Elementi di linguistica
sarda
Giovanni Lupinu
Facoltà di Lettere e Filosofia
Università degli Studi di Sassari
Lezione n. 4
Le lingue di superstrato
Nel 456 d.C. la Sardegna, ormai completamente latinizzata, fu
occupata dai Vandali.
Si tratta della prima di una serie di dominazioni che, tuttavia, non
avranno come conseguenza l’imposizione delle rispettive lingue (e
neppure di una sola di esse), come era accaduto coi Romani.
Più semplicemente, si avrà l’accoglimento da parte del sardo di una
serie di elementi esterni (prestiti), che ne modificheranno, in misura
differente a seconda dei casi, la fisionomia.
Per indicare uno strato linguistico che, in séguito a fatti storici di ordine
diverso (invasioni, colonizzazioni, influssi culturali), si sovrappone a
un idioma già in uso in una determinata regione, provocando in esso
mutamenti che possono essere di tipo fonetico, talvolta
morfosintattico ma soprattutto lessicale, abbiamo visto che si
impiega il termine superstrato.
L’attuale fisionomia del sardo non è comprensibile se non si considera
l’apporto che esso ha ricevuto dalle diverse lingue di superstrato.
Il superstrato vandalico
I Vandali erano una popolazione germanica, che dominò in Sardegna
dal 456 al 534 d.C.
Durante la dominazione vandalica (come anche sotto i Bizantini) la
Sardegna fu unita amministrativamente all’Africa e incrementò molto
i contatti con la cristianità africana:
di essa, fra l’altro, accolse diversi eminenti rappresentanti (vescovi) che
furono mandati in esilio dai sovrani vandali, schierati a favore
dell’eresia ariana.
Dal punto di vista linguistico la dominazione vandalica fu priva di
conseguenze visibili, durature: ciò si può affermare perché nel sardo
attuale non compaiono elementi che possano essere attribuiti, con
certezza, a un superstrato linguistico germanico.
Alcuni vocaboli di origine germanica sono penetrati in sardo per via
indiretta, come ad es.:
centr. mèrka “latte inacidito”, dal lat. MELCA (a sua volta dal
germanico: cfr. ted. Milch, ingl. milk);
ĝèrra “guerra”, che proviene dallo sp.-cat. guerra (a sua volta dal
germanico werra).
Il superstrato greco bizantino
Nel 534 d.C. la Sardegna entrò a far parte dell’esarcato africano di
Bisanzio.
Dal punto di vista linguistico, M. L. Wagner era incline a ritenere
l’influsso bizantino sul sardo in generale esiguo, limitato soprattutto
alle sfere ecclesiastica e amministrativa.
Tale atteggiamento derivava dall’accettazione di uno schema
storiografico non adeguato:
in sostanza, sino a non molto tempo fa si avvalorava l’idea di una
presenza bizantina in Sardegna piuttosto “leggera”.
Tale presenza sarebbe stata in grado di esercitare sulla cultura e sulla
società sarde soltanto un influsso limitato, per l’appunto, agli
ambienti elevati della Chiesa e dell’amministrazione imperiale.
In questo modo, si comprende l’atteggiamento del Wagner, propenso a
riconoscere nel sardo termini di origine bizantina soltanto in quegli
ambiti indicati in precedenza.
Come esempio, qui ci limitiamo a ricordare una parola importante per la
cultura sarda:
kondáke, kondáǥe “raccolta di atti riguardanti negozi giuridici, decisioni
giudiziali, donazioni, permute etc.” (di solito in relazione a un ente
ecclesiastico). Si tratta della tipologia di documento certamente più
caratteristica del medioevo sardo.
Successivamente, per merito soprattutto di G. Paulis, si è messa in
evidenza la maggiore articolazione e profondità dell’influsso
bizantino in Sardegna.
