Variazioni vascolari come l'iperemia, bulbare e limbare, e le neovascolarizzazioni osservabili nei portatori di lenti a contatto sono principalmente imputabili all'ipossia corneale cronica Un recente studio, condotto con l'obiettivo di valutare gli effetti delle lenti in silicone idrogel durante l'uso diurno, ha evidenziato una significativa riduzione del rossore limbare, nell'arco di un mese, in quei soggetti nei quali le tradizionali lenti in idrogel erano state sostituite con lenti in silicone idrogel lac lenti a contatto contact lenses Codirettori scientifici L. Lupelli (Roma), N. Pescosolido (Roma) Comitato scientifico L. Boccardo (Certaldo), M. Bovey (Palermo), R. Fletcher (London), A. Fossetti (Firenze), P. Gheller (Bologna), M. Lava (Roma), S. Lorè (Roma), A. Madesani (Forte dei Marmi), L. Mannucci (Padova), U. Merlin (Rovigo), M. Rolando (Genova), A. Rossetti (Cividale del Friuli), C. Saona (Barcelona), L. Sorbara (Toronto) Ringraziamenti Si ringraziano A.I.LAC e S.Opt.I. per la collaborazione scientifica Comitato editoriale A. Calossi (Certaldo), O. De Bona (Marcon), M. Lava (Roma), C. Masci (Roma), F. Zeri (Roma) Segreteria O. De Bona via E. Mattei, 11 30020 Marcon (VE) tel. 041.5939411 e-mail: [email protected] Nome della rivista LAC Direttore responsabile Marco Perini Proprietario testata BieBi Editrice Editore BieBi Editrice di Mauro Lampo Via Losana, 4 - 13900 Biella Tiratura Quadrimestrale, 32 pagine Tipografia Arti Grafiche Biellesi via Biella 58 - 13878 Candelo (Biella) Registrazione Tribunale Biella, in data 6/5/99 al n. 487 Sped. gratuita Numeri arretrati 1 Presso la segreteria sommario aprile 2005 vol.VII, n. 1 Articoli Sì, sono sferule di muco L. Lupelli pag. 5 L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva D. Fadel pag. 10 L’acquisizione di immagini in Contattologia: un’istantanea del panorama italiano F. Zeri, P. Formichella, L. Lupelli pag. 18 Global Orthokeratology Symposium Toronto, 22-25 luglio 2004 L. Boccardo pag. 25 Rubriche 3 Tips & tricks L. Boccardo pag. 28 Immagini di lac F. Zeri pag. 29 News L. Boccardo pag. 30 In libreria L. Boccardo pag. 31 a r t i c o l o Sì, sono sferule di muco Luigi Lupelli Istituto Superiore di Stato “De Amicis” di Roma Scuola di Ottica e Dipartimento di Scienze Optometriche Sommario Con l’avvento delle lenti in silicone idrogel si sono risolti molti dei problemi indotti dall’uso delle lenti a contatto (lac), in particolare quelli causati dall’ipossia corneale. Ciò ha permesso a molti ametropi di utilizzare le lac in modalità quotidiana per l’intero arco delle ore di veglia o in modalità continua affrancandoli così dalle fasi di manutenzione e riducendo al minimo le fasi di applicazione e rimozione delle lenti. Comunque l’uso di lac in silicone idrogel non è scevro da complicanze. Alcune di queste, come quelle meccaniche, paiono legate alla peculiarità del materiale che è caratterizzato da un modulo di Young decisamente più elevato in confronto all’idrogel convenzionale. Una complicanza di origine meccanica è rappresentata dalla frequente formazione, dietro la superficie posteriore della lente, di sferule di muco (SM). Sebbene la presenza di tali microformazioni paia essere benigna e necessario differenziare le SM da altre manifestazioni dall’aspetto simile e inoltre possono essere poste in atto delle misure per ridurre la consistenza del fenomeno. mate principalmente da glicoproteine 2-3, sono state denominate in vari modi. Molto spesso si è fatto ricorso al termine il lingua inglese “mucin balls”, meno frequentemente sono state usate espressioni come concrezioni mucose, microsfere lacrimali, detriti sferici, microdepositi corneali e sferule di muco (SM). Io credo che quest’ultima sia l’espressione che meglio esprime la condizione nella nostra lingua. Le cinque fasi del riconoscimento L’esame alla lampada a fessura durante le sedute di controllo, come per altre reazioni che si manifestano nei portatori di lac, è cruciale per individuare e riconoscere le SM. È conveniente suddividere tale esame in cinque parti: a) Illuminazione diretta con un ingrandimento tra 1 e 2 X. In tal modo possono essere osservati agglomerati, più o meno ampi, di piccoli punti (Fig. 1). Per avere una visione d’insieme si può anche usare la diffusione sclerale (Fig. 2) Parole chiave Uso continuo, lenti a contatto morbide, silicone idrogel, sferule di muco Durante l’esame biomicroscopico di un occhio portatore di lenti a contatto in silicone idrogel è piuttosto frequente osservare delle microformazioni che possono essere molto piccole (diametro tra 10 e 20 µm) e traslucide ma anche in pò più grandi (diametro tra 20 e 150 µm) e opalescenti, situate nell’interfaccia tra lac ed epitelio corneale. Il numero di tali microformazioni è estremamente variabile tra un portatore e l’altro e quindi è possibile vederne soltanto una ma anche un numero superiore a 50 1. Tali microformazioni, for- Ricevuto il 16 gennaio 2005. Accettato per la pubblicazione il 19 febbraio 2005. 5 2005, vol. VII, n. 1 Figura 1 Sferule di muco osservate con basso ingrandimento in illuminazione diretta e diffusa. b) Chiedere al portatore di ammiccare. Le SM non si muovono insieme alla lente poiché sono intrappolate nella depressione che esse formano, pressate dalla lente stessa, sull’epitelio. È evidente che se queste microformazioni si muovono con la lente non sono delle SM. a r t i c o l o Sì, sono sferule di muco Figura 4 Rappresentazione grafica del fenomeno dell’illuminazione rovesciata (sin). Figura 5 Rappresentazione grafica del fenomeno dell’illuminazione non rovesciata (dx). Figura 2 Sferule di muco osservate con basso ingrandimento in diffusione sclerale. Figura 6 Le depressioni epiteliali causate dall’indentazione delle sferule di muco mostrano una maggiore fluorescenza in confronto al resto della superficie corneale. Figura 3 Sferule di muco osservate ad alto ingrandimento, principalmente in retroilluminazione indiretta. Notare l’opalescenza delle sferule più grandi, più evidenti in prossimità del margine della pupilla, e il fenomeno dell’illuminazione rovesciata dovuto al più alto indice di refrazione della sferula in confronto a quello delle lacrime. c) Aumentare il valore dell’ingrandimento a 3-4X e sempre con luce bianca osservare i puntini prima intercettati in retroilluminazione indiretta, in particolare nella zona corneale sovrastante il bordo pupillare (Fig. 3). Le SM mostreranno così il caratteristico aspetto dell’illuminazione rovesciata. Cioè la porzione più scura della sferula si trova nella direzione opposta alla porzione dell’occhio illuminata dal fascio di luce (Figg. 3-4). Tale fenomeno si manifesta perché il componente principale della sferula ha un indice di refrazione più alto di quello delle lacrime. d) Dopo aver rimosso le lac osservare la cornea usando sempre la tecnica della retroilluminazione indiretta. La maggior parte delle sferule viene rimossa per mezzo dell’ammiccamento e quindi permane soltanto l’impronta causata dalla pressione delle SM che appare diversa dalla SM stessa perché stavolta l’a- spetto è quello dell’illuminazione non rovesciata (Fig. 5). e) Istillare fluoresceina ed illuminare l’occhio con luce blu. Le depressioni epiteliali causate dalla pressione delle SM, mostrano una maggiore fluorescenza, in confronto al resto della superficie corneale, per cui l’aspetto che viene osservato è quello mostrato in Figura 6. È evidente che se le zone di epitelio corneale che si colorano con la fluoresceina sono in numero simile a quello delle SM, che prima erano state osservate in luce bianca, si ottiene un’ulteriore conferma che quelle microformazioni erano proprio delle SM. Nell’eventualità in cui le SM rimangano intrappolate nella depressione, nonostante la rimozione della lente, l’aspetto osservato è molto simile poiché la fluoresceina colora anche le sferule. Il riconoscimento differenziale L’esame biomicroscopico permette facilmente di individuare la presenza delle SM ma è anche lecito domandarsi se vi sono delle condizioni dall’aspetto simile che possono essere scambiate per SM. Potenzialmente le microcisti epiteliali e i vacuoli epiteliali possono essere confusi con le SM perché oltre 6 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o Sì, sono sferule di muco all’aspetto similare, non si muovono in sintonia con la lente a contatto. Va anche considerato che le SM sono estremamente frequenti, mentre le microcisti epiteliali e i vacuoli epiteliali, essendo delle reazioni oculari causate da ipossia corneale, sono manifestazioni molto rare se vengono applicate lac in silicone idrogel. Nella tabella 1 vengono comparate le tre condizioni caratterizzandone le differenze cliniche in modo da permettere un riconoscimento differenziale. Sintomi soggettivi La presenza delle SM è inavvertita dal portatore. Le lac sono quindi confortevoli sia nelle ore di veglia che di sonno. È stato riportato che talvolta la fase di rimozione può essere lievemente meno confortevole 4. La performance visiva non risulta affatto deteriorata dalla presenza delle SM. Ciò è evidente sia per l’acuità visiva a basso che ad alto contrasto 4-5. Figura 7a Perché si formano? Sebbene di SM si è cominciato a parlare, in maniera estesa, dopo l’avvento delle lenti in silicone idrogel, il fenomeno era noto anche con le lenti in idrogel convenzionale. Nella Figura 7 (a-b) sono mostrate delle SM che si sono formate in un portatore di lenti morbide toriche in idrogel convenzionale (Hefilcon B) utilizzate in modalità quotidiana per 10 mesi. Tale fenomeno è, comunque, notevolmente più frequente con lenti in silicone idrogel utilizzate in modalità continua. Inoltre è presente in maniera sistematica in alcuni soggetti e non si evidenzia mai in altri. Così appare che il fenomeno è da porre in relazione al materiale con cui è stata costruita la lac, alla modalità d’uso, ma anche alla relazione fisica che s’instaura tra cornea e lente dettata dalla scelta dei parametri geometrici della lente ed, infine, a fattori inerenti le caratteristiche anatomofisiologiche del portatore stesso. Figura 7 b Sferule di muco in un portatore di lac toriche in idrogel convenzionale. 