Repubblica Italiana In nome del popolo italiano La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana composta dai magistrati: dott. SALVATORE CILIA Presidente dott. SALVATORE CULTRERA Consigliere dott. PINO ZINGALE Consigliere dott. VALTER DEL ROSARIO Consigliere- relatore dott.ssa LICIA CENTRO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA N. 38/A/2014 nei giudizi d’appello in materia di responsabilità amministrativa (riuniti ai sensi dell’art. 335 del c.p.c.) iscritti ai nn. 4593 e 4667 del registro di segreteria, promossi, rispettivamente, da: Nicosia Salvatore, nato a Ribera il 18.2.1950, ivi residente in via R. Sanzio, n.111, difeso dall’avv. Salvatore Pensabene Lionti (con domicilio eletto presso il suo studio legale, in via G. Giusti, n.45, Palermo); Scalici Gaetano, nato a Sciacca il 2.1.1964, ivi residente in via della Lanterna, n.35, difeso dall’avv. Antonino Turturici (con domicilio eletto presso il suo studio legale, in via Cappuccini, n.38, Palermo), avverso la Procura regionale della Corte dei Conti, per la riforma della sentenza n.350/2013, emessa dalla Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in data 24.1.2013; 2 visti tutti gli atti e documenti di causa; uditi nella pubblica udienza del 28 novembre 2013 il consigliere relatore dott. Valter Del Rosario, l’avv. Salvatore Pensabene Lionti per il sig. Nicosia ed il Pubblico Ministero dott.ssa Diana Calaciura; non comparso il difensore del sig. Scalici. FATTO Con la sentenza n.350/2013 la Sezione di primo grado, accogliendo le istanze formulate dalla Procura regionale della Corte dei Conti, ha condannato, in solido tra loro, Nicosia Salvatore, Scalici Gaetano e Bono Pippo a pagare alla Regione Siciliana la somma di € 18.240,20 (da maggiorarsi di accessori, calcolati secondo le modalità ivi specificate, e spese processuali), a titolo di risarcimento del danno scaturito da operazioni fraudolente verificatesi nell’ambito di alcune procedure di finanziamento agrario agevolato ai sensi della L. 14.2.1992, n.185. In particolare, nella sentenza di primo grado sono state evidenziate le seguenti circostanze. A seguito di complesse indagini svolte dalla Polizia giudiziaria su segnalazione del Banco di Sicilia, era emerso che Bono Pippo (funzionario in servizio presso la Condotta Agraria di Sciacca, organo dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Agrigento), Scalici Gaetano (impiegato in servizio presso il Comune di Sciacca, addetto all’autenticazione delle sottoscrizioni apposte da privati su atti e dichiarazioni) e Nicosia Salvatore (funzionario in servizio presso l’agenzia A di Sciacca del Banco di Sicilia, addetto al settore prestiti 3 agrari) avevano ordito una trama finalizzata a realizzare false apparenze dei presupposti legittimanti la concessione di prestiti agrari agevolati in favore di alcuni imprenditori agricoli (che, in realtà, erano del tutto ignari delle operazioni poste in essere a loro nome), per poi appropriarsi delle relative somme. In pratica, le operazioni fraudolente erano così articolate: veniva redatta dal Bono (funzionario in servizio presso la Condotta Agraria di Sciacca) un’istanza a nome di un certo imprenditore, con cui si segnalavano presunti danni cagionati alla produzione agricola da eccezionali avversità atmosferiche e si chiedeva, pertanto, la concessione, ai sensi della L. n.185/1992, di un prestito agrario, nell’ambito del quale la Regione Siciliana avrebbe dovuto contribuire, in una quota prestabilita, al pagamento degli interessi che il medesimo imprenditore agricolo doveva corrispondere al Banco di Sicilia, erogatore del mutuo; la firma apocrifa, apparentemente riferibile all’ignaro imprenditore agricolo in questione, veniva autenticata dal funzionario comunale Scalici Gaetano; l’istanza così predisposta veniva dapprima inoltrata all’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Agrigento, competente