ISTITUZIONI
PROFILI STORICI E POLITICI

Direttore
Federico L
Università del Salento
Comitato scientifico
Francesco I
Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
Giorgio B
Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
Dora M
Università di Torino
Carla S M
Sapienza Università di Roma
Guido Salvatore M
Sapienza Università di Roma
Joerg L
Università degli Studi del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”
ISTITUZIONI
PROFILI STORICI E POLITICI
La collana si pone come luogo geometrico di incontro
per tutte quelle discipline che hanno a che fare con il
campo oggettuale delle istituzioni politiche (e, in particolare, dello Stato). La storia delle istituzioni politiche, non
meno che la riflessione politologica, sociologica, giuridica, filosofica, economica sulle forme organizzative della
statualità sarà l’oggetto dei testi che verranno proposti o
riproposti. L’oggetto viene posto al centro dell’attenzione
e attorno a esso vengono collocate le distinte angolazioni
disciplinari dalle quali lo si può studiare, diacronicamente
o sincronicamente.
Marina Imperi
L’abate di Saint–Pierre
L’idea d’Europa per un nuovo sistema di governo
Prefazione di
Carla San Mauro
Copyright © MMXV
Aracne editrice int.le S.r.l.
www.aracneeditrice.it
[email protected]
via Quarto Negroni, 
 Ariccia (RM)
() 
 ----
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento anche parziale,
con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Non sono assolutamente consentite le fotocopie
senza il permesso scritto dell’Editore.
I edizione: luglio 
Indice

Ringraziamenti

Prefazione
di Carla San Mauro

Introduzione

Capitolo I
Charles Irénée Castel de Saint–Pierre e il suo tempo
.. La formazione culturale di Castel de Saint–Pierre,  –
.. Le tematiche affrontate e la sua idea di ragione universale,  – .. La scienza politica e le riforme, .

Capitolo II
I progetti di pace e l’idea d’Europa
.. L’idea d’Europa e l’idea di pace,  – .. I progetti pour
rendre la paix perpétuelle en Europe,  – .. Il progetto di
riforma della sua idea d’Europa, .

Capitolo III
L’eredità dell’abate di Saint–Pierre
.. Il giudizio dei contemporanei,  – .. Il messaggio
di Saint–Pierre, .

Bibliografia

Ringraziamenti
È mio desiderio ringraziare tutti coloro che hanno contribuito a questa pubblicazione dedicando il proprio tempo,
la propria conoscenza e il proprio lavoro. Questo testo è
il prodotto del dottorato in Storia delle dottrine politiche
e Filosofia della politica del Dipartimento di Scienze Politiche, dell’Università “La Sapienza” di Roma. Non può
mancare in questa sede un pensiero al compianto prof.
Luigi Gambino che mi ha sempre accordato la sua stima
e al quale devo l’incoraggiamento a coltivare questi studi.
Gratitudine va espressa alla prof.ssa Carla San Mauro per il
tempo e i consigli spesi nel ruolo di tutor di dottorato, per
il suo costante interessamento al mio lavoro e alla mia persona fin dagli anni universitari, oltre che per aver accettato
di contribuire a questa pubblicazione con la sua autorevole presentazione. Vorrei ringraziare il prof. Andrea Bixio,
già coordinatore del dottorato, per la brillante indicazione
di passare dall’iniziale e più generale idea europeista all’idea d’Europa dell’abate di Saint-Pierre, dandomi modo di
approfondire una figura così controversa ed interessante.
Decisamente importante è stato pure il contributo dell’intero collegio di dottorato, tramite i consigli e le costruttive critiche di ogni professore membro, li ringrazio tutti.
In modo particolare però devo nominare il prof. Paolo Armellini per i suoi spunti sempre opportuni, il prof. Franco
Di Sciullo per gli indispensabili consigli di ricerca in rete e
la prof.ssa Maria Pia Paternò per i suoi suggerimenti su au

