La crisi tra mito e realtà.
Esercizio di decostruzione felice
Luisa de Paula – Marco Bulletta, Roma
Sono in crisi; tempo di crisi: dal setting psicoterapico
alle cronache nere sugli esuberi, la crisi è diventata parola
d’ordine, una sorta di formula magica che, al pari della
vis dormitiva nel molièriano Malade imaginaire, spiega
tutto senza nulla farci comprendere: come le fisime
ipocondriache di Argan, anch’essa, per essere ‘curata’
andrebbe spogliata di ogni presunta ovvietà e chiarita alla
luce di una razionalità critica e conscia dei propri limiti.
Nel presente articolo proponiamo una sorta di decalogo
decostruzionista volto a far emergere risvolti inediti e
potenzialmente costruttivi di un’idea dall’apparenza fin
troppo familiare.
1 CRISI, CRITICA, CRITICISMO
Per i greci Krisis era forza distintiva, separazione, decisione,
sentenza, giudizio; e, ancora discordia, contesa: una vera e
propria potenza discriminatoria, come suggerisce anche
la sua consonanza fonetica con Krátos, potere, appunto,
e insieme dominio, vittoria. Nell’agone della Krisis c’è chi
vince e c’è chi perde, ma a contare sono le armi della
ragione. A crisi e giudizio, il sanscrito vimarza (विमर्श),
associa intelligenza e conoscenza, in un plesso semantico che
evoca il lessico kantiano.
Sempre transitando per le etimologie, scopriamo che
crisi, più che inerzia negativa, è l’intero di una dinamica
processuale: lo dice il sanscrito KArya (कार्य), che nel
concetto di crisi identifica l’insieme di atti necessari al
compimento di un’impresa rischiosa. Alludendo invece
a un nesso in ombra, la parola saMdhi (संधि) evidenzia
Luisa de Paula, Marco Bulletta
82
la continuità soggiacente la discontinuità: continuità
eufonica tra ultima e prima lettera di due parole
consecutive; tra luce e buio in quel magico momento di
sospensione che è il crepuscolo; tra i corpi nell’amplesso
erotico; tra gli interessi nelle trattative di pace, dove il
gioco delle parti si rinnova nel segno ambivalente di una
violenza sempre latente. È la violenza della separazione,
della scelta, della decisione. Violenza necessaria per
superare lo stallo dell’indeterminazione e imboccare la
via dell’azione; violenza all’origine di una prolifica arte:
la Kritiké, anziana progenitrice di giurisprudenza e diritto.
Proprio su quest’accezione giurisprudenziale di krisis
nasce la metafora kantiana del tribunale della ragione,1
icona del rilancio della funzione critica del pensiero al
culmine dell’Illuminismo europeo. Guidando lo sforzo
costruttivo della ragione tra gli impervi sentieri dell’exsistere2, l’avventura criticista e il pensiero critico offrono
indicazioni di metodo per noi oggi tanto preziose quanto
neglette. A oscurarne ricchezza e valore sarà forse la
pandemia compulsiva del PIL che, travolgendoci in
una folle corsa, ci fa dimenticare il nostro essere finiti,
costituzionalmente instabili e precari, condannati a
un’insuperabile contingenza e a quell’inquietante ma
meravigliosa imprevedibilità dell’esistere che nessuna
scienza potrà mai esorcizzare. E saranno le sacre bende
dell’ideologia, vettore ingenuo di una delle peggiori prove
di Dummheit che hanno segnato e stanno segnando la
storia contemporanea: la nefasta concatenazione di giochi
imposti dalla tecnologia alla scienza, e dall’economia alla
tecnologia. Duplice tradimento che risucchia ogni sforzo
critico nel dogma del profitto, stravolgendo la mente e gli
interessi reali della gente.
Kant, I., Critica della ragion pura, Utet, Torino, 1967, p. 65.
Esistere, da ex e sistĕre: “esser fuori”. V. Heidegger, M., Essere e tempo,
Longanesi, Milano, 20094, p. 591.
