione Il risultato a cui in questo momento siamo giunti è che circa un elettore su 4 struttura sistematicamente il proprio giudizio nei confronti di leader e “oggetti” politici, sulla base della contrapposizione tra governo e opposizione. Eppure, il restante 70% deve pur aver fatto ricorso a un qualche criterio di ordinamento degli oggetti politici alternativo, per quanto non necessariamente sistematico o intersoggettivamente condiviso. Tale aspettativa ci induce a confrontarci con due ordini di questioni: da un lato, la verifica dell’esistenza di forme di rappresentazione alternative a quella finora approfondita; dall’altro, l’identificazione dei fattori che ne regolano rispettivamente l’adozione. Per quanto riguarda quest’ultimo punto, in particolare, un utile indizio sembra essere quello fornito in Fig.9. Fig. 9 – Intervistati che adottano lo schema di giudizio maggioranza/opposizione secondo l’autocollocazione ideologica (%) Fonte: Nostra elaborazione su dati di sondaggio Istituto Ixè, Aprile 2014 (base: 200 casi) Da essa emerge, infatti, che il criterio maggioranza/opposizione non è adottato in misura eguale ed indipendente nei vari angoli dello spazio politico, bensì appare sovra-rappresentato all’interno di una regione specifica del continuum unidimensionale. In altre parole, sono proprio coloro che ad oggi si dichiarano vicini a forze politiche appartenenti all’area governativa (in particolare chi si definisce di centro-sinistra) a fare propria questa logica di rappresentazione (da qui, molto probabilmente, la minore performance scalare degli item 17 relativi a Grillo, ma soprattutto a Berlusconi). Quanto appena detto non significa, ovviamente, che l’identità politico-partitica dell’elettore costituisca con certezza un fattore esplicativo della forma di rappresentazione adottata. Ciò ci è sembrato tuttavia sufficiente per ritenere che il nostro campione potesse essere caratterizzato dalla compresenza di più modalità di giudizio tra loro alternativi. Facendo ricorso a una terminologia del tutto provvisoria, nonché a un approccio fortemente esplorativo, abbiamo qui provato ad ipotizzarne due: • • Modello “partisanship”: l’intervistato attribuisce giudizi positivi verso il solo leader della forza politica in cui si riconosce e negativi verso tutti gli altri; Modello “lontananza dalla politica”: l’intervistato attribuisce giudizi negativi verso tutti gli oggetti di giudizio. Da alcune prime analisi ci risulta che rispettivamente il 22,6% e il 23,8% del nostro campione abbiano effettivamente fatto uso di queste ulteriori forme di giudizio. Non solo: questi nuovi schemi di rappresentazione paiono diffusi soprattutto tra elettori estranei al Partito Democratico e non auto-collocati nel centro-sinistra. Fig. 10 – Intenzioni di voto ai principali partiti in base alle forme di rappresentazione ideologica elaborate (%) Fonte: Nostra elaborazione su dati di sondaggio Istituto Ixè, Aprile 2014 (base: 500 casi) In altre parole, passando progressivamente dal criterio maggioranza-opposizione a quello della partisanship, per poi arrivare a quello degli elettori “lontani dalla politica”, la quota di intervistati che all’interno del nostro campione si dice intenzionata a votare l’attuale partito di governo è risultata diminuire progressivamente, lasciando così sempre più spazio tanto agli elettori di ulteriori forze politiche quanto coloro che risultano privi di scelta di voto precisa. 