TAPPE STORICHE FONDAMENTALI DEL GRUPPO FERALPI S.p.A. Un po’ di storia.. La siderurgia nel bresciano. Nell'industria siderurgica lombarda sono coesistite, nel corso della prima metà del Novecento, due diverse tipologie di imprese. Da un lato una siderurgia relativamente moderna, d'integrazione, collocata prevalentemente in pianura e in prossimità dei maggiori centri industriali della regione, basata su acciaierie a carica solida (ghisa e rottame) ed indirizzata ad approvvigionare con i propri laminati piani e lunghi sia la crescita dell'industria meccanica sia lo sviluppo di altre attività manifatturiere soprattutto dell'edilizia; dall'altro lato una siderurgia tradizionale alpina, collocata in media ed alta quota e formatasi nel corso dei secoli grazie alla contemporanea presenza del minerale di ferro, della forza motrice idraulica e del combustibile locale, il carbone di legna; una siderurgia ancora impostata sulla produzione di attrezzi di lavoro per l'agricoltura e per l'edilizia, che trovava mercati su tutto il territorio nazionale. Le imprese siderurgiche lombarde conobbero il loro momento di massimo splendore negli anni venti e trenta, quando con la fine della prima guerra mondiale, la siderurgia costiera, cresciuta in prevalenza grazie a commesse pubbliche lungo le coste liguri e tirreniche, subì dei duri contraccolpi in seguito alla verticale caduta degli ordinativi militari. Nel corso di pochi decenni, grazie anche alla migrazione di alcune imprese siderurgiche, come la Falck e la Redaelli, dalle valli alpine verso la cintura milanese, si venne formando un consistente tessuto di attività siderugiche moderne. La siderurgia lombarda, pur non essendo tecnologicamente molto avanzata, seppe mettere a frutto le occasioni favorevoli offerte dal mercato regionale: l'industria meccanica e le attività edilizie divennero un sicuro e privilegiato sbocco per le grandi quantità di getti, di laminati piani e lunghi che uscivano dalle acciaierie lombarde. Negli anni trenta la Lombardia produceva attorno al 40% dell'intera produzione nazionale di acciaio, e a guerra finita, pur essendo diminuita la produzione in valore assoluto in seguito agli eventi bellici, la quota lombarda era addirittura salita, perché gli impianti delle maggiori imprese siderurgiche lombarde erano rimasti intatti grazie anche alla loro dispersione sul territorio. Questa situazione vantaggiosa si protrasse anche nel secondo dopoguerra, tra il 1945 e il 1949, un periodo di grandi difficoltà per la siderurgia costiera, che continuava ad essere gestita attraverso Iri e Finsider direttamente dalla mano pubblica, i cui impianti erano stati molto danneggiati dagli eventi bellici e necessitavano di consistenti interventi finanziari per la loro riattivazione. Inoltre la prevalenza di altoforni e di forni Martin­Siemens richiedeva come combustibile il carbon fossile, di non facile approvvigionamento a causa della precarietà dei commerci internazionali. Negli anni cinquanta la siderurgia lombarda, pur aumentando la produzione in valore assoluto grazie all'apporto dei forni elettrici, andò perdendo di importanza rispetto al periodo tra le due guerre in quello che era stato il suo punto di forza, la produzione di acciaio comune, da cui poi traeva una vastissima gamma di semilavorati da impiegare nelle lavorazioni meccaniche. Inoltre le aziende Finsider, grazie al ciclo integrale, stavano espandendosi molto più rapidamente e stavano acquistando un peso sempre maggiore nella produzione nazionale dell'acciaio comune. Il rapporto tra produzione statale e privata di acciaio, che era sempre stato paritario, nel 1957 si spostava a favore della siderurgia pubblica, con il 73% della produzione nazionale e negli anni sessanta, che segnarono una grande espansione del settore pubblico, il distacco si accentuò ulteriormente.
