L’analisi dinamica sperimentale e il monitoraggio delle strutture esistenti Giovanni Fabbrocino1, C. Rainieri2, G. M. Verderame2 1 2 Università degli Studi del Molise, Consorzio ReLUIS Università degli Studi “Federico II” di Napoli, Consorzio ReLUIS Sommario L’elevata sismicità del territorio italiano richiede l’adozione di misure efficaci in grado di mitigare gli effetti dei terremoti sulle strutture. La protezione delle strutture nei riguardi del rischio sismico può trarre benefici, tra l’altro, dall’approfondita conoscenza del comportamento dinamico della costruzione. L’analisi modale sperimentale sta acquisendo sempre maggiore rilevanza quale strumento per l’esecuzione di analisi strutturali accurate e la valutazione del comportamento effettivo della struttura in opera. La conoscenza delle caratteristiche modali delle strutture risulta di grande utilità anche in vista della valutazione delle prestazioni delle stesse nel caso di condizioni ambientali estreme come i terremoti. Nel presente articolo sono sinteticamente riportate le principali tecniche e le problematiche dell’identificazione, con una valutazione delle prospettive offerte dalle tecniche ad input incognito nel campo del monitoraggio strutturale. Viene, inoltre, descritta un’applicazione dell’analisi modale operazionale per l’identificazione delle proprietà dinamiche di una struttura di importanza storica quale la Torre delle Nazioni ubicata all’interno della Mostra d’Oltremare di Napoli. Il monitoraggio strutturale Lo scopo del monitoraggio strutturale per le strutture civili non consiste solo nell’identificazione di danni improvvisi o progressivi ma anche nel monitorare le prestazioni delle stesse nelle condizioni di esercizio o durante particolari condizioni ambientali quali i terremoti [1]. Un sistema di monitoraggio si compone di vari sensori per rilevare grandezze ambientali e la risposta strutturale alle sollecitazioni. Lo scopo di un simile sistema non è solo la valutazione della resistenza al sisma di un edificio: anche il controllo della funzionalità della struttura nelle condizioni di esercizio rappresenta un aspetto di notevole interesse, sia per la protezione dalle vibrazioni, sia per l’adeguamento sismico o per il rinforzo di strutture critiche o strategiche. Pertanto, il monitoraggio strutturale coinvolge un gran numero di applicazioni nel campo dell’ingegneria civile quali il progetto (attraverso le tecniche di model updating), la valutazione del danno, la manutenzione e il rinforzo di strutture esistenti, il controllo strutturale durante i terremoti (mediante sistemi semi-attivi) [2, 3]. Una tipica architettura dei sistemi di monitoraggio è basata su sensori periferici direttamente connessi tramite cavi a un sistema di acquisizione dati centralizzato. Il ruolo di tale sistema è quello di aggregare, immagazzinare ed elaborare questi dati. Tuttavia, all’aumentare del numero di sensori, un gran numero di misure converge verso il sistema di acquisizione ed esso può, quindi, risultare sovraccaricato, soprattutto nel caso in cui esso debba elaborare i dati ai fini dell’identificazione del danno: i relativi algoritmi, infatti, sono particolarmente onerosi da un punto di vista computazionale. Un’ulteriore limite di questo tipo di architettura risiede negli elevati costi di installazione e manutenzione, dovuti soprattutto all’impiego dei cavi [4]. Attualmente, la tendenza è a sostituire i sistemi cablati con sensori wireless di basso costo e a distribuire la conoscenza sull’intera rete di monitoraggio. Il monitoraggio strutturale può fornire utili strumenti per accrescere la conoscenza sia delle problematiche di carattere strutturale sia di quelle di tipo geotecnico. I progressi nel campo dei sistemi di comunicazione consentono un monitoraggio in tempo reale delle strutture. I dati possono essere elaborati per individuare eventuali anomalie o per valutazioni di lungo termine. Nel caso di analisi di rischio sismico, i sistemi di monitoraggio possono essere usati per creare un database di misure durante l’intero ciclo di vita della struttura. È evidente, quindi, l’importanza dell’identificazione dei parametri modali delle strutture nelle condizioni di esercizio e della tecnica per l’individuazione del danno: di qui, il ruolo fondamentale svolto dall’analisi modale sperimentale nell’ambito del monitoraggio strutturale. L’analisi modale sperimentale Uno dei principali campi di studio dell’ingegneria civile nell’ambito strutturale è rappresentato dall’analisi del comportamento dinamico delle strutture. Due sono i possibili approcci che ne permettono la conoscenza: • L’approccio analitico: partendo dalla conoscenza della geometria della struttura, delle condizioni al contorno e delle caratteristiche dei materiali, la distribuzione di massa, rigidezza e smorzamento