18 Ciò sembra in qualche modo suggerire che tanto la componente della vicinanza a un partito, espressa qui attraverso l’intenzione di voto, quanto l’auto-collocazione politica, più che rappresentare una conseguenza delle suddette forme di rappresentazione, ne costituiscano in realtà una sorta di precondizione. Sarebbe, in altre parole, la posizione occupata dai diversi partiti nell’ambito della competizione politica a influenzare la forma di rappresentazione adottata e non viceversa. Da un lato, infatti, lo schema di giudizio fatto proprio dagli elettori del Partito Democratico pare orientato dalla natura istituzionale del ruolo ricoperto da questo stesso partito nel corso della campagna elettorale, con una differenziazione sistematica dei giudizi di affidabilità verso leader-oggetti rispettivamente governativi e non. Dall’altro, invece, gli elettori di M5S e FI fanno riferimento in primo luogo a una logica di rappresentazione basata sull’opposizione competitiva tra il leader della loro forza politica e quelli degli altri schieramenti e, solo in parte, a uno schema di giudizio fondato sull’attribuzione indifferenziata di giudizi negativi nei confronti di tutti i leader e oggetti politici qui considerati. 5.2 Alla ricerca dei fattori esplicativi: che cosa “spiega” le tre forme di giudizio? Finora i risultati della nostra analisi sembrano comunicarci che i criteri di giudizio indagati siano affetti da una sorta di orientamento di carattere ideologico-partitico. Prima però di giungere conclusioni a troppo affrettate in merito, passiamo ora alla presentazione di alcuni modelli multivariati, in cui tale ipotesi è stata testata al netto dell’effetto esercitato da un’ulteriore serie di possibili fattori esplicativi. Si tratta, in buona sostanza, di tre regressioni logistiche, aventi come variabile dipendente ciascuno dei criteri di rappresentazione in questione e come variabili indipendenti una serie di ulteriori caratteristiche individuali, dalle attitudini socio-politiche alle credenze e aspettative future in campo economico, passando per una serie di informazioni di carattere socio-demografico. L’esito di tale analisi, caratterizzata da una buona capacità predittiva (i casi correttamente classificati nei tre modelli sono rispettivamente l’80,1%, il 79,5% e il 78,4% del totale), conferma sostanzialmente quanto già affermato in precedenza: la probabilità di adottare ciascuno dei tre schemi di giudizio ipotizzati è generalmente influenzata dalla forza politica a cui l’elettore si dichiara vicino e intende votare. Ma andiamo con ordine. Per quanto riguarda il criterio maggioranza/opposizione, una dimensione centrale è certamente quella relativa alla vicinanza a specifiche forze politiche, in particolare al principale partito di governo, così come la distanza nei confronti di altre, specialmente il Movimento 5 Stelle. Non a caso gli esponenziali dei relativi coefficienti, volti ad esprimere il cambiamento in termini di odds dovuto al verificarsi di tali caratteristiche è in entrambi i casi statisticamente significativo, nonché ampiamente distante da 1. A ciò non si affianca, però, contrariamente a quanto si potesse inizialmente pensare, alcun effetto significativo dell’auto-collocazione ideologica. Questa appare infatti superata da una serie di elementi dotati di una “rilevanza” causale molto più concreta. Ci riferiamo, in particolare, ad alcune aspettative circa la possibilità di un’imminente ripresa economica nel Paese (exp(b) = 1.510) (p<0.01), così come ad alcune credenze circa la qualità della vita nel proprio territorio (exp(b) = 1.222) (p<0.01), le quali appaiono decisamente incrementare la probabilità che l’elettore selezioni un criterio di rappresentazione di tipo maggioranza/opposizione, che in quasi l’80% dei casi significa esprimere un giudizio positivo nei confronti degli item “governativi”. Lo stesso si può dire del modello “lontananza dalla politica”, in cui oltre alla distanza psicologica da ciascuno dei tre principali raggruppamenti politici in oggetto, un certo effetto significativo viene anche esercitato, sebbene in termini negativi, della medesima sfera percettivo-valutativa. Ciò significa, in poche parole, che al di là della vicinanza a specifiche forze politiche e delle auto-definizioni ideologiche degli intervistati, una