Barocco in processione
Vare o fercoli in Sicilia
Carro trionfale per il SS. Sacramento.
Catania, 13 settembre 1959,
XVI Congresso Eucaristico Nazionale.
Carro trionfale
per la Madonna di Fatima.
Catania, 13 settembre 1959,
XVI Congresso Eucaristico Nazionale.
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Introduzione
Con sessantuno anni compiuti e quasi trentotto di sacerdozio vissuto
con un servizio intenso alla Chiesa catanese e sivigliana, con totale
passione e amore al ministero, presento questo mio quarantesimo lavoro di ricerca su un tema che ha marcato la mia vita da sempre: “i fercoli in processione”. Ho vivo ancora il ricordo di me piccolo con mia
madre Maria Vittoria e mia nonna Concetta durante il corteo processionale in occasione del XVI Congresso Eucaristico Nazionale, svoltosi
a Catania il 13 settembre 1959. Avevo solo cinque anni. Indimenticabili
i due carri di fiori sui quali avrebbero partecipato alle solennissime
processioni la Madonnina di Fatima e il SS. Sacramento.
Visitando la chiesa del grandioso monastero dei Benedettini, vidi depositati, nel transetto a destra, grandi fercoli a spalla: San Francesco
di Paola alla Civita, San Michele di Monserrato e la Madonna della Salute dei Crociferi. Il 29 agosto 1961 vidi per la prima volta in via Crociferi la grande statua della Madonna della Salute dei Crociferi portata
a spalla sul suo monumentale fercolo, opera del Piccione. Negli anni
successivi, assieme ai nonni paterni che mi hanno cresciuto, ho conosciuto le feste della Madonna dell’Indirizzo alla Pescheria, di San Sebastiano e dell’Immacolata che passavano sotto il balcone di casa. Ricordo ancora, nel maggio del 1962, avevo otto anni, come i parrocchiani
dell’Aiuto (la parrocchia dei miei genitori) infioravano l’artistica raggiera del quadro della Madonna con profumati gigli e vaporosi gladioli
bianchi. E ancora, la Madonna Monserrato su un artistico carro di
fiori a forma di montagna.
Con la vespa di mio nonno Giovanni e con la sua grande pazienza ho
iniziato a conoscere tutte le processioni sia nella città di Catania sia in
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provincia. Da seminarista, poi, in biblioteca mi appassionavano i libri
d’arte con riferimento al barocco.
Per motivi famigliari ho avuto la fortuna di conoscere e vivere anche a
Palermo dove, in estate, con attenzione assistevo alle varie processioni
rionali: il Lume, la Mercede, i Sette Dolori. Negli anni di Teologia si
intensifica la passione per la ricerca sulle tradizioni e la pietà popolare.
Ordinato sacerdote, sono stato il primo presbitero non canonico (il 4
febbraio 1978) a fare il discorso all’uscita di Sant’Agata sull’argenteo
fercolo.
Quante predicazioni in tutta la Sicilia e fuori! Quante sante e belle
esperienze di fede! Ho avuto l’onore di predicare sul fercolo di Santa
Barbara a Paternò, sul fercolo della Madonna della Stella a Militello
Val di Catania, su quello di San Sebastiano ad Acireale più volte, su
quello di San Mauro ad Acicastello. A Belpasso, dove sono stato parroco, su quello di Santa Lucia per sei anni. Sempre è stata una grande
emozione.
Ma ancora più emozionante è stato portare a spalla a Catania la Madonna dell’Indirizzo nel 1998, a Monreale il SS. Crocifisso nel 2009, e
la Madre del Lume a Porticello, il primo lunedì di ottobre del 2012.
A Catania, nel 1980, ho comprato un vecchio fercolo da un rigattiere
per Maria Ausiliatrice a Fossa Creta: ero allora amministratore parrocchiale. Ho fatto realizzare il nuovo fercolo per la Madonna della
Salute di San Camillo nel 1985, più volte utilizzato per il Cristo alla
Colonna nella Via Crucis cittadina. A Belpasso, le due vare di supporto
per il Cristo Morto e l’Addolorata, e il restauro totale con baldacchino
del fercolo dell’Immacolata nel 1989.
Dal 2000 in Andalusia ho potuto vivere e predicare, in tutta la regione
e fuori, alle confraternite di passione e di gloria facendomi una cultura
sull’eleganza processionale e artistica di questa parte d’Europa.