7a) nella porzione centrale; 7b) nella porzione con spessore maggiore in prossimità del segno di riferimento. Il ruolo del materiale Il silicone idrogel è caratterizzato da un elevato modulo di rigidità, cioè la lente costruita con tale materiale tende a conformarsi meno sulla superficie dell’occhio esterno in confronto ad una lente in MICROCISTI EPITELIALI VACUOLI EPITELIALI SFERULE DI MUCO intra-epiteliali intra-epiteliali pre-epiteliali illuminazione non rovesciata illuminazione non rovesciata illuminazione rovesciata la fluoresceina colora soltanto alcune microcisti superficiali la fluoresceina non colora alcunché la fluoresceina colora tutte le impronte formate dalle sferule Tabella 1 Riconoscimento differenziale delle sferule di muco. 7 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o Sì, sono sferule di muco idrogel convenzionale. Inoltre il silicone idrogel sembra indurre delle forze interfacciali più elevate. È stato supposto che tali fattori contribuiscano a favorire l’arrotolamento del muco, di cui è ricco lo strato di lacrime tra la lente e la cornea, durante il movimento della lente, sia quello indotto dall’ammiccamento nelle ore di veglia, sia quello indotto dai movimenti rapidi dell’occhio e durante la notte nelle ore di sonno. Se le lac vengono utilizzate in regime continuo sia i soggetti che utilizzano lac in silicone idrogel che quelli con lac in idrogel convenzionale hanno la stessa probabilità di sviluppare SM ma il numero delle stesse è significativamente maggiore per i portatori di lac in silicone idrogel 6. Circa la metà dei portatori di lac in silicone idrogel, utilizzate in modalità continua nelle ore di sonno e di veglia, presenta il fenomeno delle SM. La percentuale, negli stessi pazienti, è minore con lenti costruite con Balafilcon A (45%) piuttosto che con quelle costruite con Lotrafilcon A (71%) 5. Ciò può essere attribuito sia alla differenza nel contenuto d’acqua (maggiore nel Balafilcon A) che comporta un modulo di rigidità più basso, ma anche alla differenza nel trattamento al plasma a cui vengono sottoposte le lenti per rendere più bagnabili le superfici. Il ruolo della modalità d’uso Con l’uso delle lac soltanto nelle ore di veglia la formazione di SM è inferiore a quella che si può osservare con l’uso continuo. Se l’uso continuo è protratto per un mese il numero delle SM è maggiore in confronto a quello che può essere osservato nell’uso continuo settimanale 4. Il ruolo dell’ applicazione Lenti applicate più piatte e che praticamente mostrano un movimento maggiore favoriscono la comparsa della SM 4-6. La Fig. 1 si riferisce all’occhio sinistro di una portatrice decennale di lenti rgp che ha iniziato ad utilizzare lenti in silicone idrogel in regime di uso continuo mensile. L’unico elemento degno di nota è stata la presenza di un discreto numero di sferule di muco in entrambi gli occhi (OS > OD). La scelta di lenti, con lo stesso materiale, con un raggio della zona ottica posteriore minore, da 8,60 a 8,40 mm, ha drasticamente ridotto il numero delle SM (Fig. 8). La completa risoluzione del fenomeno è stata ottenuta con l’uso sistematico, al risveglio mattutino e la sera prima di andare a dormire, di un sostituto lacrimale. Figura 8 Consistente diminuzione del numero delle sferule di muco ottenuto riducendo il BOZR della lente da 8,60 mm (vedi Fig. 1) a 8,40 mm. Il ruolo delle caratteristiche individuali del portatore Qualunque sia il tipo di lente applicata e qualunque sia la modalità d’uso le SM si presentano più frequentemente in alcuni soggetti e non in altri. Ciò fa dedurre che vi siano dei fattori predisponesti, come d’altronde accade per i depositi superficiali, caratteristici del portatore, come ad esempio la qualità fisicochimica delle lacrime o l’andamento della curvatura corneale 6. Le SM sono pericolose? Poiché le SM generano una discreta pressione sulle cellule epiteliali sottostanti è ragionevole domandarsi se ciò può essere fonte di reazioni patologiche. In una ricerca effettuata su animali di laboratorio Ladage et al. 7 hanno esaminato la porzione di cornea sottostante le indentazioni provocate dalle SM e hanno individuato una proliferazione localizzata di cellule stromali ed un aumento di densità dei cheratociti. Tale osservazione appare piuttosto interessante perché i cheratociti solitamente non si suddividono tranne in caso di cicatrizzazione. Fino ad oggi però non è noto quanto questo risultato sia clinicamente significativo. Trattamento La presenza delle SM non è causa di sintomi soggettivi e né è stato dimostrato che può essere generatrice di altre reazioni oculari. Ciò fa ritenere che non sia necessario alcun trattamento della condizione. Comunque strategie, più o meno risolutive, per mini8 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o Sì, sono sferule di muco mizzare la presenza del fenomeno sono state individuate e, in parte, già descritte in precedenza. Quando è possibile è conveniente provare una delle seguenti opzioni per permettere al soggetto dei continuare ad usare le lac in silicone idrogel sia nelle ore di veglia che di sonno: • ottimizzare la relazione cornea-lente applicando una lac con un BOZR minore (se è disponibile) 4-6; 8; • consigliare l’uso di un sostituto lacrimale al risveglio mattutino e prima di andare a dormire 4-5; 8; • sciegliere un materiale con un contenuto di H2O maggiore; • ridurre i tempi dell’uso continuo da trenta giorni a sette giorni e sei notti 4. Nel caso in cui il portatore non sia molto motivato a continuare ad utilizzare le lenti anche nelle ore di sonno notturno, l’uso quotidiano di lenti in siliconeidrogel o di lenti in idrogel convenzionale ha molte probabilità di eliminare del tutto il problema. Conclusioni Le lenti in silicone idrogel, essendo caratterizzate da una gas-trasmissibilità molto elevata, hanno permesso di risolvere quello spettro di reazioni oculari, sia acute che croniche, indotte dall’ipossia e dall’ipercapnia. Complicanze di altra origine paiono manifestarsi comunque e quelle di origine meccanica si manifestano più frequentemente che con le lenti in idrogel. Tra le complicanze di origine meccanica è possibile annoverare le SM, particolari microformazioni che possono essere osservate a livello pre-epiteliale dietro la superficie posteriore della lente. L’applicatore deve saper riconoscere tale manifestazione per differenziarla da altre simili e per individuare una strategia contattologica efficace per ridurre la consistenza del fenomeno. 4. Dumbleton K, Jones L, Chalmers R, Williams-Lyn D, Fonn D. Clinical characterization of spherical post-lens debris associated with Lotrafiilcon high-Dk silicone lenses. CLAO J, 2000; 26, 186-192 5. Morgan PB, Efron N. Comparative clinical performance of two silicone hydrogel contact lenses for continuous wear. Clin Exp Optom, 2002; 85: 183-192 6. Tan J, Keay L, Jalbert I, Naduvilath TJ, Sweeney DF, Holden BA. Mucin balls with wear of conventional and silicone hydrogel contact lenses. Optom Vis Sci, 2003; 80: 291-297 7. Ladage PM, Petroll WM, Jester JV, Fisher S, Bergmanson JPG, Cavanagh HD. Spherical indentations of human and rabbit corneal epithelium following extended contact lens wear. CLAO J. 2002; 28:177-180 8. Dumbleton K. Noninflammatory silicone hydrogel contact lens complications. Eye Contact Lens 2003; 29: S186-189 Summary The introduction of Silicone Hydrogel contact lenses has solved many problems due to contact lenses usage , especially , those caused by corneal ipossia. Now many ametropis can wear contact lenses continuously, both when awake and asleep, releasing them from caring and cleaning the lenses, while reducing insertion and removal as well. In any event, Silicone Hydrogel CL are not completely hassle-free. Some complication, such as mechanical ones, seem to be linked to material’s peculiarity of having a definitely higher Young’s Modulo than conventional Hydrogel Contact Lenses. Besides, another mechanical complication is the frequent development of Mucin balls, behind the lens back surface. Although the presence of these micro-developments seem benign, it is important to distinguish between Mucin Balls and other similar events such as to carry out proper treatments to reduce the extent. Bibliografia 1. Fonn D, Pritchard N, Dumbleton K. Factors affecting the success of silicone hydrogel. In Silicone Hydrogel. The Rebirth of Continuous Wear Contact Lenses. A cura di Sweeney DF, 2000: 214-234 2. Jalbert I, Stapleton F, Papas E, Sweeney DF, Coroneo M. In vivo confocal microscopy of the human cornea. Br J Ophthalmol 2003; 87:225-36 3. Millar TJ, Papas EB, Ozkan J, Jalbert I, Ball M. Clinical appearance and microscopic analysis of mucin balls associated with contact lens wear. Cornea 2003; 22:740-5 9 2005, vol. VII, n. 1 Key words Continuous wear, soft contact lenses, silicone hydrogel, mucin balls a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva Daddy Fadel Optometrista Società optometria italiana, S.Opt. I. Istituto Superiore di Scienze Optometriche, Isso - Roma Sommario La correzione chirurgica dei vizi refrattivi è ormai una realtà quotidiana. I risultati non sono però privi di complicazioni; in alcuni casi queste possono verificarsi per una inadeguata preparazione del paziente che ha ricevuto delle informazioni imprecise o insufficienti. In molti casi il miglioramento della acutezza visiva naturale gioca un ruolo fondamentale per l'ottenimento di una piena soddisfazione da parte del paziente. Altre volte, invece, la perdita anche solo di una linea come miglior acuità visiva corretta, può costituire un elemento di frustrazione da parte del paziente nel postoperatorio. Quindi il ruolo di un contattologo appare di indubbio valore nella correzione dell’eventuale residuo refrattivo postoperatorio specialmente con lac. L’applicazione di lenti a contatto nel post chirurgia refrattiva è considerata un’applicazione speciale dove sono necessarie allo stesso tempo conoscenze contattologiche teoriche e pratiche ma anche un’adeguata strumentazione. Parole chiave Chirurgia refrattiva, complicanze, contattologo, topografia corneale, lenti a contatto La chirurgia refrattiva potrebbe rappresentare per gli ametropi il sogno finalmente realizzato: svegliarsi al mattino e vedere subito bene senza necessità di occhiali o lenti a contatto (lac), andare al mare e nuotare senza la preoccupazione del rischio di perdere le lac, insomma slegarsi definitivamente dalla dipendenza di un mezzo di correzione esterno. L’equazione in realtà non è così semplice. Con il miglioramento delle apparecchiature, delle procedure e dei programmi informatici le prime complicazioni si vanno riducendo, ma altre se ne stanno manife- stando e tuttora in pochi se la sentono di fare delle previsioni sulla salute della cornea dopo, ad esempio, venti anni dall’intervento. Le complicanze possono essere intraoperatorie1 e postoperatorie.2,3,4 Secondo Wilson5, le complicanze della LASIK hanno un tempo di manifestazione che parte da pochi minuti a, presumibilmente, 10-30 anni dall’intervento. Facendo riferimento a studi più recenti, Holden6, nell’anno 2002, ha calcolato che in 1 caso su 32 la LASIK causa un decremento di almeno due linee dell’acuità visiva con eventuale correzione. MOTIVAZIONI E SPINTE SOCIALI Lo studio PERK (Prospective Evaluation of Radial Keratotomy)7 ha evidenziato che il 77% dei pazienti sceglie l'operazione chirurgica per ridurre la propria dipendenza da occhiali o lac, mentre solo il 3% lo fa per motivi estetici. Una parte rilevante dei pazienti opta per la chirurgia a causa di continui e progressivi problemi con le lenti a contatto ed hanno giudicato vantaggiosa la soluzione chirurgica anche sulla base dei costi, giacché l'acquisto di sempre nuove lenti, liquidi per la manutenzione, colliri, nel tempo diventa un onere non indifferente8. La stima del dropout è complessa da valutare perché in alcuni casi l’interruzione dell’uso delle lac è solo temporanea. I dropout definitivi dovrebbero aggirarsi intorno al 10% all’anno (Fonn, 2002)9. Esistono comunque anche motivazioni legate a spinte sociali. La moderna società si basa sull'uso di informazioni erogate anche dal sistema mediatico. Dobbiamo essere consci che i media danno informazioni che spesso vengono considerate altamente attendibili dalla maggior parte delle persone influenzandone le scelte e comportamenti. La chirurgia refrattiva è stata al centro di un grande interessamento da parte dei media, che, in genere, ne hanno sottolineato specialmente gli aspetti positivi, generando anche un effetto simbolico, di Status Simbol, della stessa. ASPETTATIVE PERSONALI Ricevuto il 16 giugno 2004. Accettato per la pubblicazione il 6 settembre 2004. In un lavoro 10 nel quale viene esaminato un gruppo di 341 pazienti operati con PRK. Di questi ben il 25% 10 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva rifiuta l'intervento nell’occhio a causa di risultati non soddisfacenti nell' occhio operato. L’11% dei pazienti si opera solo un anno dopo, il restante 14% alla conclusione dello studio, ancora rifiuta l'intervento. Le cause di tale rifiuto sono da ricercare in disturbi come abbagliamento, aloni e ipermetropizzazione indotta. Il 77% dei pazienti dello studio lamenta