primo di diventare il divo dello spettacolo e la condanna del secondo ad essere oggetto scopico passivo, che naturalmente rivendicherà il diritto a ritornare soggetto, questa volta addirittura con l'intervento di dio. Un dio-bambino capriccioso e vendicativo, frutto di un trauma alla testa e del delirio derivante. Un dio messo in discussione da uno scienziato egiziano, che razionalizza per il faraone le dieci piaghe, e da un testimone che osserva Mosè parlare da solo quando si crede al cospetto di dio. E 'creativo' e incorreggibile come il dio del Vecchio Testamento, Ridley Scott produce macchine teatrali piene di trucchi e di sorprese, di battaglie, di combattimenti di uno contro l'altro, di tutti contro tutti, di caccia con le bighe, di coccodrilli feroci e di locuste voraci, di fiumi di sangue e di ulcere che sanguinano, di cavalli che galoppano e di cavalli che si impennano, di fiamme e di cenere, di babelici brusii e di fendenti metallici, di demiurghi che usano lo spettacolo e di burattini sulla scena dello spettacolo. Perché Ridley Scott, stregone bianco della rappresentazione, sa bene che il potere si nutre prima di tutto di visioni. E in tempi 'sensibili', l'autore britannico approccia con prudenza le questioni religiose e mette in guardia dagli integralismi della fede, realizzando un film che ha l'anima commerciale ma la testa vigile, che si guarda dalla polemica accesa, che conduce il discorso biblico con 'spirito' e dona finalmente a Mosè le ombre di un 'giustiziere' tormentato, un supereroe oscuro che nessuno poteva incarnare meglio di Christian Bale. Non un peplum ma un fantasy, un'allegoria, una science fiction del passato, più realistico certo della superproduzione biblica di DeMille ma impossibile da leggere secondo criteri realistici. Marzia Gandolfi www.mymovies.it Mercoledì 25 febbraio, ore 16.30-19.00-21.00 Giovedì 26 febbraio, ore 19.00-21.00 Un film di Laurent Cantet, con Jorge Perugorria e Isabel Santos Cinque amici si riuniscono su una terrazza che si affaccia sulla città dell'Avana. Stanno festeggiando il ritorno di uno di loro, Amadeo, che è stato sedici anni in esilio a Madrid. Nel corso di una lunga nottata, che va dal tramonto all'alba, verranno a galla antichi rancori e segreti, così come le speranze giovanili - disilluse dalla realtà cubana - di costruire un mondo migliore. Tuttavia, la loro amicizia riuscirà a vincere sull'amarezza... MERCOLEDI 18 FEBBRAIO 2015, ORE 16.30-20.00 GIOVEDI 19 FEBBRAIO 2015, ORE 20.00 Il cast tecnico. Regia: Ridley Scott. Sceneggiatura: Adam Cooper, Bill Collage, Jeffrey Caine, Steve Zaillian. Direttore della fotografia: Dariusz Wolski. Montaggio: Billy Rich. Scenografia: Arthur Max. Costumi: Janty Yates. Musiche: Alberto Iglesias. Origine: Gran Bretagna, 2014. Gli interpreti. Christian Bale (Mosè), Joel Edgerton (Ramses), John Turturro (Seti), Aaron Paul (Joshua), Ben Mendelsohn (Hegep), Sigourney Weaver (Tuya), Ben Kingsley (Nun), María Valverde (Séfora), Dar Salim (Comandante Khyan), Golshifteh Farahani (Nefertari), Indira Varma (Miriam). Durata: 2h30. La trama. Il coraggio e l'audacia di un uomo capace di sfidare la potenza di un impero: il leader ribelle Mosè, colui che guidò 600.000 schiavi contro il faraone egiziano Ramses. Questa è la storia del monumentale viaggio di fuga degli Ebrei dall'Egitto e del terribile ciclo di piaghe mortali che flagellò il Paese come narrato nel libro dell'Esodo. Ci sono film così irrecuperabili che verrebbe quasi voglia di difenderli. Così, per esercizio dialettico e per non sparare sulla Croce rossa. Ma il masochismo critico ha i suoi limiti. E un kolossal da 140 milioni di dollari che scomoda il Libro dei Libri, fra l'altro in tempi non esattamente pacifici per le tre grandi religioni monoteiste, non è un bersaglio inerme. È un atto di arroganza, un banco di prova per il peggio della Hollywood contemporanea. Quella che crede di pensare in grande solo perché mobilita grandi temi, grandi mezzi, grandi nomi, e butta tutto nel frullatore degli effetti digitali, tanto potenti quanto ciechi se non c'è un disegno a guidarli. Le uniche 'idee' di questa rivisitazione di uno dei personaggi più filmati della storia sembrano infatti dettate da preoccupazioni di questo tipo. Cosa funziona meglio in 3 D? Quali sono i momenti più spettacolari? Come semplificare senza che crolli tutto, ovvero cosa si può tirar via da questa vecchia storia, e cosa si può aggiungere per modernizzarla un po' senza far urlare chi la conosce a memoria? (...) Perfino le dieci piaghe d'Egitto si snodano rapide, terribili e un po' notarili come un dovere da sbrigare in fretta, e bisogna aspettare la traversata del Mar Rosso per