Ho conosciuto pure da vicino le celebrazioni del Corpus Christi en
Cuzco in Perú con i suoi splendidi fercoli in argento e in legno, e la
Settimana Santa di Popayan in Colombia. Ho avuto la fortuna di conoscere bene Malta in varie occasioni e nelle sue due isole. Le scenografiche feste, con processioni dei ricchi piedistalli e delle artistiche
statue in un barocco eterno e comunicativo.
Una vita, una festa, un continuo registrare l’amore esterno alla SS. Trinitá, alla Vergine, ai Santi.
Spero che questo nuovo volume, che non potrà mai essere esaustivo,
piaccia e stimoli al recupero della nostra storia e delle nostre opere
d’arte, vero barocco catechetico in movimento.
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1. Il barocco, catechesi delle meraviglie
Noi Siciliani siamo tutti figli del barocco. Chi l’avrebbe mai detto! Eppure «non c’é dubbio che la struttura della società moderna ha i suoi
fondamenti nella cultura barocca», così scriveva già molti anni fa lo
storico dell’arte Giulio Carlo Argan.
Oggi è evidente che quell’epoca di vivi contrasti che è stato il Seicento,
quell’epoca fatta d’intellettualismo e moralismo, di artificio ed enfasi,
finzione e assenza, sogno e tragedia ha finito con l’entrarci nel sangue.
Sostiene Stefania Falasca:
La nostra epoca ha i presupposti nel secolo del barocco. Perché la modernità in senso stretto, in senso forte, non inizia né nel Cinquecento né
nel Settecento. Comincia proprio con il Seicento. Il secolo XVII è infatti
il primo di quella che si chiamerà la ‘civiltà dell’immagine’, che non è
altro che la civiltà moderna. (Falasca S., L’età barocca in trenta giorni,
Mondadori, febbraio 1995)
Virtuosismo, illusione, artificio, enfasi, spettacolo, immaginazione, monumentalità, trionfalismi, sono tutti termini che caratterizzano quello
che lo svizzero Woelfflin ha definito “il più importante mutamento avvenuto nella storia dell’arte”, ma sono anche espressione, manifestazione di una nuova cultura, di una nuova civiltà.
In questa nuova civiltà, che si forma nel XVII secolo, le arti visive
hanno una funzione egemone, perché tutto si traduce in immagine.
«Con il Seicento l’arte diventa la tecnica della persuasione, ha una funzione pedagogica, accattivante, mira infatti a colpire le reazioni sentimentali dello spettatore», scrive lo storico dell’arte Giuliano Briganti.
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La volta con affreschi barocchi e stucchi
di S. Giuseppe ai Teatini a Palermo.
Opera di F. Tancredi e altri pittori,
secoli XVII-XX.
Il barocco è insomma un’estetica dell’esagerazione e della sorpresa,
inventata per sbalordire il pubblico in piazza e i fedeli in chiesa.
«Una cultura dell’iperbole e in quanto tale violenta», scrive José Antonio Maravall, «non perché teorizzava la violenza, ma perché pretendeva
una commozione, un’ammirazione» (Maravall J. A., La cultura del barocco, Sansoni, Firenze 1984, 70). La Chiesa, dopo il Concilio di Trento,
incoraggiò le modalità più spettacolari dell’arte così come accentuò il
carattere spettacolare del rito e del culto: l’arte fu una forma di catechesi
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Il trionfo dell’Ordine Gesuitico,
capolavoro di Olivio Sozzi, sec. XVIII.
Cupola di San Francesco Borgia,
Catania.
attraverso la rappresentazione che, influendo sul comportamento
umano, indirizzava verso la morale. Basti pensare al carattere monumentale, avvolgente delle grandi nostre chiese barocche fatte per accogliere le masse dei credenti, dove persino gli ornamenti, i confessionali, i banchi stessi dove siedono i fedeli, i fercoli processionali erano
monumentali.
Ecco il trionfalismo, dove tutto è grandioso, spettacolare, ‘atemporale’.
Infatti, «i grandi cicli di affreschi nelle chiese, i dipinti come arringhe
di avvocati, nello sforzo di riprodurre per mezzo dell’artificio la sensazione del reale, uccidono l’interesse per il reale. La rappresentazione
sacra si allontana così dalla realtà fino a volere come richiamo o
esempio in un discorso fatto di argomenti e perorazioni», scrive Argan
25
Nella pagina accanto:
Volta di San Benedetto.