a rilasciare il nullaosta alla concessione del prestito agevolato, e successivamente inviata, assieme al nullaosta, al Banco di Sicilia; veniva quindi redatta, da parte di Nicosia Salvatore, una delibera, recante la firma apocrifa del vice direttore dell’agenzia A di Sciacca del Banco di Sicilia (in cui egli prestava servizio come funzionario), 4 mediante la quale l’istituto di credito concedeva il mutuo all’imprenditore agricolo indicato nell’istanza; veniva poi aperto, a nome del medesimo ignaro imprenditore, un libretto di deposito a risparmio presso la predetta banca, sul quale affluivano le somme erogate a titolo di mutuo dall’istituto di credito; con apposite istanze, recanti anch’esse firme false dell’intestatario del libretto di deposito a risparmio, veniva infine chiesta l’emissione di vaglia cambiari, che il Bono, lo Scalici ed il Nicosia provvedevano ad incassare (previa apposizione di girate fasulle sui titoli) mediante accreditamento delle relative somme di denaro su conti correnti bancari ad essi riconducibili; le somme erogate dal Banco di Sicilia a titolo di mutuo agrario non venivano ovviamente restituite all’istituto di credito né dai predetti soggetti né tantomeno dagli ignari imprenditori agricoli, che ne figuravano apparentemente come beneficiari; la Regione Siciliana, dal canto suo, provvedeva a versare periodicamente al Banco le somme prestabilite a titolo di contributo pro quota sugli interessi. In tale contesto il danno patito dalla Regione veniva ad essere costituito esclusivamente dalle quote di contributo in conto interessi, che l’Amministrazione aveva versato direttamente al Banco di Sicilia (a beneficio degli ignari imprenditori agricoli, asseritamente danneggiati da eccezionali avversità atmosferiche) per complessivi € 18.240,20, di cui: € 8.467,90, indicati nel provvedimento di liquidazione definitiva n.203 5 del 20.11.2001; € 9.772,30, indicati nel provvedimento di liquidazione definitiva n.159 del 3.6.2002. Dopo la scoperta (avvenuta nel periodo dicembre 2000- gennaio 2001) dei fatti illeciti compiuti dal Nicosia (nella sua qualità di funzionario dell’Agenzia di Sciacca del Banco di Sicilia), dal Bono e dallo Scalici, fu avviato a carico dei medesimi un procedimento penale (iscritto al n.1236/2001), che venne definito con le sentenze del Tribunale di Sciacca: n.796/2008, pubblicata il 21.11.2008, dichiarativa dell’intervenuta prescrizione dei reati di truffa e falso imputati al Nicosia ed al Bono; n.598/2008, pubblicata l’1.10.2008, anch’essa dichiarativa della maturata prescrizione degli analoghi reati imputati allo Scalici. Dopo aver illustrato i profili salienti della vicenda, la Sezione di primo grado ha preliminarmente ritenuto sussistente la giurisdizione della Corte dei Conti nei riguardi di Nicosia Salvatore, sostenendo che: non assumevano significativa rilevanza le tesi difensive prospettate dal medesimo, secondo cui egli aveva operato esclusivamente nell’ambito delle sue mansioni lavorative di funzionario del Banco di Sicilia, senza essere mai stato legato da un rapporto di servizio (né di diritto nè di fatto) con l’Amministrazione regionale e senza aver avuto “maneggio” di denaro pubblico (considerato che le somme di cui s’era appropriato, assieme al Bono ed allo Scalici, erano di pertinenza esclusiva del Banco); l’elemento determinante per l’affermazione della giurisdizione 6 contabile era da individuarsi nella circostanza che il Nicosia, mediante i suoi comportamenti fraudolenti, aveva fornito un contributo causale alla distrazione di risorse finanziarie pubbliche dalle finalità cui avrebbero dovuto essere destinate, considerato che l’Amministrazione regionale aveva corrisposto al Banco di Sicilia somme a titolo di contributo in conto interessi relativamente ad operazioni di prestito agrario rivelatesi fittizie. In secondo