Ufficio Stampa CISL Bergamo Rassegna Stampa sabato 29 marzo 2014 sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) Lavoro, scontro sui contratti a termine. E il decreto rischia in parlamento Di Giampiero Di Santo C’è Maurizio Sacconi, capogruppo del Ncd in senato, che invita il governo a porre la fiducia sulla conversione in legge del decreto sul lavoro a termine firmato dal ministro Giuliano Poletti. E c’è Renato Brunetta, presidente dei deputati di Forza italia, che promette al premier e all’ex leader delle coop rosse l’appoggio incondizionato del partito azzurro su un provvedimento che rischia la bocciatura a causa dell’opposizione interna del Pd, o comunque profonde modifiche nella parte del provvedimento che prevede la possibilità di contratti a termine estesi per durata (triennale) e per ripetizione, fino a otto volte, senza vincoli di causa. Caratteristiche queste sulle quali l’ex viceministro dell’Economia e deputato del Pd Stefano Fassina ha annunciato battaglia in parlamento: "Ne parleremo con il ministro Poletti, cercando di gestire le modifiche in via cooperativa, ma se il sistema non dovesse funzionare la decisione passerà al parlamento”, ha dichiarato in un’intervista rilasciata a Repubblica. “Bisogna fare scelte per ridurre la precarietà e stabilizzare i redditi. Il contratto a tempo determinato deve restare un'eccezione, non la regola. Perciò sono da rivedere "la durata del contratto a termine e il numero di proroghe ammesse. Per quanto mi riguarda i contratti a termine non potranno durare più di due anni, non tre come ora previsto, e le proroghe ammesse dovranno essere tre, non otto". Anche il capogruppo del Pd a Montecitorio, Roberto Speranza, nel replicare a Brunetta che ha twittato “"Forza Italia voterà il decreto Poletti, così com`è, perché è di fatto il decreto Berlusconi sul lavoro.Che farà un Pd già in frantumi?", ha sottolineato: "Il Pd migliorerà il decreto lavoro. Brunetta spieghi cosa ha fatto e cosa non ha fatto negli anni del governo Berlusconi. Ora tocca a noi". Certo è che quando il decreto approderà in aula a Montecitorio, intorno alla metà di aprile, Poletti dovrà avere trovato la soluzione che metta tutti d’accordo o almeno la più digeribile per tutti. Non è un caso che mentre le trattative proseguono febbrili, il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, abbia rilasciato un’intervista all’Espresso per spiegare che “il Pd ha scritto una proposta per la futura legge delega che prevede il contratto a tutele crescenti e la riforma degli ammortizzatori sociali, destinati a tutti, anche ai precari. Questi due pilastri renderanno stabile il mondo del lavoro”. Taddei ha aggiunto che il decreto legge messo a punto da Poletti “e' una misura di emergenza studiata per dare una scossa al sistema, che ne ha bisogno, visto che persino la Grecia crescerà più di noi. Mentre il disegno di legge delega ha l'ambizione di creare un mondo del lavoro equo e stabile. Alle imprese sane offriremo l'opportunità di assumere con il contratto a tutele crescenti, a tempo indeterminato da subito, beneficiando di una riduzione dei contributi sociali, ma impegnandosi a corrispondere un'indennità al lavoratore qualora si interrompa il rapporto". Insomma, una contropartita interessante in cambio del sì al decreto, che comunque anche secondo i sindacati può essere migliorato senza erigere barricate. Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, ha sottolineato la necessità di "ridurre il numero di volte in cui è possibile reiterare un contratto nell’ arco di tre anni, 8 volte sono eccessive". Raffaele Bonanni, leader della Cisl, definisce il decreto “una soluzione ragionevole a condizione che affronti l'unico vero problema di precarietà che è rappresentato dalle false partite Iva e dai co.co.pro" e indica la soluzione per eviutare un’iulteriore precarizzazione dei rapporti di lavoro: “Bisogna intervenire sui contratti a termine in modo che il ddl fissi bene la quota oltre la quale non si potrà andare entro tutte le flessibilità presenti in azienda, in modo da non superare il 20%. "Comunque il contratto a termine è quello più garantista per il lavoratore nell'ambito della flessibilità in quanto ha tutte le prestazioni e tutele di un dipendente a tempo indeterminato". sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) IL CONVEGNO Il senatore Pietro Ichino, eletto nelle fila della lista “Con Monti per l’italia”, è intervenuto al direttivo della Fim Cisl di Bergamo: “La Cgil è stata la mia casa, ci sono stato per 10 anni, e psicologicamente lo è ancora, ma non posso dimenticare che, insieme a parte del Partito Democratico, ha chiesto che il governo non intervenisse per il tempo indeterminato con protezioni progressive”. Ichino a Bergamo attacca