GARFAGAA IL GIORALE DI CASTELUOVO DI Redazione via traversa Vecchiacchi, 17 - 55032 Castelnuovo di Garfagnana (Lucca). Email: [email protected] - www.ilgiornaledicastelnuovo.it Anno VII - Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Direzione via Terme di Traiano, 25 - 00053 Civitavecchia (Roma) Registrazione n. 871/07 del 19/12/2007 presso il Tribunale di Lucca Come si studia, si disegna e si definisce l’elettorato Il tuo voto tra testa, cuore e pancia Quando si avvicina aria di elezioni escono dai cassetti vecchi elenchi. Sembra strano ma in Valle ci sono persone che si sono prese la briga di classificare gli elettori: nome per nome, casa per casa, famiglia per famiglia. In verità non è una cosa di questi anni. La classificazione è eredità della prima Repubblica, quando si sapeva tutto di tutto o quasi. O per lo meno si pensava così fosse. Seguire quei vecchi elenchi potrebbe portare oggi a sconvolgenti risultati perché la modulazione e lo studio del voto non si fa più partendo dalla domanda “chi vota chi”, ma dal tentare di districare il nodo di “come vota chi”. Siamo giunti a questo dopo la fine di una ben chiara ripartizioni classista della società; non esiste più il blocco dei piccolo borghesi, dell’alta società, della classe operaia, degli agricoltori o degli studenti. Tutto, come afferma Bauman, oggi è “liquido”, sfuggente, difficilmente classificabile e collocabile: per questo la vecchia regola del “chi vota chi” non può andare più bene. In questi anni si è cercato di studiare il meccanismo per capire dove e come si sposta il voto e sempre di più si è parlato di “nuove comunicazioni politiche”. Esempio principe è il successo di Obama, derivato in buona parte dall’uso di queste nuove regole. Ma non può bastare come risposta, visto che negli Stati Uniti votano solo il 50% degli aventi diritto e la società è divisa tra tanti e innumerevoli nord e profondi e sperduti sud. Le regole sono però necessarie per evitare il crollo della nostra piramide o per lo meno di rivivere una nuova rivoluzione sociale che in meno di 30 anni (tra il 1945 e il 1975) ha visto scomparire dalla nostra società nobili, commendatori e ufficiali di ogni ordine e grado (il ché non è poi stato un gran danno). Ma torniamo alle nostre classificazioni. La prima e fondamentale è quella di cercare di comprendere “come vota chi”. In altre parole ricreare le vecchie fasce di elettorato, seguendo però tracciati di congiunzione diversi. Quasi banalmente, in assenza di etichette sociali, oggi l’elettore viene diviso in tre grandi categorie: chi vota con la testa; chi vota con il cuore; chi vota con la pancia. Vediamo in dettaglio di capire meglio di cosa stiamo parlando (e cercate anche voi di capire a quale categoria fate parte). L’elettore che vota con la testa è fortemente condizionato da elementi razionali e oggettivi. Quando si trova nel segreto dell’urna risponde a logiche meccaniche ben definite e chiare. Questo elettore “deve qualcosa a qualcuno”, per favori ricevuti, per ricono- scenza ma anche per un tornaconto personale o familiare. Si vota il determinato schieramento politico perché si rincorre una promessa che farà comodo. Dunque si vota Berlusconi perché toglierà l’Imu e i Comunisti, o si vota per Bersani perché toglierà Berlusconi e i neofascisti (proprio per capirci fino in fondo). Ovviamente questa parte di elettorato è la maggiore e più folta e rappresenta numericamente il 40% dei cittadini. Si può anche votare con il cuore: ovvero con le passioni, i sentimenti, i ricordi, le speranze, i desideri, che non riguardano però i piccoli ambiti familiari ma grandi concetti umani. Mi riferisco a coloro che seguono le idee che muovevano la prima Repubblica (dunque democristiani, liberali, comunisti, neofascisti, etc.), che cercano in cuor loro di tornare ad una politica legata a schieramenti e idee come lo furono quelle che divisero e governarono l’Italia dal 1945 al 1993. Naturalmente tra questi ci sono gli “innamorati” degli uomini intesi come Caudillio o Conducador che possono incarnare queste idee: un esempio è Renzi nel quale buona parte del nostro elettorato ha visto l’uomo d’ordine, democristiano (dunque non certo rivoluzionario e sovvertito dell’ordine borghese), ma anche progressista quel tanto che basta per far convergere su di lui una fetta enorme di consensi (per questo è stato ricacciato in malo modo a Firenze). Questo gruppo si attesta grosso modo al 20%. Infine troviamo l’elettore che vota con la pancia. Questo gruppo è nato con la seconda Repubblica ed è formato da uomini e donne pronte a spostarsi in maniera massiccia da uno schieramento all’altro. Si vota facendosi condizionare dai mass media, ma anche dai fallimenti di un uomo o di un partito. Definiti gli artefici dell’alternanza in quel modello quasi naufragato del bipartitismo, valgono circa il 20% del corpo elettorale. Qualcuno li identifica tra chi ha votato Grillo ma commette un grave errore. Il Movimento 5 Stelle ha estratto elettori in maniera quasi equa da tutti i contenitori elettorali e continuerà a farlo fino a quando non si andrà a creare una nuova realtà fluttuante. La storia ci aveva già donato esempi come “L’uomo qualunque” di Giannini nel 1946 o la Lega prima maniera modello 1994 (quella del celodurismo, tanto per capirci o dell’accoltellamento alle spalle del primo governo Berlusconi). Abbiamo incontrato circa l’80% degli elettori ma il mancante 20% cosa fa all’interno delle urne? Questa fetta di elettori non può essere classificata perché fluttua senza alcuna definizione. Molti vengono incasellati tra gli elettori che decidono solamente quando si trovano la matita in mano al seggio. Difficile conquistarli, perché sono i veri figli della terza Repubblica. Esprimono il loro voto per simpatia o antipatia, ma scoperta irrazionalmente, casualmente, magari dopo una bevuta al bar. Tutto è legato al caso e tra questi ci sono anche quelli del partito della fetta di salame. Ovvero, come dicono a Roma, “e ora magnateve pure questa”. Come vedete definire “come vota chi” appare complesso e difficile, ma la politica si sta armando per superare anche questo nuovo problema. La domanda a questo punto è una sola: se volessi candidarmi a fare il Sindaco di Castelnuovo come potrei vincere le elezioni? La risposta è una sola… Andrea Giannasi Si tenghino anco quello “E oté ‘un l’hai visto che alla fin avevino ragione quelli che dicevino che sarebbe tòrna la Democrazia Cristiana? Io canci anco il Giornale di Castelnovo avea messo la balena bianca e il governo del nipotin di Letta è pròprio tutto zeppo di democristiani”. “O bischero e te pensavi che avrebbiro dato il giochin a qualchedun’altro? Se lo tenghino ma ben stritto, stritto”. “E òra?” “E òra prepariti: sian nati democristiani e morian democristiani. E c’è di bello che almen si va diritti in paradiso senza passa’ dal purgatorio”. “Sì, e te ci credi bellin. Si tenghino ma anco quello”. Il merlo giallo Domani Nel 1990 sono andato ad abitare a Pisa dove studiavo Storia e lavoravo come bibliotecario. Poi nel 1994 sono finito a Siena dove ero giornalista al Cittadino – famoso quotidiano battagliero in una città ante-litteram -, laureato in Storia contemporanea (tecnica militare) e oste al Perbacco, in Pian d’Ovile (contrada della Lupa); poi sono finito a Civitavecchia come editore e dal 2005 abito a Lucca (a un passo dalla mia terra), tra le mura, a occuparmi di libri, storia (e storie) e comunicazione. Questa la mia carriera che ricalca fedelmente quella di tantissimi giovani che oggi dalla Garfagnana partono e se ne vanno in giro per il mondo. Chi a Pisa, chi a Milano, chi a Bruxelles, chi a Londra. Riprendono le strade dei nonni – il mio se ne andò per qualche anno con i genitori dopo il terremoto del ’20 in Brasile – ma con maggior competenza e professionalità. Sono laureati e specializzati o hanno comunque un mestiere tra le mani. Sanno fare qualcosa che qui in valle non esiste o è già coperto professionalmente da altri. E del resto l’onorevole Biagioni e lo Stato ormai non ci sono più ad aiutare e tutelare. Alcuni tornano e dopo aver aperto la mente vedono la nostra terra in maniera differente e cercano quindi di portare idee