della struttura è espressa tramite matrici di massa, rigidezza e smorzamento; da qui è possibile, risolvendo un problema agli autovalori, pervenire alla determinazione dei parametri modali del sistema (frequenze naturali, fattori di smorzamento e forme modali); • L’approccio sperimentale: partendo dalla misura dell’input dinamico sulla struttura e della risposta strutturale, si calcolano le funzioni di risposta in frequenza e si stimano, a partire da esse, i parametri dinamici della struttura. Generalizzando, quindi, con l’espressione identificazione dinamica di una struttura si intendono tutte quelle tecniche, sia analitiche che sperimentali, che consentono di individuare la risposta dinamica della struttura stessa, ovvero le frequenze proprie, i relativi modi di vibrazione e i coefficienti di smorzamento. L’analisi modale sperimentale è nota anche come “problema inverso” (in analogia con il cosiddetto “problema diretto”, nel quale sono noti l’input e la struttura, e si vuole conoscere la risposta), trattandosi di un problema nel quale sono noti la risposta e ciò che la causa (l’input) e si vuole conoscere la struttura. Le varie tecniche di identificazione sono nate inizialmente nel campo della ricerca aeronautica, allo scopo di studiare il comportamento dei velivoli sotto l’azione delle vibrazioni indotte dai carichi dinamici a cui essi sono sottoposti in esercizio; si sono poi estese a vari altri campi, dall’industria automobilistica alla robotica, alle costruzioni. Il principale motivo di interesse nei riguardi dell’analisi modale sperimentale è legato alla considerazione che il comportamento dinamico di una struttura è una sorta di “impronta digitale”, nel senso che esso dipende solo dalle sue caratteristiche intrinseche (masse, rigidezze, smorzamenti, grado di vincolo, ecc…) e non dall’entità e/o dal tipo di carico applicato: pertanto, se non intervengono modificazioni interne al manufatto (come, per esempio, dei danni strutturali), il comportamento della struttura rimane inalterato; in caso contrario, si noterà una variazione delle frequenze e dei modi propri di vibrare. Inoltre, l’identificazione strutturale è di per sé una tecnica non distruttiva, e in quanto tale può essere applicata sia a strutture nuove, per esempio in fase di collaudo, sia a strutture esistenti o storiche. L’intero processo di identificazione sperimentale dei parametri dinamici di una struttura può essere sinteticamente illustrato tramite il seguente diagramma di flusso: Figura 1. Diagramma di flusso dell’analisi modale sperimentale La teoria dell’analisi modale sperimentale è basata sulle seguenti ipotesi fondamentali: • Linearità: il comportamento dinamico della struttura è lineare, per cui la risposta a una certa combinazione di ingressi al sistema è uguale alla medesima combinazione delle rispettive risposte, ossia è applicabile il principio di sovrapposizione degli effetti; • Stazionarietà: le caratteristiche dinamiche della struttura non cambiano nel tempo; pertanto i coefficienti delle equazioni differenziali che reggono il problema sono costanti rispetto al tempo; • Osservabilità: i dati necessari a determinare le caratteristiche dinamiche di interesse devono poter essere misurati (di qui la necessità di scegliere in maniera oculata i punti di misura, evitando di disporre gli strumenti di misura in quei punti, detti “nodi modali”, in cui l’osservabilità dei modi è nulla). Le tecniche per l’identificazione: generalità I sistemi presi in considerazione nell’ambito dell’analisi modale sperimentale sono, dunque, sistemi lineari e stazionari: essi risultano completamente caratterizzati dalla loro risposta impulsiva h(t) o dalla sua equivalente nel dominio della frequenza, la funzione di risposta in frequenza H(f). In generale, quindi, le prove sperimentali per la determinazione dei parametri modali sono basate sulla possibilità di descrivere il comportamento dinamico della struttura o mediante un set di equazioni differenziali nel dominio del tempo, oppure mediante un set di equazioni algebriche nel dominio della frequenza. Le tecniche di identificazione dinamica possono, pertanto, essere raggruppate in tecniche nel dominio del tempo e tecniche nel dominio della frequenza. Le tecniche nel dominio del tempo sono basate sulle soluzioni del seguente sistema di equazioni differenziali nel dominio del tempo: [M ]{&x&(t )} + [C ]{x& (t )} + [K ]{x(t )} = { f (t )} (1) In particolare, si fa riferimento alla matrice delle funzioni di risposta all’impulso (IRF), che può essere scritta come somma di risposte sinusoidali smorzate: [I (t )] = ∑ [ rk e −σ (t ) sin (ω k t + α k )] m k k =1 (2) dove: • • • • m è il numero di modi di vibrazione; rk è la matrice dei residui in termini di ampiezza; α k è la matrice dei residui in termini di fase; σ k è lo smorzamento