n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
Infinity più completo
11 canali RAI in LeggieVendi, se riporti La nuova Rai
Via la pubblicità
l’edicola
grazie a nuove
HD su Tivusat: ilti giornale
03 da Yoyo e Gulp 07 funzioni
08
Mediaset sveglia! ridà il 50%
La RAI ha annunciato, per ora solo agli installatori
e antennisti, che presto incrementerà di molto
la propria offerta satellitare in alta definizione.
A partire dall’inizio del 2016, infatti, inizierà un
percorso che in tre tappe porterà entro fine anno
ben 11 canali RAI in HD ad essere trasmessi via
satellite, il tutto all’interno dell’offerta Tivusat:
i cinque canali generalisti, da RAI 1 a RAI 5,
RAI News, RAI Sport 1, RAI Gulp, RAI Yoyo, RAI
Premium e RAI Movie. Tutti in alta definizione,
almeno come messa in onda e – si spera – con
contenuti in larga parte HD nativi.
È un grande notizia, che non crediamo sia stata
diffusa per “mitigare” il clamore riguardante il
canone RAI in bolletta: infatti la comunicazione
è stata data in via semi-riservata alla conferenza
degli installatori Tivusat tenutasi a Bologna senza
alcuna volontà – almeno per ora – che trapelasse
fino all’utenza finale.
La piattaforma già c’è: è Tivusat, che ha superato
i due milioni e mezzo di card attivate, ed è
gratuita. I canali RAI HD saranno criptati e visibili
solo ai possessori dei decoder Tivusat HD e a
coloro che inseriranno l’apposita cam nei TV
compatibili. D’altronde criptare i contenuti è
necessario, sia per contenere territorialmente la
visione dei canali, sia per evitare che SKY, come
faceva con i canali Mediaset in chiaro, decida
di inserire eventuali canali RAI free to air al
bouquet di quelli ricevibili con il proprio ricevitore,
traendone un indebito vantaggio. Per fortuna c’è
già Tivusat pronta all’uso e gratuita per l’utente.
Il succo è che finalmente, dopo fin troppi anni di
ripensamenti, sembra essere stata imboccata
l’unica strada per portare a casa degli italiani
un segnale di qualità. Ovverosia, come DDAY.
it diceva da tempo, adottare il satellite per le
trasmissioni in HD. Infatti il digitale terrestre ha
saturato la propria banda e presto lo spettro
dedicato a questa modalità di trasmissione verrà
ulteriormente ridotto dal passaggio della banda
700 MHz al traffico dati cellulare.
Così le parti si invertono: Tivusat, che era nata
come soluzione per coloro che non vedevano il
digitale terrestre, smette di essere una soluzione
di ripiego e diventa invece la prima scelta per
coloro che posseggono un TV a grande schermo:
assurdo riempire 55 e 65 pollici con i segnali in
standard definition. Invece il digitale terrestre
rimane solo una piattaforma “di garanzia” per le
persone anziane a cui va bene la qualità di oggi.
La mossa di RAI segna anche la fine delle “bugie”
che tutti gli operatori si sono detti per un po’ sul
futuro di DVB-T2, che non c’è, come anche è a
rischio (per motivi molto diversi) quello di HEVC.
Ironia della sorte, ci troviamo con un obbligo
di legge incombente per i TV DVB-T2 e HEVC,
mentre forse sarebbe meglio rendere obbligtorio
il tuner sat e la compatibilità con la CAM Tivusat.
Ora, per un quadro finalmente al passo con
i tempi, manca un solo tassello: che anche
Mediaset, che peraltro trasmette in HD (quasi
sempre solo scalato) su digitale terrestre, si
decida a mettere su Tivusat anche i tre propri
canali free principali e magari anche gli altri, così
da completare un’offerta che in capo a qualche
mese potrebbe finalmente essere al passo con
i tempi. Il fatto che Mediaset progetti lo sbarco
di Premium sul satellite per l’inizio del 2016, fa
ben sperare. A questo punto, cadute le difese a
oltranza del digitale terrestre, c’è da chiedersi a
Cologno cosa stiano aspettando a portarci nel
XXI secolo. Come ha commentato un nostro
lettore: “Mediaset sveglia!”
Gianfranco GIARDINA
Canone Rai in bolletta: è deciso
Il pagamento del canone Rai con la luce elettrica
Pagheranno le famiglie solo sulla casa di residenza
100 euro a rate bimestrali nel 2016 e 95 euro nel 2017
02
11
iPhone 6s e 6s Plus
Le tariffe degli operatori
Caccia all’offerta: scopriamo quanto
costa portarsi a casa gli smartphone
Apple con le tariffe degli operatori
iPhone 6s Plus: rivoluzione 3D Touch
Il 3D Touch in prova promette molto bene
Ma il prezzo dello smartphone è da brivido
28
Chromecast audio: musica facile
Bastano 39 euro per aggiungere al vecchio
impianto stereo la funzionalità di streaming
40
IN PROVA
33
Android 6.0 sicuro
ma più complesso
41
Samsung JS8500
L’LCD quasi perfetto
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19 OTTOBRE 2015
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MERCATO Presentata dal Premier la legge di stabilità: il Canone Rai finisce in bolletta
Canone Rai a rate e in bolletta, è deciso
Si pagherà solo sulla prima casa: l’importo scende a 100 euro nel 2016, 95 euro nel 2017
di Roberto PEZZALI
L
otta all’evasione: pagare meno, pagare tutti: è questo lo slogan scelto dal Premier Renzi su Twitter per
promuovere la riforma del canone Rai,
inserita nella legge di stabilità. Il canone,
come previsto, sarà meno caro e si pagherà in bolletta: se la cifra è sicura, 100
euro nel 2016 e 95 euro nel 2017 contro
i 113,50 euro attuali, non è affatto certa
la modalità di riscossione, che dovrebbe
comunque pagarsi a rate e solo sull’abitazione di residenza, anche per chi è in
affitto. A chiarire il tutto ci penserà un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, atteso nei prossimi 45 giorni. “Pagheranno tutti”, e la Rai porterà in casa
2,2-2,5 miliardi di euro contro gli 1.7 miliardi raccolti nel 2015, un tesoretto che
dovrebbe aiutare a ridurre il canone nei
prossimi anni e soprattutto faciliterebbe
il piano di eliminazione della pubblicità
dalle reti destinate ai bambini, come Rai
Yoyo e Rai Gulp, e a quella a valenza culturale come Rai Storia. Il nuovo canone
sarà cross platform: non lo si pagherà
solo per il possesso di un televisore, ma
per il possesso di un qualsiasi mezzo
che permette di ricevere la Rai, via etere o in streaming: come ha detto Renzi
pagano tutti, e non sarà facile dimostrare
nel 2016 di non possedere nemmeno un
cellulare. Restano comunque alcuni nodi
da sciogliere: Assoelettrica è scettica
sulla nuova modalità: “Ribadendo la no-
stra contrarietà – sostiene Chicco Testa,
presidente di Assoelettrica – ricordiamo
che il travaso delle competenze Rai nelle
fatture comporta numerose difficoltà di
ordine tecnico e giuridico. Auspichiamo
un costruttivo confronto con operatori e
Autorità dell’Energia”.
A chi non pagherà il canone, in ogni
caso, non verrà staccata l’utenza ma
verrà fatta una segnalazione all’Agenzia
delle Entrate: per gli evasori previste
multe per 500 euro.
MERCATO
Surface Book
sullo Store
è sold out
L’online Store di Microsoft è stato
preso d’assalto e non accetta più
prenotazioni di Surface Book, il
tablet-laptop presentato pochi giorni
fa. Per Microsoft, che sta vivendo
un periodo caratterizzato dal forte
interesse per i nuovi dispositivi e per
il sistema operativo Windows 10, il
segnale è chiaro: la strategia di produrre un notebook a proprio nome è
una scelta vincente. Surface Book,
almeno sulla carta, è un ottimo
notebook, che si può trasformare in
tablet grazie alla tastiera sganciabile
ma che a seconda delle esigenze può
essere anche un convertibile. Per
tutti i dettagli si rimanda all’articolo
DDay del 6 ottobre. La data di lancio
del 26 ottobre si avvicina; agli interessati per ora non resta che cercarlo
da altri rivenditori oppure lasciare
l’indirizzo email e attendere pazientemente di ricevere una notifica circa
la nuova disponibilità del prodotto.
MERCATO L’Autority emana delle raccomandazioni per limitare il dilagare di offerte truffaldine da parte dei call center
Call center “pazzi”: l’AGCOM dice basta e “detta” le regole
Se le raccomandazioni verranno recepite, saranno validi solo i contratti con condizioni inviate per posta (anche elettronica)
di Gianfranco GIARDINA
top al call center “impazzito”: a dirlo
è l’AGCOM che ha deliberato delle
nuove regole (o meglio “raccomandazioni”) per contenere il dilagante fenomeno dei call center truffaldini che promettono condizioni contrattuali che non
rispecchiano il contratto di cui chiedono
la sottoscrizione o che “martellano” con
chiamate ripetute, forti dell’impossibilità
di essere tracciati realmente. I casi sono
moltissimi e riguardano contratti telefonici, mobili e residenziali, e utenze luce e
gas. Un malcostume che si sta diffondendo a macchia d’olio: DDay.it da tempo
denuncia casi di vero e proprio stalking
telefonico, come il caso di oltre 40 chiamate ricevute dal medesimo call center
in un pomeriggio (video qui).
Anche Striscia la Notizia si è occupata
recentemente del tema arrivando alle
solite conclusioni: si tratta in larga parte di call center esteri che comunicano
attraverso numeri solo apparentemente
italiani via linee VOIP (cioè via Internet),
spesso neppure direttamente incaricati

S
torna al sommario
dalla utility coinvolta ma oggetto di subappalto da parte di agenzie autorizzate.
Le indicazioni emesse dall’AGCOM (che
speriamo vivamente che vengano considerate “legge” dalle telco e dalle altre
utility) stabiliscono alcuni semplici ma
cruciali punti:
• L’operatore telefonico deve qualificarsi, dare le proprie generalità o il codice
identificativo e chiarire immediatamente
lo scopo commerciale della propria telefonata.
• Nel caso in cui il consumatore sia intenzionato ad accettare l’offerta, l’operatore del call center, deve inviare tutta
la documentazione relativa all’offerta
stessa, con condizioni e note, al cliente,
per posta ordinaria o, previa autorizzazione, anche posta elettronica; in alternativa può mostrarle su un’area privata
e intestata all’utente del sito aziendale,
a patto che non sia modificabile in un
secondo tempo.
• Il contratto si ritiene perfezionato solo
dopo che il consumatore comunica
l’accettazione dell’offerta e dichiara di
aver preso completa
visione della documentazione contrattuale inviata al punto
precedente. Solo da
questo momento decorrono i termini per il
diritto di recesso.
Questo vuol dire che
non dovrebbe più
essere possibile sottoscrivere offerte di alcun tipo solo per
via “verbale”; o meglio, la conferma del
consumatore può anche essere verbale e opportunamente registrata, ma le
condizioni contrattuali, che sono spesso
costellate da note e condizioni, non possono essere semplicemente “raccontate” ma necessitano di opportuna lettura
di dettaglio da parte del consumatore
stesso
In questo modo si spera di porre fine a
vere e proprie truffe mascherate da “telemarketing aggressivo” che purtroppo
stanno mietendo vittime soprattutto tra
le fasce più deboli della popolazione.
In più, cercando di mettere fuori gioco i
call center meno seri, si prova finalmente
ad arginare il fenomeno delle chiamate
ossessive e ripetute, stante l’attuale
completo fallimento del registro delle
opposizioni che – oramai è evidente a
tutti – non è certo uno strumento che
permette all’utente di difendersi dallo
stalking telefonico commerciale. Gli unici
dubbi sono legati al potere dell’AGCOM
di “pretendere” l’adesione a queste linee
guida da parte delle utility: trattandosi di
pure raccomandazioni, sembra difficile
che tutti si mettano immediatamente in
riga, anche se è lecito almeno sperarlo.
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MERCATO L’edicola tenta il rilancio: riportando il giornale entro un limite temporale verrà restituito il 50% del prezzo di copertina
LeggieVendi: l’edicola restituisce il 50% se riporti il giornale
Il giornale viene reso alla stessa edicola da cui è stato acquistato e potrà essere rivenduto come “usato” a metà prezzo
di Roberto PEZZALI
S
tanchi dell’immobilismo del settore, gli edicolanti vogliono dare una
scossa per rivitalizzare la carta
stampata, sempre più in sofferenza a
causa anche dell’arrivo dell’informazione online. Ecco quindi che gli edicolanti
appartenenti ai principali sindacati di
categoria hanno deciso di lanciare una
iniziativa inedita, LeggieVendi: il lettore
potrà restituire il giornale o la rivista
acquistata nella stessa edicola in cui
l’ha comprata ottenendo il rimborso del
50% del prezzo. L’edicola, a quel punto
potrà rivendere il giornale come usato
a metà prezzo. Fondamentalmente per
un consumatore ci sono grandi vantaggi: chi corre in edicola a caccia di notizie
fresche potrà beneficiare di uno sconto
se divora le notizie, mentre chi non ha
tutta questa fretta può trovare un gior-
nale quasi nuovo a metà prezzo. Ovviamente esistono dei limiti temporali a
seconda del tipo di giornale: un quotidiano va restituito entro le 13, un settimanale entro due giorni e un mensile
entro una settimana. ’unica cosa che
resta da chiarire è se l’iniziativa sarà valida per ogni giornale e sarà l’edicolante
a scegliere quali riviste o giornali gestire con questa modalità, e se ascoltiamo
le dichiarazioni del presidente del Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai
sembra proprio che sia stata scelta la
seconda opzione.
“Nel deserto di idee che dilaga dagli
editori alla distribuzione, al governo è
MERCATO Con l’approvazione dell’emendamento “Booking” contattare l’albergo può convenire
Prezzi liberi per gli hotel: l’offline vince sull’online
Gli hotel possono finalmente praticare prezzi più bassi di quelli disponibili sui servizi online
di Roberto PEZZALI
L

a Camera ha approvato all’unanimità l’emendamento al DDL sulla
concorrenza proposto dal deputato
PD Tiziano Arlotti e battezzato da tutti
“emendamento booking”. Una decisione importante che riguarda proprio la
prenotazione degli alberghi tramite siti
come Booking.com e Expedia.com: fino
ad oggi un hotel, se contattato direttamente o tramite il suo sito, non poteva
applicare un prezzo più vantaggioso di
quello esposto sui siti di prenotazione
online. Un obbligo questo che ora potrebbe cadere: manca ancora una parte
dell’iter legislativo, ma l’approvazione
all’unanimità è sicuramente un buon segno. “Ho sempre considerato questi vincoli contrattuali alla stregua di un incontro pugilistico, dove salivano sul ring un
peso massimo contro un peso leggero.
Ma questi vincoli rappresentano anche
un limite alla concorrenza e al prezzo
finale che viene applicato al turista. Mediamente la commissione delle grandi
piattaforme si aggira attorno al 20%.
Quindi un onere che grava sull’albergatore e sul cliente e che la Francia (nostra
torna al sommario
concorrente) ha bandito con l’approvazione della Legge Macron inserendo un
apposito articolo nel Codice del Turismo
francese lo scorso agosto” ha scritto Arlotti sul suo sito che esalta il successo
della sua proposta.
“L’emendamento che ho presentato
come primo firmatario al disegno di
Legge “Concorrenza” per togliere gli
iniqui vincoli imposti dagli OTA (Online
Travel Agency) che vietano ai titolari di
esercizi ricettivi di fare offerte inferiori a
quanto contrattualmente pattuito è stato
approvato con ben 434 voti favorevoli e
soli 4 contrari alla Camera. Un voto che
ha raccolto il consenso di tutti i gruppi
parlamentari e che elimina il cosiddetto
parity rate, ossia le clausole che vincolano gli alberghi a non offrire, sia on line
che off line le proprie strutture a prezzi
e condizioni migliori rispetto a quelle inserite sui grandi portali di prenotazione
delle agenzie di viaggio on line”.
Il prezzo degli hotel potrebbe diventare
libero, e le associazioni di categoria già
applaudono: si potranno contattare direttamente le strutture per spuntare prezzi
più vantaggiosi, magari appoggiandosi
anche al preventivo che appare su uno
dei famosi comparatori di prezzi. Per una
volta l’offline trionfa sull’online, e a guadagnarci qui sono solo i consumatori.
un modo concreto per trasformare gli
edicolanti in concreti piccoli imprenditori”, afferma Armando Abbiati, presidente
dello Snag. “Del resto anche la legge ci
consente di praticare degli sconti. Quindi, il rivenditore potrà scegliere quale testata includere di volta in volta nell’operazione LeggieVendi. In questo modo
pensiamo di contribuire ad aumentare il
lettorato, facendo felici anche gli inserzionisti pubblicitari e gli stessi editori”.
Sulla stessa linea Giuseppe Marchica,
segretario del Sinagi Cgil, afferma che
LeggieVendi “spingerà il pubblico a leggere di più e rientrare in edicola”. “Di
certo”, aggiunge, “sarà più efficace di
operazioni, tipo cut prize, servite soltanto a deprezzare il prodotto”. L’operazione partirà a fine ottobre, al termine di una
serie di assemblee sindacali previste al
momento a Milano, Torino, Bologna,
Firenze, Roma e Napoli.
MERCATO
Sony taglia
il prezzo USA
della PS4
L’Europa sarà
la prossima?
Dopo il taglio di prezzo in Giappone,
Sony ha abbssato il prezzo della PS4
anche negli Stati Uniti (e Canada):
costerà 50 dollari tondi in meno,
sia nella versione stand alone che
per tutti i bundle di prossima uscita.
Il nuovo prezzo per gli Stati Uniti
è dunque 349,99 dollari, che si fa
ancora più aggressivo in vista della
stagione dei regali natalizia. Ora
che il taglio al listino riguarda sia il
Giappone che il Nordamerica, non
c’è più ragione per non aspettarci
una simile operazione anche sul
mercato europeo e un nuovo prezzo
che dovrebeb attestarsi intorno ai
350 euro. Al momento tutto tace,
ma non dovrebbe mancare molto
a un annuncio ufficiale. Intanto la
battaglia commerciale tra Sony e
Microsoft si fa ancora più incandescente. Basterà Halo 5 a fermare
l’ascesa di PS4 in uno scontro che
fino ad ora ha visto la console Sony
saldamente in testa?
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19 OTTOBRE 2015
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MERCATO Media World anticipa i festeggiamenti del 25° anniversario con il lancio del nuovo format di negozio. Si parte da Curno
Media World cambia, prodotti toccabili e accesi
Prodotti e clienti diventano i perni centrali. Tante le novità, dai cartellini elettronici all’area “service” per il supporto tecnico
T
di Gianfranco GIARDINA
ra qualche mese inizierà un anno molto importante per Media World in Italia: la prima catena
di elettronica di consumo in Italia si appresta a
compiere 25 anni di presenza nel nostro Paese. Era
infatti il 1991 quando a Curno, in provincia di Bergamo,
apriva il primo di oltre 100 superstore di elettronica
con insegna Media World, a quei tempi ancora caratterizzato dai colori arancione e azzurro. Ad anticipare
l’anno di celebrazioni e festeggiamenti (e probabili
promozioni), che vedranno Media World impegnata
per tutto il 2016, arriva il lancio del nuovo layout di
negozio che, forse non a caso, debutta proprio a Curno, là dove tutto era partito 25 anni fa. A presentare le
novità in una conferenza stampa di lancio tutto il top
management della società, rappresentato dal CEO
Joachim Rosges, dal direttore degli acquisti Marco
Mazzanti e dal COO Mario Di Pilla. Il nuovo format di
Media World, già operativo nel negozio di Curno e
fra poco più di una settimana anche in quello di Orio
al Serio, sempre in provincia di Bergamo, introduce
molte novità concettuali e tecnologiche e, alla base
del progetto, c’è la volontà, espressa chiaramente dal
management, di mettere il “cliente al centro”. Un proposito, questo, formulato da molti ma che raramente
trova reale espressione nei fatti: questa volta ci sembra veramente di cogliere degli aspetti molto positivi,
a partire dalla consapevolezza – espressa chiaramente dal management, che è necessario investire
in formazione degli addetti vendite per garantire un
livello di servizio in grado di soddisfare l’aspettativa
della clientela.
Un negozio più chiaro
Sotto tutti i punti di vista