e fare proposte. Vorrebbero cambiarla e in meglio, la Garfagnana, scontrandosi spesso con chi non li capisce. Con chi vuole “non cambiare” perché ha paura del futuro. Certo segni frutto di ignoranza. Anche per questo è tornata l’emigrazione che però non fa paura come un tempo. Si parte e si finisce fino in Australia a fare il medico o lo psicologo o il pizzaiolo o il falegname o l’esperto di computer. Si parte dalla Garfagnana perché non offre opportunità ed è giunta l’ora di domandarci come poter creare lavoro e sviluppo in valle. Come disegnare il nuovo domani. Quali volani muovere per creare produttività; quali elementi attivare per attivare risorse; quali forze donare alla nostra terra. I nostri amministratori sono sempre più soli e persi a combattere contro le buche nelle strade e l’odio politico, tanto che alcuni conoscenti eletti mi confidano scoramento e sfiducia. Ma non è il momento di fermarsi; non possiamo tornare a vivere di rimesse dall’estero o di pensioni statali (che prima o poi finiranno). E’ il momento di rimboccarci le maniche e di contagiare gli altri al “fare”. Ognuno con il suo piccolo esempio. Solo così, tutti insieme, supereremo anche questa crisi. Il direttore STUDIO PALMERO - BERTOLINI ASSOCIAZIONE PROFESSIONALE DOTT. LUCIANO BERTOLINI - DOTT. MICHELA GUAZZELLI RAG. MASSIMO PALMERO - DOTT. SARA NARDINI Castelnuovo di Garfagnana (LU) - Via Debbia, n. 6 - Tel. 0583/644115 Piazza al Serchio (LU) - Via Roma, n. 63 - Tel. 0583/1913100 P. IVA 0041711.046.7 Contabilità: Fax 0583/62117 - e-mail: [email protected] Paghe: fax 0583/1990021 - e-mail: [email protected] Pagina 2 Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Ma cosa sta succedendo? Perché simili gesti e tanta cattiveria? Triste storia legata agli Alpini Riceviamo e pubblichiamo integralmente: Sono Mario Grassi, classe 1939, sottoufficiale artiglieria da montagna, quarta generazione di alpini in famiglia. In tanti anni insieme abbiamo realizzato molte cose: la casa dell’Alpino e della Protezione Civile a Poggio, anzitutto. La ricostituzione della Fanfara Alpini in congedo della Garfagnana e Valle del Serchio; infine il monumento ai caduti in guerra a Puglianella. Sono stato trentatre anni ininterrottamente Capogruppo di Camporgiano, per più di venti Vicepresidente della Zona Alpina della Garfagnana, trentadue anni Presidente della Fanfara Alpina e da oltre diciassette anni Cavaliere Ufficiale al merito. Ho educato, con amore e passione i nostri ragazzi per quaranta anni come insegnante. La notizia che sto per raccontarvi dimostra come la cattiveria e l’egoismo di pochissimi possano offuscare e corrompere la bontà, l’altruismo e la correttezza di molti. Oggi grazie agli interventi “poco felici” è scomparsa la Squadra di Protezione Civile di Camporgiano, Vagli, Careggine e l’Unità cinofila Tosca, composta da nove cani abilitati alla ricerca di persone scomparse sia in superficie sia in acqua, unità che aveva operato con successo sia su territorio che fuori provincia. Sono stato, prima commissariato dalla sezione PiLuLi, poi addirittura radiato dall’organo disciplinare di primo grado a Milano: voi vi chiederete perché? Me lo sto domandando anch’io. Contro il provvedimento suddetto ho proposto immediatamente ricorso all’organo disciplinare di secondo grado, che “ha sospeso ogni giudizio in merito” perché non ho provveduto al mio tesseramento nell’anno 2011-2012! Commissariato: attendo ancora la motivazione! Dopo un anno di commissariamento le votazioni per eleggere un nuovo Capogruppo e gli organismi dirigenti hanno dato il seguente risultato: Luca Pedico 14 voti effettivi + 12 deleghe a suo favore non prese neppure in considerazione; Mario Angelini 9 voti. Il commissario incaricato Monelli, inopinatamente, e contro ogni evidenza democratica, dichiarava eletto Mario Angelini. Non contenti, inviano contro di me a Milano una lettera diffamatoria ed offensiva, firmandola genericamente “gli alpini”, ma quanti alpini ne erano a conoscenza? Nel giugno 2011 mi viene inflitta la radiazione per “continua cattiva condotta morale”. Vengo infine denunciato al Tribunale di Lucca per “appropriazione indebita della cassa dell’alpino e del gagliardetto”: ne sono uscito senza condanna, avendo restituito tutto, lungi dal volermene appropriare, come ingiustamente mi si accusava, mantenevo la custodia nell’interesse e per conto di tutto il Gruppo Alpini di Camporgiano, non potendo la mia coscienza ed intelligenza Il tempo scorre Una mostra da non perdere è stata quella di Tommaso Teora dal 30 marzo al 14 aprile. Inaugurata da Roberto Evangelisti – Docente di Fotografia all’Università di Pisa, la mostra fotograficera promossa dal Comune di Castelnuovo di Garfagnana, dal Parco delle Alpi Apuane, dall’Unione dei Comuni e dal Circolo Fotocine Garfagnana. riconoscere la validità di una elezione farsa; inoltre non potendo combattere la guerra da solo pur con tutta la strenua resistenza, ho seguito il consiglio del mio legale ed ho provveduto alla restituzione, accettando – e ciò mi è costato davvero tanto in termini morali – le remissione della querela da parte di chi mi aveva comunque ingiustamente denunciato. Questo vero e proprio incubo è cominciato in seguito alla mia comunicazione all’Amministrazione comunale di Camporgiano, nella quale si rendeva nota la volontà degli alpini del gruppo, per la maggior parte avanti con l’età, di avvalersi anche dell’aiuto di volontari locali (iscritti Amici degli Alpini) per la gestione e manutenzione della Casa dell’Alpino di Poggio. E’ doveroso d’altronde evidenziare come nell’arco di trentatre anni di guida del Gruppo Alpini di Camporgiano, nessun alpino, né tantomeno la sezione abbia mai telefonato o scritto per prestare il proprio aiuto, la propria disponibilità per la salvaguardia della casa suddetta, frutto del volontariato di veri Alpini, i quali ambivano che appartenesse a tutti e non a pochi, e lo dimostra il fatto che abbia ospitato il gruppo diurno dei disabili per ben tre anni. Nell’allerta terremoto di poche settimane fa, è rimasta tristemente vuota, dal momento che la popolazione non la sente più “propria”. Non voglio più dilungarmi sui fatti, quello che maggiormente mi ha ferito, è stato il mancato dialogo e come sono stato per tanti anni, e per tutti, amico, volontario, alpino, lo sarei stato anche con Voi, bastava chiamarmi od invitarmi a parlare di tutto quello che volevate ad un tavolo, con serenità e spirito di corpo. L’unica cosa che avrei chiesto, era rispettare la casa dell’Alpino, che per me resta un simbolo. Oggi mi chiedo cosa ne volete fare? Ora che l’avete ottenuta con ogni mezzo. Permettete che venga utilizzata da pochi e per fini privati oppure… Non mi stanco di ribadire: rispetto ai nostri vecchi alpini, reduci, combattenti che tanto hanno contribuito alla Sua costruzione anche con sacrifici; rispetto per chi ha tanto dato affinché l’Associazione Nazionale Alpini si mostrasse come la più umana e credibile nell’amore e nella solidarietà verso il prossimo. Aiutare i vivi per ricordare i morti, questo era il motto del gruppo degli Alpini di Camporgiano trentacinque anni fa… e tale desidererei rimanesse Mario Grassi La Garfagnana a Torino Dal 16 al 20 maggio la Garfagnana editrice sarà al Salone Internazionale del Libro di Torino ospite dello stand D34 padiglione 1, e non sarà sola a rappresentare le eccellenze della nostra terra. Il Salone 2013 sarà aperto dalla lectio magistralis di Mario Draghi è c'è attesa per le linee guida economiche della banca Europea. I numeri come al solito sono importanti in quella che è la prima manifestazione culturale italiana. Da Einaudi a Mondadori, da Feltrinelli a Il Mulino, saranno al Salone oltre 1000 editori che accoglieranno 350.000 visitatori, per migliaia di eventi, presentazioni, degustazioni, incontri. Tutti seguiti e trasmessi dalla RAI che al Salone ha una serie di postazioni radiofoniche e televisive. Molto ricca la rassegna degli autori italiani: Simonetta Agnello Hornby, Lorenzo Amurri, Stefano Benni, Daria Bignardi, Daniele Bresciani, Massimo Carlotto, Marco Videtta, Donato Carrisi, Cristina Comencini, Fulvio Ervas, Paolo Giordano, Massimo Gramellini... e molti