patologie
geriatriche
disabilità
Insieme
a sostegno
dipendenze
disagio
psichico
Amministrazione di Sostegno
“L’esigenza presente”
Le aree della fragilità
Indice
Prefazione
5
Introduzione
7
Le persone con esperienza di disagio psichico
13
Le persone con patologie geriatriche
21
Le persone con disabilità
31
Le persone con esperienza di dipendenze
39
3
Prefazione
Questa pubblicazione rappresenta l’inizio di un percorso di approfondimento sulle aree della fragilità, i problemi cioè che portano le persone alla richiesta di una protezione giuridica
adeguata “nella minor limitazione possibile”, un primo passo nel lavoro di sinergia che miriamo a stabilire tra le associazioni coinvolte nel progetto, con i tribunali coinvolti e con i
servizi pubblici dedicati alla protezione giuridica.
Costituire una rete competente e organizzata a fianco delle persone con fragilità e a coloro che hanno la disponibilità ad assumersi il compito di Amministratore di sostegno è
l’obiettivo più ampio di tutto il progetto.
Questo primo lavoro vuole iniziare un dialogo, individuare quelle che oggi ci sembrano le
caratteristiche personali e legate al tipo di fragilità, per poter trovare il modo migliore e
comune a tutti gli attori del processo, per cucire “un vestito su misura” che possa proteggere la persona con fragilità.
Le richieste di ADS stanno aumentando, le persone cominciano a conoscere la legge e
ad apprezzarne lo spirito; i tribunali si trovano di fronte ad un problema sì di tipo organizzativo, ma soprattutto di ricerca di quegli strumenti più idonei per realizzare la legge;
i servizi pubblici deputati per legge faticano nel riuscire a seguire i singoli bisogni delle
singole persone.
“Tutti compiti che vanno ben oltre la mera attività di controllo patrimoniale (e poco più) che
le tutele e le curatele un tempo necessitavano.
Anzi l’“indice di modernità” della nuova misura protettiva sta proprio nell’accentuazione
del profilo “personalistico-morale” degli obiettivi di tutela propria della stessa, così come
pregnantemente scritti nell’ art. 410, Codice civile, laddove si enucleano i principali doveri
dell’amministratore di sostegno ed in particolare si sancisce quello, generale, di “tener conto
dei bisogni e delle aspirazioni del beneficiario”.
Una rete di organizzazioni del privato sociale ha quindi l’intenzione di diventare un partner dell’intero sistema di protezione giuridica, ma per questo riteniamo siano necessari
condivisione e linguaggio comune, strumenti e modalità di relazione tra tutti i soggetti
coinvolti. Le diverse competenze delle singole parti del sistema devono potersi parlare,
avere cioè la capacità di una interlocuzione reciproca e rispettosa, un dialogo costruttivo
e la comprensione delle singole parti sicuri di avere tutto il medesimo obiettivo.
Con i tribunali di Milano e Monza vorremmo iniziare un dialogo costruttivo e collaborativo, per poter affrontare insieme e dai diversi punti di vista i problemi che nella sua
applicazione stiamo tutti incontrando.
“Tenuto conto della situazione generale della giurisdizione ordinaria italiana ed in particolare di quella civile, trovare e creare “nuovo spazio” all’interno delle strutture operative
di base (Tribunali) è risultato essere il vero “punto di crisi” della realizzazione del progetto
legislativo, trattandosi dell’ennesimo esempio, tipicamente italiano, di innovazione “a
costo zero”.
Tuttavia, l’esperienza di questi anni dice anche che un’ adeguata configurazione organizzativa
degli uffici dei Giudici tutelari, pur indispensabile, non è affatto sufficiente per raggiungere gli
scopi sostanziali di protezione dei soggetti deboli che la legge prefigge.”
5
Cosa può offrire il progetto:
“le organizzazioni del privato sociale impegnate nel campo della protezione giuridica in
modo stabile e strutturato, capace prima di tutto di soddisfare una soverchiante esigenza di
informazione e di assistenza dell’utenza circa gli scopi ed in ordine ai meccanismi giuridici
di funzionamento dell’ istituto in oggetto.
In secondo luogo quella di rinvenire risorse alternative a quelle familiari, quando queste
manchino ovvero siano inidonee, per l’esercizio delle funzioni di amministratore di sostegno.
Questa è diventata la “sfida nella sfida”; senza dubbio l’impegno, almeno in apparenza, più
duro e complesso.”
Le riflessioni riportate di seguito sono il frutto del lavoro dei gruppi tematici costituitisi
all’interno del gruppo di pilotaggio del progetto, lavoro che si è svolto negli ultimi tre
mesi con lo scopo di ‘cominciare dal bisogno presente’, porre l’attenzione alle persone e al
loro bisogno specifico di protezione giuridica.
Le organizzazioni e gli avvocati volontari hanno quindi redatto queste pagine che riassumono le esperienze reciproche nelle quattro aree della fragilità, una sintesi delle ipotesi
che si potranno percorrere insieme e l’apertura a nuove e più idonee possibilità.
L’idea è con questo di cominciare un dialogo e una collaborazione
– con le organizzazioni che hanno aderito al progetto, ingaggiandole fin da subito a impegnarsi nella sensibilizzazione e al reperimento di nuovi volontari ADS o a quelle forme
(associazioni di tutela) e alla loro formazione;
– con i tribunali perché si possano creare momenti di dialogo e di costruzione di quelle
modalità di lavoro che possano meglio rispondere ad una buona realizzazione dei provvedimenti;
– con i Comuni e i servizi di protezione giuridica perché è nella collaborazione e nel rispetto delle competenze si possano creare sinergie e sviluppi nel sistema della protezione
giuridica, diritto di ogni cittadino con fragilità
– con i professionisti perché si affianchino ai volontari in modo da sorreggerli nel compito.
Verranno avviati i Punti di prossimità nel territorio ASL Milano con l’intento di creare dei
veri luoghi di incontro, di servizio e di vicinanza. Avranno il compito di tessere una rete
tra le organizzazione, i servizi e le persone fragili, attraverso percorsi specifici di sensibilizzazione; formare e sostenere i volontari ADS nel compito attraverso anche la rete dei
professionisti; affiancare e accompagnare le singole persone nel percorso verso un ‘buon
ricorso’ e agli ADS o ai familiari nel sostegno nelle azioni che ne conseguono.
Questo fascicolo si compone di diverse parti corrispondenti alle diverse forme di fragilità.
1 Dott. Enrico Manzon, GT del Tribunale di Pordenone.
“Progettualità e sperimentazione nel campo dell’amministrazione di sostegno: l’innovazione organizzativa giudiziaria al servizio dei soggetti deboli”.
2 Ibidem.
3 Ibidem.
6
Introduzione
“la verità è che ogni essere umano è portatore di un proprio progetto di vita: più o meno
limpido e ambizioso. Chiunque si alza al mattino e inizia una nuova giornata e vuol dare
alla propria esistenza un qualunque significato, grande o piccolo che sia . Durante il corso
del tempo ciascun individuo continua a tessere piani, a disegnare l’immediato: affitterò
una casa, farò l’università, tenterò un concorso, mi abbonerò alla stagione teatrale, andrò
in vacanza. E poi lo sport, i libri, gli amici vecchi e nuovi da incontrare; una collezione, il
fondo assicurativo, la musica, … magari niente; comunque un ‘niente’ non imposto dalle
circostanze, neanche da una disgrazia“
(Cendon)
Ognuno tratteggia più o meno consapevolmente i propri obiettivi di vita e soprattutto
quotidiani, ma di certo li avverte come propri; c’è la consapevolezza in ognuno che lo
scorrere del tempo è accompagnato e realizzato anche dai nostri desideri, dai nostri successi e insuccessi: una programmazione continua del nostro “fare” che insieme si accompagna o asseconda un nostro “essere”.
La persona fragile è pure lui così, si sente come gli altri, come tutti: il suo sentire non è
diverso, aspira come tutti alla realizzazione di sé, ma non ci riesce completamente, non
da solo. Un qualche impedimento di base (di tipo fisico, psichico, sensoriale, istituzionale,
anagrafico, …) glielo vieta parzialmente o contingentemente.
“Non-farcela” è il verbo chiave che definisce la persona fragile.
La definizione comprende quindi un vasto campionario di infelicità umane che l’esperienza di oggi ci offre: le grandi depressioni, la demenza senile, le alcoldipendenze, le
tossicodipendenze, i malati terminali, i lungodegenti, la disabilità congenita e acquisita
o anche quei deterioramenti esistenziali frutto di fragilità psichica, di marginalità sociale
che comunque indeboliscono la persona nel campo delle sue relazioni.
Forme vecchie e nuove della fragilità, persone cioè che ad un certo punto della loro vita
hanno bisogno di attingere ad una forma di protezione stabile.
Una fase della vita che può sopraggiungere per tutti, nella quale ci si può capitare.
7
La protezione giuridica
“La società moderna ha costruito una favolosa macchina
per soddisfare i bisogni degli uomini.
Bisogna ora sviluppare uno spazio per i desideri dell’uomo.”
(C. Brodeur)
Le storie
Maria, 83 anni, vive sola in una casa la cui facciata scrostata ricorda un volto
truccato e esposto alla pioggia. Con lei un cagnolino, non si comprende chi porta
a spasso chi. Maria tre giorni fa è stata vittima di una truffa. Non ha il coraggio di
raccontarlo ai nipoti, dice “Quelli mi fanno interdire! Eppoi non mi fanno restare
qui in casa mia e lui – indicando il cane – lo rinchiuderebbero in un canile. Noi ci
facciamo compagnia da quando mio marito se ne è andato.”
Aldo, 50 anni, padre di due figli, impiegato in una azienda. Nell’intervallo di pranzo non riesce a staccarsi da quelle macchinette con quelle luci intermittenti da
farle sembrare un albero di natale. Solo che quegli apparecchietti non portano
doni. Aldo ha dilapidato i suoi pochi risparmi, ogni volta doveva essere l’ultima.
Francesco, 40 anni, ha sempre vissuto con la sua mamma e in quella casa è voluto restare anche quando è rimasto solo. Passa la mano sui mobili, li accarezza,
sorride, accarezza e sorride ai suoi ricordi. Ha provato a vivere con una badante
che si occupasse della casa, di lui, delle sue necessità, ma la convivenza non ha
funzionato. Ed è durissimo dipendere dagli altri quando non parli, non sei autonomo, quando i pensieri a volte inciampano.
Antonio, 49 anni, vive in una cascina un po’ isolata . Un vicino, che abita qualche
chilometro più in là, passa una volta alla settimana per controllare che abbia
mangiato, che si sia sommariamente lavato, che assieme alle numerose sigarette non abbia “acceso” anche il materasso. Il problema sorge quando Antonio
comincia a parlare con il diavoletto, non c’è rosario o acqua benedetta che tengano.
Esiste una fascia ampia di persone fragili nei confronti delle quali fino a pochi
anni fa l’ordinamento giuridico apprestava rimedi demolitori che in effetti non
potevano non produrre quella sensazione di minaccia raccontata da Maria.
I principi
Il tema della protezione giuridica si è presentato prepotentemente a partire
dalla seconda metà degli anni ’80 all’interno delle problematiche relative alla
disabilità, andando a braccetto con le impellenze poste dalla l. 180/78 in tema
di salute mentale. In questi anni, il nostro paese, come molti altri del mondo occidentale, si è spinto verso la deistituzionalizzazione, riportando le persone con
fragilità, per quanto possibile, nell’ambito della famiglia e della comunità. Se da
un lato la qualità della vita di queste persone è risultata migliorata, dall’altra
8
le famiglie sono state gravate da altri oneri, primo fra tutti la preoccupazione
del “dopo di noi”, proprio in relazione al mantenimento del valore dell’esistenza
raggiunto.
Quando un disabile adulto subisce la perdita dei suoi riferimenti parentali,
quand’anche venisse data soluzione a tutti gli altri problemi (residenzialità,
cure, socialità, sicurezza economica, etc.), ma non venisse data risposta al bisogno di “appartenenza” a qualcuno che si occupi e preoccupi, allora tutto sarebbe
precario e subentrerebbe un vissuto di abbandono, di solitudine, di peggioramento della qualità della vita.
Fino al 2004 le famiglie hanno avuto a disposizione strumenti come l’inabilitazione e l’interdizione. Queste misure possono essere messe in essere solo attraverso il ricorso ad un legale con almeno due inevitabili implicazioni: il costo e
l’impatto emotivo di intraprendere un percorso “contro” una persona cara, dimostrandone l’incapacità di intendere e di volere, che cosi risultava essere la “parte
soccombente”. Quindi le famiglie, pur riconoscendo la necessità di proteggere il
figlio, il fratello o altri, hanno sempre difficilmente fatto ricorso a questi marchi
“infamanti”, anche quando si è cercato di incominciare un percorso culturale che
attribuisse al curare e tutelare la funzione di cercare tutte le opportunità per
realizzare “con la testa e con il cuore” un progetto di vita della massima qualità
possibile.
È da questa situazione che ha preso le mosse il difficile percorso di riforma
del sistema di protezione giuridica che finalmente ha portato all’introduzione
dell’amministrazione di sostegno nel nostro ordinamento. L’associazione OLTRE
NOI ..LA VITA di Milano, che dal 1992 si occupava di protezione giuridica delle
persone con disabilità, è stata fra i principali promotori di questo istituto, collaborando fattivamente alla stesura della legge istitutiva.