1 2
La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
83
2 PAROLA
L’yiddish ‫ םירבשמה‬sta sia per crisi sia per parlare. Da
un lato testimonia che le parole sono cruciali, dall’altro,
il loro nesso con la crisi ed il suo attraversamento. Se
scambio verbale, confronto e trattativa ne sono parte,
allora il concetto di crisi abbraccia l’essenza stessa dei
rapporti umani: da vertice saltuario di flussi di tensioni,
diviene primo motore della quotidiana, costante e reiterata
esperienza di confronto che permea le più varie forme
di convivenza. La sua immagine, non più megalitica
e rigorosamente delineata, appare polveriforme e
lattiginosamente diffusa, impossibile da ricompattare
fuori dall’orizzonte che gli è proprio e che sembra oggi in
totale oblio: quello della polis, dove di scena sono parola,
dialogo, partecipazione.
Per riappropriarsi dello spazio politico della parola
occorre tirarsi fuori dalla soffocante strettoia dell’oggi
con un audace salto oltre il quale non è dato sapere con
esattezza cosa ci attende. Nel duplice senso di strettoia e
crisi, il sanscrito, SaMkata (संकट), restituisce l’immagine
di questo transito malagevole, di ampiezza ridotta, passo
ostico, approdo quanto mai incerto.
Ma la temibile strettoia della crisi è anche l’opportunità
di ritrovare l’intero spazio di apertura al di là di essa.
Esemplare, a tal proposito, l’ideogramma cinese
traducibile con crisi, presuntivamente derivato dalla sintesi
di pericolo ed opportunità. Se wei ji, (危机 ) e ji hui (机会)
corrispondessero rispettivamente a ciò che per noi sono
il pericolo e l’opportunità, la crisi risulterebbe in effetti
dalla loro somma. Ma tra gli esperti serpeggia scetticismo:
la traduzione sarebbe viziata dal filtro occidentale
dell’ottimismo e dell’intraprendenza esasperati, della
ricerca del profitto e del successo personale a tutti i costi.
Eppure, se anche si trattasse di un falso storico deliberato,
nato in ambienti affaristici e riconfezionato ad hoc per
una Cina in corsa libera per il mercato, sarebbe un falso
testimone di verità. Sono infatti i momenti di crisi ad
offrirci l’opportunità di uscire dai percorsi abituali e dal
circolo chiuso d’idee all’apparenza fin troppo scontate,
Luisa de Paula, Marco Bulletta
84
obbligandoci al confronto con ciò che per paura o per
pigrizia tendiamo a schivare: l’altro, il diverso, la strada
mai percorsa, le possibilità ancora tutte da inventare.
3 IMMAGINARIO
Latouche individua tre cardini su cui l’economia
globalizzata fa leva per procedere a ciò che l’illustre teorico
della sostenibilità ha brillantemente definito colonizzazione
dell’immaginario: la scuola, che forma la maggioranza
a un consumo disciplinato in vista dell’operato di una
minoranza iperproduttiva; la manipolazione mediatica,
che induce bisogni e dipendenze; e infine, la quotidianità,
che consolida tali dipendenze creando assuefazione al
consumo.3 La via d’uscita dall’immaginario colonizzato
è un contromovimento di decolonizzazione che mette in
gioco pensiero critico ed immaginazione progettuale. In
questo senso la crisi globale offre su un piatto d’argento
l’occasione per un “lavoro di delegittimazione dei valori
e dell’ideologia dominante” che conduca a una vera e
propria Stiftung nel senso hussserliano di rifondazione di
stili ed atteggiamenti di pensiero. È in gioco la ridefinizione
del benessere: significativa, a riguardo, l’osservazione
di Pallante: “mai come ora, meno è stato sinonimo di
meglio”4, che individua nella crisi un grimaldello capace
di aprire le porte a un nuovo modo d’intendere benessere
e felicità. Ma in gioco è innanzitutto il riesame critico
dell’intera parabola dell’economicismo: dall’avvento
di un capitalismo imperniato sulla triade produzioneconsumo-profitto, alla globalizzazione quale esito della
conversione planetaria al sistema di mercato. Al centro
della parabola, la vertiginosa globalizzazione che avrebbe
dovuto consolidare i nuovi assetti mondiali e che invece,
foriera dei pericoli insiti nella corsa allo sviluppo, dimostra
solo che “l’economia trasforma l’abbondanza naturale
in rarità con la creazione artificiale della mancanza e del
bisogno attraverso l’appropriazione della natura e la sua
3 4 Latouche, S., La Scommessa della decrescita, Feltrinelli, Milano, 2007, p. 103 e ss.
Pallante, M., La felcità sostenibile, Rizzoli, Milano, 2009.