modale che definisce l’inviluppo esponenziale decrescente relativo a ciascun modo; • ω k è la frequenza propria di ciascun modo. I residui definiscono l’ampiezza della risposta di ciascun modo. I metodi nel dominio del tempo sfruttano, allora, procedure di curve fitting per stimare i parametri modali di una struttura a partire dai dati sperimentali. Nel caso delle tecniche nel dominio della frequenza, invece, il comportamento dinamico della struttura viene descritto tramite la funzione di risposta in frequenza, che contiene implicitamente al suo interno tutte le informazioni sulle caratteristiche dinamiche della struttura. Nel dominio della frequenza, dunque, la soluzione del suddetto sistema di equazioni differenziali viene ricercata sfruttando la trasformazione funzionale nota come “trasformata di Fourier”. Il vantaggio legato a questa trasformazione consiste nel passaggio da un sistema di equazioni differenziali ordinarie ad un sistema di equazioni algebriche di più semplice risoluzione: (Mω 2 ) + Cω + K ⋅ X(ω) = F(ω) (3) La funzione di risposta in frequenza (FRF) è esprimibile come rapporto tra la trasformata di Fourier della risposta e quella dell’ingresso: H ( jω ) = X ( jω ) F ( jω ) (4) La funzione di risposta in frequenza e la corrispondente funzione di risposta all’impulso formano una coppia di trasformate di Fourier. In altre parole, la funzione di risposta all’impulso si può ottenere applicando la trasformata inversa di Fourier a una funzione di risposta in frequenza e, viceversa, la funzione di risposta in frequenza può essere ricavata applicando la trasformata di Fourier alla funzione di risposta all’impulso. Anche in questo caso, come per le tecniche nel dominio del tempo, con procedure di curve fitting è possibile determinare i poli e i residui. I residui portano l’informazione sulle forme modali. Per quanto riguarda i poli, poiché ciascuna funzione di risposta in frequenza contiene gli stessi termini al denominatore, le frequenze proprie e gli smorzamenti modali possono essere stimati da una qualsiasi funzione di risposta in frequenza, oppure da molteplici funzioni di risposta in frequenza misurate sulla stessa struttura. Questa proprietà viene sfruttata dai metodi cosiddetti “globali” (per sottolineare la differenza rispetto ai metodi “locali” che sfruttano una funzione alla volta ma che possono produrre ogni volta una stima differente per lo stesso parametro). Un’ulteriore classificazione dei metodi avviene sulla base del numero di input e output, dato che le posizioni delle forzanti e dei punti in cui viene misurata la risposta possono essere singole o molteplici; è possibile, allora, distinguere i seguenti casi: • Una risposta dovuta a una sola forzante: single-input single-output (SISO); • Molteplici risposte dovute a una sola eccitazione: single-input multiple-output (SIMO); • Molteplici risposte dovute a varie forzanti: multiple-input multiple-output (MIMO); • Una risposta dovuta a molteplici forzanti: multiple-input single-output (MISO). I primi tre metodi sono quelli più usati. Un’ultima distinzione è quella tra metodi a singolo grado di libertà e metodi a più gradi di libertà. Si è detto che la risposta dinamica di un sistema è data dalla sovrapposizione delle sue forme modali. Tuttavia, se in una data banda di frequenza esiste un modo dominante, i parametri di questo modo possono essere determinati separatamente assimilando la FRF nella banda in questione a quella del sistema a singolo grado di libertà equivalente rappresentativo del modo considerato. I metodi basati su questo tipo di assunzione sono detti, appunto, metodi a singolo grado di libertà. Figura 2. Classificazione delle tecniche di identificazione dinamica Va sottolineato che, anche se il sistema è sollecitato in ingresso con una forzante caratterizzata da una sola frequenza, comunque la sua risposta, determinata dalla funzione di risposta in frequenza, terrà conto di tutti i modi propri. A seconda degli obiettivi dell’analisi, dunque, è possibile sfruttare diversi tipi di eccitazione. In generale, è possibile distinguere eccitazioni a banda stretta (come la sinusoide a frequenza fissata, per la quale lo spettro contiene essenzialmente un solo valore non nullo) ed eccitazioni a banda larga (per le quali lo spettro è non nullo per un ampio intervallo di frequenze, per cui risultano più adatte ad eccitare molti modi contemporaneamente). In ogni caso, l’eccitazione in ingresso alla struttura deve essere opportunamente controllata dovendo evitare che la struttura vada in campo plastico (cioè in campo non lineare), contraddicendo, così, l’ipotesi fondamentale di linearità e stazionarietà del sistema. Le misure e il pre-trattamento del segnale La bontà dell’analisi dipende anche dalla qualità della misura della risposta strutturale. Nelle