Il declino della siderurgia lombarda non fu comunque caratterizzato da una rapida caduta verticale perché erano molti gli elementi strutturali e congiunturali che ne rallentavano la crisi. Alcune caratteristiche normalmente considerate di grande debolezza, come la frammentazione delle imprese e la conseguente arretratezza tecnologica di fronte alla concentrazione tipica del sistema a ciclo integrale, potevano diventare punti di forza se collocate nella particolare situazione della siderurgia padana del secondo dopoguerra. La scelta di prodotti finali a basso costo di lavorazione aveva consentito alle moltissime aziende del Bergamasco, del Bresciano, del Milanese e del Lecchese di sopravvivere malgrado le modeste dimensioni e le modestissime strutture aziendali, anche perché i loro prodotti trovarono uno sbocco quasi immediato nelle lavorazioni manifatturiere della regione padana. Inoltre la siderurgia padana potè godere, negli anni immediatamente precedenti e successivi alla seconda guerra mondiale, di consistenti vantaggi energetici che non devono essere sottovalutati: innanzi tutto la disponibilità di elettricità a basso costo da impiegare nei processi di fusione (l'elettricità in Lombardia, fatte le debite proporzioni, ebbe lo stesso ruolo del carbone nella Ruhr); poi, nel secondo dopoguerra, la grande disponibilità di gas metano, fu un altro importante fattore di spinta dell'industrializzazione padana di quegli anni. Se alcune imprese erano indubbiamente in declino, c'era un fervore di micro attività, ad esempio quelle messe in campo dai cosiddetti bresciani, dediti alla produzione di tondino per cemento armato; tale produzione, pur facendo parte di un sommerso non poteva sfuggire però agli osservatori più attenti. Il nucleo più consistente della siderugia alpina lombarda si trovava nell'alto Bresciano (val Camonica, val Trompia e val Sabbia) ed era costituito da attività produttive presenti già in età medievale e molto fiorenti in età moderna grazie alla concomitante disponibilità delle risorse allora essenziali allo sviluppo dell'industria del ferro: il combustibile, costituito da carbone di legna, la forza motrice, fornita dai corsi d'acqua alpini, e infine il minerale estratto dai locali giacimenti di ferro. La siderurgia forniva semilavorati a due attività manifatturiere da tempo presenti nel Bresciano: da un lato la tradizionale produzione di attrezzatura manuale per l'agricoltura e per l'edilizia e dall'altro la moderna e pregiata produzione di armi. "Erano piccole officine! Quando l'ho fatta vedere ad un tedesco, l'officina del mio papà, verso la fine della guerra, questo mi ha detto, Ma questo è l'antro di Sigfrido..." (Luigi Lucchini). Questi piccoli impianti continuavano ad essere disseminati in prevalenza lungo la val Sabbia, la val Trompia e la val Camonica. In queste officine però non si usava più come materia prima il ferro estratto dal minerale dei modesti giacimenti delle Alpi bresciane, ma il rottame "riutilizzabile", cioè il rottame di ferro adatto ad essere ulteriormente lavorato al maglio. "Allora bisognava avere il ferro da recupero per fare i badili, era l'anima di mezzo della rotaia, un materiale resistente, perché dopo essere stato forgiato si induriva ancora di più e quindi gli attrezzi non si rovinavano... Invece col fungo della rotaia si facevano i picconi" (Luigi Lucchini). Alla fine degli anni trenta il riuso del rottame per produrre attrezzi era molto apprezzato grazie all'economia autarchica perché procurava un ingente risparmio al paese, evitando una costosa trasformazione siderurgica. La produzione non si era cristallizzata in una secolare immutabilità, ma si era adeguata alle necessità delle attività agricole: a Bienno in val Camonica i Bellicini, che poi avrebbero dato vita nell'immediato secondo dopoguerra alla Ols di Pisogne, erano riusciti a far crescere il proprio maglio specializzandosi nella produzione di attrezzi per la risicoltura. Con la fine della guerra la galassia delle imprese siderurgiche artigianali delle Prealpi e delle Alpi bresciane riprese di slancio l'attività, perché la richiesta di attrezzi in tutti i micromercati rurali italiani divenne molto elevata, soprattutto dopo il blocco di ogni scambio avvenuto tra il 1943 e il 1945, in seguito al passaggio del fronte nel nostro paese.