Il negozio cambia, dicevamo, e lo fa sotto tanti aspetti.
La prima cosa che salta all’occhio è l’aspetto chiaro e
pulito, diremmo anche più elegante rispetto al passato, con una netta predominanza di bianco e con
tutte le scritte in rosso. I pavimenti completamente
rifatti in un materiale più “hi-tech” di quello classico
dei centri commerciali contribuisce a questa immagine; l’illuminazione, totalmente rivista in chiave LED, è
decisamente migliore di quanto non accadesse con i
classici neon. Ma questi sono aspetti che il cliente generalmente non formalizza e che sono forse più legati
torna al sommario
alla sensibilità degli operatori. E che ci si trovi di fronte
a un negozio nuovo lo si capisce subito, sin da fuori:
cambia infatti anche l’ingresso, non più “canalizzato”
da tornelli e steccati ma del tutto aperto. Un gigantesco portale che invita all’ingresso del pubblico (durante la conferenza stampa con alcune transenne che
non ci sono durante l’operatività corrente) sormontato
da una super-insegna display che lancia in maniera
animata le promozioni più forti del momento.
Quello che più conta per il cliente, però, è che cambia
l’esperienza di acquisto: muoversi nel mondo digitale,
per un cliente, – parole del CEO Rosges – “può essere affascinante ma anche sconcertante”. Per questo
nel nuovo negozio Media World il protagonista assoluto sarà il prodotto: via le pareti pieni di loghi dei
produttori, una contrazione delle aree legate ai singoli
marchi e allestite nelle maniere più diverse. Gli scaffali
diventano più uniformi, senza le variabilità dettate dagli espositori dei diversi marchi, cosa che rende molto
più facile per l’utente orientarsi tra l’offerta e fare le
dovute comparazioni. L’obiettivo – già chiaramente visibile a Curno - è quello di avere tutti i prodotti esposti, tutti “toccabili” e tutti connessi e accesi. Stop alle
vetrinette e alle attese, per esempio per vedere un
telefonino: tutti gli smartphone, per fare un esempio,
sono disponibili per la libera valutazione dei clienti,
sono tutti collegati all’alimentatore e tutti “impugnabi-
li”, salvo le necessarie misure antitaccheggio.
Questo vale per tantissime cateogie di prodotti, anche
quelli che spesso nei classici negozi sono acquistabili
solo a “scatola chiusa”, come per esempio i “wearable”, di cui c’è una sfilata infinta.
E il cartellino diventa elettronico
Nel negozio ideale ci vorrebbero molti più addetti
vendite per assistere meglio il cliente, ma questo è
ovviamente inconciliabile con le marginalità espresse
del mercato dell’elettronica, ai minimi di sempre. Per
far sì che gli addetti vendita abbiano più tempo per
seguire il cliente, Media World ha cercato di limitare il
tempo che oggi viene speso in attività di gestione del
negozio, come per esempio la gestione dei cartellini
prezzo: questi, tra operazioni di ristampa, ritaglio e
inserimento nella corretta posizione a scaffale, assorbono una quantità di risorse umane non banali per un
negozio che ha migliaia e migliaia di referenze.
Per questo Media World ha introdotto per buona parte dei prodotti un cartellino elettronico: si tratta di un
vero e proprio display e-ink, che a molti clienti apparirà addirittura come un cartellino cartaceo. Si tratta
invece di uno schermo simile a quello degli ebook
che può essere modificato in maniera centralizzata dagli uffici e che non necessita di manutenzione
segue a pagina 05 
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MERCATO
Media World cambia i negozi
segue Da pagina 04 
puntuale e manuale. Di questi cartellini elettronici,
nel nuovo negozio di Curno ce ne sono 5000 e non
sono solo un vantaggio per i commessi, che perdono
meno tempo, ma offrono anche altre possibilità – ci
spiegano. Per esempio, in questo modo, il negozio è
in condizione di gestire “instant promo”, con prezzi
che possono cambiare all’istante, anche in blocco e
per periodi anche brevi. Il negozio fisico si avvicina
così a quello a cui siamo abituati negli acquisti online. Inoltre tutti i cartellini riportano anche un QRcode
che, se inquadrato con lo smartphone (nei negozi c’è
comunque una Wi-Fi aperta per il clienti) permette di
visitare la scheda del prodotto sul sito di Media World.
E qui si apre un altro grande tema, quello dei prezzi:
la tendenza, oggi ancora irrealizzabile compitamente,
è quella di andare verso un prezzo unico di catena
– spiegano i manager Media World: il concetto di
“un’azienda, un prezzo”, a prescindere dai negozi e
dai canali di acquisito (fisico e online) sta guidando
alcune decisioni e la catena si sta attrezzando perché diventi realtà. È chiaro che, in questo contesto, la
disponibilità dei cartellini elettronici è fondamentale
per poter adeguare i prezzi su tutta la catena. E una
certa unitarietà dei prezzi si fa sempre più indispensabile ora che Media World ha implementato su tutta la
rete di negozi la politica “pick&pay” grazie alla quale
l’utente può acquistare online e ritirare e, se vuole anche pagare, in negozio.
Ovviamente i TV sono già dei display e quindi in questo caso non serve avere un cartellino prezzo elettronico: buona parte dei TV esposti nel nuovo negozio
Media World sono collegati a una centralina in grado
di visualizzare in sovrapposizione alle immagini dimostrative anche un vero e proprio cartellino prezzo digitale sullo schermo, oltre che ad alcune caratteristiche,
come per esempio la tecnologia di visualizzazione e il
fatto che si tratti o meno di un prodotto novità.
Sempre nell’ottica di migliorare il livello di servizio, ora
i commessi sono dotati di un tablet con un’applicazione sviluppata ad hoc: questa permette di guidare
meglio il cliente tra le caratteristiche tecniche di tutti i
prodotti, tra le quali il commesso può navigare al volo,
senza dover andare a un PC; inoltre il commesso, per
i clienti fidelizzati, può anche verificare gli ultimi acquisti fatti e consigliare sul giusto acquisto per esempio di un accessorio o di un prodotto da connettere,
senza che il clienti si ricordi con precisione marca e
modello di quanto posseduto.
MAGAZINE
Il centro servizi con gestione delle code
e una tecno-lounge per le attese
Una delle novità più interessanti riguarda il centro
servizi, gli sportelli a cui i clienti si rivolgono per una
serie di attività come l’attivazione di utenze, la richiesta di informazioni, la gestione di problematiche amministrative e così via. Qui si mette fine alle “file all’italiana” con un sistema di gestione elettronica delle
code, con emissione del biglietto correlato al motivo
della richiesta di assistenza e gestione intelligente
delle priorità.
Di fronte agli sportelli, se i tempi di servizio dovessero prolungarsi, ci sono un paio di tavoli equipaggiati con tablet per permettere ai clienti di ingannare
l’attesa senza dover stare in piedi; forse non a caso
l’area in questione è circondata dall’esposizione Nespresso: nei giorni in cui sono presenti i dimostratori,
l’attesa può anche essere un’occasione per assaggiare un caffè… A fianco del centro servizi, come anche in altri punti “strategici” del negozio, trova ora
spazio uno chiosco interattivo: si tratta di un sistema
che permette al cliente, magari in attesa del proprio
turno, di avere una serie di informazioni sulla gamma
o sui servizi e di interagire con i servizi di fidelizzazione di Media World: così il cliente, per esempio, può
verificare in autonomia quanti punti ha sulla propria
carta fedeltà o quant’è il credito residuo su una card
regalo a scalare.
Cambia anche la logica delle casse: non più la classica barriera casse con file separate (e chissà perché si
finisce per scegliere sempre quella più lenta). Ora c’è
una fila unica e una serie di casse una a fianco dell’altra con i display che richiamano l’attenzione non
appena uno sportello si libera.
Nasce Media World Service, supporto
e servizi tecnici direttamente in negozio

Nel nuovo negozio Media World compare anche
un’area service: si tratta di uno sportello a cui rivolgersi per alcune attività di supporto tecnico, oltre che per
alcune personalizzazioni. Per esempio, è possibile,
torna al sommario
a prezzi dichiarati, farsi assistere nella prima installazione dei prodotti, nella configurazione hardware e
software di un PC o ancora nella configurazione di
una casella di posta elettronica: servizi banali per un
appassionato ma spesso una vera e propria barriera
a un buon utilizzo da parte di un’utenza meno esperta
o più avanti con gli anni. I costi sono accettabili: dai
29,99 euro per una prima configurazione ai 9,99 per
le altre configurazioni. Interessante poi la possibilità
di trasferire, grazie a un apposito strumento hardware
e software, tutte le impostazioni da uno smartphone
vecchio a quello nuovo, operazione che è ancora un
grosso problema per una buona fetta di utenti.
Sempre presso il punto Media World Service è possibile farsi stampare “al volo” una custodia personalizzata
con l’immagine che si preferisce: una sofisticata stampante provvede all’operazione sia su materiale lucido
che opaco. Allo stesso modo è possibile farsi tagliare
a perfetta misura e applicare in maniera impeccabile
una pellicola protettiva sul display dello smartphone:
un database pressoché infinito di specifiche del display permette di realizzare al volo la pellicola perfetta
per ogni modello. I centri Media World Service, che debuttano nel negozio di Curno, verranno introdotti via
via negli altri negozi anche in maniera indipendente
dall’introduzione del nuovo format, e quindi in tempi
più contenuti.
È solo l’inizio delle novità
Arriva un 2016 scoppiettante
Per ora queste innovazioni – e tante altre che per
motivi di spazio abbiamo omesso – sono disponibili
solo in due negozi della catena (Curno e Orio al Serio): chi abita in zona può quindi avere l’occasione di
fare un giro e farsi un’idea concreta di come il nuovo
negozio Media World possa migliorare l’esperienza di
acquisto. Ovviamente man mano che i programmi di
ristrutturazione dei negozi andranno avanti, il nuovo
format andrà a caratterizzare tutti i negozi, a partire
ovviamente dalle prossime cinque aperture che avverranno nei prossimi mesi, per un percorso di revisione che, prima di coinvolgere interamente tutti gli
oltre 100 punti vendita in Italia, durerà probabilmente
qualche anno. Ma presto arriveranno novità anche
per i clienti dei negozi non ancora rinnovati: con il lancio della nuova app, previsto per il prossimo gennaio,
il negozio – ci promettono – diventerà ancora più interattivo, addirittura con offerte speciali per i singoli
clienti che compaiono sullo smartphone; e questo anche nei negozi Media World “vecchio stile”. E - come
dicevamo - il 2016 sarà l’anno del 25° anniversario:
“Preparatevi - ci dicono -: ci saranno novità e promozioni per tutto l’anno”.
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MAGAZINE
MERCATO Nuova tegola per le major, un programma promette di distribuire musica gratis in rete
Arriva Aurous: è il “Popcorn Time” per la musica
Un nuovo lettore audio con un motore di ricerca dà accesso a un mare di contenuti audio
di Paolo CENTOFANTI
L’
avvento dei servizi di streaming
musicale ha fatto per la prima
volta calare i consumi di musica pirata via Internet. Per la maggior
parte delle persone, fortunatamente,
è diventato più semplice utilizzare le
offerte gratuite di Deezer, Spotify o alla
peggio YouTube, che prendersi la briga di cercare e scaricare qualcosa per
“vie traverse”. C’è chi però pensa sia
possibile offrire la stessa esperienza
d’uso, senza pubblicità o abbonamenti,
utilizzando la musica che gira gratuitamente sulla rete. Ecco allora arrivare
Aurous, programma appena rilasciato
in versione alpha per Windows, OS X
e persino Linux, e che gli sviluppatori
puntano a lanciare anche su Android,
iOS e Windows Phone. Se nel caso di
Popcorn Time nel mirino c’era Netflix,
qui l’ispirazione, a giudicare dall’interfaccia, sembrerebbe essere soprattutto Spotify. In un’intervista a Billboard,
lo sviluppatore di Aurous ha illustrato
più nel dettaglio il funzionamento dell’app, specificando che la musica non
arriva da torrent pirata, ma da più di 120
Secondo le stime
pubblicate da Samsung
si profila un incremento
sia nelle vendite che
nei profitti nel trimestre
luglio-settembre
A fine ottobre verranno
resi noti i dati ufficiali
di Andrea ZUFFI
sorgenti legali come YouTube e SoundCloud. Il sistema crea un database
di link ai contenuti presenti su queste
piattaforme tramite le loro API, permettendo di trovarli con il motore di ricerca
di Aurous, contenuti che vengono poi
distribuiti ai client via protocollo BitTorrent. In ogni caso rimangono dubbi
riguardo ai diritti di licenza per i contenuti. I creatori di Aurous dicono che
inseriranno dei link ad Amazon, Google Play e iTunes per dare la possibilità
di supportare gli artisti e che offriranno
un sistema di identificazione dei contenuti per permettere ai detentori di diritti di “gestire” i brani accessibili tramite
l’app. Ma affermano anche che la tecnologia utilizzata renderà impossibile
bloccare il funzionamento di Aurous e
che l’app è a prova di azioni anti-pirateria. Per l’industria dei contenuti non
è sicuramente una buona notizia, così
come non lo è per il sempre più affollato mercato dei servizi di streaming che
ancora devono dimostrare di riuscire a
stare in piedi con le proprie gambe.
MERCATO Prima causa legale per l’appena nato lettore che offre musica in streaming gratuita
Le major non perdono tempo e fanno causa ad Aurous
Non tutte le fonti da cui arriva la musica sono legali, per le major c’è violazione di copyright
L
di Paolo CENTOFANTI

e filiali americane delle principali
etichette discografiche non hanno
perso neanche un minuto e hanno
prontamente fatto causa allo sviluppatore di Aurous, il lettore musicale lappena anciato in alpha e che promette
streaming gratuito e senza pubblicità
di qualsiasi brano musicale. Aurous sostiene di indicizzare semplicemente la
musica disponibile su oltre un centinaio
di servizi online, utilizzando le rispettive
API di ricerca, e quindi di ridistribuire
torna al sommario
Samsung
inverte la rotta
Previste vendite
e profitti
in salita
i brani in bittorrent tramite l’app per
una questione di efficienza. Stando all’esposto delle major, però, le cose non
starebbero esattamente in questi termini. Secondo l’accusa, gli sviluppatori di
Aurous “hanno disegnato il loro servizio
in modo tale da ricercare e recuperare
le copie dei brani specificatamente da
un’accurata selezione di fonti online
che rinomatamente ospitano musica
pirata”.
Le major avrebbero determinato che
al momento le oltre 120 sorgenti dell’Aurous Network, consisterebbero in
realtà solamente di Pleer, un sito russo
che diffonde musica pirata. Inoltre, le
altre opzioni di ricerca disponibili nelle impostazioni dell’attuale release del
software sarebbero altri siti che rinomatamente ospitano illegalmente copie di
brani musicali, vale a dire MP3WithMe
e VK.com (uno dei principali social
network russi). Le major chiedono il
sequestro del dominio web, diffidano
chiunque dalla distribuzione del software e fissano a 150.000 dollari per ogni
singola infrazione di copyright avvenuta tramite l’app, l’ammontare del risarcimento danni. Da parte sua, il creatore
dell’app, Andrew Sampson, sostiene
che l’azione legale è priva di fondamento e si dice sicuro di spuntarla e sembrerebbe aver vinto anche il supporto
da parte dell’associazione Electronic
Frontier Foundation. Sarà interessante
vedere come andrà a finire.
Come di consueto Samsung ha
pubblicato i dati orientativi ai
guadagni previsti per il terzo trimestre dell’esercizio 2015. Dalle
informazioni rese note, il colosso coreano avrebbe stimato di
chiudere con vendite per 51.000
miliardi di Won, al cambio attuale
pari a circa 43.8 miliardi di dollari e profitti di oltre 7.000 miliardi
di Won cioè 6.2 miliardi di dollari. Se saranno confermati nelle
prossime settimane, i “numeri”
segneranno per l’azienda un
ritorno alla crescita nei profitti
anno su anno, dopo ben sette
trimestri consecutivi di trend negativo. Dal confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente
risulterebbe un incremento anno
su anno intorno al 78 percento.
I dati forniti da Samsung non
sono accompagnati da alcun
commento, anche se non è difficile ipotizzare che tra i fattori
responsabili di un aumento così
sostanzioso nei conti ci possa
essere la decisione di presentare in agosto, con un mese di
anticipo rispetto ai piani, due
prodotti importanti e molto appetibili come Galaxy S6 Edge+
e Galaxy Note 5.
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MAGAZINE
ENTERTAINMENT Oltre ai canali per bambini, l’intervento potrebbe riguardare anche Rai 5 e Rai Storia
La
nuova
Rai:
via
la
pubblicità
da
Yoyo
e
Gulp
Il Direttore Generale vorrebbe eliminare la pubblicità dai canali dal forte contenuto editoriale
B
di Roberto PEZZALI
asta pubblicità su Rai YoYo e Rai
Gulp, ed è solo l’inizio. Il nuovo direttore generale della Rai, Antonio
Campo Dall’Orto, si sta davvero impegnando per rendere la TV pubblica più
moderna e soprattutto un prodotto migliore dal punto di vista editoriale. Forte
dell’esperienza internazionale nel campo
delle TV, e grazie anche alla ripartenza
del mercato pubblicitario che assicura le
giuste coperture, la Rai, secondo alcune
indiscrezioni di stampa, sta per mettere in
pista il piano che prevede l’eliminazione
di ogni forma di pubblicità dai canale più
visti da bambini e ragazzi. Una scelta coraggiosa ma necessaria per una TV pubblica: i giovani non sempre sono in grado
di distinguere tra contenuto editoriale e
contenuto pubblicitario, motivo per il quale è la TV stessa a dover farsi carico della
cosa. Siamo solo all’inizio di un percorso
che prevede la crescita di tutti i canali Rai
di chiaro interesse culturale: Rai Storia
e Rai 5 sono altri due possibili candidati
per diventare reti senza alcun messaggio
pubblicitario all’interno. Si tratta ovviamente di un sacrificio importante per le
casse della Rai, anche se l’intera operazione potrebbe essere legata all’aumento del gettito previsto dal nuovo canone
Rai, che associando un prezzo più basso
ad un livello di evasione ridotto, porterebbe nelle casse della TV pubblica più
soldi di quanti ne arrivano ora. Rai sta cercando di guadagnare immagine e soldi
anche dalle produzioni originali: Suburra,
la serie TV derivata dall’omonima opera
cinematografica in uscita a ottobre nelle
sale, è stata infatti ceduta a Netflix, operazione che oltre a dare una immagine più
internazionale alla nostra TV sicuramente porterà anche dei benefici economici.
Resta infine il nodo Rai 4: come avevamo
scritto la Rai, dopo aver ottenuto il canale
104 del telecomando Sky, punta a far nascere un nuovo canale sperimentale, con
tanta tecnologia alle spalle e dedicato ad
un pubblico giovane.
ENTERTAINMENT Disney lancia un cofanetto forziere con tutti i capolavori da acquistare in blocco
Forziere
dei
Classici
Disney:
che
pasticcio
L’idea è buona, peccato che oltre a mancare dei classici i film siano ancora tutti su DVD
di Roberto PEZZALI
ervono 400 euro per portarsi a
casa la collezione dei Classici
Disney in blocco: 52 DVD racchiusi in un elegante cofanetto con le
opere numerate e ordinate. L’idea è
buona, l’esecuzione invece ha raccolto
solo fischi: gli appassionati dei classici
Disney ci hanno messo davvero poco
ad accorgersi che Disney ha fatto un
bel pasticcio: mancano due titoli ufficiali, “Dinosauri (39°)” e “Winnie The
Pooh - Nuove Avventure nel Bosco dei
100 Acri (51°)”, ed è stato inserito al loro
posto un intruso, ovvero “Uno Zoo in
Fuga”, prodotto questo che non fa parte
della tradizione Disney ma che rappresenta una distribuzione di un prodotto
realizzato da uno studio esterno. Un errore (“orrore” per alcuni) questo che ha
provocato anche lo sfasamento della
numerazione sulla costina, numeri che
forse a molti dicono poco, ma che per
un appassionato dei capolavori Disney

S
torna al sommario
hanno un significato
molto particolare.
Gli sbagli di Disney
non si fermano qui:
“Musica Maestro”, il
classico numero “8”,
è stato infatti inserito nel cofanetto con
copertina e audio inglese, quando esiste
per questa opera un
doppiaggio storico
con voci famose, come quella di Alberto Sordi. Musica Maestro è stato trasmesso anche dalla Rai con il doppiaggio italiano, quindi non si capisce per
quale motivo Disney abbia preso il DVD
inglese e lo abbia inserito nel cofanetto
senza realizzare l’edizione italiana. L’assenza di un particolare anniversario e
la vicinanza con le feste natalizie lascia
pensare che Disney abbia solo voluto
realizzare una operazione di marketing
spilla-soldi usando prodotti che già ave-
va, senza preoccuparsi troppo del contenuto ma solo dell’aspetto. Quello che
però più infastidisce è portarsi a casa
per 400 euro vecchi DVD a definizione
standard, senza neppure la possibilità
di avere per alcuni film la doppia edizione DVD/Blu-ray: lasciarlo sugli scaffali a
far polvere è forse il modo migliore per
far capire che capolavori come i Classici Disney meritano anche un trattamento di un certo livello, e il DVD dovrebbe
essere solo il “piano B”.
Mediaset
Premium
oltre le attese
Sono 112.000
gli abbonati
“Champions”
Gli abbonati dopo
tre mesi di “nuova
Premium” sono a quota
1.815.000, 112.000 in più
rispetto al 30 giugno
L’obiettivo di 200.000
abbonati in più alla fine
del semestre è possibile
di Roberto PEZZALI
Sono stati comunicati i numeri
Mediaset e sono positivi: il bilancio abbonati dopo soli tre mesi di
campagna “Champions League”
è in crescita, con 112.000 nuovi
clienti da giugno, quando la lancetta indicava 1.703.000. Mediaset si era data un obiettivo nel
semestre, 200.000 nuovi abbonati, e il dato del trimestre estivo
va già ben oltre la metà del target
finale. Le sottoscrizione del mese
di ottobre, inoltre, sembrano andare piuttosto bene, segno che
forse qualcuno si è stancato di
cercare alternative illegali e preferisce la comodità, la versatilità
di un abbonamento cross platform e la telecronaca in italiano.
Secondo Mediaset la crescita dei
clienti porta a due conseguenze
positive: l’aumento delle acquisizioni di nuovi contenuti per poter
essere più competitiva sul mercato e ovviamente l’incremento dei
ricavi medi per abbonato, conseguenza di un prezzo più elevato
del pacchetto preferito. Si spera,
a questo punto, che il successo
spinga Mediaset a proporre qualche partita che fino ad oggi era
esclusiva anche in chiaro. .
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19 OTTOBRE 2015
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ENTERTAINMENT L’arrivo di Netflix inizia a portare i suoi frutti: la concorrenza si “sveglia”
Infinity
lancia
nuove
interessanti
funzioni
Cinque profili personalizzabili e funzione “Watch Next Episode”: ora Infinity è più completo
di Paolo CENTOFANTI
Iniziate le trasmissioni
sul satellite Astra
di INSIGHT, un canale
gratuito in Ultra HD
La programmazione
comprende
documentari
e reality show prodotti
in 4K a 50 fotogrammi
al secondo e in HEVC
M
anca poco all’arrivo di Netflix
e Infinity si aggiorna, guadagnando una serie di funzionalità che assomigliano molto a quelle già
presenti sulla piattaforma di streaming
americana.
La prima è l’opzione di profilazione:
adesso è possibile abbinare ad un’unica sottoscrizione ben cinque profili
diversi, uno per ogni membro della
famiglia, grazie ai quali il motore di
raccomandazione di Infinity riuscirà a
essere più preciso nel suggerimento
dei contenuti da vedere ogni volta che
il singolo utente effettua il login. Con
una library decisamente ampia l’efficacia del motore di raccomandazione è
fondamentale e Netflix, su questo, al
momento è imbattibile. Sempre in scia
alla piattaforma del colosso americano
arriva anche la funzione Watch Next
Episode: finalmente si può passare direttamente da una puntata di una serie
alla successiva senza bisogno di alcuna azione da parte dell’utente.
Gli utenti iOS potranno inoltre acquistare Infinity direttamente all’interno
dell’App Store utilizzando l’account
iTunes: il servizio sarà momentaneamente disponibile solo su iOS, ma
presto verrà esteso anche agli altri
sistemi operativi. Abbiamo sempre
detto che l’arrivo di Netflix avrebbe
fatto bene alla concorrenza e questi
cambiamenti in Infinity lo dimostrano:
si spera che ora anche la qualità dei
contenuti faccia un salto in avanti, con
Netflix che spinge molto su HD e 4K.
Su questo aspetto, in realtà, il salto
dovrebbe farlo Sky Online, ancora fermo alla standard definitionata.
ENTERTAINMENT Alcuni capolavori del catalogo Fox andranno in esclusiva su TIM Vision
TIM
Vision
si
prende
alcune
esclusive
Fox
Si tratta di film abbastanza recenti, alcuni non potranno passare nemmeno sulla pay TV
T
di Roberto PEZZALI

