Foglio di informazione sulla povertà nel mondo - Alba
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Comunità di S. Margherita - n° 235 - settembre 2012
JOSÉ GRAZIANO DA SILVA*:
PIÙ POLITICA PER VINCERE LA FAME
*Direttore Generale della Fao
di ROBERTO ZICHITTELLA
Un miliardo di esseri umani non ha abbastanza da mangiare,
perché i generi alimentari di base costano troppo e la siccità
riduce le aree coltivabili. «Serve più impegno da parte dei Governi», dice il nuovo direttore generale della Fao. «E più soldi».
“D
imentichiamo
Malthus,
Malthus è morto»,
dice con un sorriso José Graziano da Silva, economista e agronomo brasiliano che dal gennaio di quest'anno ha assunto
la carica di direttore generale
della Fao, l'organizzazione dette
Nazioni Unite per il cibo e l'agricoltura.
Thomas Robert Malthus,
vissuto fra il Settecento e l'Ottocento, economista e demografo
inglese, aveva previsto che l'aumento della popolazione mondiale avrebbe portato a una penuria delle risorse alimentari.
«Oggi nel mondo c'è abbastanza
cibo per tutti, abbiamo il doppio
del cibo che servirebbe alla popolazione mondiale, ma il problema della fame colpisce quasi
un miliardo di persone perché
non tutti hanno un facile accesso alle risorse alimentari», spiega da Silva nel suo ufficio roma-
no, nel grande palazzo fra il circo Massimo e le terme di Caracalla.
Il direttore generale della
Fao ha parlato di questi temi
nel suo recente incontro con
Benedetto XVI. «Tenga», dice da
Silva, «questo è il foglio che ho
messo nelle mani del Papa». Il
foglio riassume gli obiettivi della
campagna Zero Hunger (Zero
fame), con la quale l'Onu vuole
sconfiggere la fame nel mondo.
- Signor direttore generale, ce
la farete?
«Ce la faremo solo con
l'impegno di tutti: Governi,
Chiese, società civile e comunità
locali. La strada che abbiamo di
fronte è lunga e in salita, ma è
tempo di essere innovativi e di
trovare nuove risposte con un
nuovo approccio e un rinnovato
impegno».
- Perché un miliardo di esseri
umani soffre la fame?
«Ci
sono
due
cause principali.
La
prima è il
costo elevato del cibo. I
prezzi
dei
generi
alimentari
di
base
sono
quasi
raddoppiati rispetto
al
-
Ciclostilato in proprio
2005, perciò le persone che sopravvivono con poco più di un
dollaro al giorno non possono
procurarsi tutto il cibo di cui
hanno bisogno. La seconda ragione è il difficile accesso alle
risorse naturali, soprattutto
l'acqua e le terre coltivabili. In
molte regioni del mondo, come il
Sahel e l'Asia centrale, ci sono
terre sempre più aride. L'impatto del cambiamento climatico
sulla produzione alimentare ci
preoccupa molto».
- Lei ha chiesto al Papa la mobilitazione della Chiesa: in
quale modo, secondo lei, può
dare il suo contributo?
«Mi baso sulla mia esperienza in Brasile. Quando abbiamo lanciato la campagna Zero Hunger, abbiamo creato delle
commissioni a livello nazionale
e locale nelle quali abbiamo inserito rappresentanti delle Chiese. Questo ci è stato di enorme
aiuto per raggiungere i più poveri fra i poveri, gli invisibili,
coloro che sfuggono alle statistiche perché non hanno una casa
o un conto in banca. Però queste persone di solito si rivolgono
alla Chiesa ed è stato grazie ai
preti e ai religiosi che siamo riusciti a entrare in contatto con
questi invisibili. Ricordo in particolare l'aiuto che ci è stato dato
dai padri vincenziani».
- Questo modello di aiuto dal
basso, sul territorio, è esportabile?
«Sì, il modello brasiliano
può essere valido per il resto del
mondo. L'ho constatato di recente in Honduras, dove ci è
stato di grande aiuto il coinvolgimento dei pastori delle Chiese
battiste».
- Resta il dubbio che questo
non possa bastare senza un
impegno deciso dei Governi.
Secondo lei oggi i leader mon-
diali hanno a cuore il problema della fame nel mondo?
«No, per niente. Se lei mi
chiede qual è la cosa più necessaria per sconfiggere la fame nel
mondo, le rispondo: l'impegno
politico. Senza l'impegno diretto
dei leader mondiali, dei capi di
Stato e di Governo, non si riescono a compiere i passi necessari per risolvere questo problema. La fame è conseguenza della povertà, delle guerre, di squilibri profondi. Perciò servono
azioni globali e coordinate, che
richiedono un impegno dei Governi».
