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– ANNO XXII n° 14 15 dIcembre 2013 –
70% regime libero
AUT.dr/cbPA/ceNTrO1 – VALIdA dAL 27/04/07
tendenZe
In Umbria 15mila persone a rischio ludopatia, per un giro d’affari da 700 milioni
il pop del
terzo millennio
sempre più malati di gioco
“Gratta e vinci” e slot machine rovinano le famiglie, aumentano i centri di assistenza
il gioco d’azzardo è diventato una piaga sociale. in tempo di crisi molte persone tra i 30 e i 60 anni cercano un
colpo di fortuna per migliorare la vita. per sostenere i costi delle scommesse ci si rivolge anche al prestito
d’usura. Ma la dipendenza si può curare con l’aiuto di psicologi, asl, numeri
verdi e terapie alternative, come
l’equitazione integrata.
serViZi a pagg.
Contesi tra i genitori:
le storie dei figli a metà
Quando una relazione finisce, a farne le spese sono i
bambini, spesso coinvolti nelle dispute tra mamma e
papà. per risolvere i conflitti, si ricorre sempre più alla
figura del mediatore familiare. sergio Cutrona, presidente del tribunale dei minori di perugia, fa un bilancio della situazione in Umbria.
serViZi a pag.
4-5
CUltUra
soCietà
perché si crede
ai complotti?
A
cinquant’anni dall’omicidio di
John Fitzgerald Kennedy, la
maggior parte degli americani crede che
l’assassino del presidente, Lee Harvey
Oswald, non abbia agito da solo ma fosse la marionetta di un’oscura macchinazione. Anche se non c’è nessuna prova
a sostegno della tesi. Sempre negli Stati
Uniti, almeno un terzo dei cittadini è
convinto che dietro gli attentati dell’11
settembre ci siano complicità del governo. In Italia, invece, sui social network
ma non solo, si sprecano gli allarmismi
sul Gruppo Bilderberg, che per molti che
dicono di “saperla lunga”, governerebbe
le sorti del mondo. E che dire delle “scie
chimiche”? c’è infatti chi crede che le strisce di condensazione
lasciate dagli aerei
siano agenti biologici spruzzati da veivoli di qualche associazione
segreta
mondiale. Perché
FranCesCo alberoni
queste credenze si
diffondono? Francesco Alberoni, che da
sociologo ha studiato per molto tempo i
movimenti collettivi, spiega: «Le teorie del
complotto sono basate sul pensiero paranoico, che attribuisce all’avversario una
continua intenzione malvagia, l’uso sistematico della menzogna e diabolici raggiri. È un tipo di pensiero sempre presente nella società, in misura più o meno
grande». Per Alberoni le radici sono antiche, e gli esempi storici sono tanti: «Con
la diffusione del cristianesimo le divinità
pagane sono diventate dei demoni e il demone è per definizione mentitore e ingannatore. Poi, secoli dopo, durante la Rivoluzione francese, si temeva il “complotto aristocratico” e venivano incendiati i
castelli. Nei processi staliniani le vittime erano accusate di tradimento, e di
aver progettato macchinazioni diaboliche.
Nel mondo di oggi molte guerre sono preventive, combattute accusando altri di far
parte di una cospirazione». Impossibile
fare a meno di immaginare complotti?
Per Alberoni, spesso, è proprio così: «In
tutti i movimenti collettivi c’è una dose di
pensiero paranoico. Lo dimostra anche
quello di Grillo».
antonello paCiolla
3
perugia2019, ora servono risorse
Candidatura a capitale europea della cultura, la città allo sprint finale
battute conclusive per aggiudicarsi il prestigioso riconoscimento europeo, che
perugia si contende con siena, Cagliari,
Matera, lecce e ravenna. la città sta programmando gli investimenti necessari a
realizzare tutti i progetti previsti. i cento
pRImo pIAno
Una fattoria nella casa
circondariale di Capanne.
Quattro detenuti alle prese
con frutta e ortaggi
serViZio a pag.
soci della fondazione, tra cui molte imprese private, sono pronti a fare la loro parte.
bruno bracalente, presidente del comitato:
«Uniti verso l’obiettivo, sarà fondamentale
il contributo degli imprenditori».
serViZi alle pagg.
6-7
CULTURA
Intervista a
Dario Fo, tra
attualità,
letteratura
e teatro.
Sempre nel
ricordo di
Franca Rame
2
serViZio a pag.
7
l’inContro tra andy Warhol, proFeta della
pop art, e MiCk Jagger, iCona del roCk
T
empi moderni: quelli in cui l’operaio
Chaplin avvitava serialmente bulloni.
Oggi la produzione seriale è quella di popcorn (icastiche le prime tre lettere) atti a saziare la voracità di gag scacciapensieri sul
grande schermo. Non più solo il “laico” dopopranzo natalizio coi cinepanettoni, ma anche il più raffinato cine-cabaret di Checco
Zalone, nome d’arte di Luca Pasquale Medici, ma che poco ha a che fare coi mecenati
della cultura rinascimentale. Lui infatti non
compone sonetti per
il sollazzo di corte,
ma lungometraggi
sbanca-botteghino.
“Sole a catinelle”,
sua ultima fatica, ha
fatto il record d’inCheCCo Zalone
cassi nella storia del
cinema italiano, roba da far impallidire premi Oscar antichi (Fellini) e moderni (Benigni), con annessa pernacchia ai suddetti cinepanettoni, ormai quasi démodés. Nessuno
però si rivolti nella tomba. Non lo facciano
nemmeno le penne d’oca della terza pagina
del “Corriere della Sera”, se al fondo della
pergamena con incisi i loro nomi è da poco
spuntato quello di Fabio Bonetti, in arte
Volo. Non più speculazioni da giardino letterario né appassionate arringhe engagées su
come riscattare il destino degli oppressi, ma
agili aforismi da bacio
Perugina o autobiografie da italiano medio in
cui specchiarsi compiaciuti. Da “J’accuse” a
“Je suis” il passo è breve. Breve quasi quanto
Fabio Volo
i pochi minuti in cui i
concorrenti di “Masterpiece”, il nuovo reality per aspiranti scrittori, devono spiegare ansanti ai giurati perché meritano eterna gloria,
magari tornando trafelati dalla Mole Antonelliana, luogo designato come ispirazione
per virtuosismi da 2000 battute. In pochi secondi di spot invece un imbolsito Marx, con
barba natalizia più che rivoluzionaria, guardando ammirato i colori cangianti della sua
Tv ci spiega che mai avrebbe ispirato tutto
quel casino, se solo quella scatola fosse esistita ai suoi tempi. Veteromarxisti, revisionisti e criptosocialisti non ci avevano mai pensato. Ma sono proprio i neomarxisti come
Walter Benjamin che qualche decennio fa
ammonivano: «Guai a disprezzare la cultura popolare, perché è lo strumento di emancipazione delle masse e dei lavoratori». Quei
lavoratori che oggi potranno avvitare bulloni per realizzare i progetti per l’Expo 2015
a Milano: in cantiere c’è un ascensore che
condurrà turisti più o meno devoti in cima a
una terrazza con bar, proscenio ideale da cui
ammirare la città di Sant’Ambrogio, ma anche di Giorgione Armani, magari sgranocchiando popcorn.
lUCa seraFini
2
PRIMO PIANO
15 DICEMBRE 2013
nella casa circondariale di Capanne, a perugia, 15 ettari di terreno a disposizione di 4 detenuti alle prese con frutta e ortaggi
se la fattoria entra in prigione
Q
menna, il presidente della cooperativa: «Chiunque può sbagliare ma a tutti deve essere data la possibilità di riscattarsi»
uindici ettari di terra con un frutteto, ficenza: anche se alla base c’è un progetto di una guardia carceraria, che in alcuni casi può esquattro serre, un uliveto e a breve anche reinserimento sociale, si tratta di una impresa e sere assente per motivi di salute o personali. In
un allevamento di polli. Non siamo nel- alla fine dell’anno i conti devono tornare. I pro- questo caso loro sono costretti a rimanere in cella campagna umbra ma in un carcere in provin- dotti coltivati nel carcere di Capanne vengono la. «Con la direttrice stiamo pensando ad un
cia di Perugia, dove a marzo è partito il proget- venduti sia nei mercati cittadini di Perugia e Pon- cambiamento di trattamento per rendere questi
quattro ragazzi più autonomi»
to “Fattoria Capanne”, gestispiega Menna.
to dalla cooperativa 153. Sei
All’iniziativa possono partecigiorni la settimana, per sei
pare solo i detenuti che rientrano
ore al giorno, quattro deteall’interno dell’articolo 21, cioè
nuti dell’omonima casa circoloro che hanno già terminato
condariale lavorano nei terun percorso riabilitativo specifireni messi a disposizione tra
co. Quelli che vogliono parteciil muro carcerario e la recinpare devono poi affrontare un
zione esterna.
vero e proprio colloquio di lavoL’idea è nata due anni fa,
ro. Il requisito essenziale è la voma è riuscita a concretizzarglia di mettersi in gioco, ed è
si solo a marzo. «Lo scopo
quello che chiedono anche i deprincipale è quello di dare ai
tenuti. «Piuttosto che stare 24
detenuti la possibilità di riore su 24 in una cella minuscola
scattarsi – spiega Michelancon altre tre persone, loro prefegelo Menna, presidente delriscono sicuramente fare qualcol’organizzazione – perché è
sa, stare con persone esterne e
dimostrato che coloro che
avere la possibilità di creare qualsvolgono un’attività lavoraticosa».
va seria dentro al carcere
Ancora è presto per capire cohanno un tasso di recidività
me si evolverà questo progetto.
bassissimo, pari all’1%, con«Ci piacerebbe fare con loro un
tro una media dell’80% per
i prodotti ColtiVati nella Casa CirCondariale di Capanne Vengono VendUti nei MerCati di perUgia
e ponte san gioVanni. C’è anChe Un serViZio di Cassette Consegnate porta a porta
vero percorso, che li segua anche
coloro che non svolgono
nessuna mansione. E tutto questo si traduce te San Giovanni, sia tramite la consegna delle fuori dal carcere. Ad esempio affidargli la consequindi anche in una possibilità enorme per la so- cassette porta a porta, alla quale sono abbonate gna delle cassette o fargli gestire il banco al mercato. Ovviamente non sarà possibile con tutti,
già un centinaio di persone.
cietà».