Ringraziamenti
tori contemporanei. Una menzione a parte vorrei dedicare
al prof. Luca Scuccimarra, ora coordinatore del dottorato,
per la pazienza e il tempo che mi ha concesso in sede di
pubblicazione e durante il convegno tenutosi a Macerata
nel  proprio sulla figura dell’abate di Saint-Pierre.
Di conseguenza desidero ringraziare la prof.ssa Patrizia
Oppici e la dott.ssa Simona Gregori, responsabili di quel
convegno, per le informazioni e i loro contributi. Un sentito ringraziamento a tutti gli studiosi presenti a Macerata
per la condivisione dei loro studi e particolarmente alla
prof.ssa Carole Dornier e al prof. Olaf Asbach per il prezioso scambio di e–mail e materiale di ricerca. Distinta
riconoscenza debbo alla prof.ssa Maria Grazia BottaroPalumbo per la sua disponibilità e per lo splendido lavoro
che ha svolto in Italia sulla figura dell’abate di Saint-Pierre,
fonte utilissima per la mia ricerca. Un sincero ringraziamento anche a Mary McDonald, Director of Publications
dell’American Philosophical Society, per l’apprezzata e sollecita cura nel mandarmi gli scritti, irreperibili in Italia, di
un altro importante studioso dell’abate, Merle Perkins. Un
incoraggiamento a pubblicare questa tesi di dottorato è
arrivato anche dalla commissione esterna d’esame nelle
persone di Mario Tesini, Rocco Pezzimenti e Simona Andrini, che ringrazio per il loro più che positivo giudizio ed
apprezzamento. Vorrei pure dimostrare la mia riconoscenza al prof. Fulco Lanchester, Direttore del Dipartimento di
Scienze Politiche, per il tempo che mi ha pazientemente
ed affettuosamente dedicato in sede di pubblicazione.
Un sentito ringraziamento è indirizzato al direttore,
prof. Federico Lucarini, e al comitato scientifico della collana Istituzioni profili storici e politici di Aracne, in particolare al prof. Francesco Ingravalle per il suo lusinghiero
giudizio nell’accogliere il mio lavoro in questa collana.
Ringraziamenti

Ringraziare i miei genitori, la mia famiglia tutta, mio
marito, persino i miei amici per i sacrifici sostenuti e la
fiducia che mi hanno sempre dimostrato è il minimo che
possa fare e spero che in qualche modo possano essere
soddisfatti del risultato conseguito. Devo infine ringraziare
la pazienza e la professionalità della casa editrice Aracne
che ha reso possibile questo lavoro.
Prefazione
di C S M
Marina Imperi ha elaborato, con notevole capacità analitica, una documentata e rigorosa ricostruzione dei molteplici aspetti della personalità di Charles Irénée Castel de
Saint–Pierre collegandoli tra loro con coerenza e chiarezza
espositiva, alla luce del complessivo e articolato dibattito
teorico–politico dell’epoca. La figura dell’abate è al centro
da alcuni anni di una serie di vivaci discussioni che ne hanno rilanciato la figura di studioso, di filosofo della politica,
di diplomatico, di uomo colto e dalla vasta curiosità intellettuale. In particolare, le numerose edizioni del suo Projet
pour rendre la paix perpétuelle en Europe — uno dei primi
innovativi testi pacifisti — offrono strumenti di riflessione
utili agli studiosi che negli ultimi tempi hanno cercato di
valorizzare le opere di Saint–Pierre, ritenute a lungo di
minore spessore. Oggi il suo pensiero è stato rivalutato, ha
avuto il suo riscatto, ed ora è giunto il momento di riesumare in pieno le sue idee. E poi, non è affatto scontato che
un libro di circa tre secoli non abbia ancora qualcosa di
interessante da dire e non sia addirittura uno strumento
per molti versi più valido della scienza politica accademica
dei nostri giorni. Con il prezioso apporto della Imperi
l’opera di Saint–Pierre — va riconosciuto — è sottoposta a
un paziente lavoro di efficace ricostruzione degli elementi
strutturali e funzionali che la caratterizzano, e ci viene
riconsegnata rinvigorita nella sua essenza.