Legge 9 gennaio 2004, n. 6 – pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 14 del 19
gennaio 2004
Art. 1.
La presente legge ha la finalità di tutelare, con la minore limitazione possibile della capacità di agire, le persone prive in tutto o in parte di autonomia
nell’espletamento delle funzioni della vita quotidiana, mediante interventi di
sostegno temporaneo o permanente.
Uno degli aspetti importanti di questa legge è che allarga il campo della protezione e introduce nell’ambito della considerazione normativa del codice civile
tutte le situazioni di fragilità. Essa infatti ha per destinatari le persone, prive,
in tutto o in parte, di autonomia nell’espletamento delle funzioni della vita
quotidiana. Definire la persona con fragilità come “persona” vuol dire sottolineare quegli aspetti di originalità e di creatività che caratterizzano ogni individuo e che i bisogni dei questa persona sono gli stessi che caratterizzano
ogni individuo: bisogno di intimità, di autonomia, di confronto significativo, di
9
realizzazione e proiezione nel tempo, di relazione, di condivisione e di appartenenza.
Questo è quello che Cendon chiama “approccio esistenzialista”. Dietro questa espressione apparentemente teorica, astratta, c’è invece la realtà spicciola
di tutti i giorni, le sue scansioni, i rapporti familiari, quelli sociali, gli affetti, i
rapporti di vicinato, la scuola, le vacanze, il lavoro, la banca, l’assicurazione, il
condominio.
Nella scelta delle misure e nella determinazione dei loro contenuti si deve preferire “la minore limitazione possibile della capacità di agire” e soprattutto solo
quando necessaria ad assicurare una adeguata protezione. Per esempio, l’età
avanzata di per sé non è una menomazione, ma se accompagnata a condizioni
di isolamento, deterioramento abitativo, malattia, esposizione a raggiri, l’amministrazione di sostegno può diventare uno strumento.
Questo è anche quello che fa dell’amministrazione di sostegno una misura flessibile, adattabile nei contenuti e nella durata, il famoso vestito ritagliato secondo le esigenze della singola persona. In termini pratici ciò significa che all’amministratore di sostegno viene data la possibilità di rappresentare non come
altro dalla persona del beneficiario, piuttosto nel significato di doppia presenza,
di affiancamento, e anche quando investito della rappresentanza esclusiva comunque con una funzione di assistenza.
L’amministratore di sostegno è da concepire allora come una presenza attenta alla persona nella sua globalità, fatta non solo di necessità obiettive,
ma anche di desideri e aspirazioni, di opinioni da tenere in considerazione.
Questo è un passaggio fondamentale perché mette al centro la persona e
la relazione, la vicinanza ad essa. Come diversamente sarebbe possibile conoscerne aspetti così intimi e singolari? La rete relazionale, in cui la persona
è inserita, costituisce il suo ambiente di vita, la sua identità si costruisce in
quel tessuto emotivo, patrimonio che essa non sempre riesce a comunicare,
ma che è parte vitale della sua esistenza. Negare questo patrimonio, o svalutarlo implicitamente, mette la persona in una situazione di confusione rispetto alla sua identità, soprattutto quando priva di strumenti comunicativi.
L’amministratore di sostegno diventa anche quella figura che esige i diritti,
che dà voce alla persona.
Il Giudice Tutelare assumere il ruolo di “scultore” della capacità della persona e
si fa garante che l’istituto dell’ADS non venga utilizzato per ridurre la capacità
d’agire, anche solo di poco.
La famiglia, le associazioni di tutela, i volontari ADS sono persone vicine e già
conosciute che garantiscono il rispetto della storia personale e sono scelti quali
ADS a riguardo esclusivo perché in grado di curare gli interessi, le aspettative, i
desideri della persona con fragilità; agiscono con competenza, nel progettare la
vita presente e futura del beneficiario, supportati dalla rete dei servizi.
10
I punti di prossimità
Sono i luoghi che realizzano la vicinanza alle persone con fragilità, alle loro famiglie, alle associazioni e ai volontari, mantenendo una costante promozione e
il sostegno alle funzioni di orientamento, informazione, facilitazione all’accesso
delle buone prassi e alle risorse della rete intera.
Cinque ‘punti di prossimità’, definiti di primo livello avranno lo scopo di
Informare, sensibilizzare e individuare nuovi ADS attraverso la promozione di
eventi e di attività formative; ascoltare in modo competente e accompagnare le
persone nella predisposizione dei ricorsi; sostenere gli ADS nell’adempimento
dei compiti formali e relazionali; diventare punti di riferimento per la rete territoriale delle associazioni; raccogliere informazioni e dati per l’osservatorio sulla
protezione giuridica.
Saranno trasversali alle aree di fragilità e in rete tra loro per poter garantire lo
sviluppo di una metodologia comune e la definizione di protocolli operativi, costruiranno sinergie con gli uffici di protezione giuridica e i tribunali..
Si avvalleranno di competenze tecnico giuridico attraverso l’apporto volontario
dei professionisti per garantire consulenze specifiche.
Gli sportelli già esistenti sul territorio (compresi i punti di ascolto, i segretariati
sociali, i patronati, …) saranno valorizzati e implementati all’interno delle reti
locali.
Si realizzerà così una rete di accesso al cittadino coordinata e capace di rispondere alle esigenze di prossimità territoriale.
11
Le persone con esperienza
di disagio psichico
“Una vera psichiatria, che davvero pretenda di curare, deve considerare la dimensione della libertà e della cittadinanza come parte integrante di qualunque
processo di cura. Non c’è un punto dove finisce il sanitario e comincia il sociale,
ma il sociale è sanitario, il sociale è cura e al contrario, là dove manchino queste
dimensioni si avrà semplicemente una cattiva cura , una terapia inadeguata.”
(B.Saraceno, già direttore DSM -OMS)
Sono passati più di trent’anni dal 1978, anno che portò a decidere la chiusura dei
manicomi in Italia. Da tutti i dibattiti scaturiti a partire da un cambiamento così
radicale, un diritto ci sembra doveroso richiamare perché sempre di più venga
recepito e sposato dalla cultura dei servizi: il riconoscimento alla persona affetta
da malattia mentale del diritto di cittadinanza.
Altri diritti discendono da questo, come il diritto all’abitazione, ad un lavoro, ad
una vita di socializzazione e di relazioni, diritti che dovranno passare attraverso
il coinvolgimento e la responsabilizzazione della persona, all’interno delle diverse componenti della rete sociale e sanitaria e nel profondo rispetto delle condizioni individuali e delle varie fasi della vita.
Un approccio questo che valorizza e propone un ruolo attivo e responsabile della
persona, perché si privilegi la visione di un cittadino che, nella consapevolezza della sua vulnerabilità, possa essere continuamente interpellato e coinvolto
nella promozione delle proprie, competenze e accompagnato verso concrete e
importanti scelte di tipo sociale e relazionale.
Il lavoro ancora da fare per garantire servizi adeguati e l’applicazione corretta
delle leggi è moltissimo; diamo solo alcuni accenni a quei temi per cui l’ADS che
sia volontario o familiare, associazione di tutela o ente pubblico ha necessità di
affrontare nella pratica per divenire un nodo importante della rete nel sistema
di cura e protezione.
Nodi critici e temi aperti
La libertà di scelta: il consenso informato
Nella storia delle legislazioni in materia di psichiatria, il tema dell’adesione alla
cura e del consenso della persona malata di mente, diviene centrale con la legge
180 del 1978 che definisce le garanzie che ogni cittadino deve avere nel momento in cui si decide di effettuare nei suoi confronti un trattamento sanitario
obbligatorio; possiamo dire che il cuore dell’esperienza della riforma psichiatrica
italiana è costituito dal riconoscimento della pienezza dei diritti della persona a
coloro che soffrono di disturbi mentali, anche gravi, ben oltre la formalizzazione
del consenso informato in uso nelle pratiche quotidiane.
13
In Lombardia alla psichiatria sembra riconosciuto ancora oggi il potere di decidere del destino, della qualità della vita personale e dell’accesso ai trattamenti di
un cittadino-paziente, anche senza tener conto del suo punto di vista e di quello
dei familiari; ancora la legittimazione di tutte le pratiche e degli stili di lavoro,
anche assai difformi tra loro, porta paradossalmente alla possibilità che esistano sul territorio “isole” di buon funzionamento e buone pratiche, altre invece
molto meno.
È ormai consolidata l’esperienza e soprattutto gli esiti positivi di quelle prassi
che vedono la costruzione e il coinvolgimento di tutta la rete intorno alla persona con fragilità mentale per cui, con la persona stessa, si rendono possibili
percorsi di partecipazione e responsabilizzazione.
Riteniamo che Un singolo specialista, medico psichiatra, non possa definire e
decidere da solo, senza il necessario confronto ed integrazione di tutti quegli
aspetti sociali e territoriali fondamentali, il percorso di riabilitazione della persona e del suo contesto, dell’esercizio cioè concreto e quotidiano del diritto alla
vita e quindi di cittadinanza. I familiari, gli specialisti, ma anche le figure sociali
e amicali, i volontari, etc costituiscono quindi la rete dentro cui la persona può
essere protetta, ma anche coinvolta. Si potrà allora parlare di libertà di scelta e
di consenso informato alle cure, di denuncia dell’isolamento e delle pratiche di
contenzione ancora largamente utilizzate in Lombardia nei reparti di psichiatria
chiusi a chiave, di persone legate o isolate per lunghi periodi, di culture professionali e personali dei singoli ospedali o reparti.
Contenzione e isolamento costituiscono un aspetto preoccupante, che consegna un connotato di prevaricazione dei diritti della persona e di asprezza nella
tipologia dell’accoglienza e dei trattamenti nelle strutture di diagnosi e cura psichiatrica, una questione alla quale è opportuno portare grande attenzione.
I familiari e le associazioni
“ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne insieme è la
politica. Sortirne da soli e l’avarizia”
(L. Milani “lettera ad una professoressa”)
Un punto di partenza anche per i familiari è stata la consapevolezza che gli interventi non si potevano collocare solo sul piano dei servizi, ma con più possibilità di successo all’interno di una rete dove potevano essere coinvolti tutti gli attori: i famigliari, i volontari, gli specialisti, le associazioni, gli operatori dei servizi.
In particolare, siamo consapevoli della diffusione sul territorio di diverse associazione di familiari, la cui potenzialità si rivela anche nel sistema della protezione giuridica quando l’associazione stessa diviene intestataria del procedimento,
creando un circuito virtuoso intorno a più persone.
Le associazioni di familiari di persone affette da un disagio psichico sono portatrici di molte risorse perché impegnate, insieme ai propri congiunti, a riportare
al centro il tema dei diritti e della qualità dei percorsi di vita: l’essere insieme è
14
un atto di rottura dell’isolamento, è il mettere a disposizione un sapere esperienziale (personale e famigliare), è la lotta allo stigma, è il mettere come valore fondante il senso che ogni giorno è fissato dalla precarietà causata dalla
sofferenza che colpisce i famigliari. L’attribuzione positiva a questo senso della
precarietà ridona valore ai piccoli passi che giorno per giorno si conquistano le
persone fragili verso l’autonomia e nella gestione della propria vita.
Il progetto di vita e il ‘dopo di noi’
Il progetto di vita della persona si riferisce in particolare agli assi dell’abitare,
dell’inserimento lavorativo e della socialità, temi particolarmente rilevanti, perchè mettono in evidenza come siano spesso carenti o frammentati gli interventi
di sostegno. I principali nodi critici sembrano essere la separatezza tra sociale e
sanitario e quella tra interventi sul territorio e l’inserimento/intrappolamento
nelle strutture residenziali.
Il problema del difficile “ritorno a casa” dalle strutture riabilitative (comunità e
centri diurni), si esprime per la difficoltà a re-inserirsi nel contesto della famiglia
di origine, ma soprattutto nella difficoltà di sperimentare livelli di autonomia
sorretti da un progetto di vita complessivo e da un sistema di riferimento intorno alla persona.
Ripartire dalla biografia della persona, dalla banca della memoria, dall’integrazione delle reti formali e naturali di riferimento potrebbe rivelarsi il modo con
cui la storia di una vita possa continuare nel tempo anche nel “dopo di noi”,
tema questo di grande preoccupazione oggi per i familiari.
ll provvedimento di protezione
È un dato di esperienza che il successo della misura di protezione, specialmente
nell’applicazione dell’ADS ai soggetti portatori di disagio mentale, dipende in
larga misura dalla collaborazione e dalla comunicazione tra Beneficiario ed ADS
e di quest’ultimo con i Servizi coinvolti e con il Giudice Tutelare.
Per il buon esito dell’amministrazione di sostegno riteniamo, innanzitutto, utile
partire dalla predisposizione di un ‘buon riscorso’ e questo si potrebbe definire
tale quando
- viene redatto innanzitutto con la ricerca del massimo consenso possibile da
parte della persona: la collaborazione e la consapevolezza di un’istanza che limiterà alcune azioni, ma insieme consentirà la vicinanza di qualcuno partecipe del
percorso terapeutico, è la conditio fondamentale perché anche questo strumento diventi una parte del più articolato e ampio percorso di cura individualizzato;
- definisce ed esplicita la relazione con il progetto di vita più ampio, richiamando
così tutti i soggetti che ne fanno parte ai compiti di ognuno e alle interazioni fra
tutti e in modo che le funzioni dei diversi attori siano espresse e sottolineino il
comune impegno anche nell’adesione alle misure di protezione giuridica.