applicazioni di identificazione dinamica delle strutture è possibile ricorrere a diversi tipi di trasduttori: trasduttori di spostamento, velocimetri, accelerometri, geofoni. In genere, si usano gli accelerometri sia per le loro ridotte dimensioni (il ridotto peso fa sì che influenzino in maniera trascurabile le caratteristiche dinamiche del sistema oggetto di analisi) sia perché le altre grandezze (velocità e spostamenti) possono essere ottenute con semplici procedimenti di integrazione. Gli accelerometri più utilizzati sono quelli piezoelettrici e quelli capacitivi: i primi sono caratterizzati da una banda a 3 dB più ampia ma non sono in grado di misurare la componente continua (tipicamente, si parte da 0.3÷0.6 Hz fino a frequenze dell’ordine dei kHz); gli accelerometri capacitivi sono, invece, in grado di misurare anche componenti a frequenza molto bassa ma sono caratterizzati da una banda più stretta. Le seguenti curve sono relative a accelerometri di tipo capacitivo: Figura 3. Esempio di risposta in frequenza di accelerometri capacitivi (Kinemetrics EpiSensors ES-U2) Si nota come il segnale registrato risulti praticamente indistorto fino a frequenze dell’ordine di 50 Hz. Poiché, allora, le principali frequenze proprie delle strutture reali ricadono abbondantemente in questo intervallo, non è necessario correggere le distorsioni indotte dallo strumento alle frequenze più alte. L’uso di filtri passabasso o passabanda consente di eliminare le componenti frequenziali indesiderate. L’uso di convertitori A/D a 24 bit consente di ridurre l’errore di quantizzazione (la formula dell’SNR per quantizzazione uniforme con b bit evidenzia come a un incremento di 1 bit corrisponda un incremento di 6 dB del rapporto segnale-rumore) e di ottenere la necessaria accuratezza per le applicazioni di analisi delle vibrazioni. L’accuratezza della misura viene garantita anche tramite l’uso di opportuni filtri antialiasing. Una volta acquisito il segnale, prima di passare all’elaborazione vanno effettuati alcuni controlli e trattamenti preliminari: in particolare, va verificato che non siano presenti trend anomali e, soprattutto, va eliminata la componente continua del segnale, dato che essa non ha significato fisico essendo gli accelerometri montati su strutture caratterizzate da un’accelerazione netta nulla. Le tecniche di identificazione dinamica: EMA vs. OMA L’Analisi Modale Operazionale (OMA) rappresenta un interessante metodo che consente di determinare le proprietà dinamiche della struttura nelle condizioni reali di esercizio anche nel caso di input incognito. Le tecniche di analisi modale trovano oggi sempre maggiore applicazione in campo ingegneristico: infatti, anche se l’avvento dei moderni computer, caratterizzati da prestazioni sempre più elevate, consente la realizzazione di modelli, anche molto complessi, agli elementi finiti per analizzare le proprietà statiche e dinamiche delle strutture, accade spesso che le proprietà dinamiche calcolate con un’analisi agli elementi finiti differiscano da quelle effettive della struttura. Questa differenza è da imputarsi a varie cause: • L’analisi agli elementi finiti è basata su una discretizzazione della realtà, intendendo con ciò che i campi di spostamento vengono approssimati attraverso funzioni di forma predefinite all’interno di ciascun elemento; • Mentre le proprietà di massa e rigidezza sono facilmente valutabili sulla base delle proprietà dei materiali e della geometria degli elementi, risulta molto più difficile tenere correttamente conto delle proprietà di smorzamento della struttura all’interno del modello: infatti, lo smorzamento strutturale è legato non solo alle proprietà dei materiali ma anche ad una serie di altri meccanismi difficili da modellare analiticamente (apertura e chiusura di microfessure nel calcestruzzo, interazione con elementi non strutturali, etc.); • La geometria effettiva può essere diversa da quella considerata nel modello. Per colmare il gap tra struttura reale e modello è necessario, allora, ricorrere a tecniche sperimentali al fine di confrontare i risultati del modello con quelli ottenuti dalle misure; le misure effettuate consentono anche di aggiornare il modello in modo da renderlo più aderente alla realtà. La determinazione del comportamento dinamico di sistemi lineari mediante prove sperimentali è detta Analisi Modale Sperimentale (EMA): queste procedure consentono di identificare le proprietà dinamiche della struttura in termini di frequenze naturali, rapporti di smorzamento e forme modali; i parametri così determinati vengono poi utilizzati per costruire un modello matematico del comportamento dinamico della struttura. Le procedure di analisi modale sperimentale, tuttavia, sono basate su un input noto: le strutture, infatti, vengono solitamente eccitate