una visione naturale post trattamento inferiore alla miglior acutezza visiva corretta preoperatoriamente. Solo il 23% dei pazienti ammette di aver raggiunto tale scopo. Recentemente Dada e coll. (2003) 11 hanno evidenziato che il 58% dei pazienti raggiunge un’A.V. di 5/10 e solo il 26% raggiunge 10/10. Ugualmente, in uno studio12 sul livello di soddisfazione ottenuto da un gruppo di 113 pazienti trattati con laser ad eccimeri per miopia da 1.5 a 6.5 D, il risultato è poco incoraggiante. Il 34% dei pazienti lamenta aloni. Ben il 40% lamenta di problemi permanenti di visione notturna; e 60% dei pazienti abbandona l'uso degli occhiali, il 30% li usa saltuariamente, il 10% sempre. Ben il 30% dei pazienti si dichiara insoddisfatto del trattamento!!! In molti casi il miglioramento della acutezza visiva naturale gioca un ruolo fondamentale per l'ottenimento di una piena soddisfazione da parte del paziente. Altre volte, invece, la perdita anche solo di una linea come miglior acuità visiva corretta, può costituire un elemento di frustrazione da parte del paziente nel postoperatorio. CORREZIONE DEL RESIDUO REFRATTIVO Le tecniche di chirurgia refrattiva più usate sono PRK e LASIK. Dopo un intervento di chirurgia refrattiva le possibilità di correzione dell’ametropia sono quelle usuali, cioè gli occhiali o le lac. La correzione preferita potrebbe essere quella con lac. Vi sono diversi motivi che potrebbero alimentare tale preferenza: • anche i pazienti con un risultato visivo soddisfacente possono avere bisogno di una correzione ulteriore con lac, per un miglioramento visivo, per uso cosmetico; • invece pazienti con complicazioni che incidono sulla performance visiva (iper- o ipo- correzioni, regressione, taglio difettoso con astigmatismi irregolari, etc.) hanno bisogno di correzione che può essere ottimale solo con le lenti a contatto; • inoltre i pazienti che si sottopongono all’intervento per liberarsi dagli occhiali, e poi nel postoperatorio presentano un residuo visivo, preferiscono decisamente una correzione con lenti a contatto. 11 2005, vol. VII, n. 1 Ricordiamo che la topografia corneale è significativamente modificata con la chirurgia refrattiva. L’intervento cambia la forma della cornea che da prolata (curva al centro e più piatta in periferia) diventa oblata (piatta al centro e più curva in periferia). Quindi le lac attuali progettate per cornee prolate, possono non essere più idonee per le cornee oblate. L’applicazione di una lac post chirurgia refrattiva richiede perciò tecniche diverse con nuovi approcci e geometrie. Dopo la LASIK “la guarigione” della cornea non è rilevante come nella PRK. La refrazione è stabile dopo 4-12 settimane. Se la miopia è invece alta (> 16 D) il tempo di stabilità è maggiore e può raggiungere o superare i 6 mesi. Una lac morbida può essere applicata appena la refrazione raggiunge la stabilità. Invece non è così semplice per l’applicazione di una lac rigida. Oltre alla stabilità della refrazione occorre verificare anche la stabilità del lembo corneale. La maggior parte dei chirurghi concorda che l'integrità del flap è sufficiente per sopportare il movimento della RGP dopo tre mesi.13-15 Dopo la PRK invece l’epitelio non è integro e la sensibilità corneale è ridotta. Si può applicare la lac appena si raggiunge una stabilità della cornea e della refrazione, quindi dopo circa e 6 mesi. La selezione del materiale e della modalità d’uso della lente a contatto nel postoperatorio dipendono dal tempo trascorso dall’intervento, dalle modalità di uso della stessa nel preoperatorio, dal grado di irregolarità corneale e dalla migliore acuità visiva ottenibile. 1- Lenti rigide e gas permeabili (RGP) La lente di prima scelta dopo la chirurgia refrattiva, soprattutto nei casi di Haze e alterazioni topografiche della cornea, aberrazioni16, astigmatismi irregolari17, etc. è la RGP (Fig. 1). Questa lac presenta diverse caratteristiche tra cui: 1. la natura rigida del materiale che neutralizza, per la presenza del menisco lacrimale, le irregolarità corneali; 2. l’alta trasmissibilità di ossigeno; 3. permette un ricambio lacrimale frequente che elimina i detriti intrappolati sotto la lente. Ci sono tre tipi di RGP che possono essere applicate per correggere il residuo post operatorio: • RGP Standard; • RGP a geometria inversa; • RGP semisclerali. a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva Figura 1 A Topografia corneale dell’OS di FB, 31 anni, Mappa tangenziale con la scala normalizzata 3 anni dopo la chirurgia refrattiva con la tecnica PRK. Figura 1 B Topografia corneale dell’OD di C.P., 28 anni; Mappa tangenziale con la scala normalizzata 4 anni dopo la chirurgia refrattiva con la tecnica LASIK. Figure 1 A-B: Notare le irregolarità intorno al lembo e la zona ablata. 1- Lac RGP standard Sebbene la lente rigida standard sia utilizzata spesso con successo non è sempre la lac appropriata per le cornee oblate postchirurgiche. Il calcolo del potere della lac non è semplice da effettuare, può essere alterato dall’irregolarità della cornea e quindi della forma anomala che il film lacrimale forma tra la lac e la cornea. La lettura della topografia corneale presenta un ruolo critico per la definizione della nuova forma corneale. La simulazione può risultare inaccurata portando ad un errato calcolo della lente e ad un’inadeguata scelta del raggio della zona ottica posteriore (BOZR). Perciò, la prova della lac rigida è cruciale per determinare specialmente l’allineamento, il potere, il BOZR e i diametri delle zone ottiche. Come per le lac standard l’applicazione delle RGP post operatorio risulta ottimale quando la lente è leggermente decentrata in alto con un sostegno della palpebra superiore oppure perfettamente centrata sulla la zona ottica ablata. La lac appoggerà nella zona paracentrale, sulla curva del contorno corneale, circondando la zona ablata e appiattita, con uno o più appoggi periferici formando delle bande fluoresceiniche di diametro 1-2 mm. Questa area è citata come zona, o punto d’inflessione. In corrispondenza di questa zona vi dovrebbe essere un accumulo minimo di fluoresceina. Scelta del raggio della zona ottica posteriore La scelta del BOZR della RGP iniziale varia a seconda della valutazione della curvatura corneale; importanti sono le topografie corneali del pre e postoperatorio. La topografia postoperatoria può indurre ad errori se viene usata per la selezione del BOZR della lente di prova iniziale a causa dei valori centrali appiattiti chirurgicamente e non è consigliata come il riferimento principale per scegliere il raggio posteriore. Bisogna quindi utilizzare quella preoperatoria. Questo è utile per rendersi conto dell’appiattimento corneale centrale indotto chirurgicamente. Il BOZR della lac prova iniziale deve essere scelto di 0,10 – 0,20 mm più lungo del K preoperatorio più piatto. Però la topografia postoperatoria è spesso l’unica misura disponibile. In uno studio condotto da Lee e coll.18 è stato riferito che la prova della lente basata sulla situazione postoperatoria è accettabile dopo la chirurgia refrattiva ricordando però che la maggior parte dei BOZR finali risulta minore (in mm) del K più piatto postoperatorio. Secondo l’esperienza di Szczotka e coll.19 la lente iniziale scelta deve essere più curva al meno di 1.00 – 1.50 D (0,20-0,30 mm) del K più piatto postoperatorio. Questo approccio di applicazione è essenziale per scavalcare la zona centrale e ottenere un allineamento periferico. McDonnell e coll.20 hanno constatato che il raggio di curvatura scelto deve avere lo stesso valore di quello letto a 3,5 mm dell' asse visivo, in corrispondenza della zona di transizione. Questa tecnica è conveniente per lenti RGP sferiche perché si è visto che il BOZR ha un valore medio vicino a quello della curvatura della zona di transizione chirurgica. Questo metodo potrebbe fornire un valore generico anche nella scelta iniziale del BOZR delle lac RGP asferiche o a geometria inversa. 12 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva Scelta dei diametri Per la scelta del diametro della zona ottica posteriore (BOZD) della lac sarebbe utile la topografia altimetrica. La maggior parte delle mappe altimetriche rappresentano differenze di altezza relative ad una sfera di riferimento, in cui, di solito, i rossi o i colori più caldi indicano valori dell'elevazione più alti e i blu o i colori freddi indicano aree della cornea di valori inferiori della sfera di riferimento specificata. Le aree basse (blu) accumulano fluoresceina; questo è in contrasto con le mappe di curvatura, in cui le aree piatte (blu) e le aree curve (rosse) possono accumulare floresceina o meno a seconda della posizione corneale. Ad ogni modo, la dimensione del BOZD può essere scelta in modo mirato per scavalcare la zona ottica chirurgica che è generalmente di 4.5 - 6.0 mm. Il BOZD è di solito tra 6,0 e 8,0 mm ed è abbastanza ampio per saltare queste zone. Un BOZD ancora più ampio, 10,0 - 11.5, mm può essere utile per ridurre le aberrazioni post intervento causate dalla forma oblata della cornea21-22. Inoltre il BOZD deve essere abbastanza grande per fornire una piena copertura pupillare, specialmente quando vi è midriasi, evitando l'abbagliamento e gli aloni presenti in molti pazienti. Il diametro totale (TD) delle lac RGP post operatorio è spesso più grande di quelle standard in modo che scavalchi il lembo e la zona ottica chirurgica. I diametri comuni variano da 9.2 a 10.5 mm. Un diametro totale ancora più ampio permette una maggiore stabilità della lac sulla cornea ablata; comunque il TD deve essere più grande del BOZD di circa 1-4 mm. Quando il BOZD è molto ampio e il TD supera 11-12 mm la RGP può non essere più considerata una corneale ma una RGP semisclerale. Quindi maggiori sono i diametri delle RGP migliore è la performance visiva, specialmente in casi di aberrazioni postoperatorie. 2- Lac RGP a geometria inversa I pazienti sottoposti all’intervento presentano un profilo corneale oblato e quindi la stabilità della RGP standard può essere difficile per la mancanza di allineamento. Occorre una lente a contatto con la zona posteriore caratterizzata da un profilo di simile a quello della cornea, più piatta al centro e più curva in periferia, praticamente come le lac a geometria inversa (RGL) che sono da tempo usate per il trattamento ortocheratologico. Le RGL hanno almeno il primo raggio periferico posteriore più corto di quello dello della zona ottica posteriore (Fig. 2). In genere il potere della prima 13 2005, vol. VII, n. 1 Figure 2 Lente rigida a geometria inversa: geometria (in alto) e correzione delle irregolarità della cornea (in basso). curva periferica posteriore è maggiore di 3-6 D, ma sono state applicate lenti con poteri periferici di circa 15 D maggiori della curva centrale. Queste geometrie sono importanti per mantenere l’allineamento, la stabilità, un frequente ricambio lacrimale evitando così l’accumulo di detriti sotto la lente e la riduzione o eliminazione delle aberrazioni. Secondo gli studi condotti da Szczotka e coll.19 e Bergenske e coll.23 la RGL è stata applicata maggiormente dopo LASIK che dopo PRK perché l'uso del microcheratomo induce cambiamenti di curvatura più repentini intorno al lembo creando delle irregolarità corneali e aberrazioni . Szczotka e coll.19 propongono un metodo di applicazione della lac RGL post LASIK come segue: 1. Scegliere il BOZR iniziale di circa 0,20 mm più corto del K postoperatorio più piatto, per permettere uno strato lacrimale moderato sopra la zona ottica chirurgica. Quando l’irregolarità è significativa o l’astigmatismo e le isole topografiche centrali persistono scegliere il BOZR addirittura di 0,60 mm più corto del K più piatto. Ciò per permettere l’accumulo di uno strato lacrimale consistente e quindi una migliore correzione della deformazione corneale. Alcuni applicatori consigliano, quando l’astigmatismo corneale è maggiore di 2,00 D, un BOZR 0,20 più corto del K medio. 