L’enzima e la plasticità sinaptica Uno studio mostra un ruolo inedito della molecola Pin1 9 ottobre 2014 Le sinapsi sono entità “dinamiche”: possono regolare la loro azione nei processi nervosi legati all’apprendimento, per esempio, ma anche per conseguenza di malattie. Un team di ricercatori – che vede la SISSA come protagonista – ha dimostrato il ruolo di un piccolo enzima (Pin1) nella plasticità sinaptica. Lo studio è stato appena pubblicato sulla rivista Nature Communications. Un piccolo spazio “vuoto” in fervente attività: la sinapsi è una struttura complessa dove il segnale nervoso (elettrico) che arriva dal neurone presinaptico, nel suo viaggio verso la meta -­‐ che sia un muscolo, una ghiandola o un altro neurone si trasforma in segnale chimico, capace di attraversare lo spazio sinaptico per tornare di nuovo elettrico una volta a valle. La sinapsi è uno spazio “dinamico”, non solo per l’incessante lavoro che qui si svolge, ma anche per la capacità di mutare la propria azione nel tempo (plasticità sinaptica), in funzione di normali processi fisiologici, per esempio nell’apprendimento, ma anche come conseguenza di squilibri legati a stati patologici. Uno studio, targato principalmente SISSA (che ha coinvolto anche l’Università di Zurigo, il LNCIB di Trieste e l’istituto EBRI di Roma), ha mostrato che un piccolo enzima (Pin1, peptidil-­‐prolil isomerasi), che svolge un ruolo di mediazione nel processo di trasmissione del segnale, ha un effetto sulla plasticità sinaptica. “La sinapsi che abbiamo studiato è di tipo inibitorio. Il segnale che trasmette ostacola l’attivazione del neurone postsinaptico, diminuendo la probabilità che questo si attivi e scarichi il potenziale d’azione”, spiega Paola Zacchi, ricercatrice della SISSA che ha coordinato questo studio. “Quando Pin1 è assente dalla sinapsi la trasmissione avviene ‘a pieno regime’, ma anche senza controllo. Quando invece è presente regola la forza del segnale, attutendolo. Abbiamo osservato che Pin1 è in grado di modificare il numero di recettori post-­‐sinaptici”. Maggiore è il numero di recettori in grado di legarsi al neurotrasmettitore, più intenso è il segnale che arriva alla membrana postsinaptica. “Questo significa anche che Pin1 ha un ruolo nella plasticità” spiega Zacchi. Più in dettaglio... Come funziona una sinapsi? “La sinapsi di tipo chimico, la più diffusa nei vertebrati, è uno spazio ristretto fra un neurone e un altro dove avviene il passaggio del segnale nervoso”, spiega Zacchi. Nelle sinapsi chimiche i due neuroni non sono a contatto, sono separati da una distanza di circa 20 nanometri. Per questo motivo il segnale elettrico che viaggia sulla terminazione nervosa presinaptica deve interrompersi per poi riprendere sul neurone a valle. In mezzo fra un neurone e l’altro avviene una traduzione del segnale elettrico in chimico (che poi torna elettrico). “L’arrivo del potenziale d’azione sul bottone presinaptico provoca il rilascio, nello spazio interneurale, delle molecole di neurotrasmettitore, che vengono captate dai recettori sulla membrana postsinaptica”, racconta Zacchi. “Se la sinapsi è eccitatoria questo provoca un’attivazione del neurone post sinaptico che, se sufficientemente intensa, da il via ad un nuovo potenziale d’azione. Se la sinapsi è inibitoria, come nel caso dei nostri studi, il segnale ‘abbatte’ l’attivazione postsinaptica e ostacola l’insorgere del potenziale elettrico. Nel processo di rilascio-­‐
captazione del neurotrasmettitore entrano in gioco altre molecole, come le proteine scaffold, che raggruppano i recettori al posto giusto sulla membrana di fronte ai siti di rilascio del neurotrasmettitore, e le neuroligine che fanno da ponte fra le due estremità della sinapsi, ma interagiscono anche con le proteine scaffold. Pin1, il nostro enzima interagisce sia con le neuroligine che con le scaffold”. L’enzima Pin1 è noto da tempo per il suo ruolo nel cancro e nello sviluppo di diverse malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson (mentre per esempio le neuroligine sembrano avere un ruolo nell’autismo). “Studi come il nostro ampliano le conoscenze sui meccanismi biochimici della plasticità sinaptica, aumentando da un lato le conoscenze su meccanismi sani, ma aiutando anche coloro che cercano di capire come intervenire in un ampia gamma di stati patologici”. Link utili: • Articolo originale su Nature Communications: http://goo.gl/ch2X3d IMMAGINI: • Crediti: SISSA Contatti: Ufficio stampa: [email protected] Tel: (+39) 040 3787644 | (+39) 366-­‐3677586 via Bonomea, 265 34136 Trieste Maggiori informazioni sulla SISSA: www.sissa.it 
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