sfruttando una o più sorgenti di eccitazione; si procede, poi, a misurare la risposta strutturale in uno o più punti. È possibile, così, identificare i parametri modali dalla funzione di risposta in frequenza del segnale di risposta al segnale di input. L’analisi modale può essere effettuata anche nel caso di eccitazione ambientale, la quale può essere considerata un rumore bianco: in questo caso l’input sulla struttura non è noto (non può, in genere, essere misurato) ma tecniche di analisi modale possono essere comunque applicate per valutare i parametri dinamici della struttura. I diversi metodi sviluppati lavorano, quindi, sfruttando i soli dati di output. L’analisi modale condotta nel caso di input incognito qual è il rumore ambientale viene detta Analisi Modale Operazionale. Le procedure OMA, come le classiche EMA, consentono di valutare frequenze naturali, modi naturali e rapporti di smorzamento della struttura; tuttavia, non è possibile calcolare anche i fattori di partecipazione modale essendo l’input incognito. L’esecuzione di un’analisi modale prevede la realizzazione delle seguenti operazioni: • Pianificare ed eseguire gli esperimenti: gli esperimenti vanno programmati sulla base di informazioni note a priori circa l’intervallo di frequenze, i nodi modali, l’accessibilità dei punti di misura. Essendo il numero di sensori strettamente legato alle risorse finanziarie a disposizione è molto importante posizionare un numero minimo di dispositivi sulla struttura in modo da ottenere tutte le informazioni necessarie. Per raggiungere tale scopo, è necessario avere a priori un’idea approssimativa dei modi propri che si andrà ad individuare. Nella maggior parte dei casi la misura della risposta è limitata all'identificazione dei modi di vibrare fondamentali ed alla valutazione dell'ampiezza delle risposte della struttura nel suo complesso. In presenza di edifici non simmetrici, o sottoposti a carichi non simmetrici, dovranno essere previste posizioni di misura atte a rilevare modi di vibrare torsionali dell'edificio stesso; • Elaborare i dati e determinare i parametri modali; • Validazione dei modelli modali. I risultati dell’analisi modale possono, poi, essere usati per differenti scopi: monitoraggio strutturale, individuazione dei danni strutturali e studio della loro evoluzione, model updating. L’analisi modale sperimentale basata sull’applicazione di un input noto alla struttura risulta attuabile con difficoltà nel caso di grosse strutture (ad esempio, ponti). L’analisi modale operazionale, invece, consente di sfruttare il rumore ambientale per l’identificazione strutturale evitando, così, il ricorso ad attrezzature particolari (vibrodine, martelli strumentati, eccitatori oleodinamici o elettrodinamici) che eccitino direttamente la struttura. Ciò si traduce in una serie di vantaggi: • La prova è rapida ed economica, dato che non sono necessarie attrezzature per l’eccitazione della struttura; • Le misure vengono effettuate nelle effettive condizioni operative della struttura per cui i parametri modali che si ottengono sono rappresentativi del comportamento dinamico della struttura nelle sue reali condizioni di utilizzo; • La prove non interferisce con l’operatività della struttura (per cui, ad esempio, non è necessario chiudere al traffico un ponte quando esso viene analizzato). La correttezza dei risultati forniti dall’analisi modale operazionale può, tuttavia, essere inficiata se al rumore bianco si sovrappone un’eccitazione non casuale. Modelli parametrici e non parametrici per l’Analisi Modale Operazionale I metodi per l’estrazione dei parametri modali di una struttura in presenza di sola eccitazione ambientale possono essere raggruppati nelle due principali categorie dei metodi non parametrici e dei metodi parametrici. Si tratta, in generale, sia di metodi operanti nel dominio del tempo, sia di metodi operanti nel dominio della frequenza. Il metodo più semplice e meno oneroso dal punto di vista computazionale per la stima dei parametri modali è certamente la tecnica nota sotto il nome di Basic Frequency Domain [5]: si parla anche di metodo del Peak-Picking poiché l’identificazione delle frequenze naturali è basata sull’identificazione dei picchi nei grafici degli spettri di potenza. Tuttavia tale metodo può dar luogo a risultati erronei se vengono violate le ipotesi di base di basso smorzamento e modi ben separati: infatti, questo metodo consente, in generale, di identificare le cosiddette “operational deflection shapes” che, nel caso di modi vicini, sono il risultato della sovrapposizione di molteplici modi. La decomposizione in valori singolari della matrice delle densità spettrali di potenza ha consentito il superamento di questi limiti: il metodo non-parametrico basato sulla decomposizione in valori singolari della