diretta da Giors Oneto
SPECIALE / 224
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1.VIII.2010
EUROPEI 2010
Tutti bravi, vola la 4x100 ma per
l’Italia zero titoli
Dopo 27 anni circa cade il record italiano della 4x100. I nomi storici di Stefano Tilli, Carlo Simionato,
Pier Francesco Pavoni e Pietro Paolo Mennea vengono sostituiti da quelli di Roberto Donati, Simone
Collio, Emanuele Di Gregorio e Maurizio Checcucci. Coprono il giro di pista in 38”17 contro il
precedente 38”37 del 10 agosto 1983. Allora quel tempo donò all’Italia di Carlo Vittori l’argento
mondiale; ora vale l’argento europeo per gli Azzurri di Filippo Di Mulo. L’impresa è stata realizzata da
quattro velocisti bravi ma non fenomenali: il segreto, come tutti possono immaginare,
è stato il lavoro serio da tutti auspicato. Cambi perfetti con il testimone che nei tre cambi è passato da
una mano all’altra sempre nello spazio di un passo, volando negli ultimi 300 metri alla velocità oraria di
chilometri 42,613. Successo di un gruppo e della volontà, frutto di una scelta di lavoro da sempre
invocata e spesso disattesa. Siamo felici per questi ragazzi e per chi la ha seguiti con assoluta
determinazione. Possiamo affermare senza titubanze che la prestazione ci rende felici e non ci sorprende
affatto, da tempo attesa e preventivabile.
Come era purtroppo preventivabile che Andrew Howe non potesse fare miracoli.
Si è battuto bene, con sei salti a cavallo degli 8 metri ma il balzo migliore di 8.15 non gli ha consentito
di classificarsi meglio che quinto. La volontà c’è tutta ma ovviamente manca ancora la potenza e la
condizione. Conclusione dei campionati con le staffette del miglio. Le ragazze (Bazzoni, Milani, Spacca,
Grenot) si classificano al quarto posto con il nuovo primato di 3’25”71; gli uomini si battono
eccezionalmente sino alla tersa frazione ma poi affondano.
In mattinata la corsa sui 42 km e 195 metri aveva dimostrato ancora una volta che la Maratona non
perdona. Stefano Baldini, alla sua 27sima esperienza sulla distanza, si è ritirato a metà gara. Una resa
che non cancella ed anzi esalta tutta una carriera ai vertici assoluti. Anche Gelindo Bordin chiuse la
carriera proprio a Barcellona nel 1992: ma tutti ricordano le sue vittorie e non l’ultima gara poco felice.
Ha sognato a lungo Ruggero Pertile, nome di grande tenore ( parliamo di Aureliano) e che ha tentato il
“do di petto” quando, terzo in classifica, ha forse speso troppo puntando all’argento. E’ stato bloccato
dai crampi ma è riuscito a reagire, terminando quarto più per volontà che di forza. Qualcuno si è chiesto
come mai i nostri più qualificati uomini di resistenza (oltre a Pertile anche Schwazer) abbiano accusato
lo stesso inconveniente muscolare. Sarebbe interessante avere una risposta. Concludiamo il discorso
sulla maratona sottolineando come i commentatori televisivi abbiano citato tutti i meritevoli allenatori
italiani dediti al gran fondo. Si sono dimenticati solo di Oscar Barletta: peccato, hanno ignorato il
migliore di tutti…
Alla resa dei conti l’Italia ha dimostrato una ritrovata vitalità. Ma nel medagliere si trova al 17° posto e
non ha vinto nessun titolo. Nella storia degli Europei era successo una sola volta, nel 1958 a Stoccolma
mentre nel 1938 (uomini a secco a Parigi) avevamo registrato il successo della Testoni a Vienna.
Stiamo meglio nella classifica a punti ma c’è ancora tanto cammino da fare.