Affreschi di G. Tuccari, sec. XVIII.
Chiesa di San Benedetto,
Catania.
(Argan G.C., Storia dell’arte, II, Sansoni, Firenze 1981,100). «Ma questo trionfalismo, questo carattere spettacolare della Chiesa del Seicento
non è forse simile a quello attuale? Con la differenza che oggi i mezzi
di diffusione, di propaganda, sono internet, i mass media e la televisione», sebbene il tentativo artificioso di riempire un vuoto di realtà
sottende e caratterizza anche la spiritualità moderna. «Il Seicento è un
secolo fortemente mistico».
Il misticismo è una caratteristica diffusa nella sensibilità religiosa dell’epoca con l’influenza di Santa Teresa, Sant’Ignazio, San Filippo Neri,
San Camillo. Il barocco non scaturisce soltanto dalla volontà di fondere,
drammaticamente, elementi contrari, ma anche e soprattutto dalla necessità di manifestare un sentimento di catastrofe.
Il barocco nasce soprattutto dal sentimento che ormai tutta l’esperienza
antica fosse esaurita, e lo fosse anche la cristiana, almeno quella storica,
temporale del Cristianesimo.
Dice ancora lo storico dell’arte Giulio Carlo Argan: «È il trionfo dell’artificio, dove pittura, scultura e architettura sono vorticosamente
fusi insieme. È l’arte volta a stupire con effetti speciali. La decorazione
non è più racconto, ma celebrazione e spettacolo lontano da richiami
reali, quotidiani» (Argan G. C., Storia dell’arte, II cit. 102).
Il Seicento è un secolo tragico, ma nessun secolo potrà conoscere maggiori eccessi e maggiori stravaganze. Ecco l’arte spinta a sorprendere,
spinta a darsi per finire la meraviglia. È il secolo nel quale mondo, fantasia e nulla divengono apertamente sinonimi.
La fantasia è una facoltà che riduce le grandi cose alla nostra statura e
ingigantisce le piccole, ossia una stima stolta delle illusioni, delle vanità.
Questo senso dell’inganno e della vanità delle cose, questo senso di
cose dipinte è difatti il Barocco, anima e corpo. Non dimentichiamo
che il termine barocco viene da “burein”, in Portoghese perla irregolare
e preziosa.
IL BAROCCO IN PROCESSIONE E IN MOVIMENTO
Il significato delle nostre feste religiose è da inquadrare nella tipologia
delle celebrazioni autenticamente barocche. La nostra amata Sicilia
non è soltanto terra di mafia, come la cronaca giornalistica e certa cinematografia insistentemente sottolinea, ma è soprattutto terra di
Maria e di santi, di poeti e di scrittori, di artisti, di persone che hanno
dato in ogni tempo, in ogni contesto storico, il meglio della propria
persona. Basterebbe pensare e ricordare i nostri santi: Agata, Euplio,
Lucia, Rosalia, Eustochia Esmeralda, il beato Giuseppe Dusmet, il
beato Giacomo Cusmano, il beato Annibale di Francia e il beato don
26
27
Pino Puglisi, che hanno brillato di luce evangelica e per profumo di
carità.
Le feste patronali di questa terra sono l’espressione dell’amore più autentico e più vero dei semplici nei confronti della Vergine o dei santi;
sono anche punto di riferimento di fede ogni anno, dell’aggregazione
gioiosa di una comunità locale.
Quelle siciliane sono quasi tutte feste barocche che, con il re Filippo
IV, assunsero anche la denominazione di “feste reali”. Fu sua la disposizione che ogni comunità celebrasse solennemente una festività in
onore della Madre del Signore in maggio. Festa reale, per esempio, è
la festa alla Regina degli Angeli della comunità di Mineo nella diocesi
di Caltagirone.