Il bisogno espresso dalle persone con fragilità è quello di essere accompagnate
15
negli atti della vita quotidiana là dove questi risultino troppo difficili da compiere in modo individuale: i poteri dell’amministratore di sostegno dovrebbero
essere quindi declinati e specifici per le sole azioni quotidiane che necessitino di
protezione.
Il ruolo dell’amministratore di sostegno per le persone con esperienza di disagio psichico potrebbe realizzarsi così come quello di un facilitatore (figura terza)
nella relazione tra persona con esperienza di disagio psichico ed i servizi (costruzione dell’alleanza terapeutica e del consenso alle cure) e tra la persona ed
il territorio.
Quindi:
- garante del percorso e del progetto di vita della persona;
- interlocutore significativo dei servizi stessi.
- garante dell’appropriatezza delle cure, anche di quelle eventualmente realizzate senza il consenso della persona, grazie al rapporto “fiduciario” con il giudice
tutelare.
Reciprocamente si potrebbe realizzare un’alleanza terapeutica con i referenti dei
servizi psichiatrici che potrebbero/dovrebbero essere coinvolti sin da subito nella costruzione e realizzazione del progetto di protezione giuridica, contribuendo
con l’ ADS e pertanto trovando un’ adeguata collocazione all’interno del PTI (progetto terapeutico individualizzato) realizzato dal CPS o, nel caso la persona sia
inserita in una struttura residenziale, da parte dell’ente gestore.
In molte situazioni infine si evidenzia la possibilità di un ritorno ad una vita autonoma dopo l’esperienza del disagio psichico: un decreto dovrebbe prevedere
un tempo di applicazione limitata e passibile di verifiche e cambiamenti, coerentemente al percorso individuale e ai cambiamenti avvenuti: potrebbe diventare così uno strumento del percorso di cura, adeguato alle diverse fragilità
che il disagio psichico produce, ma che possa prevedere anche miglioramenti o
superamenti del bisogno di protezione giuridica.
Un possibile percorso con ADS, familiari, specialisti e giudici potrebbe essere
quello di istruzione di un modello di ricorso che contenga chiare indicazioni per
la sua compilazione in modo da definirne fin da subito le caratteristiche specifiche e la collaborazione necessaria tra tutte le figure coinvolte intorno alla
persona con fragilità.
Sulla scorta delle considerazioni che precedono, riteniamo che il provvedimento
del Giudice Tutelare di protezione di un soggetto con disagio psichico debba, più
che mai, essere strutturato, per ciascun beneficiario individualmente:
• sulla base del progetto individuale, quanto più possibile completo “ab inizio”;
• con espressa previsione, da parte del G.T., di rivedere il contenuto iniziale del
provvedimento, nel tempo, quantomeno al termine del periodo di cura / riabilitazione psichiatrica programmata al momento della nomina dell’ADS;
• tenendo conto che l’”incapacitazione” è finalizzata al recupero ed alla valorizzazione del soggetto non autosufficiente per effetto della malattia e che il be16
neficiario necessita di protezione in quanto il suo disagio si evidenzia nell’acme
della crisi o della malattia; mentre viceversa, nella maggior parte dei casi, non
dovrebbe essere pensato come un provvedimento atto a regolamentare in maniera immodificabile la incapacità del soggetto debole;
• con l’accorgimento di indicare in ciascuna sfera di attività del soggetto debole
– ed in relazione alla sua concreta esperienza di vita quotidiana – quali siano le
categorie di atti in cui l’ADS abbia il potere di agire in sostituzione del beneficiario, quali quelle in cui operi in assistenza e con consenso dello stesso e quali le
categorie di atti che il beneficiario potrà continuare a compiere in autonomia.
Attraverso un lavoro sinergico dell’ADS, del Giudice Tutelare e dei servizi implicati
nella gestione e cura del soggetto affetto da disagio psichico, sarebbe auspicabile pervenire, nel tempo, alla redazione di un modello specifico di provvedimento
di protezione del soggetto portatore di tale tipo di disagio, così da assicurare che
venga attuata la idonea protezione con la minore limitazione della capacità di
agire, principio ispiratore della legge n. 6/2004, dal quale riteniamo non si possa
prescindere nel campo in esame.
Riteniamo, inoltre, che, per il buon esito dell’ADS, un accorgimento pratico potrebbe essere il riesame periodico dell’intero fascicolo, da parte del magistrato,
(si potrebbe ipotizzare in occasione del deposito del rendiconto), in modo che il
Giudice e il nominato ADS verificare l’applicazione e la coerenza del progetto di
cura.
Infine, nel caso di soggetti portatori di disagio psichico, riteniamo sia importante il preventivo esame personale del beneficiario da parte del G.T. in seno al procedimento di nomina di ADS. L’esame personale del soggetto non totalmente
o non irreversibilmente incapace costituisce una garanzia procedimentale che,
a nostro avviso, andrebbe considerata nel campo in esame. Pertanto siamo del
parere che sarebbe opportuno limitare al massimo la prassi del ‘decreto provvisorio’ che toglie la capacità di agire senza alcuna partecipazione del soggetto
destinatario della protezione, la cui collaborazione va ricercata, come detto più
sopra, al fine del buone sito del percorso di cura e di riabilitazione. Vi sono certamente “eccezioni alla regola” ed il provvedimento emesso dal Giudice Tutelare
“inaudita altera parte” seguito dall’udienza in tempi ravvicinati, in concreto può
essere per il Giudice Tutelare e per l’ADS di fresca nomina lo strumento per incoraggiare la collaborazione nel percorso di cura da parte del Beneficiario.
I servizi psichiatrici territoriali
La recente legislazione europea afferma che “la salute e il benessere mentale
sono aspetti che riguardano tutte le persone e la comunità nel suo insieme” e,
conseguentemente, sottolinea la necessità di uscire dai contesti sanitari e socio assistenziali per assumere una prospettiva ampia attraverso cui sviluppare
un’azione integrata.
Il coinvolgimento dell’intera comunità fa riferimento in particolare alla neces17
sità che il progetto di vita e di cura della persona siano centrati sui desideri e
sulle aspettative della persona senza appiattirsi sulle proposte spesso codificate
e standardizzate dei servizi.
In questa logica divengono centrali i temi dell’ empowerment e di rispetto della
soggettività.
Empowerment: Significa prima di tutto aver fiducia in se stessi e nelle proprie
capacità, solo così sarà possibile sentire di poter crescere e poter migliorare, di
poter essere ascoltato e considerato, di poter contare di più per le persone che
ci circondano.
Nel caso della malattia mentale l’empowerment può essere favorito dalle persone che già sono vicine alle persone fragili, che si occupano della loro cura; si può
imparare ad ascoltarle e a comprendere il loro punto di vista soggettivo, a farli
partecipi dei problemi e delle possibili soluzioni, a coinvolgerli nelle decisioni
che si prendono in famiglia o nello studio del medico.
La soggettività: La persona con esperienza di disagio psichico ha sempre diritto
di esprimere la propria soggettività ed esigerne il rispetto, chi le sta vicino e chi
la cura ha il dovere di comprenderla e di rispettarla. È accertato che l’esperienza
soggettiva che la persona con disagio psichico ha della malattia, è un fattore
imprescindibile per la scelta e la conduzione di qualsiasi trattamento: se il trattamento non è armonico con la soggettività del malato o non funziona o viene
abbandonato.
(“da La salute mentale al Centro, Il no profit milanese incontra la cittadinanza
sui temi della salute mentale”)
A partire da queste premesse, l’amministratore di sostegno ha la possibilità di
svolgere un’importante funzione di “mediazione” tra la persona con disagio psichico e le differenti realtà coinvolte nel percorso di riabilitazione e di integrazione territoriale. L’obiettivo comune per tutti potrà essere perseguito mantenendo
l’attenzione quindi ai seguenti riferimenti: la centralità dell’esperienza (e non la
psicopatologia); la persona (e non il disturbo); la promozione della salute (e non
il contrasto della malattia); i significati personali (e non la diagnosi); la scelta
personale (e non l’adesione ad un trattamento); il cambiamento e la trasformazione (e non il ritorno alla normalità).
(Dall’articolo: “Evidence-based hope. La proposta di una prospettiva comune”,
Giuseppe Tibaldi, Lia Govers)
18
Il Coordinamento delle associazioni milanesi sulla salute mentale
Progetto Itaca
Via Alessandro Volta, 7/a – 20121 Milano – Tel 02 62695235
e-mail: [email protected]
Associazione di familiari La Tartavela Onlus
Via Marcantonio Colonna 57 – 20149 Milano – Tel 0239265792
e-mail: [email protected]
Associazione Contatto
Via Litta Modignani 61 – 20161 Milano – Tel 0264445162
e-mail: [email protected]
Associazione Fare Assieme
Tel 3381808338
e-mail: [email protected]
Associazione Diversamente Onlus
Via G. Ventura 4 – 20134 Milano – Tel 023355746698
e-mail: info@ass_diversamente.org
Caritas Ambrosiana – Area Salute Mentale
Via san Bernardino 4 – 20122 Milano – Tel. 0276037339
e-mail: [email protected]
Urasam (Unione regionali delle associazioni per la Salute Mentale)
Via Marcantonio Colonna 57 – Milano – Tel 0239265792
19
Le persone con patologie geriatriche
L’età avanzata non rappresenta in sé una menomazione, ma può comportare
menomazioni fisiche o psichiche che incidono sull’autonomia, per cui l’anziano
talvolta non è più in condizione di provvedere a se stesso e ai propri interessi: la
fatica di gestire la propria salute, il pericolo dell’isolamento (non ritira la pensione, non paga le bollette, non pulisce la casa, …), il bisogno di assistenza per
evitare i raggiri e gestire il proprio patrimonio.
Si parla frequentemente di anziani fragili con riferimento agli aspetti sanitari,
perché i problemi emergono quando solo quando l’anziano è portatore di patologie multiple e croniche, quando è colpito cioè da importanti decadimenti fisici e cognitivi. L’’immagine che affiora è quella del paziente geriatrico “elettivo”,
caratterizzato da un fabbisogno assistenziale continuo, multidisciplinare, multi
specialistico, multisettoriale.
Ma i fattori che intervengono a determinare la condizione di fragilità sono anche ambientali e sociali.
A partire dalla frammentarietà dei percorsi e disomogeneità dei punti di accesso
alla rete dei servizi, il primo motivo di “produzione di fragilità” è il disorientamento delle persone anziane e dei loro familiari che si trovano a dover ricorrere alle istituzioni; il faticoso pellegrinaggio da un servizio all’altro è la comune
esperienza dei cittadini che si addentrano nella complessa rete degli interventi
e dei servizi.
Un altro elemento è la povertà relazionale che fa sì che l’anziano riversi tutta
la propria affettività su pochissime persone e spesso è sufficiente la morte del
coniuge o di un amico per scivolare nella solitudine e nel decadimento, fisico e
psicologico. Accade così che il frequente ricorso al Pronto Soccorso e/o al ricovero presso strutture ospedaliere in assenza di un evento acuto che lo giustifichi
diventi un “evento sentinella”. Spesso giungono soli, denutriti, debilitati, in stato confusionale, trascurati nell’igiene e nell’abbigliamento; nessuno si presenta
nei giorni successivi a far loro visita.
Se accompagnati, le figure che li affiancano sovente hanno pari età, o in alternativa, poiché i parenti si rifiutano di curarsene o non sono reperibili, si tratta di
badanti che non sempre parlano e comprendono l’italiano.
Quando la persona è assistita a domicilio, l’operatore domiciliare, sia esso dipendente di una cooperativa o un badante, è spesso l’unica figura ad avere un
rapporto continuativo con l’anziano, divenendo inevitabilmente il riferimento
per qualsiasi problematica. Per quanto possa essere particolarmente motivato,
estremamente accogliente e flessibile non è a questa persona che si può chiedere si assumere la regia della vita dell’anziano.
Vi sono poi situazioni in cui a questo tipo di presenza si accompagna un accresciuto rischio di circonvenzione poiché quando si diventa affettivamente e fisicamente dipendenti è più facile essere sottoposti anche a ricatti.
21
Infine, nonostante si parli molto di soluzioni assistenziali alternative, il ricovero
è ancora oggi la realtà cui si ricorre nel caso di anziani non autosufficienti: con
il ricovero l’anziano inizia una serie di giornate “senza tempo” in un luogo estraneo in cui i rapporti sembrano governati solo dal bisogno e dalla dipendenza.
Una persona così descritta, per quanto debole, possibile vittima di abusi, in famiglia, in ospedale, in comunità resta comunque titolare di diritti e allora tante
domande richiedono una risposta.
Nodi critici e temi aperti
Non sempre la persona in età avanzata può gestire compiutamente se stessa
e la propria vita, ma i diritti di questa persona sono gli stessi di ciascun individuo. È per questa ragione che la società nel suo complesso, la famiglia e i servizi
assistenziali o sanitari dovrebbero porsi frequentemente la domanda “chi ha il
diritto?”.
Chi ha il diritto di trasferire la persona anziana lontano da casa in modo coatto e
“dove c’è posto”? Di farla vivere in un ambiente anonimo dove si perdono identità e riferimenti, dove ci si perde perché tutte le stanze sono uguali? Di darle del
tu e di chiamarla nonno? Di chiamarla con un numero o con la sua malattia? Di
legarla ad un letto? Di sedarla, più per nostro comodo che per sua necessità?