"Nel 1945 le officine riaprono e i Lucchini a Casto ricominciano a fare mannaie, i Leali a Odolo coi Pasini ricominciano a fare forconi e a Bienno i Bellicini ricominciano a fare i loro secchi per muratori e così via. Un prodotto povero per un mercato locale, dove però c'è già un germe imprenditoriale, hanno già i loro rappresentanti, tengono una loro piccola contabilità, cominciano ad avere un'organizzazione d'officina con le specializzazioni, la divisione del lavoro e una gerarchia del mestiere. Si entra facendo un determinato lavoro poi c'è una specializzazione e il cuore è il master cioè l'uomo che sa muovere con maggior abilità il pezzo di ferro sotto questo maglio. E' un'abilità individuale, ma richiede la capacità della squadra, la capacità di dare la velocità, l'aria alla forgia, l'utilizzazione delle acque. La capacità di sfruttare le piccole tecnologie con una cultura collettiva perché l'acqua è di tutti, le officine sono poste una dietro l'altra, con quella cultura propria dei contadini della montagna lombarda e della montagna bresciana" (Ugo Calzoni). Durante il periodo della Ricostruzione, ­ un momento molto dinamico della storia italiana, dove le nuove condizioni economiche crearono occasioni di mobilità sociale ­, si è assistito ad un imprevedibile rilancio della siderurgia "minore" bresciana, che era riuscita innanzi tutto a sopravvivere e poi anche a svilupparsi "adattandosi alle nuove condizioni con radicali mutamenti". La novità era costituita dal mercato del rottame, letteralmente invaso da una gran quantità di materiale di scarto: le rotaie delle ferrovie bombardate, le demolizioni navali, i campi Arar (Azienda rilievo alienazione residuati) lasciati dagli Alleati, dove il ferro era abbondante e la grande industria non era in grado di riutilizzarlo, se non come rottame. Di contro c'era la grande domanda della Ricostruzione: l'industria edilizia, che doveva far fronte rapidamente al grande fabbisogno di abitazioni e di infrastrutture distrutte durante gli ultimi anni della guerra, richiedeva il tondino, l'anima di ferro da mettere nel cemento armato per le case, i ponti e le costruzioni in genere; la grande impresa siderurgica non era attrezzata e a volte era anche poco interessata a fare fronte a tutta questa domanda. Quindi, con la fine della seconda guerra mondiale, entrarono in gioco alcuni nuovi fattori: le "anormali" necessità da parte del mercato edilizio di tondino per cemento armato e la disponibilità di una gran quantità di rottame costituito da residuati bellici. "Lavoravano tutti rilaminando, hanno rilaminato di tutto: comperavano delle billette o dei materiali di recupero tipo travi e strisce di lamiere grosse che tagliavano, le portavano al calor rosso e le laminavano. La specializzazione era quella di rilaminare con delle gabbie molto rudimentali. I pezzi incandescenti passavano tre o quattro volte fra i cilindri delle gabbie; si lavorava a mano e quindi c'erano da una parte e dall'altra della gabbia degli operai che con delle pinze prendevano il pezzo di ferro incandescente e lo rimettevano dentro" (Costante Guerrini). "Già abituati a produrre una vasta gamma di prodotti dai rottami, i Bresciani, modificarono le loro ferriere, per fare il tondino per cemento armato in risposta alla massiccia domanda di materiale da costruzione durante la Ricostruzione dell'Italia settentrionale. I prezzi inflazionati e i bassi costi del materiale e del lavoro resero immediatamente l'industria lucrosa nonostante la tecnologia antiquata. I risparmi così realizzati furono in seguito reinvestiti per modernizzare gli impianti. (..) Nelle piccolissime fabbriche furono installati con grande rapidità dei laminatoi per le barre e il tondino, la maggior parte delle macchine venivano dall'estero, specialmente dagli Stati Uniti, e quasi tutte erano pesantemente usurate e di modello obsoleto". Come mostra la figura seguente, tracciata in base ai rilievi sui prezzi del rottame e del tondino, elaborati dall'ing. Giacomo Fantinelli, è possibile individuare un periodo di circa tre anni tra il 1946 e il 1948 in cui il rapporto tra prezzo del tondino e prezzo del rottame è stato estremamente favorevole per i neo­industriali: a fronte del prezzo del rottame attorno alle 18/20 lire al Kg. c'era un prezzo del tondino attorno alle 110/120 lire al Kg., un rapporto uno a sei mai più raggiunto nella storia di questo prodotto; alle soglie degli anni cinquanta il rapporto è diventato meno favorevole, ma è rimasto comunque sempre molto remunerativo.