La festa di Sant’Agata è certamente l’espressione più viva e più complessa di festa barocca. Essa nasce essenzialmente dalla consapevolezza
che ogni uomo ha del proprio stato, da una esigenza di apertura, da
un’ansia di gioia e di liberazione che si è poi formalizzata in tempi,
luoghi, formule che il catanese ben conosce e che anche oggi hanno
un senso nel momento in cui trasmettono l’ardore della fede, la carità
operosa nel servizio ai più bisognosi, la speranza verso un futuro d’impegno sociale a tutti i livelli. Ecco allora che questa antica e celebre
festa diventa ‘cammino di catechesi e incontro di carità’ verso la vera
Chiesa-Corpo Mistico di Cristo nell’oggi che tutti viviamo.
L’antica Katane, rinata dalle sue molteplici distruzioni, ha tributato
lungo i secoli alla sua santa eroina e concittadina Agata rinnovate
espressioni di fede e di pietà. Tutto il corpus della festa, la processione
del fercolo della santa e delle dodici candelore, ieri come oggi si muovono nella scenografia di una città che è, anch’essa, tipicamente barocca
e la festa diventa in questo contesto l’esempio più vivo e palpitante di
un ‘barocco in movimento’ fiero, elegante e luminoso.
La festa barocca catanese di oggi regge bene il confronto con altre celebrazioni che riescono a magnetizzare migliaia di fedeli; mi permetto
citare, per esperienza personale, la celebre Settimana Santa di Siviglia,
dove ben 120 Pasos (fercoli) narrano per le strade la passione di Cristo
e i dolori di Maria; e il Corpus Domini di Cuzco in Perù, dove il Santissimo Sacramento viene preceduto nella sua sontuosa processione
dai Tronos (fercoli) che narrano plasticamente, con capolavori lignei
del sec. XVIII, la vita dei santi testimoni di Cristo e di alcuni titoli
della Santa Vergine. Denominatore comune in queste tre celebrazioni
è la grande partecipazione di popolo.
A Catania come a Cuzco e a Siviglia la festa barocca è, dunque, aggregazione di popolo che canta e cammina nella gioia dei martiri di Cristo,
con l’aiuto della musica, dell’incenso, dei profumi dei fiori e col sapore
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dei dolci tipici. Il popolo riscopre e rivive nei giorni magici la sua
antica e vera dignità. È per questo che con fervore il catanese dice:
“Sugnu catanisi e mi l’avantu, lu fistinu ’n Catania è spaventu...”.
Ma altre feste barocche si susseguono durante tutto l’anno in Sicilia.
Basterebbe pensare alla festa di Santa Rosalia a Palermo, quando viene
portata in processione nella barocca Piazza Vigliena (ai Quattro Canti)
l’argentea urna che contiene le reliquie della Santuzza. Barocco è anche
il suo carro trionfale ripristinato nel festino del 1974: grande macchina,
altissima, ricca di festoni, angeli e figure. Altri esempi: il carro altissimo,
la cosiddetta “Vara di Messina” in onore della Vergine Assunta o la
vara animata da personaggi viventi di Randazzo e di Fiumedinisi, entrambe sempre in onore della Vergine Assunta. Altri carri trionfali li
troviamo ad Altavilla Milicia in onore della Madonna della Milicia e a
San Giovanni Gemini in onore di Gesù Nazareno.
La storia siciliana ha memoria di carri trionfali artistici realizzati un
tempo in onore di Sant’Agata o in onore di Santa Lucia per alcune celebrazioni particolari a Siracusa. Ambiente tipicamente barocco è
quello di Palazzolo Acreide, con le feste e i fercoli in onore di S. Paolo
e di S. Sebastiano. Bellissimo è il fercolo seicentesco che viene portato
in processione il 2 luglio con la Madonna della Visitazione a Enna. Il
fercolo viene chiamato la ‘Nave d’Oro’, proprio perché sembra quasi
ondeggiare su un mare di gente.
Molte di queste macchine, usando la terminologia cara al Bernini (macchine erano chiamate i fercoli romani nel Seicento), sono portati a
spalla per voto e devozione a piedi scalzi. Fercoli a sei colonne, seicenteschi e settecenteschi in argento, li troviamo per Santa Venera e San
Sebastiano ad Acireale, per Santa Barbara a Paternò, per Santa Lucia
a Belpasso. Fercoli barocchi lignei invece li troviamo per il Crocifisso
di Caccamo, o per S. Sebastiano a Mistretta e Santa Rosalia a Bivona,
entrambi veri capolavori d’arte; ancora, altro grandioso fercolo per il
piccolo e miracoloso Gesù Bambino venerato nella chiesa della Gangia
a Palermo (questi ultimi da attribuire alla scuola artigianale palermitana
dal secolo XVII). Unico nel suo genere per la ricchezza degli elementi
decorativi è il fercolo di S. Giuseppe ai Falegnami conservato nella
cappella dell’Università a Palermo.