luogo, la Sezione di primo grado ha dichiarato l’infondatezza dell’eccezione di maturata prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa, che era stata sollevata dai soggetti convenuti in giudizio, sostenendo che: essendovi stato un doloso occultamento del danno, il “dies a quo” della prescrizione andava individuato nella data (2.11.2005) in cui la Procura della Repubblica di Sciacca aveva comunicato al P.M. contabile che era stato chiesto il rinvio a giudizio del Bono, del Nicosia e dello Scalici per i reati di truffa e falso; il decorso del termine quinquennale di prescrizione era poi stato tempestivamente interrotto mediante gli atti di costituzione in mora, che l’Amministrazione regionale aveva notificato allo Scalici ed al Bono in data 16.1.2010 ed al Nicosia il 7.4.2010. Passando all’esame delle contestazioni formulate dalla Procura a carico di tali soggetti, la Sezione di primo grado ha ritenuto pienamente provate le loro responsabilità a titolo di dolo e li ha, pertanto, condannati, in solido tra loro, al risarcimento del danno patito dalla Regione Siciliana. 7 ***** Avverso la sentenza n.350/2013 ha proposto appello Scalici Gaetano, difeso dall’avv. Antonino Turturici. In primo luogo, lo Scalici ha eccepito la maturata prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità amministrativa esperita nei suoi confronti, considerato, da un lato, che (come anche evidenziato nella sentenza n.598/2008 del Tribunale di Sciacca, che ha dichiarato estinti per prescrizione i reati a lui ascritti) i comportamenti illeciti da lui tenuti si erano concretizzati non oltre l’anno 2000 ed erano stati pienamente scoperti, a seguito delle indagini svolte dalla Polizia giudiziaria, ben prima del 2005 (epoca in cui era stata formulata a suo carico la richiesta di rinvio a giudizio innanzi al Giudice penale) e, da un altro lato, che il primo atto di costituzione in mora gli era stato notificato dall’Assessorato alle Risorse Agricole della Regione Siciliana nel gennaio 2010. Nel merito, lo Scalici ha sostenuto che il suo ruolo nella vicenda in esame sarebbe stato secondario, essendosi egli limitato ad autenticare, su sollecitazione del Bono, le sottoscrizioni apocrife che erano state apposte su alcune domande di concessione di prestiti agrari agevolati, mentre egli non sarebbe stato a conoscenza e, quindi, non avrebbe intenzionalmente partecipato alle operazioni truffaldine poste in essere dal Bono e dal Nicosia. ***** Avverso la sentenza n.350/2013 ha proposto appello anche Nicosia Salvatore, difeso dall’avv. Salvatore Pensabene Lionti. 8 In primo luogo, la parte appellante ha riproposto l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti nei suoi riguardi. A tal proposito, il Nicosia ha evidenziato che il prestito agrario disciplinato dalla L. n.185/1992 (poi abrogata dal D.L.vo 29.3.2004, n.102) si configurava come un finanziamento erogato direttamente dalle banche ad imprenditori danneggiati da eccezionali avversità atmosferiche, che avessero causato la perdita di almeno il 35% dei prodotti agricoli. Per consentire a tali imprenditori di far fronte ai sopravvenuti disagi economici, era prevista la possibilità di ottenere dalla Regione un contributo in conto interessi (in pratica, l’Amministrazione assumeva l’impegno di corrispondere alla banca che aveva erogato il mutuo agrario una quota degli interessi dovuti dall’imprenditore beneficiario del finanziamento). Per accedere a tale forma di prestito agevolato era, tuttavia, indispensabile che l’interessato avesse ottenuto il nullaosta dall’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, al quale competeva istituzionalmente la verifica della sussistenza dei presupposti previsti dalla normativa vigente. A sua volta, l’istituto di credito (al quale veniva inoltrata la richiesta di mutuo agrario): aveva facoltà di concederlo o meno, dovendo