«Bisogna fare le cose esattamente come ven- ma la nostra idea è questa. Non vogliamo che
L’iniziativa ha visto una grande partecipazione delle istituzioni. «Abbiamo avuto un sostegno gono fatte fuori dal carcere. Se non facessimo questa esperienza finisca con la chiusura della
importante, non solo a parole ma anche nei fat- così prenderemmo in giro i detenuti che lavora- parentesi carceraria».
Intanto si iniziano a vedere i primi frutti. «Una
ti. Sono arrivati dei finanziamenti dalla Regione no con noi» spiega Menna. Per chi non è mai stae anche da qualche ministero. Il Comune ci ha to abituato a rispettare le regole non è semplice volta uno dei ragazzi venne a chiamarmi. ‘Presimesso a disposizione i suoi canali per pubbliciz- adattarsi ai ritmi di lavoro. «La loro vera diffi- dente, venga a vedere, venga a vedere cosa è suczare la nostra attività». I cittadini hanno accolto coltà è dover rendere conto a qualcuno, cosa che cesso’. Lo seguii e lui mi fece vedere un bocciobene l’iniziativa, ma non manca un certo scetti- spesso non hanno mai fatto, né in famiglia né sul lo di fagiolino. Per me era una cosa banale, ma lui
cismo. «Non tutti sono sensibili a queste proble- lavoro o tantomeno nella vita». Spesso inoltre è era emozionato. Per una persona che sta da anni
matiche, ma abbiamo l’appoggio della maggior difficile far coincidere le esigenze lavorative con dentro un carcere e che poi pianta un seme, vele regole del carcere. I detenuti possono svolge- dere nascere una pianticella è un miracolo».
parte delle persone».
giUlia sabella
La Fattoria Capanne non è nata per fare bene- re la loro attività solo se vengono sorvegliati da
deserto, chiesta la grazia
L’avvocato della donna:«Continuo a studiare il caso per chiedere la revisione del processo»
P
er Tiziana Deserto le porte del carcere di
Trani, dove sta scontando la sua pena, forse potrebbero aprirsi presto. La donna è stata
condannata in via
definitiva il 16
maggio 2012 a 12
anni di reclusione
per concorso in
omicidio della figlia Maria. Secondo l’accusa, ad
uccidere la bimba
tiZiana deserto
Con l’aVV. gianni Zaganelli
di appena due anni e sette mesi è stato Giorgio Giorni, amante
della Deserto, ora all’ergastolo. Lui, al quale la
donna aveva affidato sua figlia per qualche ora,
avrebbe preso a calci e pugni la piccola fino alla
morte, avvenuta il 5 aprile 2004 a Città di Castello. Durante tutti questi anni, Tiziana Deserto si
è sempre proclamata innocente, respingendo le
accuse dei giudici che nei tre gradi di giudizio
hanno sostenuto il suo essere a conoscenza delle violenze inflitte da Giorni su Maria. Nonostante la relazione extraconiugale, il marito della Deserto, Massimo Geusa, le è stato sempre accanto e continua a dimostrare il suo attaccamen-
to alla moglie: ha inoltrato al presidente della Repubblica e al ministro della Giustizia la richiesta
di grazia assieme ad una lettera nella quale i suoi
genitori perdonano Tiziana.
A rendere nota la notizia dell’avvio del procedimento l’avvocato della Deserto, Gianni Zaga-
grazia
La grazia è un provvedimento di clemenza individuale disciplinato dall’art. 681 del
codice di procedura penale. Con questo
provvedimento, al condannato viene
estinta, con o senza condizioni, la pena
principale. Viene concessa dal presidente
della Repubblica con atto controfirmato
dal ministro della Giustizia. per usufruirne
vi deve essere una condanna definitiva.
La grazia può essere concessa su domanda del condannato, di un suo prossimo
congiunto, del suo avvocato oppure su
proposta del presidente del Consiglio, su
iniziativa del presidente della Repubblica
o del ministro della Giustizia.
M. g.
nelli. «Tra pochi
mesi – ha affermato – sarà
possibile sapere
l’esito della richiesta». L’avvocato, continua a sostenere
che «non c’erano tutti gli elementi essenziali
tiZiana deserto
per condannare
la Deserto». A rafforzare la sua posizione, quanto accaduto durante il terzo grado di giudizio:
«I giudici della Cassazione sono rimasti in camera di consiglio per tre giorni, non mi era mai successo di vedere una cosa simile nella mia carriera. Ciò dimostra che ci deve essere stato un contraddittorio forte». In attesa dell’esito del provvedimento, l’avvocato Zaganelli ha incontrato
Massimo Geusa «esaminare una possibilità remota» ovvero un ricorso alla Corte di Giustizia
Europea, e nel frattempo continua a studiare il
caso perché intenzionato a «chiedere una revisione del processo».
Manlio grossi
Carceri italiane,
teoria e prassi
il principio - “Le pene non possono
consistere in trattamenti contrari al
senso di umanità e devono tendere alla
rieducazione del condannato”, articolo
27 della Costituzione italiana. “nessuno
può essere sottoposto a tortura né a
pene o a trattamenti inumani o degradanti”, articolo 3 della Convenzione
europea dei Diritti dell’Uomo. Le principali carte che regolano la vita pubblica e
tutelano la dignità umana parlano chiaro
in merito a quello che deve essere la
detenzione carceraria: una pena per
scontare un reato, ma rieducativa e mai
inumana.
italia condannata - La situazione
reale delle carceri italiane però non corrisponde a questi principi. Lo dicono i
dati e lo dice anche la Corte europea dei
diritti umani che, con la sentenza
Torreggiani, ha condannato l’Italia proprio per la violazione dell’articolo 3 della
Convenzione. I sette ricorrenti lamentavano la detenzione in celle di nove metri
quadrati, da condividere con altre due
persone. Le loro stanze erano anche
scarsamente illuminate, con un accesso
limitato all’acqua calda e alle docce.
i numeri - Il problema del sovraffollamento è raccontato dalle tabelle del ministero della Giustizia, aggiornate al 31
ottobre. Su 47.668 posti per la capienza
regolamentare, i detenuti sono 64.323.
Le regioni maglia nera sono la Campania
con 2.285 unità in più, il Lazio con 2.301,
la Lombardia con 3.025 e la Sicilia con
1.469. In controtendenza solo la
Sardegna, dove ci sono 529 posti liberi.
le difficoltà umbre - L’Umbria è nella
media nazionale. Su 1.342 posti secondo
la capienza regolamentare, i detenuti
ospiti nelle quattro strutture di perugia,
Terni, Spoleto e orvieto sono 1.611. La
situazione umbra è monitorata anche da
Antigone, l’associazione per i diritti e le
garanzie del sistema penale.
le critiche - Antigone visita periodicamente i carceri ed è già stata a Capanne.
Qui i detenuti sono 466, a fronte di una
capienza regolamentare di 321 e di una
tollerabile di 572. È alta quindi la soglia di
vivibilità, ma spesso si vanno ad occupare i posti per le attività particolari. «Si crea
la sala ricreativa nel corridoio – spiega Simona materia, referente per l’Umbria di
Antigone – e nelle celle oltre ad un letto
a castello si usa la superficie calpestabile
per un altro materasso. Il problema – prosegue materia – è nel personale che lavora in carcere. A Capanne ci sono solo 5
educatori su quasi 500 detenuti e, implicitamente, si crea una selezione dei soggetti che “reagiscono agli stimoli”. Si investe su di loro tralasciando gli altri. Il problema complessivo è che in Italia mancano attività che responsabilizzino realmente».
alessandro orFei
PRIMO PIANO
15 DICEMBRE 2013
3
ogni anno sono circa 300 i bambini coinvolti nelle liti dei genitori. Spesso si arriva all’affido congiunto, ma le difficoltà non mancano
Minori sospesi tra mamma e papà
Il Tribunale dei minori di perugia in prima linea per la difesa e la tutela dei veri soggetti deboli: i figli. Le parole di Sergio Cutrona
I
«Mi stai lasciando? Troviamo una
nnamorarsi, sposarsi, fare un
soluzione, non puoi chiedermi di lasciafiglio. In Italia un matrimonio
re mio figlio» dice Luigi Lo Cascio nei
dura in media 15 anni e, rispetpanni del padre snaturato protagonista
to al 1995, i divorzi sono aumentade “Il bambino cattivo”, film di Pupi
ti del 50%. In pratica si ricorre
Avati andato in onda su Rai Uno il 20
sempre di più agli avvocati: è quenovembre, Giornata mondiale dei diritti
sta la fotografia scattata dall’Istat
dell’infanzia. Quando i conflitti si appianel 2012. Un problema che si inginano, si può decidere per l’affidamento
gantisce quando a essere coinvolti
congiunto. Se la situazione si complica,
sono i minori, spesso vittime pasil minore viene affidato esclusivamente
sive dell’odio reciproco dei genitoa uno dei due genitori. Ma quando il
ri perché, come ricorda il presidenconflitto tra coniugi diventa eccessivate del Tribunale dei minori di
mente violento la soluzione migliore,
Perugia, Sergio Cutrona, «i bambianche se sofferta, è l’affidamento a terzi.
ni non soffrono tanto per la sepa«Abbiamo seguito un caso, qui in
razione dei genitori, quanto nel
Madre Contro padre: il diFFiCile rapporto doVe a Farne le spese è il Minore
Umbria, di una madre depressa e fortevederli perennemente litigare, per
no il figlio. In televisione è andata in onda la mente in lite con il marito. La donna con una
non parlare di quando si passa alla violenza».