Vanni Lòriga
“OGGI HOWE, ORA C’E’ HOWE, HOWE A MEDAGLIA, IN ATTESA DI HOWE”. Così
più o meno titolavano o annunciavano alla vigilia gli organi d’informazione nostrani. Ci avevano
quasi convinto che il piazzista di merendine sarebbe stato il salvatore della patria sportiva e che in
quest’ultima giornata di Europei il buon aeronauta avrebbe fatto sfracelli. Avrebbe in sostanza
dovuto spaccare le montagne. In realtà ancora una volta ci ha spaccato qualcos’altro. Più o meno
come immaginava, contro i giudizi del Soloni d’annata, il Presidente Arese.
E’ FINITA
Un altro secondo posto, che porta il bilancio
complessivo a sei medaglie (nessuna d’oro,
quattro d’argento, due di bronzo), due primati
italiani migliorati, e due quarti posti: sono il
bilancio dell’ultima giornata dei Campionati
Europei nei quali abbiamo avuto anche altri
finalisti, ossia piazzati tra il quinto e l’ottavo
posto. Sarebbe un bilancio più che discreto, se non
fosse per qualche rimpianto di non aver lasciato
ancora qua e là un’impronta che invece avrebbe
potuto starci. Importante sottolineare subito, però
anche, che questo rimpianto è legato a casi singoli
e che invece nel complesso si è vista gente capace
di onorare la maglia azzurra con il giusto impegno
e di non ritenere la partecipazione come un
viaggio-premio.
L’argento lo ha ottenuto la staffetta maschile
4x100 dietro alla Francia di Christophe Lemaitre,
capace di sfatare la tradizione che voleva – chi lo
ha preceduto nella doppietta 100-200 – poi battuto
nella staffetta. Gli azzurri sono stati in testa
praticamente per tre frazioni. Bene Donati in
prima, bravissimo Collio che aveva come metro di
paragone proprio Lemaitre, eccellente quindi la
curva di Emanuele Di Gregorio, senz’altro il
migliore dei velocisti azzurri in questi giorni
barcellonesi. All’ultimo cambio Checcucci è
partita con almeno un metro di vantaggio sul
francese Mbandjock, ma è stato inesorabilmente
rimontato e battuto. Ha dato quel che poteva,
parlare dei suoi limiti non è certo spregiativo
specie se si considerano i suoi 36 anni. Ed a questo
punto è solo di parziale consolazione registrare
che dopo 27 anni sono stati tolti due decimi al
record (38”37) che aveva dato ad Helsinki
l’argento iridato all’Italia di Tilli, Simionato,
Pavoni e Mennea.
Forse perché è nella natura dell’uomo non essere
mai contenti, viene però da chiedersi perché, al di
là di probabili incomprensioni e della mancata
partecipazione ai raduni, non si sia comunque fatto
uno sforzo per far correre a Fabio Cerutti l’ultima
frazione. C’è chi sostiene sia questione di clan nel
gruppo dei velocisti, altri che non si può derogare
ai principi (“Tu non vieni ai raduni, tu vuoi
allenarti per tuo conto, e allora stai fuori”): fatto
sta che per la testardaggine, dei tecnici (che
difendono la loro scelta risultando persino
stucchevoli) e dell’atleta (anche lui indubbiamente
colpevole), è stata gettata al vento una medaglia
d’oro ed un tempo che avrebbe potuto addirittura
essere inferiore ai 38 secondi. E non si giustifichi
il tutto ricordando che i britannici non fanno
correre Chambers: i presupposti sono differenti e
paragonare le situazioni risulta persino offensivo.
Atterrare tre volte oltre gli 8 metri, con una punta
al secondo tentativo di 8,12, non è bastato ad
Andrew Howe per ottenere più del quinto posto
nella gara vinta a sorpresa dal tedesco Reif con
8,47, guarda caso la misura che aveva permesso
all’azzurro di essere secondo ai Mondiali di Osaka
e di far suo il primato italiano. A differenza della
qualificazione, dove aveva impressionato per la
qualità dell’unico salto effettuato, Howe è parso
meno reattivo, senz’altro più lento nella rincorsa.
Godiamoci comunque il fatto di rivederlo in
pedana, ma il pieno recupero per riaverlo ai livelli
di due stagioni fa è indubbiamente ancora lungo.