verificare, tra l’altro, la solvibilità del soggetto interessato; in caso di esito positivo delle verifiche eseguite, stipulava un contratto di mutuo con il medesimo imprenditore, al quale erogava 9 somme di denaro di propria esclusiva pertinenza e non già fondi pubblici. Infatti, soltanto direttamente ex post la alla banca Regione provvedeva una quota degli a interessi versare dovuti dall’imprenditore agricolo beneficiario del prestito agevolato, il quale, a sua volta, era tenuto a restituire ratealmente all’istituto di credito sia la sorte capitale sia l’ammontare residuo degli interessi prestabiliti. Ciò premesso, il Nicosia ha sostenuto che: dopo l’esecuzione (culminanti nel delle rilascio, prodromiche da parte verifiche amministrative dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, del nullaosta in favore dell’imprenditore agricolo interessato), l’istituto di credito effettuava operazioni di tipo prettamente privatistico, che erano disciplinate dal contratto di mutuo agrario stipulato con il medesimo imprenditore, senza venire ad espletare alcuna funzione di natura pubblicistica o, comunque, volta a soddisfare interessi pubblici; in sostanza, in tale contesto non veniva ad instaurarsi alcun rapporto di servizio tra la banca (la quale erogava direttamente, utilizzando proprii fondi, il prestito all’imprenditore agricolo e, quindi, non gestiva affatto denaro pubblico) e l’Amministrazione regionale (la quale si limitava ad intervenire ex post, effettuando il pagamento di una quota degli interessi dovuti dal medesimo imprenditore). Sulla scorta di tali elementi, il Nicosia ha contestato le affermazioni contenute nell’atto di citazione della Procura (sostanziamente condivise dalla Sezione di primo grado), secondo le quali egli, in 10 qualità di funzionario del Banco di Sicilia addetto al settore dei prestiti agrari, avrebbe concretamente svolto “attività di gestione” di finanziamenti pubblici, con correlativo illecito “maneggio” di denaro pubblico, assumendo in tal modo anche la qualifica di “agente contabile di fatto”. In realtà, egli aveva operato esclusivamente nell’ambito del proprio rapporto lavorativo di natura privatistica con il Banco di Sicilia, senza essere mai stato legato da un rapporto di servizio, né di diritto nè di fatto, con la Regione Siciliana. Il Nicosia ha sottolineato, altresì, che, in ogni caso, nella fattispecie in esame non sarebbe ravvisabile una relazione di “occasionalità necessaria” tra il presunto “rapporto di servizio di fatto” (che, secondo la Procura, si sarebbe venuto ad instaurare tra il Nicosia e l’Amministrazione regionale) e gli eventi produttivi di danno erariale. Il Nicosia ha, in secondo luogo, riproposto l’eccezione di maturata prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità amministrativa esperita nei suoi confronti dalla Procura regionale, evidenziando che tra la scoperta delle operazioni fraudolente (avvenuta tra la fine del 2000 e gli inizi del 2001) e l’atto di costituzione in mora, che egli era stato notificato dall’Amministrazione regionale nell’aprile 2010, erano trascorsi oltre nove anni. Il Nicosia ha, infine, fatto presente, allegando apposita attestazione rilasciata dal Banco di Sicilia, di aver, a suo tempo, integralmente provveduto a restituire all’istituto di credito le somme corrispondenti 11 alla sorte capitale dei fittizi prestiti agrari in questione. ***** La Procura Generale presso questa Corte ha depositato le proprie conclusioni, nelle quali, dopo aver confutato le tesi e le eccezioni prospettate dal Nicosia e dallo Scalici, ha chiesto il rigetto di entrambi gli appelli, in quanto giuridicamente infondati, e la conferma della sentenza di primo grado. ***** Bono Pippo, anch’egli condannato dalla Sezione di primo grado a risarcire, in solido con il Nicosia e lo Scalici, il danno erariale, non ha proposto appello avverso la sentenza