Cutrona è arrivato in Umbria il 16 settem- tragedia, le urla di un bambino prelevato dalla mano stringeva il bambino mentre con l’altra
bre, dopo aver presieduto per anni il Tribunale polizia nella sua scuola elementare. Nove mesi picchiava il marito, impedendogli di avvicinarsi
minorile di Ancona. Per lui la situazione della fa il tribunale di Varese ha deciso di battersi per al piccolo, che finiva così con l’essere messo in
famiglia umbra riflette quella più generale della far sì che il giudice tenga realmente conto della mezzo». Ecco uno dei tanti casi di violenza
famiglia italiana, adesso in crisi. Ma cosa voce del minore durante le pratiche di affida- intrafamiliare che annualmente si verificano in
Umbria e, in modo molto più generale, in Italia.
potrebbero fare le istituzioni per tutelare ulte- mento.
riormente il bambino durante le pratiche di
separazione? «Prima di tutto si dovrebbe sensibilizzare i genitori rispetto a un fatto fondamentale: i bambini prima di tutto, poiché sono
In Umbria vivono 137 mila minori. Di
In casi eccezionali il minore viene affidaloro i soggetti deboli che devono essere difesi a questi, sono almeno 300 quelli che, ogni to a terzi o accolto in apposite strutture
tutti i costi». I problemi arrivano quando la anno, vengono contesi tra i genitori duran- residenziali. «Si tratta di una parte nienseparazione viene vissuta in modo traumatico e te le pratiche di divorzi. nell’85 per cento t’affatto irrilevante» spiega Roberto
i genitori si trattano reciprocamente in modo dei casi la contesa si risolve con un affida- Ricciotti, ricercatore dell’Istituto degli innoingiusto, talvolta violento. «C’è una forte neces- mento condiviso. Decisamente inferiori (12 centi di Firenze e autore dell’indagine
sità di creare una mentalità diversa, una cultura per cento) i casi di affido esclusivo alla “Bambini e ragazzi fuori dalla famiglia
della relazione che ci permetta di accettarne madre e rari i casi di affido al padre, che d’origine in Umbria”. Tra perugia e Terni si
riguardano un bambino ogni cento. Una contano 39 strutture residenziali che ospianche la fine».
Bambini, spettatori silenziosi delle scelte fotografia decisamente diversa rispetto a tano un totale di 199 minorenni. Di questi,
degli adulti. Nell’ottobre 2012, in quel di quella del 2007, quando affidi congiunti e uno su quattro viene da fuori regione.
C.a.b.
affidi alla madre erano equivalenti.
Cittadella (Padova), due genitori si contendeva-
bimbi contesi: i numeri
Ma se non sono i genitori a rivolgersi direttamente alla giustizia, come si riesce a intercettare la sofferenza del bambino? «Solitamente –
spiega Cutrona – interveniamo quando la conflittualità si manifesta all’esterno. Può succedere a scuola, quando le maestre si trovano ad
avere a che fare con un bambino improvvisamente scontroso o taciturno. Oppure possono
essere i vicini di casa che, preoccupati per le liti
e per le urla, chiamano i carabinieri».
Quel che manca è un coordinamento efficiente di tutte quelle figure chiamate a intervenire nella vita del bambino conteso, come gli
psicologi e gli assistenti sociali. Il Tribunale dei
minori di Perugia sta lavorando per portare in
primo piano i bisogni dei figli. Per questo motivo anche la formazione dei legali specializzati in
diritto di famiglia avrà un ruolo fondamentale
nella tutela del minore. Difatti Sergio Cutrona
sta portando avanti una trattativa per far terminare, a chi è interessato a quel preciso ambito, il
praticantato legale direttamente presso il tribunale minorile, come succede già in altre città.
Per Cutrona una delle possibilità per migliorare la situazione del bambino durante la separazione sta nell’avviare gli stessi genitori alla
mediazione familiare. «I conflitti si risolvono
soltanto se i genitori riescono a mettersi nei
panni gli uni degli altri. Bisogna far passare il
messaggio che l’altro non è un nemico ma un
genitore allo stesso modo, un collaboratore».
Ciò che manca alla figura del mediatore è un
riconoscimento ufficiale. «Sono convinto –
conclude Cutrona – che la figura del mediatore
familiare dovrebbe essere prevista a livello legislativo, con tanto di sedute obbligatorie. Però
per farlo avremmo bisogno di fondi che, almeno al momento, non esistono».
CeCilia andrea baCCi
«lottare per mio figlio» Un mediatore in famiglia
I
Quei casi in cui sono i bambini a pagare i problemi tra i genitori
genitori che combattono guerre sulla pelle
dei propri figli sono sempre più frequenti e
i minori contesi aumentano. È il caso di Antonella, un nome di fantasia perché c’è sempre
pudore a raccontare la propria storia quando poi
coinvolge un minore. Antonella è giovane, incontra un uomo e dopo pochi mesi arriva la convivenza e un figlio. Ma questa esperienza va male e, con qualche tormento, i due decidono di
mettere la parola fine alla storia, scegliendo di
il
baMbino Conteso a
Cittadella (pd)
mandare il bambino con la madre. Il papà intanto si è trasferito e ha lasciato la città. Passa qualche tempo in questo modo e poco dopo ad Antonella sorge l’esigenza di trasferirsi. Cambiare
città è sempre una rivoluzione radicale, soprattutto se hai pochi anni. Ed ecco che il papà torna in campo. Si riavvicina alla sua famiglia e decide di riprendersi il figlio, mettendolo contro la
madre. Gli parla male dell’altro genitore e spinge il piccolo alla scelta: o lei o me. Il figlio stavolta sceglie lui e la madre non può che arrendersi
all’evidenza, «Non potevo tenerlo con la forza».
«Il bambino è rimasto un anno lontano da me
– racconta Antonella – e in questo periodo ho
dovuto riconquistarmi la sua fiducia. Ora è tornato con me e dopo l’ambientamento ha capito che non c’era nulla di vero rispetto a quello
che gli avevano raccontato». Così, dopo una serie di accordi tra gli avvocati, il caso è arrivato
anche davanti al giudice, che ha deciso per l’affidamento congiunto con il bambino residente
dalla madre.
Antonella porta ancora le ferite della vicenda,
e cerca di evitare che altri possano vivere la sua
stessa esperienza: «È importante cercare di non
distruggere la figura dell’altro genitore. Si va per
danneggiare l’altro, ma alla fine si fa del male solo al bambino».
Ha tenuto col fiato sospeso l’Umbria nel mese di settembre anche un’altra storia, quella del
piccolo Samy. Il bambino di due anni era stato
portato in Tunisia dal padre.
Dopo l’allarme e un fascicolo aperto dalla
Procura per sottrazione di minori, si è scoperto che il bambino era stato portato via dal padre, che dopo il clamore, è tornato in Italia.
«Avevo litigato con mia moglie – spiega raggiunto telefonicamente – e volevo portare mio
figlio a conoscere i suoi nonni. Tutto il clamore suscitato dalla vicenda è stato francamente
eccessivo».
«Adesso vogliamo ricostruire il nostro nido
– gli fa eco la moglie Ramona, che pure si era allarmata – e stiamo benissimo».
alessandro orFei
U
Sempre più coppie chiedono aiuto durante la separazione
na nuova vita, una nuova quotidianità.
Non sempre è facile uscire a testa alta
da una separazione. Questo vale non
solo per i genitori ma anche i figli. Proprio per
accompagnare le coppie attraverso una fase
così delicata è nata la figura del mediatore familiare. «Lo scopo è quello di aiutare i genitori che
si stanno separando o che
si sono separati a trovare
degli accordi per la riorganizzazione della loro vita e
quella dei loro figli» spiega
la dottoressa Pierangela
Benvenuti,
mediatrice
familiare dell’organizzazione Mixtim. «Per i bambini
la separazione in sé non è
un trauma, dipende da
come viene vissuta. Può diventarlo se i genitori
si dimenticano che sono coinvolti anche dei
figli. Questi talvolta vengono trattati come dei
pacchi postali, o addirittura gli può essere chiesto di schierarsi dalla parte di uno dei genitori»
spiega Benvenuti.
Nei suoi tre anni di attività, sono state 115 le
coppie (80 da Perugia e dai comuni limitrofi, 35
dall’assisano) e 48 i genitori singoli che si sono
rivolti al centro Mixtim. In media si tratta di
persone tra i 35 ed i 45 anni, di varia estrazione
sociale. Negli ultimi anni sono aumentate le
richieste delle coppie miste, quelle cioè dove
uno dei due coniugi è straniero, e dove le differenze culturali possono accentuare le incom-
prensioni. In tutti i casi si tratta di persone profondamente consapevoli di quello che stanno
vivendo e preoccupate per la salute dei figli. «La
mediazione familiare è molto faticosa per chi si
separa. Sarebbe più facile non vedersi più e
relegare tutto agli avvocati – conferma
Benvenuti – chi viene da noi sente la responsabilità di gestire la situazione al meglio».