crescente (o descrescente) propensione psicologica a considerare la ripresa economica del Paese come un 19 obiettivo raggiungibile e la qualità generale della propria vita come un qualcosa di accettabile esercita un proprio effetto autonomo sulla costruzione di reti di giudizi rispettivamente di tipo maggioranza/opposizione (e quindi istituzionalmente orientate) o, per così dire, anti-sistema. Tab. 11 – Modelli di regressione logistica binaria Criterio “maggioranza/opposizione” (EXP)B Criterio “partisanship” (EXP)B Criterio “lontananza dalla politica” (EXP)B .083*** (.0503) .108*** (.062) 2.485 (1.399) .610 (.285) 1.081 (.482) .545 (.243) 1.307 (.471) 1.199 (.498) 2.136* (.761) 966 (.388) .678 (.246) .930 (.325) 2.984*** (.920) .490 (.271) .202** (.130) 1.739 (.628) 2.761** (1.201) 8.231*** (2.813) .215*** (.074) .450 (.201) .313*** (.106) 1.510** (.212) .946 (.144) .503*** (.092) Percezione qualità della vita nel territorio (deviazioni dalla media, 5,70) Aspettative futuro dell’economia (deviazioni dalla media, 5,26) Percezione della propria condizione economica (buona/pessima) VARIABILI DI CONTROLLO Genere (femmina) Livello d’istruzione (Diploma/Laurea) 1.222** (.114) 1.057 (.088) .848* (.066) 1.155 (.107) .908 (.0745) .948 (.076) .918 (.246) .790 (.210) 1.331 (.355) 1.392 (.355) 1.363 (.398) .862 (.213) 1.147 (.320) .754 (.189) 1.500 (.429) Area geografica (Sud-Isole) Età (deviazioni dalla media, 49,2) .816 (.239) 1.026** (.008) .938 (.252) .992 (.008) .968 (.257) .993 (.008) Variabili dipendenti Variabili indipendenti (Costante) VARIABILI SOCIO-POLITICHE Autocollocazione ideologica Destra / Centro-destra - Sinistra / Centro-sinistra - Non collocati Vicinanza a un partito (area politica) Partito Democratico - FI - F d’I - LN - Movimento 5 Stelle CREDENZE E PERCEZIONI IN CAMPO ECONOMICO Aspettative verso la ripresa economica (negative/positive) Note: La tabella riporta gli exp(b) di tre regressioni logistiche binarie, espressione di cambiamenti in “odds” risultanti dall’incremento unitario di ciascuno dei predittori elencati, con relativi errori standard in parentesi. Le variabili dipendenti assumono rispettivamente i valori 0 (non fa uso del criterio analizzato) e 1 (fa uso del criterio analizzato). *p0.05; **p0.01; ***p0.001 (two-tailed). Fonte: Nostra elaborazione su dati di sondaggio Istituto Ixè, Aprile 2014 (base: 500 casi) Diverse invece le dinamiche che paiono regolare l’adozione del modello partisanship. In questo caso, l’unico fattore rilevante sembra essere quello della vicinanza a forze politiche contestualmente prive di responsabilità di governo (in primis il Movimento 5 Stelle e a seguire l’area politica del centro-destra, escluso NCD), qui intesa sotto forma di intenzione di voto. Potrebbe dunque essere il ruolo oppositivo giocato da queste forze politiche a indurre certi elettori verso una modalità di rappresentazione fondata sul contrasto tra la valutazione positiva del leader di riferimento e un giudizio negativo verso tutti gli stimoli ad esso alternativi. 20 Chiaramente si tratta di un’interpretazione che necessita di ulteriori e più approfonditi test per poter essere effettivamente corroborata. Tuttavia crediamo che essa abbia il pregio di problematizzare una questione spesso non sufficientemente approfondita, come quella relativa al ruolo di oggetti politici, credenze e aspettative nella strutturazione del modo in cui diversi elettori rappresentano la competizione politica, e alla relazione che quest’ultimo aspetto intrattiene con il loro comportamento politico. Conclusioni Chi ha vinto, come ha vinto e perché ha vinto. Sono queste le domande a cui solitamente gli osservatori e gli analisti cercano di rispondere all’indomani di una elezione di qualsiasi tipo e ordine. A livello comparato, rispondere a questi tre quesiti con riferimento alle elezioni appena celebrate è