Di farla stare a letto, anche quando con un po’ di aiuto potrebbe alzarsi? Di non
accompagnarla in bagno quando ne ha bisogno? Di decidere come vestirla e
come tagliarle i capelli? Di non darle ascolto quando esprime il suo parere sulle
cose che la riguardano e di farle pressioni affinché prenda decisioni, magari non
nel suo interesse? Di negarle una vita affettiva piena per quelle che sono le sue
capacità? Di non rispettare la sua privacy e la sua dignità? Di prendere soldi e
garanzie dai suoi parenti quando in teoria solo lui può disporne?
In sintesi, si può dire che la vecchiaia è caratterizzata , per un gran numero di
persone da un marcato bisogno di sicurezza che è il compendio di bisogni che
riguardano la salute, l’inclusione e il riconoscimento sociale, le relazioni interpersonali (in primo luogo quelle aventi una coloritura affettiva), l’integrità della
propria identità e il riconoscimento di ruoli nuovi che suppliscano quelli persi
nei profondi cambiamenti che intervengono (nella vita e dentro la persona) nel
passaggio dall’età adulta alla vecchiaia.
Caratteristiche specifiche per un buon ricorso
Abitualmente, chi è in stretta relazione con una persona alle soglie della terza
età, prova preoccupazione per la sua salute fisica e tende ad orientare tutto il
suo affettuoso interessamento in direzione della protezione sanitaria. Ciò può
essere molto apprezzabile, ma spesso non è risolutivo dei complessi bisogni o
disagi che l’anziano può vivere. Se è vero che la vecchiaia è una fase dell’intero
arco dell’esistenza nella quale le persone vivono una condizione di maggiore fragilità, è altrettanto vero che è possibile mantenere un buon livello della qualità
22
della vita. In altre parole, si deve considerare la persona nella sua interezza e nel
suo rapporto con l’ambiente interno ed esterno.
La modificazione dei rapporti intrafamiliari e affettivi connessi con la struttura
nucleare della famiglia a convivenze problematiche, che non di rado inducono a
cercare diverse soluzioni residenziali esterne all’ambiente di convivenza abituale, possono portare a diradamento e impoverimento delle relazioni affettive e
progressivo isolamento.
Nel corso della vita adulta spesso si assumono ruoli nella vita sociale, legati allo
status socio-economico e familiare e questi ruoli sono tanto più significativi
quanto più ampio è il riconoscimento che viene loro assegnato dal contesto sociale. Purtroppo i mutamenti che sono legati all’arrivo della terza età portano
facilmente alla caduta del riconoscimento sociale e allo svuotamento di tali ruoli
gratificanti.
È pure chiaro che un certo declino della vigoria fisio-psichica che i processi di
invecchiamento portano con sé inducono a non proporre attività intense e faticose alla persona senescente o anziana, ma ciò non significa che l’inattività sia
gradita e favorevole alla persona avanti con gli anni.
A chi si pone il problema di quale protezione giuridica vada offerta alle persone
avanti con gli anni, si suggerisce di non affrettare un giudizio (o cadere in pregiudizio) di incapacità totale – quella, per intenderci, che richiede di sostituirsi
integralmente a loro – se non quando una valutazione attenta e consapevole ne
confermi la necessità. Molto più frequentemente di quanto si crede, situazioni
di disorientamento e di maladattamento fanno propendere per una decadenza
grave delle funzioni psico-mentali, mentre queste persone anziane necessitano
solo di rapporti affidabili e rassicuranti, e di sostegno nell’affrontare le scelte che
si trovano a dover fare.
Alla luce di tutto ciò la presentazione di un ricorso per la nomina dell’ADS per
una persona in età avanzata non può non tener conto del più ampio progetto
di vita; deve perciò porre l’attenzione alle reti personali, siano esse dei servizi o
affettive, vicine o lontane, ai luoghi di vita, siano essi il proprio domicilio con opportuni supporti o una residenza assistita, alla necessità di conservare un ruolo
attivo, che non pregiudichi la personalità del soggetto e che non lo costringa
ad “abdicare”, che lo veda quindi sempre protagonista, laddove possibile, delle
proprie scelte.
Buone prassi in campo giuridico
Per il diritto, l’età avanzata non può costituire di per sé causa del ricorso ad una
delle misura di protezione delle persone prive in tutto o in parte di autonomia e,
in particolare, non giustifica il ricorso all’amministrazione di sostegno. L’applicazione di tale misura presuppone infatti, un’infermità o una menomazione fisica
che creino uno scompenso delle facoltà intellettive.
La persona anziana che si trovi in una situazione di semplice debolezza o difficol23
tà fisica, ma che abbia mantenuto la propria lucidità ed il proprio senso critico,
può eventualmente fare ricorso al rilascio di una procura per farsi rappresentare
da un suo procuratore nel compimento di quegli atti giuridici che ha difficoltà a
compiere (ad es. perché non vuole o non può muoversi dalla propria abitazione
o perché non vuole interessarsi in prima persona dei propri affari).
È consigliabile che la procura sia conferita rivolgendosi a un notaio, affinché sia
redatta in una forma (atto pubblico o scrittura privata autenticata) che consenta
di attribuire al rappresentante anche il potere di stipulare atti di straordinaria
amministrazione (ad. es. la vendita di un bene immobile) e che garantisca maggiormente i terzi della validità della procura.
La procura può essere rilasciata per il compimento di un singolo atto o singoli atti
determinati (procura speciale) o per il compimento di tutti gli atti (o quasi) che
potrebbe fare la persona che conferisce la procura (sono esclusi gli atti c.d. personalissimi, quali ad esempio il testamento o il riconoscimento di un figlio naturale).
È importante che la procura sia rilasciata ad una persona di fiducia, specialmente se si tratta di una procura generale a tempo indeterminato. Può infatti succedere che, dopo avere conferito la procura generale, la persona anziana perda
la propria capacità e si venga a trovare in uno stato di incapacità naturale, vale
a dire di incapacità d’intendere e di volere; in questo caso, la procura rilasciata –
secondo l’opinione prevalente – continua ad essere valida ed il procuratore può
continuare ad utilizzarla, anche se ormai la persona anziana non è più in grado
di controllarne l’operato. Si tratta di una situazione delicata, in cui il procuratore
può avere ampi spazi di discrezionalità nell’uso della procura, salvo poi doverne
rendere conto all’amministratore di sostegno (o al tutore), se e quando saranno
nominati, o comunque agli eredi della persona anziana.
La procura rilasciata viene meno se la persona anziana sia dichiarata interdetta
dal tribunale, mentre, nel caso di nomina di un amministratore di sostegno, sarà
il giudice tutelare a conferire all’amministratore di sostegno i poteri per revocare
o confermare la procura eventualmente in essere.
Se la persona anziana si trova in uno stato d’incapacità naturale, non può essere rilasciata una valida procura, ma per il compimento di atti giuridici sarà
opportuno il ricorso ad una misura di protezione (amministrazione di sostegno,
in primis, oppure interdizione o inabilitazione in via residuale).
Se, come detto sopra, l’età avanzata non può costituire di per sé causa del ricorso
ad una delle misura di protezione, può darsi però che tale condizione possa determinare una limitazione apprezzabile delle funzioni della vita quotidiana, pur
in assenza di una specifica patologia. Ricorrendo tale situazione, alcuni giudici
tutelari hanno applicato l’amministrazione di sostegno per far fronte all’esigenza di tutela della persona.
È opportuno che la richiesta di nomina di un amministratore di sostegno per una
persona anziana, non diversamente da quella per qualsiasi altro persona con disabilità, sia corredata dall’illustrazione di tutti quegli elementi che consentano al
24
giudice tutelare di “modellare” i poteri conferiti all’amministratore sulle esigenze
e le aspirazioni dell’interessato. Si tratta di consentire all’amministratore di sostegno di essere il punto di riferimento per la realizzazione del personale “progetto di
vita” della persona beneficiaria dell’amministrazione di sostegno.
Nell’ambito della progettazione della propria vecchiaia e quindi nell’affrontare
l’ipotesi che vi possa essere una fase della propria vita in cui la lucidità e le capacità verranno meno, ogni persona può ipotizzare che potrà avere bisogno di un
amministratore di sostegno. In tale prospettiva la legge (art. 408 C.C.) prevede
che l’amministratore di sostegno possa essere preventivamente designato dalla
persona interessata, in previsione della propria eventuale futura incapacità. A
tal fine, ogni persona può recarsi da un notaio ed indicare con un apposito atto
il nominativo della persona che desidera sia in futuro nominato dal giudice tutelare quale suo amministratore di sostegno. L’atto dovrà avere la forma dell’atto
pubblico o della scrittura privata con firma autenticata.
In tale atto potranno essere inoltre indicati:
- istruzioni in merito alla consistenza del proprio patrimonio e la sua redditività,
in modo che la persona che sarà eventualmente nominata amministratore di
sostegno possa poi agire con piena cognizione di causa;
- desideri ed aspirazioni sulla qualità di vita che si vuole sia garantita nel periodo
d’incapacità;
- modalità dell’eventuale remunerazione della persona designata come amministratore di sostegno in ragione dell’attività che presterà: è da ricordare che, in
assenza di una previsione in tal senso, l’incarico di amministratore di sostegno è
per legge a titolo gratuito, salvo la liquidazione di un’indennità decisa dal giudice tutelare; può essere quindi opportuno gratificare la persona designata con la
previsione di una forma di remunerazione.
Merita un maggiore approfondimento il tema del c.d. testamento biologico o
anche detto delle direttive anticipate sulle terapie.
È opinione largamente condivisa che, nell’ipotesi accertata che il diretto interessato sia del tutto privo delle capacità intellettive e volitive necessarie per esprimere autonomamente e consapevolmente un consenso per determinate terapie, possano essere conferiti dal giudice tutelare all’amministratore di sostegno
(o al tutore) poteri di rappresentanza nell’assunzione di decisioni di tale natura.
Una volta investito dei poteri l’amministratore di sostegno ha comunque l’obbligo di rispettare i bisogni e le aspirazioni del beneficiario che possono riguardare
le determinazioni sul consenso o sul dissenso rispetto ai trattamenti sanitari,
espresse dal beneficiario prima che sia sopravvenuto il suo stato d’incapacità.
Pertanto, in attesa di una previsione legislativa che disciplini la materia, si può
consigliare che la persona interessata indichi nel suddetto atto di designazione
del proprio futuro amministratore di sostegno, anche quali terapie desidera accettare o non accettare. Nello stesso atto può essere eventualmente disposta
anche la donazione dei propri organi per trapianti.
25
La legge (art. 406 C.C.) prevede la possibilità che il ricorso per l’istituzione dell’amministrazione di sostegno possa essere proposto dallo stesso soggetto interessato. Vale a dire che la persona anziana, che abbia mantenuto un certo grado di
capacità o che abbia degli intervalli di capacità, può sottoscrivere personalmente il ricorso per la nomina del proprio amministratore di sostegno. In molti casi,
il ricorso sarà firmato dalla persona anziana insieme ai suoi parenti, anche’essi
legittimati a proporre il ricorso. Tale possibilità consente alla persona anziana di
essere ancora protagonista delle scelte che la riguardano ed eventualmente di
condividere con i parenti la scelta della persona indicata come amministratore
di sostegno (se non ha fatto la designazione in via preventiva, come visto sopra).
È noto che talvolta le persone anziane subiscono pressioni e condizionamenti da
parte di parenti e terzi, interessati ad essere nominati nel testamento quali eredi
o comunque destinatari di beni.
Si tratta di una situazione che può creare situazioni spiacevoli e che pertanto è
opportuno prevenire.
Occorre tenere presente che:
- il testamento fatto da una persona interdetta è annullabile ed è assolutamente nullo solo se è a favore del tutore;
- il testamento fatto da una persona inabilitata è valido, così come è valido il
testamento fatto da persona beneficiaria di amministrazione di sostegno: in
entrambi i casi, è fatta salva la possibilità che un interessato possa impugnare
il testamento dimostrando che è stato fatto in un momento in cui il testatore si
trovava in uno stato d’incapacità d’intendere e di volere (c.d. incapacità naturale); accertata dal tribunale tale incapacità, il testamento può essere annullato;
- il giudice tutelare, nel decreto di nomina dell’amministratore di sostegno o
anche successivamente, può limitare la capacità di fare testamento del beneficiario dell’amministrazione di sostegno: in tal caso il testamento può essere
annullato.
Se, pertanto, una persona è interessata a disporre dei propri beni dopo la propria
morte in modo diverso da quanto prevede la legge (c.d. successione legittima
o senza testamento), appare opportuno che il testamento sia predisposto per
tempo, fatta salva la possibilità di successive modifiche.
I servizi pubblici – le organizzazioni
Quali servizi e per quali esigenze
Gran parte della popolazione anziana non è consapevole della gamma di servizi
che il sistema socio-sanitario può offrire alle persone di età avanzata e ciò provoca spesso disorientamento e ulteriore insicurezza.
Molti anziani in difficoltà pensano ancora che le uniche prospettive per alleviare
le loro difficoltà esistenziali consistano nel ricovero in istituto o in un sussidio
economico, talvolta in un aiuto domiciliare.
Crediamo che la loro protezione debba anche tenere nel debito conto la tipolo26
gia di risorse e di servizi che il sistema di welfare ha messo in atto per i cittadini
anziani; a tal fine, ricordiamo, in rapidissima sintesi, i servizi a cui gli anziani (o
chi si occupa di loro) possono rivolgersi.