2. Per ottenere un allineamento periferico, iniziare a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva con il misurare le curvature periferiche e calcolarne la media; in seguito misurare la curvatura della zona centrale. 3. Calcolare quindi la differenza in diottrie tra la media dei raggi periferici e il raggio centrale. Questo valore, X, servirà per calcolare il primo raggio di curvatura periferico (BPR1). 4. Scegliere un BPR1 più curvo del BOZR di X D (comunque non minore di 1/3 X). Ad esempio, se la differenza tra il potere della zona ottica posteriore e quello medio della periferia, è di 3 D , il potere della zona periferica posteriore deve essere di 2-3 D maggiore del potere della zona ottica posteriore. La tabella 1 fornisce un esempio con questa tecnica di applicazione per la scelta della lente iniziale. Il paziente aveva, tre mesi dopo la chirurgia, un astigmatismo ipermetropico irregolare persistente (Fig. 3); la migliore A.V. corretta con occhiali era di 2/10. Paziente Topografia corneale (Fig. 3) Curvatura centrale K più piatto K più curvo Zona di transizione periferica Superiore Temporale Inferiore Nasale Media delle curvature Differenza tra centro e periferia Parametri della RGL BOZR TD BOZD BPR 1 BPR 2 BPR 3 P BOZR – BPR 1 37.73 D 39.42 D 39.84 D non disponibile 41.36 D non disponibile 42.00 D 41.68 D 3.95 D (X) 8.45 mm (39.87 D) 9.8 mm 8.2 mm 7.9 mm (42.62 D) (A* 0.4 mm) 9.9 mm (A 0.2 mm) 11.5 mm (A 0.2 mm) sf -0.50 D 2.75 D (2/3 X) (calcolato in diottrie) * A= Ampiezza Tabella 1 Esempio di applicazione di lac RGL con la tecnica precedentemente illustrata. Figura 3 Topografia dell’occhio sinistro del paziente. Notare l’astigmatismo corneale irregolare sia nella mappa assiale (a sinistra) che in quella tangenziale (a destra). RGP standard o RGP a geometria inversa? La scelta del tipo di lac da applicare nel post chirurgia refrattiva dipende da una combinazione di situazioni: dalla condizione corneale, dal comfort che offre la lac e dalle prestazioni delle lenti rigide precedenti. Le condizioni per cui preferire una lac RGP ad un’altra sono elencate nella tabella 2. RGP standard RGL Zona Ottica (ZO) simmetrica Area irregolare isolata Area regolare intorno alla ZO RGP standard decentrata e > 0.55 e < 0.55 Periferia corneale inalterata Periferia alterata Maggiore stabilità e allineamento della lac Tabella 2 Condizioni per la selezione della geometria della lac RGP, standard o inversa. La tabella evidenzia che quasi sempre è preferibile applicare una RGL. 3- Lac RGP semisclerali Le RGP semisclerali sono le lac, corneali standard o a geometria inversa come quelle appena descritte, che hanno un TD maggiore di 11-12 mm. Queste lenti a grande diametro sono spesso applicate dopo la chirurgia refrattiva per aumentare la performance visiva, specialmente in casi di aberrazioni postoperatorie. È per queste ragioni che le lenti RGP semi-sclerali, precedentemente applicate solo in casi di cheratocono, si stanno inserendo nella pratica contattologica post chirurgia refrattiva. 14 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva 2- Lenti morbide Dopo la LASIK, la maggior parte dell'epitelio rimane di solito intatta, quindi la lac di bendaggio non è generalmente necessaria. Alcuni chirurghi, tuttavia usano ancora queste lenti nel primo giorno postoperatorio. È importante sapere che l’uso di tali lenti è stato associato a deformazioni potenziali dell’epitelio, edema corneale e recupero visivo ritardato.24 In questo modo il loro uso dovrebbe essere riservato solo per trattamenti di difetti epiteliali sorti durante l’intervento o per evitare danneggiamenti corneali causati da anomalie palpebrali. I pazienti richiedono spesso lenti a contatto morbide per correggere l’errore refrattivo residuo, specialmente in casi di intolleranza, prima dell’intervento, alle lac RGP o quando si tratta di soggetti che praticano attività sportiva. Tra le lenti approvate dalla Food and Drug Administration per le cornee oblate troviamo l'Harrison Post Refractive Lens (HPRL) (Paragon Vision Sciences, Mesa, AZ). Questa lac è indicata per pazienti che hanno una topografia corneale alterata da RK, PRK, LASIK e altre tecniche refrattive. Le caratteristiche di questa lente sono i seguenti: 1. la geometria è simile a quella inversa, la parte ottica centrale è più piatta di quella periferica; 2. lo spessore della zona centrale è maggiore delle lac standard per aumentare la stabilità della lente sulla cornea ablata, e uno spessore periferico minore per assicurare una maggior permeabilità all’ossigeno; 3. il range dei parametri è sufficientemente ampio: • BOZR è di 6.00 – 9.90 mm; • TD 10.00 – 16.00 mm; • Potere da +30.00 a –30.00 D. Benché la maggior parte delle lenti morbide si conforma bene sulla superficie corneale sottostante, soprattutto quelle ultrasottili, la geometria inversa non è un fattore significativo ma è invece importante uno spessore centrale consistente per ottenere una maggior stabilità della lac sferica. Per un paziente con astigmatismo regolare residuo, le lenti morbide toriche sono considerate spesso ottimali, specialmente se il paziente era precedentemente intollerante alle lac rigide. In questi casi, a differenza di quella sferica, la lac torica, che è caratterizzata da altri metodi di stabilità, deve avere uno spessore centrale sottile. L’applicazione di queste lenti diventa però più difficoltosa per le cornee operate a causa della mancanza di allineamento della superficie posteriore della lente 15 2005, vol. VII, n. 1 e quella anteriore della cornea. La prova della lente è quindi estremamente utile per valutare la stabilità e la rotazione in modo che la posizione dell’asse e la determinazione del potere diottrico siano appropriate. Conclusioni La correzione chirurgica dei vizi refrattivi è diventata una realtà quotidiana. I risultati non sono però scevri da complicazioni che seppure in molti casi possono essere considerate soggettivamente e oggettivamente insignificanti (leggero residuo visivo), in altri sono piuttosto severe (ridotta visione notturna, cheratectasia, irregolarità corneali diffuse, distacco del lembo, taglio profondo, infezioni, distacco di retina, etc.). Molte delle complicanze della chirurgia refrattiva possono essere conseguenza di una scelta infelice della tecnica chirurgica adottata. In alcuni casi invece possono verificarsi per una inadeguata preparazione del paziente che magari ha ricevuto informazioni imprecise o insufficienti o essere il risultato di una carente selezione del “candidato”. È stato detto come un risultato, anche solo parzialmente negativo, ma inaspettato può generare, in pazienti scarsamente motivati o emotivamente fragili, un problema psicologico frutto dell’enorme importanza simbolica e relazionale che è insita negli occhi e nella visione. La valutazione del risultato è dunque influenzata da notevoli differenze individuali. I pazienti che si vogliono sottoporre alla chirurgia refrattiva dovrebbero avere solide motivazioni personali. Per questo bisogna escludere dalla chirurgia le persone con motivazioni scarse o superficiali (“lo ha fatto un mio amico ed è contento”) e che hanno poco o nulla da chiedere preoperatoriamente. Inoltre una parte rilevante dei pazienti opta per la chirurgia a causa di continui e progressivi problemi con le lenti a contatto, in quanto “intollerante” alle lac, ma va ricordato come non esiste un protocollo accettato universalmente che definisca l’intolleranza alle lac. Comunque le stesse condizioni che portano ad una situazione d’intolleranza alle lac consistono in controindicazioni alla chirurgia refrattiva. In sostanza il ruolo di un sanitario che abbia una formazione specifica nella fisiologia della visione, nella contattologia e anche competenze di psicologia, appare di indubbio valore accanto al chirurgo per tutto ciò che compete la valutazione visiva preliminare e quindi la selezione e preparazione del paziente nonché nella correzione dell’eventuale residuo postoperatorio. Questo ruolo viene svolto in molti paesi a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva dall’optometrista, che è appunto un fisiologo clinico della visione. La situazione dell’optometrista in Italia è però ben diversa. Ciò rende difficile la collaborazione con il chirurgo, ma non del tutto impossibile. Laddove infatti ci sia possibilità di collaborazione il chirurgo può delegare all’optometrista la fase dei preliminari della chirurgia refrattiva (il controllo delle motivazioni e aspettative, la preparazione e la selezione del paziente). Il ruolo dove invece, anche nella situazione italiana, l’optometrista ha certamente già una funzione specifica è nella correzione del residuo refrattivo post operatorio, specie con lac. L’adattamento di lenti a contatto nel post chirurgia refrattiva è certamente considerata un’applicazione speciale dove sono necessarie allo stesso tempo conoscenze contattologiche teoriche e pratiche ma anche un’adeguata strumentazione. La topografia corneale infatti è significativamente modificata da una chirurgia refrattiva che trasforma la cornea da prolata (curva al centro e più piatta in periferia) ad oblata (piatta al centro e più curva in periferia). Quindi, visto che le lac attuali sono state progettate per cornee prolate si deve, talvolta, procedere all’applicazione, nel post operatorio, utilizzando tecniche e geometrie diverse. Sono applicabili a tal scopo sia le lac rigide gas permeabili che lac morbide. Queste ultime, dopo la LASIK, possono essere applicate appena la refrazione è stabile (4-12 settimane). Invece per l’applicazione delle lac rigide occorre aspettare anche la stabilità del lembo (3 mesi). La cornea invece nel post PRK raggiunge una stabilità dopo circa 6 mesi. Se sono presenti irregolarità corneali la lente di prima scelta sarà necessariamente una RGP. Sebbene una lente rigida gas permeabile standard possa essere applicata in molti casi è preferibile una lente a contatto con la zona posteriore simile alla nuova topografia corneale, più piatta al centro e più curva in periferia. Le lenti ideali a tale scopo sono quelle a geometria inversa disponibili anche in contattologia morbida sebbene le lenti morbide, soprattutto quelle ultrasottili, si conformano bene sulla superficie corneale sottostante. Summary The surgical correction of the refractive vices is by now a daily reality. However the results don't lack complications; in a few cases these can happen for an inadequate preparation of the patient who received some inaccurate or insufficient. In many cases the improvement of the natural visual acuity is very important for a full satisfaction by the patient. In other cases, instead, the loss also only of one line with BCVA can constitute a frustration element by the patient. Therefore the role of a contact lens practitioner appears of undoubted importance in the correction of the post-operative residual refractive error, especially with contact lens. The contact lens practice in post refractive surgery is considered a special practice where contact lens theoretical and practical knowledge but also an adequate instrumentation are necessary at the same time. Key words Refractive surgery, complication, contact lens practitioner, corneal topography, contact lens. 16 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o L’importanza della figura del contattologo nella post chirurgia refrattiva Bibliografia 1. Asano-Kato N, Toda I, Tsuruya T, Takano Y, Tsubota K. Diffuse Lamellar Keratitis and Flap Margin Epithelial Healing After Laser in situ Keratomileusis. J Refract Surg 2003; 19:30-33 2. Arevalo JF, Ramirez E, Suarez E, Cortez R, Ramirez G, Yepez JB. Retinal Detachment in Myopic Eyes After Laser in situ Keratomileusis. J Refract Surg 2002;18: 708-714 3. Maldonado MJ, Juberìas JR. Subtarsal Flap dislocation After Superior Hinge Laser in situ Keratomileusis in a Patient With Borderline Mental Illness. J Refract Surgery 2003;19: 169-171 4. Agudelo LM, Molina CA, Alvarez L. Changes in Intraocular pressure After Laser in situ Keratomileusis for Miopia, Hyperopia, and Astigmatism. J Refract Surg 2002; 18:472-474 5. Wilson SE. LASIK: Management of common complication. Laser in situ keratomileusis. Cornea 1998; 17:459-67 6. Holden B. Extended wear: past, present and future. 