La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
85
mercificazione”5: espressione che mina dalle fondamenta
i presupposti impliciti di un feticismo economico
castrante per un’evoluzione libera e creativa dell’umanità.
Decolonizzare l’immaginario significa allora anche
restituire terreno e legittimità alle dimensioni mentali della
creatività, liberandole dal Moloc della ratio calcolante e dai
suoi diktat omologanti. Occorre riscoprire, al di là della
metafisica del denaro e delle mitologie del presente, le
risorse della progettualità lucida e responsabile, orientata
a un’etica del limite gioiosa e conviviale. Occorre quindi,
in primis, un lavoro di decostruzione a macchia d’olio, che
smantelli strato a strato le modalità attuali del sentire,
del pensare e dell’ex-sistĕre risalendone le storiche
genealogie.
Va decostruita innanzitutto la percezione del tempo a
noi più familiare: la disposizione delle epoche e dell’arco
della vita su un asse rettilineo che avanza da un’origine
rozzamente primitiva verso un asintotico traguardo in
cui l’uomo sarà privo di bisogni, di necessità, e quindi,
presumibilmente, anche di desideri6. Con il tracciato
di questo “nostro” tempo vissuto, poco ha a che fare
il tempo vissuto dagli Ashanti africani, che hanno il
passato davanti a sé, in quanto già noto e quindi visibile e,
viceversa, il futuro alle proprie spalle, denso d’incognite
e imperscrutabile.
4 SENSO E SENSI
Sentire il futuro davanti vuol dire concepirlo in piena
luce, nell’abbagliante e pur tuttavia confortevole illusione
che sia già tracciato, prevedibile e monopolizzabile entro
margini preventivamente segnati. Sentirselo alle spalle,
invece, che incombe da ‛dietro’ implica il riconoscimento
della propria umana gettatezza7 e l’apertura al movimento
del senso, che, nella sua incoercibile immanenza, c’investe
senza preavviso, senza piegarsi alle leggi di prevedibilità
Illich, I. e Dupy, J-P. cit. in Latouche, op. cit., p. 103 e ss.
V. Recalcati, M., L’uomo senza inconscio, Raffaello Cortina, Milano, 2010.
7 Geworfenheit, Heidegger, op. cit., p. 596.
5 6 Luisa de Paula, Marco Bulletta
86
e trasparenza in cui vorrebbe ingabbiarlo l’epistemologia
corrente. Il senso che può incontrare chi, a latitudini
diverse dalle nostre, non si accanisce ad esorcizzare
la paticità dell’esistenza8, risuona come un appello
ineludibile: è il severo richiamo a gettare la spugna di ogni
delirio di onnipotenza, per riconoscerci nella propria
umana fragilità, perennemente esposta all’inatteso,
all’impensato, all’im-possibile, per dirla con Derrida,
quali altrettanti inviti ad ad-tendere, a pensare, a inventare
nuove possibilità, e quindi a progettare senza precludersi
nulla di ciò che non sia già stato e che proprio per questo
potrebbe ancora essere. Il modello dell’anticipazione su
cui è ricalcata la nostra concezione del futuro chiude
l’orizzonte dell’ad-venire ad un rango ristretto di
possibili, agendo già a livello fisiologico e percettivo:
incanalati dalle strategie dal cogito, l’udito, l’olfatto, la
vista, vengono precocemente atrofizzati dall’egemonia
di una mente che si presume disincarnata. Soggiogati e
indeboliti, sono sempre meno pronti a lasciarsi avvolgere
dai quotidiani spettacoli offerti dalla natura e sempre più
frustrati dalla sistematica violazione di ogni estetica del
paesaggio e della bellezza. Non resta loro che assopirsi
nel dominio dittatoriale della ragione, dove il profumo
del denaro inebria più di quello di rose e biancospino che
in primavera ancora si ostinano a spuntare timidi e non
visti tra grate di asfalto e di cemento.
5 REALE
Ma la perdita del senso e dei sensi del mondo, del
legame affettivo, etico-patico con ciò che ci circonda,
non è l’unico effetto e concausa della fede economicista
che tramuta l’abbondanza in rarità. A doppio filo con
l’anestesia narcotizzante di sensi ed intelletto è legato il
processo della perdita del reale quale referente concreto
dell’esperienza vissuta (Erlebnis). La derealizzazione ha
suggerito ai suoi teorici diverse diagnosi e cure. Il lessico
medico non stona: in psichiatria, la ‛derealizzazione’ è
8 V. Masullo, A., Paticità e indifferenza, Il Melangolo, Genova, 2003.
La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
87
una sindrome i cui sintomi maggiori sono l’incapacità di
percepire le esperienze concretamente in atto e una crasi
emotivo-cognitiva associata, nella letteratura scientifica,
ad ipnosi e stati affini.