La domanda di ferro per le costruzioni edili era particolarmente forte in Italia, più forte che in altri paesi con circa lo stesso numero di abitanti e con un prodotto nazionale lordo superiore. Questo derivava dalle caratteristiche dell'edilizia italiana già prima della seconda guerra mondiale. Le imprese costruttrici italiane erano particolarmente abili nell'uso del cemento armato e per un periodo di tempo molto lungo hanno usato solo questo sistema, mentre in altri paesi erano le strutture portanti in acciaio a prevalere nei moderni sistemi edilizi. Andamento pr ezzo r ottame – prezzo vendita tondo c.a nel primo dopoguer r a ANNI 1947­1950 160 140 120 100 80 60 40 20 0 DOPOGUERRA PIANO MARSHAL PREZZO DI VENDITA ROTTTAME A O 1947 D O 1948 D N 1949 D A O N 1950 Andamento pr ezzo r ottame – prezzo vendita tondo c.a negli anni 1960 ­ 1973 ANNI 1960­1973 PREZZO DI VENDITA TONDO C.A ROTTTAME 200 180 ACCORDO FRA I LAMINATORI (BASE) 160 ESPORTAZIONE E SVALUTAZIONE DELLA LIRA 140 120 BOOM EDILIZIO 100 CRISI EDILIZIA 80 60 40 20 0 O D L S S O N G N D L A G G N F L N D F M S D A L O D F M A M G 1960 1966 1969 ­ 1970 1971 ­ 1972 1973
Dislocazione degli impianti sider ur gici in pr ovincia di Brescia nel 1985.
La siderurgia a Odolo. In Italia, nel bresciano, si estende la comunità di Odolo famosa per la lavorazione del ferro fin dal 1610 quando il Lezze censiva ben 14 fucine che producevano utensili, attrezzi e ferramenta di varie dimensioni (Narra la tradizione che la sera del 15 agosto 1796 Napoleone abbia dormito all’osteria de “Ca’ de Odol” e, temendo avvelenamenti, abbia bevuto solo il latte munto sotto i suoi occhi). Quando nel 1924 nacque a Odolo, Carlo Nicola Pasini (fondatore della Feralpi S.p.A), una delle efficienti fucine apparteneva ai genitori Giuseppe e Giulia. Nel 1950 Carlo Pasini con altri coraggiosi valsabbini, fu tra i promotori della nascita del primo complesso siderurgico “ILFO” (Industria Laminati Ferrosi Odolesi). Il modo ed il tempo della ricostruzione esigevano impegni e lavorazioni diverse. Non bastava più produrre attrezzi agricoli, così un maglio della fucina venne utilizzato per il taglio e la forgia delle rotaie ferroviarie in disuso e poco dopo fu introdotta nella ditta dei genitori una taglierina per la preparazione del ferro da laminare e trasformare in tondo per cemento armato. Iniziava così la rivoluzione industriale di Odolo. Dopo la llfo a Odolo si era formata la Iro (Industrie Riunite Odolesi) dove, seguendo il modello societario della Ilfo, si erano associati tutti quelli che avevano un maglio con una presa d'acqua. La forza motrice venne unificata per azionare il loro primo laminatoio con una turbina idraulica. Erano sistemati in "una specie di catacomba", fecero le prime produzioni lì, dopo comprarono un terreno e costruirono la nuova acciaieria. Nel 1960 si contavano ben cinque piccoli forni elettrici e diversi impianti per la produzione di laminati. Sempre nello stesso periodo nasceva ad Odolo la Prolafer S.p.A ( prodotti laminati ferrosi) divenuta in seguito Feralpi, i cui soci discendevano da padri odolesi. Verso la fine degli anni sessanta Carlo Pasini ed alcuni soci progettano di realizzare un impianto moderno di acciaieria a Lonato comune del lago di Garda.
Perché Lonato come sede del nuovo stabilimento della Feralpi. Come si può notare nel seguente documento, tratto dalla relazione tecnico – economica ­ finanziaria del 1°Dicembre 1968 dell’ing. Giacomo Fantinelli, la ragione della scelta di questo località fu ricercata in alcune considerazioni di ordine economico e logistico: la possibilità di avere il raccordo ferroviario, la vicinanza alla idrovia Mincio – Ticino, l’adiacenza all’autostrada ed alla statale Milano – Venezia. Tale scelta avrebbe portato a cospicui risparmi per tutti i materiali che interessavano il ciclo produttivo, rispetto allo stabilimento in Odolo. Inoltre vi era la vicinanza alla rete di alta tensione 130000 Volt avrebbe portato un risparmio nei costi di allacciamento. Da non sottovalutare poi la facile reperibilità dell’acqua, elemento indispensabile in questo impianto. Infine a Lonato vi era un terreno livellato di ampia superficie, in contrasto con quello di Odolo. Posizione geogr afica dello stabilimento.