IM ha delineato alcuni dettagli dell’accordo firmato qualche mese fa
con Twentieth Century Fox: alcuni
film in esclusiva, mai usciti in TV, saranno visibili solo su TIM Vision. Prosegue
così a colpi di esclusive la frammentazione dell’offerta cinema, con i diritti di
film e case cinematografiche divisi tra
pay TV e servizi di streaming. I film che
TIM Vision porta a casa fanno parte di
un pacchetto che Fox ha distribuito in
Italia nel 2012 e 2013, per alcuni di questi TIM si è aggiudicata l’esclusiva totale: non potranno essere trasmessi né in
pay TV né da altri servizi di streaming.
“L’intrattenimento digitale sta vivendo un grande fermento e la crescente competizione del mercato ci porta
a volere offrire ai nostri abbonati dei
servizi SVOD non solo con il meglio del
cinema di catalogo ma anche film più
recenti - ha dichiarato Daniela Biscarini, Responsabile Multimedia Entertain-
torna al sommario
Debutta su Astra
INSIGHT
Canale Ultra HD
gratuito
ment di Telecom Italia - Grazie all’accordo con Twentieth Century Fox, tra
i leader del settore, abbiamo l’opportunità di arricchire TIMvision con titoli
in esclusiva che non sono stati ancora
visti sulla TV free.”
Tra i film ci sono “Lincoln” di Steven
Spielberg, “Vita di Pi” di Ang Lee,
“I sogni segreti di Walter MItty” con
Ben Stiller, “Il Cigno Nero” con Natalie
Portman e “Marigold Hotel” con Judy
Dench, ma la lista è molto lunga.
Ormai si è capito: un appassionato di
cinema non può abbonarsi ad un solo
servizio streaming se vuole un catalogo soddisfacente.
di Paolo CENTOFANTI
L’arrivo di un nuovo canale TV in
chiaro con intera programmazione in Ultra HD fa sicuramente notizia. Stiamo parlando di INSIGHT,
canale che ha avviato le trasmissioni in Ultra HD su satellite Astra
(19,2° est), realizzato da TERN
(Television Entertainment Reality
Network). La rete descrive la propria programmazione come votata
al “factual entertainment”, vale a
dire reality show e documentari di
vario genere, nel caso di INSIGHT
principalmente sportivi e a carattere “sensazionale” verrebbe dire,
dando uno sguardo al palinsesto.
Per ricevere INSIGHT, oltre a un impianto satellitare puntato su Astra
o dual feed, occorre un televisore
Ultra HD con sintonizzatore compatibile con le trasmissioni HEVC.
I parametri per la sintonizzazione
sono i seguenti:
• Transponder: 1.097
• Frequenza: 12.344 MHz
(orizzontale)
• Symbol rate: 30.000
• FEC: 2/3
Il canale è disponibile anche in
streaming via web sul sito ufficiale,
il che rende piuttosto immediato
farsi un’idea della programmazione di INSIGHT ed eventualmente
valutare se aggiornare il proprio
impianto satellitare per riceverlo.
Serie S78 / Ultra HD
50” / 58”
Immergetevi
in una nuova
esperienza !
Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli
più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la
perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz.
ww.tcl.eu/it
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19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TV E VIDEO HDMI annuncia un nuovo programma di certificazione e un bollino per i cavi 4K
Bollino
cavi
4K:
HDMI
ci
vuole
“spennare”
Una mossa puramente commerciale: un cavo da 3 euro basta e avanza, lo dice HDMI stessa
H
di Roberto PEZZALI
DMI lancia una nuova certificazione: si chiama Premium HDMI Cable Certification Program e vuole
premiare con un bollino 4K i cavi che
secondo una serie di analisi sono in grado di fornire una “piena esperienza 4K”.
Il bollino sarà particolare: un codice QR,
leggibile da una applicazione per smartphone, identificherà i prodotti originali
differenziandoli da quelli che si fregiano
del logo HDMI senza aver però pagato la
certificazione. I partecipanti al programma, ovvero i produttori di cavi, dovranno
inviare i vari modelli ad una serie di laboratori certificati per l’approvazione, anche
se come sempre crediamo che il rilascio
del bollino sia legato al pagamento di un
corposo obolo alla HDMI Association. I
test, secondo il consorzio, servono per
verificare che un cavo possa davvero
gestire i 18 Gbps di banda richiesti dalle
specifiche HDMI 2.0, indispensabili per
video in formato 4K/UltraHD, per l’HDR
e per i metadati aggiuntivi del Wide Color Gamut. L’operazione messa in piedi
da HDMI tuttavia non è molto credibile:
per supportare il 4K e tutte le specifiche richieste basta un cavo da 5 euro
High Speed. A dirlo non siamo noi, è il
sito HDMI stesso nella sezione FAQ:
“Does HDMI 2.0 require new cables?
No, HDMI 2.0 features will work with
existing HDMI cables. Higher bandwidth
features, such as 4K@50/60 (2160p) video formats, will require existing High
Speed HDMI cables (Category 2 cables).”
I cavi HDMI ormai sono tutti uguali: sulle
lunghe distanze un cavo con una buona
schermatura fa la differenza, ma su di-
stanze ridotte, meno di due metri, siamo
pronti a scommettere che un qualsiasi
cavo, sempre che non sia un prodotto
davvero scadente e non schermato, non
abbia nessun problema a visualizzare
segnali 4K a 60p.
Il nuovo bollino non solo confonde le
idee, ma crea una nuova categoria di
cavi 4K “Premium” costosi e inutili e che
non ha proprio senso di esistere: tutti i
cavi High Speed sono 4K. Infine, è sempre bene ricordarlo, un cavo HDMI costoso e “Premium” non si vede meglio:
chi racconta certe storie è in malafede.
TV E VIDEO Loewe annuncia la disponibilità del TV Reference anche in versione extra large
Il riferimento 4K di Loewe ora è anche 85 pollici
È dotato di pannello Ultra HD, soundbar integrata e naturalmente sfoggia un design “unico”
di Paolo CENTOFANTI
oewe ha annunciato l’arrivo del nuovo top di gamma Reference 85: un
TV con schermo da ben 85 pollici
(216 cm) di diagonale, il che ne fa il televisore più grande mai proposto da Loewe.
Come la versione da 55 pollici, anche
questo nuovo modello si contraddistingue per la qualità dei materiali e la cura
delle sue finiture: vetro, alluminio e tessuto tecnico. Reference 85 è disponibile
in quattro le varianti di colore (alluminio
argento, alluminio nero, bianco Laccato
e Dark Gold), mentre il tessuto della griglia degli altoparlanti è personalizzabile.
Il TV integra infatti una vera e propria
soundbar stereo, contraddistinta dall’utilizzo di 8 altoparlanti in configurazione
bass reflex e alimentati da un amplificatore a due canali da 120 Watt complessivi.
Il sistema audio integra il decoder multicanale 5.1 che permette, come consuetu-

L
torna al sommario
dine Loewe, di
estendere l’audio con ulteriori diffusori per
realizzare un
vero e proprio
impianto home
theater intorno
al TV.
Il pannello LCD
è naturalmente Ultra HD
(3240x2160
pixel), come tutto il resto della gamma
Loewe di quest’anno, e il TV offre i classici cavalli di battaglia del marchio: sintonizzatori digitale terrestre e satellitare
multipli, ora con il supporto anche la codifica HEVC, hard disk integrato da 1 TB
per le funzioni di PVR e Time Shift, funzionalità Smart tv2move per riprodurre
anche i canali live dal sintonizzatore
integrato in streaming su smartphone
e tablet tramite l’apposita app, lettore
multimediale, piattaforma smart TV e,
per sfruttare appieno le possibilità offerte dalla soundbar integrata, streaming
audio via Bluetooth da sorgenti esterne.
Il prezzo? Un dettaglio naturalmente: la
versione base argento o nera parte da
18.000 euro.
LG EG920V
a 2999 euro
L’OLED 4K è un
sogno possibile
LG porta l’OLED 4K sotto
la soglia psicologica
dei 3000 euro
Il modello scelto
è il nuovo EG920V
compatibile 4K e HDR
I televisori arriveranno
nei negozi a breve
insieme agli altri modelli
presentati all’IFA
di Roberto PEZZALI
LG continua nella sua fase di attacco al mercato dei TV top di gamma portando il suo nuovo OLED
4K sotto la soglia psicologica dei
3000 euro: il modello recentemente presentato all’IFA, siglato
EG920V, sarà a breve disposnibile a 2999 euro nei negozi di una
nota catena (crediamo Euronics
ma al momento in cui scriviamo
non ne siamo certi). Insieme a
questo modello, che ricordiamo
essere oltre che 4K anche compatibile HDR (l’aggiornamento
arriverà quando lo standard sarà
definito), arriveranno sul mercato
anche i nuovi prodotti lanciati all’IFA, il modello Full HD EG910V a
2299 euro e il 65” della serie 960
a 5999 euro, questo disponibile
probabilmente sia nella variante
curva sia nella versione “flat”.
È quindi ai blocchi di partenza
la seconda fase della campagna OLED di LG in Italia: la prima
operazione, con il sottocosto del
modello HD, è andata davvero a
gonfie vele: si spera ora di ripetere le stesse performance con il
modello 4K. Una cosa comunque
è certa: sul fronte dei TV si annuncia una stagione Natalizia molto
calda.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Il nuovo iPhone è disponibile dal 9 ottobre scorso: il prezzo parte da 779 euro per il 6s e da 889 euro per il 6s Plus
iPhone 6s e 6s Plus con TIM, Tre e Vodafone
Le offerte degli operatori. Quanto si spende?
iPhone 6s (e 6s Plus): insieme all’acquisto del prodotto singolo, è possibile anche usufuire delle offerte degli operatori
C
di Emanuele VILLA
ome ogni anno, eccoci all’appuntamento con la
nuova versione dello smartphone Apple, che dal
9 ottobre è disponibile anche in Italia. In questa
sede ci concentriamo sul lato puramente commerciale, che poi è quello che interessa una buona fetta di
appassionati. Perché Apple è molto chiara nel pubblicare il costo del telefono, ma una quota considerevole
di potenziali clienti non può o non vuole spendere da
779 euro in su in una singola soluzione, preferendo
le formule di finanziamento offerte dalla stessa Apple
oppure il “classico” acquisto con operatore, che esiste
praticamente da sempre.
In questo servizio analizziamo le offerte di Tim, Vodafone e Tre, cercando di capire quale - a conti fatti - possa
essere considerato il trend di quest’anno: il numero
quasi infinito di opzioni e combinazioni varie, unito alla
possibilità di sostituzione del telefono dopo una certa
rata, rende quasi impossibile confrontare tutte le offerte possibili per trovare “la” più conveniente, ma abbiamo comunque cercato di valutare le singole offerte nel
loro complesso, per capire che tipo di impegno economico comportino per il consumatore. A differenza del
2014, oggi in campo scende anche Wind: non abbiamo
preso in considerazione le offerte dell’operatore “arancione” solo perché non ancora comunicate. Gli iPhone
saranno disponibili a partire dalle prossime settimane
e - si dice - sarà possibile sottoscrivere un Wind Magnum a partire da 24 euro al mese e tutta la gamma All
Inclusive. Abbiamo contattato l’azienda e attendiamo
risposta in merito.
net illimitato a casa e una SIM dati da 1 GB, e Relax
Completo Family Edition con 2 SIM. In entrambi i casi,
passare a relax per chi è già cliente Vodafone costa
29 euro, ma noi supponiamo che si provenga da un
altro operatore. Se si opta per Relax e iPhone 6s da 16
GB, che comprende telefonate illimitate, sms illimitati e
3 GB di Internet, bisogna mettere in conto 49,99 euro
come contributo iniziale e 34 € (piano tariffario) + 18€
(smartphone) al mese per 30 mesi di vincolo. Non c’è
tassa di concessione governativa. In pratica si viene a
pagare 1.609,99 euro, che sono comprensive del telefono e profilo tariffario. Nel caso si passi alla versione
da 64 GB, il costo complessivo è di 1709,99: in pratica
la tariffa mensile resta uguale ma ci sono 100 euro in
più di contributo iniziale, e lo stesso vale per la versione da 128 GB, per la quale si pagano 100 euro in più
di quella da 64. Situazione simile per iPhone 6s Plus,
per il quale cambia il contributo iniziale e la rata dello
smartphone: il 16 GB viene a costare (in 30 mesi, comprensivo di piano tariffario) 1719,99 euro, il 64 GB passa
a 1819,99 euro.
RELAX 30
mesi
16 GB
64 GB
128 GB
iPhone 6s
1609,99
euro
1709,99
euro
1809,99
euro
iPhone 6s
Plus
1719,99
euro
1819,99
euro
1919,99
euro
segue a pagina 12 
I prezzi ufficiali di Apple
per iPhone 6s e 6s Plus
Il punto di partenza sono ovviamente i prezzi dei telefoni, perchè se non li si conosce non si riesce ad apprezzare il reale vantaggio delle offerte degli operatori. Di seguito la tabella con i prezzi ufficiali applicati
da Apple per iPhone 6s.
16 GB
64 GB
128 GB
iPhone 6s
779 euro
889 euro
999 euro
iPhone 6s
Plus
889 euro
999 euro
1109 euro
Vodafone punta sul Relax

Partiamo da Vodafone, la situazione è semplice: Vodafone consente di abbinare ad iPhone 6s tre piani
tariffari, Relax (offerto senza la tassa di concessione
governativa di 5,16 euro), Relax Casa Edition che comprende anche una componente domestica con Inter-
torna al sommario
Un riassunto delle offerte Vodafone relative ai nuovi iPhone. Il 9 ottobre è comparsa anche la versione da
128 GB, prima assente.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE
Apple iPhone 6s, le tariffe degli operatori
segue Da pagina 11 
RELAX
Casa Edition - 30
mesi
16 GB
64 GB
128 GB
iPhone 6s
2094,79
euro
2194,79
euro
2294,79
euro
iPhone 6s
Plus
2204,79
euro
2304,79
euro
2404,79
euro
Leggermente più complesso Relax Casa Edition, che
comprende voce illimitata, sms illimitati, 2 GB di dati
4G, Fibra/ADSL illimitata, telefonate a 19 cent e SIM
dati da 1 GB. C’è la tassa da 5,16 euro/mese e si paga
57 euro i primi 12 mesi e 67 euro i successivi 18, con
in più lo stesso contributo iniziale dell’ipotesi precedente. In totale: 2094,79 euro per iPhone 6S da 16 GB
(con la parte telefonica e di connettività mobile/casa) e
2194,79 euro per la versione da 64 GB. Se si preferisce
l’iPhone 6s Plus si paga, nei 30 mesi, 2204,79 per il 16
GB e 2304,79 euro per il 64 GB.
Il 9 ottobre è comparsa una terza opzione, Relax Completo Family Edition, che consta sostanzialmente di
due SIM, una con minuti ed SMS illimitati anche in Europa, USA e Canada e 5 GB di dati, l’altra con minuti
ed SMS illimitati e 1 GB di dati. Va pagata la tassa di
concessione governativa di 5,16/mese e il prezzo è in
ogni caso di 75 euro al mese con vincolo 30 mesi, cui
sommare un anticipo dipendente dal telefono, da 99 a
329 euro. Una soluzione interessante per chi vuole un
unico “pacchetto” per più persone.
Altra possibilità, per chi è già cliente Vodafone ricaricabile è l’acquisto a rate del telefono: 23 euro x 30 mesi
con un contributo iniziale variabile ma leggermente diverso a quello delle altre opzioni. Stesso discorso per
la versione Plus, con rata mensile di 25 euro/mese.
Con Tre lo puoi cambiare ogni 15 mesi

Per la nuova generazione di iPhone, sia 6s che 6s
Plus, Tre continua a puntare forte sul proprio profilo
Free, che è quello che somma al classico acquisto a
rate anche la possibilità di sostituire il telefono ogni
15 mesi andando di fatto a rinnovare il finanziamento.
Rinviando alla comunicazione ufficiale e alle note per
l’esame delle condizioni specifiche, ci limitiamo qui a
segnalare il funzionamento a grandi linee, supponendo
però che l’utente abbia intenzione di tenere il proprio
iPhone una volta terminati i 30 mesi di vincolo. L’utente può attivare uno di tre piani tariffari, da scegliere a
seconda delle proprie esigenze: Free 400, Free Unlimited e Free Unlimited Plus, ognuno con un certo quantitativo di traffico voce, sms e dati. Si va dai 400 minuti,
400 sms e 4 GB di Free 400 fino ai minuti illimitati in
italia e all’estero, sms illimitati e 8 GB di dati della versione più “corposa”, la Unlimited Plus. A questo si va
ad aggiungere lo smartphone che si preferisce: si paga
un anticipo che dipende dal telefono selezionato e si
sottoscrive un finanziamento con impegno di 30 mesi,
torna al sommario
Free 400
Free Unlimited
Free Unlimited Plus
iPhone 6s - 16 GB
1.244 euro
1.389 euro
1.534 euro
iPhone 6s - 64 GB
1.354 euro
1.499 euro
1.544 euro
iPhone 6s - 128 GB
1.464 euro
1.609 euro
1.754 euro
iPhone 6s Plus - 16 GB
1.354 euro
1.499 euro
1.544 euro
iPhone 6s Plus - 64 GB
1.464 euro
1.609 euro
1.754 euro
iPhone 6s Plus - 128 GB
1.574 euro
1.719 euro
1.864 euro
in particolare (citando la comunicazione ufficiale): “29
rate mensili + una rata finale nel caso in cui decidi di
tenere il tuo smartphone”.
Tre offre tutti gli iPhone di nuova generazione all’interno dei propri piani Free: noi consideriamo l’ipotesi che
l’utente tenga il proprio telefono alla fine dei 30 mesi,
cosa che gli dà diritto a continuare col medesimo profilo tariffario ma scontato, ma c’è anche la possibilità
- dopo 15 mesi - di restituire l’iPhone 6S e di prendere
quello nuovo o un altro modello trattato da Tre. Parliamo allora di cifre e prezzi: l’anticipo varia, a seconda
del modello, da 100 euro (iPhone 6s 16GB) a 400 euro
(iPhone 6s Plus da 128 GB), la rata mensile è quella dei
profili citati (30€ per Free 400, 35€ per Free Unlimited
e 40€ per Free Unlimited Plus) e la rata finale varia da
119,30 euro a 149,30 euro, sempre a seconda del telefono che si ha. Da notare che iPhone 6S da 64 GB e
iPhone 6s Plus da 16 GB prevedono un anticipo di 200
euro su Free 400 e Free Unlimited ma solo di 100 euro
se si sceglie Free Unlimited Plus. Detto così è tutto molto complesso: cerchiamo di riassumere considerando
alcune ipotesi ma con la raccomandazione di consultare bene le condizioni e le note riportate nel sito Tre.
La tabella qui sopra, di valore puramente indicativo,
simula l’investimento sui 30 mesi. Ci sono anche altre
possibilità, tra cui gli abbonamenti Full (simili ai Free di
cui sopra ma senza possibilità di cambio telefono dopo
15 mesi) e la ricaricabile Scegli 30, l’offerta prepagata
da 30 euro al mese con voce ed sms illimitati e 2GB
di dati. Anche qui è previsto un vincolo contrattuale di
30 mesi e un anticipo che è di 100 euro per iPhone
6s 16 GB e di 200 euro per iPhone 6s 64GB e 6s Plus
16GB. Secondo la comunicazione ufficiale dell’azienda:
“Al termine del vincolo di 30 mesi, l’anticipo corrisposto
per iPhone verrà restituito per un pari valore complessivo in traffico aggiuntivo erogato in 12 mensilità”.
segue a pagina 13 
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Saranno necessari, però, almeno 8 GB di memoria e Windows Phone 8.1 già installato
Windows 10 sui “vecchi” Lumia a dicembre
Microsoft conferma: l’aggiornamento a Windows 10 per i vecchi Lumia arriverà a dicembre
D
di Massimiliano ZOCCHI
opo decine di preview, beta,
leak e anticipazioni varie, Microsoft ha presentato i nuovi Lumia
950, 950XL e 550, tutti con Windows
10 in dote dal day one. I proprietari di
vecchi modelli che assaporavano già
l’upgrade ai loro Lumia, però, dovranno avere ancora un po’ di pazienza,
fino a dicembre per la precisione.
È la stessa Microsoft a renderlo noto,
tramite l’account ufficiale Facebook,
rispondendo alle insistenti domande
di molti utenti. Così leggendo tra i vari
post si trovano tutte le informazioni.
Sarà necessario avere già installato
Windows Phone 8.1, ma soprattutto
avere un terminale con 8 GB di memoria interna. Questo significa che device
come Lumia 530 saranno tagliati fuori,
come già ampiamente anticipato.
Mentre in alcune risposte troviamo
un semplice “più tardi, quest’anno”, in
altre viene chiaramente indicato
dicembre come
mese di rollout.
Sul sito Microsoft
viene inoltre specificato che non
tutte le funzioni
di Windows 10 saranno accessibili
a tutti i modelli,
e che una prima
lista di modelli che riceveranno l’upgrade include Lumia 430, Lumia 435,
Lumia 532, Lumia 535, Lumia 540, Lumia 635 (1 GB RAM), Lumia 640, Lumia
640 XL, Lumia 735, Lumia 830 e Lumia
930.
Samsung
lavora a
Marshmallow
Samsung avrebbe intenzione
di aggiornare ad Android 6.0
Marshmallow i suoi ultimi smartphone di fascia alta, non solo S6
e Note 5, ma anche S5, Note 4 e
Note Edge. Secondo indiscrezioni
di SamMobile (elenco non completo), la lista sarebbe lunga, per
lo più ristretta ai Galaxy di fascia
alta. Nell’elenco compaiono tutte
le varianti di Galaxy S6, S6 Edge
e Galaxy S6 Edge+ e Galaxy Note
5. L’aggiornamento riguarderà
anche modelli di punta dello
scorso anno, Galaxy S5 e Note 4,
ma anche S5 Neo e la variante
LTE-Advanced dell’S5. Non ci
sono notizie sulla tempistica del
rilascio degli aggiornamenti.
MOBILE
Apple iPhone 6s, le tariffe degli operatori
segue Da pagina 12 
anno). In due parole, TIM Next costa ai clienti TIM ricaricabili 99 euro + (25 euro x 24 mesi) + (5,9 euro x 24
mesi), ovvero 853,8 euro, un prezzo superiore rispetto
a quello del telefono “liscio” ma che comprende la possibilità di pagamento a rate e il diritto alla sostituzione
dopo 12 mesi. Non è male, ma attenzione a considerare una cosa se lo si confronta con le tariffe degli altri
operatori: qui parliamo solo del telefono, mentre i vari
Free di Tre o i Relax di Vodafone hanno anche un piano
voce/sms/dati incluso.
Si punta molto sul cambio annuale
del telefono
Con TIM Next
lo puoi sostituire ogni anno