Il richiamo all’ipnosi è un buon indizio del nesso tra
patologia individuale e deriva sociale teorizzata da illustri
maîtres à penser: nel vuoto della formazione etico-critica,
le suggestioni indotte dai poteri mediatici e dall’avanzata
inarrestabile del virtuale rappresentano una sorta d’ipnosi
di massa che divora ogni possibilità di oggettivazione
condivisibile dell’Erlebnis.
Radicale la denuncia di Baudrillard: la realtà, nella
sua accezione più comune e quotidiana, letteralmente
scompare dietro la potenza ipnotica ed autoreferenziale
dell’ordine segnico, che ne risucchia lo spettro ormai
consunto nel vortice di un immaginario perverso. Icone
e modelli finiscono per diventare i veri ‘originali’, mentre
persone e cose si degradano al rango di mere copie. È
uno scenario che deve molto ai primi studi di Baudrillard,
dedicati al consumismo e alla critica del valore di
scambio9. Qui, abbracciando i drammi geopolitici, lo
sguardo anticonformista del filosofo insegue il filo sociopsico-esistenziale di una ‛realtà’ assediata e stravolta dalle
scorribande del virtuale. Continuando a seguire questo
filo arriviamo a cogliere alle sue radici l’illusionismo
virtuosistico della speculazione finanziaria che, mentre
inghiotte nel suo vortice ogni ricchezza reale, moltiplica
oggettiva ed omologa i bisogni delle persone e delle
comunità, disseminando ovunque il senso di un’insolvibile
indigenza.
6 AMBIENTE
Oggettivata, derealizzata, prosciugata e al contempo
paradossalmente esclusa dal mondo (post)umano, la
natura non può lamentarsi o recriminare contro i danni
irreversibili che subisce, ma solo presentarci conti
impossibili da saldare.
9 Da Le Systmème des objets (1968)a L’Échange symbolique e la mort (1976).
88
Luisa de Paula, Marco Bulletta
Incremento della temperatura media globale,
vertiginoso calo della biodiversità, collasso delle risorse
alimentari ed energetiche, accumulo di prodotti di
scarto di qualsivoglia entità, il tutto provocato da
uno sfruttamento indiscriminato ed ostinatamente
imprevidente: lo sappiamo, eppure...10
Se da un lato la parabola del Movimento Ecologista e
il decollo delle ricerche di settore hanno implementato
la consapevolezza di rischi e responsabilità umane nei
confronti dell’ambiente, dall’altro non sono arrivati a
colpire il bersaglio, lasciando sostanzialmente immutati
stile di vita e abitudini al consumo. Dopo il duplice
fallimento del sistema statalista e di quello iperliberista,
sembra esser venuto meno ogni percorso possibile
perché l’umanità possa realizzare la propria legittima
aspirazione ad evolversi e progredire. Ma persistere
nel non voler vedere vie alternative equivale a un atto
d’ipocrita abdicazione, con cui, dichiarandoci impotenti,
ci condanniamo a restare paralizzati nella strettoia della
crisi.
7 SCIENZA E CONOSCENZA
Al pensiero critico della ragione, che procede in
bilico tra dubbi e incertezze, l’era postumana11 predilige
una versione corrotta delle scienze, deriva della cieca
esaltazione di un potenziale tecnologico orfano di ogni
direzione etica e sottoposto al giogo di un’economia
degradata a mero economicismo. La forza peculiarmente
umana della fragilità della ragione, alimentata dal dialogo civile e dal coraggio di pensare in prima persona,
è stata scalzata dal delirio dell’impersonale: qui la mira
è la conoscenza assoluta dell’oggetto, con la pretesa di
afferrarlo al di fuori di ogni prospettiva. Eppure, grazie
al lavoro di Heisenberg, Gödel, Penrose, e molti altri,
già all’inizio del Novecento nessuno scienziato poteva
10 V. Living Planet Report 2012 a cura del WWF, http://awsassets.panda.org/
downloads/lpr_2012_summary_booklet_final.pdf.