Ma le celebrazioni barocche, varie e coloratissime, frutto certo della
dominazione spagnola, esplodono di pathos soprattutto durante la Settimana Santa. La più celebre è quella di Trapani, dove i gruppi dei Misteri in tela, colla e legno vengono portati facendoli ondeggiare durante
il pomeriggio del Venerdì Santo per rientrare il mattino dopo. Tra i
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1
1. Caltavuturo, particolare del
fercolo della Madonna del Soccorso.
2. Resuttano,
processione di Gesù Crocifisso e santi
in una foto del 1925.
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2
più espressivi, il gruppo di Gesù che incontra la Veronica, in cui la
plasticità delle figure, gli argenti e i coralli che l’adornano lo rendono
un unicum, espressione di quella estetica che porta al bello, frutto di
quella catechesi della bellezza tipica della città andalusa di Siviglia.
A Caltanissetta troviamo con i gruppi dei Biancardi (padre e figlio) le
cosiddette Vare che escono il Giovedì Santo. A Enna il bellissimo fercolo a baldacchino dell’Addolorata che ricorda molto lo stile Gaditano
(Cadice). Barocca è tutta Ragusa Ibla, che fa da fondale con le sue
chiese, palazzi e monasteri alle devote processioni della Settimana
Santa (cfr. G. Lanzafame, Mater Dolorosa) e alla festa di S. Giorgio.
A riguardo dell’iconografia seicentesca è bene ricordare alcune statue
mariane molto significative. Se nella città di Catania spiccano per la
sontuosità del panneggio l’Immacolata e la Madonna dell’Indirizzo
alla Pescheria con i rispettivi fercoli, è barocca la dolce movenza della
Madonna del Rosario, venerata nella chiesa di S. Domenico ad Acireale,
opera della scuola napoletana (cfr. G. Lanzafame, Catania Mariana).
Espressiva opera argentea è l’Immacolata di Palermo, venerata nella
chiesa di S. Francesco; sempre a Palermo fu realizzata in argento la
statua di Santa Lucia, venerata più volte all’anno nella Cattedrale di
Siracusa. Entrambe sono opere di cesello del secolo XVII.
Che dire poi della particolare iconografia di una Madonna a cavallo,
di spiccata scenografia barocca, che troviamo, unica nel suo genere,
nella città di Scicli, chiamata Madonna delle Vittorie o della Milizia!
Espressione della scuola barocca napoletana è l’opera di Francesco
Biancardi che realizza per Mussomeli la bellissima Madonna dei miracoli.
Gruppo scultoreo di grande pregio per la sua bellezza, che trasmette
in chi l’ammira pietà e devozione. L’8 e il 15 settembre viene portato in
processione – su una macchina lignea ideata dallo stesso scultore – un
fercolo che naturalmente esprime, con le sue tortili colonne e gli angeli
festanti, un gioioso Barocco, anche se realizzato nel 1876.
Il fercolo di S. Lorenzo
a Frazzanò è tra i più antichi realizzati
e conservati in Sicilia.
Settecenteschi sono i simulacri lignei del Quattrocchi, che troviamo
in continue processioni, quasi più di venti, nella città di Gangi.
Spettacolare è la processione della Madonna e dei santi il lunedì di
Pentecoste a Gangi e a Castronovo di Sicilia. Simile celebrazione si
svolge a Bisacquino per il Crocifisso e a Petralia Soprana per i santi
Pietro e Paolo. Un tempo a Corleone per il Corpus Domini uscivano
tutti i santi in processione, uguale cerimonia si svolgeva a Resuttano
per il Crocifisso, veri spettacoli di fede... con sapore e profumo barocco!
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Nell’anno mariano 1988 a Catania sfilarono in processione 15 fercoli
della Santissima Vergine; a Palermo nel 1993 e nel 2000 in due solenni
processioni sfilarono fercoli con varie Madonne e santi accompagnati
dalle rispettive confraternite. In occasione del Giubileo del 2000, a
Novara di Sicilia, per la festa patronale dell’Assunta, è stata ripristinata
la processione dei santi e l’Apoteosi. Il simulacro dell’Assunta – di
scuola napoletana, opera di Filippo Colicci del 1764 – è preceduto da
diciassette statue di santi e sante portate in piccole vare nella piazza
del paese, dove sostano per circondare devotamente la Madonna.