Prefazione
È ormai superata l’idea, che primeggia sovrana e quasi incontrastata, di una trattazione, quella di Saint–Pierre,
«complessa, abbondante ma confusionaria, di solito utopica, priva di continuità e di coerenza», come opportunamente precisa l’autrice e, aggiungerei, a tratti velleitaria o
addirittura visionaria, icona di un pacifismo bonario. Da
un punto di vista metodologico, è pienamente condivisibile l’intenzione della Imperi di «dare voce al suo pensiero,
e lasciare che fossero i suoi stessi progetti a guidarci nell’esame delle sue proposte e delle sue idee», considerata
«l’ambivalenza della critica in merito alla sua opera». Il
Projet dell’abate di Saint–Pierre — «troppo buono per essere adottato», esclamava scettico Rousseau! — fu colpito,
come è noto, dalle critiche pungenti e severe di Leibniz,
Voltaire, D’Alembert, dello stesso Rousseau, e non solo.
All’alba del Settecento Saint–Pierre, “maestro spirituale” degli attuali organismi comunitari e uno dei più tenaci
apostoli del pacifismo, diviene paladino e sostenitore tout
court di un progetto — in un’epoca in cui i progetti di
pace erano “di moda” — che egli vuole con tutte le forze
“epurare” da qualsiasi sfumatura utopistica. Il suo modello “piramidale”, come è stato definito, avanza un’ipotesi
squisitamente europeistica e irenistica, e prefigura l’idea
di costituire una società europea diretta da un “consiglio di
famiglia” composto dai re cristiani d’Europa. Ben presto
l’abate abbandona la chimera di creare uno Stato “globale”,
un ipotetico Stato mondiale, garante di una pace “planetaria”. Dotata di poteri giuridici e militari, questa società deve
porsi il delicato quanto ambizioso obiettivo di garantire
la sicurezza degli Stati membri della comunità internazionale (cui viene riconosciuta pari dignità rappresentativa),
di dirimere i contrasti e, infine, di assicurare in Europa
una pace durevole, “perpetua”, che miri a realizzare la “fe-
Prefazione

licità del maggior numero” e a eliminare la guerra. E il
pensiero va alla appassionata aspirazione alla pace e alla
concordia universale di Erasmo da Rotterdam, alla sua
concettualizzazione in nuce del primo cittadino europeo
dell’età moderna, con lo sguardo volto a un’Europa senza
frontiere e senza violenze.
Come riassume bene l’autrice nelle eloquenti pagine
introduttive che vanno all’essenza dei problemi, in Saint–
Pierre emerge un atteggiamento “positivo, propositivo
e dinamico”, profondamente fiducioso «nell’uomo, nella
società, nella politica, nel futuro», che si concretizza nella
proposta di «un sistema di riforme destinato agli Stati europei, e ad ogni tipo di istituzione che deve uniformarsi
ai nuovi princìpi ma soprattutto deve mirare al benessere
individuale e sociale». Assai diverso — sottolinea realisticamente la Imperi — è il quadro della società in cui viviamo
oggi, «ben lontana dal rappresentare quell’età dell’oro» che
l’abate aveva prospettato. Ma non si può negare che oggi
le società moderne, sempre più complesse nel loro articolarsi, convivono con la paura, l’incertezza e il disincanto;
viviamo in un mondo ad alto rischio e con una sola illusione: che la paura, la sfiducia possano essere eliminate nella
vita contemporanea.
Il Projet di Saint–Pierre è uno scritto da leggere con
attenzione e con riguardo. Non propone, infatti, soluzioni
facili o addirittura prodigiose, non è una profezia. Nonostante il distacco con cui è stato accolto, l’evoluzione delle
moderne istituzioni comunitarie ha dimostrato che le idee
che vi sono contenute, audaci e illuminanti, prefigurano la
realtà futura e costituiscono ancora oggi una solida base di
discussione. È un testo che ci pone di fronte a un intreccio
di interrogativi. Noi oggi ci domandiamo se in realtà la
proposta dell’abate abbia ancora qualcosa da suggerirci per