tutt’altro che un esercizio facile da fare, considerato che le Europee 2014 sono state definite come “elezioni critiche” (Gualmini 2014a) per via dell’affermazione di partiti populisti ed euroscettici in tutta Europa, anche in paesi membri importanti come Francia (con l’FN), Regno Unito (con l’UKIP) e, in parte, Italia (con il M5S). Ciò tende a smentire quelle interpretazioni che continuano a enfatizzare la presunta “specialità” dell’elettore italiano rispetto a quello europeo23. Passando dall’Europa all’Italia, le elezioni europee del 25 maggio 2014 hanno visto la consacrazione elettorale di Matteo Renzi, consentendo al politico fiorentino di ottenere quella legittimazione “dal basso” di cui era privo quando è entrato a Palazzo Chigi, permettendo altresì al PD di passare dalla vocazione all’affermazione maggioritaria (Maggini 2014b). Il Partito di Renzi, infatti, ha conseguito un risultato storico e completamente inatteso rispetto alle previsioni demoscopiche della vigilia del voto. Nella storia italiana delle elezioni europee, per la prima volta una lista ha raggiunto e superato la soglia del 40% (dei voti validi). In aggiunta, è stato il terzo migliore risultato elettorale di sempre ottenuto da parte di una lista nella storia del voto in Italia (dal 1946 in poi) se estendiamo l’analisi diacronica anche alle altre elezioni di scala nazionale, cioè le Politiche. Tuttavia, alla terza migliore performance elettorale di sempre non è seguita la terza migliore affluenza alle urne di sempre, anche se la partecipazione elettorale è rimasta ben al di sopra della media europea. In generale, non è mai agevole “spiegare” l’esito di una elezione. Tanti sono i “perché” che hanno reso possibile il trionfo di Renzi. Per un primo filone di studiosi, il merito del risultato sarebbe da attribuire principalmente alle valence images del presidente del Consiglio che gli consentono di avere un alto livello di gradimento e approvazione popolare, anche per via del fatto di riuscire a usare bene tutti i media, vecchi e nuovi. Dato che Renzi gode di un consenso “personale”24 (in parte anche di tipo trasversale25), il rischio che il PD potrebbe correre in futuro è quello di non poter più fare affidamento a una fetta (non irrilevante) di elettori meramente “leali” alla figura di Renzi. Il che renderebbe l’enorme consenso conseguito nel 2014 dal Partito di Via del Nazareno assai volatile e fragile in chiave prospettica. Al contrario, secondo un altro filone di analisi, il trionfo di Renzi andrebbe inquadrato nell’ambito di un riallineamento al PD di quegli elettori di centro-sinistra delusi che avevano deciso di non votare o di votare per altri partiti nelle elezioni politiche 2013, riallineamento 23 Per un approfondimento specifico del comportamento politico, delle elezioni e delle istituzioni europee, vedi Blondel, Sinnot e Svensson (1998); Katz e Wessels (1999); Van der Eijk e Franklin (1996, 2009); Schmitt e Thomassen (1999); Thomassen (2005); Van der Brug e Van der Eijk (2007); Gaxie, Hubé e Rowell (2013); Külahci (2014). 24 Diamanti (2014). 25 Campi (2014). 21 invece non avvenuto per il centro-destra. Inoltre, il Partito di Renzi avrebbe avuto il merito di mobilitare più e meglio di altri i propri elettori al contrario dei partiti del centro-destra che hanno sofferto dell’appannamento della leadership “dimezzata” di Silvio Berlusconi e della notevole frammentazione con la quale si sono presentati alle urne. In altri termini, seconda questa posizione, il successo del PD non è soltanto e tanto ascrivibile al cosiddetto “effetto Renzi”, quanto piuttosto agli effetti dell’astensionismo asimmetrico e intermittente più che di quelli della volatilità elettorale. Detto in altri termini (Colloca e Vignati 2014), la figura di Renzi ha aiutato il PD a mobilitare il proprio elettorato, ma non a conquistare fette rilevanti di elettorato