La figura del mediatore
familiare è riconosciuta
dalla legge 54 del 2006, che
regola l’affido condiviso
dei minori. Nonostante
questo si tratta di una professione che, a differenza
di psicologi e assistenti
sociali, ancora non è stata
istituzionalizzata. «Chiunque potrebbe arrogarsi questo titolo» spiega Benvenuti. Proprio per
supplire a questa mancanza, sono stati creati dei
codici di autoregolamentazione. Sono stati istituiti anche dei corsi, generalmente di durata
biennale, ai quali possono accedere psicologi,
assistenti e sociali e, a seconda dei casi, anche
avvocati e pedagogisti. Nonostante questo c’è
la necessità di istituzionalizzare una figura che
sta diventando sempre più importante. «Si tratta di un ruolo che dovrebbe rientrare in un quadro legislativo, in modo anche da tutelare i genitori e coloro che si rivolgono a lui» conclude
Benvenuti.
giUlia sabella
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tra fumo e slot machine, lì dove nasce la ludopatia
Un’ora nella sala più grande di Perugia. I giocatori “pentiti”: «È meglio non iniziare a giocare, sono solo macchinette mangiasoldi». Molti i clienti anche di mercoledì mattina
L
a sala slot più grande di Perugia a mezzo- scate dalla cappa di fumo. Dentro lo stanzone,
giorno sembra vuota. Nessuno al banco- l’unica vera fonte di luce sono proprio le slot,
ne del bar, nessuno a guardare le immagi- sparse per la sala a decine, in modo da occupare
ni delle partite del giorno prima, sparate dagli quanto più spazio possibile.
Cambiamo dieci euro e ci mettiamo vicino a un
schermi al plasma sui muri. I tavoli in fondo sono al buio, i flipper e i videogiochi, spenti. Di la- signore sulla settantina, berretto in testa e sigaretto, una porta oscurata dall’esterno lascia intrave- ta in mano. Gioca meccanicamente, senza capire
veramente se la combidere un’altra stanza più piccola, la
nazione di banane e ciliegie che appare sullo
sala slot propriaschermo davanti a lui sia
mente detta, il vero cuore del locale.
quella vincente. È la
Dentro ci sono
macchina che fa tutto.
una dozzina di
Annuncia la vincita e
suggerisce le mosse da
persone, uomini e
fare per avere le probadonne dai trent’anni in su, combilità più favorevoli. Il
cliente subisce e paga.
pletamente isolati
Premere il pulsante codal mondo esterno. Non una finesta dai 50 centesimi ai 5
stra, ma solo tenui
euro, a seconda della
illuminazioni al nepropensione al rischio
del giocatore.
on, peraltro offuL’ingresso di una saLa sLot
Dopo pochi secondi abbiamo finito i nostri
spicci. Chiediamo al nostro vicino se qualche volta si vince. «Quasi mai - spiega - vengo qui a buttare i soldi, ma spero in un colpo di fortuna». Una
speranza che lui alimenta quasi tutti i giorni, per
una quarantina di minuti. Gioca una ventina di
euro. Quello che guadagna lo spende nella stessa
partita. E se chiediamo consigli ci risponde di lasciar perdere, che non vale la pena. È quello che
ci dicono tutti. «Meglio non imparare a giocare»,
dice un uomo sulla quarantina, vestito in modo
sportivo, «il confine è molto sottile. Inizi con due
euro e poi non smetti più di mettere monete. Se
ci si impunta è la fine. Io ora ho vinto 15 euro,
mettendone 5. Vengo solo ogni tanto così per
hobby. Però si sa… è un modo per lo Stato di fare soldi… Non c’è modo di influenzare queste
macchine. Un po’ perdi e un po’ vinci, ma se alla fine fai due conti, non vinci nulla». Lo Stato
prende circa il 20% delle giocate, anche se allo
stesso tempo avverte dei rischi del gioco eccessivo. Una delle soluzioni per limitare la dipendenza è quello delle partite a tempo, scaduto il quale
«U
La ludopatia è davvero in aumento nella
nostra società? Quali sono le cause?
Si, l’aumento dei casi è notevole, in Umbria e
in tutto il paese. Dobbiamo parlare di varie
concause ed utilizzare
un’ottica multifattoriale
per analizzare correttamente il fenomeno: la
crisi c’entra e anche la diffusione elevata delle macchinette. Ci tengo a sottolineare che di per sé quest’ultimo aspetto non
incide sulla maggiore incidenza della ludopatia, ma
permette di sviluppare
una tendenza che esiste
già in alcuni soggetti.
Cosa differenzia una persona che gioca
senza particolari problemi di dipendenza e
un ludopatico, qual è il punto di non ritorno?
Lo spartiacque è la modifica della qualità della
vita. Mi spiego. Esiste una patologia quando
viene disturbata la routine quotidiana, dipende
da quanto il gioco d’azzardo modifica in pratica la vita di tutti i giorni. Alcune persone che si
indebitano, perdono il lavoro, rovinano la
famiglia. Al primo posto hanno successo le
slot machine, sono ovunque e la legge le permette. Con questo non voglio dire che la ludopatia dipenda dalla loro presenza, però non c’è
nessuna forma di regolamentazione. Poi anche
i “Gratta e vinci” sono i preferiti di molti giocatori dipendenti.
Si può guarire? E che
possibilità di riuscita
hanno le terapie esistenti?
Si tratta di una patologia
complessa. Spesso abbiamo a che fare con personalità multicompulsive,
che non hanno solo il
problema del gioco.
Esistono varie cliniche
specializzate in dipendenze. La psicoterapia è
necessaria per uscirne ed
Qual è l’identikit delle
anche il supporto della
persone più a rischio,
famiglia è importante.
se esistono delle caratDeve essere coinvolta. La
teristiche particolari e
forza di volontà del
comuni tra i pazienti?
paziente è fondamentale,
La dottoressa cLaudia crispoLti,
psicoLoga perugina
La ludopatia coinvolge
però non ci si può curare
maggiormente gli uomini.
da soli. Sono presenti
È trasversale, riguarda persone di tutte le età. tutte le fasi della dipendenza, come nel caso di
Alla base del disturbo c’è una frustrazione mai tossicodipendenti. Il percorso è davvero impericompensata, un senso di impotenza. Magari gnativo.
s. t.
si lavora tanto e non si riceve un compenso
adeguato, oppure il lavoro è scarso. Manca
l’appagamento della realizzazione personale, si La ludopatia è un disturbo clinico a tutti gli
vive la propria vita come un fallimento e si è effetti. Il gioco d’azzardo patologico ha una
alla ricerca continua di una svolta. Noi psicolo- sua categoria diagnostica ed è stato inserito
gi parliamo di «aspettativa magica». Allora si nel nuovo DSM V del 2013, il Manuale diatenta la fortuna, ciò avviene soprattutto con i gnostico e statistico dei disturbi mentali
americano. In Italia uscirà a febbraio 2014.
“Gratta e vinci”.
poter dare informacatori saltuari, non
spendiamo
chissà
zioni. «Posso solo
mostrarvi come funquanti soldi». Nessuno
zionano le macchisi professa un giocatonette. Se volete i detre assiduo, anche se
sono molte le bancotagli sulle probabilità
note da 50 euro che
di vincita guardate le
etichette». Che sono
vengono cambiate.
complicate quanto le
Le sale slot resistono
alla crisi, o forse ne socombinazioni vincenti. Continuiamo a
no la manifestazione
far domande ai giopiù grande. «Qui l’afcatori e tiriamo fuori
fluenza è buona, dicouno smartphone. Il
no sia la più alta a Perugia», ci spiega il relimite è stato oltrepassato. «Avete già
sponsabile della sala. È
g
iocatori aLe prese con iL videopoker
violato il regolamenvestito in giacca a cravatta, in stridente conto rompendo la pritrasto con l’abbigliamento dei suoi clienti. Sta se- vacy dei nostri clienti e non si possono fare ne filduto dentro un box di vetro e non dice molto. «Il mati ne foto», ci dice il responsabile, accompanostro settore è sempre sotto attacco, anche se gnandoci alla porta. Verso la luce del giorno.
poi chi ci guadagna è lo Stato». Quando gli chieMicheLe raviart
sophie tavernese
diamo di essere più specifico, dice seccato di non
gioco d’azzardo: i dati in umbria
«alla ricerca continua
di una svolta magica»
na forma di dipendenza a tutti gli
effetti. Come nel caso della droga.
Esistono le crisi di astinenza e il
creving, quel desiderio fortissimo impossibile
da ignorare che non ti fa pensare ad altro».
Claudia Crispolti, perugina, è laureata in psicologia clinica e di comunità, è iscritta all’albo
dell’Umbria e si occupa di qualsiasi problematica legata alle dipendenze. La ludopatia rientra
nel suo campo di specializzazione; è una patologia clinica che deve essere curata, non si può
guarire da soli.
la macchina paga automaticamente il montepremi rimasto. È la soluzione preferita da un uomo
con l’accento straniero. Impreca contro la macchina “bastarda” e preme il pulsante nel modo
più veloce possibile, in modo da massimizzare il
numero di giocate nei venti minuti prefissati. Per
lui, con le partite a tempo, «si vince più spesso».
Ogni giocatore ha la sua teoria. “Con questa macchina appena mi siedo capisco subito come andrà
la partita. Oggi ad esempio non vincerò più di
venti euro”. Finita la partita raccoglie i suoi 23 euro di vincita e li divide con un suo amico. «Questo era per scherzo. Ora vado a giocare sul serio»,
dice mentre si allontana verso altre slot.
Un altro cliente, capelli grigi e baffi folti, si avvicina a noi, incuriosito. La sua è una dichiarazione spontanea: «vengo qui una volta al mese… e
di solito gioco 20 euro. Questa è una delle sale di
slot più in regola e più sicura in tutta l’Umbria.