n.350/2013. ***** All’odierna udienza, l’avv. Pensabene Lionti, difensore del Nicosia, ed il P.M. hanno ribadito le conclusioni già formulate per iscritto. DIRITTO In primo luogo, dev’essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione della Corte dei Conti, già ritenuta infondata dal Giudice di primo grado e riproposta in grado d’appello da Nicosia Salvatore. Ad avviso del Collegio Giudicante, tale eccezione risulta meritevole d’accoglimento. Infatti, come affermato dalla consolidata giurisprudenza sia contabile che della Corte di Cassazione, l’istituto della responsabilità amministrativa, rientrante nella sfera giurisdizionale riservata alla Corte dei Conti, concerne le fattispecie di danno erariale che siano scaturite da violazioni dolose o gravemente colpose di obblighi 12 istituzionali, poste in essere da soggetti legati da un rapporto di servizio “di diritto” o “di fatto” con un’Amministrazione Pubblica. Il “rapporto di servizio” s’identifica sostanzialmente in una relazione funzionale caratterizzata dall’inserimento “lato sensu” di un determinato soggetto, anche privato, nell’apparato organizzativo di un Ente pubblico e nella conseguente compartecipazione del medesimo, sulla base di regole e criteri predeterminati, all’espletamento di attività rientranti nelle finalità istituzionali della P.A.. Pertanto, anche nel caso in cui la relazione funzionale intercorrente tra il soggetto, al quale sia imputabile una condotta lesiva di beni o di interessi finanziari pubblici, e la P.A. non abbia tratto origine da un rapporto giuridico di diritto pubblico, è comunque indispensabile che quel soggetto abbia svolto un’attività che ne abbia comportato un oggettivo inserimento, anche temporaneo, nell’organizzazione amministrativa e che lo abbia reso compartecipe dell’azione dell’Ente pubblico volta al perseguimento di finalità di pubblico interesse (v., ex plurimis, Cassazione- SS.UU. civili n.1381/1995 e n.2628/2002; Cassazione- III^ sez. civ. n.3672/2010). Soltanto ove ricorrano tali presupposti sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti relativamente all’azione giudiziaria finalizzata al risarcimento del danno subito da una P.A., azione che altrimenti rientra nella sfera giurisdizionale del Giudice Ordinario. Orbene, nella fattispecie oggetto del presente giudizio di responsabilità amministrativa non appare ravvisabile un “rapporto di 13 servizio” intercorrente tra il Nicosia (funzionario del Banco di Sicilia, addetto al settore dei prestiti agrari) e la Regione Siciliana. A tal proposito, deve rammentarsi che il prestito agrario disciplinato dalla L. n.185/1992 (poi abrogata dal D.L.vo 29.3.2004, n.102) si configurava come un finanziamento erogato direttamente dalle banche ad imprenditori danneggiati da eccezionali avversità atmosferiche, che avessero cagionato la perdita di almeno il 35% dei prodotti agricoli. Per consentire a tali imprenditori di far fronte più agevolmente ai disagi economici sopravvenuti, era prevista la possibilità di ottenere dalla Regione la concessione di un contributo in conto interessi (in pratica, l’Amministrazione assumeva l’impegno di corrispondere direttamente alla banca, che aveva erogato il mutuo agrario, una quota degli interessi dovuti dall’imprenditore beneficiario del finanziamento). Per accedere a tale forma di prestito agevolato era, però, necessario che l’interessato avesse ottenuto il nullaosta dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, previa verifica della sussistenza dei presupposti previsti dalla normativa vigente. In tale contesto, l’istituto di credito al quale veniva rivolta la richiesta di prestito agrario: aveva la facoltà di concederlo o meno, dovendo verificare, tra l’altro, la solvibilità del soggetto interessato; in caso di esito positivo delle verifiche eseguite, stipulava un contratto di mutuo con il medesimo