la Cgil: sempre in ritardo sulle riforme del lavoro “La Cgil è sempre in ritardo quando si parla di riforme del lavoro. La Cisl, invece, ha una posizione più seria”. È con queste parole che il senatore Pietro Ichino, eletto nelle fila della lista “Con Monti per l’italia” ha criticato aspramente la Cgil intervenendo alla riunione del direttivo della Federazione italiana Metalmeccanici della Cisl di Bergamo. L’iniziativa, che si è svolta venerdì 28 marzo nell’auditorium della Casa del giovane, è stata promossa dal Gruppo Giovani, per discutere di lavoro nei giorni della riforma Renzi e della polemica sulla necessità della concertazione e del confronto con le parti sociali. Ichino ha affermato: “La Cgil è stata la mia casa, ci sono stato per 10 anni, e psicologicamente lo è ancora, ma non posso dimenticare che, insieme a parte del Partito Democratico, ha chiesto che il governo non intervenisse per il tempo indeterminato con protezioni progressive. Per loro certi temi sono veri e propri tabù, come l’articolo 18. Ora sembra che Susanna Camusso abbia aperto alla possibilità di discutere sul tempo indeterminato con protezioni progressive: meglio tardi che mai. Però, ancora una volta sono in ritardo di decenni”. Il politico esprime disappunto anche in merito alle scelte effettuate dal sindacato nei casi di Pomigliano, Mirafiori e Gragnano: “In questi casi abbiamo rischiato di perdere stabilimenti particolarmente significativi per l’economia e per il mono del lavoro. Per esempio, in occasione del referendum di Mirafiori, la Cgil aveva invitato i lavoratori a votare per il no, mettendo a rischio un grosso investimento solamente perché l’investitore aveva chiesto tre deroghe al contratto nazionale. Per un sindacato, che dovrebbe negoziare a 360 gradi con gli imprenditori, è una responsabilità gravissima, un messaggio devstante per il mondo”. Infine, l’affondo: “A fronte di solo tre deroghe, la sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) Cgil avrebbe messo a repentaglio un grande progetto quando, in quella zona, non ci sono alternative se non il lavoro negli scantinati con dubbia legalità”. Nel corso dell’incontro, in cui i rappresentanti sindacali dei metalmeccanici hanno esposto i tanti problemi dei lavoratori, su tutti il precariato, non è mancato un confronto più ampio sulla disciplina del lavoro. Il senatore ha spiegato: “La legislazione del lavoro ha bisogno di essere semplificata e resa traducibile in inglese. Inoltre, servono più mobilità e flessibilità, che darebbero più sicurezza ai lavoratori. A fronte di tante aziende che chiudono, infatti, ci sono tante imprese che aprono: le norme che disciplinano il mercato del lavoro dovrebbero favorire le assunzioni verso queste realtà efficienti. Contestualmente, bisogna abbattere i costi rigidi del lavoro, che sono troppo elevati: un ostacolo alle nuove assunzioni deriva dal fatto che gli imprenditori cercano di tenere bassi questi costi per non subire contraccolpi sulle fluttuazioni del mercato. Il vero problema, dunque, non è determinato tanto dall’esistenza di molteplici forme di assunzione, ma il fatto che l’imprenditore assuma in modo precario lavoratori che, in realtà, prestano la loro attività in maniera continuativa e a tempo indeterminato. La stessa legge Fornero, prevedendo il pagamento di 12 o 18 mensilità in caso di licenziamento disincentiva le assunzioni a tempo indeterminato: se in una situazione incerta come quella che stiamo vivendo per le imprese licenziare una persona diventa un dramma, certamente, le imprese non sono incentivate ad ingaggiare nuovi lavoratori nel loro organico. Lavoratori che, quando godono di un’indennità di disoccupazione, dovrebbero già cercare una nuova occupazione e non attendere che il sussidio finisca”. Per concludere, un commento sull’operato di Renzi: “Il suo obiettivo è portarci fuori dalla palude e, quindi, allentare i vincoli imposti dai contabili europei. La rigidità dell’Europa, però, non è casuale: se a Berlino sono rigidi è perché non vogliono che l’Italia si sieda sull’aumento del debito. Non è possibile, infatti, pensare di incrementare ulteriormente il deficit: se faremo le riforme anche la rigidità dell’Europa si attenuerà. Sicuramente uscire dall’euro è la strada sbagliata: in questo caso, è stimato che il tasso di interesse sul debito salirebbe dal 4 al 14%, che per lo Stato significherebbe bancarotta, ovvero l’impossibilità di pagare stipendi ai dipendenti pubblici e di corrispondere le pensioni, come accadde per l’Argentina. La soluzione consiste nel fare le riforme di cui c’è bisogno guardando al futuro e non al passato”. Paolo Ghisleni sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122) sabato 29 marzo 2014 A cura di Stefano Contu (035.324.122)