DIRITTO INTERNAZIONALE
Universita’ degli studi di Parma
Facoltà di Economia e Commercio
CLES
Prof. Gabriele Catalini
Le fonti del diritto internazionale
•In ogni ordinamento nazionale c’è un organo che ha la
funzione di produrre norme interne valide per tutti, un
organismo che ha la funzione di eseguire tali norme ed uno
che controlla la loro applicazione
•Nell’ordinamento internazionale non esistono organismi che
abbiano la funzione legislativa ed esecutiva, e di conseguenza
tale funzione di produzione normativa è affidata agli stessi
soggetti che poi ne saranno i destinatari e gli esecutori
•Quindi la fonte primaria di produzione del diritto
internazionale sono gli Stati stessi che in ogni caso sono alla
base del diritto perché partecipano sempre alla elaborazione o
perlomeno alla approvazione del diritto che avrà una influenza
su di loro
Secondo l’articolo 38 dello Statuto della CIG le fonti del
Diritto Internazionale che la Corte deve applicare sono:
–Le convenzioni internazionali che stabiliscono norme
espressamente riconosciute dagli Stati che sono in
controversia.
–Le consuetudini internazionali come prova di una
pratica generalmente accettata dalle nazioni quale diritto.
–I principi generali del diritto riconosciuti dalle nazioni
civili, assunti dai giudici degli ordinamenti nazionali e che
divengono principi generali applicabili anche alle nazioni in
liti in caso di lacuna o assenza di norme pattizie.
–Le decisioni giudiziarie e la dottrina degli autori più
altamente qualificati delle varie nazioni come strumento
sussidiario per la determinazione delle varie norme, ma
adottabile solo quando le nazioni accordano tale fonte.
• I rapporti fra stati sono regolati innanzitutto da norme
non scritte, opponibili a tutti i soggetti del Diritto
Internazionale, e che quindi non limitano la loro portata
solo a quelle entità che le hanno determinate.
• Si tratta delle CONSUETUDINI INTERNAZIONALI.
• Si tratta di regole non scritte.
• Cosa esse siano ce lo spiega l’articolo 38, comma 1,
della CIG che le pone al primo posto fra le fonti del diritto
internazionale a cui fare riferimento per determinare la
soluzione di una controversia.
• Si tratta di una prassi generale accettata come diritto
dalle nazioni.
LA CONSUETUDINE INTERNAZIONALE
I rapporti tra i soggetti di diritto internazionale
sono regolati quindi da norme non scritte, che
sono conosciute con la definizione di
“CONSUETUDINE INTERNAZIONALE”
Sono regole generalmente accettate o
riconosciute dai membri della società
internazionale.
La consuetudine vincola tutti i membri di
questa, anche quelli che non esistevano al
momento in cui la consuetudine ha preso
forma.
• Il processo di formalizzazione di una norma di diritto
consuetudinario (ovviamente) non è formalizzato.
• La teoria “spontaneista” indica che la norma
consuetudinaria si forma spontaneamente esprimendo
la coscienza collettiva dei membri della comunità
internazionale.
• Un tempo si riteneva la consuetudine una specie di
accordo tacito, che le nazioni concludevano e
accettavano (e ciò, ovvio, dava potenza alle nazioni
che, proprio perché parti nella formazione della fonte,
ne diventavano sovrani).
• Per alcuni (es Arangio Ruiz) valgono entrambe le
metodiche.
DUE REQUISITI
1) ELEMENTO OGGETTIVO: esistenza di una
prassi diffusa e generalizzata (usus).
2) ELEMENTO SOGGETTIVO: convincimento che
questa prassi corrisponda al diritto vigente e che
i comportamenti in questione sono doverosi e
prescritti da una regola giuridica (opinio juris).
ELEMENTO OGGETTIVO O MATERIALE
(USUS o DIUTURNITAS)
–
–
–
–
Comportamento degli Stati
Tempo di formazione
Costante ed uniforme pratica degli Stati
Applicabilità agli Stati interessati (fra più
consuetudini vale sempre la consuetudine che a
quegli Stati di applica)
Circa l’elemento oggettivo la CIG si è
pronunciata nel caso relativo alla Piattaforma
continentale del mare del Nord.
La Corte ha precisato che la prassi
internazionale che può dar luogo alla
formazione di regole consuetudinarie deve
comprendere quella degli Stati che potranno
esserne particolarmente interessati
• La prassi degli Stati (ed in primis di quelli a cui
deve applicarsi la norma) deve essere
sufficientemente diffusa e uniforme
– si veda a riguardo la sent. della CIG fra Perù e
Colombia in materia di diritto di asilo del 1950 in cui
non fu individuata la norma consuetudinaria in
mancanza di una prassi univoca.