imprenditore, al quale erogava 14 somme di denaro proprie e non già fondi pubblici. Infatti, soltanto ex post la Regione provvedeva a rimborsare alla banca una quota degli interessi dovuti dall’imprenditore agricolo che aveva stipulato il contratto di mutuo agevolato, imprenditore che, a sua volta, era tenuto personalmente a restituire, in forma rateale, all’istituto di credito sia la sorte capitale ricevuta sia l’ammontare residuo degli interessi pattuiti. Ciò premesso, appare evidente che, dopo l’esecuzione delle prodromiche verifiche amministrative (culminanti nel rilascio, da parte dell’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura, del nullaosta a favore dell’imprenditore agricolo interessato), l’istituto di credito effettuava autonomamente operazioni finanziarie di tipo prettamente privatistico, che erano disciplinate dal contratto di mutuo agrario stipulato con il medesimo imprenditore, senza venire ad espletare alcuna funzione di natura pubblicistica o, comunque, volta a soddisfare interessi pubblici. In sostanza, deve ritenersi che in tale contesto: non veniva a configurarsi alcun “rapporto di servizio” tra la banca (la quale erogava direttamente, utilizzando proprie risorse finanziarie, il mutuo agrario all’imprenditore agricolo e, quindi, non gestiva affatto fondi pubblici) e l’Amministrazione regionale (la quale si limitava ad intervenire dopo la concessione del prestito, versando alla banca mutuante una quota degli interessi che erano dovuti dal medesimo imprenditore); tantomeno veniva ad instaurarsi un “rapporto di servizio” tra il 15 funzionario di banca addetto al settore dei prestiti agrari e l’Amministrazione regionale. Orbene, nella fattispecie in esame risulta che il Nicosia ha operato (sia pur in maniera fraudolenta) esclusivamente nell’esercizio delle proprie mansioni lavorative, di natura prettamente privatistica, di funzionario alle dipendenze del Banco di Sicilia, senza, quindi, alcun inserimento funzionale nell’ambito dell’apparato organizzativo dell’Amministrazione regionale, senza partecipare all’espletamento di attività di natura amministrativa finalizzate a soddisfare esigenze istituzionali della P.A. e senza neppure aver concretamente avuto “maneggio” di fondi pubblici. D’altro canto, nella sentenza n.350/2013 la Sezione di primo grado non ha addotto argomentazioni giuridiche idonee a dimostrare l’esistenza di un concreto “rapporto di servizio”, sia pur inteso in senso lato, tra il Nicosia e la Regione. Il Collegio Giudicante reputa conseguentemente che debba essere dichiarato il difetto di giurisdizione della Corte dei Conti nei riguardi del Nicosia, a carico del quale non poteva essere esperita l’azione di responsabilità amministrativa da parte della Procura regionale. In secondo luogo, il Collegio Giudicante osserva che, in ogni caso (ossia anche ove fosse ravvisabile la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti nei riguardi del Nicosia), risulta fondata l’eccezione, sollevata dal medesimo Nicosia nonché da Scalici Gaetano (altro soggetto che ha appellato la sentenza n.350/2013), di maturata prescrizione dell’azione di responsabilità amministrativa 16 esperita a loro carico dal P.M. contabile. Infatti, come si evince chiaramente dagli atti del procedimento penale (ritualmente acquisiti al fascicolo del presente giudizio di responsabilità amministrativa), Scalici Gaetano, Nicosia Salvatore e Bono Pippo (il quale, va rammentato, non ha proposto appello avverso la sentenza n.350/2013, emessa dalla Sezione di primo grado di questa Corte) hanno posto in essere le operazioni fraudolente inerenti i prestiti agrari agevolati (concessi dal Banco di Sicilia a favore degli ignari imprenditori agricoli Santangelo Accursia, Bono Filippo e Ciaccio Calogero) in epoche comunque anteriori al giugno 2000 (v. le sentenze n.598/2008 e n.796/2008, emesse dal Tribunale penale