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J Cataract Refract Surg 1997; 23:34-38 a r t i c o l o L’acquisizione di immagini in Contattologia: un’istantanea del panorama italiano F. Zeri*, P. Formichella**, L. Lupelli*** * Istituto Superiore di Stato “E. De Amicis” Dipartimento di Scienze Optometriche ** Private Practice Edinburgh, UK *** Istituto Superiore di Stato “E. De Amicis” Scuola di Ottica e Dipartimento di Scienze Optometriche Sommario Introduzione Al fine d’indagare l’acquisizione d’immagine (AI) in contattologia in Italia è stato preparato un questionario distribuito durante un convegno scientifico a carattere nazionale e mediante un “porta a porta” presso gli studi contattologici nella città di Roma. Il risultato di tale indagine indica come l’AI in Italia sia ancora poco diffusa. Nel dettaglio si è evidenziata una variabilità dei risultati su chi pratica AI a seconda del metodo di somministrazione del questionario (convegno vs “porta a porta”). La variabilità registrata è stata tra l’8 ed il 44%. Un’analisi inferenziale sui risultati ottenuti ci permette di concludere che in media 1 contattologo su 10 acquisisce immagini. L’indagine tramite questionario ci ha inoltre consentito di delineare il profilo di chi effettua AI. Chi pratica AI presenta una qualifica più elevata, una maggiore anzianità professionale, una maggiore quota di attività contattologica ma anche un’attività contattologica non solo limitata alla pratica privata ma anche alla didattica, alla ricerca o alla consulenza. L’analisi delle risposte sul tema fornite dai contattologi italiani che non praticano AI mette in evidenza comunque come questi ultimi sono sensibili al valore e alle potenzialità che questa procedura può garantire. Limiti principali alla sua diffusione sembrerebbero essere gli alti costi e la complessità dei sistemi di acquisizione. Questo sembra trovare una conferma nel fatto che i sistemi diffusi tra chi pratica AI sono proprio quelli più semplici e/o economici (le lampade a fessura video o la tecnica di acquisizione dall’oculare). È ipotizzabile che l’avvento dei sistemi digitali possa rappresentare il reale punto di svolta per una diffusione più capillare dell’AI in contattologia. Si dice che un’immagine vale più di mille parole, questa affermazione è ancor più vera in campo sanitario dove la descrizione di una specifica condizione è certamente favorita dalla possibilità di far uso d’immagini. Anche in ambito contattologico la possibilità di acquisire immagini rappresenta una straordinaria risorsa finalizzata all’attività clinica, didattica e di ricerca scientifica. Nella pratica clinica l’acquisizione d’immagini (AI) è fondamentale nel monitorare le complicanze indotte dalle lac, nonché le possibili variazioni in applicazioni speciali o ancora nell'integrare un relazione scritta su un paziente. Nonostante queste ragioni siano state sempre chiare ai contattologi, la diffusione dell’AI in passato (sostanzialmente limitata alla fotografia analogica) era confinata quasi esclusivamente nelle università e negli istituti di ricerca (Henson, 1983). Le ragioni di ciò erano certamente da ascrivere alla complessità e/o agli alti costi degli unici sistemi all’epoca disponibili e cioè le lampade a fessura fotografiche o l’uso di apparecchi fotografici poggiati sull’oculare della lampada a fessura o forniti di sistemi macro (Zeri, 1997). Il rapido sviluppo tecnologico degli ultimi anni ha cambiato radicalmente le cose introducendo sistemi nuovi come le lampade a fessura video e soprattutto gli apparecchi digitali utilizzabili isolatamente sull’oculare della lampada a fessura o in maniera integrata nell’apparecchio stesso (Formichella e coll, 2004). Queste novità hanno prodotto una enorme semplificazione dell’acquisizione e in genere una sensibile riduzione dei costi. Ma a che punto è la diffusione dell’AI nella pratica clinica contattologica? Per cercare di rispondere a questa domanda è stata effettuata un’indagine tramite questionario. La raccolta dei dati, condotta all’inizio del 2004, è avvenuta contemporaneamente in Italia e in Scozia, ma i dati riportati in questo lavoro si riferiscono esclusivamente al campione italiano. Parole chiave Acquisizione d’immagini, lampada a fessura fotografica, lampada a fessura digitale. Metodo Ricevuto il 18 ottobre 2004. Accettato per la pubblicazione il 19 febbraio 2005. Per indagare le abitudini dei contattologi italiani in tema di AI è stato preparato un questionario che è stato 18 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o L’acquisizione di immagini in Contattologia: un’istantanea del panorama italiano distribuito durante un convegno scientifico a carattere nazionale e mediante un “porta a porta” presso alcuni studi contattologici nella città di Roma. Il questionario, composto da 11 domande, è stato sottoposto soltanto a coloro che si dichiaravano impegnati in attività contattologica. Le prime 5 domande avevano la funzione di stilare un profilo anagrafico-professionale del contattologo: città di svolgimento della pratica contattologica, qualifica (oftalmologo, optometrista, ottico), connotazione dell’attività professionale svolta (in studio privato, consulente, ospedaliero, ricercatore/ insegnante), anni di attività contattologica (fino a 5; tra 5 e 9; tra 10 e 15; oltre i 15) percentuale di impegno dell’attività contattologica sull’attività totale svolta per numero di pazienti (fino al 25%; dal 26 al 50%; dal 51 al 75%; oltre il 75%). Con la sesta domanda si richiedeva direttamente al contattologo se effettuasse o meno AI. In caso di risposta negativa si utilizzavano due domande (7 e 8), una per approfondirne i motivi, l’altra per evidenziare eventuali invii atti ad effettuare AI. In caso di risposta positiva invece si cercava di conoscere il tipo di sistema di acquisizione usato (domanda 9), se questa acquisizione avveniva per la maggior parte dei pazienti o solo per casi particolari (domanda 10) e infine con l’ultima domanda (11) s’indagava il motivo dell’acquisizione (per uso clinico, scientifico, didattico). La percentuale di soggetti intervistati presso il congresso scientifico che hanno dichiarato di effettuare AI, è risultata essere il 44% (Fig.1 A). Quando i soggetti venivano intervistati direttamente presso il proprio studio la quota si spostava all’8% (Fig.1 B). Nella Fig.1 C è stato riportato anche il grafico relativo al valore complessivo di AI che non tiene conto della modalità di somministrazione. Acquisizione immagine (congresso) 44% SI NO 56% Acquisizione immagine (studio) 8% SI NO Risultati Sono stati compilati 113 questionari 62 raccolti durante un congresso scientifico e 51 direttamente grazie ad un “porta a porta” presso lo studio del contattologo. Per quanto riguarda il profilo anagrafico-professionale, dei 113 soggetti che hanno risposto al questionario 66 (58%) erano ottici e 47 (42%) optometristi. L’83,1% del campione svolgeva esclusivamente attività professionale privata, un altro 8,8% dei soggetti univa alla pratica privata attività o di consulenza o didattica o ospedaliera, i restanti soggetti svolgevano esclusivamente attività di consulenza, didattica o ospedaliera. La ripartizione per anni di attività ha visto 17 soggetti (15,0%) cadere nella categoria “meno di 5 anni”, 16 (14,1%) in quella “tra i 5 e i 9 anni”, 22 (19,4%) nella categoria “tra i 10 e i 15 anni” e 58 (51,4%) nell’ultima categoria “oltre i 15 anni”. Per ciò che concerne la percentuale di impegno dell’attività contattologica sull’attività totale svolta, per numero di pazienti, 66 soggetti (58,4%) hanno indicato di essere sotto al 25%, 35 soggetti (30,9%) tra il 25 e il 50%, 4 soggetti (3,5%) tra il 51 e il 75%, infine 8 soggetti (7,0%) oltre il 75%. 19 2005, vol. VII, n. 1 92% Acquisizione Immagine Totale 27% SI NO 73% Figura 1 Percentuale dei contattologi che acquisiscono immagini. A: Percentuale di acquisizione tra i soggetti a cui il questionario è stato sottoposto presso un congresso scientifico. B: Percentuale di acquisizione tra i soggetti a cui il questionario è stato sottoposto direttamente presso il proprio studio. C: Percentuale che si riferisce all’intero gruppo degli applicatori contattati. a r t i c o l o L’acquisizione di immagini in Contattologia: un’istantanea del panorama italiano I soggetti che non acquisiscono immagini hanno addotto come motivi principali il costo (45,1%) o la complessità (19,5%) dei sistemi di acquisizione, da molti anche riportati insieme (6,1%) (Fig. 2). Il 30 % dei soggetti che non praticano AI ha inoltre affermato d’inviare, presso altri colleghi, pazienti con una condizione contattologica tale da essere necessaria l’acquisizione di immagini. Quando i soggetti acquisiscono immagini lo fanno attraverso vari sistemi di acquisizione riportati in Figura 3. Il sistema largamente più usato (14 soggetti che rappresentano quasi il 50% di chi pratica AI) è la lampada a fessura con partitore e videocamera. Il 45% dei soggetti acquisisce sistematicamente su tutti i pazienti, il 55% acquisisce immagini solo per casi particolari. Considerando che per l’ultima risposta era prevista la possibilità “aperta” d’indicare quali fossero i casi particolari di acquisizione, sono emerse le seguenti indicazioni: la contattologia rgp, le complicanze da lac, l’ortocheratologia, l’applicazione su cheratocono, l’applicazione post chirurgia refrattiva. I possibili usi dell’acquisizione indicati dai soggetti sono riportati in Fig. 4, da cui si evince che il principale è risultato essere l’attività clinica. Sistema di acquisizione usato 14 LF Video 14 Sovra 12 LF Digi 10 Digi LF Foto 8 LF Video LF Digi 6 4 3 4 LF Video Sovra 3 2 2 2 1 1 1 LF Foto LF Video Sovra LF Foto LF Digi 0 Figura 3 I sistemi usati per acquisizione d’immagini (LF: lampada a fessura). Per quale motivo si acquisisce 12 12 12 C 10 C-D-S 8 C-D 5 6 Motivi non acquisizione 4 50 Costo 45,1 45 3 D 2 Complessità 0 40 Altro 35 Non Utilità 30 25 CostoComplessità 19,5 20 15 10 5 12,2 Non risponde 9,8 6,1 Costo-Non utilità 6,1 Figura 4 Uso dell’acquisizione di immagine (C: clinico; D: didattico; S: scientifico) 1,2 0 Figura 2 Motivi principali indicati come responsabili della non acquisizione d’immagini in contattologia. Discussione La domanda principale a cui si cercato di rispondere attraverso questo questionario è stata quale fosse la percentuale di contattologici impegnati nell’AI. Sebbene la percentuale di acquisizione è risultata essere per l’intero campione del 27% ci sono seri dubbi che questa quota sia effettivamente quella reale. Infatti, se si calcola la percentuale di chi pratica AI dividendo il totale degli intervistati in due gruppi relativamente alla modalità di somministrazione del questionario (congresso scientifico vs. “porta a porta” presso lo studio del contattologo) questa risulta