11 Barcellona, P. e Garufi, T., Il furto dell’anima. La narrazione post-umana, Dedalo,
Bari, 2008.
La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
89
permettersi di ignorare che l’osservazione della realtà è
legata alla forma incarnata e prospettica dell’osservatore.
Crollato il postulato della neutralità che fondava la
gerarchia tra Naturwissenschaften e Geisteswissenschaften,
resta da attuare la svolta epistemologica in direzione
di un sapere realmente a misura d’uomo,12 molteplice,
plurale, ma asintoticamente orientato verso il medesimo
traguardo: la Lebenswelt, il mondo della vita, che può
essere esplorato solo rinunciando all’artificio di una netta
separazione tra soggetto ed oggetto, mente e corpo,
cuore e cervello.
8 SOGGETTO
La crisi che oggi investe il soggetto trascinandolo nel
baratro della depressione e di un’insostenibile fragilità
esistenziale è anche frutto della degradazione utilitaristica
dello scambio alla mera logica monetaria, che invade
anche le più innocue forme di convivialità. La percezione
del singolo come parte inessenziale della società, e della
società come somma numerica di individui, è una strada
a senso unico verso la perdita del senso di sé, del proprio
valore e della propria appartenenza al mondo, laddove
la presenza (Dasein) smarrisce quel carattere relazionale
che è invece presupposto irriducibile dell’unicità di ogni
persona e prassi sociale.
Se l’individuo, ridotto a una o più funzioni,
mimeticamente disperso nei suoi ruoli, stenta a
riconoscersi nel duale e nel plurale delle relazioni, non
sorprende l’incremento esponenziale del consumo di
psicofarmaci degli ultimi decenni. Purtroppo i nuovi
consumatori sono soprattutto bambini, perfettamente
a proprio agio nel virtuale digitalizzato, ma sempre
più abbandonati a se stessi e sempre meno preparati a
relazionarsi con il prossimo. Ad inghiottirli nel baratro
della post-umanizzazione è un meccanismo vampiristico13
veicolato da genitori eterni adolescenti, ossessivamente
12 Nussbaum, M. C., Non per profitto, Il Mulino, Bologna, 2011; Coltivare
l’umanità, Carocci, Roma, 20062.
13 Andreani, M., Twilight. Filosofia della vulnerabilità, EV Editrice, Macerata, 2011.
Luisa de Paula, Marco Bulletta
90
proiettati sul successo personale e lavorativo, dal sistema
delle multinazionali e della pubblicità, che risucchia nel
vortice dei bisogni indotti la naturale spinta evolutiva
del desiderio, e da un sistema educativo omologante,
che, anziché spingere il sangue del pensiero a circolare
liberamente e immunizzarsi contaminandosi, lo obbligano
a flussi preordinati e diete autoimmunitarie che uccidono
ogni piacere e capacità di usare la propria testa.
9 SOCIETÀ
La nostra è una società liquida14, atomizzata in
individui costretti ad abbracciare la flessibilità come
istinto e perfino come valore15, dove le relazioni umane,
isterilite, si riducono a dinamiche di ruolo. È inesorabile il
fallimento dei rapporti umani? Le arcinote analisi di Vico
su corsi e ricorsi docent: se la strada è in rapida accelerazione
verso il basso, può e deve diventare occasione di risalita.
Ma occorre un pensiero criticamente militante, in grado
di esorcizzare quella sorta di patologia della specie
umana rubricata nei manuali di psicoanalisi sotto il titolo
di coazione a ripetere. Lo racconta la storia, da Vico così
opportunamente valorizzata: se da un lato l’umanità,
afflitta dall’istinto a ripetere i propri errori, non si è
praticamente mai dimostrata all’altezza di farne tesoro
evitando, quanto meno, di farsi cogliere impreparata,
dall’altro proprio i ciclici momenti di crisi sono stati,
nel corso della nostra storia, veri e propri momenti, nel
senso latino di tragici stati di sospensione dagli esiti quanto mai
imprevedibili, in cui uomini e comunità hanno rivelato di
possedere risorse altrimenti insospettate e insospettabili.
Le situazioni di minaccia e pericolo spingono infatti
gli individui di ogni specie verso quel limite estremo
delle proprie capacità naturali che però solo l’uomo è
chiamato a sfidare per mezzo di lucida consapevolezza
ed illuminata progettualità.