- Questa disattenzione è dovuta anche alla crisi economica
mondiale?
«Non c'è dubbio. Per realizzare i nostri progetti serve un
aiuto economico costante, ma
non sempre dalla comunità internazionale ci arriva il sostegno
necessario. Soprattutto i Paesi
europei sono diventati meno
generosi. Questo mette in pericolo i progressi realizzati in alcune aree critiche come il Sahel
e il Corno d'Africa. Quest'anno
nel Sahel abbiamo preventivato
una spesa di 112 milioni di dollari per aiutare circa 8 milioni di
persone, ma al momento ci
mancano ancora 83 milioni di
dollari».
- Come pensa di sollecitare la
generosità della comunità internazionale?
«Il Papa può aiutarci molto, così come il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon. Serve uno sforzo congiunto dell'intero sistema delle Nazioni Unite
e di tutti gli altri partner per lo
sviluppo. Ci hanno molto aiutato anche l'ex presidente brasiliano Lula e l'ex presidente del
Ghana Kufuor, premiati lo scorso anno con il World Food Prize.
C'è un sostegno sempre più importante dei Paesi del gruppo
Brics, come il Brasile e l'India.
Vorrei sottolineare anche il ruolo di un Paese come il Vietnam
che, pur non donando aiuti economici, aiuta l'Africa esportando riso e fornendo assistenza
tecnica ai coltivatori. Tutti devono rendersi conto che la lotta
alla fame nel mondo è un imperativo morale».
- Come state affrontando il
problema del lavoro minorile
in agricoltura, che nel mondo
coinvolge 130 milioni di bambine e bambini fra i 5 e i 17anni?
«Dobbiamo distinguere la
condizione dei piccoli che aiutano le loro famiglie, magari accudendo il pollame o con altri piccoli lavori, da quella dei bambini costretti a lavori pesanti e
mal retribuiti. Una soluzione,
sperimentata con successo in
America latina, consiste nel dare alle famiglie delle compensazioni economiche, così il lavoro
dei minori non diventa più necessario e i bambini possono
andare a scuola».
- Come procede il suo progetto per decentralizzare sempre
di più l'azione della Fao?
«Siamo impegnati per essere sempre più vicini, sul territorio, alle aree di crisi. Così il
nostro intervento diventa meno
costoso e più efficace. Questo ci
aiuta sia nelle emergenze, sia
per il lavoro a lungo termine.
Infatti, risolta una emergenza,
dobbiamo evitare che questa si
riproduca. Però, lo ripeto ancora
una volta, servono i soldi. Come
faccio a fronteggiare la crisi del
Sahel senza l'80 per cento dei
fondi di cui avrei bisogno?».
FAMIGLIA CRISTIANA
n. 29/2012-pag.44÷47
NOSTRA TERRA:
PATRIMONIO IN MANO A POCHI
di Francesco Stefanini
Accesso alla terra: istanza che per centinaia di milioni di uomini e
donne si scontra, oggi nel mondo, con pratiche di latifondo, di acquisto per il profitto, di sfruttamento errato. Ma, ricordava Paolo VI, ognuno «ha diritto di trovarvi ciò che gli è necessario»
Rischio di deserto, la diversità si riduce. Nel mondo,
227 milioni di ettari di terra, sono stati venduti o affittati, tra 2001 e 2008, o sono
oggetto
di
negoziazione;
1.100 accordi di “land grabbing” hanno riguardato 67
milioni di ettari, metà soltanto in Africa.
II 47% delle terre emerse nel
pianeta sono a rischio di
desertificazione: 1 miliardo
di abitanti di oltre 100 paesi
sono interessati direttamente dal fenomeno.
Oltre 1,6 miliardi di persone
nel mondo dipendono dalle
foreste; ma 13 milioni di
ettari di boschi sono abbattuti ogni anno a causa dello
sviluppo urbanistico o per
esigenze agricole.
Tra il 1970 e il 2008 si è registrata una riduzione del 30% della biodiversità sul pianeta, fino ad arrivare a livelli
del 60% nelle aree tropicali.
L
a terra, un diritto la
cui affermazione genera sicurezza alimentare e sviluppo sostenibile.
Ma un diritto spesso negato, in
tante parti del mondo: dai latifondisti, ma anche - nei paesi in
via di sviluppo - dall'acquisto e
dallo sfruttamento delle terre da
parte di stati o aziende stranieri, per attivare colture che non
interessano le popolazioni locali,
nonché dagli effetti dei mutamenti climatici, come deforestazione e desertificazione.
“La terra non può essere minacciata (...), né controllata da individui e sottoposta alle pressioni
e alle inefficienze del mercato”:
così sanciva una conferenza
delle Nazioni Unite del 1976.