matrice dei cross-spettri prende il nome di Frequency Domain Decomposition (FDD) [6], e si tratta di un metodo in grado di tener conto della molteplicità dei modi (più modi alla stessa frequenza). Tra i metodi parametrici, più complessi e onerosi dal punto di vista computazionale rispetto ai precedenti, vanno ricordate le tecniche note come Least Square Complex Exponential, Eigensystem Realization Algorithm, i modelli ARMA, i metodi del sottospazio stocastico e il metodo della “Maximum Likelihood” nel dominio della frequenza [7]. I metodi Least Square Complex Exponential e Eigensystem Realization Algorithm sono usati, nel contesto delle tecniche dell’eccitazione naturale (NExT), per estrarre i parametri modali dalle auto e cross correlazioni dei segnali nel dominio del tempo. I sistemi dinamici possono essere modellati anche tramite modelli ARMAV [8]. Nel caso dell’identificazione con i metodi del sottospazio stocastico, un modello stocastico a spazio di stato viene direttamente identificato dai dati di output misurati o dalle funzioni di correlazione tra gli output [9]. L’approccio della Maximum Likelihood nel dominio della frequenza, nato per l’applicazione alle funzioni di risposta in frequenza, è stato recentemente esteso in modo da essere applicato all’estrazione dei parametri modali basata sugli spettri calcolati a partire dale misure della risposta strutturale [10]. Un caso studio: la Torre delle Nazioni Un’interessante applicazione dell’analisi modale operazionale ha riguardato l’identificazione delle proprietà dinamiche (periodi di oscillazione e forme modali) di una struttura di importanza storica quale la Torre delle Nazioni ubicata all’interno della Mostra d’Oltremare di Napoli, [http://sit.provincia.napoli.it/md.asp?key=5263]. La necessità di progettare un intervento di restauro e di recupero funzionale con contestuale rinforzo e adeguamento sismico della struttura ha dato l’opportunità di eseguire delle misure dinamiche sulla struttura e di sfruttare poi i risultati dell’analisi modale operazionale per la ottimizzazione del modello numerico. Una adeguata campagna di indagine ha consentito l’identificazione geometrica di tutti gli elementi strutturali e delle relative armature. Sia sugli elementi trave che pilastri sono state sviluppate indagini limitatamente distruttive associate a tecniche non distruttive, ai fini della definizione delle caratteristiche meccaniche dei materiali. Con riferimento al calcestruzzo sono stati effettuati parallelamente un numero limitato di carotaggi e prove tipo SonReb finalizzate alla valutazione della resistenza cilindrica a compressione [11]. In particolare, il calcestruzzo registra una resistenza cilindrica variabile tra i 10.64 MPa e i 25.98 MPa. La caratterizzazione meccanica degli acciai è stata effettuata previa estrazione di campioni di barre. Gli acciai si presentano nella forma di barre lisce, particolarmente ossidate soprattutto al primo e all’ultimo livello; in particolare, le barre di acciaio sono caratterizzate da una resistenza media allo snervamento di 275 MPa. La caratterizzazione numerica della risposta dinamica della struttura in oggetto è effettuata mediante una analisi modale attraverso l’ausilio del programma Sap 2000. La realizzazione del modello geometrico-strutturale è eseguita in modo da rappresentare nel dettaglio le caratteristiche geometriche e meccaniche degli elementi componenti la struttura e la distribuzione in pianta ed in elevazione delle masse. Gli elementi monodimensionali (pilastri, travi e diagonali di irrigidimento) sono definiti attraverso elementi-modello beam, mentre gli elementi bidimensionali (setti di tamponatura in c.a., rampanti delle scale, tamponature in tufo) sono definiti mediante elementi-modello shell. La presenza dell’impalcato è riproposta mediante la definizione di appositi elementi bidimensionali di piano inseriti in ciascun campo di carpenteria e caratterizzati da uno spessore di 0.05 m. In termini vincolari il modello è caratterizzato da una totale assenza di interazione con il terreno. La valutazione dinamica del modello è effettuata considerando la variabilità delle caratteristiche meccaniche dei materiali componenti le due configurazioni strutturali considerate: calcestruzzo e tufo. La definizione delle caratteristiche elastiche dei due a) Figura 4. La Torre delle Nazioni (a) e il modello FEM della struttura (b) b) materiali è condotta secondo un approccio di estremi inferiori e superiori. Con riferimento al calcestruzzo sono calcolati i moduli elastici Ec corrispondenti ai valori minimi e massimi di resistenza cilindrica del calcestruzzo ossia: Ec,min=16317 MPa ed Ec,max=25485 MPa. Per il tufo costituente le tamponature esterne sono adottati i seguenti parametri elastici [12]: Et,min=600 MPa, Gt,min=100 MPa e Et,max=1800 