altri ancora. Tanti gli stranieri provenienti da tutto il mondo e attratti dallo slogan di questa edizione: Dove osano le idee. E allo stand D34 le idee saranno veramente tante tra la folta rappresentanza garfagnina. Allo stand D34 ci saranno infatti Slow Food Garfagnana valle del Serchio che ogni giorno alle 17 presenterà i prodotti della nostra terra con una speciale degustazione per Garfagnana Orgolosa. Allo stand anche il Comune di Barga con le tante attività culturali (Borgo Slow Food, Premio Giovanni Pascoli, Tra le righe, la festa delle piazzette, etc.). Presente anche l’Unione dei Comuni della Garfagnana che metterà a disposizione dello stand materiale turistico promozionale come i nuovi cataloghi dedicati alle strutture e ai servizi turistici del territorio e il nuovo depliant del Garfagnana Trekking. Ci sarà anche Ecoland e gli orti scolastici e Ponti nel tempo di Gal Garfagnana. Allo stand oltre ai libri della Garfagnana editrice saranno distribuiti volantini e depliant della nostra valle. Presente ovviamente anche Il Giornale di Castelnuovo. Sarà possibile seguire gli eventi e il salone tramite Twitter e Facebook dove i lettori potranno trovare fotografie, filmati, commenti, articoli, note. La partecipazione di tutte queste realtà è gratuita grazie alle spese totalmente sostenute da Prospettiva. (www.garfagnana-editrice.it) Barbara Coli Il dito nell’occhio Si è spesso ironizzato, traendo spunto da una citazione letteraria, sulla Garfagnana come terra di briganti, oltre che di lupi. Cosa diranno a tal proposito allora i numerosi turisti che sicuramente visiteranno il nostro borgo di Castelnuovo nei prossimi mesi estivi, nel vedere come anche l'arredo urbano viene mantenuto incatenato e lucchettato? La panchina incatenata si trova nel centro storico di Castelnuovo nella piazzetta vicina al Duomo. Forse che l'amministrazione comunale è costretta a mantenere legata al palo anche una semplice panchina pur di non vederla volatilizzarsi preda di qualche ignobile brigante? PESCHERIA - GASTRONOMIA PIATTI PRONTI DA ASPORTO A BASE DI PESCE PUOI ORDINARE IL TUO PIATTO PREFERITO AL NUMERO 0583 639052 ORARIO CONTINUATO DAL MARTEDI AL SABATO DALLE 9.00 ALLE 20.00 LA DOMENICA DALLE 10.00 ALLE 14.00 - CHIUSO IL LUNEDI’ Zona stadio CASTELNUOVO GARFAGNANA Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana Pagina 3 In questo tempo di crisi aiutiamoci seguendo l’esempio cristiano La Chiesa non arretra: rimane qui Lo stato sociale è nato con il Novecento. Prima, per esempio, non c’erano pensioni e gli anziani dopo tanto faticare se ne stavano in casa ad accudire i nipoti e far piccoli lavori. I giovani portavano in una sorta di staffetta generazionale, il pane per la famiglia che era allargata, ovvero composta spesso da due, tre o quattro nuclei familiari fusi insieme. Se una persona stava male si chiamava il medico condotto che poi alla fine della visita veniva pagato con denari o prodotti della terra. Non c’erano assicurazioni, diritto allo studio (in principio dopo l’unità d’Italia c’era l’obbligo di fare almeno due anni di elementari), e spesso se una strada franava ci pensavano gli abitanti del paese più vicino a riassettare tutto. Insomma lo Stato era la faccia del Re sulle monete, i Carabinieri, la tassa sul macinato, il treno e il servizio di leva. Su un territorio montano come questo era anche comunque difficile raggiungere tutti e l’arcaica struttura sociale proseguiva ricalcando fedelmente quello che i padri avevano già fatto prima dei figli. Unica realtà che usciva dal rapporto viscerale e vitale imposto dalla natura, tra l’uomo e la terra era la Chiesa. Certo non da tutti amata e comunque condita da pregiudizi, credenze e paure, ma scartate queste discutibili affermazioni (ci vorrebbe un convegno per parlare della Chiesa nella storia), era l’unico luogo che rappresentava una struttura sociale. Le quattro mura della Chiesa erano la terra della sicurezza e della dirittura morale. L’esempio di Cristo in croce, oltre ad indurre rispettoso e doloroso timore, rappresentava l’esempio della durezza e della difficoltà della vita. Il prete non era solo confessore dei segreti delle comunità – e anche solo per questo rispettato – ma spesso l’unico che sapeva leggere e di cui ci si poteva fidare ciecamente. Confidente, suggeritore, spesso chiamato a dirimere questioni o diverbi, incarnava tante figure sovrapposte. Pastore di anime, arbitro, e colui al quale si chiedevano suggerimenti o aiuti. Pater familias di una comunità e per capire quanto fossero vicini ai propri parrocchiani basta leggere i diari lasciati dai tanti sacerdoti della valle. Uomini che spesso rischiarono la vita per salvare la vita alle anime che il Vescovo e Dio gli aveva Torrite e Don Gigliante Sta per essere pubblicato dalla Garfagnana editrice un libro dal titolo “Torrite. Note storiche, Don Gigliante, Gli antichi bagni” curato dalla Confraternita della SS. Trinità e dal Maestro Mariano Verdigi. Oltre alla storia del paese, il saggio raccoglie l’inedito diario di Don Gigliante Maffei, il parroco che giunse sulle rive della Turrite nel lontano 1934. Oltre al testamento, sono presenti moltissime fotografie che documentano la storia e la vita di questa parrocchia che è stata ed è molto importante per la valle intera. Con questo libro si vuole ricordare la figura dell’amato sacerdote, guardare al passato, ma anche - grazie al meraviglioso lavoro agli antichi bagni - guardare al futuro. Ci auguriamo che questa pubblicazione sia di sprone per una maggiore attenzione verso le antiche strutture oggi restaurate da un esperto gruppo di volontari. consegnato. E non è, cari lettori, furore letterario e narrativo quando si disegnano come coraggiosi oltre ogni limite gli uomini in abito talare. La provincia di Lucca ha consegnato alla storia il più alto numero di martiri sacerdoti di tutta Italia durante gli anni della guerra civile. Un tempo si diceva – come oggi – che la Chiesa è sempre aperta a chi ha smarrito la strada o a chi ha montagne troppo alte da varcare. E veniamo al dunque. Nel silenzio del rispetto quando state leggendo questo articolo nella nostra valle ci sono persone legate alla Chiesa o ad associazioni cat- toliche che si profondono in mille sforzi per aiutare chi è in difficoltà. Persone che disperatamente sono riuscite, superando il pudore e la vergogna, a chiedere aiuto, oggi hanno trovato sostegno. E sono tante, tantissime, quelle famiglie che vivono la crisi in maniera grave e acuta. A guidare questo silenzioso esercito ci sono loro i sacerdoti con i quali siamo cresciuti tutti. Uomini che ancora oggi non dobbiamo dimenticarlo sono le ancore delle nostre comunità. Ebbene in tempi di crisi lo Stato arretra dalle terre di confine, ma la Chiesa rimane qui. Se potete aiutare qual- cuno quindi contattate le realtà cattoliche sul territorio e offrite quello che potete dare. Del resto la comunità siamo noi e se non prendiamo sulle spalle il testimone lasciato dai nostri padri, rischiamo di perdere di vista, chiusi nel nostro cieco consumismo individuale, l’esempio di Cristo che agli uomini ha donato l’esempio. Infine una riga su Papa Francesco. Ha chiesto di pregare, perché la preghiera è gesto di comunità, momento di unione e condivisione. Condivisione appunto: questa la parola che amiamo di più. Andrea Giannasi Papa Francesco e Gemignani Silvio Gemignani di Poggio Garfagnana, titolare dell’ agenzia di viaggi “I Viaggi di Andrea”, un ruolo di collaboratore in Vaticano, è il primo lucchese laico ad aver incontrato Papa Francesco solo due giorni dopo l’ elezione al soglio di Pietro e, diverse volte dopo. Gemignani, sintetizzerà così la sua grande gioia. “Vaticano, Piazza Santa Marta, venerdì mattina 15 marzo : non me lo sarei mai immaginato ma, è già arrivato il momento di fare conoscenza per la prima volta con Papa Francesco. E’ un venerdì d’ inverno cominciato sotto il cielo grigio e finito scaldandosi al tepore del sole. Di sicuro a me è sembrato un sole più caldo e più avvolgente di quanto, in realtà, non fosse. Ma il segreto delle cose che nascono da dentro è proprio quello: ancor prima di capire perché, ci si guarda intorno e ci si sente già diversi. Oggi per