Certo sono delle macchinette mangiasoldi. Però
basta avere un colpo di fortuna e anche solo
spendendo uno o due euro si vince. C’è chi si è
preso 5 mila, 10 mila euro. Tutti qui siamo gio-
1500 esercizi
abilitati per slot
Slot Machine
5406
Ludopatici
15mila
Giro d’affari 2013
oltre 700 milioni
Soggetti a rischio
45mila
Aziende aperte
nel 2013: +34,7%
Q
uarantacinquemila soggetti a rischio,
di cui 15.000 a livello patologico, un
giro di due milioni di euro al giorno, più di
cinquemila slot machine e macchinette
videolottery sparse nei quasi 1500 esercizi abilitati: sono i numeri del gioco d’azzardo “legale” in umbria. un giro d’affari
che non si discosta dalla media nazionale: nei primi sei mesi del 2013, tra le province di perugia e terni sono stati giocati in tutto 366 milioni di euro. La proiezione è semplice: entro fine anno la quota di
700 milioni sarà superata.
e la passione, che spesso sfocia in malattia, per il gioco è alla base di un boom
economico delle aziende del comparto
delle scommesse ed affini. L’umbria, anche da questo punto di vista, non resta a
guardare: tra sedi principali di imprese
del settore e unità locali nel 2013 si sfonda il tetto delle cento unità con una crescita del 34,7% rispetto al 2012. in questo caso, il dato umbro supera addirittura la media nazionale: secondo i dati forniti dalla camera di commercio di Milano,
la crescita a livello nazionale si attesta in-
torno al 32%. perugia è la provincia più
vivace: dalle 51 attività registrate a fine
2012 si è già arrivati a quota 74, mentre
a terni in 11 mesi sono stati avviati 3
nuovi esercizi, portando il totale a 27.
adesso c’è chi sta cercando di porre un
freno: sono troppe le persone che rischiano di entrare nel tunnel della ludopatia,
dal quale è molto difficile uscire. tra loro,
l’assessore regionale al commercio Fabio
paparelli che, a margine della presentazione della task force creata tra regione,
associazioni dei consumatori, confcom-
L
o scorso giugno l’Adoc (Associazione per
la difesa e l’orientamento dei consumatori)
dell’Umbria ha aperto uno sportello di aiuto e
consulenza contro la ludopatia. Angelo
Garofalo ne è il presidente.
«Si tratta di un numero di telefono al quale
rivolgersi per una consulenza. Ovviamente si
garantisce l’anonimato. Molti chiedono informazioni, altri invece spariscono. In cinque
mesi hanno chiamato 64 persone. Sei di queste
non avevano voglia di smettere ma volevano
“consigli” per continuare a giocare. Ad esempio una donna voleva prendere i soldi del marito e conoscere le conseguenze penali di una
firma falsa. Un altro
voleva un prestito in
denaro, giurando che
con quello sarebbe uscito dalla spirale del gioco.
In generale chi chiama
ha tra i 30 e i 50 anni. C’è
gente che si è giocata i
risparmi per il matrimonio del figlio. Ma ci sono
anche giovani di 22 anni,
attratti dai soldi facili e
dalla sfida con gli amici.»
relazione con un animale molto più grande dell’uomo. Questo porta ad una crescita dell’autostima, dà sicurezza e aumenta la capacità di
gestirsi. Si crea una sintonia e si ha la sensazione non di comandare un altro essere vivente,
ma a rapportarsi a lui. Chiaramente l’ippoterapia integra e non sostituisce il colloquio con lo
psicologo.
Come si diventa ludopatici?
Al 90% si comincia con un “gratta e vinci”,
magari da 2 euro. Il dramma paradossalmente
arriva quando si vince, magari solo 100 euro.
Allora si passa ai tagliandi da 10 euro, con la
speranza di moltiplicare
la vincita. Il passo successivo sono le slot.
Ognuno instaura un
rapporto personale con
la propria macchinetta.
Vogliono giocare solo
con la loro, convinti che
la loro fortuna dipenda
dal posto dove si siedono. Le stesse sale sono
buie e chiuse, per creare
un’alienazione
dal
tempo e dallo spazio e
angeLo garoFaLo, presidente adoc uMbria
Come funziona il perfar giocare di più. C’è
corso di recupero?
gente che si è giocata i risparmi per il matrimoCerchiamo di invitarli ad un colloquio perso- nio del figlio.
nale. C’è ancora molta resistenza ad andare da
uno psicologo in Italia, come se fosse una ver- Quanto dura la riabilitazione?
gogna. Prevediamo almeno tre colloqui, ma la È soggettivo, ma bisogna restare almeno un
maggioranza delle persone si ferma al primo. mese senza giocare. Poi richiamiamo il pazienSi va avanti solo se c’è una vera volontà di aiu- te e monitoriamo la situazione. Chiediamo di
tarsi. Inoltre, se il giocatore ha ottenuto gli non giocare mai più. Sarebbe pericolosissimo.
affianchiamo anche un avvocato per vedere Come dire ad un ex-tossicodipendente di “drocome tutelare la loro posizione in sede legale.» garsi ogni tanto”.
Ad alcuni malati proponete l”ippoterapia”,
cioè l’utilizzo dei cavalli come forma di cura.
Come giudica il ruolo dello Stato nel business delle slot machine?
Ad alcuni malati proponete l”ippoterapia”, Turati parlava di “Stato delinquente”. Si addice
cioè l’utilizzo dei cavalli come forma di alla situazione, tristemente ironica. Prima dice
cura. Come funziona?
di fare attenzione alla dipendenza da gioco poi
Con l’equitazione integrata si ottengono più pubblicizza immagini di gente felice quando
M. r.
benefici di quelli che ci si aspetta. Si crea una scommette. È una vergogna.
asl terni, incontri di gruppo
con l’aiuto dei familiari
Gruppi Asl
età media: 46 anni
Scommesse sportive
112 centri
«anche l’equitazione può
ridurre la dipendenza»
mercio e confesercenti, ha dichiarato:
«Frenare il dilagare della dipendenza da
gioco d’azzardo è un segnale di civiltà,
che non può prescindere dal coinvolgimento e dalla sensibilizzazione dei gestori delle attività commerciali».
sul tavolo ci sono già due proposte regionale. tra queste, incentivi per coloro che
decidano di non mettere nei propri locali
slot e affini. e sarebbero già 250 i titolari di
esercizi commerciali che avrebbero richiesto materiale informativo in tal senso.
e. c.
Qualcosa si muove.
L
a Asl di Terni si occupa di ludopatia da
circa 3 anni. Ogni settimana 40 persone si
ritrovano per parlare dei loro problemi e per
cercare, anche ascoltando le esperienze degli
altri, una chiave di volta per la propria vita.
La dottoressa Fabrizia Bianchi è la dirigente
psicologa che si occupa di dipendenze patologiche per la Asl ternana.
Quali sono le persone che si rivolgono con
più frequenza al vostro centro di ascolto?
L’età media è intorno a 45 anni. Sono per la
maggior parte uomini, anche con un livello di
istruzione alto. Ma ci sono anche molte donne
e, ultimamente, anche i giovani iniziano a prendere coscienza che la ludopatia è un problema.
Quali giochi creano maggiori problemi?
Per buona parte dei nostri assistiti sono slot
machine e videopoker: le macchinette che si
trovano in molti bar, ma anche i gratta e vinci.
I più giovani giocano molte scommesse sporti-
ve, soprattuto calcistiche. Pochissimi, invece, i
casi di chi si rivolge a noi dopo aver sperperato soldi in poker online: su internet si ci può
garantire l’anonimato inserendo dati falsi.
Questa è la ragione per cui a rischio ci sono
anche i minorenni, che possono inserire una
data di nascita falsa.
I familiari hanno un ruolo importante nell’assistenza a queste persone?
Rivestono un ruolo fondamentale. Una volta al
mese allarghiamo i nostri incontri anche ai
referenti delle persone che si rivolgono a noi.
Purtroppo, non sempre può trattarsi di congiunti, visto che alcune famiglie si sfasciano a
causa di problematiche come la ludopatia.
Le persone che partecipano mensilmente ai
nostri incontri ci vengono indicate all’inizio del
corso: a loro chiediamo un appoggio costante
per aiutare noi ed i loro cari in un percorso che
può essere duro.
edoardo cozza
6
CULTURA
15 DICEMBRE 2013
Un appassionato e un professionista raccontano come nasce l’emozione di stare dietro all’obbiettivo
Fotografia, due istantanee a confronto
Gian Domenico Troiano: «Sogno di risvegliare le coscienze»
P
er Gian Domenico la
fotografia non è
stato amore a
prima vista.
«Quando ero
al liceo, ero uno
di quelli che
non aveva nemmeno una foto
delle gite, non
mi piaceva per
niente»,
dice
sorridendo. Oggi ha 24 anni e spera di riuscire
a trasformare la sua più grande passione in un lavoro vero e proprio.
«Ho cominciato per caso, anche se al caso in
fondo non ci credo. Ero in Inghilterra per lavorare in un ristorante, avevo 18 anni e ho pensato di dover iniziare a documentare la mia vita.
Non volevo dimenticarmi i momenti che stavo
vivendo». Da qui la passione non ci ha messo
molto per sbocciare.
Gian Domenico era in Brasile quando si è accorto che aveva smesso di scattare foto con il solo scopo di collezionare ricordi. Lungo le vie di
Salvador de Bahia ha scoperto che grazie ai suoi
scatti poteva raccontare le emozioni che provava e trasmetterle agli altri.