Il segretariato sociale: un servizio informativo e di orientamento per tutti i cittadini, capace di raccogliere adeguatamente le esigenze evidenziate dagli utenti e
di orientarli verso soluzioni soddisfacenti.
L’ assistenza domiciliare integrata: servizio di supporto alle attività di vita quotidiana domestica, integrato con assistenza infermieristica e riabilitativa (servizio
sociale in collaborazione con i servizi sanitari).
Il servizio di teleassistenza consente di attivare un programma di intervento
presso il domicilio della persona, per esigenze urgenti. Richiede l’esistenza in
casa di un telefono fisso da collegare al servizio.
Il Centro Diurno:servizio semiresidenziale destinato ad accogliere a persone anziane autosufficiento o con autonomia ridotta, che necessitano di tutela, sostegno e aiuto in alcune attività di vita quotidiana
La Casa Albergo: struttura di tipo residenziale destinata ad ospitare, in via temporanea o definitiva, persone autosufficienti.
La Casa di Riposo: servizio (socio-assistenziale) di tipo residenziale destinato a
fornire accoglimento ad anziani parzialmente autosufficienti, che non possono
vivere da soli e non hanno l’assistenza di altri familiari.
La Comunità Alloggio (e altri tipi di microcomunità di convivenza): strutture di
tipo residenziale in cui convivono poche persone (fino ad un massimo di dieci
ospiti).
Sono adatte a persone che sentono la necessità o l’esigenza di vivere al di fuori
del nucleo familiare, ma non sentono adatta alle loro caratteristiche personali la
sistemazione in residenze collettive di grandi dimensioni (istituti).
La Casa Protetta è una struttura a carattere residenziale finalizzata ad erogare
prestazioni socio-assistenziali e sanitarie di base a persone anziane di limitata
autosufficienza.
Ha lo scopo di prevenire ulteriori perdite di autonomia, mantenere le capacità e
abilità fisiche, mentali, e relazionali. del paziente. Nella Casa Protetta è assicurata l’assistenza del medico, dell’infermiere e del fisioterapista.
La Residenza Sanitaria Assistenziale (RSA): struttura residenziale extra ospedaliera attrezzata per erogare – in regime di internato – prestazioni sanitarie e di
recupero, tutela e trattamenti riabilitativi ad anziani in condizioni di non autosufficienza fisica e/o psichica, per i quali tale assistenza sanitaria e tutelare non
possa essere erogata a domicilio.
Il Centro di Riabilitazione: servizio residenziale e semiresidenziale che fornisce
prestazioni sanitarie di riabilitazione ad anziani e disabili parzialmente o nonautosufficienti che presentano affezioni funzionali a carico di uno più apparati/
sistemi (motorio, nervoso, cardiocircolatorio, respiratorio, sensoriale, ecc.).
L’Ospedale diurno (Day Hospital): servizio diurno, para ospedaliero in cui sono
27
possibili ricoveri programmati, di varia durata, con erogazione di prestazioni
plurispecialistiche di tipo diagnostico, terapeutico e riabilitativo, con modalità
e attenzioni particolarmente adatte alle esigenze (anche psicologico-mentalirelazionali) dei pazienti anziani.
Per i cittadini anziani di Milano, il Comune ha creato i Centri Multiservizi Anziani
che offrono vari servizi e, in particolare:
Il segretariato sociale, che fornisce informazioni sulla rete dei servizi rivolti agli
anziani promossi dall’Amministrazione Comunale e da altri enti pubblici e privati; inoltre orienta il cittadini anziano al servizio più rispondente alle sue esigenze.
La raccolta e gestione delle richieste di prestazioni e servizi sociali inoltrate dalla popolazione anziana (esame delle richieste di contributi economici, raccolta
delle domande per l’accesso nelle Residenze Sanitarie Assistenziali e nei Centri
Diurni, ecc.).
I Centri multiservizi sono presenti nelle nove zone di Milano.
La sede centrale dell’Ufficio Coordinamento e Gestione Centri Multiservizi Anziani è in Largo Treves,1 – Tel. 02.884.63132 oppure 02.884.63115.
Custodi sociali – “Una sentinella in ogni caseggiato”
È un servizio di prossimità a sostegno della domiciliarità, della socialità e della
sicurezza per gli anziani (e famiglie fragili) che abitano nelle case di edilizia pubblica. I Custodi Sociali collaborano con i Servizi Sociali Territoriali del Comune di
Milano allo scopo di raccogliere le segnalazioni di bisogno e offrire servizi personalizzati.
Chi è il custode sociale
• È un operatore sociale che sta vicino ai cittadini.
• Attiva un monitoraggio continuo della situazione complessiva dei Quartieri e
dei residenti nell’ottica della prevenzione sociale e sanitaria;
• Ascolta le richieste e le problematiche e si attiva direttamente per la risoluzione, integrando le prestazioni dei Servizi esistenti (es.: piccoli aiuti domestici, accompagnamento per commissioni e visite mediche, disbrigo pratiche, acquisto
generi prima necessità e farmaci, ecc.);
• Aggiorna e fa circolare informazioni relative a orari e servizi, feste, parrocchie,
iniziative di socializzazione, ecc.
• Facilita l’accesso e l’utilizzo corretto dei Servizi Pubblici e/o Privati sul territorio,
con una azione di informazione, di orientamento e di accompagnamento.
Laboratori occupazionali
Sono luoghi in cui l’anziano (ultrasessantenne parzialmente autosufficiente) è
accolto alcune ore al giorno, in fasce orarie prevalentemente pomeridiane, per
attività di socializzazione e di sostegno nella vita quotidiana.
28
Sportello badanti
Il servizio offre consulenza gratuita alle famiglie che desiderano ricevere supporto per la ricerca di una badante o per la regolarizzazione contrattuale dell’assistente familiare (rilascio preventivo spesa, preparazione pratiche di assunzione,
informazioni in merito al contratto domestico).
Servizio tutele
È un servizio che si pone l’obiettivo di tutelare le persone anziane sole che, a
causa di patologie psico-fisiche, sono incapaci di gestire il proprio patrimonio in
autonomia e per questa ragione rischiano di subire abusi e raggiri.
Il servizio viene attivato dall’Ufficio Tutele del Comune che, in seguito a una segnalazione trasmessa dai Centri Multiservizi per Anziani oppure dai familiari
dell’anziano o da suoi conoscenti, avvia la necessaria istruttoria presso la Magistratura, in attesa che questa emetta un decreto di Amministrazione di Sostegno e/o Tutela.
I tempi per il completamento della pratica dipendono dall’iter procedurale del
Tribunale.
Per maggiori informazioni:
Ufficio Tutele Anziani
L.go Treves, 1 tel. 02 884.63160 / 1
orario di ricevimento: lun-ven, 9:00/12:30 – 14:00/16:30, previo appuntamento
telefonico.
Le organizzazioni
AUSER: sede provinciale via dei Transiti, 21 MILANO
telefono 02.26826320 fax 02.26826355 – e-mail: [email protected]
Caritas Ambrosiana: via San Bernardino, 4 MILANO
telefono 02.76037 fax 02.76021676 – e-mail: [email protected]
Fondazione Don Gnocchi: piazza Moranti, 6 MILANO – telefono 02.40308908
Fondazione Milano Sforzesco: via melzi D’Eril 18 MILANO
telefono 02.316995 – 3355770510 – e-mail: [email protected]
Oltre noi…la vita: via Curtatone, 6 MILANO
telefono 02.55012198 – e-mail: [email protected]
VSP Bruzzano: via Acerbi, 39 MILANO
telefono 02.6465818 fax 02.66220538 – e-mail: [email protected]
29
Le persone con disabilità
“nel nostro paese il principale strumento di supporto alle persone con disabilità
e alle loro famiglie è rappresentato dal sistema dei trasferimenti monetari, sia di
tipo pensionistico sia assistenziale. Permane quindi la carenza di servizi e assistenza formale da parte del sistema sociale, questo deficit ricade inevitabilmente
sulle famiglie che continuano a svolgere e a farsi carico della maggior parte delle
attività di cura e di aiuto ai loro componenti in condizioni di disabilità.”
(Argomenti n.37/09 – pubblicazione Istat)
La situazione di dipendenza è un fatto naturale nella fase della vita umana
che intercorre tra la nascita e il raggiungimento della maggiore età. Il processo
evolutivo porta poi ad una riduzione graduale della situazione di dipendenza
che si trasforma in autonomia e autosufficienza e con il compimento del 18°
anno di età consegue un riconoscimento giuridico nell’assolvimento dei doveri e
nell’esercizio dei diritti di cittadino.
Per il maggiorenne, affetto da grave disabilità cognitiva o da gravi compromissioni delle capacità critiche o di quelle di comunicare, il traguardo dell’autonomia resta irraggiungibile con tutto ciò che ne consegue.
La difficoltà a ricordare il passato e a riconoscersi in esso, l’assenza di autoconsapevolezza nel presente, la carenza di ipotesi per il futuro sembrerebbero incidere
sulla possibilità di pianificare un progetto di vita.
Nella quasi totalità dei casi le scelte saranno fatte dai genitori che con la stessa
testa e con lo stesso cuore di sempre assolveranno a tutti quei compiti che il
figlio non sarà mai in grado di adempiere.
I tratti di questa situazione sono quelli che delineano il problema della protezione del disabile adulto grave, i cui molteplici bisogni necessitano di risposte
strutturate sul piano assistenziale, sanitario, sociale, occupazionale, relazionale,
economico, ludico, etc. Sarebbe miope una ricerca di risposte dimenticando che
il bisogno fondamentale va individuato in quel referente “con la testa e con il
cuore” che si fa carico di tutto ciò che concorre a determinare la qualità delle
risposte e quindi della vita. Quand’anche venisse data soluzione a tutti gli altri
problemi ma non venisse data risposta al bisogno di “appartenere” a qualcuno
che si occupi e preoccupi, allora tutto sarebbe precario e subentrerebbe un vissuto di abbandono, di solitudine,di peggioramento della qualità della vita.
Nodi critici e temi aperti
- La vera istituzionalizzazione: l’assenza di qualcuno che si preoccupi della persona tanto da occuparsi delle sue istanze. Anche il migliore dei servizi, rispettoso
dei più moderni standard o che offre la più vasta gamma di attività, resta un’istituzione totale senza la presenza di chi per il disabile eserciti un controllo su ciò
che è qualitativamente preferibile per lui.
31
Ciò che spesso accade nella realtà è che le famiglie agiscono in una sorta di
prolungamento della minore età ma senza che sia avvenuta una “investitura
formale” per la prosecuzione della potestà. È in modo del tutto occasionale di
fronte al primo atto notarile o alla richiesta di sottoscrizione di un consenso
informato che si pone in tutta la sua drammaticità l’esigenza che questa “rappresentanza genitoriale” venga giuridicamente riconosciuta.
Se è importante per i genitori dotarsi di uno strumento che consenta loro di
costruire un progetto di vita per il proprio figlio comprendendone le difficoltà,
riconoscendone risorse, competenze e originalità, sostenendone l’identità, ancora di più lo è per chi genitore non è, e prima o dopo, a questi, si sostituisce.
- Le persone adulte con disabilità acquisita a causa di traumi o patologie di diversa
natura: patologie degenerative (SM, SLA, nuove forme la cui prognosi è spesso
sconosciuta); la situazione dei malati terminali, i malati di aids, le persone affette dagli esiti di patologie gravi e invalidanti,…. Persone e famiglie che fino ad un
certo momento della loro vita hanno condotto l’esistenza “di tutti” improvvisamente si vedono stravolgere identità, certezze e stabilità, prospettive del futuro
e per questo devono nuovamente prendere le misure del mondo e reinventarsi
il quotidiano.
I familiari, coniugi, compagni o fratelli, pensano spesso legittima la loro rappresentanza solo in virtù del legame affettivo o parentale, ma si scontrano inevitabilmente col punto di vista giuridico che invece va ridefinito, anche per le
comuni azioni e relazioni con la banca, il datore di lavoro, l’ente previdenziale,
la pubblica amministrazione, il notaio, etc. nella misura delle nuove necessità.
Anche in questa area il tema del consenso informato e delle disposizioni verso le
persone congiunte sulla prosecuzione o meno di terapie.
- Le persone con pluridisabilità fisica e sensoriale che possono risultare totalmente
non autonome, ma che hanno maturato ampie conoscenze e una buona capacità critica e di decisione personale: in queste situazioni la protezione giuridica
deve potersi “adattare” alle diverse forme del bisogno, e l’accesso alla protezione
giuridica dovrà prevedere strumenti adeguati (interprete/persona in grado di comunicare anche nel colloquio con il giudice) e conoscenze specifiche che potranno
aiutare a definire le necessità all’interno del progetto individuale di vita.
- Quando il disabile vive in famiglia, viene male vissuta l’ingerenza del Tribunale
nell’economia familiare (controllo sull’ADS con rendiconti, autorizzazioni, ecc.).
Ma ciò può essere superato con la disponibilità dei Giudici (in questi primi anni
di applicazione della legge, sono stati accettati rendiconti semplificati e sommari, soprattutto se disabile possiede unicamente pensione).
- Il Tribunale di Milano nei primi anni dell’applicazione della legge ha utilizzato
quasi esclusivamente l’ ADS, ponendo in pratica in disuso il provvedimento di interdizione con decreti di tipo “esclusivo”; attualmente assistiamo purtroppo ad
una inversione di tendenza, con un ritorno all’ interdizione e a maggiore rigidità
e formalità.