di Sciacca). Tali operazioni fraudolente sono state scoperte tra il dicembre 2000 ed il gennaio 2001, tant’è vero che il Nicosia è stato dapprima sospeso dal servizio presso il Banco di Sicilia con provvedimento dell’11.12.2000 e poi licenziato in tronco il 24.1.2001 mentre a carico del medesimo Nicosia, dello Scalici e del Bono sono state immediatamente avviate indagini da parte della Polizia giudiziaria (comportanti l’effettuazione di accertamenti e verifiche anche presso la Regione Siciliana e l’Ispettorato Provinciale dell’Agricoltura di Agrigento), che hanno determinato l’attivazione, da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sciacca, del procedimento penale n.1263/2001, definito con le predette sentenze n.598/2008 (riguardante lo Scalici) e n.796/2008 (riguardante il Nicosia ed il Bono), le quali hanno dichiarato l’estinzione dei reati 17 ascritti ai medesimi per sopravvenuta prescrizione. Considerato, dunque, che tra la scoperta dei fatti illeciti (produttivi, secondo il P.M. contabile, anche di danno per la Regione Siciliana) ed il primo atto di costituzione in mora rivolto al Nicosia ed allo Scalici (costituito dalla nota prot. n.25/segr., emessa il 12.1.2010 dall’Assessorato regionale alle Risorse Agricole- Dipartimento per gli interventi strutturali in agricoltura- Servizio VII- I.P.A. di Agrigento, notificata allo Scalici il 16.1.2010 ed al Nicosia il 7.4.2010) sono trascorsi circa nove anni, non v’è dubbio che sia maturata la prescrizione quinquennale dell’azione di responsabilità amministrativa. A tal proposito, deve sottolinearsi che, in presenza di fatti illeciti e dannosi scoperti dalla Polizia giudiziaria nei loro profili essenziali nel 2001 e quindi divenuti, già a tale epoca, agevolmente conoscibili dalla Regione Siciliana (Amministrazione direttamente interessata, la quale non risulta essersi costituita parte civile nel procedimento penale ed ha notificato atto di costituzione in mora nei confronti dei soggetti responsabili dei fatti illeciti soltanto nel 2010), non viene ad assumere alcuna significativa rilevanza, ai fini dell’individuazione della decorrenza del termine di prescrizione dell’azione risarcitoria per il danno erariale, la data (2 novembre 2005) in cui la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sciacca comunicò d’aver chiesto (nel maggio 2005) il rinvio a giudizio del Nicosia e dello Scalici (oltre che del Bono). Il Collegio Giudicante reputa conclusivamente che, per le ragioni 18 sopra specificate, debbano essere annullate le statuizioni di condanna emesse dalla sentenza di primo grado n.350/2013 a carico di Nicosia Salvatore e di Scalici Gaetano. Considerato che nei riguardi dei medesimi non viene emessa alcuna pronunzia d’assoluzione nel merito, non v’è luogo a provvedere in ordine alla liquidazione in loro favore degli onorari e delle spese di difesa. PER QUESTI MOTIVI la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale d’Appello per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando sugli appelli (riuniti ai sensi dell’art. 335 del c.p.c.) proposti da Nicosia Salvatore e da Scalici Gaetano, annulla le statuizioni di condanna emesse a loro carico dalla sentenza di primo grado n.350/2013, pubblicata il 24.1.2013. Considerato che, per le ragioni analiticamente esposte in motivazione, nei riguardi dei medesimi Nicosia e Scalici non viene emessa alcuna pronunzia d’assoluzione nel merito, non v’è luogo a provvedere in ordine alla liquidazione in loro favore degli onorari e delle spese di difesa. Nulla per le spese processuali inerenti il presente grado di giudizio. Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 28 novembre 2013. L’ESTENSORE F.to (Valter Del Rosario) IL PRESIDENTE F.to (Salvatore Cilia) 19 sentenza depositata in segreteria nei modi di legge Palermo, 03/02/2014 Il direttore della segreteria F.to (Nicola Daidone)