Innumerevoli sono in questo itinerario le celebrazioni di ‘barocco in
processione’. Ricordiamo ancora le belle statue del Bagnasco, del Genovesi, del Piscitello che nei secoli XVIII e XIX hanno continuato la
linea del barocco elegante e sontuoso. Ma un cenno particolare, quanto
mai significativo, merita lo spettacolo che danno ‘i carri’ che troviamo
nei comuni di Belpasso per la festa di Santa Lucia, e a Pedara per la
SS. Annunziata.
A Belpasso, la vigilia della festa, il 12 dicembre, i quartieri si riuniscono
per fare ammirare queste alte macchine scenografiche chiamate ‘carri’,
dove personaggi viventi, luci, colori e musiche, rendono plasticamente
il messaggio di Santa Lucia ai nostri giorni; si conclude con l’apoteosi
finale colorata dai fuochi d’artificio. Lo stesso avviene la seconda settimana di settembre a Pedara.
La Sicilia ha dunque un vasto patrimonio di civiltà barocca: arredi
sacri, fercoli, stendardi, baldacchini, mozzette, piviali, lanterne, ostensori, calici, corone, tronetti, presepi in corallo che sono espressione
sia della nostra pietà religiosa sia della nostra arte e fortunatamente in
questi ultimi anni attentamente restaurati. Alto esempio di un barocco
catechetico e vivo, gelosamente custodito da venerabili confraternite,
comunità religiose, in monasteri, in piccole e grandi chiese, dove il
movimento del barocco scandisce l’anno liturgico.
TRA I PIÙ ANTICHI E ARTISTICI FERCOLI
Di notevole valenza artistica sono i fercoli di cui ora parliamo.
Del 1519 è quello rinascimentale in legno per l’adranita S. Nicola
Politi conservato nelle Chiesa Madre di Alcara Li Fusi; primo fercolo
del santo eremita in cui la cassa delle reliquie venne posta in avanti.
Del 1579, attribuito a Giovenello Russo, è il fercolo tuttora in uso per
S. Filippo siriaco a Calatabiano nella chiesa del Castello.
Del 1624 sono i disegni preparatori per un fercolo barocco a quattro
colonne con fregi e volute per S. Stefano, conservati nell’Archivio di
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Stato di Enna. Di simile fattura architettonica sono i due fercoli del
sec. XVII per l’Addolorata a Monterosso Almo nella chiesa di S. Antonio Abate e per la Madonna delle Grazie a Vizzini. Del 1686, opera
di Filadelfio Allò, è la vara di S. Lorenzo a Frazzanò, simile per dimensioni e disegno a quello antico di Santa Rosalia in Centuripe, oggi
nella chiesa del Collegio di Maria sull’altare maggiore.
Di Andrea Li Volsi, del sec. XVII, è il fercolo che si trova a Cerami
nella chiesa di S. Antonio Abate; anche di Andrea Li Volsi, con interventi di Santo Giuliano, è il fercolo realizzato per S. Sebastiano nel
1670 sempre a Cerami.
Originale per la forma e ricco per l’intaglio è il fercolo del sec. XVII
conservato nella chiesa madre a Castelvecchio.
Quanti altri fercoli o vare sono scomparsi nel tempo per catastrofi naturali, incendi e incuria storica di cui non abbiamo più tracce!
Antica vara di Santa Rosalia
a Centuripe, sec. XVII.
Vara della Congregazione della
Madonna del Parto
con S. Onofrio Re di Persia,
disegno a inchiostro e acquerello,
Palermo G. Matranga,
scrittore della festa di S. Mamiliano
in Palermo, Sec. XVII.
Biblioteca Comunale 3 E27.
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Vara dei fratelli della Congregazione del SS. Nome di Gesù
in Santa Zita. Arricchita con 36 vasi d’argento,
la statua di S. Agatone, pontefice palermitano,
su un’aquila dorata, sec. XVII.
34
Disegno a penna, acquerello e matita del fercolo
con S. Francesco di Paola, costituito da vari basamenti,
quadranti decoratissimi. L’apparato ornamentale
con figure allegoriche e volute metatamorfiche.