Tale influsso si può ravvisare, oltreché negli ambiti precedentemente
privilegiati della corte e della Chiesa, anche nella vita quotidiana,
nelle strutture sociali ed economiche e nella cultura materiale.
Il risultato di questo mutamento di prospettive è stato, in campo
linguistico, l’identificazione di un più cospicuo e vario apporto al
lessico sardo da parte del superstrato bizantino.
In particolare, possiamo ricordare le seguenti voci di origine greca:
camp. ĝjáni “morello” (detto del manto dei cavalli e dei buoi; esiste
anche come cognome, Ghiani);
log. iskontrjare “dilombarsi, sfibrare” (detto del cavallo), “fiaccarsi,
rimbambire” (dell’uomo);
log. kèra óƀiđa, camp. čèra óƀiđa “propoli”;
annakkare “cullare”, segnalato per Baunei;
log. e camp. lèppa “coltello a serramanico”;
log. sett. elóǥu “vaiolo”.
Notevole, poi, è la sopravvivenza nel sardo attuale di alcuni nomi di
battesimo di origine greca bizantina:
Baṡíle, Baṡíli “Basilio”; Elène, Alèni “Elena”; Gantíne, Gantíni
“Costantino”; Maléni “Maddalena”; Miále, Miáli “Michele”, etc.
Qui si può ricordare anche il caso di Sant’Avendrace, denominazione di
un quartiere di Cagliari, con Avendrace che si lascia ricondurre a
Euandráki(on) (“piccolo Evandro”), pronunciato evandráki.
Ricordiamo infine alcuni toponimi di origine greca bizantina:
Ploaghe (comune in provincia di Sassari; nei documenti medioevali
compare come Plavaki, Plovaki, Plovake), che si riconduce a
Paulákes (pronunciato Pavlákis) e, in ultima analisi, a Paûlos
(pronunciato Pávlos) “Paolo”;
Platamona (stagno e spiaggia sabbiosa a est di Portotorres, nella
marina di Sorso), che si riporta a platamón, platamónos “spiaggia
piana e larga”.
Il primo superstrato italiano
In séguito all’espansione islamica nel Mediterraneo, i legami con
Bisanzio col tempo si allentarono.
Anche per questa ragione, per il vuoto di potere che si venne a creare,
nacquero in Sardegna, forse fra il X e l’XI sec., i quattro giudicati di
Gallura, Cagliari, Arborea e Torres, vere e proprie entità statali
autonome (è utile vedere la carta di G. G. Ortu nella diapositiva n.
15, che mostra la situazione dell’isola intorno al 1300).
A partire dall’inizio dell’XI sec., poi, incominciò la progressiva
penetrazione commerciale e politica di Genova e Pisa in Sardegna.
Tale penetrazione avvenne all’inizio attraverso enti ecclesiastici legati
alle due repubbliche marinare, oltreché per l’iniziativa di casati
nobiliari;
successivamente avvenne anche in modo più diretto, tramite numerosi
Pisani e Genovesi che giunsero in Sardegna e ottennero privilegi di
varia natura.
In particolare, l’ingerenza pisana interessò maggiormente i giudicati di
Cagliari e Gallura, mentre nel giudicato di Torres il controllo
genovese fu via via più netto, specialmente a Sassari.
Una posizione più autonoma, in generale, fu quella che seppe
conservare il giudicato di Arborea.
Tutte queste vicende ebbero delle conseguenze linguistiche evidenti,
che modificarono la fisionomia del sardo quale appare già nei primi
documenti dopo il Mille.
Breve bibliografia
G. G. Ortu, La Sardegna dei giudici, Nuoro 2005.
G. Paulis, Lingua e cultura nella Sardegna bizantina. Testimonianze
linguistiche dell’influsso greco, Sassari 1983.
M. L. Wagner, Dizionario etimologico sardo, Heidelberg 1960-64.
M. L. Wagner, La lingua sarda. Storia, spirito e forma, Nuoro 1997.
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