Diciamo che come passo d’avvio questo risultato
di Barcellona può bastare. Ma niente più.
Chi invece è arrivata ad un sesto posto persino
insperato nei 5000, dove alla turca Abeylegesse
non è riuscito il bis dei diecimila (a batterla è stata
la connazionale, anche lei prodotto dell’Etiopia,
Alemitu Bekele), è Elena Romagnolo, nel cui
futuro ci saranno sempre meno le siepi e sempre
più gare sul piano. Subito spezzatosi in due il
gruppone, con sei fuggitive che poi si sono ridotte
a tre con il procedere della gara, la piemontese ha
amministrato saggiamente le proprie energie,
raccogliendone i frutti alla fine.
Non è casuale l’aver lasciato per ultime le staffette
4x400, che hanno chiuso il programma dei
campionato. Intanto perché proprio sul giro di
pista abbiamo visto i due azzurri probabilmente
più pugnaci e mai domi: Marco Vistalli e Marta
Milani. Il quarto posto del quartetto femminile,
che fa il paio con quello nella maratona di
Ruggero Pertile, con il primato italiano portato a
3’25”71 con un miglioramento del limite
precedente di 98 centesimi, rende onore
all’impegno di Chiara Bazzoni, Marta Milani,
Enrica Spacca e Libania Grenot. Un quartetto che
ha un futuro vista l’età delle componenti e che
potrà non sfigurare anche su palcoscenici più
importanti di quello continentale.
La 4x400 maschile, purtroppo, è finita ottava
risentendo in primo luogo della non ottimale
condizione di quello che dovrebbe essere il suo
uomo più rappresentativo, ossia Claudio
Licciardello, la cui rinuncia a disputare la gara
individuale aveva già fatto intuire non fosse al
meglio. E ieri, dopo la fantastica prima frazione di
Vistalli e l’altrettanto positiva prova di Luca
Galletti, è stato proprio il siciliano a crollare negli
ultimi 50 metri della terza frazione, costringendo
Andrea Barberi a partire pressoché da fermo,
dilapidando quel terzo posto che i primi due
frazionisti avevano raggiunto. E a quel punto
l’ultima frazione è diventato un lento scivolare
verso l’ottavo posto.
Nel medagliere, complice l’assenza di medaglie
d’oro, l’Italia occupa un 17° posto che è lontano
anni luce dal secondo di una Francia (8 ori, 6
argenti, 4 bronzi) vicina alla Russia (10-6-8) e
davanti a britannici (6-7-6) e tedeschi (4-6-6).
Senz’altro maggiore giustizia rende all’Italia la
classifica a punti che tiene conto dei finalisti dove
gli azzurri occupano l’ottavo posto con 92 punti,
preceduti da Russia (262), Francia (183), Gran
Bretagna (167), Germania (152), Spagna (110),
Ucraina e Polonia (entrambe 96).
Giorgio Barberis
UN SOGNO LONTANO
Il timore che le strade di Barcellona, dopo aver
visto nel 1992 Gelindo Bordin allontanarsi dal
percorso di gara su una sedie a rotelle in quanto
neppure riusciva più a camminare, potessero
rappresentare anche un mesto addio agonistico per
Stefano Baldini, è purtroppo realtà. Quella che
comunque sarebbe stata l’ultima sfida e l’ultima
maratona dell’emiliano si è conclusa al 22°
chilometro, dopo che già stringendo i denti il
campione olimpico di Atene aveva superato una
prima crisi al 18°.