Documento tr atto dalla r elazione tcnico ­ economica per la realizzazione dello stabilimento di Lonato. Nella foto: Car lo Pasini, Giovanni Tolettini e l’ing. Giacomo Fantinelli
1968 – Iniziano i lavori per la realizzazione dello stabilimento di Lonato. Ultimo raccolto nella zona in cui verrà realizzato lo stabilimento
A Lonato si inizio con un reparto di acciaieiria dotato di un forno elettrico di fusione della capacità di 30 tonnellate per produrre lingotti con il sistema tradizionale a sorgente in fossa di colata. I lingotti servivano inizialmente per alimentare il laminatoio di Odolo. La vigilia di natale del 1969, lo stabilimento di Lonato che si estende su 550 mila metri quadrati, in una cornice di verde, metteva alla prova le sue nuove strutture e veniva realizzata la prima colata d’acciaio fra l’entusiasmo del fondatore Carlo Pasini, che si avvaleva del grande aiuto dei soci cugini Tolettini e Leali e della preziosa collaborazione dell’ing. Giacomo Fantinelli, che vantava 20 anni di esperienza nel campo delle mini acciaierie. Iniziava così l’avventura del nuovo complesso siderurgico, che in poco tempo di attività raggiungeva una posizione di “leadership” nel settore. Sempre nel 1969 veniva fondata la CO.ME.CA S.p.A (costruzioni meccaniche e carpenteria), come supporto alla realizzazione dello stabilimento. Oggi CO.ME.CA S.p.A è un affermato costruttore per quanto riguarda laminatoi, colate continue e impianti fumi per i maggiori gruppi siderurgici italiani. Nel primo anno, 1970, la Feralpi produrrà 78970 tonnellate di acciaio in lingotti con una capacità produttiva oraria di 10 tonnellate, contando per il funzionamento di un complesso di 120 dipendenti. Sempre nel 1970, partiva a lonato la realizzazione di un laminatoio per i tondi medio – grossi con un moderno impianto in automatico, oggetto di visite anche da parte di tecnici stranieri per efficienza e grande produttività. Nell’anno 1971 la Feralpi produrrà 74530 tonnellate di tondo per cemento armato di sezioni medio – grosse. In quel periodo inoltre verrà installato un secondo forno della capacità di 30 tonnellate. Lo stabilimento verrà attrezzato con uno sviluppo di binari interni di 2000 metri, unico in quegli anni nel bresciano. Nel 1972, i soci della Feralpi con partner locali partecipano alla creazione di una nuova acciaieria a Calvisano (Bs), con un forno da 50 tonnellate per la produzione di lingotti di acciaio da laminare Nel 1973, a Lonato, entrava in funzione la nuova colata continua per produrre billette al posto dei lingotti, aumentando così la capacità produttiva. Contemporaneamente venivano installati gli impianti di depurazione dell’acqua e dei fumi a salvaguardia dell’ambiente esterno ed interno. Sempre nello stesso anno, il 6 giugno 1973, veniva realizzata la prima colata alle acciaierie di Calvisano. Attualmente l’acciaieria di Calvisano, estesa su una superficie di 234000 m2, di cui 20000 coperti, servita da raccordo ferroviario, produce billette e blumi di acciai comuni e di qualità, acciai per bonifica e tempra superficiale, acciai per molle destinati alla laminazione e allo stampaggio. Nel 1974, venivano installati un terzo forno elettrico da 30 tonnellate ed una nuova colata continua a 3 linee per la produzione di billette di sezione 115x115. L’investimento particolarmente importante servirà per alimentare gli stabilimenti di Odolo e Lonato. Nello stesso anno la produzione di acciaio fu di 203750 tonnellate e quella del laminatoio di 188450 tonnellate. Giorno dopo giorno si presentava nelle acciaierie bresciane il problema riguardante la qualità del rottame. Nel 1975, per il miglioramento della qualità del rottame e per la migliore efficienza di tutto il ciclo entrava in funzione lo “shredder” per la frantumazione delle carcasse di auto dimesse. Il forte sviluppo delle costruzioni edili, con la conseguente richiesta di mercato, ed i continui miglioramenti dei dati economici aziendali, portarono la Feralpi nel 1976 ad un ulteriore investimento, venne installato il secondo laminatoio, per la produzione di barre medio piccole andando a completare la gamma di produzione. Lo stesso laminatoio verrà completato un anno dopo con l’inserimento della produzione di rotolo e vergella.