32
- Nomina provvisoria di un ADS: appare condivisibile l’opinione di che limita questo tipo di nomina solo alle situazioni di effettiva urgenza, legata a motivi di
salute o di protezione degli interessi del beneficiario, in assenza quindi di un
esame da parte del GT del beneficiario stesso.
- In mancanza di una legge sul testamento biologico, il diritto all’autodeterminazione delle terapie che tengono in vita malati inguaribili, nel nostro ordinamento, sembrerebbe negato sia alle persone in grado di decidere, come pure alle
persone che dovessero perdere la capacità di disporre.
- In casso di nomina di ADS esterno alla famiglia molto delicato si presenta il rapporto da mantenere con i genitori, l’ADS deve prestare una doppia attenzione:
quella ai bisogni, desideri aspirazioni del beneficiario e quella relativa al pensiero dei familiari.
- Resta infine da considerare la popolazione delle residenze permanenti e tutte
quelle persone che da sempre vivono al loro interno affinché anche a loro venga
data voce.
Caratteristiche specifiche per un buon ricorso
L’applicazione della misura di protezione giuridica potrà essere adeguatamente
ed efficacemente adottata, e quindi ad essa seguirà un decreto specifico e non
standardizzato, se
- la persona sarà stata resa consapevole, in maniera adeguata alla sua situazione cognitiva, del significato della misura che si intende adottare;
- il GT avrà avuto più informazioni possibili sulla natura della limitazione dell’autonomia, sul percorso riabilitativo e/o educativo seguito e da prospettare, sulle
abilità conseguite, sulle risorse familiari-relazionali-ambientali disponibili, sulle
prospettive progettuali, sul contesto di vita da privilegiare;
- conseguentemente il GT avrà raggiunto una sufficiente comprensione della
persona e delle sue reali possibilità di scelta autonoma e responsabile, andando
ben oltre alla prima apparenza, con ciò si intende sottolineare il fatto che ci possono essere persone totalmente non autonome e persone che hanno maturato
ampie conoscenze e un buona capacità di decisione; in altre parole il GT non
è chiamato ad adottare provvedimenti che limitino la capacità d’agire quanto
piuttosto a valutare quanto il soggetto è in grado di compiere e in quali ambiti
invece vada sostenuto, appoggiato, accompagnato
- nell’udienza i colloqui si svolgeranno con l’attenzione a “tradurre” i pensieri
delle parti, anche attraverso l’ accompagnamento da parte degli operatori dei
servizi/associazioni per aiutare a mediare e a costruire un senso;
- nelle decisioni riguardanti la possibilità di spesa delle eventuali risorse economiche si terrà conto di quanto sono essenziali gli ausili nel migliorare la qualità
di vita di queste persone, di come la mobilità abbia per alcune di queste persone
costi aggiuntivi, così come la risposta a bisogni essenziali e/o di tempo libero e
vacanze.
33
Buone prassi in campo giuridico
In caso di disabilità esclusivamente fisica, quando la persona sia totalmente capace, può valere quanto detto a proposito della persona anziana: lo strumento
più appropriato e corretto è senz’altro la PROCURA a compiere gli atti giuridici
che è impossibilitata a compiere, conferita a persona di fiducia.
La procura può essere generale o speciale (cioè conferita per uno o più specifici atti).
In alcuni casi può essere invece opportuno ricorrere ad ADS, che la legge prevede anche per i casi di “menomazione fisica” (v. art.404 C.C.): ad es., nel caso in
cui manchi persona di fiducia, perché c’è sorveglianza del Giudice su operato
dell’ADS, e l’incarico può essere conferito con specifici limiti. Inoltre, gli atti di
straordinaria amministrazione devono essere specificamente e singolarmente
autorizzati.
In caso di disabilità psichica, dopo il compimento della maggiore età, è necessario attivare una misura di protezione: il nostro ordinamento dà la scelta tra ADS,
interdizione o inabilitazione.
Il decreto di nomina di ADS supera e contiene i provvedimenti di interdizione e
inabilitazione, cosicché, anche se nell’ordinamento giuridico queste fattispecie
sono rimaste, sappiamo che la misura dell’ADS può diventare una scelta prioritaria. La legge dà la preferibilità all’ADS poiché sufficientemente idonea a realizzare la protezione del beneficiario, infatti anche con infermità grave, è possibile
prevedere nel decreto poteri dell’ADS che coprano ogni tipo di capacità (non è
necessario procedere a interdizione), esisto esempi di decreti che hanno conferito anche all’ ADS il potere di decidere cure e luogo di residenza, anche contro la
volontà del beneficiario. Per esempio uno dei GT del Tribunale di Milano (due decreti del 12.02.09) ritiene che per la persona per la quale viene richiesta la protezione giuridica il deficit in oggetto può trovare adeguata e sufficiente misura
di protezione nella nomina di un ADS non emergendo ragioni che inducano ad
attivare, anche d’ufficio, l’ulteriore forma di tutela che consegue all’interdizione.
Sempre sull’argomento (Tribunale di Milano 19.06.2006) in un altro decreto si
dice che è la stessa patologia (ritardo mentale medio in questo caso) che per le
sue caratteristiche e le modalità di assistenza di cui necessita mostra di impedire qualunque atto diretto e autonomo, rendendo l’ADS misura idonea.
Nella graduazione dei poteri dell’ADS, modellata sulla situazione della singola
persona, sta sicuramente uno dei punti centrali e più delicati della tutela del disabile, qualunque sia il suo grado di disabilità: se ben utilizzato è uno strumento
che consente da un lato di proteggerlo dai rischi della sua fragilità, dall’altro di
salvare e valorizzare le sue capacità residue. A questo proposito la decisione di
uno dei GT del Tribunale di Milano (decreto del 05.02.09), a favore di una persona con modesto deficit cognitivo ma con completa ipocriticità e incapacità
di gestire i normali atti della vita quotidiana, di attribuire all’ADS poteri di assistenza per decidere della più idonea soluzione abitativa e logistica o di ricovero
e per intrattenere rapporti con l’Autorità Socio-Sanitaria del territorio e di rap34
presentanza solo per gli aspetti più patrimoniali. Lo stesso tribunale e in medesima data si esprime a favore di una persona con ritardo mentale medio e tetra
paresi spastica agli arti inferiori ritenendo sufficiente un mero intervento di affiancamento nell’assunzione delle decisioni di natura personale, mantenendo
l’interessato una sostanziale consapevolezza e necessitando unicamente del
confronto di chi possa aiutarlo a comprendere le diverse situazioni e gli effetti
delle soluzioni possibili.
Molto importante è anche la modificabilità in qualsiasi momento del decreto
di nomina (in caso di cambiamento delle situazioni, di modifica delle capacità
della persona, ecc.), con ampliamento o restrizione dei poteri dell’ADS. Nel senso dell’ampliamento si è espresso il Tribunale di Milano (25.09.2008) passando
da poteri di assistenza a poteri di rappresentanza per le decisioni riguardanti le
modalità di vita, cura e assistenza.
Con riferimento ai compiti specifici dell’ADS in ambito sanitario, il Tribunale ha
affidato a tale figura quello di manifestare il consenso ai trattamenti sanitari
e terapeutici. All’amministratore possono essere demandati i poteri-doveri di
compiere, in nome e per conto della persona beneficiaria, l’operazione di individuazione e scelta delle terapie ritenute più idonee per la tutela e la cura della
salute, sia fisica che psichica, della persona, tenendo edotto il Giudice Tutelare
delle scelte effettuate (Tribunale di Modena 26.01.09). Una sentenza del Giudice
Tutelare di Genova 01.03.05 ha stabilito inoltre che, in tema di valutazione delle
esigenze di natura sanitaria, solo l’ADS è soggetto legittimato ad interpretare
la volontà del beneficiario al fine di un rientro al proprio domicilio, attivandosi all’organizzazione di un’idonea assistenza, o presso una struttura di ricovero
anche a carattere permanente. Il medesimo Tribunale di Modena 13.05.08 ha
accolto la richiesta di una donna, intenzionata a rifiutare ogni cura che potesse
prolungare le sue sofferenze, di nominare il marito amministratore di sostegno,
in altre parole una persona autorizzata a decidere in caso di perdita delle facoltà
intellettive. La donna settantenne era affetta da una malattia incurabile (sclerosi laterale amiotrofica) e aveva comunicato a suo marito e ai figli di non volere
interventi né accanimenti terapeutici rifiutando, quindi, anche la respirazione
artificiale. Nel momento in cui le condizioni della donna sono notevolmente
peggiorate, il marito per rispettare la sua volontà, ha portato la richiesta della
moglie al giudice tutelare del Tribunale di Modena, che l’ha accettata. I medici
si sono dovuti limitare ad applicare le cure palliative più efficaci, per alleviare le
sofferenze negli ultimi momenti di vita.
Infine, l’ADS può essere nominato in via anticipata onde assicurare all’interessato che, in una eventuale futura condizione di incapacità di intendere e di volere, la persona da lui designata anticipatamente come rappresentante possa
concretamente esprimere dissenso alle cure salvifiche (Tribunale di Modena
05.11.2008 e 14.05.2009, Tribunale di Prato 08.04.2009, Tribunale di Cagliari
22.10.2009).
35
I servizi
Nuclei Distrettuali Disabili (NDD)
I Nuclei Distrettuali Disabili sono servizi territoriali del Comune di Milano che
raccolgono e analizzano le richieste dei cittadini disabili, li supportano nell’elaborazione di un progetto di vita. Destinatari degli interventi sono persone con
invalidità superiore al 45% (certificata dalla ASL), con età sino ai 60 anni, ad
esclusione dei soggetti con diagnosi psichiatrica. La segreteria di ciascun Nucleo
è aperta dalle ore 8.30 alle 12.30 e dalle 13.30 alle 16.30, dal lunedì al venerdì.
L’assistente sociale riceve su appuntamento. Sono presenti nel decentramento
cittadino. La sede centrale Via San Tomaso, 3
Tipologie di intervento offerte:
- Sostegno familiare: è un intervento di tipo educativo e/o assistenziale erogati
da Enti Accreditati. Si pone l’obiettivo di supportare la persona e il nucleo familiare rispetto ai bisogni di cura, assistenza, crescita personale e reinserimento
sociale.
- Assistenza economica: si attua attraverso interventi che consentono alle persone con disabilità di far fronte alle esigenze ordinarie, se sono in condizione di
povertà economica, o di essere aiutate nel realizzare progetti mirati e temporanei.
- Servizi di teleassistenza Possono chiedere il servizio le persone con invalidità
civile superiore al 45% certificata dall’A.S.L. e con età sino a 60 anni, a esclusione
di adulti portatori di patologie psichiatriche o infettive.
- Inserimento in strutture educative diurne
CDD (centro diurno disabili): I Centri Diurni Disabili sono strutture semiresidenziali socio sanitarie, aperte dalle 9,00 alle 16,00 dal lunedì al venerdì, accreditate
dalla Regione Lombardia per un massimo di 30 posti.
SFA (servizi formazione all’autonomia): I Servizi di Formazione all’Autonomia
(SFA) previsti con la Dgr. 7433/2008 prevedono per le persone disabili percorsi di crescita e autonomia finalizzati all’inclusione sociale e lavorativa. L’età per
accedere a questo servizio è compresa tra 18 e i 35 anni con una permanenza
massima di 5 anni, viene richiesto autonomia nei percorsi e autonomia nelle
azione quotidiane.
CSE (centro socio educativo): sono servizi accreditati che prevedono l’inserimento di persone con disabilità dai 16 anni e con ridotte capacità cognitive e di autonomia.
CAD (centri di aggregazione per persone adulte disabili): centri di socializzazione ad accesso spontaneo che ampliano la rete delle opportunità offrendo la possibilità di frequentare attività culturali e sociali della città.
Servizi residenziali
I servizi residenziali offrono a persone disabili possibilità di inserimento temporaneo o definitivo in strutture residenziali. Questi servizi anche attraverso
convenzioni con enti ed associazioni che presentano i requisiti indispensabili
36
al perseguimento dell’interesse pubblico, si articolano in Residenze Sanitario
Assistenziali per Disabili (RSD), strutture di medio – grandi dimensioni rivolte
a persone disabili gravi che necessitano di prestazioni ad elevato grado di integrazione sanitaria e di interventi riabilitativi di mantenimento; Comunità Alloggio e Comunità Alloggio Socio Sanitaria (CSS), strutture abitative di piccole
dimensioni integrate nel contesto sociale circostante. Appartamenti protetti,
un servizio residenziale rivolto a persone disabili con discreta autonomia. Sono
appartamenti pensati per due/tre/quattro persone, presso cui opera personale
educativo e/o assistenziale, per un numero limitato di ore giornaliere; il servizio
di Pronto Intervento, servizio di carattere socio assistenziale, rivolto a famiglie
e a persone con disabilità che presentano domanda di ricovero temporaneo per
situazioni di momentanea difficoltà. Dal 2010 è attivo sul territorio di Milano
“ProgettaMI”, un progetto finanziato da Fondazione Cariplo e Comune di Milano, realizzato da Ledha, consorzio SIR, e Fondazione Idea Vita che intende costituire quattro nodi territoriali, finalizzati alla sensibilizzazione, all’orientamento
e alla sperimentazione di possibili soluzioni residenziali.
Ufficio tutele
Il Comune può esercitare la funzione di tutore, curatore e amministratore di sostegno a favore delle persone con disabilità, se espresso dal Tribunale Ordinario.
Il mandato del servizio è espresso nei singoli decreti.