me è un altro giorno inconsueto rispetto ad altre volte nel passato : l’ emozione è grande. Alle ore 10,51 Papa Francesco esce dalla Domus Santa Marta, la residenza vaticana che ha ospitato nei giorni del Conclave i cardinali elettori e dove oggi Lui risiede, per andare all’ Udienza con il Collegio Cardinalizio riunito nella Sala Clementina. Una vecchia volkswagen passat, senza insegne vaticane, lo sta aspettando, due guardie svizzere sorvegliano l’ ingresso, la piazza è quasi deserta. Per non mettere in difficoltà nessuno rimango a distanza alzando solo la mano destra per porgergli il saluto ma, con un grande desiderio di avvicinarmi. Non faccio neanche in tempo di finire di pensare che, a sorpresa, Lui mi viene incontro e mi accoglie con un abbraccio, come se mi avesse sempre conosciuto: un gesto insolito e inaspettato per un Pontefice. Un momento indimenticabile. E, le occasioni di vederlo si sono poi ripetute pochi giorni dopo: mercoledì 27 marzo 2013 prima un nuovo appuntamento, a sorpresa, nella Basilica di San Pietro dove il Papa è venuto a salutare i dipendenti vaticani riuniti per la messa presieduta dal cardinale Angelo Comastri e poi in Piazza San Pietro in occasione della prima Udienza Generale. Ho veduto e conosciuto un uomo angelico, segnato dalla Santità; un uomo dalla bontà infinita. Quando gli ho stretto la mano, ho avvertito la sua dolcezza e la sua sensibilità. Incontrarlo da subito e parlargli sono stati momenti incancellabili, anche per chi ha sempre avuto familiarità con i vari Pontefici, che terrò sempre nella memoria con indescrivibile gratitudine verso di Lui. Dai suoi occhi traspare un’incredibile gentilezza d’ animo e generosità. E’ già un grande Papa. La Chiesa sta cambiando, anzi è già cambiata. Una Chiesa povera per i poveri. I “no” di Papa Francesco alle consuetudini del passato diventano, su questo scenario, segni di una nuova identità da ideare e l’ archiviazione indispensabile dei resti di quella passata. Una crescita sicura e inarrestabile. Papa Francesco sarà capace di piccoli grandi gesti che uniranno la Santa Sede al popolo di Dio. Un uomo dalla semplicità autentica che, infrangendo i protocolli Vaticani diventerà un Papa popolare amato dalle folle che torneranno, dopo Papa Wojtyla a mobilitarsi per lui. Grazie Papa Francesco!”. www.renault.it RENAULT CAPTUR. CAPTURE LIFE. TABLET MULTIMEDIALE R-LINK TINTE BE-STYLE SELLERIE ZIP COLLECTION PRENOTA SUBITO PROVA IL PRIMO URBAN CROSSOVER RENAULT PER UN GIORNO INTERO. TI ASPETTIAMO SABATO 11 E DOMENICA 12 MAGGIO. Emissioni CO 2 : da 95 a 125 g/km. Consumi (ciclo misto): da 3,6 a 5,4 l/100 km. Emissioni e consumi omologati. Pagina 4 Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Non era solamente lavoro ma occasione di socializzazione L’antica lavorazione del grano Nei territori agricoli montani certe operazioni, come la semina del grano, per motivi climatico-ambientali andavano eseguite in anticipo rispetto alla pianura ed alla bassa collina. E così il grano, come del resto anche la segale, veniva seminato praticamente all’inizio dell’autunno subito dopo o contemporaneamente alla raccolta delle patate. C’è un antico proverbio contadino che dice: “Semina anticipata rare volte fu sbagliata!”. Si coltivavano anche i “grani marzoli” o primaverili però in forma sporadica e poco praticata. La coltivazione dei cereali comparse ai primordi della civiltà tanto che fu uno dei primi, se non il primo, prodotti agricoli di cui l’uomo imparò a cibarsi. Varie sono le specie di grano che si possono lavorare: bisogna però tener presenti, se si vuole ottenere un buon raccolto, diverse cose fra cui la posizione geografica, più adatta ad un tipo di grano piuttosto che ad un altro ed alla qualità del terreno. I chicchi da interrare dovevano essere grossi e sani, quali presupposti per avere piante più robuste e resistenti tali da sopportare più agevolmente gli agenti atmosferici avversi. Questo il contadino lo sapeva e grande era la sua preoccupazione rivolta in tal senso. I semi venivano poi cosparsi di solfato di rame contro l’insorgenza di malattie. Si notava la sua presenza dal colore azzurrognolo che assumevano i chicchi e da un lieve strato di polvere quando il contadino spargeva a spaglio il seme nel campo preparato ad accoglierlo. Dopo qualche tempo dal chicco era spuntata una tenera pianticella che iniziava così il suo ciclo vitale. Il periodo di maturazione durava circa dieci mesi. Passava tutto l’inverno nel campo, me- glio se coperto di neve che impediva al terreno di ghiacciare favorendone la conservazione, l’acclimatamento e l’irrobustimento. A primavera quando la campagna era ritornata a nuova vita, si procedeva alla roncatura che consisteva nel rompere la crosta di terra intorno alla pianta erbacea, onde agevolarne lo sviluppo e per sradicare le erbacce che erano di nocumento ad una normale crescita della stessa. Compiuta tale operazione, di appartenenza generalmente alle donne, non rimaneva che attendere la mietitura che avveniva a cavallo dei mesi di luglio ed agosto. Intanto il contadino osservava con compiacimento l’accrescimento dello stelo che si avviava lentamente a diventare adulto e a mettere la spiga “rappa” assumendo una colorazione via via sempre più gialla. Il tempo della mietitura era finalmente arrivato. Bisognava quindi apprestarsi a compiere l’operazione della raccolta del prezioso frutto da cui ricavare il pane ed altri innumerevoli tipi di alimenti. V’è da osservare che nelle famiglie contadine del passato tutte le settimane si faceva il pane e non sempre la quantità del grano prodotto era sufficiente per il consumo di tutto l’anno e quindi si doveva ricorrere all’acquisto di farina presso mulini o consorzi agrari. Nel frattempo la mietitura proseguiva regolarmente e nei campi non si vedevano altro che figure umane che chinate con la falce in pugno, sotto i raggi cocenti del sole, tagliavano a mazzetti i gambi della pianta facendone dei mannelli o covoni che gli uomini legavano strettamente, attingendo agli stessi prelevandone una esigua quantità. Per ripararsi dal calore solare si era soliti mettersi in testa un cappello, meglio se di paglia o un fazzoletto, questo naturalmente valeva per le donne, annodato sotto il mento. Una volta legati i mannelli venivano stesi al sole in quanto dovevano essere ben secchi ed asciutti in vista della battitura, tanto che la sera, onde evitare la guazza della notte, venivano addossati l’uno all’altro in mucchi chiamati “cappette”. Il giorno dopo si procedeva alla stessa operazione fino a quando l’agricoltore riteneva che l’esposizione al sole era stata sufficiente. A quel punto i mannelli venivano portati presso il luogo della battitura e sistemati in modo da formare delle mete, figure somiglianti a dei grossi coni. Ciò avveniva quando tutta l’operazione della mietitura era finita. Intanto il giorno della battitura si avvicinava sempre di più nell’euforia e nell’entusiasmo della famiglia interessata. Il posto deputato a quest’opera era l’aia in genere prospiciente la casa colonica. Non di rado però, poiché non tutte le abitazioni erano provviste di questi ambienti, venivano usati anche spiazzi di terra pianeggiante “pianelle” avendo cura di recingerle con palizzate fatte di solito da mannelli di frumento sistemati in modo eretto, con lo scopo di disperdere il meno possibile i chicchi del prezioso cereale. Il giorno della battitura do- La bocciofila Il buon gelato è... in Piazza Duomo a Castelnuovo di Garfagnana Domenica 27 gennaio 2013, nella gara regionale organizzata dalla Bocciofila Migliarina di Viareggio, a cui hanno partecipato 240 atleti di tutta la Toscana, la terna della bocciofila Garfagnana di categoria B, composta da Marco Febbrai, Francesco Fronzaroli e Giandomenico Pellegrinotti, si è comportata brillantemente vicendo la qualificazione a Lucca e perdendo soltanto la finale con la terna della Migliarina di categoria A. Nella consapevolezza di far cosa gradita ai nostri sponsor, rendendo noto questo significativo successo, sentitamente li ringraziano, in particolar modo il sindaco di Castelnuovo di Garfagnana Gaddo Gaddi, e il presidente dell’Unione dei Comuni della Garfagnana, Mario