MPa, Gt,max=300 MPa. In definitiva sul modello caratterizzato dalla assenza di tamponature sono condotte due analisi dinamiche lineari in relazione alle due condizioni elastiche adottate per il solo calcestruzzo. Analogamente per la configurazione strutturale definita dalla presenza delle tamponature tufacee sono presentate quattro analisi lineari. In Tabella 1 sono riportati i risultati della caratterizzazione numerica della risposta dinamica in termini di periodo e frequenza dei primi tre modi per entrambe le configurazioni strutturali adottate. Le caratteristiche dinamiche della direzione ortogonale alle pareti tamponate (prima riga) sono sostanzialmente influenzate dalle proprietà elastiche del calcestruzzo. Infatti, i valori estremi delle frequenze (o periodi) della configurazione in assenza di tamponature risultano praticamente similari alle corrispondenti frequenze del modello definito dalla presenza delle stesse. Di contro, le caratteristiche dinamiche della direzione parallela alle tamponature (seconda riga) risultano fortemente dipendenti dalle proprietà elastiche delle tamponature tufacee analogamente nella misura del 30% massimo. Tale tendenza si registra anche per le caratteristiche torsionali (terza riga) dell’edificio. Tabella 1. Periodi e frequenze naturali per i primi tre modi: valori analitici calcestruzzo Ec,min calcestruzzo Ec,max assenza tamponature in tufo T [s] f [Hz] T [s] f [Hz] 1.52 0.66 1.21 0.83 1.28 0.78 1.02 0.98 1.07 0.94 0.85 1.18 calcestruzzo Ec,min tufo Gt,min tufo Gt,max T [s] f [Hz] T [s] f [Hz] 1.50 0.67 1.46 0.69 1.00 1.00 0.77 1.30 0.84 1.20 0.65 1.54 calcestruzzo Ec,max tufo Gt,min tufo Gt,max T [s] f [Hz] T [s] f [Hz] 1.19 0.84 1.17 0.85 0.85 1.17 0.69 1.44 0.71 1.40 0.58 1.72 La caratterizzazione sperimentale dei parametri dinamici della struttura è stata operata sfruttando la sola eccitazione ambientale. La risposta dinamica della struttura è stata misurata in corrispondenza del quinto livello e della copertura, per un totale di cinque punti di misura. Ciascuna posizione di misura ha visto l’installazione di due accelerometri capacitivi uniassiali del tipo Kinemetrics FBA Episensor ES-U2 diretti parallelamente alle direzioni principali dell’edificio. Gli accelerometri installati erano caratterizzati da una banda a 3dB di circa 200 Hz, da un fondo scala di ±1 g e da una sensitività di 2,5 V/g. L’acquisizione è stata effettuata tramite un Kinemetrics K2 Digital Recorder caratterizzato da un DSP a 24 bit. Registrazioni di durata variabile, compresa tra 30 minuti e 1 ora, sono state effettuate con una frequenza di campionamento di 100 Hz. L’identificazione dei parametri dinamici è stata condotta sfruttando una consolidata tecnica operante nel dominio della frequenza, la Enhanced Frequency Domain Decomposition [6]. L’identificazione dei parametri dinamici della struttura, operata secondo la tecnica appena descritta, è stata condotta mediante un software sviluppato per il sistema di monitoraggio strutturale della Torre della Facoltà di Ingegneria dell’Università di Napoli Federico II [13, 14] in ambiente LabView. Le analisi sono state condotte applicando una finestra di Hanning per ridurre i problemi di leakage, e adottando un overlap del 66%. In Figura 5 è riportato il grafico dei valori singolari ottenuto per la struttura in esame, con l’indicazione dei picchi corrispondenti ai primi sei modi. I risultati dell’identificazione in termini di frequenze naturali e rapporti di smorzamento sono riportati in Tabella 2. Tabella 2. Risultati dell’identificazione. Modo 1 2 3 4 5 6 Tipo Traslazionale (facciata aperta) Traslazionale (facciata cieca) Torsionale Traslazionale (facciata aperta) Traslazionale (facciata cieca) Torsionale Frequenza [Hz] Smorzamento [%] 0.81 3.3 1.38 3.8 1.73 2.5 3.02 N.A. 4.21 N.A. 4.92 N.A. I risultati sperimentali sono stati confrontati con i dati ottenuti dai modelli numerici precedentemente descritti. I confronti hanno riguardato i valori delle frequenze naturali e i vettori delle forme modali, considerando solo i modelli caratterizzati dalla presenza delle tamponature in tufo dato il ruolo non secondario da esse svolto nella definizione del comportamento dinamico della struttura. In Tabella 3 sono riportati gli scostamenti percentuali delle frequenze ottenute dal modello agli elementi finiti della struttura rispetto ai valori sperimentali. Il primo modo della struttura risulta di tipo traslazionale nella direzione ortogonale a quella delle pareti cieche. In Figura 6 sono riportati l’istogramma rappresentante la matrice degli AutoMAC e la matrice con i relativi valori numerici, calcolata al fine di ottenere una prima validazione dei dati sperimentali, dimostrata dai valori prossimi all’unità lungo la diagonale principale e praticamente nulli nel resto della matrice. Figura 