Due angeli incoronano il santo calabrese.
Opera, come le antecedenti, del 1659.
UNO SGUARDO A ROMA CAPITALE DEL BAROCCO
E ALLE SUE MACCHINE PROCESSIONALI
La Roma seicentesca è la Roma del barocco di G.L. Bernini, del quale
basta ricordare il baldacchino di San Pietro. Del Borromini ricordiamo
invece le barocche cupole di Sant’Ivo alla Sapienza, di S. Carlino alle
Quattro Fontane, il fantastico campanile di Sant’Andrea delle Fratte.
Un barocco irregolare, affascinante ed emozionante. È anche la Roma
dove operano il Cortona, il Fontana e molti altri e dei papi e dei cardinali mecenati d’artisti.
Le sue piazze con scenografiche chiese, palazzi e ricche fontane –
Piazza Navona e la Fontana di Trevi ne sono due straordinari esempi –
nei secoli XVII e XVIII e all’inizio del secolo XIX, sono lo scenario di
splendide processioni con superbe ‘macchine processionali’ (nelle pagine che seguono ne mostriano alcune).
Purtroppo, con l’invasione francese prima, l’esilio del papa poi e infine
con l’unità d’Italia, tutto cadde nell’oblio del ricordo.
Oggi, a Roma, solenni sono la processione del Carmine, festa “de Noantri”, a Trastevere, quella di S. Giuseppe al Trionfale, dell’Immacolata
al Tiburtino e del Carmine alla Traspontina, che un tempo percorreva
Piazza San Pietro.
Diversi artisti e architetti siciliani furono alla scuola romana, basti ricordare G.B. Vaccarini, che tanto operò a Catania, e Filippo Juvarra
che lavorò a Messina.
Altari del Bernini
nella Basilica di San Pietro a Roma,
a cui si ispirano le vare a baldacchino
e le vare a raggiera.
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2. Vare e fercoli nella Sicilia occidentale
La vara di S. Giuseppe dei falegnami,
sontuosa macchina barocca del secolo XVIII
conservata presso la Cappella dell’Università a Palermo.
La Sicilia occidentale costituisce quel vasto e vario
territorio dove sorgono e si trovano le diocesi o
chiese locali di Palermo, Piana degli Albanesi, Monreale, Cefalù, Trapani, Agrigento e Caltanissetta.
È una parte della nostra terra dove le devozioni, le
feste con le relative processioni – nonostante i cambiamenti liturgici, le innovazioni non sempre felici
e opportune e le varie crisi – continueranno a
essere celebrate con intensa fede e pietà, mantenendole in vita anche con notevoli sforzi.
Manca in realtà un fatturato in argento a cesello
ma sono numerosissime quelle artistiche macchine
barocche finemente intagliate con decorazione in
oro, argenti a mistura e finti marmi.
Qui troneggiano gli storici simulacri delle Madonne marmoree o lignee e delle sante e dei santi
da sempre venerati. Ieri come oggi, sempre portati
a spalla e a piedi scalzi con autentica fede.
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Palermo, Cappella dell’Università
FERCOLO DI SAN GIUSEPPE DEI FALEGNAMI
Palermo, Museo Diocesano
FERCOLO DI SANT’AGATA
Oggi lo si può ammirare nella storica e artistica
Cappella dell’Università di Palermo. La Confraternita dei falegnami fu fondata nel 1563; la loro
prima sede fu la chiesa di S. Elia, nei pressi di
Monte Vergine, poi, nel 1568, ebbe sede in un’altra
chiesa, sempre dedicata a S. Elia, ma nella Giudecca, il quartiere ebraico.
L’artistico e alto fercolo in legno intagliato con
fregi, colonne e corona imperiale, consta di tre ordini: la base, dove si ponevano le robuste aste per
sollevarlo; la parte centrale con il santo patrono
dei falegnami, con ai lati piccole sculture di profeti
della stirpe davidica e dei santi; e la parte superiore,
ancora colonne e corona imperiale con globo e
croce. Il tutto è in oro a foglia, argenti a mistura e
finti marmi verdi.
Fu realizzato nella bottega dei Calandra nel 1759.
Senza dubbio tra i più ricchi e sontuosi di Sicilia.