dei due poli opposti (M5S e FI)26, quest’ultimi penalizzati dall’astensionismo. Il Partito di Via del Nazareno avrebbe, quindi, vinto con i propri voti, non con quelli in libera uscita dal centro-destra (Gualmini 2014b), avrebbe vinto grazie alla notevole fedeltà del proprio elettorato (D’Alimonte 2014), tale per cui anche le Europee 2014 confermerebbero l’“impermeabilità” tra i due tradizionali schieramenti (Colloca e Vignati 2014). Proprio per questi motivi, non è scontato che il PD riesca a confermare lo schiacciante risultato delle ultime europee anche nelle prossime tornate elettorali, soprattutto nelle Politiche dove da sempre è più elevata la mobilitazione e la partecipazione elettorale. Ragion per cui, non tutto è perduto per il centro-destra (Gualmini 2014c). D’altronde, l’elettorato del centro-destra è mediamente meno interessato alle questioni europee rispetto all’elettorato di centro-sinistra e appare da sempre meno mobilitabile in occasione delle elezioni europee al contrario delle elezioni politiche (Colloca e Vignati 2014). Le due interpretazioni di fondo (sopra illustrate) non necessariamente devono essere considerate confliggenti tra di loro. C’è stato sì cambiamento (effetto Renzi” e vulnerabilità dei partiti del centro-destra) ma pur sempre nella continuità (affluenza alle urne, astensionismo intermittente e “impermeabilità” tra i due tradizionali schieramenti politici). Entro questo quadro interpretativo che conferma la rilevanza del continuum sinistradestra per l’identificazione politica degli elettori, abbiamo provato ad approfondire l’adozione di specifiche modalità di rappresentazione dello spazio politico rispetto ai leader. E in buona sostanza, ciò che le analisi ci confermano è l’esistenza di pattern di giudizio assai diversificati verso i vari leader, di cui abbiamo cercato di ricostruire le caratteristiche generali e i meccanismi di insorgenza. Per quanto riguarda questi ultimi, le dimensioni risultate più rilevanti dal punto di vista causale sono la vicinanza (o distanza) psicologica rispetto a specifiche forze politiche e la presenza (o assenza) di particolari sistemi di credenze e di aspettative a proposito dello scenario economico attuale e futuro. Tutto questo a discapito sia dell’auto-collocazione ideologica, non dotata di un peso causale statisticamente significativo, sia di ulteriori variabili di natura socio-demografica come l’istruzione, la cui sostanziale irrilevanza esplicativa ci induce per ora a escludere un qualsivoglia ruolo delle capacità cognitive generali nello sviluppo di modalità più o meno strutturate di rappresentazione. Ovviamente non abbiamo con ciò la pretesa di essere giunti a risultati definitivi. In futuro andrà, infatti, intrapreso un percorso di verifica su ulteriori dati che possa portarci a stabilire o meno la validità degli indicatori utilizzati. Questo sia dal punto di vista della struttura e completezza degli item componenti la dimensione spaziale della leadership (vedi Fig. 8), sia dal punto di vista di caratteristiche socio-cognitive di cui sarebbe molto utile rilevare l'impatto (ad esempio con variabili relative alla sofisticazione politica degli intervistati). In ogni caso, questo lavoro vuole costituire un primo passo, sebbene di natura ancora “esplorativa”, verso la concettualizzazione di un problema di ricerca che nel contesto dell’attuale dibattito politologico sulle ultime elezioni europee è stata solo marginalmente affrontata. 26 In base all’analisi dei flussi elettorali tra Politiche 2013 ed Europee 2014 a cura dell’Istituto Cattaneo (Colloca e Vignati 2014; Gualmini 2014b), il Partito di Renzi non ha sfondato elettoralmente nel centro-destra, ma ha “prosciugato” Scelta Civica, rimanendo immune dall’astensionismo. 22 Riferimenti bibliografici Aarts, K., Blas, A. e Schmitt, H. 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