emozionarsi almeno un po'. Anche se sarà il cast, saranno i costumi iperkitsch, sarà l'inflazione del fantasy, ma tutto ha sempre un'aria un po' celtica. E anche se Mosè si preoccupa di ciò che accadrà in futuro con tutta quella gente pigiata nella Terra Promessa, è davvero molto difficile prendere sul serio 'Exodus'. Fabio Ferzetti Il Messaggero 15 Gennaio 2015 (…) Ridley Scott ha relegato la presenza del divino in secondo piano, concentrandosi sulla rivalità tra Mosé e il presunto fratello Ramses, e poi sullo svolgimento dell'Esodo. Puntando però le sue carte sul 'production design', il film dimentica di darsi un tono epico. La revisione degli eventi soprannaturali, poi, spoglia di ogni sacralità la trama biblica, trasformando il protagonista da profeta in un leader tormentato. Il che è più sconcertante delle polemiche sull'origine etnica dei personaggi, tutti caucasici (e qualcuno dovrebbe spiegarci cosa ci stanno a fare i sacrificatissimi Sigourney Weaver, John Turturro e Co. ). Quanto ai due contendenti Christian Bale, Batman in versione biblica, e Joel Edgerton, faraone abbron- zato pieno di eyeliner e un po' tonto, ti fanno rimpiangere Heston e Yul Bynner nel kolossal del '56. Roberto Nepoti La Repubblica 15 Gennaio 2015 C'era una volta il maestro Ridley Scott. «Exodus - Dei e Re», purtroppo, conferma l'impressione che si tratti ormai di un altro regista, magari abile nel gestire stereoscopie, effetti speciali e cast di rilievo (però il Mosé di Bale è impresentabile) e nel proporre una visione tremendista del Vecchio Testamento, però assai ordinario nella sceneggiatura con velleità moderniste e psicanalitiche, il ritmo macerato e l'eloquenza talvolta caricaturale affibbiata ai personaggi. La dimensione epica del kolossal si sfalda, così, nei suoi squilibri pretenziosi e fa rimpiangere - giuriamo che non si tratta dell'abusata sindrome del cinefilo - l'enfasi naive di «I dieci comandamenti» di De Mille e del suo profeta guerriero Charlton Heston Valerio Caprara Il Mattino 15 Gennaio 2015 (...) non è certo la storia a far difetto nel film di Ridley Scott, e neppure il grande spettacolo. I 145 milioni di dollari spesi si vedono tutti; e per la bellezza della immagini giocate su un'elegantissima gamma cromatica, l'eccellenza di scenografia e costumi, la pellicola è una festa per gli occhi. Inoltre, Christian Bale è un Mosé potente; e, a nostro avviso, è interessante la trovata di mostrare Dio nei panni di un bimbo dalla determinazione affilata come quella di una spada vendicatrice. Detto questo, il film non riesce a essere coinvolgente come lo fu 'Gladiator'. Alessandra Levantesi Kezich La Stampa 15 Gennaio 2015 Naturalmente siamo nel magico mondo della fanta-Bibbia, altrimenti detto di Rydley Scott. Ed anche la Sacra Scrittura non sfugge alla sua genetica modifica, Cecil DeMille permettendo. L'Esodo diventa qui un'impresa formato extra-long ed extra-kolossal in 3D, con un Christian Bale onnipossente che si diverte a dialogare con Dio dal volto di bambino. Tolta la prima ora di noia e deja-vu, lo spettacolo delle piaghe d'Egitto e del celebre passaggio a Sharm-el-sheik tengono incollati alle poltrone. Anna Maria Pasetti Il Fatto Quotidiano 15 Gennaio 2015 Testo di riferimento per il genere mitologico e testamento spirituale e stilistico di Cecil. B. DeMille, I dieci comandamenti è (solo) il punto di partenza di Exodus - Dei e Re, il nuovo e personale blockbuster di Ridley Scott. Ritratto singolare di Mosè, eletto e guerriero, Exodus - Dei e Re prima che di uomini parla di corpi in azione, macchine di morte e di spettacolo. Nell'arena di un circo come alla corte egiziana si dispiega il ludus di un sovrano e di uno schiavo a vantaggio di una folla di (in)fedeli, perché il film di Scott fa della religione un grande show, spalancando col Mar Rosso uno spazio alla sua critica. Analisi che sedurrà gli scettici ma non dispiacerà troppo ai devoti, attirati dal fondo etico su cui affogheranno i politeisti. Dopo l'annuvolato fervore del Noah di Darren Aronofsky, è la volta di Ridley Scott di mettere mano e sguardo all'Antico Testamento col Libro dell'Esodo, che racconta la schiavitù e la fuga degli ebrei dall'Egitto per intervento di Dio e per mano di Mosè. Come fu per Il gladiatore, anche questa volta la Storia c'entra poco e al centro c'è di nuovo la necessità di raccontare due antagonisti: Ramses, figlio di dèi minori affetto da egocentrismo patologico e complesso di inferiorità proprio come Commodo (Ramses pronuncia le stesse battute di Commodo davanti al figlio addormentato), e Mosè, ex-generale divenuto schiavo ribelle alla maniera di Massimo Decimo Meridio. Di nuovo, ancora, il desiderio del