Per lui la macchina fotografica è molto più di
un semplice strumento. «È come se fosse una
mia amica – dice – non mi fa sentire solo in mezzo alla gente». E sono proprio le persone i soggetti preferiti di questo aspirante fotografo. Il
suo primo reportage si chiama “Sempre per strada mentre tu sei online” ed è una collezione di
ritratti realizzati in occasione di Umbria Jazz nel
2011. Quest’estate ha visitato cinque città europee alla ricerca di qualcosa che le accomunasse.
«Da Parigi a Lisbona la costante erano i barboni e le persone che non si staccano dal cellulare».
Non c’è spazio per i paesaggi o le nature morte,
quando ci sono storie da raccontare
Per questo ragazzo, infatti, la fotografia è prima di tutto comunicazione, come la poesia o la
musica. «Vorrei riuscire a mettere le persone in
contatto con quello che a volte si dimenticano di
avere dentro, per svegliarle se sono addormentate». Il progetto a cui sta lavorando adesso tratta proprio di emozioni: dieci scatti per raccontare il mondo di quei sentimenti che ci sballottano da una parte all’altra tutti i giorni, dalla rabbia alla gioia, e che spesso noi non registriamo
nemmeno.
Con pazienza Gian Domenico lavora per migliorarsi, ma non vuole frequentare una scuola.
«Non ho mai avuto maestri – dice – e penso sia
un vantaggio. Significa che non copio da nessuno». Trovare i canali giusti, però, non è facile.
«Per ora partecipo a tutti i concorsi che trovo e
continuo a fare foto. Nessuno mi paga, ma non
voglio fermarmi. Se non ti muovi non vai da nessuna parte e allora che senso ha la vita?», domanda con un sorriso.
Nel frattempo lavora come cuoco in vari ristoranti dell’Umbria. Stare per ore in cucina non fa
per lui, ma è indispensabile per mettere da parte abbastanza soldi e realizzare un altro dei suoi
sogni: percorrere la via della seta in bicicletta,
niente aerei e ovviamente macchina fotografica
alla mano.
Caterina Villa
paolo Tosti: «In Italia abbiamo perso il senso del bello»
Q
uando chiediamo a Paolo Tosti come sia
arrivato a fare il fotografo ci pensa un po’
su, poi sorride e risponde di non averne la più
pallida idea.
«La verità è che sono sempre stato un ragazzo introverso – racconta – usare una macchina
era l’unico modo per comunicare quello che
avevo dentro».
Frequentava l’istituto d’arte a Gubbio, dove è
nato e cresciuto, e non immaginava che avrebbe fatto della fotografia il suo mestiere: «Ho
cominciato a pensarci seriamente solo quando
mi sono iscritto all’Accademia delle belle arti
perché ho iniziato a fare l’assistente per qualche
professionista».
Oramai gli anni di gavetta hanno dato i loro
frutti: lavori su moltissime testate giornalistiche
italiane, mostre personali che hanno fatto il giro
di Europa, Stati Uniti, Giappone, Cina e Russia.
Paolo però non sembra ancora soddisfatto.
«La mia è un’arte in continuo divenire, posso
dire di non aver capito a pieno quale sia l’essenza della fotografia – dice quasi sottovoce– ne
vado ancora alla ricerca».
Spagna, Siria, Palestina, Oriente, ma l’obiettivo è sempre lo stesso: scovare tra la folla una
suggestione, un’emozione da immortalare:
«Ogni scatto è un piccolo miracolo, è un’intera
storia racchiusa in un istante. Per questo amo il
bianco e nero, credo trasmetta emozioni più
intime di quanto non facciano i colori».
Nell’era della rivoluzione digitale e di photoshop, l’attività di chi lavora con le immagini deve rimanere agganciata alla realtà: «Inutile negare che la tecnologia non aiuti,– spiega – è impensabile che un professionista continui ad utiliz-
zare l’analogico, ma bisogna
comunque andare alla ricerca di un prodotto che sia
specchio della
realtà. Ritoccare le foto al
computer può
essere utile per
molti, ma io
credo che sia
sufficiente quello che il mondo ci offre».
L’ultima sfida di Paolo Tosti si chiama
TerraComunica. «Siamo un gruppo di amici
che promuovere i territori attraverso la fotografia– racconta– del resto far conoscere un luogo
significa proporlo attraverso gli occhi di chi ci
vive». Produttori di birra, caseifici artigianali, le
cantine di nero del Subasio. Paolo ha scelto di
raccontare la sua Umbria, che definisce “ex
cuore verde d’Italia”, andando a (ri)scoprire
proprio queste preziose realtà.
TerraComunica vuole essere un trampolino
di lancio sopratutto per lo sviluppo del marketing territoriale: «Speriamo di riuscire a organizzzare un festival che apra il dibattito ed il
confronto su come veicolare le nostre bellezze
e i nostri prodotti».
L’auspicio è quello di vedere le cose sotto una
luce diversa. «In Italia abbiamo perso il gusto
del bello, ci siamo talmente assuefatti a quello
che abbiamo intorno che oramai anche la fotografia è solo spettacolarizzazione».
alessia MarZi
album di famiglia,
che fine hanno fatto?
Quando le immagini sono terapia
parla Judy Weiser, massima esperta della disciplina a metà strada tra arte e psicologia
T
anti parlano della fotografia come arte,
eppure può essere molto di più. In vari
paesi del mondo psicologi e psicoterapeuti usano le fotografie per facilitare la comunicazione con i propri pazienti e aiutarli ad
aprirsi e parlare dei loro problemi. La chiamano
“fototerapia”, al confine tra arte e psicologia.
La canadese Judy Weiser è considerata la massima esperta mondiale e ha partecipato al Perugia
Social Photo Fest, organizzato dall’associazione
“Luce grigia”.
Come nasce la sua attività?
«Nel 1982 ho aperto il mio centro a Vancouver.
Mi ha sempre affascinato il fatto che la fotografia sia un linguaggio universale. All’epoca non
c’era ancora internet, mentre oggi ho centinaia
di persone nella mia mailing list. Ma il mio lavoro è rimasto lo stesso: aiutare le persone a esprimere ciò che hanno dentro. Come lo faccio?
Con le foto».
Che tipo di immagini?
«Qualsiasi scatto, dagli autoritratti alle foto di
famiglia. Anche la foto del profilo sui social
network è una fonte per capire come è fatta la
persona che ho davanti. Tutti hanno una mac-
chinetta o un cellulare. Immortaliamo tutti i
momenti della nostra vita, ma spesso non ci
chiediamo perché lo facciamo. La verità è che
dietro ogni foto c’è uno stato d’animo».
Che cosa aggiungono le foto a una terapia
classica?
«Le immagini sono di grande aiuto nel momento in cui il mio paziente ha difficoltà a parlare
dei suoi problemi. Le foto sono un ponte tra la
coscienza e il subconscio: quando ne descriviamo una, in realtà stiamo parlando di noi stessi.
Comunicare in questo modo è spesso più efficace, dal momento che le parole non sono sempre il modo migliore per esprimere i sentimenti. Nel mio ambito sono le interazioni con le
immagini a fare terapia. Il risultato è che ci si
apre con più facilità e ci si sente meno in imbarazzo nel mettersi a nudo con un estraneo».
Come funziona nella pratica?
«Non ci sono regole precise. In generale inizio
chiedendo di mostrarmi alcune foto e a volte
chiedo anche di scattarne di nuove. Sono tante
le domande che si possono fare: perché i soggetti sono posizionati in un certo modo, che
titolo daresti alle foto che hai scelto e cosa ne
penserebbero le persone a te vicine. Sulla base
delle risposte che mi vengono date riesco a
vedere il mondo attraverso gli occhi di chi mi
parla».
Le foto possono salvare?
«Jennifer Merendino è una donna a cui è stato
diagnosticato un cancro al senso. Il marito le ha
scattato una foto al giorno per quattro anni.
Questo ha reso il suo percorso per quanto possibile meno traumatico. È solo uno dei tanti
casi in cui la fotografia aiuta a superare i
momenti più difficili. Credo sia fondamentale
nel relazionarsi con se stessi, perché consente
di vedersi sotto una luce diversa».
E in Italia quanto conta la fototerapia?
«Contrariamente a quanto si pensa, molti professionisti italiani utilizzano queste tecniche. Io
ho sempre amato condividere la mia esperienza
anche a livello internazionale. Non è un caso
che io sia qui a Perugia. Il Social Photo Fest è
l’unica occasione di questo tipo a livello mondiale, per discutere e aggiornarsi su questi
temi».
alessia MarZi
Caterina Villa
Quest’anno all’Archivio della memoria condivisa, a palazzo della penna di perugia, sono
arrivate 22 mila fotografie. «Arriva di tutto.
Album, stampe e addirittura foto incorniciate», dice Luigi petruzzelli, responsabile dell’archivio. Aziende, enti o semplici cittadini
aprono i loro cassetti per ricordare.
nonostante non tutto il materiale abbia un
effettivo interesse storico, l’iniziativa al suo
primo anno di vita ha riscosso particolare
successo. Le memorie di intere generazioni
finiscono al museo, invece di restare a prendere polvere in soffitta. Sono tutte foto che
poi tornano ai proprietari. «Le immagini dice petruzzelli - vengono scansionate e l’archivio conserva i file».
La memoria sta al passo con i tempi e diventa digitale come il presente. ormai l’analogico è un vezzo e quasi tutti i fotografi hanno
rinunciato a vecchi rullini e camere oscure.
Federico miccioni, proprietario di uno studio
fotografico, da quattro anni ha rinunciato
allo sviluppo e alla stampa. «Ho 37 anni,
quando ho iniziato a lavorare esisteva ancora la foto tradizionale, ma adesso non serve
a nulla rimanere attaccati al passato. La tecnologia non compromette la qualità, ma anzi
ha avvicinato molte più persone al mondo
della fotografia».