Puppa, con la preghiera di una sempre attenta e puntuale sponsorizzazione, onde la nostra associzione possa continuarea svolgere sul territorio, un’opera dall’alto valore umano e sociale a beneficio non solo della perseone anziane, ma anche delle nuove generazioni. veva essere un bel giorno di sole, altrimenti non si poteva procedere all’opera. Individuata la giornata adatta i mannelli dapprima erano esposti un po’ al sole per motivi di praticità ed utilità operativa, poi venivano stessi sull’aia facendone due file in modo che le spighe si baciassero tra loro in lieve sovrapposizione l’una con l’altra. A questo punto entravano in azione i battitori che con le “cerchie”, attrezzo agricolo rudimentale formato da due bastoni uno più lungo e grosso e l’altro un po’ più corto e piccolo, incominciavano il lavoro. Al primo veniva incisa all’apice una scannellatura deputata a contenere e trattenere la correggia che poteva essere sia di cuoio che di corda. Questa, lunga una quindicina di centimetri e girevole, veniva collegata e ben fermata all’altro bastone “circhin” ottenendo così l’arnese pronto per l’uso. Gli addetti al lavoro, di solito quattro, due da una parte e due dall’altra, impugnando quello più grosso, facevano roteare sopra la testa quello più piccolo che si abbatteva sulle spighe dei mannelli, dapprima in modo non tanto forte, onde evitare che i chicchi schizzassero fuori dal teatro di lavoro, poi più forte per evitare che vi rimanessero delle spighe nascoste tra gli steli, meno propensi a lasciare il loro contenuto. Quindi bisognava girare sotto sopra i covoni ed eseguire la stessa operazione. Il movimento dei battitori era sincrono ed il rumore scaturito somigliava allo scalpitio di cavalli itineranti su strade lastricate. Al termine di questo atto si toglievano i mannelli, diventati ormai pura paglia da usare principalmente per la copertura di strutture agricole come capanne e capannelli, privi di grano ma che tuttavia venivano scorsi uno per uno per racimolare ancora qualche chicco. Si provvedeva quindi a togliere con un rastrello le spighe vuote e tutta la parte residua della battitura. Rimaneva la pula che il contadino cercava di separare, almeno in parte, con l’azione del vento provocato dallo sbattere violentemente una giacca aperta o balla sulla ginocchia, camminando sulla scia dorata del grano. A questo punto il tutto veniva ammucchiato e deposto in sacchi. Tuttavia la complessa operazione non si era ancora perfezionata del tutto. Nella massa informe del cereale rimaneva qualcosa da togliere e cioè quella porzione di pula in essa tuttora presente. A ciò provvedevano soprattutto le donne che riempivano le vassoie dal sacco e sollevandole con le braccia le portavano sopra le loro teste e tenendole leggermente inclinate, facevano scendere il contenuto che cadeva su delle coperte predisposte all’uopo; liberato il grano, col favore del vento, della pula ed eventualmente di altre impurità. Per questa faccenda si sceglieva una giornata di vento e un luogo il più possibile ventilato. Vi era poi la crivellatura quale ultimo e concreto atto prima della macinatura. Il crivello era un arnese a forma di cassino con tanti piccoli fori dai quali, scuotendolo, uscivano piccoli corpi e sostanze che potevano compromettere la qualità e genuinità della farina ottenuta. Scene queste che sapevano di tradizioni, folclore e feste che rallegravano l’animo umano, seppure nella fatica, da cui la vita traeva nuovo slancio e più marcato entusiasmo. Tempi questi che difficilmente torneranno. Pietro Ciambelli Lisa Andreini Ha soltanto quindici anni, ma la voce è già ben modulata e accattivante. Parliamo della giovane Lisa Andreini di Castelnuovo che sta partecipando a diversi concorsi canori con successo e soprattutto con l’apprezzamento del pubblico e gli incoraggianti giudizi degli esperti. Nei giorni scorsi Lisa si è classificata al secondo posto al concorso “Canzoni sotto le stelle”, a Villa Vezzani di Pescia, con la canzone “If i ain’t got you” di Alicia Keys. Al termine, a Lisa è stata consegnata anche una bella targa che riproduce la prima pagina de “La Nazione” alla sua uscita nel 1859 e un portachiavi. La giovane Lisa da un anno e mezzo frequenta la Scuola civica comunale di musica di Castelnuovo, sotto la guida del maestro Riccardo Grandini di Filicaia. Numerosi tra l’altro sono i giovani, per lo più ragazze, che frequentano la suddetta scuola civica nel settore del canto, con riscontri positivi al momento delle rassegne e partecipazioni ai concorsi. Ora Lisa Andreini è attesa al teatro Goldoni di Livorno. d.m. La Bocciofila Garfagnana www.boscoegiardino.com Tel e Fax: 0583-641023 E-mail: [email protected] Loc. Pantaline - 55036 Pieve Fosciana (LU) TORTELLI LUCIANO & C. SNC Via Nicola fabrizi 5 55032 Castelnuovo di Garfagnana Tel. e fax 0583 62175 - [email protected] Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana Pagina 5 Il passato ci riporta la storia di una giacca, di un uomo dabbene e della processione del Corpus Domini Quei bottoni inconfondibili La storia che sto per raccontare è quasi tutta vera. Veri i personaggi, veri i luoghi (ai quali non ho volutamente mutato il nome), vero l’inizio e vero il finale. Di quelle storie che si sentono raccontare, ma che alla fine sembrano quasi leggende tanto paiono strane. L’anno è il 1944. La guerra sta correndo lungo l’Italia velocemente come veloce deve essere la corsa verso il rifugio antiaereo. La valle del Serchio ha già conosciuto il mitragliamento del treno a Fornaci – cosa mai vista prima d’ora – e seppur l’estate venga incontro alla gente con gli occhi felici di un bambino e il suo balocco di legno, le preoccupazioni crescono. L’eco del bombardamento di Piazza al Serchio rompe alla fine gli indugi e la paura cade forte sugli abitanti della Garfagnana. E’ lì, quando gli scoppi si fanno più sordi e secchi, che le prime vedove di guerra capiscono che al dolore non c’è mai fine. Castelnuovo subisce il bombardamento della stazione e come già raccontato in qualche numero passato del nostro Giornale iniziano i bombardamenti “mirati” ai ponti. Del resto la Linea Gotica passa tra Treppignana, Ponte di Campia, Fiattone, Cascio, Molazzana, Vergemoli e bisogna pur far qualcosa per far faticare i nazifascisti. Gli aerei, i tozzi ma efficaci P47, entrano i picchiata nella valle salutati dalle contraeree che giocano al tiro facile e passano veloci tra San Romano e Camporgiano, sfiorano la Capriola, sfilano su Pontecosi e proprio sopra Castelnuovo lasciano andare la bomba che cullano sotto la fusoliera. Quella che dovrebbe far cadere il Ponte di Santa Lucia, il Ponte Vittorio, il Ponte Novo o il Ponte della Madonna. In sette mesi gli alleati ripetono le operazioni decine di volte, ma saranno poi i tedeschi – come sempre più efficaci e tenacemente e tecnicamente più precisi – a buttare giù tutto con gli esplosivi nei giorni della fine tra il 18 e il 20 aprile del ’45. E dunque le bombe d’aereo cadono ovunque, spaccando tutto ma non i ponti. E non c’erano solo i bombardamenti aerei a colpire Castelnuovo. Ogni giorno da Loppia e Fornaci, dove stavano in fila uno accanto all’altro i cannoni americani, gli alleati colpiscono il capoluogo in maniera chirurgica. Colpo dopo colpo. Gli abitanti in breve capiscono che l’unica via di salvezza è quella di lasciare l’abitato e così fecero, ma non tutti e non subito. Qualcuno decise di resistere e resistette fino a quando non furono proprio i tedeschi e i fascisti della neorepubblica di Salò a farli sloggiare. Tra la fine di ottobre e i primi giorni di novembre ormai per le vie non si vedeva più anima viva. Eppure Castelnuovo da sempre è il centro economico della valle e non solo per il mercato secolare del giovedì. Qui c’erano e ci sono i negozi da dove arrivava merce unica e pregiata da Lucca, Livorno o Firenze e qui dove scendevano e scendono i valligiani per fare gli acquisti. E c’erano come oggi tanti negozi. Tra questi – ma qui è doveroso, e sarà l’unica volta in questo racconto, non citare il nome – quello di stoffe e filati di una signora che come altri si interrogava sulla durata di tutta quella buriana. Insomma sarebbero passati veloci e