Nel 1978, viene creata Agroittica Lombarda S.p.A per allevare e commercializzare l’anguilla sfruttando il calore refluo proveniente dalle Acciaierie di Calvisano. L’azienda infatti utilizza acqua di falda riscaldata mediante scambiatore di calore con l’acqua del processo di acciaieria in modo da assicurare la giusta temperatura per le vasche di incubazione e quelle in cui vivono gli esemplari più giovani. Grazie all’allevamento di storione , dal 1992 Agroittica ha iniziato a produrre e commercializzare il proprio caviale diventando leader mondiale nella produzione di caviale prodotto in allevamento. Gli anni 80/90, costituirono per la Feralpi un periodo di transizione perché la siderurgia, in generale, dovette per la prima volta occuparsi di problematiche che fino ad allora erano rimaste sconosciute. Nel maggio del 1983 si spegneva improvvisamente il fondatore Carlo Pasini. La famiglia insieme ai soci ed ai collaboratori continuò con impegno e dedizione l’opera da Lui iniziata. Assunse la Presidenza dell’azienda la moglie Lidia Camilla Savoldi e fu nominato Consigliere delegato il figlio Giuseppe, oggi affiancato dai fratelli Giovanni e Cesare. Fu così che la CECA (Commissione Economica Carbone Acciaio) per lunghi anni vigilò sull’intera siderurgia europea, con provvedimenti destinati ad evitare aumenti di capacità produttiva. Il fatto oltre che destare stupore negli stessi operatori, mortificò qualsiasi intervento per migliorare le capacità produttive degli impianti. Vennero così smantellati diversi complessi siderurgici sia privati sia pubblici, favoriti da leggi che contribuirono alla chiusura. Nel 1985 la Feralpi decise di smantellare il laminatoio di Odolo. Nel complesso gli impianti continuarono la loro evoluzione. Essi vennero meccanizzati ed automatizzati con sofisticati sistemi elettronici che permisero all’azienda di mantenersi per costi e produzione ai massimi livelli. Anche nel campo della qualità la Feralpi si distinse grazie ai continui aggiornamenti in campo tecnologico. Nel 1988 otteneva il brevetto per produrre con procedimento “TEMPCORE”, prima azienda in Italia ad applicare sugli impianti tale sistema. Ciò permise di produrre materiale di superiore livello qualitativo adeguandosi alle richieste dei mercati che divenivano sempre più esigenti e severi nei collaudi. Fra le problematiche esistenti non ultimo l’approvvigionamento di rottame. Per tale motivo nel 1990, fu installata una pressa cesoia per la lavorazione del rottame, da affiancare allo shredder, per rendere l’azienda meno vulnerabile nell’approvigionamento della materia prima. Inoltre veniva realizzato un nuovo ingresso con una doppia pesa e completato il raccordo ferroviario interno che collegava tutti i reparti dello stabilimento. Gli anni 90 vennero contraddistinti da una congiuttura negativa per il settore siderurgico mondiale che rese indispensabili forti ristrutturazioni. Vennero così sostituiti i tre forni elettrici e le due colate continue, con un forno elettrico da 80 tonnellate con trasformatore da 85 MVA, un fuori forno LF e una colata continua a 5 linee per la produzione di billette di sezione 125x125. Inoltre l’acciaieria venne dotata delle migliori tecnologie esistenti in materia di emissioni e captazione fumi; venne installato tra i primi in Italia un impianto di abbattimento diossine. Nel 1992, dalle ceneri di una vecchia acciaieria della DDR, nasce l’ESF. Lo stabilimento, servito da raccordo ferroviario, è esteso su di un’area di 450000 m2 di cui 150000 coperti. Nel 1994, dopo due anni di grandi sforzi, esce il primo acciaio Italiano da Riesa. Ad esso, in modo rilevante, oltre all’amministratore dell’ESF, Giuseppe Pasini, figlio del fondatore della Feralpi