A partire dal 9 ottobre, nel sito di TIM sono comparsi
gli iPhone di nuova generazione, che possono essere
acquistati nello store dell’operatore. I prezzi dei singoli
apparecchi sono di 789,90 euro (16 GB), 899,90 euro
(64 GB) e 1009,90 euro (128 GB) per le tre versioni di
iPhone 6s e 899,90 euro (16 GB) e 1009,90 euro (64
GB) per iPhone 6s Plus. Da notare che - al momento in
cui scriviamo - lo store TIM non comprende la versione
da 128 GB di iPhone 6s Plus. Tutta la comunicazione
dell’azienda relativa ai nuovi iPhone è incentrata su
TIM Next, l’offerta per i clienti TIM (o quelli che attivano
contestualmente un’opzione dati) di acquisto del telefono a rate con possibilità di sostituzione dopo 1 anno.
TIM Next riguarda solo il telefono e non comporta l’attivazione di un particolare piano tariffario ad hoc: di fatto
va a sommarsi al piano già in essere se compatibile o
torna al sommario
a uno nuovo scelto contestualmente all’acquisto dell’telefono. Inoltre, al momento in cui scriviamo la comunicazione dell’azienda di TIM Next riguarda principalmente iPhone 6s da 16 GB, ma nelle note si scopre
che sono previsti anche il modello iPhone 6s da 64GB
e l’iPhone 6s Plus da 16GB: aggiorneremo il tutto non
appena disponibili le tariffe degli altri modelli.
In questo momento, sottoscrivere TIM Next con iPhone
6s da 16 GB significa pagare un contributo iniziale di 99
euro e 25 euro per 24 mesi con opzione di sostituzione
al 12° mese, il che comporta (di fatto) l’apertura di un
nuovo TIM Next per il nuovo telefono. Da notare che
la sottoscrizione di TIM Next comporta il pagamento di
5,9€ al mese per la protezione dello smartphone e 2
GB di LTE in più. Questo vale per tutti i clienti TIM ricaricabili, con l’eccezione di chi ha sottoscritto il pacchetto
TIM Special Unlimited (40 euro al mese). In quest’ultimo caso, infatti, l’anticipo è sempre di 99 euro ma per
i primi 12 mesi il telefono non si paga (0 euro per un
L’esame delle tariffe dei vari operatori non ha riservato
particolari sorprese: acquistare lo smartphone stand
alone resta un impegno non da poco, specie quest’anno in cui Apple, vincolato alle oscillazioni euro/dollaro,
ha dovuto alzare il prezzo rispetto al 2014. Vodafone è
abbastanza cara ma offre un importante mix di soluzioni domestiche, mobili e “familiari” (Relax casa edition
e Relax completo Family Edition) che - a fronte di un
esborso che può sembrare elevato - resta una soluzione completa per tutte le esigenze di connettività. Ma la
tendenza del 2015 è l’acquisto rateale con possibilità di
sostituzione del prodotto anno per anno (o quasi) con
un modello più recente, un sistema che viene considerato ottimale sia per gli utenti, che in questo modo sono
sempre aggiornati, sia per gli operatori, che in questo
modo possono vincolare i propri clienti con tempistiche più lunghe: TIM punta fortissimo su Next e consente di sostituire il telefono ogni 12 mesi, Tre è molto
aggressiva in termini di prezzo e con Free permette la
sostituzione ogni 15 mesi: non si finisce più di pagare,
potrebbe dire qualcuno, ma chi si ritiene power user sa
quanto sia bello cambiare telefono ogni anno.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Mio Phone ha processore quad core e fotocamera da 5 MP: il prezzo è di 149 euro
Ecco lo smartphone per bambini di 6 anni
Il Gruppo Lisciani presenta uno smartphone Android da 5’’ per bambini dai 6 anni in su
Ha più di 70 app preinstallate e alcune evolute funzionalità di Firewall e Parental Control
di Emanuele VILLA
che età è opportuno possedere
uno smartphone? Secondo il gruppo Lisciani si parte dai 6 anni, ma
c’è bisogno di uno smartphone pensato
per coniugare il lato ludico ed educativo della cosa con la massima sicurezza
possibile per far stare sereni i genitori.
Si chiama Mio Phone e viene definito
uno smartphone “educativo” pensato
per bambini dai 6 anni in su, un modello
basato su Android totalmente personalizzato dall’azienda nelle applicazioni e
nei servizi disponibili. Oltre a un look giovane e dinamico, il telefono può contare
su un evoluto sistema di Parental Control
e sul software Firewall 3 Plus che controlla tutto, dalle chiamate ai messaggi in
entrata e uscita, le app, i dati scambiati, i
siti web visitati e tutti i contenuti audiovideo e che può essere personalizzato
A
Smartwatch
Swatch con NFC
per i pagamenti

Swatch ha presentato il suo
smartwatch. Ma a differenza del solito
non si tratta di un modello tecnicamente super-evoluto con interfaccia
custom, notifiche e via dicendo, bensì
un orologio dalle tradizionali fattezze
Swatch e pensato per permettere
pagamenti sicuri via NFC. Si chiama
Bellamy ed è stato presentato in Cina:
c’entreranno le dimensioni del mercato dei pagamenti contactless in Cina
(cresciuto del 134% lo scorso anno),
ma soprattutto il fatto che Swatch
è riuscita a prendere accordi con le
istituzioni cinesi (in particolare con la
UnionPay) in tempi brevi mentre le
banche svizzere si muovono “troppo
lentamente” sul versante tecnologico.
Bellamy uscirà a gennaio in Cina,
successivamente arriverà in Europa
e negli USA. Prezzo interessante e
accessibile, visto che si parla (al momento) dell’equivalente di 90 dollari.
torna al sommario
dai genitori. Inoltre, previa installazione
di un’app nello smartphone dei genitori,
questi possono entrare in comunicazione diretta con Mio Phone e verificare
la sua posizione accedendo ai dati del
GPS. A tal proposito Franco Lisciani,
AD del gruppo, ha dichiarato: “Ad oggi
impedire ai nostri figli di venire a contatto prematuramente con la tecnologia
è quasi impossibile. [...] è normale che
a 6 anni chiedano già un cellulare. Per
questo motivo, in linea con la nostra filosofia aziendale e mettendo il nostro
know how al servizio delle famiglie,
abbiamo creato un telefonino in grado di intrattenere i bambini in maniera
educativa e garantire tranquillità ai genitori”. Lo smartphone offre oltre 70 app
educative già installate al momento dell’acquisto. A livello tecnico, il telefono è
basato su Android, ha un display da 5’’,
processore quad core con 1 GB di RAM
e 8 GB di storage espandibile. A livello
fotografico, il modulo principale è da 5
MP e il frontale da 2 MP, il tutto per un
prezzo di listino di 149 euro.
MOBILE Accessorio pensato per il Lumia 950 e il 950 XL
Microsoft Display Dock a 99 $: 110 €?
di Emanuele VILLA
a novità più interessante dell’ultimo evento Microsoft non sono stati tanto i
telefoni, le cui caratteristiche erano ormai note da tempo, quanto piuttosto
l’accessorio che – una volta collegato a Lumia 950 e 950 XL – sarà in grado
di trasformarli in PC fatti e finiti. Microsoft lo chiama Display Dock, è grande quanto
un pacchetto di sigarette e include 3 porte USB (mouse, tastiera, eventuale storage
supplementare), un HDMI e un DisplayPort per il collegamento al display esterno.
Successivamente, Microsoft ha confermato a Computerworld che il Display Dock
non solo sarà reso disponibile contemporaneamente ai telefoni, ma costerà 99 dollari. Considerando lo sfavorevole (rispetto a un anno fa) cambio EUR/USD e il fatto
che Lumia 950 costerà in USA 549 dollari e da noi 599 euro, è facile ipotizzare che
il prezzo americano si traduca in 109 euro o qualcosa di simile. Ma può darsi che la
strategia di Microsoft non sia quella di vendere il Dock singolarmente, ma di puntare su vantaggiosi bundle insieme a Lumia 950 e 950 XL: nonostante dall’azienda di
Redmond non filtri nulla di certo in proposito, iniziano ad apparire i primi negozianti
online (si parla in
particolare di un
sito olandese) che
regalano il Dock in
caso di acquisto di
una delle due new
entry, riservando il
prezzo pieno del
dispositivo a chi lo
acquisterà per aggiornare il Lumia
che già possiede.
L
Smartphone
Android non
sicuri: colpa
dei produttori
Una ricerca evidenzia
la vulnerabilità di quasi
il 90% dei terminali
Android. Colpa degli
OEM e della lentezza
negli aggiornamenti
di Emanuele VILLA
Il Security Group dell’Università di Cambridge ha pubblicato
una ricerca dalla quale emerge che negli
ultimi 4 anni l’87% dei
dispositivi Android in
circolazione è stata
soggetta ad almeno
una vulnerabilità critica. La causa? I produttori sono lenti o inefficienti nel fornire patch di
sicurezza per tutti i propri modelli.
I ricercatori hanno rilevato che gli
smartphone Android ricevono in
media 1,26 aggiornamenti all’anno. I dati raccolti sono stati forniti
da più di 20.000 volontari sparsi
per il globo che hanno installato
l’app Device Analyzer (gratuita su
Google Play Store) per monitorare
dati e aggiornamenti. I dati sono
stati combinati con le informazioni sulle vulnerabilità critiche che
hanno colpito Android nel corso
del tempo: questo ha permesso di
stilare una classifica di produttori
più o meno sicuri, che tiene conto della proporzione dei device
esenti da vulnerabilità, dei dispositivi aggiornati all’ultima versione
del S.O. e il numero di vulnerabilità
che il produttore non ha ancora risolto sui suoi device. La situazione
delineata vuole sensibilizzare gli
utenti a scaricare solo le app provenienti dal Play Store e spingere i
produttori ad aggiornare costantemente i propri device, anche quelli
non più recenti. In una scala da
1 a 10, Google vince con 5.2, seguito da LG e Motorola con 4.0 e
3.1, mentre Samsung, Sony, HTC e
Asus sono sotto il 3. Incoraggianti le intenzioni di produttori come
Samsung e LG con aggiornamenti
di sicurezza mensili.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE 1243 dipendenti, età media bassa e una percentuale di ingegneri e sviluppatori superiore al 50% dell’organico
BQ, smartphone, tablet e stampanti fatti in casa
E una missione: insegnare la tecnologia a tutti
BQ è un’azienda spagnola che progetta smartphone, tablet e kit didattici per insegnare ai più piccoli la tecnologia
Nata nel 2010 e con sede a Madrid, è arrivata in Italia, e noi siamo andati a vedere la nuova gamma di dispositivi
A
di Roberto PEZZALI
rriva in Italia una nuova azienda di tecnologia:
si chiama BQ, da non confondere con BenQ, e
realizza smartphone, tablet, stampanti 3D e kit
educativi per insegnare ai ragazzi la programmazione.
BQ potrebbe sembrare una azienda come tante, una
bella faccia europea per lanciare prodotti “made in
china” che non hanno nulla di diverso dai tanti prodotti
rimorchiati che si trovano sugli scaffali. Non è affatto
così: BQ ha una storia che merita di essere raccontata,
e se in Italia probabilmente nessuno, fino ad oggi, ne
ha mai sentito parlare in Spagna, Paese di origine, è
decisamente conosciuta, tanto che nel giro di pochi
anni è diventata il terzo produttore di smartphone per
quote di mercato.
BQ nasce nel 2010, quando un gruppo di 16 ingegneri
decide di lanciarsi nel mondo dell’elettronica per progettare e produrre dispositivi: dopo 5 anni BQ conta
1243 dipendenti, età media incredibilmente bassa e
una percentuale di ingegneri e sviluppatori superiore
al 50% dell’organico. “Quasi tutti gli ingegneri che si
laureano nelle Università di Madrid finiscono da noi“ci svela uno dei fondatori. BQ ha sede proprio nella
capitale spagnola, e qui ogni giorno decine di ragazzi
studiano e progettano quelli che saranno i prodotti di
una line-up che per ovvi motivi non può essere troppo
ampia, anche perché “per fare uno smartphone servono almeno 200 persone. Chi non le ha compra in Cina
e rimarchia”. BQ disegna i suoi smartphone partendo
da zero: dalla scocca alle schede interne ogni componente viene pensato e studiato per creare un prodotto
bilanciato, anche se come vedremo non siamo davanti
a prodotti “hi-end”, ma a smartphone ben pensati per i
quali l’azienda arriva a offrire 5 anni di garanzia, segno
che si fida ciecamente del lavoro dei suoi progettisti.
BQ ha presentato qualche giorno fa a Madrid la sua
nuova gamma di prodotti per il prossimo anno, prodotti che arrivano anche in Italia e che comprendono
il primo smartphone con scocca in alluminio, un tablet,
due nuove stampanti 3D, un piccolo robot per insegnare ai più giovani la programmazione e una lampada LED programmabile simile nelle funzionalità ad una
Philips Hue.
quello che gli utenti più desiderano, autonomia e buone prestazioni. Lo schermo da 5” ad esempio è solo
HD, e se la risoluzione di 1280 x 720p potrebbe anche sembrare sorpassata, grazie ad uno schermo non
troppo risoluto e alla batteria da 2900 mAh ai polimeri
di litio si raggiungono i due giorni di autonomia. Nella
media anche il processore: Snapdragon 412 quadcore,
con 2 GB di RAM e 32 GB (o 16 GB nella versione base)
di memoria 27 dei quali disponibili per l’utente.
Gli ingegneri che hanno lavorato al progetto hanno
trovato qualche soluzione interessante per ridurre gli
ingombri e tenere lo spessore a 7.5 mm: lo slot per
la sim, ad esempio, riesce ad ospitare due nano Sim
contemporaneamente e resta pure lo spazio per uno
slot di espansione microSD. La foto camera principale
è Sony: 13 Megapixel, doppio flash, obiettivo F2 a cinque elementi e sensore da 1/3”, mentre quella frontale
per i selfie è un modulo Samsung da 5 Megapixel con
flash LED. Aquaris X5 è LTE, Wi-fi b/g/n e Bluetooth
4.0: oltre alla classica dotazione di sensori da segnalare ci sono anche il doppio microfono per la cancel-
lazione acustica, la radio FM e una enclosure per lo
speaker con DSP Dolby Atmos.
Come sempre ci teniamo a precisare che il Dolby
Atmos dello smartphone, nonostante il nome, non è
il Dolby Atmos del cinema: la qualità “audio” di uno
smartphone non potrà mai essere alta, ma da quanto
abbiamo potuto ascoltare in una saletta demo è comunque decorosa. Aquaris X5, con 5 anni di garanzia,
costa 229 euro nella versione 16 GB e 2 GB di RAM,
249 euro in quella da 32 GB con 2 GB di RAM e 269
euro per la versione da 32 GB e 3 GB di RAM: a questo
prezzo si trovano smartphone che sulla carta hanno
caratteristiche sicuramente migliori, ma BQ paga una
progettazione interamente europea per un prodotto
che in ogni caso qualitativamente è superiore a molti
smartphone pensati e progettati in Cina.
Più semplice il tablet Aquaris M10: spesso solo 8 mm
Aquaris X5 sarà disponibile in tre finiture, e c’è
anche il Rose Gold
Lo slot per doppia SIM, una buona idea per tenere
le dimensioni super compatte
segue a pagina 16 
Aquaris X5
Il primo con scocca in alluminio

Aquaris X5 è il primo smartphone di BQ realizzato in
alluminio: i progettisti sono riusciti a trovare il modo
di unire senza viti o colla alluminio e policarbonato in
un unico corpo che effettivamente sembra robusto e
compatto. BQ ha realizzato uno smartphone “onesto”,
nessuna specifica tecnica pompata al massimo ma una
serie di elementi che miscelati insieme possono offrire
torna al sommario
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST
BQ, smartphone e tablet fatti in casa
segue Da pagina 15 
fa segnare i 470 grammi alla bilancia ed è costruito interamente in policarbonato. BQ anche qui ha cercato
di privilegiare l’autonomia, utilizzando a seconda delle
versioni uno schermo HD o Full HD.
Il processore in questo caso è Mediatek (MT8163 quadcore) e manca del tutto la connettività LTE. All’interno,
oltre a 2 GB di RAM e 16 GB di memoria flash, due
fotocamere da 5 e 2 Megapixel, un modulo audio Dolby Atmos e una grossa batteria da 7280 mAh. Per il
tablet, che come lo smartphone ha a bordo Android
Lollipop 5.1, servono 259 euro.
Zowi, il piccolo robot
per insegnare a programmare

Smartphone e tablet sono il “business”, l’educazione
alla tecnologia la missione finale. BQ utilizza parte dei
proventi della vendita di smartphone e tablet per investire nel settore dell’educazione scolastica: in Spagna
moltissime scuole hanno aderito a un programma di
formazione che prevede l’insegnamento di tecnologia
e informatica ai più piccoli utilizzando un percorso didattico che prevede la costruzione di giochi e robot.
L’idea è venuta proprio al gruppo di ingegneri che ha
fondato BQ: usciti dall’università si sono resi conto
che non sapevano come fare a realizzare il loro sogno, che era appunto quello di costruire e progettare
uno smartphone per lanciarlo sul mercato. La scuola
spagnola, ma la cosa vale anche per la scuola italiana,
non è in grado di fornire una preparazione tecnologica
adeguata per poter competere a livello internazionale
con studenti che si sono invece formati in Cina o negli
States. Il responsabile formazione di BQ ci ha infatti
confidato che per realizzare il primo smartphone un
gruppo di ingegneri laureati con ottimi voti è dovuto
andare per due anni in Cina a capire quali sono le problematiche da affrontare in fase di progettazione. Una
situazione questa che li ha portati a realizzare una serie di prodotti educativi, giochi che oltre a due kit per
costruire robot già in commercio vedono ora arrivare
il piccolo Zowi, un robot open source su piattaforma
Arduino che può essere usato come base di partenza
per imparare sia i fondamenti di elettronica sia la programmazione.
BQ ha realizzato un sistema a blocchi: nessuna riga di
codice ma mattoncini da impilare nel browser per generare il programma finale, un po’ quello che ha fatto
Lego con il sistema Mindstorm. Zowi è basato su una
board compatibile Arduino, una una serie di sensori,
di led, di pulsanti e di motori che possono essere con-
torna al sommario
trollati da uno smartphone o da un programma caricato in memoria. Tutti i pezzi sono intercambiabili, e
tramite i progetti online è possibile anche stampare
nuove teste con una stampante 3D o nuovi elementi
da aggiungere al corpo. Un oggetto interessante, che
verrà messo in commercio a 99 euro inizialmente solo
in Spagna e Portogallo: la localizzazione della piattaforma di sviluppo visuale in italiano richiede qualche
mese.
BQ sfida Hue con Halu
La lampada LED opensource
Sulla scia del successo della serie Hue di Philips BQ
ha realizzato anche Halu, il suo primo prodotto dedicato alla casa connessa e all’Internet of Things. Halu
è una lampada LED costruita interamente in Spagna
con componenti che arrivano in gran parte dell’Europa, all’interno della quale l’azienda ha inserito un vero
computer programmabile. Halu può essere abbinata
e sincronizzata ad altre lampade identiche, collega a
servizi web e integrata all’interno di applicazioni, un
po’ quello che oggi si può fare anche con le lampade Philips sfruttando l’SDK che Philips stessa mette a
disposizione. BQ ha aggiunto però ad Halu una caratteristica interessante: funziona anche come ripetitore
wireless, e utilizzando una serie di Halu si può estendere il segnale Wi-Fi su un’area molto ampia. Il prezzo
è di 129 euro, ma bisogna come sempre considerare
che siamo di fronte a un prodotto costruito in Europa.
I prodotti BQ sono disponibili per il momento solo
online: i responsabili ci fanno sapere che stanno chiudendo in questi giorni gli accordi distributivi con alcune realtà italiane. Sul sito internet http://opensource.
bq.com è possibile trovare tutti i sorgenti, la documentazione e gli schemi di tutti i prodotti pensati e progettati da BQ, siano essi i robot, i software, gli applicativi
e gli smartphone, dimostrazione dell’anima “creativa”
dell’azienda e del fatto che davvero siamo di fronte
ad un prodotto pensato e progettato interamente in
Europa. Con i fatti, non con le parole.
Giovani programmatori crescono: il percorso prevede attività creative come la costruzione di un robot
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
HI-FI E HOME CINEMA Il classico diffusore Zeppelin di Bowers & Wilkins si trasforma in Wireless
B&W Zeppelin diventa Wireless, addio vecchia dock
Prestazioni elevate con la musica in streaming via Bluetooth o AirPlay, costa 699 euro
di Roberto FAGGIANO
Bose completa verso
il basso la gamma
multiroom con
il Sound Touch 10
Un diffusore compatto
che riprende le soluzioni
dei modelli maggiori
Funziona anche con
il Bluetooth
G
randi novità in casa B&W con
l’arrivo dello Zeppelin Wireless
(699 euro), un diffusore che era
già diventato un’icona di stile e prestazioni e si aggiorna ora ai tempi pur mantenendo la classica forma a dirigibile.
Dietro alla forma sottile e allungata,
con dimensioni di 66 x 18 cm circa, si
nasconde un diffusore tutto nuovo che
attinge a piene mani dalla tradizione e
innovazione tecnologica del marchio
britannico.
Gli altoparlanti sono tutti inediti ma derivati da quelli utilizzati sui migliori diffusori tradizionali di B&W: troviamo due
tweeter a doppia cupola da 25 mm derivati da quelli utilizzati sulla serie CM,
due midrange da 9 cm con tecnologia
FST (Fixed Suspension Transducer) e
un woofer comune tra i due canali da 15
cm con magnete sovradimensionato e
lunga escursione. Gli amplificatori utilizzati sono da 25 watt per ogni midrange
e tweeter oltre a 50 watt per il woofer.
Tra i circuiti un potente DSP di elaborazione per migliorare le prestazioni e un
convertitore da 192kHz/24bit.
La connettività è tramite Bluetooth,
Wi-Fi oppure via cavo ethernet oltre
alla presa minijack per qualsiasi sorgente. In tema di applicazioni lo Zeppelin
Wireless è già predisposto per Spotify
Connect, Apple Music e Soundcloud.
di Roberto FAGGIANO
Inoltre l’applicazione dedicata di B&W
permette di gestire la propria musica da
smartphone e tablet.
HI-FI E HOME CINEMA Bang & Olufsen festeggia 90 anni con un diffusore da 70.000 euro la coppia
B&O BeoLab 90, super diffusore da 70.000 euro
Riunisce le migliori tecnologie del marchio, è attivo e si controlla anche dallo smartphone
di Roberto FAGGIANO
I