l’avrebbero fatta finita presto con tutte quelle bombe? La guerra si sarebbe fermata o sarebbe andata oltre? Purtroppo non ci fu molto tempo per capire e poi venne quella mattina. La mattina durante la quale la signora come altri scendeva con un carretto a prendere la merce del negozio e le ultime suppellettili di casa, perché qualche palazzo era già venuto giù e il seminario (che se ne stava bello diritto dove oggi ci sono i giardinetti di lato al Duomo) era già mezzo sfondato. Arrivata alla Madonna prese con il marito d’infilata veloce la via del Ponte che ancora aveva la casetta della gabella al centro e dopo aver risalito la Barchetta non credette ai propri occhi. Alcuni negozi erano sfondati e le saracinesche divelte e contorte lasciavano intravedere gli interni rivoltati e sottosopra. Il cuore correva veloce salendo in gola così come i due che una volta di fronte alla loro attività scoprirono che il saccheggio aveva raggiunto anche il loro negozio. Molto mancava tra stoffe, filati, nastri, bottoni e quant’altro di ben di Dio. Non rimase che prendere ciò che rimaneva e uscire da Castelnuovo. Mentre tornavano sui loro passi i due sentivano un misto di rabbia, amarezza e paura, ma soprattutto lo sconforto il sentirsi disarmati di fronte a tanta devastazione. Derubati, ma la loro storia presto si mischiò con tante, tantissime, altre storie simili o ben peggiori. La morte, la fame, la precarietà della vita rendeva ogni attimo, ogni momento difficile. Il domani era imperscrutabile. Poi tutto finì quasi improvvisamente nella primavera del 1945. In pochi giorni Castelnuovo venne sgomberata dalla macerie e si iniziarono a montare le prime impalcature di legno per tirare su pareti o riassettare tetti sfondati. Il palazzo del negozio aveva il tetto completam e n t e aperto e due solai erano caduti. Bisognava rimboccarsi le maniche e nei mesi succ e s s i v i o g n u n o spese ogni minuto e ogni energia per ricostruire. Non tutto venne rifatto. Piazza delle Erbe – dove oggi c’è il parcheggio - era una piccola piazzetta circondata da palazzi storici. Vi si accedeva da alcune entrate ad arco e vi si teneva il mercato delle verdure. Ancora oggi si vede come manchi un bel pezzo del palazzo della vecchia biblioteca e un palazzo di fronte alla sede della Pro Loco. Non tutto venne rifatto e molto fu rifatto anche male. Malissimo. Come alcuni palazzi che hanno la foggia delle palazzine di periferia urbana non più adornate da persiane, ma con avvolgibili moderni. Ma torniamo alla nostra commerciante che fece presto notare che il suo negozio era stato saccheggiato. Si rivolse a chi di dovere e ricevette una risposta: “vedremo di farle avere qualcosa per la saracinesca”. Gli anni passarono veloci, ma non quella paura e quel triste dolore misto a rabbia, fino a quando una mattina degli anni ’50 il marito della signora non vide proprio sulla montatella un uomo dabbene di Ca- stelnuovo con una bella giacchetta con su montati bottoni inconfondibili. Era la festa del Corpus Domini e la gente era ricambiata a festa e quei bottoni parlavano di festa, ma anche di un'altra storia. Il marito corse dalla moglie e riferì dell’accaduto. Ne parlarono a cena e convennero che ci avrebbero dormito sopra una notte. Altro che dormire; gli incubi della guerra tornarono su uno ad uno e si presentarono tra il comodino e il canterano in fila come allo spaccio durante la guerra con la tessera annonaria in mano. Le bombe, i morti allineati il 13 febbraio del 1945, il negozio sfondato, le grida e il pianto dei bambini, la fame di sale e vino, la miseria che mangia anche i gatti. Tutti si presentarono in fila gli incubi e i due non dormirono un minuto. Ma non si scambiarono neppure una parola. Ognuno curvo a scavare tra le proprie intime angosce. Al mattino si guardarono negli occhi e decisero. Avrebbero scavato nella verità e così il marito cercò l’uomo dabbene e gli chiese dove avesse preso quei bottoni tanto belli. Prima di farlo però tacque un istante, sapeva che avrebbe aperto una nuova voragine, un nuovo dolore. E poi se l’uomo dabbene avesse fatto un nome, poi cosa avrebbero fatto i due coniugi? Lo avrebbero denunciato o gli sarebbero piombati in casa arrabbiati? Altri problemi, altri tormenti. Ignaro l’uomo dabbene rispose: l’ho comperati laggiù e disse il luogo preciso, preciso, alzando il dito e indicando proprio il negozio della moglie del nostro indagatore. L’anno dopo i coniugi si fermarono alla festa del Corpus Domini sulla montatella per vedere l’uomo dabbene e la sua giacca con i bottoni che raccontavano una storia. E così per anni fino a quando l’uomo dabbene morì e fu chiuso nella cassa proprio con indosso la giacca e il segreto dei bottoni inconfondibili. Meravigliosa, partecipata e sensibile iniziativa del gruppo Fratres Garfagnana Doniamo il sangue e un sorriso Cari Amici, sempre ringraziandovi della preziosa collaborazione veniamo a segnalare l’iniziativa appena conclusa con la premiazione a cui hanno partecipato, in presenza degli alunni i rispettivi Dirigenti scolastici, gli Insegnanti e i Presidenti dei Fratres. E’ solo grazie all’interessamento dei Dirigenti scolastici e dei Docenti che queste iniziative raccolgono consensi. Il “MOTTO della VITA” alla seconda edizione conferma un trend decisamente positivo grazie agli oltre 300 studenti che anche quest’anno hanno partecipato La selezione è durata a lungo e nella fase finale ben 4 sono state le votazioni per decidere i vincitori. Tutte le votazioni sono state espresse nel massimo rispetto dei partecipanti infatti ai componenti la giuria era permesso sapere del partecipante solo se maschio o femmina, il testo e la tipologia di scuola di appartenenza. Giuria a cui hanno partecipato i Gruppi di: Camporgiano – Corrieri Carlo; Cascio – Prontelli Francesco; Castelnuovo di Garf.na - Palandri Michela; Gragnanella – Giannotti Silvia; Poggio Sillicano Filicaia – Guidi Antonella; San Romano in Garf.na – Fanani Michelangelo; Vagli di Sopra – Orsetti Alessandro. Nella prima sessione ogni “Giurato” ha potuto scegliere solo 4 MOTTI per grado di scuola (primaria – secondaria- superiori). Alla fine erano Trattoria Marchetti di Clara Pedreschi Loggiato Porta Castelnuovo di Garfagnana Telefono 0583 639157 ben 51 i MOTTI prescelti per le selezioni finali. Ecco i risultati. Sei i vincitori ( 2 per grado di scuola ). Scuole Superiori: Turri Francesca – I.T.C.G. “ L. Campedelli” Dona il sangue regala un sorriso. Damazzi Stefano e Lorenzetti Andrea – I.T.I. “ F. Vecchiacchi” Una goccia di sangue è un fiume di vita. Scuole Secondarie: Tortelli Alice – Scuola Secondaria di Castelnuovo Il regalo più bello che ti puoi fare è una vita che puoi salvare. Mori Gabriel – Scuola Secondaria di Castelnuovo Donare il sangue, per te un minuto per altri la vita. Scuole Primarie: Classe IV a – Scuola Primaria “L. Radice” di Camporgiano Facciamo tornare il sorriso donando il sangue. Classe IV e V – Scuola Primaria Vagli Sopra Stendi il braccio, stringi le dita per una speranza di vita. Ai vincitori sono stati consegnati moltissimi adesivi con il loro “MOTTO” indicanti il proprio nome e la sede scolastica di appartenenza. Tutti i partecipanti hanno ricevuto l’evidenziatore a tre colori Fratres. Tutti coloro che hanno aderito devono sentirsi vincitori per aver contribuito all’iniziativa che li avvicinerà a una vita migliore perché solidale. FRATRES Raggruppamento Garfagnana Pagina 6 Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Il suo armamento fu svenduto nel 1700 La torre di Barga In tempi di ristrettezze economiche è consuetudine che una Nazione alieni parte dei propri beni, quelli ritenuti non essenziali, per fare cassa. Nel 1742, il Reale Consiglio delle Finanze Granducali, decise di vendere al migliore offerente il materiale inservibile facente parte dell’arsenale da guerra custodito nella torre di Barga. Tutta l’attrezzatura in essa dislocata fu soggetta a rigoroso inventario per la successiva vendita all’incanto. Il cattivo stato di conservazione delle armi era segno evidente che, l’unione con la Firenze granducale, per la sua accresciuta importanza geo- politica, aveva determinato sul territorio un lungo periodo di pace, a differenza