Aumentano coloro che scelgono di misurarsi
con questa disciplina. «Tengo dei corsi di
fotografia aperti a tutti, partecipano soprattutto i giovani». La tecnologia ha anche cambiato il modo di insegnare. La teoria passa in
secondo piano: «gli allievi sono così abituati
a scattare foto in qualsiasi momento, che
non hanno la pazienza di stare seduti ad
ascoltarmi».
15 DICEMBRE 2013
7
CULTURA
Sprint per il titolo di capitale europea della cultura. per battere la concorrenza, tanti progetti e una certezza: incrementare gli investimenti
perugia2019, caccia a nuovi fondi
Servono per realizzare le infrastrutture. L’appello del presidente della fondazione, Bracalente: «Gli imprenditori siano i nostri ambasciatori»
O
gni traguardo è un nuovo inizio. Nem- chi fatti. Si stanno assottigliando anche le risorse
meno il tempo di gioire per essere en- della Regione, dunque, per evitare brutte sorpretrata nella short list, il gruppetto delle se, la città ha acceso i motori: «Per quest’anno i
sei finaliste tra le quali tra un anno esatto uscirà soldi ci sono - assicura Rolando Fioriti, presidenla capitale europea della cultura, che per
Perugia l’attenzione si sposta già alle
cose da fare.
Tanti i progetti in ballo, dall’ex carcere di piazza Partigiani alla riqualificazione di piazza Grimana, dalla realizzazione della seconda linea del minimetrò al
potenziamento dei collegamenti con
Assisi. Così come gli investimenti: per
spuntarla sulla concorrenza, la fondazione “Perugia 2019 con i luoghi di San
Francesco d’Assisi e dell’Umbria” ha
preventivato una spesa da 230 milioni perUgia, Candidata a Capitale eUropea per la CUltUra 2019
di euro, di cui 200 per le infrastrutture
e il resto per il cartellone culturale. Ed è ora, nel te di Umbria Federalberghi (tra i soci fondatori
rush conclusivo, che la città si produrrà nello della fondazione) - ma se saremmo chiamati ad
sforzo maggiore: previsti 42 milioni da qui alla un ulteriore sforzo, non ci tireremo indietro». Da
fine del 2014. Ma si tratta di proiezioni, ed è chia- Confindustria battono un colpo: finora l’associaro che i soldi sul piatto potrebbero variare: «Ma- zione degli industriali ha partecipato con soli cingari proporremo rimodulazioni biennali come quemila euro, ma assicura che da gennaio partirà
fanno in Spagna – scherza Claudio Quaglia, re- un nuovo finanziamento. Le grandi aziende, Nesponsabile comunicazione dell’evento – ma non stlè e Grifo Latte, solo per fare due nomi, hanno
credo che i nostri partner si tireranno indietro tutto da guadagnare in questa partita, anche se
hanno scelto modi diversi di parteciparvi: il coproprio ora».
Il nodo è che il Comune, che ha speso per la losso del cioccolato mediante un coinvolgimento
cultura una media di sei milioni e mezzo di euro diretto, la Grifo attraverso una sponsorizzazione
negli ultimi cinque anni, non può garantire mol- mirata. È così che, da ormai un anno, è nato un
to di più dei dieci milioni già messi a disposizio- gemellaggio speciale: il logo della fondazione
ne; i fondi europei sono stati agganciati ben ol- campeggia su tutte le buste del latte commerciatre le aspettative (4 milioni contro i centomila eu- lizzate in regione. “Primo esempio in Italia di quero inizialmente previsti), mentre la copertura del sto tipo di pubblicità – sorride Carlo Baccarelli,
governo nazionale arriverà (eventualmente) a gio- direttore marketing dell’azienda – meglio di una
pagina di quotidiano, perché così si accede a tutte le famiglie: è altissima la penetrazione comunicativa”. Per ora questo, più avanti si vedrà: comunque c’è la disponibilità dell’azienda a mettersi al tavolo e discutere del progetto.
Insomma, la città può dormire
sonni tranquilli, a sentire il presidente della fondazione, Bruno Bracalente: «Non lasciamoci spaventare dalle
cose da fare: i progetti verranno realizzati e la cifra a disposizione sarà
addirittura incrementata». Il perno è
senz’altro l’ex carcere, vero simbolo
della rinascita del
centro storico: da
luogo di costrizione
diventerà un centro
culturale. Il rinnovamento passerà da
qui, ma serviranno
brUno braCalente, presidente
ancora soldi. Quandella FondaZione perUgia2019
ti, è difficile stabilirlo ora.
E allora, ecco la carta vincente: «Puntiamo sugli imprenditori a vocazione internazionale- continua il presidente - loro saranno i nostri ambasciatori. Non chiediamo un contributo, ma un
investimento importante sulla città».
Già, perché per “fabbricare i luoghi”, come recita lo slogan della candidatura, è necessario per
prima cosa “fabbricare i soldi”. A Cucinelli &
company staranno fischiando le orecchie: questa
equazione, loro, la conoscono benissimo.
dario senza Franca
A Gubbio il nobel si racconta: breve storia di una vita e di un amore
mo e questo ha avuto delle conseguenze. Come
con lo sketch di Franca sulla mafia del ‘62: dopo quello abbiamo lasciato Canzonissima.
Oggi Roberto Saviano è un esempio di come si
possa sacrificare la propria vita nel nome di una
causa».
Continuando a parlare di giovani, quale
consiglio darebbe a chi sogna di fare l’attore?
«Chi sono io per dare consigli? Spesso me lo
chiedo quando insegno. L’unica cosa che sento
di poter raccomandare a questi ragazzi è di essere se stessi e non scendere mai a compromessi. Il segreto per diventare un buon attore è scegliere qualcosa che ti appartenga. Solo in questo
modo si riesce a rimanere coerenti.
Ho visto tanti giovani attori partire bene per poi
cedere alle lusinghe del facile successo».
A proposito di lusinghe, nei mesi scorsi il
Sapevate della fondazione? Dei costi? In che
cosa consiste il progetto?
Ecco alcune domande che abbiamo fatto in giro per la città: ne è uscito fuori uno spaccato
interessante. Gli under 30 sono mediamente
più informati rispetto agli adulti (anche perché la comunicazione viaggia soprattutto online e sui social network) e in generale si mostrano assai interessati al progetto. «Lavoro
per un’associazione (Forma.Azione, ndr) che
collabora con la fondazione – spiega michele
papi, 27 anni – per me è una grande opportunità di crescita professionale». C’è chi conta sull’effetto emulazione: «Sono stato questa
estate a marsiglia (attuale capitale della cultura, ndr) – sorride mattia Flamini, 28 anni –
tutta la provenza mi è sembrata rigenerata e
spero che questa sia l’occasione giusta per far
decollare la nostra regione».
molta confusione in giro sulla data dell’evento: la maggior parte degli intervistati crede
che sia l’anno prossimo. nessuno conosce i
costi, tantomeno la natura dei finanziamenti. nemmeno chi, soprattutto tra i più anziani, si mostra decisamente contrario: «Con
tutte le cose che non vanno, la gente che non
lavora e le aziende che chiudono – denuncia
il pensionato Giorgio Grassi – non si possono buttare le poche risorse che abbiamo sulla cultura».
Già, quando si parla di vil denaro, il rischio
di cadere nel qualunquismo è sempre in agguato.
F.F.
FederiCo Frigeri
A
lcatraz. Dario Fo è arrivato alla Libera Università del figlio Jacopo pochi giorni fa. Il suo laboratorio teatrale, organizzato in occasione del “Festival Immaginario” a Perugia, si è concluso
da poco.
Fuori piove e scende la sera. Nel salotto Dario Fo fa delle prove con un chitarrista e un violinista. Quando chiediamo ai
suoi assistenti a cosa lavora, rispondono
che sta rivisitando dei canti popolari, ma
non hanno idea del motivo. Lo spettacolo
è ancora nella testa di Dario, ci dicono a
bassa voce.
Per l’ora del tè anche i premi Nobel fanno una pausa. «Gradite del tè, dei biscotti,
un po’ di Pane di San Francesco?», chiede.
Ci fa sedere accanto a lui sul divano, in pochi minuti si dimentica del tè rimasto nella
tazza e inizia a chiacchierare.
Parla molto, ma spesso smette di guardarci e il suo sguardo si sposta verso la finestra e le colline di Gubbio. Ci racconta
episodi della sua vita e in alcuni momenti è
come se partisse seguendo la loro scia. Noi non
possiamo seguirlo.
Parliamo dei giovani di oggi e quando ci risponde abbiamo la sensazione che stia parlando
non tanto delle nuove generazioni quanto piuttosto della sua giovinezza.
Quella giovinezza che ha condiviso con Franca Rame, sua moglie. Lei non è seduta su questo divano oggi, ma in realtà si sente la sua presenza dietro ogni parola e ogni mezzo sorriso.
Quanto sono cambiati i giovani rispetto a
quando lei era un ragazzo?
«Può cambiare la superficie, ma sotto i valori rimangono gli stessi. Esistono ancora ragazzi dal
coraggio incredibile, non è cambiato niente rispetto a quando eravamo io e Franca a voler
cambiare il mondo.
Noi abbiamo sempre detto quello che pensava-
sondaggio in città:
giovani pro, anziani no
suo nome è comparso nella rosa dei candidati al Quirinale.
«Ho declinato l’invito. Sono troppo anziano, la
politica è un mestiere per giovani. Ci vuole tanta energia e anche in questo caso non si deve cedere agli “inciuci”, questo termine che va tanto
di moda.
E mentre nei palazzi ci si accorda, fuori c’è gente che non arriva a fine mese, persone con i sogni distrutti e giovani di talento che sono costretti a emigrare.