• Il tempo di formazione di una consuetudine non
è sempre uguale ed anzi il tempo non riveste
necessariamente un ruolo determinante
– le norme in materia di spazio aereo si sono formate in
pochi anni…
• Vi sono norme formatesi nei secoli ed altre che
invece hanno pochissimi anni. Più la prassi è
diffusa ed accettata (e quindi maggiore è
l’elemento soggettivo) e minore è il tempo
necessario a che la norma si consolidi
– Sent. sulla piattaforma continentale del Mare del
Nord del 1969: la prassi deve essere consolidata e
accettata almeno fra le parti in lite.
– Per alcuni autori la prassi che uno Stato ha rifiutato e
contestato durante la sua formazione non è a questi
opponibile.
La stessa CIG nel caso Nicaragua ha evidenziato
che ipotesi di devianza possono anche
confermare l’esistenza della consuetudine
soprattutto quando tali ipotesi siano percepite
come violazioni del DI o quando lo Stato che
ha tenuto detto comportamento ritiene di dover
giustificare la propria condotta.
• La Consuetudine è applicabile agli Stati di
nuova formazione? Si.
– anche se spesso i nuovi Stati (come le nazioni postcoloniali) hanno contestato tale assunto (spesso hanno
contestato le norme in materia di interessi economici
dei cittadini stranieri…).
• Vi sono norme consuetudinarie che si rivolgono
solo a gruppi limitati di Stati (le consuetudini
locali o regionali)
– Caso emblematico “Haya de la torre” 1950 (diritto di
asilo fra Colombia e Perù: chi cita una consuetudine
locale deve provarla) e 1960 Diritto di passaggio nel
territorio indiano (la CIG ammise che potevano
esserci prassi consolidatesi limitatamente a due soli
Stati).
ELEMENTO PSICOLOGICO
Consiste principalmente nella convinzione degli
Stati che una certa prassi sia socialmente
doverosa (opinio necessitatis).
Gli Stati interessati devono avere la percezione
di conformarsi ad un obbligo giuridico come
affermato dalla CIG nel caso della Piattaforma
continentale del mare del Nord.
Il requisito soggettivo, opinio juris sine
necessitatis, è proprio l’elemento che distingue
la consuetudine internazionale dalla c.d.
cortesia internazionale.
I
IL FATTORE TEMPO
La formazione di regole consuetudinarie richiede
necessariamente il trascorrere di un certo
periodo di tempo che potrà essere tanto più
breve quanto più è diffuso un determinato
comportamento.
LA RILEVAZIONE DELLA CONSUETUDINE
La rilevazione della consuetudine è assai
delicata.
Vari elementi devono essere presi in
considerazione.
1) I documenti diplomatici degli Stati;
2) Le posizioni espresse in seno a conferenze;
3) La giurisprudenza internazionale
4) La legislazione e la giurisprudenza nazionale
5) I Trattati internazionali
DIRTTO INTERNAZIONALE DEI
CONFLITTI ARMATI
La clausola MARTENS
(Inserita nel Preambolo della II Convenzione dell’Aia
del 1899 sulla guerra terrestre e riaffermata nella IV
Convenzione dell’Aia del 1907)
La clausola pone le LEGGI DI UMANITA’ e LE
ESIGENZE DI COSCIENZA sullo stesso
piano degli usi stabiliti fra le nazioni civili.
LA CODIFICAZIONE DELLE NORME
CONSUETUDINARIE
• Recentemente vi è stata una preferenza, da parte di
alcuni Stati, al diritto pattizio, visto come più certo,
che prende forma nei trattati, rispetto a quello
consuetudinario.
• Questa esigenza si è ulteriormente accentuata negli
anni sessanta, quando gli Stati di nuova nascita
chiedevano di rivedere ed aggiornare il diritto
consuetudinario.
• L’aggiornamento è avvenuto attraverso una
codificazione delle prassi e la trasformazione
delle consuetudini in trattati (anche se,
formalmente, in tale azione non si dovrebbe
modificare nulla, ma spesso si è teso a colmare le
lacune o ridurre le contraddizioni presenti)
– Molte codificazioni sono state effettuate dalla CDI
dell’ONU. Diritto del mare (1958), sulle relazioni
diplomatiche (1961), sulle relazioni consolari
(1963), sul diritto dei trattati (1969), sul diritto dei
trattati fra Stati e OO.II. (1986), sulla successione
degli Stati (1978 e 1983).
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