l 17 novembre Bang & Olufsen compie 90 anni e per festeggiare degnamente la ricorrenza presenta il
suo diffusore più sofisticato. Si chiama
Beolab 90 e costa 34.995 euro cadauno, un record anche per il marchio danese, anche se c’è da dire che si tratta
di un diffusore decisamente fuori dal
comune, sintesi di tutte le più sofisticate e innovative tecnologie in materia. Il
BeoLab ha infatti un sistema di calibrazione che imposta la migliore qualità
sonora per l’ambiente dove è installato
e permette anche di modificare l’ampiezza dell’emissione sonora in base
al numero di ascoltatori e alla loro posizione. Ciò grazie alla disposizione degli
altoparlanti per medi e acuti su tutte le
sei facce del diffusore.
Il BeoLab 90 utilizza complessivamente
18 altoparlanti, tutti realizzati dalla danese Scan Speak: in dettaglio troviamo
sette tweeter da 3 cm, sette midran-
torna al sommario
SoundTouch 10
Il multiroom
economico
secondo Bose
ge da 8,6 cm, 3 woofer da 21,6 cm e
un woofer da 26 cm. Non da meno la
batteria di amplificatori digitali utilizzati
per ogni altoparlante: ci sono 14 moduli di potenza Ice Power AM300-X per
tweeter e midrange e quattro Heliox
AM100-1 per i woofer. Il tutto è controllato da un processore DSP ADSP-21489
da 450 MHz a 192 kHz che è alla base
del circuito Beam Width Control per
regolare l’ampiezza dell’emissione in
base alla disposizione degli ascoltatori.
Alle connessioni via cavo si affianca il
collegamento Wi-Fi che consente pure
di controllare la risposta del diffusore
dall’applicazione di B&O. La struttura
del mobile è in legno e metallo, con griglie di protezione in tessuto. Le dimensioni sono ancora piuttosto compatte
per la categoria con altezza di 125 cm,
profondità e larghezza di circa 74 cm;
notevole il peso di ben 137 kg.
Bose completa la gamma
di diffusori multiroom con il
SoundTouch 10, modello di dimensioni molto compatte (21 x 14 cm) e
dal costo in linea con i concorrenti (da 200 euro). Particolare che
manca ai migliori concorrenti è la
dotazione di un telecomando per
le funzioni principali, per usare il
diffusore anche senza smartphone o tablet. Ci sono anche sei tasti
di preselezione per ritrovare subito le stazioni radio web o lo streaming preferito, sempre senza usare l’applicazione. Quest’ultima è
già predisposta con lo streaming
di Spotify e Deezer, oltre alle radio
internet e a iTunes. La compatibilità con i file musicali va dagli MP3
agli Apple Lossless, oltre WMA e
AAC. Tra i collegamenti disponibili,
oltre al Wi-Fi, troviamo il Bluetooth
e una presa minijack per qualsiasi
sorgente. Dal punto di vista delle
caratteristiche tecniche, Bose è
sempre molto avara nel fornire
informazioni: siamo solo riusciti
a sapere che viene impiegato un
altoparlante larga banda realizzato specificatamente per questo
modello; il funzionamento è in
bass reflex con piccolo accordo
di uscita sul lato posteriore. A breve un aggiornamento firmware
renderà possibile l’utilizzo di due
SoundTouch 10 in stereofonia.
NESSUN CONFRONTO È POSSIBILE
NERO PERFETTO,
COLORI PERFETTI
LG lancia la nuova tecnologia OLED superando ogni limite qualitativo.
OLED TV è l’unico tv in cui i pixel hanno la capacità di illuminarsi e spegnersi uno ad uno
regalandoti il contrasto infinito e colori veri come in natura ,
per immagini che non temono nessun confronto.
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n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
PC Apple ha aggiornato gli iMac da 21,5”introducendo un super-modello con display Retina 4K
Nuovi iMac 21,5’’: arriva anche il display 4K
Aggiornate le caratteristiche tecniche, ma non c’è il passaggio all’architettura Skylake
di Emanuele VILLA
L’Envy All-in-One
ha display 21:9 da 34”
audio Bang & Olufsen
processori Intel Core
e grafica NVIDIA
I
l piccolo della famiglia iMac è stato finalmente aggiornato e può guardare il
fratello maggiore da 27’’ senza troppi
complessi di inferiorità. Apple ha infatti
annunciato “silenziosamente” l’arrivo dei
nuovi modelli di iMac da 21,5’’, invariati in
quando a look e design (che d’altronde
resta un riferimento nel settore) ma che
offrono finalmente il display “retina”.
Ci si concentra ovviamente sul monitor
dunque: vista la capacità di ripresa 4K da
parte della nuova generazione di iPhone, la conseguenza logica è stata quella di introdurre, all’interno della line-up
di PC da casa, un modello da 21,5’’ con
display Retina 4K. Ma la notizia non è solo
la risoluzione, che comunque è di 4096
x 2304 pixel (contro quella consumer
dei TV Ultra HD che è di 3840 x 2160),
ma anche la qualità che il pannello è in
grado di esprimere: Apple lo chiama Display Retina 4K P3 poichè è in grado di
visualizzare l’intero spazio colore DCI P3,
a differenza dei modelli inferiori (restano
in gamma due iMac Full HD, anche loro
aggiornati) che sono vincolati al gamut
sRGB. Chi l’ha visto in azione parla di
di Roberto PEZZALI
colori estremamente vividi e - nel caso
di utilizzo di applicazioni professionali - di
un passo avanti davvero notevole.
Anche le altre caratteristiche hardware
sono state aggiornate, non c’è il passaggio all’architettura Skylake: i processori
sono infatti Intel Broadwell, 1,6 GHz e 2,8
GHz Core i5 per i modelli Full HD e da
3,1 GHz quad core per il Retina 4K. con
scheda grafica integrata Iris Pro 6200 e
nessuna opzione per una GPU discreta.
Le prestazioni saranno dunque da valutare attentamente per il modello retina. Per
il resto si parla di 1 TB di disco rigido con
opzioni Fusion Drive o SSD da 256/512
GB, RAM LPDDR3 da 1867MHz da 8 o 16
GB, con ulteriore aggiornamento anche
degli accessori, tastiera, trackpad e mouse. A livello di connettività troviamo due
porte Thunderbolt 2, quattro porte USB
3, SDXC, Gigabit Ethernet, Wi-Fi 802.11ac
e Bluetooth 4.0.
Come prezzi italiani, si parte dai 1.279,00
euro della versione Full HD con processore 1,6 GHz e, passando per i 1.529,00
euro della versione intermedia (2,8 GHz,
display Full HD), si arriva ai 1.729,00 euro
del modello 4K.
PC Aggiornati anche gli iMac da 27’’, ora hanno tutti un nuovo display 5K. Prezzi da 2129 euro
Apple mette il display 5K sugli iMac da 27”
L’hardware offre processori Intel Skylake, RAM fino a 32 GB e svariate opzioni di storage
di Emanuele VILLA
A

pple oltre ai modelli da 21,5’’, ha
presentato le nuove versioni iMac
da 27’’. Ora tutti i modelli da 27’’,
a prescindere dall’hardware interno,
hanno il display 5K: a livello pratico
portarsi a casa un iMac 5K costa quindi
meno, perché prima questa caratteristica era presente solo nella versione più
alta in gamma.
Peraltro parliamo di un display completamente nuovo: non è lo stesso 5K
dello scorso anno poichè quello del
2015, con la risoluzione “mostruosa” di
5.120 x 2.880 pixel, è un Display Retina
5K P3. Questo significa che, al pari del
display 4K dell’iMax da 21,5’’, il nuovo
monitor è in grado di riprodurre tutto
lo spazio colore DCI P3, il che si traduce - secondo le indicazioni di Apple
torna al sommario
Il PC all-in-one
più grande
al mondo
è targato HP
- nella possibilità di riprodurre il 25% di
gradazioni cromatiche in più rispetto
al modello dello scorso anno (sRGB). Il
look non è cambiato, sono cambiate le
versioni degli accessori (mouse, tastiera e trackpad), ma soprattutto è cambiata la dotazione hardware interna. A
differenza dei modelli da 21,5’’, infatti,
qui sono disponibili i processori Intel
Skylake con configurazioni che vanno
dai 3,2 GHz del modello base con Core
i5 fino ai 4.0 GHz del top di gamma con
Core i7 (Boost fino a 4,2 GHz). La memoria è aggiornata alla SDRAM DDR3 a
1867 Mhz fino a 32 GB, mentre come
archiviazione abbiamo diverse opzioni,
dagli HDD tradizionali SATA ai Fusion
Drive fino a 2 TB alle unità flash SSD
fino a 1 TB. Presenta una porta Thunderbolt 2, mentre la grafica è gestita dai
processori Radeon M9 in due diverse
configurazioni. I nuovi iMac sono tutti
disponibili sull’Apple Store italiano con
prezzi che vanno da 2.129 euro per la
versione con Core i5 da 3,2GHz e
HDD da 1 TB fino a 2.629 euro
per la versione da 3,3 GHz
Core i5 quad core e fusion drive da 2 TB.
È poi possibile
personalizzare la configurazione
salendo
fino a 32
GB di RAM,
Core i7 da
4.0 GHz,
1 TB di
SSD con
prezzi in
salita.
ll nuovo HP Envy All-in-One è
pronto e sarà disponibile negli
Stati Uniti dall’8 novembre con
prezzi da 1.799 dollari. Il suo segno distintivo è l’enorme display
curvo da 34” con risoluzione
3.440 x 1.440, il più grande al mondo per la categoria e certificato
Technicolor. Secondo HP, lo spazio disponibile su desktop consente di aprire decine di finestre
senza bisogno di desktop virtuali
o soluzioni multi monitor. A bordo
troveremo Windows 10 spinto da
processori Intel Core i5/i7 di sesta
generazione, RAM da 8 a 16 GB e
soluzioni di storage a partire da
SSD da 128 GB, fino a 2 TB ibrido.
Opzionale anche la scheda grafica dedicata NVIDIA GeForce GTX
960A. Sul fronte connettività troviamo quattro porte USB 3.0, due
USB 2.0, card reader 3 in 1, e presa
LAN. HP va incontro anche a chi
vuole sfruttare le ottime caratteristiche del display proponendo anche un ingresso HDMI, ma anche
una in uscita, per schermi esterni o
TV. Infine due particolari di rilievo
sono sicuramente le casse Bang &
Olufsen, che si trovano in posizione frontale e verticale ai lati del display, che incorporano sei altoparlanti, e la videocamera RealSense,
con la quale è possibile registrare
video 3D ed eseguire il riconoscimento facciale con Windows
Hello. Ancora sconosciuta la disponibilità per il nostro paese.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
PC Dell lancia il guanto di sfida a Microsoft con XPS 12, un convertibile ibrido con schermo 4K
XPS 12, la risposta di Dell al Surface Book
XPS 12 monta processore Core M5 Skylake a 2,7GHz, 8 GB di RAM e SSD da 128 e 256 GB
L’
di Michele LEPORI
idea di PC convertibile sta prendendo piede, complice anche la
presentazione di Surface Book che
sta raccogliendo pareri positivi.
Dell con il suo nuovo progetto XPS, 12
come i pollici dello schermo, sembra avere una mano di carte vincenti: schermo
4K (ma non nella configurazione base),
un’interessante tastiera con trackpad integrato ed una slitta magnetica per l’aggancio/sgancio dello schermo pronto a
diventare tablet all’occorrenza. Dell XPS
12 monta processore Core M5 Skylake a
2,7GHz e già questo basta a fare notizia
visto che la nuovissima gamma Intel non
vanta ancora una penetrazione di mercato così profonda. Due invece le configurazioni che arriveranno sul mercato: uguali
per processori e RAM (8GB), si differenzieranno per la memoria di archiviazione
SSD da 128 e 256 GB ma soprattutto per
lo schermo, HD e 4K. A livello costrutti-
PC
Aspire R14
4-in-1 con
Windows 10

Acer ha presentato l’ultima incarnazione del notebook “convertibile”
Aspire R14. La sua particolarità è
la possibilità di assumere diverse
forme e modalità a seconda dell’inclinazione del display rispetto alla
base che integra la tastiera. A livello
hardware parliamo di un dispositivo
da 1,9 Kg di peso per 18,5 mm di
spessore, un apparecchio dotato
di processore Intel Core di ultima
generazione, fino a 8 GB di RAM
DDR3L e dischi SSD fino a 512 GB,
oltre a un doppio microfono con cancellazione del rumore (pensato per
aiutare Cortana nella comprensione
dell’utente), Wi-Fi ac e un display
touch su 10 punti Full HD da 14’’.
La disponibilità italiana è prevista
a partire dalla fine di dicembre con
prezzi a partire da 799 euro.
torna al sommario
Acer si inventa
l’all-in-one
portatile
con monitor 17”
Aspire Z3-700 è un PC
all-in-one da 17’’ che,
grazie alla batteria
integrata, può essere
spostato da una stanza
all’altra in sicurezza
Arriva in Italia
a fine anno
di Emanuele VILLA
vo, XPS 12 punta tutto su USB-C come
l’ultimo MacBook, ma ad equipaggiare il
neonato di casa Dell ci saranno 2 prese
e un adattatore incluso nella confezione;
sempre nella scatola ci sarà anche una
cover folio con spazio per alloggiare la
stylus dedicata che sarà però accessorio separato. L’idea della slitta magnetica sembra molto buona, semplificando
parecchio quella che dovrebbe essere
un’operazione di routine ma che tende a
non essere veramente intuitiva su molti
convertibili. Un difetto però ce l’ha, ed
è l’angolo di visione fisso che “obbliga”
l’utente a cercare la posa migliore per
l’uso e non il contrario. L’arrivo previsto
delle due versioni è fissato per novembre
al prezzo di 999 e 1299 dollari.
PC Spectre X2 è un 2-in-1 Windows 10 con tastiera in dotazione
HP ha svelato il nuovo Spectre X2
di Roberto PEZZALI
H
P, ha annunciato il nuovo Spectre X2, un 2- in -1 dal design molto ricercato e attento ai dettagli: si tratta di un tablet spesso 8 mm e con un peso di 840 grammi, con
una staffa metallica a ferro di cavallo che permette di orientarne a piacere l’inclinazione quando appoggiato su un piano e agganciato alla tastiera retroilluminata, fornita in dotazione. Lo schermo è un LCD IPS da 12 pollici, con risoluzione di 1920x1280
pixel e tecnologia “in touch” per ridurre lo spessore del display integrando lo strato
capacitivo direttamente nel vetro frontale. Lo Spectre X2 sarà disponibile in diverse
configurazioni basate sull’ultima generazione di processori Intel della serie Core m,
con opzioni di RAM da 4 o 8 GB e disco SSD da 128, 256 o 512 GB di memoria. Tre le
fotocamere a bordo del dispositivo: webcam frontale da 5 Megapixel, fotocamera posteriore da 8 Megapixel e RealSense 3D di Intel. Non mancano due porte USB Type C,
con adattatore fornito in dotazione, modem LTE integrato e compatibilità con pennino
Active Pen, questo sì opzionale. Per finire si segnala l’audio firmato Bang&Olufsen. Per
quanto riguarda prezzi e disponibilità, per il momento lo Spectre X2 è stato annunciato
per gli Stati Uniti, dove arriverà il prossimo mese a partire da 800 dollari.
I confini tra notebook, tablet e PC
all-in-one sono sempre più labili, al punto che l’Aspire Z3-700,
presentato da Acer a Taipei, non
si capisce bene a che categoria
appartenga. È più grande di un tablet perchè ha un display Full HD
da 17,3’’, ma al tempo stesso è
touch su 10 punti, ha una stilo integrata sul modello di Surface e
ha una batteria che gli consente
di lavorare per 5 ore in assenza
di alimentazione da rete elettrica.
Secondo le intenzioni dell’azienda, è pensato come PC per la
casa o l’ufficio, un all-in-one tipo
l’iMac di Apple ma più piccolo, con
stand posteriore reclinabile e facilmente spostabile da una stanza
all’altra: quando si trova nella sua
postazione principale viene usato
con mouse e tastiera, quando lo
si porta altrove per condividere
un lavoro o mostrare un video, si
sfrutta il display touchscreen. Possibile, ovviamente anche l’impiego
fuori casa, nonostante i 2 Kg di
peso lo rendano più adatto a un
posizionamento semi fisso. A livello tecnico, si segnala il display da
17,3’’ Full HD, come processori un
SoC Pentium N3700 o un Celeron
N3150, fino a 8 GB di RAM e SSD
fino a 256 GB o HDD fino a 500
GB. Il prodotto arriverà da noi a
fine anno con un prezzo di listino
a partire da 649 euro.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
DIGITAL IMAGING Sony aggiorna la sua compatta full frame inserendo il sensore da 42 Mpixel
La Sony RX1R II è un sogno da 3000 euro
Oltre al super sensore, ha mirino OLED a scomparsa e filtro passa basso ottico variabile
di Roberto PEZZALI
l super sensore da 42 megapixel che
Sony ha usato sulla sua mirrorless A7R
II trova casa nella nuova RX1R II: Sony
aggiorna la sua compatta hi-end alzando
in modo smisurato la risoluzione senza
però toccare gli elementi che hanno reso
la RX1 la compatta più desiderata al mondo, tra cui l’ottimo obiettivo 35 mm Zeiss
Sonnar T* F2 e il corpo in magnesio con
ghiere e regolazioni “pro”. Il sensore alla
base è lo stesso Exmor R usato anche
sulla mirrorless full frame, ma in questo
caso l’utilizzo di un obiettivo fisso ha
permesso di ottimizzare nel migliore dei
modi il percorso ottico creando quella
che secondo Sony è in assoluto la miglior
compatta mai uscita dai suoi laboratori.
Il processore fotografico è una versione
voluta del Bionz: porta la sensibilità nativa
da 100 – 25600 ISO a 40 – 102400 ISO e
permette anche di scattare foto con una
buona velocità per una full frame compatta, 5 fps. La novità maggiore, tuttavia, è
l’adozione di un nuovo filtro passa bas-
I
so variabile ottico:
Sony ha eliminato
il doppio modello
utilizzando questo
filtro che permette di scegliere
se avere il filtro,
eliminando quindi
il moirè a scapito
della risoluzione,
oppure se disattivarlo per ottenere
la massima risoluzione dal sensore. La regolazione dinamica del filtro
permette anche una modalità intermedia
e il fotografo esigente può addirittura
effettuare un bracketing con tre scatti a
tre diverse modalità. Sony ha migliorato
anche l’autofocus: con 25 zone di ricerca
di contrasto e 399 punti di messa a fuoco
a ricerca di fase l’AF ibrido della RX1 R II
dovrebbe essere del 30% più veloce dell’originale. Inoltre, è stato inserito un mirino OLED Hi-res a scomparsa che affianca
lo schermo LCD orientabile, all’interno
non mancano poi Wi-Fi e NFC. La RX1 R II
è una pura fotocamera: fa video a 1080p
anche in formato XAVC S ma Sony non
ha inserito la possibilità di ripresa 4K, non
è in target. Sony ha anche realizzato una
fotogallery consultabile online a questo
indirizzo. La RX1R II è sicuramente la nuova compatta dei sogni insieme alla Leica
Q, ma come per la Leica i sogni costano:
in questo caso 3300 dollari.
DIGITAL IMAGING
Adobe
Lightroom
mobile
diventa gratis
Adobe ha aggiornato la versione
per iOS di Lightroom, eliminando
il vincolo di abbonamento e anche
la necessità di creare un Adobe ID.
Ora Lightroom può essere utilizzato
in modo completamente gratuito.
Lightroom Mobile include possibilità
di editing avanzate, come la regolazione delle curve, bilanciamento del
bianco, regolazione avanzata del
colore, vignettature personalizzate
e anche il nuovo filtro di rimozione
foschia di Photoshop. Con la nuova
versione debutta anche la possibilità di scattare foto direttamente
da Lightroom, con regolazione
manuale di esposizione e del
bilanciamento del bianco. Le novità
riguardano al momento la versione
per iOS, ma anche Lightroom Mobile
per Android dovrebbe diventare
totalmente gratuita.
DIGITAL IMAGING Canon amplia la gamma di compatte premium con i modelli G5 X e G9 X
Con G5 X e G9 X Canon spinge le compatte premium
MAGAZINE
Estratto dal quotidiano online
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Registrazione Tribunale di Milano
n. 416 del 28 settembre 2009
direttore responsabile
Gianfranco Giardina
editing
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Alessandra Lojacono, Simona Zucca
Editore
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via Gallarate, 76 - 20151 Milano
P.I. 11967100154
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Montano lo stesso sensore 1” da 20 megapixel, ma si rivolgono ad un pubblico differente
di Roberto PEZZALI
anon, che ha recentemente lanciato una nuova compatta super
zoom, la Powershot G3 X, si presenta ora con altre due proposte sempre
della stessa serie. Il sensore e il processore sono gli stessi, un CMOS da 1” con
20 megapixel di risoluzione e il famoso
DIGIC 6, ma G5 X e G9 X sono profondamente diverse e indirizzate anche a due
target diversi.
La più interessante, anche per l’aspetto
“pro”, è la G5 X: Canon ha utilizzato lo
stesso obiettivo della G 7X aggiungendo un mirino EVF OLED da 2,36 milioni
di punti, elemento questo che mancava
al modello presentato in occasione di
Photokina.
La G5 X ha quindi uno zoom 4,2x equivalente ad un 24-100mm F1.8-2.8, sormontato però da una piccola calotta che
integra mirino digitale, slitta per il flash
esterno e anche un piccolo flash a scomparsa. Il corpo macchina, con display
snodabile da 3”, Wi-fi, NFC e una serie
C
di ghiere per le regolazioni manuali assomiglia più a quello della G1 X Mark II, con
la G5 X che rappresenta quindi una ottima alternativa a quella che resta ancora
il top di gamma della serie Powershot. Il
prezzo non è tuttavia indifferente: PowerShot G5 X sarà disponibile a partire da
novembre ad un prezzo indicativo di
€810 IVA inclusa, ma le concorrenti non
costano molto meno, con la RX100 IV
Sony che di listino fa segnare 1150 euro
e la LX-100 Panasonic che costa come
la Canon. Più compatta invece la G9 X,
con un form factor che ricorda molto la
PowerShot S120: qui l’ottica è decisamente più buia e perde anche un po’ di
grandangolo, con un obiettivo sempre
stabilizzato 3x da 28 - 84mm F2-4,9.
La G9 X si controlla quasi esclusivamente con lo schermo touch screen posteriore, segno che ci troviamo davanti ad
una macchina destinata ad un pubblico
meno esigente che predilige quasi esclusivamente lo scatto con modalità assistite. Restano tutte le altre funzionalità, dal
Wi-fi alla ripresa 1080p, per un pacchetto
che sarà disponibile da novembre a 520
euro iva inclusa.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
SMARTHOME Panasonic ha mostrato al CEATEC una macchina capace di stirare e piegare i panni
In arrivo la macchina che piega il bucato
Si chiama Laundroid e arriverà nel 2019, tra gli scogli da superare come piegare i calzini
N
di Roberto PEZZALI
asce dalla collaborazione tra
Panasonic, SevenDreamer e
Daiwa House la prima macchina
in grado di piegare i vestiti depositando su una mensola il bucato in ordine,
caldo e profumato, pronto da riporre
nell’armadio. Il progetto nasce nel 2008
ed è ormai in fase avanzata, tanto che
al CEATEC di Tokyo, una delle maggiori
fiere internazionali dell’innovazione, è
stata data dimostrazione pratica del prodotto. Laundroid, questo il nome, svolge
il suo lavoro in due fasi ben distinte, una
analisi computerizzata del capo da piegare e un lavoro meccanico che in base
al riconoscimento procede con l’operazione. Il lavoro fatto da Laundroid è
difficilissimo: il “droide” che piega i vestiti al posto nostro dev’essere non solo
attentissimo a non rovinare alcun capo
ma anche estremamente preciso nelle
sue operazioni.
Panasonic e le altre aziende al momen-
Assicura importanti
risparmi energetici
in base alle abitudini,
ai ritmi di vita e a un
“budget riscaldamento”
preimpostato
Lo stile è quello di Nest
il prezzo è interessante
to non hanno svelato il segreto, ma promettono che nei prossimi mesi si saprà
qualcosa di più. L’intera operazione, per
un bucato, può durare fino a sette ore e
la macchina, al momento con le dimensioni di un frigorifero, è comunque abbastanza silenziosa da poter funzionare la notte in camera. Qualche scoglio
da superare resta: piegare i calzini, ad
esempio, è molto più difficile che piega-
re una camicia o un paio di pantaloni.
I preorder di Laundroid partiranno nel
2016, mentre nel 2017 ci sarà una fase
di “beta testing” che coinvolgerà alcune
famiglie. Nel 2018 è atteso il prodotto industriale, destinato a lavanderie e hotel,
mentre nel 2019 dovrebbe arrivare la
versione commerciale, più compatta e
probabilmente con lavatrice e asciugatrice integrata. Un sogno che si avvera.
SMARTHOME Con la videocamera CFH-V20, Kodak offre un’alternativa ai sistemi smart di Nest
Kodak CFH-V20, sorveglia la casa ed estende il Wi-Fi
Regista video in HD (anche al buio) e li conserva sul cloud; c’è persino la funzione interfono
F
di Andrea ZUFFI