Le crisi sono sempre state anche momenti d’intenso
14 15 Bauman, Z., Modernità liquida, Laterza, Bari, 2003.
Sennett, R., L’uomo flessibile, Feltrinelli, Milano, 2001.
La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
91
confronto, e quindi opportunità per riconquistare
l’antica arte del dia-logo costruttivo e rispettoso
delle ragioni dell’altro, in cui le conflittualità possono
emergere liberamente perché sostenute dalla fiducia
nella mediazione e in traguardi comuni. Proprio in tale
fiducia va rintracciata l’origine di ogni com-munitas: messa
in comune dei doni unici che ciascuno porta dentro di
sé, all’insegna del vincolo spontaneo alla reciprocità.
Non solo, dunque, Historia magistra vitae, ma anche Crisis
magistra vitae.
10 ECONOMIA
Alla luce del percorso critico-decostruttivo fin qui
tracciato, il tracollo finanziario e l’impoverimento generale
che più ci preoccupano sono solo la punta dell’iceberg di
una caduta ben più radicale, che, oscurati i consueti punti
di riferimento, ci consegna al più totale spaesamento. È la
crisi percepita all’unisono nella propria interiorità e nella
freddezza esteriore di un mondo senza fiducia né utopie.
Dentro e fuori di noi, qualcosa si è spezzato, precipitandoci
in un abisso. Risalire è impossibile in mancanza di un
senso, di una o più direzioni che possano riconnettere
le fila di quel tempo che, ci ricorda Heidegger, altro
non è se non il nostro stesso essere, irrimediabilmente
sospeso tra la positiva incertezza dell’origine e la certezza
inesorabile dell’imponderabile fine, che ci obbliga a un
perpetuo esercizio di anticipazione. Alla vana speranza
di una corsa senza fine sacrifichiamo il tempo reale che
ci è concesso, fatto d’istanti unici e non intercambiabili,
che scorre implacabile strutturando il nostro conesser-ci16 nella sua incoercibile finitudine. Allo stesso
modo, immoliamo ogni naturale impulso all’evoluzione
sull’altare del profitto e dell’accumulazione, obbedendo
alla legge di una metafisica del denaro che ha ben poco a
che vedere con l’inter-esse17 economico.
Si dovrebbe forse ripensare criticamente l’economia
16 17 Mitdasein, Heidegger, op. cit., p. 601.
In latino, “essere-tra”.
Luisa de Paula, Marco Bulletta
92
a partire dalla sua forma originaria di oikonomia, gestione
delle risorse all’interno di un nucleo familiare votato a
espandersi in cum-munitas: spazio politico e società civile.
Nel profilo generale di un ritorno al futuro dell’economia
possono proficuamente ibridarsi modelli proposti da
maîtres à penser della sostenibilità fino ad oggi antagonisti:
l’embeddedness à la Polanyi,18 cioè l’incorporazione delle
attività economiche nei network sociali sostenuti da
legami comunitari, responsabilità individuale, dinamiche
culturali, consolidamento della naturale tendenza alla
reciprocità; dall’altra l’oikonomia neoclanica in cui in primo
piano ritroviamo sempre la reciprocità, stavolta nell’ottica
conviviale dell’informalità vernacolare,19 cioè di ciò che,
indipendentemente da ogni processo di mercificazione,
presenta un suo proprio, autentico valore.
Abstract
Luisa de Paula, Marco Bulletta
La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
La crisi è sulla bocca di tutti. Come una pandemia
cui nulla e nessuno riesce a sfuggire: gli individui
singoli, sempre più stretti nella morsa del precariato
lavorativo ed esistenziale; le famiglie, abortite, sgretolate,
o più semplicemente depresse, da croniche instabilità e
ristrettezze finanziarie, pendant di una fatale impossibilità
a costruire un Noi; la società, frantumata da un atomismo
dilagante; intere nazioni ridotte al lastrico; l’ecosistema
che, non potendo ribellarsi, diviene vittima predestinata
d’istinti insaziabili e campo di battaglia d’inedite
competizioni. Eppure, in regioni dimenticate della terra,
nel silenzio sedicente dei media, si respira aria di ottimismo;
la fame diminuisce, la parola democrazia si arricchisce di
nuove valenze. E anche nel Belpaese, chi ieri stava molto
bene oggi sta benissimo. O almeno, così crediamo per
fede nel reddito, mentre ci sforziamo di mantenerci ben
Polanyi, K., La Grande Trasformazione, Einaudi, Torino, 1974.