Prefazione
superare le difficoltà attuali di un’Europa divisa e confusa,
in manifesta crisi di identità, che si sente minacciata da un
probabile, sovrastante declino (anche se, forse, la retorica
del declino assoluto è esagerata), oppressa da un senso di
crescente impotenza. Un’Europa ben consapevole che ci
sono sfide globali che possono essere affrontate solo con
una solida unità politica, pur rispettosa di quel pluralismo
e di quelle diversità che sono la sua grande ricchezza.
Per concludere, non ultimo pregio del lavoro della Imperi è di essere riuscita a «contestualizzare l’apporto che
il pensiero di Saint–Pierre può significare oggi» facendo
riferimento alla riflessione di Jürgen Habermas e, in particolare, «nel suo richiamo alla necessità di un ritorno alle
utopie, e nella sua proposta di guardare all’Unione Europa
come ad una prospettiva diversa, nuova e non più legata
necessariamente ai concetti e alle teorizzazioni dello Stato
nazionale».
Carla San Mauro
Dipartimento di Scienze Politiche
“Sapienza” Università di Roma
Introduzione
Slanci ottimistici, ambivalenti critiche e atteggiamento
scettico sono le comuni caratteristiche che legano sia le
riflessioni sull’idea d’Europa che quelle riguardanti la figura dell’abate di Saint–Pierre, in questo senso possiamo
affermare che condividano lo stesso destino.
Analizzare come una figura così differentemente discussa abbia sviluppato un’idea altrettanto dibattuta, può far
intraprendere il rischio di privilegiare determinate visioni,
di incorrere in influenze particolari, di assumere, nostro
malgrado, posizioni non del tutto obiettive.
La figura dell’abate di Saint–Pierre si è prestata sempre
a diverse interpretazioni, c’è chi lo considera un esponente
del secolo passato, chi invece lo inquadra come precursore
dell’Illuminismo, chi lo descrive come conservatore e chi
come un progressista molto in anticipo per i suoi tempi.
La sua produzione spesso viene criticata perché complessa,
abbondante ma confusionaria, di solito utopica, priva di
continuità e di coerenza.
Nel prendere in esame questo autore si è cercato di
inserirlo nel proprio contesto storico e culturale proprio
per non lasciarsi fuorviare, per quanto possibile, da altre
letture precedenti. Vista l’ambivalenza della critica in merito alla sua opera, si è cercato di dare voce al suo pensiero,
e lasciare che fossero i suoi stessi progetti a guidarci nell’esame delle sue proposte e delle sue idee. Così nel primo
capitolo, dopo una ricostruzione, seppure schematica, del


Introduzione
processo evolutivo europeo, si è cercato di descrivere il
periodo storico e l’ambiente culturale in cui si forma Saint–
Pierre; la diversa e più complessa situazione politica della
Francia, oltre che di un’Europa segnata dal pluralismo degli
Stati territoriali. Ne emerge il ritratto di un uomo inserito
nel proprio tempo, nei dibattiti culturali della sua epoca,
nell’ambiente sociale e della corte di Luigi XIV ormai in
declino.
Il pensiero dell’abate recepisce il principio razionale
cartesiano diffuso nella sua epoca, ma già rinnovato dalle
critiche ad una visione strettamente meccanicistica della
natura umana, che pure venivano avanzate da più parti.
A questo proposito le riflessioni di Nicole, Pascal, Malebranche, diventano fonte di ulteriore approfondimento sui
temi delle passioni, dell’amor proprio, dell’interesse ben
inteso o chiarificato. Queste considerazioni venivano poi
arricchite dagli apporti del Giusnaturalismo e dell’Empirismo, correnti che sottolineavano ulteriormente i limiti
della visione cartesiana, soprattutto in termini di corrispondenza pratica verso le scienze come morale e politica,
che restavano ai margini del pensiero di Cartesio, e in
merito all’esclusione del dato sensoriale ed emotivo pure
appartenenti alla natura dell’uomo. Le nuove opportunità
che si aprono all’orizzonte della vita umana trasformano
l’escatologia cristiana di un futuro paradiso celeste in un
raggiungibile benessere terreno che porta il mito dell’Eden
nella realtà quotidiana.
Assieme a questi nuovi aspetti si inizia a rilevare anche
un atteggiamento di insofferenza verso un principio di
assolutezza; il concetto di autorità è quello che più risente
di questa tendenza a contrastare un potere che relegava
ormai da troppo tempo la pur presente esigenza di libertà.
Nel pensiero di Saint–Pierre ritroviamo questi influssi, ma
Introduzione