ra i produttori di foto-videocamere
che si affacciano sul promettente
mondo della videosorveglianza in
chiave smart merita attenzione Kodak
con il modello CFH-V20 della linea
Connected Family Home. Non intimorita dalle rafforzamento del marchio
Nest acquisito da Google, Kodak presenta un prodotto in grado di registrare video in qualità HD e trasmetterli in
streaming.
CFH-V20 è una videocamera che
“vede” anche al buio, ha un angolo di
visuale orizzontale di 180° e integra la
capacità di estendere il raggio di copertura del segnale della rete Wi-Fi
domestica, oltre a funzionare come interfono per le comunicazioni audio.
Si installa facilmente e dialoga con
smartphone e tablet grazie all’app
iSecurity+ per iOS e Android, attraverso la quale può essere gestita da remoto e può recapitare notifiche al proprie-
torna al sommario
Momit Home
Termostato
smart che fa
risparmiare
fino al 30%
tario di casa. Come la maggior parte
dei prodotti nati nell’era dell’Internet of
Things Kodak CFH-V20 è compatibile
con le applicazioni e i servizi IFTTT.
Inoltre, con l’acquisto del dispositivo si
accede alla versione base del servizio
Kodak 1-day Cloud Event Recording
che consiste nel poter memorizzare
sul cloud le ultime 24 ore di registra-
zione per poterle consultare ovunque
ci si trovi. Con una spesa mensile aggiuntiva di 9,99 o 19.99 dollari le 24
ore possono diventare rispettivamente
14 o 30 giorni. La videocamera Kodak
CFH-V20, venduta a 150 dollari, rappresenta una interessante e più economica alternativa alla Nest Cam il cui
prezzo si aggira sui 200 dollari.
di Massimiliano ZOCCHI
Momit Home Thermostat propone di farci risparmiare un sacco di
soldi gestendo il riscaldamento in
modo smart. Il prezzo rispetto alla
concorrenza è decisamente abbordabile: solo 129 euro. Momit è una
start up spagnola con l’obiettivo di
creare diversi prodotti nel settore
dell’internet delle cose, e questo
termostato intelligente funge da
apripista. Dotato di connessione
Wi-Fi, può essere controllato da
iPhone, Android, Windows Phone
o Blackberry agendo da remoto
sulla temperatura di casa, oppure
affidandosi alla geolocalizzazione
per lasciare a Momit il compito di
accendere il riscaldamento quando siamo sulla via di casa. Una
novità però lo distingue dai suoi
simili: il controllo tramite i costi,
chiamato “My Budget”. Momit analizza le situazioni, i comportamenti
degli occupanti della casa e anche
il meteo per ottimizzare i consumi.
Oltre a questo può fare una stima
dei costi per il mese corrente e,
qualora superassero il budget impostato, può intervenire per migliorare la situazione, risparmiando ma
senza sacrificare il confort.
Momit Home Thermostat può essere installato nel 95% degli impianti
domestici, ma nel caso ci fossero
dubbi potete affidarvi al test online
per la verifica della compatibilità.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
SMARTHOME Presentato ufficialmente il modem router Netgear Nighthawk X4S: offre alte prestazioni per la casa “connessa”
Netgear:“La qualità del Wi-Fi è sempre più importante”
Netgear ci ha raccontato come la tecnologia MU-MIMO farà la differenza nelle reti Wi-Fi e perché è giunta l’ora di investire
C
di Paolo CENTOFANTI

i possono essere tante ragioni dietro a una rete
Wi-Fi di casa che non brilla per velocità o affidabilità, ma spesso ci dimentichiamo che negli ultimi
anni si sono anche moltiplicati i dispositivi wireless che
si connettono all’interno delle nostra mura domestiche.
Se poi si parla di una famiglia numerosa, allora i dispositivi connessi aumentano ulteriormente. Difficilmente poi
tutti questi prodotti utilizzano lo stesso standard Wi-Fi: è
molto probabile che avremo ancora qualcosa in 802.11b
o 802.11g, buona parte dei dispositivi ormai magari è anche in 802.11n e qualcuno già in 802.11ac. Il router anche
se 802.11n o 802.11ac deve gestire una moltitudine di
situazioni diverse, interferenze da reti esterne e un continuo moltiplicarsi di accessi sempre più contemporanei.
Ecco allora che il modem/router Wi-Fi acquista sempre
più importanza per il buon funzionamento di un gran numero di dispositivi. Lo sa bene Netgear che ha da poco
presentato uno dei primi gateway 802.11ac wave 2, seconda ondata, a indicare che è uno dei primissimi modem/router Wi-Fi a supportare la tecnologia MU-MIMO,
soluzione che permetterà di far fare un salto di qualità
alle reti Wi-Fi domestiche.
“802.11ac è stato lanciato ormai circa tre anni fa, ma
con l’arrivo della wave 2 siamo in realtà circa a metà
dell’evoluzione di questo standard” ci dice Lionel Paris,
Director of Product Marketing di Netgear per la regione
EMEA. “Attualmente il prodotto più veloce che abbiamo
è un router tri-band che ha una banda wireless complessiva di 5,3 Gbit/s. Ma prima dell’arrivo della prossima tecnologia, 802.11ad, lo standard ac potrà offrire fino
a 10 Gbit/s sui prodotti consumer”. Quando si parla di
velocità, in questo caso, non bisogna però pensare alla
massima banda di trasferimento dati raggiungibile ad
esempio da due dispositivi connessi tra di loro tramite
una rete Wi-Fi; nessun client Wi-Fi è in grado di sfruttare
tutta questa banda disponibile. Piuttosto, si tratta della
capacità di trasmissione wireless che l’access point (o
il router o il modem/router) può distribuire nella nostra
casa, e quindi, tornando al discorso iniziale, in definitiva
la possibilità di gestire decine di dispositivi Wi-Fi connessi simultaneamente senza degrado nelle prestazioni. Ciò
che promette questa nuova generazione di Wi-Fi, infatti,
è non solo una maggiore quantità di banda, ma anche
di qualità: “802.11ac Wave 2 vuol dire sostanzialmente
due cose. La banda complessiva parte da almeno 2,6
GBit/s, come nel nostro nuovo Nighthawk X4S. Ciò è
torna al sommario
possibile in primo luogo perché il canale radio passa da
80 MHz a 160 MHz, che è il doppio rispetto alla prima
generazione. Ma viene introdotta anche la tecnologia
MU-MIMO o Multi User MIMO che offre un notevole salto di qualità. Fino ad oggi, un access point poteva parlare con un solo dispositivo alla volta: si trasmettono i dati
a un client, si aspetta la risposta, si passa al successivo,
e così via. Ciò pone un limite alla velocità massima, specie quando ci sono diversi client che utilizzano versioni
diverse di Wi-Fi. Con il MU-MIMO fino a tre dispositivi
802.11ac possono ora parlare contemporaneamente
con l’access point, permettendo di sfruttare in modo
molto più efficiente la banda disponibile”.
Attualmente i dispositivi compatibili sul mercato sono
ancora pochi, ma poiché si tratta di una soluzione al 70%
software, l’adozione del MU-MIMO da parte dei produttori hardware sarà molto più rapida rispetto alle transizioni da una generazione di standard 802.11 all’altra. “Lo
sforzo richiesto ai produttori per integrare il supporto al
MU-MIMO rispetto agli attuali dispositivi 802.11ac è minimo, per cui nel giro di un anno vedremo arrivare un gran
numero di prodotti compatibili per questo è importante
secondo noi avere un prodotto già pronto per il futuro
con MU-MIMO come il nostro nuovo Nighthawk”.
Il nuovo Nighthawk X4S è un modem/router pensato innanzitutto non solo per le linee ADSL2+, ma anche per
quelle in fibra ottica FTTCab, che utilizzano la tecnologia
VDSL2 per collegare l’armadio di strada alla casa dell’utente. Il modem/router di Netgear è uno dei primi a
supportare connessioni simmetriche fino a 100 Mbit/s.
Proprio perché una grossa componente del MU-MIMO è
software, il nuovo Nighthawk è dotato di un potente processore AMR dual core da 1,4 GHz. Questo serve anche
a implementare un’altra funzionalità interessante del
nuovo modem/router denominata Dynamic QoS (Quality of Service), che permette di regolare dinamicamente
la banda assegnata ai servizi Internet a cui si accede:
se su una console state scaricando un videogioco da
diversi giga e allo stesso tempo volete guardare un film
in streaming su Netflix, il Nighthawk è in grado di ridurre
automaticamente la velocità di scaricamento del gioco,
per garantire che Netflix non solo funzioni regolarmente,
ma che la riproduzione avvenga anche in alta definizione. Netgear utilizza un’anagrafica online sempre aggiornata dei vari tipi di traffico possibili e può distinguere tra
diversi tipi di streaming video, ad esempio YouTube e
Netflix, per ottimizzare sempre il bilanciamento di banda. Il modem/router ha una banda wireless complessiva
di 2,53 Gbit/s, di cui 1,7 Gbit/s sulla banda dei 5 GHz,
grazie al MIMO 4x4, più 800 Mbit/s sui 2,4 GHz, sempre con MIMO 4x4. Un client Wi-Fi, a seconda delle sue
caratteristiche, può utilizzare uno o più stream da 200 o
433 Mbit/s. Il Nighthawk X4S è dotato poi di due porte
USB 3.0, con velocità di scrittura dati fino a 600 Mbit/s,
porta e-SATA, funzione di server FTP e, con un prossimo
aggiornamento, supporto per il servizio ReadyCLOUD,
per accedere in mobilità a chiavette o dischi collegati
alle porte USB del router.
Tutto ciò ha un prezzo però, ovvero un listino di 429,99
euro, contro i 259,99 euro del modello appena inferiore:
“Sicuramente a livello di rapporto prestazioni/prezzo il
nostro Nighthawk D7000 (modem/router VDSL2 con 1,9
Gbit/s di banda wireless n.d.r.) è probabilmente quello
più attraente. Il nuovo X4S è decisamente più costoso,
ma offre il massimo della tecnologia, è il primo con MUMIMO e offre un salto prestazionale che tutti possono
percepire. La situazione di oggi è che in molti spendono
più di 600 euro per uno smartphone, e poi in realtà, se
va bene, a casa possono apprezzare metà della velocità a cui può effettivamente andare. Si tende a dare
la colpa al dispositivo, ma in realtà il collo di bottiglia
è ormai il modem/router, e con l’arrivo della banda ultra larga da una parte e dei servizi di streaming come
Netflix dall’altra, lo sarà sempre più, perché i dispositivi
che usiamo sono sempre più veloci, ma il gateway no.
Cambierà probabilmente anche la mentalità: quando si
capirà l’importanza che ha ora un componente di questo tipo, diventerà normale spendere di più per un modem/router, un po’ come oggi non è considerata più una
follia spendere 700 euro per un telefono. E a breve, con
il diffondersi dello streaming probabilmente diventerà
una necessità ben chiara”.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
SMARTHOME A Helsinki si è tenuta la finale del contest per giovani progettisti di tutto il mondo organizzato da Electrolux
Helsinki, Electrolux Design Lab Award 2015
Vince un inglese con un “ecosistema” da tavolo
Ha vinto un progetto che ha un sapore di “dejà vu”, ma tra i finalisti c’erano delle ottime idee per un futuro migliore
di Gianfranco GIARDINA
giovani designer hanno un vantaggio: pensano che
tutto possa essere possibile, non si pongono i problemi di “fattibilità”. E questo, per chi vuole progettare i
prodotti del futuro, è un requisito indispensabile. Lo sa
bene Electrolux, che oramai da molti anni organizza un
premio destinato ai migliori giovani designer di tutto il
mondo e al quale partecipano migliaia di contendenti.
Il tema dell’edizione 2015 del Design Lab Award, la cui
finale si è tenuta ad Helsinki e alla quale abbiamo partecipato, è quello dei bambini e del loro benessere, un
ambito che non solo sta a cuore a tutti i cittadini ma che
ha anche grandi possibilità commerciali.
Dopo una serie molto lunga di selezioni e una fase
finale con 35 progetti e altrettanti concorrenti, si è arrivati all’appuntamento di Helsinki con gli ultimi 6 finalisti. Dopo l’ultima esposizione del progetto di fronte
alla giuria e un pubblico di giornalisti e designer, ad
aggiudicarsi il primo premio è stato il giovane inglese
Jordan Lee Martin con il suo progetto Bloom.
I
Si tratta di un apparecchio da tavolo da sistemare in
cucina e che fa un utilizzo versatile dell’acqua contenuta nel serbatoio centrale: Ogni “petalo” è adibito
a una funzione specifica: sterilizzatore per biberon
e ciucci; microserra per colture a scopo educativo;
cottura a vapore. Il sistema riconosce il tipo di comparto e invia all’interno, secondo la programmazione
impostata con un tablet, vapore freddo per le piante,
vapore caldo per la cottura e vapore caldissimo per
la sterilizzazione.
Il tablet di controllo è un punto chiave: l’app di controllo dovrebbe contenere una serie di giochi e tutorial
finalizzati a coinvolgere il bambino nel processo di
funzionamento, educandolo nei confronti dell’importanza di un’alimentazione sana, rappresentata
proprio dalle pianticelle in crescita e dalla cottura a
vapore, senza dubbio la più sana. Grazie a questo
progetto, il giovane Martin si è aggiudicato un premio
in denaro del valore di 10mila euro e soprattutto uno
stage retribuito di sei mesi presso in centro design
di Electrolux, con buona possibilità di trasformare la
propria passione in una professione vera e propria.
La giuria ha trovato nel progetto Bloom i contenuti più
convincenti: probabilmente ha contato molto anche il
fatto che Martin è madrelingua inglese e in questo
la sua presentazione è risultata senza dubbio la più
convincente; gli altri finalisti (un coreano, un lituano,
una messicana, un ungherese e una russa) hanno faticato decisamente di più nell’esposizione in inglese,
ma non per questo i progetti presentati erano meno
convincenti.
Molto interessante, per esempio, il progetto classificatosi al secondo posto, presentato dal lituano Dominykas Budinas: si chiama Air Shield e si tratta di
una carrozzina-passeggino in grado, se necessario,
di tenere il bambino in un ambiente chiuso e controllato. Una sorta di “capsula” con una grande copertura in policarbonato e una batteria di filtri per abbattere gli inquinanti nell’aria. Il riferimento è chiaramente
rivolto agli ambienti cittadini, spesso inquinati dagli
scarichi automobilistici che, tra l’altro, sono proprio
all’altezza del passeggino.
Air Shield, almeno nella concezione del suo creatore, filtra l’aria in ingresso ed è in grado di correggerne anche la temperatura per avvicinarla a quella di
comfort del bambino. Ma non solo: è stato previsto
anche un sistema microfono/altoparlante per mantenere, se necessario, il bambino in comunicazione
acustica con i genitori e con l’esterno. La copertura in
policarbonato è anche pensata per schermare i raggi
ultravioletti solari ed evitare bruciature e disturbi derivanti dall’eccessiva esposizione al sole, soprattutto
per i bambini dalla pelle particolarmente chiara.
Restano ovviamente da risolvere molti problemi di
ingegnerizzazione, a partire dalle batterie necessarie
per un buon funzionamento della carrozzina e le tecnologie necessarie soprattutto per il riscaldamento
e raffreddamento dell’aria. Siamo certi - come anche
detto dai giurati nei propri commenti - che un prodotto
di questo tipo, se mai realizzato, non avrebbe grandi
problemi ad affermarsi dal punto di vista commerciale;
a noi è parso anche più centrato sul tema della manife-

segue a pagina 25 
torna al sommario
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
SCIENZA E FUTURO La stampa 3D continua ad attirare l’attenzione, è la volta delle calzature
Adidas: scarpa perfetta su misura con la stampa 3D
SCIENZA E FUTURO
di Massimiliano ZOCCHI
HP e SanDisk
insieme per le
super memorie
mmaginate un futuro dove entrando
nel negozio di scarpe i commessi
analizzeranno la forma del vostro
piede, i punti d’appoggio e il modo di
correre per realizzare una scarpa da
ginnastica su misura. È questo il risultato che vorrebbe ottenere Adidas con la
sua scarpa Futurcraft 3D, primo esperimento di calzatura realizzata con tecniche di stampa 3D.
Combinando diverse tecnologie e materiali, Adidas è in grado di produrre in
stampa 3D l’interno di una scarpa da
corsa, quello che in gergo si chiama midsole. Non la tipica stampa in materiale plastico a cui siamo abituati per altri
oggetti, ma un tessuto flessibile, adatto
HP e SanDisk hanno annunciato una
partnership per lo sviluppo di nuove
tecnologie per memorie allo stato solido. Al centro della collaborazione c’è
lo sviluppo della tecnologia a memristori, componenti elettronici su cui HP
lavora da anni e che promettono la
creazione di memorie più veloci delle
RAM e allo stesso tempo non volatili.
Per HP si tratta di una tecnologia in
grado di rivoluzionare il mondo del
computing. Nell’annuncio si parla dello sviluppo di una nuova tecnologia di
Storage Class Memory, 1000 volte più
veloce delle attuali memorie utilizzate
negli SSD, 1000 volte più affidabili, ma
anche più performanti e con maggiore
densità di immagazzinamento dati
rispetto alle odierne DRAM.
Adidas può realizzare una scarpa dalla calzata perfetta, stampata sul modello del piede
I
ad ammortizzare le sollecitazioni che il
piede riceve durante la corsa.
Questa scarpa personalizzata non ha
solo calzata perfetta, ma anche differenti densità nei vari punti del piede,
per seguire i punti d’appoggio più uti-
SMARTHOME
Electrolux Design Lab Award 2015
segue Da pagina 24 
stazione e - tutto considerato - lo riteniamo il migliore
del lotto; ma probabilmente il giovanissimo ed entusiasta Lituano non ha convinto tutti i giurati. Al terzo posto
un progetto che molto difficilmente riuscirà a diventare
un prodotto vero e proprio, forse un po’ troppo visionario: a pensarlo il sudcoreano Jeongbeen Seo.
lizzati dalla nostra postura. Al momento
si tratta solo di prototipi, ma secondo
Adidas non si tratta di un progetto fine a
se stesso, bensì parte di una serie di innovazioni che l’azienda vorrebbe porre
in essere. E pure in tempi brevi.
Nella visione del progettista, il bambino dovrebbe avere piacere a tenere con se il suo gioco, ottenendo anche il servizio, per lui accessorio ma per i genitori molto
importante, di vivere in un ambiente meno inquinato.
Resta da capire come mai si potrebbe ottenere un
purificatore con quella forma e soprattutto quanta aria
potrebbe poi ragionevolmente purificare. Problemi che
verranno affrontati se mai il curioso progetto dovesse
essere ingegnerizzato. Più dell’hula hoop, abbiamo
trovato convincente un altro progetto: si tratta di Voris, presentata dalla messicana Fabiola Garcia Bustos.
È una specie di robottino (ricorda in qualche modo i
robot puliscipavimenti) che ha la funzione primaria di
“mangiare” i vestiti utilizzati dai bambini e sanificarli
grazie a un’esposizione ai raggi ultravioletti.
Si tratta di Q.H. (che sta per Quadruple H), un hula hoop
che integra un purificatore d’aria. Non c’è un legame
stretto tra le due funzioni, tanto che il sistema purificherebbe l’aria anche a prescindere dal fatto che ci si
giochi.

Il bambino trova ovviamente il robottino Voris divertente e quindi gioca conferendogli i vestiti usati, proprio
quelli che ogni bambino del mondo abbandona in giro
per la casa. Contemporaneamente, nelle ore notturne,
il robottino fa “compagnia” al bambino, garantendo
un’illuminazione notturna e demistificando il ruolo dei
“mostri” nell’immaginario dei piccoli: lui è un mostriciattolo buono che terrà i mostri lontano dal sonno del
bambino.
torna al sommario
Una cosa colpisce (e spiace): in tutti questi anni non
c’è mai stato un finalista italiano dell’Design Lab Award
di Electrolux; la cosa salta agli occhi almeno per tre
motivi: la creatività italiana - l’abbiamo dimostrato per
decenni - non è seconda a nessuno; l’Italia poi è tutt’ora la culla del design e dello stile internazionale;
infine, Electrolux è una società ben presente e radicata in Italia, con realtà produttive nel nostro Paese.
La latitanza di buone idee italiane, capaci di arrivare
in finale, è una colpevole assenza; un ruolo chiave, da
questo punto di vista, dovrebbero averla le scuole di
design, sia quelle superiori che quelle universitarie.
L’anno prossimo vorremmo davvero poter fare il tifo
per un giovane designer nostro connazionale.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Dopo la presentazione al salone di Francoforte, Opel ha mostrato in Italia Monza: la sua concept-car del futuro
Opel Monza è un sogno hi-tech all’avanguardia
L’abitacolo è incredibile: 18 proiettori LCD lo rendono un video wall che si adatta alle esigenze di conducente e passeggeri
di Emanuele VILLA
opo averla presentata in occasione del Salone
di Francoforte, Opel ha portato in Italia Monza,
la sua concept-car stracolma di tecnologia che
prosegue la tradizione della prima Monza, coupè che
venne presentata nel 1977 e restò in produzione fino
al 1986. Monza Concept non è solo una supercar dal
design futuristico e motorizzazioni all’avanguardia,
ma offre un rivoluzionario sistema di gestione dell’auto e di infotainment. Ed è quasi superfluo aggiungere che, in sede di presentazione, i giochi di luce che
fuoriuscivano dall’abitacolo hanno catturato la nostra
attenzione.
D
Un display infinito con 18 proiettori LED