notevolmente diversa (Fig.1). La percentuale dell’acquisizione è notevolmente più alta tra i soggetti intervistati al congresso (44%) rispetto a quella risultata se la somministrazione del questionario avveniva nel luogo della pratica professionale (8%). A nostro avviso questo effetto è dovuto alla presenza ai congressi di contattologi sensibili all’aggiornamento tecnico-scientifico quindi più inclini all’uso di ausili tecnologici per migliorare la qualità del proprio lavoro. Se questo fosse vero, considerando anche che è molto più rappresentativo della popolazione italiana il campione dei “porta a porta” contattati a caso rispetto a 20 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o L’acquisizione di immagini in Contattologia: un’istantanea del panorama italiano quello del congresso, probabilmente meno prototipico del contattologo medio italiano, la reale percentuale dell’acquisizione in contattologia è molto più vicina a quell’8% dei “porta a porta” che non al 44% del congresso. Probabilmente correggendo per eccesso l’8% si potrebbe pensare ad una percentuale di poco superiore al 10%. Interessante è comunque notare come l’alta frequenza, tra chi non acquisisce, di motivi come i costi e la complessità dei sistemi di acquisizione rispetto alla più bassa frequenza della non utilità mettono in evidenza che i contattologi percepiscono l’importanza dell’acquisizione (Fig. 2). Tale considerazione è suffragata quando si vede che 1/3 di chi non acquisisce invia ad altri colleghi dei pazienti per AI. Analizzando la figura 3 appare evidente che chi pratica AI si serve di sistemi semplici e/o economici. La lampada a fessura video (LF Video), risultata la più diffusa, è un sistema estremamente semplice e sicuramente tra i sistemi che hanno in comune la lampada a fessura con il partitore ottico (cioè il fotografico e il digitale) è certamente il più economico. La seconda colonna della figura 3 (sovra) indica la tecnica di acquisire immagini direttamente dall’oculare della lampada a fessura. Questa tecnica riportata già da Long (1984) con macchine fotografiche analogiche sta probabilmente tornando alla ribalta con l’avvento delle fotocamere digitali che l’hanno resa estremamente più semplice e con risultati di qualità nettamente migliori (Jackson, 2001). Interessante è cercare di delineare un profilo del contattologo dedito all’AI. Le figure 5, 6, 7 e 8 ci consento di evidenziare differenze tra chi effettua e chi non effettua AI. Tra chi pratica AI c’è maggiore presenza di Optometristi piuttosto che Ottici (71% vs 29%). Anche l’”anzianità” professionale risulta più alta tra chi acqui- Confronto anni di attività Meno di 5 anni 3,2 12,9 Si 25,8 58,1 Tra 5 e 9 anni Tra 10 e 15 anni 19,5 No 14,6 0 20 17,1 48,8 40 60 Più di 15 anni 80 100 Figura 6 Confronto per anni di attività tra i soggetti che acquisiscono immagini (Si) e quelli che non lo fanno (No). Confronto quota di pazienti "contattologici" Sotto al 25% 9,7 45,2 25,8 Si 19,4 Tra il 25% e il 50% Tra il 51% e il 75% 25,6 70,7 No 0 20 40 60 80 Oltre il 75% 100 Figura 7 Confronto per quota di pazienti “contattologici” tra i soggetti che acquisiscono immagini (Si) e quelli che non lo fanno (No). Confronto tipo di attività Confronto Qualifica Studio privato (SP) SP-IR SP-Osp 29 Si 71 58,1 Si SP-Cons Ottici SP-Cons-IR Ospedaliero (Osp) Optometristi Consulente (Cons) 70 No 0 20 40 30 60 80 100 Figura 5 Confronto per qualifica tra i soggetti che acquisiscono immagini (Si) e coloro che non lo fanno (No). 21 2005, vol. VII, n. 1 92,7 No 0 20 40 Insegnante/ Ricercatore (IR) Cons-IR 60 80 100 Figura 8 Confronto per tipologia dell’attività contattologica tra i soggetti che acquisiscono immagini (Si) e quelli che non lo fanno (No). a r t i c o l o L’acquisizione di immagini in Contattologia: un’istantanea del panorama italiano sisce (Fig. 6). Una maggiore quota di attività contatto logica è un’atra caratteristica dei soggetti dediti ad AI (Fig. 7) così come un’attività contattologica non solo limitata alla pratica privata ma anche alla didattica alla ricerca o alla consulenza (Fig. 8). Conclusioni Per la prima volta in Italia si è cercato di capire l’atteggiamento dei contattologi verso le tecniche di acquisizione d’immagini. I risultati ottenuti tramite un questionario d’indagine indicano che l’AI è ancora poco diffusa. Nello specifico, i risultati indicano una percentuale variabile dall’8 al 44%. Tali dati assieme alle modalità di somministrazione del questionario ci portano a dedurre una percentuale generalizzabile del 10% o poco superiore. Gli autori concordano che questo dato dovrebbe essere implementato tramite una diffusione più capillare e/o mirata del questionario. Nel dettaglio, inoltre, chi pratica AI presenta una qualifica più alta, una maggiore “anzianità” professionale, una maggiore quota di attività contattologica ma anche un’attività contattologica non solo limitata alla pratica privata ma anche alla didattica alla ricerca o alla consulenza. L’analisi delle risposte sul tema fornite dai contattologici italiani che non praticano AI mette in evidenza comunque come questi ultimi sono sensibili al valore e alle potenzialità che questa procedura può garantire. Limiti principali alla sua diffusione sembrerebbero essere gli alti costi e la complessità dei sistemi di acquisizione. E questo sembra trovare una conferma nel fatto che i sistemi diffusi tra chi pratica AI sono proprio quelli più semplici e/o economici (le lampade a fessura video o la tecnica di acquisizione dall’oculare). È probabile che per quanto detto l’avvento dei sistemi digitali e di computer imaging, che semplificano l’acquisizione ma soprattutto la gestione delle immagini (Wolffsohn e Purslow, 2003; Wolffsohn e Peterson, 2004), con costi notevolmente inferiori, possa produrre una rapida diffusione dell’AI in contattologia migliorando così la qualità del servizio offerto dagli applicatori italiani. Bibliografia Henson DB. Optometric Instrumentation. Butterworths, 1983. Jackson JM. Instruments and Technology. Contact Lens Spectrum, 2001; 16 (7): 42-48. Formichella P, Lupelli L, Zeri F. The Photo Slit Lamp In Contact Lens Practice: An Updated Review. Poster presentato al BCLAAnnual Conference; Birmingham 21-23 Maggio, 2004. Long WL. Ocular Photography. Professional Press Chicago, 1984. Summary We have developed a questionnaire to investigate practitioners’ attitudes towards imaging acquisition (IA) in contact lens practice in Italy. The questionnaire was submitted using two methods: during a national scientific conference and also by direct handover within practices in the city of Rome. The result of this investigation reveals that IA in Italy is sporadic and patchy. In detail, we have recorded a variability of results from respondents due to the way in which the questionnaire was submitted (conference vs. direct handover). The recorded variability was between 8 and 44%. However, through the inferential analysis of the results obtained, we can conclude that at least one practitioner in ten performs IA. The investigation through questionnaires has also allowed us to draw up a profile of the individuals who perform IA. Those who perform IA demonstrate a higher level of training, a higher degree of seniority, a higher volume of contact lens patients and an interest in research, consultancy and in academic fields. The analysis of results from respondents who do not practice IA show that they are nevertheless aware of the value and potential of IA. Limits to the expansion of IA seem to be the practitioners’ perception of high costs and the complexity of the systems on the market. In fact, our investigation shows that those who perform IA pursue factors such as simplicity and economy when choosing a system (video slit lamp systems or ocular-apposed techniques). The authors speculate that the advent of digital systems could provide the turning point for the more widespread use of IA in contact lens practice. Key words Image acquisition, photo slit lamp, digital slit lamp. Wolffsohn JS, Purslow C. Clinical monitoring of ocular physiology using digital image analysis. Contact Lens Ant Eye 2003, 26: 27-35. Wolffsohn JS, Peterson RC. Optometric Imaging system. Part 1: Technology. Optician 2004, 227 (5942): 26-29. Zeri F. Fotovideodocumentazione in contattologia. Riv It Optom, 1997; 20: 57-69. Corrispondenza: Dr Fabrizio Zeri - Istituto Superiore di Stato “E. De Amicis”, Dipartimento di Scienze Optometriche, via Galvani 6 - 00153 Roma - email. [email protected] 22 2005, vol. VII, n. 1 I tuoi portatori di lenti a contatto praticano una corretta manutenzione delle proprie lenti? con SOLO-care AQUATM puoi stare tranquillo dalla ricerca CIBA Vision SOLO-care AQUATM Comfort e sicurezza in perfetta armonia PORTALENTI MICROBLOCKTM, protegge dai batteri La contaminazione del portalenti coinvolge fino all’80% dei portatori di lenti a contatto1, causando spesso discomfort e pericolo di infezione2,3. 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Consiglia ai tuoi portatori di lenti a contatto SOLO-care AQUATM DISPONIBILE ANCHE IN FORMATO 120 ml Con SOLO-care AQUATM comfort e sicurezza in perfetta armonia, tutto in un’unica soluzione NEI MIGLIORI NEGOZI DI OTTICA 1 Data on file, McLaughlin-Bolrlace, L. Bacterial biofilms in contact lens case. From website: www.asmusa.org/edusrc/biofilms/infopage/056i.html American Society for Microbiology. 2 Midelfart J., Midelfart A., Bevanger L., Microbial contamination of contact lens cases among medical students, The CLAO Journal 1996; 22 (1): 21-24 3 Cosgrove J., Preventing contact lens drouts, Contact Lens Spectrum, available at http://www. cispectrum.com/archive_results.asp?loc=archive/2001/March/0301032.htm Accessed September 4, 2003. 4 Begley G.G., Chalmers R., Michell G., et al. Characterization of ocular surface symptoms from optometric pratices in North America. Cornea 2001; 20 (6): 610-618 a r t i c o l o Global Orthokeratology Symposium Toronto, 22-25 luglio 2004 Laura Boccardo Optometrista, pratica privata Figura 1 Panorama di Toronto dal lago Ontario. Dal 22 al 25 luglio scorsi un piccolo drappello di sette italiani ha partecipato, insieme ad altri 620 iscritti da 32 paesi del mondo, alla seconda edizione del Global Orthokeratology Symposium (GOS) a Toronto, Canada. L’affluenza di partecipanti è stata davvero notevole, se si pensa che questo convegno si occupava di un argomento estremamente specialistico. Quando siamo arrivati al banco della registrazione e ci hanno consegnato oltre 3 kg di programma, abbiamo capito che i quattro giorni successivi sarebbero stati impegnativi. L’agenda dei partecipanti iniziava alle 7.00 del mattino, con i seminari delle aziende durante la prima colazione, ed era fitta di impegni fino alle 7.00 di sera, con la cena nello spazio espositivo: in tutto sono stati presentati 50 relazioni, 8 seminari e 25 poster, tutti di altissimo livello. Il primo giorno di convegno è stato dedicato ai fondamenti del modellamento corneale: la selezione del paziente, l’evoluzione delle tecniche e dei materiali e l’interpretazione delle immagini fluoroscopiche e dei pattern topografici. Dal secondo giorno è iniziato il congresso vero e proprio con un’analisi della situazione dell’ortocheratologia nei vari paesi del mondo Ricevuto il 11 ottobre 2004. Accettato per la pubblicazione il 19 febbraio 2005. 