soprattutto si rileva come egli sia uno tra i primi a dare
voce all’esigenza di un principio di autorità meno preponderante. Egli prende le distanze non solo dall’assoluto che
aveva stabilito la tradizione, ma anche dalla morale edificata su di un’acritica consuetudine e su modelli decisamente
sbagliati, da una politica fondata sul capriccio e sul potere
assoluto, e da una fede basata sui dogmi. L’abate vi preferisce un atteggiamento relativo ma non scettico, tendenza,
quest’ultima, che avrebbe portato all’estremo opposto, di
fare del libero esame e del principio di razionalità un altro
assoluto.
Gli eventi storici, il declino della Monarchia francese,
le oggettive difficoltà e le critiche che questa subiva in
merito alla propria politica autoritaria e di conquista, si
innestavano a quelle considerazioni e contribuivano ad
alimentare il dibattito culturale, come anche il pensiero
dell’abate.
Egli quindi esprime un principio di razionalità che chiamerà universale e che intende prendere in considerazione
sia la ragione, il dato logico ed intellettivo, che la passione,
l’emotività, l’aspetto psicologico. Troviamo in Saint–Pierre
un’idea della natura umana fondata sulla ricerca dell’equilibrio dei suoi vari aspetti, un’armonia a sua volta sostenuta
dall’idea dell’utile e dal progresso intellettivo e spirituale.
L’uomo che pensa Saint–Pierre è un individuo che può
migliorare e progredire, inserito nella società che egli stesso ha contribuito a creare, diviene anche fonte di miglioramento per gli altri. L’abate accoglie la visione giusnaturalistica che pone alla base della società un patto sociale,
ma l’arricchisce sempre dell’aspetto emotivo e psicologico.
In lui la ragione lavora sinergicamente con le passioni che
non sono condannate a priori, ma che assumono anche
un ruolo fondamentale proprio nel progresso umano.

Introduzione
Di conseguenza il pensiero di Saint–Pierre condivide
l’aspetto della ragione pratica ma è prevalentemente proteso alla pratica della ragione. La sua riflessione non vuole
restare speculativa, anzi non lo è affatto, piuttosto intende
divenire realtà, concretizzarsi, raggiungere i traguardi che
la razionalità suggerisce. Una volta assimilati i nuovi princìpi e compresa l’importanza di una rinnovata razionalità si
deve passare all’azione, e perciò predilige le scienze morali
e politiche, per la garanzia che solo queste possono fornire
di giungere allo scopo primario della scienza politica: il
benessere degli individui membri della società che regola. Le sue riflessioni lo conducono verso una prospettiva
universale, che assumendo la natura umana nella sua complessità, lo rende consapevole dell’esigenza di una riforma
di tutto il sistema.
La sua riforma però si indirizza principalmente all’individuo, è per il suo progresso e il suo benessere che l’abate
si impegna in una serie di progettazioni che prendono
in considerazione ogni aspetto della vita umana e ogni
istituzione.
Avendo come fine il benessere individuale e sociale e
come regola l’utilità, la scienza politica che propone l’abate
è un’idea di potere fondata sulle leggi, norme condivise
dai membri della comunità e che lo tutelano proprio per
condurlo a quella nuova forma di felicità, quel nuovo eden,
che nella sua riflessione trova espressione concreta proprio
nel suo vasto piano di riforme.
Egli pur mostrandosi piuttosto critico nei confronti dell’istituto monarchico assoluto ne concepisce non di meno
la possibilità di una riforma, in questo senso condivide le
idee di molti suoi contemporanei, ma se ne differenzia
decisamente per le proposte indicate come soluzioni. In
realtà la progettazione dell’abate, proprio assumendo una
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