Alla base del sistema di bordo c’è un concetto del tutto
nuovo che consiste nell’eliminare i confini del classici
display. Saliti sull’auto sembra di entrare in un mondo completamente separato dall’esterno, dove luci e
colori ci accerchiano e circondano completamente: ci
viene spiegato che alla base del progetto Monza c’è la
volontà di eliminare gli schermi separati, e a giudicare
da quanto vediamo il risultato risponde alle aspettative. Tutto il cruscotto è display, lo è anche il bracciolo
interno, tutto viene “invaso” da linee, colori e informazioni varie, tra l’altro con una definizione apprezzabile.
Il risultato è stato possibile grazie all’integrazione di
18 proiettori LED “delle dimensioni di un pacchetto di
sigarette” all’interno del cruscotto, proiettori che vengono orientati in fabbrica per creare un solo enorme
display frontale che occupa tutto il cruscotto.
Ovviamente quello che vediamo è una demo, ma ci
viene spiegato che il display è totalmente modulare
e gli spazi vengono gestiti dinamicamente dal conducente, che può volere solo informazioni sull’auto
e sul viaggio dalla sua parte, e magari il navigatore
dalla parte del passeggero (così che sia lui a gestirlo),
oppure centralmente il sistema musicale (con tanto di
copertine degli album a scorrimento) e via dicendo. Il
display continua sul bracciolo e anche nella parte posteriore dell’abitacolo, dove sono presenti due tablet
integrati nel sedile. Chiediamo come avvenga in concreto il controllo del sistema e la gestione degli spazi e
ci viene risposto che sarà un mix di controlli al volante
torna al sommario
e controllo vocale: il sistema di retroproiezione rende davvero ostico un controllo touch in
tutto e per tutto, ma ci assicurano che l’azienda sta lavorando anche in tal senso e che ci
sarà spazio anche per questo genere di interazione. Resta il fatto che sembra di essere in
un’astronave, ed è un’esperienza piacevole.
Tre tipi di connettività: ME, US e ALL
Un altro aspetto di tecnologia consumer che
abbiamo approfondito è quello della connettività, sulla quale Opel sta lavorando molto
non solo in chiave futura ma anche nei modelli già disponibili. Al di là dei classici Wi-Fi,
LTE e hotspot vari, Monza vuole creare una
“rete” di connessioni da e verso l’auto che
coinvolgano i passeggeri dell’auto, i propri
contatti e il mondo esterno. Spieghiamo meglio: se il conducente imposta la modalità
ME, il sistema di infotainment è chiuso e sul
cruscotto “infinito” verranno mostrate solo
informazioni utili per la guida, ovvero dati
dell’auto, percorso, informazioni sulle condizioni del traffico, navigatore e così via.
Il bello però inizia quando nell’abitacolo c’è
più di una persona e si imposta la modalità
US: in questo momento chi è nell’abitacolo
può usare il sistema per connettersi a persone (esterne) selezionate, permettendo
loro di interagire col sistema di di bordo. Due
persone potrebbero così chattare, altre effettuare una videochiamata, magari giocare a un Alcuni layout del sistema di bordo, totalmente modulare
videogame, un parente lontano potrebbe condividere un brano musicale e farlo ascoltare all’interno
aggiunge la possibilità di condividere in tempo reale
dell’auto e via dicendo. In pratica, con questa modalità
la posizione dell’auto su Internet e il tragitto fissato, di
modo tale da poter dare un passaggio a chi faccia la
si creano rapporti diretti tra passeggeri dell’auto e perstessa strada. È possibile inoltre condividere in tempo
sone esterne, con la quali comunicare, giocare, condireale altre informazioni con altri automobilisti, così da
videre informazioni e via dicendo. Infine è stata previcalcolare percorsi più veloci, alternativi e molto altro.
sta la modalità di connessione “totale”: ALL. Il concetto
Inoltre, l’azienda ha integrato in Monza un’anteprima
è semplice: con questa modalità chi guida può colledei sistemi Car to Car e Car to X che saranno il basagarsi al mondo esterno senza limitazioni e condividere
informazioni importanti con gli altri automobilisti. Sono
mento di una futura Opel a guida autonoma. Ma per
quindi previste tutte le funzionalità precedenti cui si
quello dobbiamo aggiornarci in futuro.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
AUTOMOTIVE Highway Teammate è stata messa alla prova sulla Shuto Expressway di Tokyo
L’auto intelligente di Toyota è già su strada
Il piano del Costruttore è la messa in vendita in tempo per le Olimpiadi nipponiche del 2020
di Emanuele VILLA
Lexus sforna
una nuova tecnofollia
Una replica della
IS Saloon realizzata
da 1700 fogli di cartone
tagliati a LASER
Ha un motore elettrico
che consente
di guidarla per davvero
N
on è un segreto che Google, Nissan, GM ed altri grossi nomi del
settore automobilistico stiano investendo da anni nel progetto di auto a
guida robotica: il sogno fantascientifico di
un’auto che ci porta a destinazione mentre noi ci occupiamo di altro sembra avvicinarsi a rapidi passi, ma l’idea di Toyota
di guida autonoma sembra essere un po’
diversa, benché già su strada. Highway
Teammate (il compagno d’autostrada)
è infatti il progetto del Costruttore giapponese che va almeno parzialmente in
controtendenza rispetto - per esempio
- alla Google Car: Toyota vuole che l’auto
non sia uno strumento indipendente ma
che possa affiancare l’uomo al volante
quando possibile. Il progetto nasce da un
pianale collaudato, quello della Lexus GS
di produzione, a cui è stata leggermente
modificata la carrozzeria per inserire un
gran numero di sensori in grado di rilevare prossimità di altri veicoli, leggere
le linee di carreggiata, interpretare se la
zona permette il sorpasso o meno, leggere eventuali segnali stradali ed infine
interfacciarsi con l’infotainment di bordo
per arrivare a destinazione senza che
l’autista metta mano al volante.
I test condotti sulla Shuto Expressway (la
tangenziale di Gran Turismo, per capirci)
hanno dato risultati eccellenti e la deadline del progetto fissata alle Olimpiadi
del 2020 sembra proprio possa essere
rispettata: chi potrebbe fare di meglio,
forse, sono Elon Musk e la sua Tesla che
per la Model X stanno rilasciando un
aggiornamento firmware che inizia ad
introdurre funzionalità di controllo robotico. Staremo a vedere.
Ecco il pilota automatico di Tesla. Ma senza distrarsi
La macchina effettua operazioni da sola ma non si possono staccare le mani dal volante
T
di Emanuele VILLA

torna al sommario
agli albori e un concetto di guida totalmente autonoma verrà raggiunto solo
più avanti nel tempo. Una volta attivato
il pilota automatico, se il guidatore toglie le mani dal volante verrà avvisato in
ogni modo (indicazione sul display, avviso acustico), ed è anche previsto che la
macchina - di fronte all’assenza di rea-
di Paolo CENTOFANTI
Toyota Highway Teammate
AUTOMOTIVE Tesla aggiorna le Model S americane (poi nel mondo) con la modalità Autopilot
ramite un aggiornamento OTA, disponibile prima per i modelli USA
e successivamente nel resto del
mondo, Tesla attiverà in queste ore la
tecnologia di guida semi-automatica
sulle proprie flagship Model S. Il nome
è tutto un programma: Tesla Autopilot,
ma in realtà chi già si vede attento alla
lettura di un giornare o alla visione di
un film mentre la macchina lo porta a
destinazione dovrà ricredersi. O quanto
meno attendere ancora un po’.
Elon Musk l’ha ripetuto fino allo sfinimento: la modalità Autopilot sfrutterà
sì tutti gli infiniti sensori della macchina per offrire - tra l’altro - una risposta
automatica alle condizioni del traffico
e il cambio di corsia automatico, ma il
conducente non potrà staccare le mani
dal volante nè distrarsi. La tecnologia è
Origami Car
di Lexus
è l’auto elettrica
fatta di cartone
zione del conducente - rallenti e si fermi
autonomamente. Musk ha previsto che
a livello tecnologico nell’arco di tre anni
le automobili ci potranno portare al lavoro in modo del tutto autonomo, ma a
livello legislativo una pratica del genere
potrebbe richiedere molto di più per essere regolamentata.
Avevamo lasciato Lexus alle
prese con il suo skateboard a
levitazione magnetica, e ora
torna a far parlare di se con
un’altra “trovata” del tutto insolita: l’Origami Car. No, non è
un’automobile che si costruisce
da un solo foglio di carta con
l’omonima antica tecnica giapponese, ma è pur sempre una
replica a grandezza naturale
della Lexus IS Saloon completamente di cartone, o quasi visto
che c’è comunque un telaio di
allumino.
L’auto è stata realizzata partendo da 1700 fogli di cartone riciclabile, accuratamente tagliati a
LASER con una macchina apposita dai team creativi di LaserCut Works e Scales and Models.
Tutto è stato ricostruito, dai
pneumatici agli interni e sotto il
cofano di cartone è stato montato un motore elettrico e dei
pacchi batterie, che permettono
di guidare per davvero l’auto.
Peccato solo che con ogni probabilità non è anche impermeabile, altrimenti ci si poteva quasi
farci un pensierino!
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n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST Oltre a 3D Touch e fotocamera da 12 MP, presenti tante altre soluzioni che rendono l’iPhone 6s migliore dell’iPhone 6
iPhone 6s Plus: la rivoluzione si chiama 3D Touch
L’iPhone 6s Plus di Apple migliora il modello precedente sotto diversi aspetti, principalmente la fotocamera e il display
Il 3D Touch promette davvero molto bene e la fotocamera riprende in 4K con una eccellente qualità. Il prezzo, però...
I
di Roberto PEZZALI
l 9 ottobre è stato il giorno dell’iPhone 6S: i due
nuovi modelli di smartphone Apple sono finalmente disponibili nei negozi e negli Apple Store, presi
d’assalto già dalle prime ore dell’alba da coloro che
non possono arrivare a sera senza avere tra le mani
l’ultima meraviglia disegnata a Cupertino. Come suggerisce il nome stesso siamo nell’anno del modello
“s”: l’iPhone 6s Plus che abbiamo provato migliora e
perfeziona quello che è stato lo smartphone più venduto del 2015, senza però alterarne un design che, se
guardiamo ai numeri, è comunque piaciuto. Non bisogna tuttavia pensare all’anno “s” come all’anno delle
poche novità, anzi: Apple ha sempre utilizzato prodotti
come l’iPhone 4s e l’iPhone 5s per introdurre alcune
delle caratteristiche che sono alla base del successo
dell’iPhone. Nel caso dell’iPhone 4s la novità è stata
Siri, per l’iPhone 5s il TouchID: con il nuovo iPhone 6s
Apple vuole rivoluzionare il touchscreen aggiungendo
una terza dimensione al tocco, la pressione. 3D Touch
e la nuova fotocamera da 12 Megapixel rappresentano
le due più grandi novità di questo nuovo modello, ma
Apple non si è fermata qui: sotto la scocca ci sono tantissime piccole migliorie che rendono l’iPhone 6S un
prodotto decisamente migliore rispetto all’iPhone 6.
Il design non cambia, la costruzione sì
Apple non è intervenuta a livello di design: l’iPhone
6s e la sua versione Plus sono praticamente identici
ai modelli precedenti, fatta eccezione per la disponibilità della nuova finitura Rose Gold. Apple prosegue
convinta nelle sue scelte, ma dobbiamo dire che forse
il design dell’iPhone 6 non era tra i più convincenti
degli ultimi anni: le linee plastiche delle antenne, il
trattamento superficiale che rende l’alluminio abbastanza scivoloso e l’obiettivo sporgente erano e restano “nei” che potevano benissimo essere eliminati
o limati. Se il design non ha subìto neppure un ritocco,
a livello costruttivo l’iPhone è decisamente nuovo: per
la scocca unibody è stata usata una lega di alluminio
Serie 7000, la stessa che Apple ha già usato anche
per la versione Sport dell’Apple Watch. Questo gene-
video
Apple iPhone 6s Plus

la
L’iPhone 6s Plus non ha corretto i piccoli difetti estetici dell’iPhone 6, ma resta comunque uno smartphone eccezionale per costruzione,
qualità, velocità e prestazioni. Apple ha posto i mattoni per tecnologie che sicuramente verranno adottate da tutti in pochissimo tempo: il 3D
Touch, in mano agli sviluppatori e con un po’ di fantasia, può davvero rivoluzionare il modo in cui vengono pensate e studiate le interfacce
grafiche. L’iPhone riesce ancora una volta a confermarsi il prodotto da battere in ambito fotografico, e ora al successo contribuisce anche la
fotocamera frontale. Tutto questo ha però un prezzo: 999 euro. Non è un errore: il modello da 16 GB, che costa 100 euro in meno, a nostro avviso non ha proprio ragione di esistere per un utilizzo personale. È perfetto per le aziende, per i negozi, per chi ha bisogno di modelli “demo”,
ma come smartphone per foto, musica e applicazioni non è assolutamente consigliato e costringe ad una serie di sacrifici enormi, dalla
cancellazione delle foto ad un numero limitato di applicazioni. Nonostante le molte novità, chi ha un iPhone 6 può anche tenerselo stretto: 3D
Touch, 4K e prestazioni migliorate non sono un buon motivo per cambiare subito quello che è ancora un eccellente smartphone.
9.2
Qualità
10
Longevità
10
Design
9
Semplicità
10
Costruzione e materiali
COSA CI PIACE Foto e video di eccezionale qualità COSA NON CI PIACE
Esperienza d’uso gratificante
grazie a ottimo S.O.
re di leghe di alluminio, rispetto alle leghe del gruppo
6000 usate sull’iPhone 6 e realizzate con alluminio,
silicio e magnesio, sono pensate per applicazioni aerospaziali e sfruttano legami di alluminio e zinco.
Il risultato è un alluminio decisamente più robusto, anche se leggermente più pesante: tenendo tra le mani
iPhone 6 Plus e iPhone 6s Plus una leggera differenza si sente, anche se l’aumento di peso non è tutto
Apple ha ridotto anche ogni fessura, aumentando
la precisione di lavorazione
torna al sommario
889,00 € b
LO SMARTPHONE È FANTASTICO, MA CHE PREZZO
D-Factor
9
Prezzo
7
Modello da 16 GB senza senso
3D Touch con poche applicazioni
pratiche
Prezzo elevatissimo
imputabile al materiale. L’alluminio resta comunque
scivoloso, motivo per il quale suggeriamo una delle
nuove custodie in silicone, morbide e con ottimo grip.
Restando in tema di resistenza Apple ha adottato anche un nuovo vetro rinforzato: lo zaffiro è ancora troppo costoso, ma con un nuovo trattamento di rinforzo
Apple assicura di aver realizzato il vetro più resistente
mai usato su uno smartphone. Questo “Ion-strenghtened Glass” di seconda generazione viene realizzato
immergendo il vetro in un bagno di sali di potassio a
300°: gli ioni di sodio presenti nel vetro si staccano e
il loro posto viene occupato da ioni di potassio, che
essendo più grandi comprimono il vetro rendendolo
più resistente. Come sempre saranno le prove pratiche a dire se Apple è riuscita a risolvere il problema
della rottura in caduta: tutti i vetri rinforzati, da quelli
Apple ai Gorilla Glass, si sono sempre dimostrati ottimi nelle prove di resistenza alle scalfiture e ai graffi,
ma nessuno di questi è mai riuscito a resistere a certe
cadute, facendo la felicità di Apple Store e riparatori
cinesi vari.
segue a pagina 29 
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MAGAZINE
TEST
Apple iPhone 6s Plus
segue Da pagina 28 
Una nuova dimensione per lo schermo

Apple con l’iPhone ha rivoluzionato l’interfaccia utente degli smartphone: pinch to zoom, gesture e multi
touch sono diventati ormai elementi indispensabili attorno ai quali costruire una applicazione. A 8 anni dal
lancio del primo iPhone, l’azienda di Cupertino prova
ancora una volta a tracciare la strada verso interfacce
utenti più intelligenti e naturali: il “tocco” sullo schermo è limitato, con l’iPhone 6 e il 3D Touch si può dare
forza al tocco, toccando piano oppure premendo forte. L’idea del touch “fisico” non è nuova, ma Apple riesce a renderla mainstream creando il perfetto livello
di interazione tra hardware e software: l’ha già usata
sul nuovo MacBook, l’ha inserita su Apple Watch con
il nome di Force Touch e ora arriva anche sugli iPhone
come 3D Touch. Apple ha cambiato nome perché la
tecnologia non è affatto identica: sul Watch Force
Touch prevede il riconoscimento di una pressione più
forte, mentre sull’iPhone si possono riconoscere circa
256 livelli di pressione differenti, come abbiamo potuto verificare sviluppando un’app custom (sì, si può
usare lo schermo per pesare la frutta).
Lavorando con gli strumenti che Apple mette loro a
disposizione, gli sviluppatori potranno gestire il 3D
Touch in tre diversi modi: uno libero, dove l’intensità
della forza è un valore variabile, Peak and Pop e Quick
Actions. Se la prima modalità è destinata a giochi e ad
torna al sommario
app particolari come quelle di disegno (Note di Apple
è già abilitata a riconoscere i livelli di pressione), Peak
and Pop è quella più interessante per aggiungere interazione alle applicazioni: offre due livelli di pressione predefiniti che corrispondono a due stati differenti,
dove il primo risponde a una pressione leggera per
avere una sorta di “anteprima”, mentre il secondo reagisce a una pressione più forte con il sapore di conferma. “Quick Actions”, infine, prevede una pressione
che genera sulle icone delle app un menù con una
serie di azioni veloci. Per rendere il tocco più realistico, Apple ha aggiunto anche un feedback tattile: non
è convincente come quello del MacBook, ma la sensazione di pressione restituita è comunque buona.
Il 3D Touch ha enormi potenzialità, ma devono essere bravi gli sviluppatori a sfruttarlo trovando soluzioni
geniali per renderlo indispensabile: è infatti molto facile dimenticarsi della sua esistenza. Quello che offre
ora, infatti, sono solo soluzioni rapide per eseguire in
modo più semplice azioni che richiederebbero qualche passaggio in più, ma niente di cui non si può fare
a meno: ricorda un po’ il tasto destro con OSX, averlo
e non averlo cambia poco.
Certi gesti dopo un po’ diventano naturali, ma serve tempo. Inoltre, non tutto reagisce alla pressione:
alcune icone lo fanno, altre no, quindi ad oggi l’uso
del 3D Touch è legato un po’ all’esplorazione e alla
sperimentazione all’interno di una interfaccia che non
offre alcun segno di riferimento. iOS ha sempre avuto
nella coerenza dell’interfaccia uno dei punti di forza:
chi si trova davanti ad una tabella, qualsiasi sia l’applicazione, ha imparato ormai che trascinando verso
sinistra una cella si elimina il contenuto, sia questo
una nota, un appuntamento del calendario o una mail.
Con il 3D Touch invece si fatica a intuire quali sono
gli elementi dell’interfaccia che offrono altre funzioni
se toccati con fermezza, e soprattutto capita che lo
stesso bottone in una applicazione aggiornata offra
opzioni secondarie, in una app invece non compatibile si comporta come si è sempre comportato. Se
Apple ha aggiornato quasi tutte le sue app, gli altri
si stanno adeguando piano piano: Instagram ha aggiunto un paio di funzionalità, ma per il resto ci sono
milioni di app per le quali iPhone 6 e iPhone 6S sono
identici. Peak and Pop è in ogni caso la funzionalità
più interessante: permette di “sbirciare” una mail, un
link o una foto senza effettivamente selezionarla. 3D
Touch ha enormi potenzialità, ed è in grado di trasformare ogni pixel dello schermo in una sorta di tasto
virtuale: Apple ha dato gli ingredienti, ora gli sviluppatori dovranno creare il dolce perfetto. Il menù per
regolare la sensibilità del 3D Touch ed eventualmente
disattivarlo è stato inserito da Apple nel sottomenù
Accessibilità.
Rivoluzionate le fotocamere
Tanti pixel in più e video a 4K
Inutile negarlo: uno dei motivi per i quali molte persone scelgono l’iPhone è la fotocamera. Sul mercato
esistono ottimi smartphone capaci di ottime fotografie, ma il modo in cui l’iPhone, con la sola pressione
di un tasto e senza regolazione, riesce a restituire una
immagine che nella maggior parte dei casi è davvero perfetta ancora non è stato eguagliato dalla concorrenza. Quest’anno Apple ha fatto il grande passo:
upgrade di pixel su tutta la linea, davanti e dietro. A
beneficiare della risoluzione maggiore è soprattutto
la camera frontale iSight: il fenomeno selfie è troppo
importante per essere trascurato, quindi al posto del
modulo da 1.2 Megapixel ora gli scatti della camera
frontali vengono realizzati con una buonissima fotocamera da 5 Megapixel.
Il risultato è qualitativamente ottimo: gli scatti della
camera frontale, oltre ad avere una risoluzione più
segue a pagina 30 
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TEST
Apple iPhone 6s Plus
segue Da pagina 29 
che adeguata, sono anche perfettamente bilanciati,
ben esposti anche in controluce e con una notevole
gamma dinamica. Apple ha pensato anche di sfruttare
il display retina per fare da flash: inutile inserire un
LED come hanno fatto altri produttori, confermando
che l’uso una luce puntiforme su una foto ravvicinata
produce solo disastri, meglio usare lo schermo come
pannello bianco uniforme gestendo anche il punto
di bianco per regolare la temperatura colore. Apple,
avendo pieno controllo sull’hardware, spinge la luminosità del display a un livello tre volte superiore a
quello standard per fornire la luce necessaria ad illuminare un viso a una distanza di circa 70 cm.
Cresce anche la risoluzione della camera posteriore,
quella principale: da 8 Megapixel si passa a 12 Megapixel, e per il modello iPhone 6s Plus ora la stabilizzazione ottica è attiva anche sui video e in ogni
condizione.
La crescita di risoluzione ha portato a una diminuzione delle dimensioni dei pixel, da 1.5µm a 1.22µm,
ma nel complesso la qualità dell’immagine riesce ad
essere migliore. Non c’è una differenza drammatica
come sulla camera frontale, ma nel confronto di qualche scatto fatto con l’iPhone 6 Plus e l’iPhone 6s Plus
si riesce ad apprezzare la migliore risoluzione e il dettaglio del nuovo sensore. Nonostante l’obiettivo non
sia cambiato, ed è lo stesso gruppo da 5 elementi con
lente frontale in zaffiro, ci sembra inoltre che la camera dell’iPhone 6S abbia un effetto bokeh migliore e
soprattutto riesce a gestire meglio la messa a fuoco a
distanza ravvicinata (macro). Difficile dire se l’iPhone
6s abbia una delle migliori fotocamere mai viste su
uno smartphone: altri competitor, dal Galaxy S6 all’LG
G4, in qualche situazione potrebbero offrire scatti
migliori, soprattutto se si sfrutta la modalità di scatto evoluta. Ma la facilità di scatto e la percentuale di
riuscita delle foto scattate con un iPhone è difficile da
raggiungere. Ecco alcune foto che abbiamo scattato:
clicca per Foto 1, Foto 2, Foto 3, Foto 4.
Al cambio delle fotocamere Apple ha accompagnato
anche due novità software: la camera ora può registrare a 4K e soprattutto si possono scattare fotografie animate, le “Live Photos”. Queste ultime non sono
una novità assoluta: l’iPhone tiene in memoria 45 fotogrammi prima dello scatto e 45 fotogrammi dopo
lo scatto, ma al posto di usarli per scegliere la posa
migliore li sfrutta per animare leggermente una foto.
Scorrendo le foto all’interno del rullino la preview è
accompagnata da una breve animazione, ma tramite
3D touch è possibile riprodurre tutta la microscena registrata, audio incluso. L’attivazione della Live Photo
avviene premendo un tasto nella parte alta dell’app
fotocamera, e bisogna avere l’accortezza di tenere
lo smartphone in posizione qualche secondo anche
al termine dello scatto: senza saperlo, molte delle
foto “live” che abbiamo scattato terminavano con lo
smartphone in tasca e nessuna possibilità di “tagliare”
i fotogrammi di troppo.
Le foto animate tengono il doppio dello spazio rispetto a una foto normale: Apple non usa un formato
particolare, ma semplicemente crea, oltre alla foto da
12 Megapixel in formato jpeg, un piccolo filmato MP4
della durata di 3 secondi con lo stesso nome: ci pensa
il software a combinare i due. Queste foto possono
ovviamente essere condivise, ma solo chi ha iOS 9,
ESX El Capitan e Watch OS 2 potrà vederle a pieno:
per tutti gli altri sarà visibile solo il fotogramma principale, fermo. Apple dovrebbe rilasciare anche una
api pubblica per permettere la gestione delle foto sul
web e in app di terze parti, ma al momento non ci
sono notizie.
L’ultima novità è la ripresa 4K: un minuto di filmato tiene circa 300 MB e giustamente Apple non l’ha attivata
di default, la modalità standard resta il 1080p a 60 fps.
In 4K l’iPhone registra video di qualità eccezionale se
si pensa al piccolo sensore, tuttavia è vincolato alla
luminosità della scena: il video di 30 secondi che ab-