Lonato, hanno contribuito il Direttore, Ing. Klaus Ufer e il Direttore tecnico, Ing.Federico Faraglia. Va ricordato che l’intera struttura della Feralpi Lonato, tecnica, produttiva, finanziaria e commerciale, si mise a completa disposizione per la realizzazione di un grande progetto. Fino all’avviamento del laminatoio, avvenuto nel 1995, furono prodotti e venduti semilavorati. Dal 1995, ogni anno escono dallo stabilimento sull’Elba 500000 – 600000 tonnellate di acciaio per cemento armato. Attualmente la gamma di prodotti dell’acciaieria comprende: ­ billette da colata continua nelle sezioni 130x130 mm e 160x160 mm, in lunghezze da 6 a 13,5 m nelle qualità a basso tenore di lega. ­ Acciaio per cemento armato in barre nei diametri da 6 a 32 mm e lunghezze da 6 a 18 m (a richiesta fino a 22 m). ­ Acciaio per cemento armato in rotoli per impianti di stiratura nei diametri da 6 a 16 mm del peso di circa 2,3 t/cad ­ Acciaio per cemento armato in rotoli laminato e stirato a freddo nei diametri da 6 a 16 mm e ribobinato in rotoli del peso di 2,0 t, 2,5 t, e 3,0 t. ­ Vergella di qualità W10 (St 37­2) del peso di circa 2,3 t/cad. Viene prodotta nei diametri da 6,5 a 14 mm in progressione di 0,5 mm. ­ Reti elettrosaldate in acciaio per cemento armato laminato a caldo o a freddo. 27 Marzo 1997 – la Feralpi Lonato inaugura la prima colata della nuova acciaieria, quasi 30 anni dopo la prima colata del fondatore Carlo Pasini. Anche nell’area laminazione l’azienda migliorerà 2001 ­ viene avviata la produzione di rotolo e vergella per la produzione di matasse da 1500/1800 Kg, perfezionando così sia l’aspetto quantitativo sia quello produttivo. Attualmente l’acciaieria lavora con un forno da 80 ton, un impianto LF e una colata continua a 5 linee. Le billette di sezione quadra, seguono due vie: ­ Carica a caldo nel laminatoio 1 con significativo risparmio di metano e di movimentazione; ­ Completamento, del raffreddamento e successivo trasporto nel laminatoio 2 L’impianto di laminazione n°1 è costituito da un forno di riscaldo in cui vengono caricate billette provenienti dalla macchina di colata continua. Il treno di laminazione produce tondi per cemento armato nei diametri dal 12 mm al 40 mm. L’impianto di laminazione n°2 ha un forno di riscaldo a barre mobili, in cui vengono caricate billette della lunghezza di 12 m a temperatura ambiente. Il treno di laminazione produce tondo per cemento armato o laminato mercantile dal diametro 6 mm al diametro 14 mm. Inoltre la disposizione dell’impianto consente di alimentare un monoblocco a 10 passi per la produzione di vergella che produce filo liscio o nervato dal diametro 5,5 mm al diametro 16 mm in rotoli da 1500 – 1800 Kg. Nell’impianto di Lonato vengono inoltre prodotti: ­ tondo per cemento armato stirato e ribobinato nei diametri da 6 a 16 mm in rotoli da 2500 Kg ­ trafilato nei diametri da 6 a 12 mm in rotoli da 2000 – 3000 Kg ­ reti elettrosaldate Con la struttura rinnovata la Feralpi è in grado di cogliere le future sfide della siderurgia derivanti derivanti dalla ormai conclamata globalizzazione dei mercati.
25 Ottobre 1968 ­ Feralpi Lonato: iniziano i lavori per la realizzazione dello stabilimento
4 gennaio 1969 ­ Feralpi Lonato: iniziano i lavori dei primi pilastri Febbraio 1969 ­ Feralpi Lonato: iniziano i lavori del raccordo ferroviario
Giugno 1969 ­ Feralpi Lonato: è realizzata parte della struttura dei capannoni acciaieria e parco rottame. Giugno 1969 ­ Feralpi Lonato: installazione gru parco rottame.
27 Giugno 1969 – Feralpi Lonato: controllo culle primo forno da 30 tonnellate. 2 Luglio 1969 ­ Feralpi Lonato: installazione primo forno da 30 tonnellate.