Franca queste cose le sapeva bene. Da senatrice, e non solo, si è sempre battuta per quelle persone che la società dimentica. Per esempio, faceva visita ai detenuti e non ha mai smesso di
lottare perché qualcosa cambiasse».
Ma il cambiamento ha tante forme diverse
e passa anche dal linguaggio.
«Il modo di comunicare muta in continuazione,
ma una cosa è certa: il linguaggio è vita, è
verità. Per vivere le cose come meritano di
essere vissute bisogna chiamarle con il loro
nome. In questo senso il teatro è spietato. Io
e Franca abbiamo sempre scritto e recitato
con l’obiettivo di smuovere le coscienze addormentate delle persone per bene».
Lei nutre un amore profondo per la lingua italiana. Il 9 gennaio 2012 ha partecipato all’iniziativa “Adotta una parola”
e ha scelto il termine gibigianna. Ci spiega cosa significa?
«La gibigianna è quel riflesso di luce, quel
lampeggiare che allude a cose magiche. In
senso figurato sarebbe il mostrare cose false per irretire la gente, mentre dietro non c’è
altro che un riflesso».
Il suo sguardo sembra seguire proprio
quel lampo di luce al di là del vetro della finestra. Il nostro silenzio lo riporta alla realtà. Il tè è ormai freddo e Dario Fo sembra
un po’ stanco.
I suoi pensieri, però, non si fermano mai.
Ha appena scoperto che è possibile recuperare la registrazione di uno spettacolo in cui ha
improvvisato una canzone che vorrebbe inserire nel suo prossimo progetto. Ma è sabato sera ed
è difficile trovare qualcuno che possa inviargliela in tempo reale. «Ma questo che ha la registrazione, non ha un fratello, un amico o una moglie
da contattare? Sarebbe una cosa urgente».
Gli assistenti lo convincono che non è davvero possibile. Non resta che continuare le prove.
La casa comincia a riempirsi di amici e collaboratori. Per noi è tempo di salutare.
Chiudendo la porta pensiamo a l’unica domanda che non gli abbiamo fatto. Dario Fo sarebbe stato Dario Fo senza Franca Rame?
Ma del resto non ce n’è stato bisogno. Tutte
le volte che ha nominato sua moglie cambiava
espressione e questo è bastato.
alessia MarZi
e
Caterina Villa
Storie dall’Umbria
8
15 DICEMBRE 2013
A Lugnano in Teverina un gruppo di cittadini tenta di comprare l’eremo per trasformarlo in un centro d’accoglienza
«riprendiamoci il nostro convento»
La diocesi ha messo in vendita l’immobile per 3 milioni di euro. L’associazione “1597” alla ricerca di fondi per realizzare l’impresa
I
mmerso nella bassa valle del Tevere, circondato da oliveti secolari e da campi pronti per
la semina. Giù in fondo il lago di Alviano disegna una pennellata di blu in un quadro dominato dal verde della natura. Il convento di Sant’Antonio dei frati Cappuccini è lì in mezzo, appoggiato sul fianco della collina, quasi impossibile da vedere, tutt’uno con il paesaggio attorno.
«Il nostro non è un sogno, ma un’ambizione»
dice Laura Geraldi, uno dei membri della Onlus «il nostro non
“1579”. Lei e al- è un sogno, ma
tre sette persone
hanno fondato un progetto in
l’associazione per
cui crediamo
acquistare il converamente»
vento e metterlo
a disposizione
della comunità per una serie di attività assistenziali e culturali. L’ambizione costa però molto cara, per l’esattezza 3 milioni 300mila euro. Una cifra proibitiva, che Laura e gli altri cercheranno di
raggiungere grazie a donazioni private, raccolte
fondi, eventi, “crowdfunding” su internet (la pagina Facebook ha già più di 500 like). “Adotta un
sasso” è il nome della campagna che è stata lanciata per raccogliere donazioni. Dopotutto «se
tre milioni di persone donassero anche solo un
euro, avremmo raggiunto il nostro obiettivo»
spiega Federica Porcelli, la giovane presidente
della Onlus.
L’iniziativa parte la scorsa estate, quando a
questi coraggiosi abitanti di Lugnano in Teverina viene l’idea di provare a salvare il convento
(datato 1579, da qui il nome dell’associazione),
che altrimenti rischierebbe di finire in mano a
privati, per diventare un albergo o magari un
Bed&Breakfast.
Attualmente la proprietà è della diocesi di Terni, Narni e Amelia, al centro della bufera per il
buco finanziario accumulato negli ultimi anni
(L’Espresso parla di più di 20 milioni di euro).
Proprio per sanare i bilanci da circa un anno la
diocesi ha messo in vendita diverse proprietà, e
tra queste c’è proprio il convento di Lugnano in
Teverina.
l’ingresso
il
panoraMa da
lUgnano
in
teVerina. la
Quattro Colonne
Anno XXII
numero 14 – 15 dicembre 2013
Periodico del Centro Italiano di Studi Superiori
per la Formazione e l’Agg.to di Giornalismo Radiotelevisivo
Direttore responsabile:
Antonio Socci
Presidente: Nino Rizzo Nervo
Direttore: Antonio Bagnardi
Coordinatori didattici:
Luca Garosi – Dario Biocca
teVere
è FaMosa per la ColtiVaZione degli UliVi
alViano
Il primo polo
«Alla diocesi è
verso il quale
piaciuta la noorientarsi
è
stra iniziativa e
quello solidale.
si è detta dispoIl convento dista anche a farci
spone di 40 caun piccolo sconmere, che equito sulla somma
valgono ad 80
totale – racconta
posti letto, che
ancora Laura –
saranno desticerto che i soldi
nati, se tutto
da trovare sono
andrà in porto,
tanti. Il nostro
all’accoglienza
progetto però
di bambini figli
non è solo queldi profughi non
lo di comprare il
accompagnati,
convento, quello
oltre a un presiè solo il punto di
dio medico popartenza. Noi
liambulatoriale
abbiamo già in alCUni MeMbri dell’assoCiaZione dUrante Una riUnione
gratuito. Se fosse stata già attiva, l’associazione
mente quello che ci faremo dopo».
Se riusciranno nell’impresa di raccogliere la avrebbe potuto ricevere un buon numero dei
quota necessaria all’acquisto, i membri dell’asso- profughi arrivati a Lampedusa nei mesi scorsi.
ciazione hanno deciso di strutturare le attività in Nel frattempo si cercherà comunque di sfruttare il potenziale attrattivo della zona, che potrebtre direzioni differenti.
del ConVento, attUalMente ChiUso
SGRT Notizie
bassa Valle del
e per i sUoi CaratteristiCi borghi Che si aFFaCCiano sUl lago di
Redazione degli allievi della Scuola
a cura di Sandro Petrollini
Registrazione al Tribunale di Perugia
N. 7/93 del marzo 1993
Un
be diventare un centro importante di ricettività
turistica: «La struttura avrà bisogno di circa
50.000 euro l’anno, quindi nel nostro business
plan abbiamo previsto come avere degli introiti
per sostenere tutte le altre attività».
Il secondo polo è quello culturale, con l’obiettivo di restaurare e conservare i beni del convento stesso, ma anche con il progetto di una biblioteca «aperta a tutte le ore per gli abitanti di Lugnano in Teverina», l’organizzaUna lettera a
zione di eventi e
papa Francesco manifestazioni,
laboratori artiper fargli
stici con esperti
delle varie mateconoscere
rie.
l’iniziativa
Il terzo polo
si orienta alla
valorizzazione del territorio: produzione e vendita di prodotti tipici, un centro per studi agricoli, un parco tecnologico per la collezione di
ulivi provenienti da tutto il mondo (quest’ultimo ambito rientra in un progetto già avviato dal
Cnr), un ristorante per far conoscere le materie
prime.
Sicuramente chi porta avanti questa battaglia
non si aspettava di arrivare alla ribalta nazionale. Sette, il settimanale del Corriere della Sera, ha
dedicato un articolo proprio al convento di Lugnano in Teverina. Sono poi seguiti servizi su
Tg2, Unomattina, La Vita in Diretta. «Ci siamo
trovati spiazzati da tutta questa attenzione - racconta Nevino Terenziani - non ce l’aspettavamo
proprio».
L’associazione ha deciso di cavalcare l’onda,
e punta ancora più in alto: hanno scritto direttamente a Papa Francesco. «Vorremmo che il
nostro sogno fosse il suo sogno, il sogno della
chiesa universale. Questo sogno noi già lo chiamiamo progetto» si legge nella lettera, insieme
ad un invito «a far visita alla nostra comunità ed
al convento in questione».
Qui a Lugnano in Teverina, terra di gente semplice, ancorata alle proprie radici, “progetto”
suona ancora meglio di “sogno”.
lorenZo grighi
partiColare dell’esterno dell’abbaZia, CirCondata dagli UliVi
In redazione
Laura Aguzzi – Cecilia Andrea Bacci – Carlotta Balena –
Antonio Maria Bonanata – Alessandra Borella – Edoardo
Cozza – Nicole Di Giulio – Giuseppe Di Matteo –
Federico Frigeri – Lorenzo Maria Grighi – Manlio
Grossi – Michela Mancini – Alessia Marzi – Nicola
Mechelli – Alessandro Orfei – Antonello Paciolla – Lucina
Meloni Paternesi – Michele Raviart – Valentina Rossini –
Giulia Sabella – Luca Serafini – Antonella Spinelli –
Sophie Tavernese – Caterina Villa
Segreteria: Villa Bonucci
06077 Ponte Felcino (PG)
Tel. 075/5911211
Fax. 075/5911232
e-mail: [email protected]
http://www.sgrtv.it
Spedizione in a.p. art.2 comma 20/c
legge 662/96 Filiale di Perugia
Stampa: Graphic Masters - Perugia
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