5. Grafico dei valori singolari Tabella 3. Variazione percentuale frequenze naturali. calcestruzzo Ec,max calcestruzzo Ec,min modo tufo G tufo Gt,min tufo Gt,max tufo Gt,min t,max 1 -17% -15% +3% +5% 2 -27% -6% -15% +5% Figura 6. Matrice degli AutoMAC Figura 7. Complexity plots 3 4 5 6 -31% -8% -30% -28% -11% -5% -9% -6% -19% +14% -18% -16% -1% +18% +1% +5% Un’ulteriore validazione dei risultati sperimentali è stata condotta sulla base dei complexity plots, i quali mostrano che le forme modali sono normali (Figura 7) o quasi normali (cfr. forme modali del quinto e sesto modo). Le forme modali analitiche e sperimentali sono state innanzitutto comparate calcolando la matrice dei MAC: è emerso che la combinazione Gt,min - Ec,max non fornisce vettori delle forme modali consistenti con quelli ottenuti sperimentalmente con riferimento ai modi traslazionali superiori. I valori più elevati del MAC sono stati ottenuti con riferimento alla combinazione Gt,max - Ec,min sebbene anche le rimanenti combinazioni dessero luogo a forme modali consistenti per tutti i modi considerati. I confronti operati in termini di frequenze naturali e forme modali evidenziano un buon accordo tra i valori sperimentali e quelli analitici, in particolare nel caso della combinazione Gt,max - Ec,min, e forniscono utili indicazioni per l’aggiornamento e l’ottimizzazione del modello agli elementi finiti. In definitiva, il risultato emerso dalle analisi condotte sottolinea come l’eccitazione ambientale, per via del suo basso contenuto energetico, faccia sì che anche le parti non strutturali partecipino alla risposta sismica: risulta, pertanto, necessario tenere in conto il loro contributo nella valutazione della risposta dinamica al fine di ottenere una congruenza tra risultati numerici e sperimentali in condizioni operative. Conclusioni L’elevata sismicità del territorio italiano richiede l’adozione di misure efficaci in grado di mitigare gli effetti dei terremoti sulle strutture. La protezione delle strutture nei riguardi del rischio sismico può trarre benefici, tra l’altro, dall’approfondita conoscenza del comportamento dinamico della costruzione. L’analisi modale sperimentale sta acquisendo sempre maggiore rilevanza quale strumento per l’esecuzione di analisi strutturali accurate e la valutazione del comportamento effettivo della struttura in opera. La conoscenza delle caratteristiche modali delle strutture risulta di grande utilità anche in vista della valutazione delle prestazioni delle stesse nel caso di condizioni ambientali estreme come i terremoti. Accanto alle tradizionali tecniche basate sull’input noto, negli ultimi anni si è assistito a una crescente diffusione delle tecniche di identificazione dinamica in presenza di sola eccitazione ambientale, che hanno, tra l’altro, il vantaggio di fornire le caratteristiche dinamiche della struttura nelle effettive condizioni di esercizio. Oggi si tende sempre più a preferire le tecniche di identificazione ad input incognito poiché l’esecuzione delle prove avviene con costi ridotti rispetto all’analisi modale sperimentale classica, e interferendo in maniera minima col normale uso della struttura. Poiché, inoltre, le misure vengono effettuate nelle effettive condizioni operative della struttura i parametri modali che si ottengono sono rappresentativi del comportamento dinamico della struttura nelle sue reali condizioni di utilizzo. I parametri modali così ottenuti possono, quindi, essere usati per validare o migliorare i risultati delle analisi agli elementi finiti: la validazione dei modelli analitici consente il loro efficace impiego nella valutazione del rischio sismico per la struttura in esame. L’analisi modale operazionale, infine, costituisce uno strumento particolarmente flessibile, che si presta particolarmente bene al monitoraggio continuo dei parametri dinamici delle strutture. Nel presente articolo è stata descritta anche un’applicazione dell’analisi modale operazionale per l’identificazione delle proprietà dinamiche (periodi di oscillazione e forme modali) di una struttura di importanza storica quale la Torre delle Nazioni ubicata all’interno della Mostra d’Oltremare di Napoli. Bibliografia [1] Mufti, “Guidelines for Structural Health Monitoring”, University of Manitoba, ISIS Canada, 2001. [2] Aktan, A.E., Ciloglu, S.K. Grimmelsman, Pan, Q. and Catbas, F.N. “Opportunities and challenges in health monitoring of constructed systems by modal analysis” Proc. of the International Conference on Experimental Vibration Analysis for Civil Engineering Structures, Bordeaux, France, 2005. [3] Lynch, J.P. and Law, K.H. “Energy market-based control of linear civil structures” Proc. of the USKorea Workshop on Smart Structural Systems, Pusan, Korea, 2002. [4] Lynch, J. 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