25 2005, vol. VII, n. 1 Figura 2 Joseph Barr, uno degli organizzatori del convegno. Figura 3 La sala congressuale durante la relazione di John Mountford. ed un aggiornamento sulle più attuali ricerche sui meccanismi del modellamento corneale. È impossibile in queste poche righe descrivere nel dettaglio tutti gli argomenti trattati nelle relazioni che si sono via via succedute a ritmo serrato e che hanno abbracciato ogni aspetto inerente questo campo della contattologia in grande fermento. Ricercatori nelle università di tutto il mondo stanno affrontando da un a r t i c o l o Global Orthokeratology Synposium Toronto, 22-25 luglio 2004 Figura 4 Al tavolo dei relatori Brien Holden, Marjorie Rah, Eef Van der Worp, Paoline Cho e Helen Swarbrick. punto di vista scientifico una disciplina che fino a pochi anni fa era considerata con estrema diffidenza dal mondo accademico, ritenuta dannosa o comunque relegata fra i trattamenti “alternativi”. Ormai confermata l’efficacia e la sicurezza delle attuali procedure ortocheratologiche per la miopia, l’attenzione di questa seconda edizione del GOS si è focalizzata su una migliore comprensione dei meccanismi con cui avviene il modellamento della cornea. Le sfide da affrontare ora saranno la correzione dell’astigmatismo oltre 1.75 diottrie, dell’ipermetropia e della presbiopia. Grande commozione si è percepita nella platea quando Stuart Grant ha ricevuto il GOS Founders Award per il suo pionieristico lavoro in ortocheratologia negli anni ’60. Per la prima volta quest’anno anche l’Italia ha portato il proprio contributo scientifico, con un poster di Antonio Calossi sull’efficacia e la sicurezza dell’ortocheratologia notturna con lenti esa-curve personaliz- Figura 5 Il poster di Antonio Calossi. 26 2005, vol. VII, n. 1 a r t i c o l o Global Orthokeratology Synposium Toronto, 22-25 luglio 2004 zate, che riportava interessanti risultati sulla risposta dei tessuti corneali, analizzati in vivo con la microscopia confocale. La forza di un congresso globale è quella di permettere il confronto con tante realtà diverse nel mondo. Penso che questa esperienza ci abbia arricchito molto da un punto di vista professionale, anche se non sono stati giorni di solo lavoro. Il sabato sera tutti i partecipanti al congresso sono stati ospitati per la Boston Soirée nella CN Tower per un cena a 350 metri sopra la città. La CN Tower è il simbolo di Toronto e, con i suoi 500 metri, è uno degli edifici più alti del mondo: la vista sui grattacieli e sul lago Ontario è stata davvero mozzafiato. 27 2005, vol. VII, n. 1 Figura 6 L’autrice Laura Boccardo in compagnia di Stuart Grant, uno dei padri dell’ortocheratologia (nella foto al centro), e di Antonio Calossi. r u b r i c a tips & tricks Laura Boccardo La migliore correzione per i giovani utilizzatori di lenti a contatto In data 8 agosto 2004, Joseph Barr, Editor di Contact Lens Today, scriveva: Sono sicuro che la correzione più diffusa per i giovani miopi siano le lenti morbide quindicinali. Ma se chiedete la loro opinione ad un gruppo di eccellenti applicatori di lenti a contatto, scommetto che otterrete una grande varietà di risposte. Sentireste di tutto, dal silicone idrogel per uso giornaliero, alle lenti RGP come opzione più salutare, fino all’ortocheratologia. Le ultime due vengono associate alla possibilità di controllare la miopia. Ci piacerebbe conoscere il vostro pensiero su questo argomento. Qual è la migliore prescrizione di lenti a contatto per i giovani miopi? Numerose sono state le risposte a questa domanda. Non c’è chiaramente uno standard in questo campo, ma piuttosto un ampio spettro di opinioni. Penso che il ricambio mensile sia la cosa migliore per i giovani utilizzatori. Le lenti sono più facili da maneggiare per un principiante e più economiche. Penso inoltre che questo favorisca una maggiore responsabilità nella cura delle lenti e quindi crei abitudini migliori per il futuro. P.D. Murray, 29 agosto 2004 Secondo me, le uniche possibilità per pazienti giovani non astigmatici sono le giornaliere o le silicone idrogel. Nel caso delle lenti in silicone idrogel, le abbino con l’uso di un umettante e di una soluzione multiuso. Penso che questa combinazione sia la vostra migliore spe- ranza per la compliance: se iniziano giovani, si spera che continuino nel tempo. S. Duncan, 29 agosto 2004 Con tutto rispetto, io non sono d’accordo con il dr Murray, che consiglia il ricambio mensile per i giovanissimi. Sappiamo tutti che i ragazzi non sostituiscono le loro lenti e raramente le puliscono. Portano per troppo tempo le lenti a contatto e, dopo un mese di cattivo uso, i loro occhi sono messi piuttosto male. Ho visto spesso casi di congiuntivite papillare gigante in questi ragazzi e poi è difficile liberarsene. È molto meglio usare un silicone idrogel che con il suo eccezionale Dk può controbilanciare il sovrautilizzo e sollecitare l’abitudine a rinnovare le loro lenti con regolarità. È la cosa migliore per i pazienti e anche per i genitori che li devono tenere sotto controllo. D. W. Siemsen, 5 settembre 2004 La mia prima scelta per i giovani portatori di lenti a contatto sono le lenti RGP, seguite dalle lenti morbide giornaliere, seguite dall’ortocheratologia notturna. Comunque, quando mio figlio, all’età di 12 anni, ha avuto bisogno delle lenti a contatto, non ha voluto provare neppure una volta a mettersi le lenti RGP e ora porta lenti morbide giornaliere da 11 anni. P. Sarita Soni, OD, Contact lens today, 12 settembre 2004 Se il bambino non ha una quantità significativa di astigmatismo, prescrivo lenti morbide, a ricambio giornaliero oppure di maggiore durata, a seconda che sia i genitori sia io riteniamo che il bambino possa occuparsi della manutenzione oppure no. Per gli astigmatici, prescrivo lenti morbide toriche a ricambio frequente. Inoltre controllo attentamente la loro situazione binoculare per valutare se hanno bisogno di occhiali appropriati da portare sopra le lenti a contatto quando si impegnano da vicino. S.F. Gooderman, 3 ottobre 2004 Sarebbe interessante che questa discussione continuasse sulle pagine di LAC, per capire quale sia l’orientamento degli applicatori anche nel nostro paese. Lenti RGP e visione appannata La maggior parte degli utilizzatori di lenti RGP ad un certo punto si lamenta di una visione appannata o nebbiosa. Di frequente questo problema viene attribuito ad un difetto o nella scelta del materiale o nell’applicazione e può essere necessaria un’enorme quantità di tempo di visita per risolvere la questione. La causa più frequente è l’uso di saponi idratanti e cremosi per il lavaggio delle mani prima di toccare le lenti. Eliminando l’uso di questi prodotti ed eventualmente facendo usare detersivo per i piatti per lavare le mani, l’appannamento delle lenti migliorerà drasticamente. È utile inoltre che i pazienti puliscano le lenti la sera appena tolte, piuttosto che la mattina. Anche questo piccolo cambiamento contribuisce a migliorare la limpidezza della superficie in modo notevole. B. Grohe, Contact lens today, 1 agosto 2004 28 2005, vol. VII, n. 1 r u b r i c a immagini di lac Fabrizio Zeri Trattamento antigraffio! Sebbene la ragione principale per cui vengono applicate lenti a contatto (lac) è quella correttiva, esistono anche opportunità terapeutiche fornite dal loro uso. Una lac è definita terapeutica quando ha lo scopo di favorire la guarigione di patologie oculari o di ridurre la sintomatologia indotta da tali patologie (Lupelli, 1995). La protezione dell’epitelio da un contatto traumatico indotto da una condizione patologica è un esempio di uso terapeutico di una lac. Una condizione di questo tipo si verifica nel caso della trichiasi: l’incurvamento verso la superficie oculare delle ciglia, che può anche essere secondario ad un entropion. L’uso delle lac nella trichiasi è opportuno soprattutto se eventuali altri trattamenti (epilazione, elettrolisi, crioterapia, blefaroplastica) non hanno dato benefici e i sintomi soggettivi e oggettivi sono severi. Lac potenzialmente idonee in questo caso sono di tipo morbido, meglio se di spessore maggiore di 0,1mm e di ampio diametro (Lupelli, 1995; Efron, 1999). Un’attenzione particolare nell’applicazione su entropion va posta al fatto che quando la lente non è presente nell’occhio, quindi all’inizio dell’applicazione o quando la lente è stata rimossa dall’occhio per periodi diurni lunghi, si verifica un esfoliazione epiteliale che può aumentare il rischio d’infezioni quando si vanno poi ad applicare le lac (Efron, 1999). Tale rischio è più alto se l’uso che viene fatto è di tipo continuo e/o con materiali a basso DK/t. Sarebbe opportuno quindi far precedere la prima applicazione da 29 2005, vol. VII, n. 1 una epilazione che dia tempo all’epitelio di riparare eventuali traumi e predisporre un successivo uso diurno completo delle lac, per evitare la possibile sequenza abrasione-applicazione. In Figura 1 è evidente la sofferenza Figura 1 epiteliale superficiale in una ragazza affetta da trichiasi secondaria ad un entropion monoculare destro. La colorazione corneale in fluoresceina, classificata secondo la scala di gradazione del CCLRU (Cornea and Contact Lens Research Unit), è di tipo 2, profondità di grado 1 ed inte- Figura 2 ressa solo la zona 5 con una estensione di grado 3. Considerando la compresenza sull’occhio destro di un astigmatismo (sf+0,25cil-1,75 45°), è stata applicata una lac torica morbida (Fig.2). Seppure in questo caso si è optato per una lac convenzionale, che meglio consentiva la stabilizzazione resa difficoltosa dalla particolare condizione anatomica palpebrale, sarebbe preferibile applicare in prima battuta nei casi di trichiasi lac disposable. Il ricambio veloce dei materiali infatti meglio si addice ad un maggiore rischio di usura e imbrattamento superficiale della lac indotto dal continuo sfregamento delle ciglia. Potrebbe anche essere utile predisporre un uso continuo con lac in Silicone idrogel. Nel caso in questione quindi la lente ha impedito, anche grazie al maggiore spessore nella parte inferiore dato dal prisma di bilanciamento, il continuo sfregamento tra le ciglia e l’epitelio funzionando da vero e proprio “trattamento antigraffio”. Bibliografia Efron N. Contact lens complications. Butterworth-Heinemann. Oxford ,1999. Lupelli L. Contattologia. Una guida clinica. Palermo, Medical Books, 1995. r u b r i c a news Laura Boccardo Lenti a contatto e progressione miopica Il rapporto fra l’uso delle lenti a contatto e la progressione della miopia nei bambini e negli adolescenti è sempre di grande attualità. Di recente sono stati pubblicati i risultati di uno studio condotto alla Ohio State University College of Optometry, per confrontare gli effetti delle lenti rigide e delle lenti morbide sulla progressione della miopia nei bambini. Questo studio, chiamato Contact Lens and Myopia Progression (CLAMP) Study, è durato tre anni ed ha dimostrato che gli utilizzatori di lenti rigide peggiorano meno rispetto a chi porta lenti morbide. Dall’analisi dei risultati emerge che la differenza è comunque piccola (un peggioramento di 1,59 D per le lenti RGP e di 2,19 D per le morbide), vi è un incurvamento della cornea nei portatori di l. a c. morbide, mentre non c’è differenza statisticamente significativa di aumento della lunghezza assiale fra i due gruppi. (A Randomized Trial of the Effects of Rigid Contact Lenses on Myopia Progression. Jeffrey J. Walline; Lisa A. Jones; Donald O. Mutti; Karla Zadnik. Arch Ophthalmol. 