della Garfagnana, destabilizzata dalle continue lotte tra Lucchesi e Modenesi. Basti ricordare i lunghi assedi a Castiglione di Garfagnana (lucchese) da parte degli Estensi nel 1603-1604 e poi nel 1613. Sul territorio di Barga nello stesso periodo sono da registrarsi, solo brevi e circoscritte liti di confine relative all’uso demaniale del Monte di Gragno o dei territori oltre il crinale appenninico del versante emiliano. Sulla base dell’accluso inventario si decise quanto segue: Avendo il Reale Consiglio delle Finanze ordinato che la Fortezza di Barga e sue chiavi sia consegnata al Cancelliere della Comunità di detto luogo, assieme con li suoi utensili, ed attrezzi; perciò il Sig.re Depositario Gio. Leonardo Bonanni averà la bontà di farne eseguire detto ordine indelatamente, con far vendere al maggiore Offerente le quì sotto notate Robe che in essa si ritrovano, ed il restante delle Robe che sono nell’inventario, cioè Pezzi di Artiglieria, e munizioni da Guerra, averà la bontà di farle porre tutte insieme in Luogo a parte, con vedere come si potrebbe contenere per il trasporto delle medesime a Firenze, ogni volta che fosse questo ordinato, Osservando di prenderne di tutto ciò che consegnerà a detto Sig.re Cancelliere la respettiva ricevuta, che ne verrà in tal forma validamente discaricato Robe da vendersi N° 5 - casse d’Artiglieria inutili N° 26 - moschetti con loro casse tarmate, inutili N° 10 - moschetti smontati inutili N° - Forme da far palle tutte consumate dalla ruggine di peso libbre 70 Dato in Firenze il di 3 novembre 1742 Firmato Warren Dopo alcuni anni, le autorità cittadine decisero che la torre, non rispondendo più a un ruolo strategico nella struttura difensiva del castello e in relazione al crescente indice demografico della popolazione e Il 12 marzo 1808 fu posta all’incanto e fu rilasciata ad Antonio Iaccheri che la comprò per sassi per scudi 88, offerta fatta anticipatamente il dì 11 marzo di detto anno. della relativa domanda di strutture abitative, venisse demolita. Della fine dell’ultima torre supestite, simbolo caratteristico del periodo medioevale, ne fece una sorta di necrologio il Canonico Magri nella sua opera “Il Castello di Barga”. Si dice che in Barga anticamente esistessero molte torri .[…] La sola sulla quale si hanno memorie numerose, era la torre posta presso le mura di Porta Reale di fronte al Rivellino, tra l’orto oggi Bertacchi e il muro dell’orto delle Monache, località che ritiene tuttora il nome di Torre. Si trova fatta menzione di questa torre in antico per causa di restauri ed altro, ma non se ne conosce l’origine. In tempi posteriori fu tenuta dal Comune e dal Governo come deposito di armi e fu chiamata per questo la torre delle armi. Nel 1724 vi furono fatti diversi restauri a spese dello Scrittoio di S.A.R. e fu stabilito che servisse come prigione per i soldati. Nel 1786 fu appigionata ai fratelli Ciarpi per lire quindici l’anno. […] Finalmente nel 1808 ne fu decretata la vendita. Nell’interno della torre si trovavano: un palco a tavole a cui si saliva per una scala di legno ed un altro palco a volta di sassi a cui parimente si saliva per una scala mobile di legno. La muraglia a levante formava porzione del muro di clausura del Convento di S. Elisabetta il quale appoggiava inoltre in tutta la sua lunghezza alla cantonata delle altre due muraglie esposte a settentrione e mezzogiorno. Si accedeva alla mentovata torre per mezzo di un ripiano lastricato più alto della strada e sostenuto da un muro con spalletta. La stima complessiva del valore di detta torre ed agio, fatta dai periti muratori Luigi Piacentini e Antonio Iaccheri, il 18 febbraio 1808, ascese per la torre a scudi 115,3,8 e per l’agio a scudi 3,6,6. In tutto scudi 119,2,14 (da leggersi scudi 119 pari a lire 833, soldi 2, denari 14). Il 26 luglio di detto anno pervenne l’approvazione del Sotto Prefetto di Pisa come segue: “con resoluzione del Signor Prefetto del Mediterraneo del dì 21 corrente è stato approvato il rilascio in vendita fatto da codesta comunità a favore di Antonio Iaccheri di un fabbricato ad uso di torre presso di codeste mura castellane, per il prezzo di scudi ottantotto, da tenersi dal compratore nelle mani e pagare i frutti alla ragione del quattro per cento”. […] Il 10 giugno un editto del Cancelliere aggiudicava al minore offerente la demolizione della torre la quale era totalmente disfatta il 18 settembre successivo, poiché con altro editto del Cancelliere veniva posto all’incanto il suolo dove era situata, per lire novanta Fiorentine. E così ebbe fine anche questa torre. Cristian Tognarelli Nota: Lo smeriglio era un can- none di piccolo taglio, capace di sparare palle del peso di 6 once circa, con una gittata intorno ai 250 passi. Campeggio sul lago E’ con immenso piacere che diamo questa notizia perchè ricca di buoni aspetti. Aperto il campeggio del lago di Gramolazzo, alle pendici delle più imponenti vette delle Alpi Apuane. Situato in una delle zone più incontaminate d' Italia, il campeggio vi concederà momenti di assoluto relax e di amichevole compagnia, vi accoglierà nelle piazzole erbose limitrofe al lago oppure , per gli amanti dell'intimità, all'interno del boschetto. Dispone di 4 chalet (3 da 4 posti e 1 da 6 posti) composti ognuno da 2 camere, angolo cottura, bagno e soggiorno e da posti camper. Il ristorante del campeggio soddisferà i vostri palati con piatti saporitissimi, dai tipici locali ai classici italiani, dove la pizza cotta a legna farà da regina. I gestori sono Patrizia Martinelli, Monica suffredini e Velia Nardini Cell: 340 9044988 Cell. 347 9138053 Cell. 329 2946818 e il sito www.campeggiolagoapuane.com Facebook: Campeggio lago Apuane. MUSIC BAR Via di Fondovalle di fronte alla Kedrion Loc. Bolognana - Gallicano (LU) Numero 59 - Aprile-Maggio 2013 Renzo Pellegrini, nato a Castelnuovo, giornalista, maestro, ci ha lasciato nel 2004. Per molti anni vivendo a Viareggio ha raccontato il carnevale, ma tanti scritti ha lasciato un diario: “Strage al Lager di Hindenburg”. Una storia di deportazione e dolore terminata nel gennaio del 1945. Oggi la Garfagnana editrice pubblica quelle pagine di memoria grazie al lavoro di Tommaso Teora, cognato di Renzo, che le ha conservate per anni. Insieme una lunga appendice documentaria che racconta tante altre storie di lucchesi rastrellati e portati in Germania a lavorare per il Terzo Reich. Il cannoneggiamento sovietico sulla città era continuo. Giorno e notte. Il Lager, prossimo alle officine minerarie, era esposto ai colpi. Nelle baracche sbrecciate, i tetti perforati, non era possibile restare. Presto ci trovammo divisi fra chi preferiva una rapida partenza verso l'interno della Germania e chi proponeva di attendere l'arrivo dei sovietici. Nei magazzini alimentari del campo, sorvegliati dal Lagerfuhrer italiano, un maresciallo di carriera in su con l'età, scarseggiavano le scorte dei viveri. Molti ne chiesero la distribuzione appellandosi alla libertà di fuggire; proteggerle divenne arduo. I pericoli nel campo, nelle baracche, sotto il tiro dei mortai russi, si fecero sempre più fitti. si diffuse la voce che il comandante fosse fuggito. Il personale degli uffici amministrativi e dei lavori esterni, tecnici e sorveglianti, era come dissolto. Sparito. Fuori e dentro la zona mineraria, Lager compreso, si erano attestati dei soldati in divisa bianca, con le batterie dei cannoni. Non tolleravano le nostre apparizioni fuori delle baracche. Il capocampo strappò il consenso di trasferirci in un caseggiato di mattoni col tetto solido dov'erano ubicati lo spogliatoio e il bagno dei minatori. Sotto era stato ricavato un Bunker (rifugio) con un'unica porta. Per raggiungerlo bisognava attraversare uno spiazzo vasto, dove si mescolavano, fra i mucchi di carbone, i carrelli in gran parte rovesciati. Di fronte al Bunker, a una ventina di metri, c'era il "pozzo" con le ruote bloccate. La campana che segnalava l'immersione e la risalita degli ascensori era muta da parecchi giorni ormai. Sul carbone, Il Giornale di Castelnuovo di Garfagnana Pagina 7 Pubblichiamo un estratto del diario di Renzo Pellegrini Strage al Lager sui carrelli, sui vagoni, sui carri, sul terreno