Novembre 1969 ­ Feralpi Lonato: installazione serbatoio pensile altezza 30 mt, capacità 150000 litri.
24 Dicembr e 1969 – Feralpi Lonato: prima colata con il primo forno elettrico da 30 tons.
1970 – Feralpi Lonato: montaggio laminatoio 1.
1970 – Feralpi Lonato: montaggio placca di raffreddamento laminatoio 1. 11 Marzo 1972 – Acciaierie di Calvisano: sondaggi per consistenza terreno ( nella foto: Carlo Pasini e l’ing. Giacomo Fantinelli).
Aprile 1972 – Acciaierie di Calvisano: iniziano le palificazioni. 30 Giugno 1972 ­ Acciaierie di Calvisano: iniziano i lavori dei primi pilastri
16 Novembr e 1972 ­ Acciaierie di Calvisano: fasi di costruzione.
2 Ottobre 1972 ­ Acciaierie di Calvisano: fondazioni forno (necessaria la bonifica per presenza di acqua) Febbraio 1973 ­ Acciaierie di Calvisano: assiemaggio forno. 6 Giugno 1973 ­ Acciaierie di Calvisano: 1° Colata d’acciaio. (In basso: Ing. Giacomo Fantinelli,
1°fila da sin: Carlo Pasini, Giuliano Mascadri, Faustino Leali, In alto da sin: Giovanni Tolettini e Giovanni Tolettini fratello di Egidio e Dante)
Maggio 1973 – Feralpi Lonato: fasi di lavorazione della prima colata continua a 3 linee sez. 115x115 di costruzione Concast.
23 Febbraio 1978 – Feralpi Lonato: 1° spedizione vergella (nella foto: Carlo Pasini e Faustino Leali)
2001 – Feralpi Lonato: Impianto di laminazione per la produzione di rotoli.
FERALPI SIDERURGICA S.p.A
ACCIAIERIE DI CALVISANO S.p.A ( Nella foto si intravedono le vasche di Agroittica S.p.A) ESF S.p.A
1970 – 2002, Feralpi Lonato: andamento della produzione 1200000 1000000 800000 ACCIAIERIA 600000 LAM1 + LAM2
400000 200000 0 1970 1975 1980 1985 1990 1995 2000 CRONOLOGIA ­ 1950: Carlo Pasini con altri coraggiosi valsabbini, crea il primo complesso siderurgico, la “ILFO” (Industria Laminati Ferrosi Odolesi). ­ 1960: Nasce ad Odolo la Prolafer S.p.A ( prodotti laminati ferrosi) divenuta in seguito Feralpi. ­ 1968: Iniziano i lavori per la realizzazione dello stabilimento della Feralpi di Lonato. ­ 1969: Lo stabilimento di Lonato realizza la sua prima colata di lingotti, con un forno elettrico da 30 tonnellate. Sempre nello stesso anno nasce CO.ME.CA. S.p.A. (Costruzioni meccaniche e carpenteria.) ­ 1970: Realizzazione di un laminatoio per i tondi medio – grossi. ­ 1971: Installazione di un secondo forno elettrico di 30 tonnellate ­ 1972: Inizia la costruzione delle Acciaierie di Calvisano. ­ 1973: Viene installata a Lonato la prima colata continua ­ 1974: Viene installata a Lonato la seconda colata continua. Sempre nello stesso anno viene installato un terzo forno elettrico da 30 tonnellate. ­ 1975: Viene installato a Lonato lo Shredder. ­ 1976: Viene installato nello stabilimento di Lonato un secondo laminatoio per barre medio – piccole. Sempre nello stesso anno parte l’impianto vergella. ­ 1978: Viene creata Agroittica S.p.A per produrre anguille sfruttando le acque dell’acciaieria di Calvisano. ­ 1985: Viene smantellato lo stabilimento di Odolo. ­ 1988: Feralpi, prima in Italia, ottiene il brevetto per produrre il “TEMPCORE”. ­ 1990: A Lonato viene messa in funzione la cesoia. ­ 1992: A Riesa, dalle cenere di una vecchia acciaieria dell’ex DDR nasce l’ESF. ­ 1997: Prima colata nuovo forno da 80 tonnellate. ­ 2001: Viene avviata la produzione di rotolo e vergella per la produzione di matasse da 1500/1800 Kg.
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TOLETTINI ANDREA (Relatore: Mazzilli)