Oggi - 36 anni dopo - sono state
adottate dalla Fao le linee guida
che impegnano i governi a tutelare i diritti (delle popolazioni
autoctone) di proprietà e di accesso alle terre, alle foreste e
alle risorse ittiche. La miglior
definizione e il rispetto del diritto alla terra sono richiamati con
diverse sfumature anche dagli
Obiettivi del millennio fissati
dalle Nazioni Unite nel 2000 e
dalla Dichiarazione dei diritti
umani (“nessun individuo
potrà essere arbitrariamente
privato della sua proprietà”, afferma l'articolo 17).
Il prossimo 1° settembre,
in occasione della 7a Giornata
nazionale per la salvaguardia
del creato, la Chiesa italiana
ricorderà che la terra, comune
eredità, ci è stata affidata per
lasciarla alle successive generazioni come spazio ancora vivibile. Oggi invece è sinonimo di
potere, spesso asimmetrico: pochi ne hanno tanto, molti non
In tutto il mondo le Caritas operano a fianco delle persone che
vedono leso il loro diritto alla
terra, affinché si realizzino i
principi enunciati nell'enciclica
Popolorum Progressio: “Se la
terra è fatta per fornire a ciascuno i mezzi della sua sussistenza e gli strumenti del suo
progresso, ogni uomo ha dunque il diritto di trovarvi ciò che
gli è necessario”.
ITALIA CARITAS
luglio / agosto 2012 – pag 41
TENTAZIONE ANTICA E NUOVA:
L'ANTIPOLITICA È IRRAZIONALE?
di Domenico Rosati
Dall’Uomo Qualunque in poi, il fenomeno ha fatto capolino nel
dopoguerra. E ha prosperato nell’ultimo ventennio. Le proposte attuali non si vincono con l’esecrazione, o con rimedi pur
necessari. Serve una chiarificazione sul bene comune
Q
uanto di corruzione e
quanto di abitudine
è all'origine dell'antipolitica? Se fosse un composto
chimico, sarebbe facile scoprirlo. Ma si tratta di un'entità immateriale, sentore diffuso che si
manifesta senza regole costanti.
C'è una corruzione effettiva, che
ogni tanto la magistratura scopre nei comportamenti, e c'è
una corruzione percepita, che si
sintetizza nella convinzione comune che «tanto sono tutti uguali». E siccome l'uguaglianza nel
peggio riguarda sempre, nel giudizio popolare, coloro che esercitano il potere, ecco dunque
configurarsi la situazione che
dà luogo a quella che si definisce “antipolitica”. Che è riflesso
stabilizzato di un'indignazione
incontenibile e anche, nella valutazione soggettiva, non rimediabile sul terreno della razionalità. Se il sillogismo regge, se ne
può dedurre che 1'antipolitica
altro non è che il rifiuto della
razionalità?
L'Italia, come ha ricordato
il presidente della repubblica, si
è confrontata a varie riprese con
il sentimento antipolitico. Oggi
fanno notizia i successi ma anche la radicalità di un Grillo,
che vorrebbe instaurare un...
processo di Norimberga per tutto il ceto dirigente. Ma subito
insorge Pannella, per il quale
l'intera storia della repubblica è
marcata dall'illegalità, a rivendicare una primogenitura in materia. Si scatena, insomma, una
singolare concorrenza: l'antipolitica mia è meglio della tua.
Anche in giorni più vicini
Dei precedenti conviene
comunque parlare. Molti oggi ricordano quello di un altro uomo
di teatro, il commediografo Guglielmo Giannini, che raccolse
molti voti alla Costituente in nome dell'Uomo Qualunque. Si
schierò contro i partiti antifascisti, tutti additandoli al ludibrio
delle masse perché corrotti e affamatori del contribuente. In realtà
pescava nel bacino del residuo
consenso fascista, che solo più
tardi avrebbe trovato espressione
nel Msi di Almirante.
L’antipolitica s'è poi manifestata anche in giorni più vicini. Il
movimento leghista delle origini
ha scaricato tutta l'energia su un
solo bersaglio: la “Roma ladrona”,
intesa come compendio di tutti i
mali, ai quali avrebbe posto rimedio l'intemerata propulsione mo-
ralizzatrice del Nord (poi s'è visto
com'è finita). Ma una manifestazione rilevante e durevole di antipolitica s'è avuta anche in tutto il
lungo itinerario del berlusconismo: lo spirito dell'impresa era
infatti sorretto da un rifiuto radicale delle strutture della mediazione politica. I cittadini, ebbe a
dire il leader nel 1994, «debbono
liberarsi dell'illusione che i nostri
rappresentanti politici non abuseranno mai del loro potere». E scatenò la sua potenza contro tutti i
partiti (mentre ne stava facendo
uno) e contro lo stato-avversario,
creando (irrazionalmente) l'attesa
di una diminuzione della pressione fiscale al 35% in dieci anni
oltre che, passaggio famoso, del
«milione di posti di lavoro».