massacrato dagli obici, sugli attrezzi abbandonati, sugli alberi divelti, sui tetti, sulle macerie: la neve. Tanta neve! Il trasloco dal campo al Bunker non fu condiviso da tutti. In quattro, Ezio ed Enzo, Danilo ed io, pur essendo legati da salda amicizia, ci separammo. Il nostro era un legame fatto di tante cose: un lungo tratto di vita militare; la cattura e la prigionia patite fianco a fianco; i mesi, i luoghi, i lavori condivisi in Germania e Polonia; le reciproche regioni di provenienza, la parlata, i profumi di casa, dei cibi, degli usi, della gente. Veneti, Danilo ed Ezio, di Vicenza e Verona. Toscani, Enzo ed io, di Massa e di Lucca. Danilo ed Ezio oggi abitano a Verona. Enzo a Cuneo. Io a Viareggio. Siamo quattro pensionati settantenni, chi più chi meno, con un lungo scampolo di vita parallela e una tremenda avventura in comune. Nel Bunker si ritrovarono i più: ammassati, litigiosi, scalmanati, collerici. La paura non consente la solidarietà. Restò nelle baracche chi non volle rinunciare alla disponibilità di un letto. Sul giaciglio più elevato di un "castello" a tre, un nostro compagno fu investito da una gragnuola di proiettili. Rientrato da Zabge sono andato a trovare Danilo. Mi ha detto: "Ricordi? Il sangue colava, caldo, dal materasso". Non è questo il solo episodio che devo alla memoria, più fervida della mia, di Danilo. Insieme, tra il Lager e il Bunker, trovammo una terza soluzione: il sottosuolo della miniera. Nella profondità d'una galleria cercammo insistentemente di trascinare Ezio ed Enzo. Invano. A loro avviso discendere in miniera senza l'ascensore era un'impresa irrealizzabile. C'era, invece, eccome se c'era! Un mezzo per arrivare al primo "stadio" dell'Hermannschacht, a 110 metri di profondità: una scala di ferro, detta "di sicurezza". Undici rampe a pioli dentro un cunicolo. L'accesso era sotto la tettoia degli ascensori. Ezio ed Enzo furono irremovibili: "Oggi no, per ora restiamo qui; forse domani". Non fummo i soli, Danilo ed io, ad imboccare la scala. Si unirono a noi due chimici. Mai discesi prima nelle viscere di una miniera, furono stimolati dalla nostra stessa motivazione: sottrarsi alla deportazione tedesca nelle retrovie e allo scontro in città degli eserciti. Raggiungere la scala sotto la tettoia dell'ascensore era rischioso! Bisognava procurarsi una scorta di carburo per le lampade. C'era da convincere il capocampo a svuotare la dispensa e a spartire pane, margarina, marmellata. M'incaricai del carburo e fui fortunato. Doppiamente fortunato perché potei prelevare nel deposito, assai distante dal Bunker, anche delle torce elettriche uscendo illeso nella duplice corsa allo scoperto contro tutti i Verboten!. Fra il frastuono delle batterie tedesche e lo sconvolgimento di neve e di terra dei proiettili, riparati dai carrelli rovesciati e dal carbone, in fila indiana distanziata, Danilo, io e gli altri raggiungemmo la tettoia del "pozzo", l'imbocco, la scala. Nel cunicolo il frastuono della guerra divenne un boato. Ci accompagnò il timore che un obice colpisse l'imbocco. Lo spostamento dell'aria provocato dai colpi esterni, spense le lampade a carburo. Lungo la scala precipitò di tutto. A "Quota 110" la miniera, buia e deserta, ci fece un effetto nuovo. Non c'erano la fila delle fiammelle ondulanti dei minatori, l'eco nelle gallerie dei passi strascicati sul tavolato, il fracasso del trenino coi carrelli in andirivieni, gli ordini degli Staiger, le bestemmie dei polacchi. "Quota 110" era sconosciuta anche a Danilo e a me. Le nostre squadre scendevano solitamente a 340 e a 500 metri. Dentro la guardiola del custode dell'ascensore c'era la luce elettrica. Una lampada era accesa e funzionava il telefono. Poco distanti trovammo le stalle dei cavalli ciechi: privati della vista, erano utilizzati per il traino dei carrelli. Ci fu chi propose di macellarli. Non subito, comunque! Renzo Pellegrini Il resto presto in libreria edito dalla Garfagnana editrice. www.garfagnana-editrice.it Di corsa a Berlino UniTre L’alpino Rossi Grande soddisfazione al Liceo Scientifico “G. Galilei” di Castelnuovo Garfagnana (LU) per la partecipazione delle classi quinte alla 33° mezza maratona (km 21.0975) di Berlino del 07 aprile 2013. Gli alunni iscritti alla gara erano 35 di cui 12 maschi e 23 femmine e si sono classificati in 32. La mezza maratona, inserita nel viaggio d’istruzione delle classi quinte, era l’obiettivo finale del prog e t t o sportivo dell’ISI Simoni effettuato in collaborazione con il GS Orecchiella – Garfagnana come società tutor. Il progetto sportivo denominato “Migliorare la qualità della vita” è nato nell’anno scolastico 2011/2012 con l’obiettivo di creare sani momenti di aggregazione e avvicinare alla corsa su strada un numero sempre maggiore di ragazzi. Sono stati effettuati allenamenti di gruppo pomeridiani con cadenza settimanale e partecipazione ad alcune marce del trofeo podistico lucchese. A partire da dicembre 2012 gli allenamenti sono diventati bisettimanali. Il prof. Fabrizio Riva responsabile del progetto, la prof. Paola Grassini tecnico FIDAL e la prof. Laura Nanna docente di lingua straniera si complimentano con gli alunni per l’impegno, la serietà e l’entusiasmo dimostrati nell’affrontare la prova sportiva. Si ringraziano gli sponsor Impresa costruzioni Guidi Gino e Idrotherm 2000. "L’agricoltura e l’uomo: aspetti economici, demografici e culturali” è l’argomento di un incontro storico-culturale, in programma venerdì 5 aprile, alle 15,30, nella sala “Pietro Paolo Giannasi”, presso il Centro sociale della Consulta comunale degli anziani, al Villaggio Unrra, a Castelnuovo. In qualità di relatore è stato invitato il professor Dino Magistrelli, titolare della cattedra di Geografia economica presso l’Itcg “Campedelli” di Castelnuovo. L’iniziativa è promossa da Unisenior-Università della Terza Età della Garfagnana. L'incontro è aperto a tutti gli interessati. L'Università della Terza Età è da anni molto attiva a Castelnuovo e nell'intera Garfagnana. Per informazioni rivolgersi a Pietro Ciambelli ed Osvaldo Casanovi. Pietro Rossi, classe 1922, alpino, il più anziano reduce castelnuovese della tragica campagna di Russia dall’estate del 1941 al gennaio 1943 durante la seconda guerra mondiale, è stato il protagonista della serata “I grandi eventi della Storia”, svoltasi nella saletta delle Volte, nella Rocca Arisostesca, a Castelnuovo. Rossi ha raccontato con vivacità e commozione gli avvenimenti che lo videro presente. La conferenza è stata introdotta da un intervento del vice sindaco Angiolo Masotti che ha riassunto, dal punto di vista storico, gli avvenimenti che videro coinvolte le truppe italiane in Russia. È quindi intervenuto Don Lorenzo Angelini, parroco di Pieve Fosciana ed autore di un interessante volume dedicato ai garfagnini nella campagna di Russia. Dino Magistrelli Il Giornale di Castelnuovo Redazione: via traversa Vecchiacchi, 17 55032 Castelnuovo Garfagnana Direttore: Andrea Giannasi Caporedattrice Barbara Coli In redazione Marco Giannasi, Gabriele Coli, Matteo Ferranti, Fabrizio Ferrari, Emilio Bertoncini, Cristian Tognarelli Fotografie Antonella Bertolini, Gabriele Coli, STUDIO BIANCO Commerciale Debora Mori, Marco Guazzelli Direzione e sede legale: via Terme di Traiano, 25 Civitavecchia ROMA Gruppo editoriale Giannasi editore P.iva 09345201009 Stampa Etruria Arti grafiche - Via della Vittoria Civitavecchia (Roma) www.ilgiornaledicastelnuovo.it - [email protected] SOSTENETE IL GIORNALE 30,00 € per l’abbonamento ordinario annuale 50,00 € per l’abbonamento sostenitore su conto corrente postale n. 11507530 intestato a Giannasi editore IL GIORNALE SI TROVA A Castelnuovo - Presso tutte le edicole e le librerie, Pieve Fosciana - Edicola di via San Giovanni, Barga - Edicola Poli (via Pascoli), Gallicano - Edicola (via Serchio), Castiglione di Garfagnana (all’edicola bar Marcalli), Roggio (presso l’edicola/bar), Fornaci - Edicola e libreria c/o Conad Vtyy¢ VxÇàÜtÄx Piazza Umberto a Castelnuovo di Garfagnana Abbiamo bisogno di te Il Giornale di Castelnuovo è un organo di stampa gratuito, che non riceve alcun finanziamento pubblico. 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