Realizzato su disegno di P. Amato, il fercolo ha delicate pitture della vita della santa, con angeli alla
base. L’elegante statua di Sant’Agata V. M. fu realizzata da maestri siciliani nel 1680. Già della Confraternita di Sant’Agata extra moenia o alla Pedata,
è conservata nel Museo diocesano. Nel 2009 è stata
totalmente restaurata.
Il fercolo di Sant’Agata,
realizzato da maestri siciliani nel 1680
su disegni di P. Amato.
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Palermo, Chiesa di S. Maria “la Gangia”
VARA DI GESÙ BAMBINO
L’origine storica dell’immagine, scolpita in legno,
di Gesù Bambino che si venera nella chiesa S. Maria
degli Angeli, detta “la Gancia,” a Palermo, è molto
semplice. Anticamente il servizio nei santuari della
Terra Santa in Palestina veniva praticato da religiosi
francescani di tutto il mondo. Chiunque di questi
religiosi poteva andare nei Luoghi Santi e stare per
un periodo di tempo più o meno lungo. Dal convento della Gancia partì frate Mamiliano da Palermo e si fermò in Terra Santa per molti anni.
Quando decise di ritornare in Sicilia ebbe l’idea di
portare con sé un’immagine di Gesù Bambino, scolpita su legno ricavato dagli alberi del Getsemani.
Il “Bambinello” fu benedetto in Betlemme la notte
di Natale dell’anno 1729 e collocato con grande
solennità nella grotta dove nacque Gesù e dove va
a pregare ogni pellegrino in Terra Santa. Adagiato,
quindi, nel santo Presepio, restò esposto per tre
giorni alla venerazione dei fedeli.
Sistemato il Bambinello Gesù in una cassetta foderata di madreperla, partì poi per la Sicilia.
Giunto nel convento della Gancia, i superiori collocarono il Bambinello in una delle cappelle delle
chiesa, la prima dal lato sinistro, vicino all’altare
maggiore, dove venne realizzata una piccola grotta;
le pareti della cappella furono ricoperte di marmo
e sopra la grotta fecero dipingere dal pittore Renda
l’immagine della Madonna che riceve l’annunzio
dall’Angelo, ai lati affreschi con scene della nascita
di Gesù.
In breve tempo a Palermo, ma particolarmente nel
mandamento dove si trova la chiesa della Gancia,
si svilupparono un culto per Gesù Bambino e una
devozione che non è facile descrivere. Come giorno
della festa si scelse l’Epifania. Ancora oggi, il 6
gennaio, il Bambinello nel suo artistico barocco
fercolo, opera lignea del sec. XVIII, viene portato
in processione per le strade del quartiere, mentre
prima attraversava il centro storico. I doni in oro
per le grazie ricevute sono numerosi.
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Nel passato, la statuetta di Gesù Bambino si portava nelle famiglie solo in caso di malattie. Dopo
l’ultima guerra si affermò la devozione di tenerla
per un pò di giorni nelle varie famiglie che ne
fanno richiesta; durante quei giorni, i devoti vanno
a trovare Gesù Bambino, si organizzano delle pratiche di pietà, si invitano a partecipare parenti,
amici e vicini di casa.
Palermo, ai Cassari
VARA DELL’ADDOLORATA
Palermo, Chiesa di San Francesco
VARA DELL’ IMMACOLATA
Sobria è questa base con controbase di color nero
e fregi in oro del sec. XVIII con quattro barocchi
candelabri per l’Addolorata del Bagnasco.
Negli ultimi anni varie bare dell’Addolorata del
Venerdì Santo hanno cambiato lo schema settecentesco con opere più ricche, maestose e con elementi in argento. Questa dei Cassari conserva il
fascino dell’origine.
L’attuale vara è opera del 1843 del maestro falegname Onofrio Ventimiglia, realizzata in legno con
pianta quadrangolare e angoli smussati; quattro
grandi candelabri in stile impero fanno da controbase per l’argentea statua dell’Immacolata (esce in
processione l’8 settembre). Nel 1845 il pittore Giuseppe Carta completò l’opera con quattro scene
bibliche. Restaurata nel 1993.
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Sant’Ignazio a Casa Professa, a Palermo.
Elegante statua del fondatore
della Compagnia di Gesù.
La vara è stata realizzata da artigiani siciliani,
sec. XVII.
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Barocco in processione