Il servizio fornisce anche consulenza sui procedimenti. È rivolto alle persone in età
compresa tra i 18 e i 60 anni, con invalidità civile superiore al 45% certificata dalla
competente Commissione ASL, con esclusione delle patologie psichiatriche.
Il Servizio sordi
Fornisce, alle persone con disabilità dell’udito, supporto e orientamento per l’integrazione sociale e lavorativa e informazioni sulle problematiche connesse alla
sordità. Avvalendosi della collaborazione della sezione milanese dell’Ente Nazionale Sordomuti (ENS) alla quale l’interessato può rivolgersi direttamente, viene
fornito un servizio di interpretariato e di interconnessione telefonica, qualora si
disponga di apparecchi DTS (dispositivo telefonico per sordi).
Possono chiedere il supporto le persone con invalidità come sordomuti ai sensi
della Legge 381/70 e della Legge 508/88.
Il centro mediazione lavoro
Il Centro di Mediazione al Lavoro (CELAV) è un punto di incontro tra imprese e
persone: si propone di facilitare l’inserimento dei disoccupati nelle attività lavorative, attraverso informazioni, percorsi di orientamento, azioni di sostegno.
37
Le organizzazioni
AIAS Milano: via P. Mantegazza, 10 MILANO
telefono 02.3302021 – e-mail [email protected]
ANFFAS Milano: via L. Valla, 25 MILANO
telefono 02.8440451 – e-mail [email protected]
ANFFAS nord Milano: via Gran Sasso, 56 CINISELLO B.MO
telefono 02.6185899 – e-mail [email protected]
Caritas Ambrosiana: via San Bernardino, 4 MILANO
telefono 02.76037 fax 02.76021676 – e-mail [email protected]
VSP Bruzzano: Via Enrico Acerbi, 39 MILANO
telefono 02.6465818 – e-mail [email protected]
Fondazione Don Gnocchi: piazza Moranti, 6 MILANO – telefono 02.40308908
Fondazione Idea vita: via L. Valla, 25 MILANO – telefono 02.87242776
Fondazione Milano Sforzesco: via Melzi d’Eril, 18 MILANO – telefono 02.316995
Fraternità e Amicizia: via Caboto, 2 MILANO
telefono 02.48516153 – e-mail [email protected]
Il Gabbiano: via Ceriani, 3 MILANO
telefono 02.48912230 – e-mail [email protected]
Le organizzazioni aderenti a Ledha Milano: via Livigno, 2 MILANO
telefono 02.6570425 – e-mail [email protected]
(AGPD onlus, AIAS Milano, ANFFAS Milano, ANMIL, Milano, ANS onlus, Associazione volontari per l’inclusione sociale, Coordinamento Genitori CDD Milano, L’Abilità
Onlus, Associazione Presente e Futuro onlus, Fondazione Idea Vita onlus, UILDM
Milano, Vivi Down onlus).
Lega del Filo d’oro
L’Impronta: via Boifava, 31/b MILANO
telefono 02.89504176 – e-mail [email protected]
Oltre noi…la vita: via Curtatone, 6 MILANO
telefono 02.55012198 – e-mail [email protected]
Presente e futuro: via U. Betti, 109 MILANO
telefono 02.33401932 – e-mail [email protected]
Vividown: via San Maurillo, 8 MILANO
telefono 02. 8056238/86452082 – e-mail [email protected]
38
Le persone con esperienza di dipendenze
L’area dei bisogni e degli interventi correlati alle dipendenze ha vissuto negli ultimi anni sensibili cambiamenti e modificazioni. E’ cambiato il rapporto tra i consumatori, i dipendenti e le sostanze, sono mutati i cosiddetti “stili di consumo”,
si è consolidato un diffuso policonsumo (a partire dall’estendersi del consumo
di cocaina e alcol fin dalle giovani generazioni), si sono fatte strada nuove e diverse dipendenze (dal gioco d’azzardo, dallo shopping compulsivo e dalle nuove
tecnologie) che fino a poco tempo fa erano sconosciute, trascurate o affrontate
da punti di vista differenti.
In generale si può registrare un abbassarsi dell’allarme sociale legato a questi fenomeni, strettamente collegato al tramonto delle manifestazioni più pubbliche
ed evidenti; l’esempio più lampante è l’estinguersi delle piazze “ufficiali” dello
spaccio a favore di una più estesa, ramificata e nascosta rete di smercio delle
sostanze e del loro consumo.
Le statistiche e l’osservazione quotidiana di migliaia di operatori sociali e sanitari ci dicono che il policonsumo di sostanze si è diffuso tra la popolazione con
modalità più compatibili, almeno sui tempi medio-brevi, con la vita quotidiana
e gli ordinari impegni familiari e professionali.
Da questo punto di vista si può dire dunque che i problemi correlati alle dipendenze trovano il loro scenario principale nell’ambiente delle relazioni amicali e
di quelle familiari, con tutte le conseguenze del caso di una situazione spesso
critica che si “scarica” tra le mura domestiche. E che solo in situazioni di forte
crisi arriva – come pressante domanda d’aiuto – ai servizi pubblici e privati.
In questo scenario l’amministratore di sostegno è ancora una risorsa poco conosciuta e utilizzata.
Un primo compito del progetto sarà necessariamente quello di svolgere una
vasta e approfondita opera di sensibilizzazione e informazione verso i principali attori coinvolti nel sistema dipendenze, a partire dagli operatori dei Sert,
dei Noa e del numeroso privato sociale cittadino. Le azioni di sensibilizzazione e
informazione potranno avvalersi, quali partner fondamentali, del Dipartimento
per le dipendenza patologie dell’Asl Milano e del Coordinamento cittadino del
privato sociale contro le dipendenze, che riunisce una ventina di associazioni,
enti e cooperative impegnate nel settore.
Nodi critici e temi aperti
La specificità del settore delle dipendenze rende inoltre necessario stimolare un
percorso di riflessione e approfondimento delle pratiche – presenti e possibili –
in almeno quattro direzioni:
1. Le condizioni di rischio in presenza delle quali è utile ricorrere all’istituto
dell’amministratore di sostegno. In via esemplificativa indichiamo qui quattro
diverse tipologie emerse nell’esperienza dei servizi per le dipendenze:
39
Casi di demenza correlata a immunodeficienza acquisita o a diagnosi di grave
dipendenza alcolica.
Stati di coma temporaneo, conseguente all’abuso di sostanze o a incidenti correlati allo stile di vita tossicomanico.
Disponibilità di denaro che interferisce con il buon esito di un trattamento riabilitativo.
Situazione di vulnerabilità ad alto rischio.
2. Un ulteriore percorso di riflessione e di approfondimento riguarda le strutture residenziali e semiresidenziali di trattamento, gestite per la gran parte da
realtà del privato sociale. L’amministratore di sostegno può rivelarsi uno degli
strumenti da utilizzare nel percorso di reinserimento delle persone che hanno
concluso i percorsi riabilitativi, come ausilio temporaneo in vista di una completa autonomia personale.
3. Un altro tracciato di lavoro riguarda l’approfondimento dell’esercizio del ruolo
di amministratori di sostegno da parte di Onlus , fondazioni e enti senza scopo
di lucro. Fermo restando il divieto di svolgere la funzione di amministratore di
sostegno da parte di operatori dei servizi che hanno in carico il beneficiario, rimane aperto il nodo degli strumenti e delle professionalità che le organizzazioni
di terzo settore devono e possono mettere in campo per attrezzarsi alla sfida di
essere punti di riferimento anche nei percorsi di amministrazione di sostegno.
Infine vale la pena considerare e approfondire la diffusa presenza di relazioni
interpersonali conflittuali nei percorsi di tossicodipendenza, in particolare di
quelle intrafamiliari e intraparentali; è un dato di fatto che non può essere sottovalutato quando si pensa a percorsi di preparazione all’autonomia che toccano
anche concreti aspetti economici e patrimoniali.
Caratteristiche specifiche per un buon ricorso
Per il buon esito dell’amministrazione di sostegno riteniamo, innanzitutto, utile
partire dalla predisposizione di un ‘buon riscorso’ e questo si potrebbe definire
tale quando
- viene redatto innanzitutto con la ricerca del massimo consenso possibile da
parte della persona: la collaborazione e la consapevolezza di un’istanza che limiterà alcune azioni, ma insieme consentirà la vicinanza di qualcuno partecipe del
percorso terapeutico, è la conditio fondamentale perché anche questo strumento diventi una parte del più articolato e ampio percorso di cura individualizzato;
- definisce ed esplicita la relazione con il progetto di vita più ampio, richiamando
così tutti i soggetti che ne fanno parte ai compiti di ognuno e alle interazione fra
tutti e in modo che le funzioni dei diversi attori siano espresse e sottolineino il
comune impegno anche nell’adesione alle misure di protezione giuridica.
Le forme di dipendenze a cui oggi pensiamo sono diverse e incidono diversamente nella vita delle persone.
Il bisogno di tutela si riferisce agli atti della vita quotidiana là dove questi risul40
tino troppo difficili da compiere in modo individuale o che , causa proprio la dipendenza, rischiano di mettere a rischio il patrimonio familiare (mogli, mariti e
figli): i poteri dell’amministratore di sostegno dovrebbero essere quindi declinati
e specifici per le sole azioni quotidiane che necessitino di protezione ed escludano quelle che violano il rispetto dell’individualità ancora integra.
Il ruolo dell’amministratore di sostegno per le persone con esperienza di dipendenze potrebbe realizzarsi così all’interno del sistema di cura quindi soggetto
insieme alla persona con esperienza di dipendenze ed i servizi (costruzione
dell’alleanza terapeutica e del consenso alle cure) e tra la persona ed il territorio.
Quindi:
- garante del percorso e del progetto di vita della persona;
- interlocutore significativo dei servizi stessi
In molte situazioni infine si evidenzia la possibilità di un ritorno ad una vita
autonoma dopo l’esperienza di dipendenza: un decreto dovrebbe prevedere un
tempo di applicazione limitata e passibile di verifiche e cambiamenti, coerentemente al percorso individuale e ai cambiamenti avvenuti; in questo modo diventa uno strumento del percorso di cura, adeguato alle diverse forme di dipendenza, ma che possa prevedere anche miglioramenti o superamenti del bisogno
di protezione giuridica.
Buone prassi in campo giuridico
Passando in rassegna alcune ordinanze emerge la tendenza dei GT (o per lo
meno di taluni) ad applicare la misura dell’ADS anche a soggetti con problemi di
dipendenza patologica (dipendenza dal gioco altrimenti detta ludopatia – tossicodipendenza – alcolismo).
Così il GT di Varese (decreto 25.11.2009) pur riconoscendo che il beneficiario
non rientra “nel classico soggetto incapace ovvero vulnerato nella propria esatta
e corretta percezione della realtà ovvero inficiato nell’intelletto da disturbi più o
meno intensi della personalità” individua la incapacità gestionale del soggetto
come conseguenza diretta della sua tendenza ad attività di gioco e scommesse.
Tendenza che, nel caso di specie, è sfociata in una vera e propria dipendenza del
tutto simile, per sintomi e caratteristiche, a quella da sostanze stupefacenti che
può peggiorare e compromettere seriamente salute e qualità di vita.
Il Giudice, in linea con i principi ispiratori della legge istitutiva della ADS, ha ritenuto quindi idonea la misura dell’ADS perché, rispetto alla interdizione, può essere applicata per un tempo determinato e perché in grado di favorire (almeno
potenzialmente) il recupero delle piene capacità del beneficiario affiancando ad
percorso terapeutico (cui ha peraltro aderito il beneficiario) un percorso giuridico di tutela inteso a far riacquistare al beneficiario il graduale recupero della
capacità di gestire il denaro.
Ancora il GT di Varese (ordinanza del 10.3.2010), dispone la misura dell’ADS a
sostegno di una donna dedita, da anni, a consumo patologico di alcool con pre41
esistente disturbo della personalità, che ha maturato a causa della dipendenza,
un lieve deficit conognitivo e versa in uno stato di instabilità con condotte ora
auto-lesive (ha perso il titolo abilitativo alla guida, ha distrutto il rapporto con
gli stretti congiunti) ore etero-lesive (assume sovente comportamenti violenti
tanto da aver subito una denuncia per minacce, ingiurie e danneggiamento).
Per quanto, nel caso di specie, il potenziale rischio di pregiudizio per la persona
destinataria della misura di protezione (sotto il profilo del comportamento auto-lesivo) indurrebbe ad applicare la interdizione, il GT ha ritenuto di applicare
la ADS.
Ha infatti ravvisato la possibilità per la beneficiaria, di seguire un percorso di
sostegno e ausilio volto a contrastare le dipendenze alcoliche. A tal fine l’ordinanza prevede, da un lato, la delega ai Servizi Sociali a “provvedere a concertare
con l’amministratore di sostegno attività terapeutiche di recupero…invitando la
beneficiaria a non astenersi dal frequentare una regolare serie di cicli terapeutici
e di sostegno… delegando i SS a monitorare le condizioni di vita della beneficiaria
con relazione sul suo stato si dipendenza alcolica” e dall’altro una serie di compiti e poteri attribuiti all’amministratore, finalizzati tutti ai bisogni specifici da
soddisfare.