Illich, I., “Vernacular values”, in Resurgence n. 72, feb. 1979; Latouche, S., Per
un’abbondanza frugale, Bollati Boringhieri, Torino, 2012.
18 19 La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice
93
saldi, in funambolico equilibrio, sugli assi friabili di un
immaginario delirante, seguendo ostinatamente itinerari
già tracciati, quasi fossero gli unici percorribili, accecati
dai miti imposti dalla logica del profitto e sordi ad ogni
richiamo verso possibili alternative. Nel presente articolo
mettiamo a frutto le risorse del pensiero critico, strumenti
ben rodati dalla tradizione occidentale, per proporvi un
esercizio di decostruzione della retorica della crisi in 10
tappe, corrispondenti ad altrettanti risvolti positivi del
momento che stiamo vivendo.
Parole chiave: abbondanza frugale – anedonia –
decolonizzazione dell’immaginario – embeddedness – etica
del limite – globalizzazione – pensiero critico – postumanesimo – vampirismo narcisistico – Stiftung
Luisa de Paula, Marco Bulletta
The Crisis between Myth and Reality. An Exercise in Positive
Deconstruction
The crisis is on everyone’s lips. Like a pandemonium
from which nothing or no one is safe; individuals
increasingly victims of working and existential
precariousness; families failed, demolished, or simply
depressed, beset by chronic financial instability and
poverty, accompanied by a fatal impossibility to construct
an Us; society, devastated by a rampant atomism; entire
nations reduced to poverty; an ecosystem unable to
rebel, the predestined victim of insatiable instinct and
the battlefield of a new form of competition. Yet, in
forsaken, hidden regions of the earth, in the silence
of the media, one breathes an air of optimism, hunger
diminishes, the concept of democracy is enriched with
new values. And even in the Belpaese, Italy, those who
in the past were well off, are now even better off. Or
at least, they believe they are, as apparently proven by
profit. At the same time, they struggle to remain firm,
in acrobatic equilibrium, on the crumbling plank of a
delirious fiction, obstinately following old well-trodden
itineraries, as though they were the only ones possible,
94
Luisa de Paula, Marco Bulletta
blinded by the myths imposed by the logic of that profit
and deaf to any hint as to possible alternatives. In this
article, we draw from the well-tried resources of critical
thought of western tradition, to propose an exercise of
deconstruction of the rhetoric of the crisis in ten stages,
corresponding to as many positive aspects of the present
historical phase.
Keywords: frugal abundance – anhedonie –
decolonization of the imaginary – embeddedness –
ethic of limit – globalization – critical thought – postHumanism – narcissistic vampirism – Stiftung
Marco Bulletta, Ingegnere, funzionario del Ministero delle Politiche Agricole e
Ufficiale del Corpo Forestale, collateralmente alle funzioni più tradizionalmente
legate alla propria formazione, è stato anche direttamente coinvolto, nell’ambito
della propria attività professionale, nella gestione di problematiche ambientali: dal
trattamento delle acque alle istruttorie per la stima del danno ambientale, dalla
gestione delle Riserve Naturali a quella del rischio incendi boschivi, dalla didattica
della meteorologia e climatologia alla gestione dei sistemi informativi. A partire da
queste esperienze sul campo ha maturato un approccio critico e multiprospettico
che lo ha spinto anche ad impegnarsi nella divulgazione e ad assumersi in carico la
redazione di pagine dedicate all’ambiente di rinomati periodici nazionali.
Luisa de Paula, filosofa, consulente filosofica, certified member dell’APPA
(American Philosohical Practitioners Association) e giornalista dell’ODG Lazio è
autrice di centinaia di pubblicazioni e sta mandando in stampa il suo primo libro,
Il sogno senza inconscio, versione divulgativa della tesi di dottorato svolta in cotutela
Università di Urbino Carlo Bo-Université Paris Diderot Paris 7. Socia del CSPL e
dello IASD (International Association for the study of Dreams), collabora e ha
collaborato con diverse cattedre in Italia e all’estero. Oggi si dedica soprattutto ad
attività freelance di scrittura e formazione dalla sua base romana, e alla cogestione
di un progetto universitario di ricerca-azione sul territorio marchigiano nell’ambito
del Caregiving.
Scarica

La crisi tra mito e realtà. Esercizio di decostruzione felice