“Quando finisce la benzina, inutile star lì a
recriminare. Il mio serbatoio era proprio
vuoto”: lucida, forse anche crudele, la
disamina di Baldini subito dopo il ritiro. Per
15 chilometri aveva corso con il gruppetto dei
primi che, via via, andava selezionandosi. Il
modo di correre di Stefano non è mai stato,
nella sua estrema efficacia, un modello di stile
e dunque guardandolo si è rifiutato fino
all’ultimo di ammettere l’evidenza di
qualcosa che non andava. La sfida del 39enne
campione, tornato ai 42 km dopo due anni,
per tentare di rivincere quel titolo continentale
che già era stato suo nel 1998 a Budapest e
quattro anni fa a Goteborg, non si è
trasformata in una disfatta solo perché
Stefano, ragazzo intelligente, accortosi che il suo
tentativo era destinato al fallimento, non riuscendo
più a reagire, ha preferito fermarsi. “Ci ho provato
e sono contento di averlo fatto – ha detto ancora –
ma quando non stai bene, quando ti accorgi che la
preparazione non è sufficiente e il caldo si rivela
micidiale, inutile insistere. Certo sarebbe stato
bello chiudere in un altro modo, ma va bene anche
così. Senza rimpianti”.
L’elemento curioso, quasi in una sorta di
contrappasso, è che a vincere è stato il 35enne
elvetico Viktor Rothlin, cioè proprio il maratoneta
che quattro anni fa a Goeteborg era stato il più
strenuo avversario di Baldini, facendosi staccare
soltanto nel finale e comunque conquistando il
secondo posto. Quattro anni e oltre 20 anni di
carriera alle spalle però sono tanti, Stefano lo ha
toccato con mano, tanto più in una giornata
dominata da un’afa che mai si era provata nei
giorni precedenti di questi campionati europei.
Rothlin ha vinto con pieno merito, disponendo
della gara a suo piacimento. Il tempo senz’altro
modesto (2h 15’31”) è la conseguenza del clima
sfavorevole, che ha severamente punito chi non ha
saputo amministrarsi, dal russo Abramov finito
lontanissimo dopo essere stato l’animatore delle
fase iniziale, al francese Theury che in realtà è un
keniano che a lungo ha fatto parte della legione
straniera. Il suo ardire a metà gara lo ha stroncato
nel finale, inducendolo all’abbandono dopo
chilometri e chilometri di grande sofferenza in cui
vedeva gli altri passarlo inesorabilmente e il
procedere sbilenco testimoniava tutta la sua
sofferenza. E proprio quando è iniziato il suo
calvario, tra i primi a riprenderlo e superarlo c’è
stato Ruggero Pertile, autore di una buona gara,
che gli ha però lasciato l’amaro in bocca visto che
lo spagnolo Martinez e il russo Safronov lo hanno
preceduto sul traguardo, relegandolo al quarto
posto.
“La gara di un campionato non si corre per il
piazzamento ma per cercare di vincerla – ha poi
spiegato il veneto -. Sentivo che poteva essere la
mia giornata e ci ho provato. Anche Rohtlin non
sarebbe stato irraggiungibile senza il dolore al
fianco e poi alle gambe che mi hanno costretto a
fermarmi due volte dopo il 35° chilometro. Inutile
nasconderlo, sono deluso”.
Chi invece è giustamente soddisfatto è Migidio
Bourifa che, a 41 anni, si è amministrato con
grande lucidità conquistando un settimo posto che
va al di là di ogni previsione e, insieme all’11°
posto di Ottavio Andriani – anche lui autore di una
gara giudiziosa e regolare – ha permesso all’Italia
di essere terza, dietro a Spagna e Russia, nella
classifica a squadra di Coppa Europa. Una
classifica invero poco pubblicizzata anche dagli
organizzatori e che comunque regala almeno un
piccolo sorriso alla maratona italiana che per
appena 11” non è stata seconda, anche se questo
piazzamento non entra nel computo delle medaglie
dei campionati europei, al pari di dell’argento
conquistato dalla squadra femminile.
Senza storia, infine, la gara di Curti, subito in
difficoltà e ritiratosi abbastanza presto, mentre
invece
Daniele
Caimmi
ha
voluto
coraggiosamente concludere la prova: il 31° posto
la dice lunga su quali e quante possano essere state
le difficoltà per lui.
g. bar.
L’ULTIMA ALLA RAI A PROPOSITO DI
HOWE: “Ha fatto l’autocritica a sé stesso”
Buona notte ed “alla prossima”
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Tutti bravi, vola la 4x100 ma per l`Italia zero titoli