2004;122:1760-1766). Un effetto di riduzione della progressione miopica è stato dimostrato anche da un gruppo di ricercatori del politecnico di Hong Kong, che hanno studiato gli effetti dell’ortocheratologia sulla progressione miopica nei bambini (Longitudinal Orthokeratology Research in Children, LORC). Gli autori hanno concluso che mediamente la procedura può avere un effetto sia correttivo, sia preventivo sulla miopia dei bambini, tuttavia è presente una notevole variabilità per quanto riguarda le variazioni di lunghezza assiale e non c’è modo di prevedere l’effetto per i singoli soggetti (Cho P, Cheung SW, Edwards M. Current Eye Research 2005;30:70-81). Questi risultati concordano con quelli già presentati al congresso dell’ARVO nel 2003 da P. Shum. Jeff Walline, autore del CLAMP Study e ricercatore esperto sia nel campo della miopia, sia del modellamento corneale, ritiene che questi dati siano molto interessanti, d’altra parte è consigliabile usare la massima prudenza quando si parla ai pazienti dei benefici dell’ortocheratologia sul controllo della miopia. Un nuovo studio sulla progressione miopica nei giovani utilizzatori di lenti a contatto inizia in questi mesi alla Anglia Polytechnic University di Cambridge, sotto la direzione del Professor Dan O'Leary. Verranno arruolati 400 miopi di età compresa fra i 14 e i 21 anni, per verificare se, correggendo particolari aberrazioni dell’occhio con l’uso di lenti rigide personalizzate, è possibile rallentare la progressione della miopia. Comunque bisognerà attendere qualche anno per poter commentare anche questi nuovi risultati. (L. B.) che si terrà l’1 Luglio 2005 il primo Congresso Italiano di Ortocheratologia. Il congresso, organizzato da Antonio Calossi e patrocinato dall’AILAC (Accademia Italiana Lenti a Contatto), avrà un taglio interdisciplinare che vedrà la partecipazione di nomi di rilievo del campo. Relatori del programma: Umberto Benelli, Antonio Calossi, Alex Cannella, Alessandro Fossetti, Saverio Frosoni, Carlo Lovisolo, Luigi Lupelli, Claudio Mannu, Dino Marcuglia, Umberto Merlin, Diego Ponzin, Ferdinando Romano, Paolo Soragni, Fabrizio Zeri. Il programma fittissimo toccherà a “tutto tondo” la moderna ortocheratologia: sviluppo storico, tecniche applicative e meccanismi biomeccanici d’azione, efficacia e sicurezza, i risultati della ricerca. Fa piacere vedere tra i punti del programma uno spazio che riconosce il contributo che Claudio Mannu ha dato alla nuova rinascita e allo sviluppo dell’ortocheratologia in Italia. Per informazioni è possibile scrivere a: [email protected] oppure consultare il sito www.ortho-k.it da cui è anche possibile scaricare il modulo d’iscrizione. Il primo Congresso Italiano di Ortocheratologia a Certaldo E’ nella splendida cornice del complesso del Palazzo Pretorio di Certaldo, una delle cittadine “gioiello” della campagna toscana, 30 2005, vol. VII, n. 1 r u b r i c a in libreria Laura Boccardo Silicone Hydrogels. ContinuousWear Contact Lenses Seconda edizione Debby Sweeny Butterworth Heinemann, Giugno 2004 332 pagine, 157 illustrazioni, copertina rigida Lingua inglese “Silicone Hydrogels. ContinuousWear Contact Lenses”, a cura di Debby Sweeny, fa parte di una collana della British Contact Lens Association. Questo libro, di cui è uscita da pochi mesi la seconda edizione, fornisce un’utile guida alla prescrizione e applicazione delle lenti in silicone idrogel per porto continuo. L’argomento viene affrontato in modo ampio, partendo dalla selezione del paziente e dalla scelta della lente, per poi descrivere l’applicazione, le visite di controllo e la gestione delle complicanze. Completamente aggiornato e revisionato rispetto all’edizione precedente, che risaliva all’anno 2000, il testo attuale contiene un nuovo capitolo sull’e31 2005, vol. VII, n. 1 dema e l’ipossia, i dati più recenti degli studi a lungo termine e nuove illustrazioni. Nel primo capitolo vengono descritti la struttura, le proprietà ed il comportamento dei materiali silicone idrogel. Nel secondo capitolo vengono descritti gli effetti del porto delle lenti a contatto sull’anatomia e la fisiologia della superficie oculare e, in particolare, viene discusso come il porto continuo possa influenzare il ricambio cellulare ed il mantenimento di una normale omeostasi epiteliare. Nel terzo capitolo viene discussa l’importanza di un buon ricambio lacrimale sotto la lente e come questo potrebbe essere migliorato nel porto continuo di lenti in silicone idrogel. Nel quarto capitolo vengono analizzati i sistemi antimicrobici e antinfiammatori delle lacrime e della cornea ed i cambiamenti che avvengono in essi quando si dorme con le lenti a contatto. Nel capitolo 5 viene fatto il punto sulla ricerca nel campo dell’ossigenazione corneale, partendo dalla fisiologia cellulare e dalle tecniche per valutare la risposta corneale fisiologica e l’influenza del porto di lenti in silicone idrogel su questa risposta.. Nel sesto capitolo vengono presentati i risultati di uno studio clinico a lungo termine sull’utilizzo di lenti in silicone idrogel, che include la valutazione soggettiva e la risposta oculare dei pazienti. Nel capitolo 7 vengono trattate le complicanze che si possono verificare con il porto continuo, specificando quali si riscontrano principalmente con le lenti in silicone idrogel. Infine, nel capitolo 8 vengono fornite le indicazioni pratiche per utilizzare le lenti in silicone idrogel nella clinica, come programmi standard per la fornitura ed il controllo delle lenti, schemi di brochure per i pazienti e di consenso informato. Ogni capitolo è corredato da un’ampia rassegna bibliografica. “Silicone Hydrogels. ContinuousWear Contact Lenses” si presenta molto curato da un punto di vista grafico: ha la copertina rigida, ogni capitolo è caratterizzato da un colore diverso per una più facile ricerca degli argomenti, è ricco di schemi, tabelle ed immagini di elevata qualità, che aiutano molto nella comprensione del testo. Butterworth Heinemann An imprint of Elsevier Ltd www.elsevierhealth.com Note per gli autori Lenti a contatto (lac) è una rivista il cui obiettivo è fornire ai professionisti del settore, ricercatori e studenti, informazioni aggiornate sulle ricerche cliniche e scientifiche nell’ambito dell’area contattologica, nella fisiologia e patologia dell’occhio esterno. La discussione deve essere limitata all’osservazione dei dati presentati. Articoli di rassegna bibliografica, casi clinici, descrizioni di nuovi strumenti o procedure dovrebbero essere costituiti da: sommario, introduzione, testo e commenti. Sono benvenuti tutti gli articoli originali a carattere clinico, di ricerca, rassegne bibliografiche, casi clinici ed editoriali che trattino argomenti legati alla contattologia. Possono anche essere pubblicate lettere attinenti lo sviluppo professionale e la sua evoluzione, l’educazione e gli eventi del settore. Bibliografia I riferimenti nel testo dovranno essere soltanto numerici e riportati con un corpo più piccolo ad apice. L’elenco dei riferimenti deve essere riportato in pagine separate del testo e dovrà essere redatto secondo le modalità sotto elencate, rispettando la punteggiatura e lo stile indicati: Tutti gli articoli devono essere inviati all’attenzione di: Marica Lava o Oscar De Bona CIBA Vision s.r.l. Via E. Mattei, 11, 30020 Marcon (VE) I lavori inviati non devono essere stati precedentemente pubblicati su altre riviste o presentati per la pubblicazione contemporaneamente ad altri giornali. Il testo dell’articolo, corredato da eventuali immagini, deve essere inviato in duplice copia per essere esaminato. Il lavoro deve pervenire anche su supporto magnetico. Dopo la revisione dei referees, l’autore corrispondente sarà informato sull’esito della revisione. Nel caso d’accettazione del lavoro presentato, farà seguito la documentazione necessaria per la cessione dei diritti. Dattiloscritto, dischetto e immagini originali, anche se non pubblicati, non saranno necessariamente restituiti. Preparazione del dattiloscritto e del supporto magnetico Articoli di riviste Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo dell’articolo, titolo della rivista abbreviato secondo le norme codificate, anno, volume, prima e ultima pagina in cui appare l’articolo. Nel caso che la numerazione delle pagine della rivista non segua un ordine annuale, accanto al numero del volume indicare, tra parentesi, anche il numero del fascicolo. Esempio di articolo da rivista Simmons PA, Tomlinson A e Seal DV. The role of Psedomonas aeruginosa biofilm in the attachment of Acanthamoeba to four types of hydrogel contact lens materials. Optom Vis Sci, 1998; 75: 860-866 Libri Cognome e iniziale del nome dell’autore/i, titolo e sottotitolo dell’opera con iniziali maiuscole, luogo di edizione, editore, anno, n. pagine. I dattiloscritti devono pervenire su fogli A4. Impostazione margine superiore 2,50 cm, inferiore e laterale, destro e sinistro, 2 cm. Per il frontespizio, il sommario, il testo, i ringraziamenti, la bibliografia, le tabelle e le didascalie delle illustrazioni utilizzare il carattere Times New Roman corpo 12. Le pagine devono essere numerate in modo progressivo iniziando dal frontespizio. Tutti i lavori accettati per la pubblicazione debbono pervenire anche su supporto magnetico, nei formati Macintosh e IBM compatibili elencati: MacWrite, Microsoft Word, Solo testo, R.T.F. Esempio di libro Fletcher R e Still DC. Eye Examination and Refraction. Oxford, Blackwell Science, 1998, 58-60. Frontespizio La prima pagina deve includere il titolo per esteso, ed eventualmente anche ridotto, il nome e cognome, per esteso, degli autori nella sequenza desiderata, eventuali istituti o enti d’appartenenza, il nome, l’indirizzo ed il numero di telefono dell’autore cui fare riferimento per la corrispondenza. Illustrazioni Per illustrazioni si intende materiale come: fotografie, disegni, grafici, tracciati, ecc. La qualità delle immagini deve essere elevata, i disegni e i grafici professionali. Ogni illustrazione deve essere numerata con lo stesso numero citato nel testo. Sono accettate fotografie in bianco e nero mentre immagini a colori devono pervenire, preferibilmente, in diapositiva. Le immagini devono essere tutte corredate di didascalia. Il retro di ogni immagine deve riportare le seguenti informazioni: - titolo del lavoro - numero della figura - nome del primo autore e una freccia indicante la parte alta della fotografia. Sommario Il sommario in lingua italiana, che non deve contenere più di 130 parole, deve essere riportato su una pagina separata. È auspicabile che l’autore sottoponga anche un sommario più esteso, massimo 230 parole, in lingua inglese. Entrambi devono contenere la parte centrale del tema trattato, il metodo di lavoro, i risultati e le conclusioni. Parole chiave Per facilitare la schedatura degli articoli indicare da 3 a 7 parole chiave per ogni articolo. Tali parole chiave, in lingua italiana ed inglese, debbono seguire i relativi sommari. Testo Gli articoli di ricerca dovranno essere comprensivi di: introduzione, descrizione del materiale, metodo di lavoro, risultati e discussione. L’introduzione deve riportare in modo conciso gli obiettivi dello studio. Il materiale e i metodi utilizzati devono essere descritti in dettaglio, mentre i risultati dovrebbero essere descritti in maniera succinta. Nel caso che si faccia riferimento ad un capitolo di libro: Woodward G. Clinical applications of contact lenses. In Edwards K. e Llewellyn R. Optometry. London, Butterworth, 1988, 486-500. Tutte le citazioni devono essere organizzate sulla base della numerazione del testo e non secondo l’ordine alfabetico. Organizzazione e spedizione del supporto magnetico È indispensabile che il file rispecchi le caratteristiche finali dell’articolo. L’etichetta del supporto deve riportare: - il nome dell’autore corrispondente - un titolo dell’articolo, eventualmente ridotto - il sistema operativo - il formato - il processore word utilizzato, con versione e numero Materiale aggiuntivo come tabelle, legende, bibliografia ecc. devono essere salvati su file individuali, uno per ogni categoria; particolarmente gradita è la preparazione di un file legenda. 32 2005, vol. VII, n. 1