Anche in questo caso il sostegno viene concepito su due diversi piani: alla imprescindibile cura degli interessi patrimoniali e degli aspetti materiali, viene abbinata la cura degli aspetti prettamente personali e sanitari. Viene specificatamente assegnato all’ADS il compito di assistere la beneficiaria nella prestazione
del consenso informato, di assistere la beneficiaria ai trattamenti sanitari, accompagnarla nel dialogo con il medico, di proporre alla beneficiaria la frequentazione di un gruppo di alcolisti anonimi, e di concertare con i servizi sociali di
competenza le attività da intraprendere.
L’ADS dovrà peraltro monitorare scrupolosamente la condotta della beneficiaria e in caso di inosservanza delle concordate modalità, dovrà riferire immediatamente al GT, il quale in caso di insuccesso del progetto individuale proposto
nella ordinanza, sarà costretto a valutare la necessità di applicare una misura di
protezione più grave.
Interessante la decisione del Tribunale Milano (decreto 19.3.2007), con la quale
il G.T. dichiara chiuso il procedimento di ADS aperto due anni prima a sostegno
di una ragazza dedita al consumo patologico di sostanze stupefacenti.
Il GT nel prendere atto che la beneficiaria ha presentato un graduale miglioramento sia in relazione alla tossicodipendenza (i controlli tossicologici sono risultati negativi) sia in relazione alla condotta di natura personale e familiare (ha ripreso il
percorso di studi interrotto, ha recuperato il rapporto con la madre, ha mantenuto
il rapporto con il padre con il quale vive stabilmente) e ha al contempo recuperato
uno stile di vita sufficientemente regolare e responsabile, sulla base delle concordi
indicazioni che provengono dal padre e dagli operatori socio sanitari, ritiene di
non dover rinnovare ulteriormente lo strumento di protezione dell’ADS.
42
Da ultimo si segnala il decreto 10.5.2008 Tribunale di Trieste: Il GT è qui chiamato a decidere se applicare o meno la misura di protezione nei confronti di
un soggetto affetto da etilismo cronico con numerosi casi di coma etilico, il cui
ricorso era stato promosso per poter far curare il beneficiario e fargli superare la
condizione di etilista.
È pur vero però che più e più volte sentito, l’interessato ha dichiarato di non volersi curare ripete : “se voglio bere nessuno può impedirmelo”.
Il GT ha ritenuto che non può essere affidato ad un ADS il potere di esprimere
– non solo in nome e per conto del beneficiario, ma persino contro la sua volontà – il consenso alle cure idonee ad avviare un programma di disintossicazione
dall’alcool.
Non si tratta in questo caso di manifestare il consenso ad un trattamento sanitario a favore di persona inferma non in grado di esprimere la propria volontà
carenza che vierrebbe legittimamante sopperita dall’ADS (in qualità di vicario).
La volontà del beneficiario che appare lucida ed integra, da manifestarsi per un
eventuale trattamento di disintossicazione da alcool, non potrà essere sostituita
dalla volontà del’ADS, se non in violazione dei principi che regolano le disposioni in
tema di protezione giuridica e dell’art. 32 della Costituzione (nessuno può essere
obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge).
Il rispetto della persona, prosegue il GT nella sua ordinanza, impone di assicurarle un ambito di autonomia invalicabile pur nella consapevolezza che la dipendenza potrà arrecare gravissime conseguenze.
Il GT ritiene quindi di applicare la misura di protezione dell’ADS limitatamente alla sfera patrimoniale richiamando le disposizioni dell’art. 415 c.c. secondo
le quali possono essere inabilitate le persone che per abuso abituale di alcool
espongono sé o la propria famiglia a gravi pregiudizi economici.
In questo modo si realizza intorno a una persona affetta da alcolismo cronico
ovvero da altre dipendenze, una limitazione di capacità idonea a evitare che nella fasi acute della assunzione di alcool o di altre sostanze possa compiere atti
che pregiudichino il patrimonio proprio o della propria famiglia, senza violare i
principi surrichiamati.
Servizi territoriali
La rete dei servizi territoriali, residenziali e semiresidenziali per le dipendenze a
milano è assai complessa. Di seguito vengono elencati i principali punti di riferimento per la ricerca completa dei servizi.
L’elenco completo dei servizi e delle strutture d’accoglienza per le dipendenze è
scaricabile dal sito www.famiglia.regione.lombardia.it
1. I SER.T
Sono il luogo dell’integrazione , interazione e della trasversalità dei servizi Pubblici , privato sociale, volontariato ed enti locali finalizzata lla razionale programmazione operativa dell’azione antidroga preventiva terapeutica e riabilitativa.
43
I Servizi Territoriali per le Dipendenze – Ser.T. si occupano di:
• prevenzione della dipendenza e dell’abuso di sostanze legali ed illegali
• diagnosi, cura e riabilitazione dei soggetti in condizione di dipendenza o di
abuso di sostanze
• attività riabilitative conseguenti;
• assistenza per patologie correlate alle dipendenze
Sono 4 Strutture Complesse (Ser.T.), di cui 7 distribuite nel territorio cittadino ed
uno operante nelle Carceri. Ciascun Ser.T. comprende una Unità Operativa per le
tossicodipendenze, uno per ciascun Nucleo Operativo Alcologia.
Ser.T 2 Conca del Naviglio
Via Conca del naviglio 45 Milano (20123)
Tel: 02/85782727 – 02/85782727/2721 – Fax: 02/85782739
E-mail: [email protected]
Ser.T Area Penale e Carceri
Via Conca del Naviglio 45 Milano (20123)
Tel: 02/85782630 – 02/85782630 – Fax: 02/85782639
E-mail: [email protected]
Ser.T 2 Accursio
Piazzale Francesco Accursio, 7 Milano (20151)
Tel: 02/85782755 – 02/85782755 – Fax: 02/85788297
E-mail: [email protected]
Ser.T 1 Suzzani
Viale Suzzani, 239 milano (20162)
Tel: 02/85782771 – 2/85782771 – Fax: 02/85782819
E-mail: [email protected]
Ser.T 1 Canzio
Via Stefano Canzio, 18 Milano (20131)
Tel: 02/85788370/1/2 – Fax: 02/85788387
E-mail: [email protected]
Ser.T 1 Boifava
Via Pietro Boifava, 25 Milano (20142)
Tel: 02/85782861 – 02/85782861 – Fax: 02/85782888
E-mail: [email protected]
Ser.T 1 Forze Armate
Via Forze Armate, 381 Milano (20152)
Tel: 02/85782911 – 02/85782911/2914/8555 – Fax: 02/85782939
E-mail: [email protected]
Ser.T 2 Albenga
Via Albenga, 2/A Milano (20153)
Tel: 02/85782892 – 02/85782892 – Fax: 02/85782898
E-mail: [email protected]
44
Ser.T 1 Sesto San Giovanni
Viale Matteotti 13 Sesto San Giovanni (20099)
Tel: 02/85783345 – 02/85783345 – Fax: 02/85783349
E-mail: [email protected]
Ser.T 1 Cinisello Balsamo
Via Beretta 1 Cinisello Balsamo (20092)
Tel: 02/85783345 – 02/85783345 – Fax: 02/85783349
E-mail: [email protected]
Fonte: sito Asl Milano
2. Il Servizio Multidisciplinare Integrato di CAD onlus
Servizio Multidisciplinare Integrato CAD onlus
Via Apollodoro, 3/5 – 20129 Milano – Tel. 02-715960/1 – 02-715960/1
Mail: [email protected] – Sito: cadmilano.org
3. La Linea verde droga e dipendenze
Tutti i giorni dalle 9.00 alle 20.00
NUMERO VERDE 800-458854
Linea Verde Droga e Dipendenze è un servizio di ascolto telefonico gratuito che
offre consulenza, informazione ed orientamento a tutti coloro che vivono in
prima persona un problema di dipendenza o che si trovano a dover aiutare chi
sperimenta questa condizione di disagio. Il servizio è in rete con i servizi sociosanitari del territorio e favorisce l’avvio di percorsi di cura e riabilitazione.
Gli operatori garantiscono, a chiunque chiami, riservatezza e anonimato, al fine
di dare:
- Informazioni a chi voglia comprendere i fenomeni legati alle dipendenze o desideri approfondire la conoscenza delle sostanze e dei loro effetti.
- Consulenza a persone che vivono una condizione di dipendenza per facilitare
l’avvio di un percorso di presa in carico da parte di un servizio o per rafforzare la
tenuta di percorsi di cura già avviati.
- Sostegno ai famigliari di persone che manifestano una condizione di dipendenza; consulenza ai genitori di adolescenti.
- Informazioni rispetto alla rete dei servizi territoriali pubblici e privati.
Linea Verde Droga e Dipendenze è un servizio del Comune di Milano gestito in
convenzione con il Centro Ambrosiano di Solidarietà. www.drogaedipendenze.it
45
Il Coordinamento milanese del Privato Sociale per le dipendenze
L’Associazione COORDINAMENTO MILANESE del Privato Sociale per le dipendenze nasce nel 2000 su sollecitazione del Comune di Milano. Riunisce quindici tra
le principali associazioni e cooperative impegnate in città nel campo delle dipendenze.
www.coordinamentomilanese.org
Gli enti associati:
A77
Forma giuridica: cooperativa sociale di tipo a
Sede: Largo Promessi Sposi – 20142 Milano
Telefono: 0284894051 – fax: 0284893615
e-mail: [email protected] – sito web: www.a77web.it
AISEL ONLUS
Sede: Corso Garibaldi, 75 – 20121 Milano
Telefono: 0229000109 – 0229005821 – fax: 0229005889
e-mail: aisel@katamail – sito web: www.aisel.it
ALA Milano onlus
Sede: Via Boifava, 60/A – 20142 Milano
Telefono: 0289516464 – 0289518046 – fax: 0289515729
e-mail: [email protected] – sito web: www.alainrete.org/
CAD
Sede: Via Apollodoro, 375 – 20129 Milano
Telefono: 02715960 – 02715961 – fax: 0270100524
e-mail: [email protected] – sito web: www.cadmilano.org
Cascina Verde
Sede: Via Olgettina, 80 – 20132 Milano
Telefono: 022137312 – 0221870070 – fax: 0226920394
e-mail: [email protected]
Cooperativa Lotta contro l’emarginazione
Sede: Piazza Repubblica, 8 – 20099 Sesto S. Giovanni
Telefono: 022400836 – 02224201 – fax: 0226226707
e-mail: [email protected] [email protected]
Comunità Nuova onlus – Associazione Giorgio Mauro onlus
Sede: Via Gonin, 8 – 20147 Milano
Telefono: 0248301938 – 0248302937 – fax: 0248302707
e-mail: [email protected] – sito web: www.comunitanuova.it
Coop. sociale Comunità del Giambellino Onlus
Sede: Via Gentile Bellini, 6 – 20146 Milano
Telefono: 02425619 – 0248952290 – fax: 0248954183
e-mail: [email protected] – sito web: www.giambellino.org
46
Dianova onlus
Sede: Viale Forlanini, 121 – 20024 Garbagnate Milanese (Mi)
Telefono: 02-99020093 02-99020093 – fax: 02-99022452
e-mail: [email protected] – sito web: www.dianova.it
Comunità Emmanuel
Sede: Via Cassolnovo, 125 – 20081 Abbiategrasso
Telefono: 0294969887 – fax: 0294967948
e-mail: [email protected] – sito web: www.comunita-emmanuel.org
Lila Milano onlus
Sede: Viale Tibaldi, 41 – 20136 Milano
Telefono: 0289400887 – 0289403050 – fax: 0289401111
e-mail: [email protected] – sito web: www.lilamilano.it
La Cascina onlus
Sede: Via Fra’ Cristoforo, 6 – 20142 Milano
Telefono: 02.8467488 – Fax: 02.8467488
e-mail: [email protected]
Associazione Progetto N Onlus
Sede Legale: Via Ponale, 66 – 20162 Milano
Sede Operativa: Viale Fulvio Testi, 302 – 20162 Milano
Telefono: 0266105030 – fax: 026426881 – web: [email protected]
Fondazione Progetto Arca
Sede: Via S.Giovanni Alla Paglia, 7 – 20124 Milano
Telefono: 0266715266 – fax: 0267382477
e-mail: [email protected] – sito web: www.progettoarca.org
Saman
Sede: Via Panfilo Castaldi, 23 – 20124 Milano
Telefono: 0229400930 – 0229402723 – fax: 0289519900
e-mail: [email protected][email protected]
web: www.saman.it
47
Stampato nel mese di Febbraio 2011
Tutti i diritti riservati all’Associazione Oltre noi... la vita.
Consentite citazioni parziali citando la fonte.
Il Progetto INSIEME A SOSTEGNO ASL Milano
Capofila:
Associazione Oltre Noi…la Vita® Onlus
Via Curtatone 6, Milano
Tel. 02.55012198 Fax 02.54139302
www.oltrenoilavita.it
[email protected]
Punti di prossimità
• Distretto 1 e 3: Associazione Oltre Noi … La Vita
via Curtatone, 6 - tel. 02 55012198 - Milano
• Distretto 2: Associazione VSP Bruzzano
piazza Bruzzano, 8 - tel. 02 66220538 - 20161 Milano
• Distretto 4: ANFFAS Milano
via Bazzi, 68 - tel. 02 8440451 - 20141 Milano
• Distretto 5: Associazione Giorgio Mauro
via Gonin, 8 - tel. 02 48301938 - 20147 Milano
• Distretti 6 e 7: ANFFAS Milano Nord
via Gran Sasso, 56 - tel. 02 6185899 - 20092 Cinisello Balsamo (Mi)
7
6
2
5
3
1
4
Scarica

Insieme - Voi Siete Qui