Da dove ripartire?
Oggi tutti i partiti tuonano
contro l'antipolitica. Ma spesso
ignorano che 1'antipolitica ha già
prosperato, nell'ultimo ventennio.
La pretesa di suscitare nel popolo
l'attesa del prodigio, unita al culto
della personalità, ha dirottato
tante energie dalla ragione e dalla
responsabilità dell'impegno civile,
inducendo il miraggio delle soluzioni semplificate («ghe pensi mi»),
in un habitat di sovrapposizione
del privato al pubblico.
Se tutto questo è accaduto,
il confronto con 1'antipolitica non
si vince se ci si limita all'esecrazione polemica o alla predisposizione di interventi pur necessari,
come il contrasto alla corruzione
e il contenimento della spesa per
la politica. Lo sforzo decisivo consiste nel riabilitare le categorie del
discernimento etico-politico, in modo che sia chiaro a tutti ciò che è
meglio e ciò che è peggio nella
gestione della cosa pubblica, e si
recuperi la distinzione tra ciò che
si colloca nel mio orizzonte individuale e ciò che concerne l'insieme
della comunità nei suoi valori di
convivenza.
Noi cattolici lo chiamiamo
"bene comune", e ne forniamo alcune coordinate essenziali. Ma
l'impresa, se vuol essere tentata,
ha bisogno di un'analisi anche
autocritica. E di una credibilità
che corrisponda alla sfida.
ITALIA CARITAS giugno 2012 – pag 19
LETTERA DALL’INDIA
Ci è arrivata verso la fine di agosto una lettera dall’India nella quale si ringraziava per l’aiuto dato
per la costruzione di un Edificio Polifunzionale a
Sennathur. Siccome il giornalino di agosto era già
pronto ne diamo ora diffusamente notizia.
To Santa Margherita Group
in Alba
Al Gruppo di Solidarietà di
Santa Margherita di Alba
My dear Rev. Fr. Don
Flavio and all our friends,
Greetings from Sr.Pushpa
S.D and sisters, and our parish,
community. How are you? Hope
you all are keeping fine by the
Grace of God. We will do pray
for the same. We hope this letter will find out your good
health and all.
We received 3500 euros
from your group. We express our
sincere thanks and gratitude to
each one of you, dear parish
priest, and all our dear and
dear ones.
I know, last so many
years you are helping us for our
poor village since 1987. A long
years you are hard working for
us, how can we forget that, and
all our parishioners expressing
their gratitude and prayers for
you. Every day our people are
offering special prayers for you.
Our congregation also is
expressing our thanks for you
dear Fr. Don Flavio and parish
community. We know that
thanks to your hard work only
our building grown up. Dear
friends, we also praying every
day for each one of you.
Dear Fr.Flavio and dear
friends, I am inviting you in India, especially for our building
Blessing day. I hope you are
visiting in our place as early as
possible.
Once again I am expressing my sincere thanks to each
and to everybody.
Caro don Don Flavio e
tutti voi amici cari,
saluti da Sr.Pushpa SD e
consorelle, unitamente alla nostra Comunità Parrocchiale di
Sennathur. Come state? Speriamo che stiate tutti bene, per
grazia di Dio. Noi preghiamo per
questa intenzione.
Abbiamo ricevuto 3500
euro dal vostro gruppo. Esprimiamo il nostro sincero ringraziamento e gratitudine ad ognuno di voi, a te caro parroco e a
tutti voi amici cari.
So che da tanti anni, dal
1987, state aiutando i poveri
della nostra parrocchia. Da così
tanto tempo state impegnandovi
per noi: come possiamo dimenticarlo? Tutti i cristiani del nostro villaggio esprimono la loro
gratitudine ed offrono preghiere
per voi. Ogni giorno la nostra
gente offre speciali preghiere per
voi.
La nostra congregazione
(Suore degli abbandonati) esprime gratitudine a te don Flavio e
a tutta la Comunità Parrocchiale di S. Margherita in Alba. Conosciamo i vostri sforzi, perché
il nostro progetto del salone polifunzionale proceda celermente
e non possiamo fare altro che
pregare per voi ogni giorno, per
ognuno di voi!
Cari don Flavio e cari amici, vi invitiamo in India, specialmente per l’inaugurazione del
salone-chiesa. Speriamo di avervi presto nel nostro villaggio.
Ancora una volta vi esprimiamo il nostro sincero ringraziamento, a tutti voi amici cari,
e a ciascuno di voi.
Con affetto e preghiere
With love and prayers
Sr. Pushpa S.D
Sr. Pushpa S.D
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Giornalino n° 235 settembre 2012