Le foto panoramiche hanno una risoluzione ancora maggiore.
torna al sommario
biamo girato con buona luce (clicca qui per il video),
visto su un TV 4K, mostra la qualità del sensore in tutto il suo dettaglio e anche un eccesso di lens flare in
qualche situazione. Purtroppo non si può modificare
la risoluzione all’interno dell’app, si deve tutte le volte passare dal menù impostazioni: un vero peccato,
anche perché l’indicatore di risoluzione in basso a destra era perfetto per una interazione. I filmati in 4K non
possono ovviamente essere visti su TV tramite adattatore HDMI (si ferma a 1080p) e nemmeno tramite
AirPlay: possono essere editati con iMovie sull’iPhone
(e sul 6s è velocissimo) oppure su un Mac, per poi
essere esportati in 4K come file in formato MOV. Ecco
il file da scaricare.
Tecnologia PCI per lo storage
Ma 16 GB non bastano più
Apple ha rifatto all’iPhone 6s anche il “motore”: un
nuovo processore, più memoria RAM e soprattutto
un nuovo controller fatto in casa per le memorie flash
che aumenta in modo considerevole la velocità. L’unico elemento con un segno “-“ davanti è la batteria: la
nuova unità ai polimeri di litio che alimenta l’iPhone 6s
Plus è da 2750 mAh, leggermente più piccola di quella
da 2915 mAh dell’iPhone 6 Plus. Apple, per mantenere
identiche le dimensioni, ha dovuto ritagliare un po’ di
spazio per il nuovo Haptic Engine (che Apple chiama
Taptic), l’elemento che restituisce le sensazioni di pressione, e a farne le spese è stata proprio la batteria. Partiamo però dal processore e dalla memoria: Apple non
entra mai nei dettagli produttivi, si limita a dare qualche
dato: il nuovo A9 è più veloce secondo Apple del 70%
segue a pagina 31 
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Apple iPhone 6s Plus
segue Da pagina 30 

rispetto al modello precedente e ha una GPU veloce
quasi il doppio rispetto a quella integrata nel processore A8. I dati in ogni caso li diamo noi: se il processore
A8 era un dual core a 64 bit e 1.4 Ghz di clock, il nuovo
A9 resta sempre a 64 bit ma si spinge fino a 1.85 Ghz;
la GPU invece dovrebbe essere il modello più avanzato disponibile nel catalogo di Imagination Technology,
la PowerVR GT7600, ma mancano conferme.
Migliora anche l’efficienza dei chip: grazie al nuovo
processo produttivo FinFet Apple ha fatto realizzare
due processori che consumano decisamente meno:
questo non vuol dire che il nuovo iPhone ha una autonomia maggiore, ma semplicemente che Apple aggiungendo feature come il 3D Touch e Siri Always On è
riuscita a ottenere più o meno la stessa autonomia del
modello dello scorso anno. Con l’iPhone 6s Plus, senza
abusare troppo della rete e con Apple Watch collegato,
siamo riusciti ad arrivare a sera senza alcun problema
e con il 30% di carica residua. Riguardo al processore
A9 c’è un piccolo “giallo”: Apple, per soddisfare velocemente molti mercati e aumentare i volumi di vendita,
ha fatto produrre i due chip a due produttori differenti,
Samsung e TMSC, che utilizzano due processi produttivi per i chip differenti, il primo a 14 nm e il secondo a
16 nm. Nonostante numerosi voci parlino di versione
TMSC (quella che abbiamo noi) con una autonomia
maggiore e una maggiore velocità, abbiamo scelto di
non esprimerci sulla questione. Se Apple ha preso la
decisione di tenere due fornitori per i suoi processori,
avrà anche verificato che i due prodotti siano in grado
di offrire più o meno le stesse prestazioni. I benchmark,
per quanto siano ben studiati, non possono mai riflettere condizioni di utilizzo reali. Nei giorni scorsi in ogni
caso Apple ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Con i processori A9 inseriti in iPhone 6s e iPhone 6s
Plus, progettati interamente da Apple, vi trovate davanti ai processori per smartphone più avanzati al
mondo. Ogni processore che usiamo viene approvato
secondo i più alti standard qualitativi Apple per assicurare la migliore performance e la migliore autonomia
a prescindere dal modello di iPhone 6s, della capacità
o del colore. Alcuni ‘test’ che paragonano l’autonomia
spingendo il processore al massimo carico di lavoro
torna al sommario
fino a quando la batteria non raggiunge la sua capacità minima non sono in alcun modo rappresentativi
di un utilizzo reale, in quanto sfruttano il processore
in un livello che mai riflette una condizione che poi si
verificherà. È un modo fuorviante e sbagliato di fare la
misura. I nostri test e i dati dei clienti dimostrano che
l’autonomia degli iPhone 6s e degli iPhone 6s Plus,
tenendo anche conto delle variabili dovute ai diversi
componenti, varia al massimo del 2 - 3% ”.
Abbiamo apprezzato molto il raddoppio della RAM da
1 GB a 2 GB: se l’aumento di velocità dell’interfaccia e
delle applicazioni è impercettibile, l’utente si accorgerà di avere più memoria quando l’iPhone tiene aperti
in Safari molti più tab senza la necessità ogni volta di
ricaricare il contenuto della pagina. Il vero boost prestazionale arriva, però, dal nuovo controller per la memoria: Apple aveva iniziato con il MacBook a costruirsi
in casa il controller SSD, e a quanto pare la tecnologia
viene ora utilizzata anche all’interno degli iPhone 6s.
Utilizzando una piccola app (Performance Test Mobile)
abbiamo confrontato le velocità in lettura e scrittura dei
nuovi iPhone rispetto al modello dello scorso anno, e
il risultato fa impallidire: l’iPhone 6s va quasi al doppio
dell’iPhone 6 in lettura e il doppio in scrittura. Inutile
dire quali siano le implicazioni reali: il caricamento di
applicazioni e giochi è molto più veloce, e si può apprezzare la cosa soprattutto con giochi di grandi dimensioni.
Apple fa bene a non inserire il supporto a una memoria esterna, perché
nessuna memoria potrebbe eguagliare questo disco in termini di prestazioni, ma i 16 GB del modello base
sono davvero troppo pochi per poter
essere presi in seria considerazione.
Apple continua a offrire il taglio piccolo perché esistono clienti, soprattutto
nel mondo business, che non hanno
bisogno di molto spazio, ma un utente
che usa l’iPhone come telefono personale dovrebbe pensare solo al modello da 64 GB.
Il nuovo TouchID è una scheggia
Il processo di revisione dell’iPhone ha coinvolto anche alcuni elementi secondari: il sensore biometrico
TouchID ora è molto più veloce. Non si deve più attendere nemmeno un secondo, basta premere il tasto
Home per trovarsi lo smartphone sbloccato: il TouchID
c’è, ma la sua presenza non si sente. Sembra migliorata
leggermente anche la precisione quando il dito non è
in posizione perfetta, ma fa ancora fatica se invece il
dito è umido o leggermente bagnato. Un’altra novità
riguarda il processore computazionale che gestisce i
sensori: Apple ha integrato nell’A9 un nuovo processore, denominato M9, che si occupa ora anche dell’analisi
vocale. L’iPhone resta così sempre in ascolto, e questo
permette di richiamare Siri con “Hey Siri” in qualsiasi
momento senza necessità di premere tasti o di tenere lo smartphone collegato alla corrente. L’impatto sui
consumi, da quello che abbiamo potuto vedere, è praticamente nullo.
Nuovi anche i moduli di rete: il Wi-Fi, che già dallo scorso anno gestiva le reti Wireless 802.11ac, ora grazie ad
antenne multiple può sfruttare la tecnologia MIMO e
arrivare a 866 Mbps, mentre il Bluetooth è stato portato alla versione 4.2. Una miglioria questa da non sottovalutare: la versione 4.2 di bluetooth oltre ad essere
molto più veloce integra anche la possibilità di comunicazione IP tramite bluetooth, un requisito indispensabile per gli oggetti connessi del futuro. Sulla questione
Wi-Fi va fatta in realtà un po’ di chiarezza: per poter
ottenere la massima velocità serve non basta un access point 802.11ac, ma ne serve uno “wave 2”. Tutti
i prodotti con tecnologia Wireless 802.11ac disponibili
sul mercato e lanciati negli ultimi due anni sono in realtà “wave 1”, e solo negli ultimi mesi qualche produttore sta proponendo access point che rispettano già le
specifiche avanzate “wave 2”. Apple ha giustamente
guardato avanti, ma ad oggi le reti Wi-Fi in grado di
soddisfare la massima velocità del nuovo iPhone sono
davvero poche: nella stragrande maggioranza dei casi
l’iPhone 6s andrà alla stessa velocità di un iPhone 6.
Nuovo anche il modem LTE Advanced: è più veloce e
supporta un numero maggiore di bande.
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19 OTTOBRE 2015
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TEST Abbiamo provato la versione 6.0 di Android, nome in codice Marshmallow: tantissime le novità aggiunte da Google
Android 6.0: più sicuro, ma anche più complesso
Molte novità sono dedicate agli utenti evoluti, importanti miglioramenti sotto il profilo della sicurezza e dell’autonomia
di Roberto PEZZALI
oogle ha reso disponibile sui suoi repository
l’update per la versione finale di Marshmallow,
ovvero Android 6.0 (qui i link per tutti i Nexus).
Nei prossimi mesi i produttori cercheranno di portare
Android 6.0 sul maggior numero di dispositivi possibili,
ma come sempre i primi ad averlo saranno prodotti di
casa Google: non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione
di caricare l’ultima release su un Nexus 5, dopo diversi
mesi di prova della Developer Preview. Abbiamo scelto
di proposito uno dei modelli meno recenti di Nexus:
Android 6.0 promette tanti miglioramenti anche sotto il
profilo della velocità e dell’autonomia e a beneficiarne
dovrebbero essere proprio i prodotti più datati. Google
ha come sempre fatto un ottimo lavoro, anche se non
perde il vizio di guardare con gli stessi occhi sviluppatori e consumatori: Android M aggiunge infatti tantissime novità che gli utenti chiedevano da tempo, ma non
tutto è user friendly come invece accade su sistemi
operativi concorrenti. Abbiamo raggruppato quelle
che a nostro avviso sono le novità più importanti di
Android 6.0, anche se non tutte saranno disponibili per
il mercato italiano. Google Now On Tap, ad esempio,
funziona al momento solo con l’inglese ed è tra tutte le
novità più interessante rivolta al consumatore finale.
G
Le applicazioni sono organizzate meglio
Google ha cambiato il modo di visualizzare le applicazioni installate: basta pagine ma una lunghissima lista
con le applicazioni in ordine alfabetico, accompagnata
da una barra di ricerca che rende facile e immediato
trovare anche l’ago nel
pagliaio. Le applicazioni più utilizzate, inoltre,
vengono tenute in evidenza nella prima riga.
Cambia leggermente
anche la modalità di gestione delle app stesse:
ogni applicazione può
essere spostata su una
delle home disponibili e
raggruppata in cartelle,
ma questa volta dalle
singole home, selezionando un’applicazione
e tenendo premuto, si
può sia rimuoverla che
disinstallarla (se permesso dal sistema).
Google Now On Tap
Utile ma in Italia non va
Una delle novità più pubblicizzate da Google è Now
On Tap: tenendo premuto il tasto home lo smartphone cattura una schermata e la invia a quella che viene
definita Assistant App: l’app di destinazione, in questo
video
caso quella predefinita è Google Now,
analizza la schermata
e propone una serie
di schede con alcuni
contenuti correlati. Per
provare Google Now
On Tap è necessario
cambiare la lingua da
italiano a inglese: solo
così appare il menu di
configurazione che oltre ad attivare il servizio premette anche di
scegliere cosa inviare
e cosa utilizzare come
Assistant App. Qui
Google riesce a esprimere al meglio la sua
volontà di fare un sistema più aperto possibile: le API di
Now On Tap sono disponibili anche per gli sviluppatori
terzi e l’utente può scegliere di usare come Assistant
App, ovvero come applicazione che riceve le schermate inviate, una di terze parti. Potrebbe essere Cortana
se Microsoft lo volesse, oppure Siri: Google imposta di
default Google Now ma poi è l’utente a scegliere cosa
usare. La questione in realtà è abbastanza delicata: tenendo inavvertitamente premuto il tasto Home lo smartphone cattura tutto ciò che è sullo schermo e lo invia a
un server esterno. Questo vale per una mail, una pagina
con codici bancari, una schermata con delle password:
gli sviluppatori di ogni singola app possono in realtà
bloccare l’invio delle schermate, ma come sempre si
tratta di mettere la privacy e la sicurezza nelle mani di
una persona che nessuno conosce e che si spera sia
in grado di fare bene il suo lavoro proteggendo i dati
per l’utente. L’utente può comunque bloccare l’invio di
foto e testi da un menu impostazioni un po’ nascosto:
Google ha scelto saggiamente di lasciare l’ultima parola a chi ha acquistato uno smartphone.
Abbiamo provato Now On Tap e funziona bene: basta una foto di Steven Seagal per richiamare i video
su YouTube e la sua filmografia. Una funzione utile per
lab
chi deve riconoscere cose o volti noti, anche se come
ogni algoritmo dev’essere ben affinato. Google ha una
gerarchia di ricerca in immagini e testi, ma se quando
scriviamo qualcosa nel campo di ricerca stiamo comunicando a Google cosa vogliamo cercare, nel caso di
pagine o di foto è “lui” che deve capire qual è l’elemento che più ci interessa. Una foto di gruppo o un testo
lungo e senza titoli possono infatti disorientarlo portando a nessuna risposta oppure a risposte errate. L’idea
è buona, ma va perfezionata: nel frattempo preferiamo
tenere la lingua italiana, dove Now On Tap non funziona. Tenendo premuto il tasto Home nel nostro caso si
finisce all’interfaccia di Google Now.
È giunta l’ora di un backup completo
Google ha finalmente
aggiunto ad Android
un backup vero: finora,
infatti, il backup si limitava al salvataggio della
lista delle app e delle
impostazioni del telefono, ma con Android 6.0
anche tutte le impostazioni delle applicazioni
vengono memorizzate. L’utente si ritroverà
quindi nelle identiche
condizioni in cui ha lasciato lo smartphone, e
anche migrando da un
telefono all’altro le app
saranno già configurate
per l’uso con gli stessi
permessi, le password
memorizzate e le impostazioni scelte. Il backup viene
ovviamente criptato e inviato a Google Drive senza
consumare lo spazio a disposizione: Google ha comunque messo il limite di 25 MB alla dimensione dei
file di impostazioni delle singole app. Il backup viene
fatto circa una volta al giorno quando lo smartphone
è sotto carica e collegato in Wi-Fi, in modo tale da non

segue a pagina 34 
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n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST
Android 6.0 Marshmallow
segue Da pagina 33 
impattare sull’autonomia. Purtroppo anche la gestione
del backup è nelle mani degli sviluppatori: per poter
essere gestite, le applicazioni vanno aggiornate all’ultimo set di API altrimenti i dati non verranno salvati su
Google Drive. Una cosa un po’ complessa da spiegare
all’utente finale, che potrebbe trovarsi alcune applicazioni con le impostazioni memorizzate e altre invece
ripristinate come se fosse la prima volta che vengono
installate sul telefono.
La SD Card viene vista
come memoria interna
Una SD Card esterna in Android 6.0 può essere vista
anche come spazio di sistema se l’utente lo desidera:
fino ad oggi la SD Card era gestita come una sorta di
spazio esterno con scarsa integrazione rispetto alla
memoria principale ora, invece, formattando la card
come Internal la memoria della card si somma a quella
del dispositivo. Una vera espansione di memoria, una
cosa che serviva da anni e che forse è arrivata tardi:
la maggior parte dei dispositivi Android top di gamma
sono ormai privi di slot SD Card. Purtroppo ne è privo
anche il nostro Nexus 5, e non abbiamo potuto provare questa funzionalità. Per scrupolo abbiamo voluto
fare un tentativo anche con un cavetto USB OTG e una
memoria USB esterna e Android ci ha dato la possibilità di formattazione solo come memoria portatile.
In realtà, secondo la documentazione di Google, Android dovrebbe permettere anche una formattazione
come “Internal”, dove lo smartphone prima cancella i
contenuti e poi, dopo aver abilitato la codifica a 128 bit
dei dati, verifica le prestazioni della card per vedere
se è abbastanza veloce da funzionare come storage
per app e dati. Al termine della procedura è lo stesso
Android a suggerire di copiare su questa nuova porzione di memoria alcuni dati, soprattutto file multimediali e dati accessori. Una gestione interessante, anche
se è bene premettere che così facendo la SD diventa
parte stessa del telefono e non un qualcosa che può
essere rimosso a piacimento dall’utente: chi ha uno
smartphone con slot SD aggiornato a Android 6 potrà
comunque comprare una card veloce da 64 GB e ritrovarsi tra le mani un telefono con 80 GB di spazio da
sfruttare in tutta la sua completezza.
Per chi invece preferisce la soluzione Portable, ovvero
una memoria esterna da gestire come meglio si crede,
Google ha preparato un piccolo file manager integrato:
non è potente come alcune app presenti sullo store di
Google ma permette di cancellare e condividere elementi al volo.
Finalmente arriva la gestione
dei permessi
Con l’arrivo di Android 6 viene risolto anche uno dei
problemi più grandi di Android, ovvero la gestione dei
permessi. Finora quando si installava un’applicazione
dal Google Play Store veniva richiesta in gruppo l’accettazione di tutti i permessi, questione che ha portato
in passato a problemi di sicurezza notevoli, con app
Torcia che chiedevano il permesso di accedere alla
rubrica e al telefono. Ora Google non chiede più i permessi né in fase di installazione né in fase di aggiorna-
mento, ma lo fa solo quando un utente lancia una nuova applicazione. In realtà la gestione è molto granulare:
l’app chiede i permessi fondamentali per l’utilizzo delle
funzioni per cui è pensata, e successivamente chiede
i permessi accessori che riguardano solo alcune delle
sue funzioni. Facebook, ad esempio chiede i permessi
di rete quando si avvia l’app e solo quando si prova
a caricare una foto chiede accesso alla galleria o alla
fotocamera. Se l’utente acconsente il permesso vale
per sempre, se invece rifiuta questo viene considerato
temporaneo: solo ad un secondo rifiuto la scelta viene memorizzata nei permessi dell’applicazione. Niente sfugge al nuovo sceriffo: anche le app di sistema
e quelle pre installate sui dispositivi sono soggette
alla richiesta, mentre restano esclusi alcuni servizi di
sistema. In realtà è possibile togliere i permessi anche
a elementi vitali di Android: c’è un menu dedicato alla
sicurezza dove volendo si può togliere il permesso di
usare il Telefono all’app Telefono: Google avvisa che la
cosa potrebbe portare a malfunzionamenti, ma la possibilità c’è. Non troviamo inoltre tra le autorizzazioni i
permessi per l’uso della rete o del bluetooth, quelli più
delicati: probabilmente ci sono, ma Google ha spezzettato tutte le autorizzazioni in diverse parti del menu di
configurazione, una scelta questa che non rende facile
la vita a chi vuole configurare tutto in modo semplice
e immediato. Inoltre, è bene ricordarlo, la gestione dei
permessi funziona solo per le app che sono state aggiornate alle ultime API: per le app vecchie il sistema
continua a richiedere l’autorizzazione in fase di installazione.
Doze e App Stand By
per migliorare l’autonomia
L’autonomia è uno dei principali problemi degli smartphone, e Google con Android M promette un notevole
aumento della vita media di uno smartphone utilizzando due tecnologie combinate, Doze e App Stand-by.
La prima è una sorta di modalità “aereo” che si attiva
automaticamente quando appoggiamo lo smartphone
su un tavolo o sul comodino e non lo tocchiamo per un
po’: Android, sfruttando i sensori di movimento integrati, capisce quando il telefono non serve all’utilizzatore
e inserisce questa particolare modalità che taglia parte
delle funzioni vitali. L’utente può continuare a ricevere
telefonate, tuttavia l’accesso alla rete è disabilitato e
anche le notifiche: funzionano solo la sveglia e alcuni
messaggi inviati con un livello di priorità elevata. Persino i processi interni di Android vengono bloccati: le
“code” sono sospese fino a quando non si riprende
lo smartphone in mano riattivando automaticamente
tutte le funzionalità. Per capire quanto è efficace Doze
basta dire che siamo riusciti e tenere il Nexus 5 acceso per due settimane sulla scrivania in questo stato di
ibernazione: nessuna paura però non si perde nulla,
perché non appena si impugna nuovamente lo smartphone o lo si muove di qualche centimetro arrivano
tutte le notifiche a pioggia. Android 6 non si limita però
a questo: dopo qualche minuto se una applicazione
non ha scatenato notifiche e non è quella attiva sullo
schermo viene messa automaticamente in uno stato di
stand-by. Una applicazione in stand-by guadagna accesso alla rete solo una volta al giorno per aggiornare
lo stato e tutti i suoi processi vengono fermati: Google
risolve così i problemi di applicazioni che continuano
a macinare dati in background consumando batteria e
traffico. L’utente può comunque scegliere quali applicazioni ottimizzare e quali invece lasciare sempre attiva anche in background. Purtroppo anche qui, come
nel caso della gestione dei permessi, Google rende
le cose poco semplici per un utente “consumer” che
poco sa cosa è un processo, una coda o un framework:
perché tutti i servizi di sistema sono elencati in mezzo
alle app?
App Link, esperienza unica tra app e web
Chi utilizza Google, e si trova spesso a metà tra esperienza web e esperienza app, sa bene quanto siano
fastidiosi i popup che ogni volta che si apre un link
chiedono con quale app si desidera aprire il link selezionato. Google ha risolto brillantemente questa situazione con App Link: i gestori di un sito web potranno
indicare, caricando un file sul loro sito, quali sono le
app predisposte a gestire un determinato link. Se ad
esempio si seleziona un link di Twitter da una mail, il
link aprirà automaticamente l’applicazione Twitter se
questa è installata andando direttamente al contenuto
desiderato. Lo sviluppatore può ovviamente indicare
più app preposte all’apertura di un link, inserendo oltre
all’app ufficiale anche app di terze parti: lo smartphone cerca se sono disponibili, e solo in caso di risposta

segue a pagina 35 
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19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
MOBILE Mossa di marketing per Pepsi: a breve annuncerà il lancio di uno smartphone Android
Ufficiale, arriverà uno smartphone Pepsi
All’inizio sarà disponibile solo in Cina; il partner hi-tech scelto è (probabilmente) Huawei
L’
di Emanuele VILLA
idea bizzarra che circola da qualche settimana è stata confermata
dalla stessa azienda a Reuters: Pepsi, noto produttore di bevande, sta per
entrare sul mercato degli smartphone
Android con un modello che verrà inizialmente commercializzato in Cina ma per
il quale non si esclude una successiva
estensione planetaria.
Perchè un marchio leader di un settore
così diverso decide di entrare nel mercato degli smartphone? Probabilmente
proprio per intensificare la presenza e la
portata del brand in aree del globo dove
l’eterna contesa con Coca Cola non è
a proprio favore (come da noi in Italia,
peraltro). In pratica è un’astuta mossa di
marketing volta a far crescere il brand
Pepsi sfruttando canali innovativi e ancora inesplorati dai propri competitor. Fatto
sta che lo smartphone Android dovrebbe
essere presentato il 20 ottobre, si chia-
merà P1, sarà commercializzato all’inizio
in Cina e ovviamente non sarà realizzato
da Pepsi: nonostante non ci siano notizie
ufficiali in merito, pare che il partner hitech dell’azienda americana sia Huawei.
Discreta la quantità di informazioni tecniche disponibili, che però puntano tutte
verso un terminale di fascia medio/alta,
eventualmente impreziosito da qualche
personalizzazione di Android Lollipop 5.1
e app dedicate: certo è lo schermo da
5,5 pollici con risoluzione Full HD, i 2 GB
di RAM, lo storage a partire da 16 GB e la
fotocamera principale da 13 mpixel, cui si
somma quella frontale da 5 mpixel per i
selfie. Completano il tutto un processore MediaTek octa core da 1.7 GHz e una
buona batteria da 3.000 mAh.
MOBILE
Primi test 5G
Si scarica
a 3,6 Gbps
Huawei e NTT DoCoMo hanno
condotto in Cina i primi test congiunti
della tecnologia 5G in campo aperto
ottenendo risultati a dir poco fantascientifici: 24 apparecchi connessi
con una velocità media di download
di 1,36 Gbps e un picco di 3,6 Gbps.
A tal proposito, il direttore del
progetto 5G della giapponese NTT
DoCoMo, Takehiro Nakamura, ha dichiarato che i risultati raggiunti sono
un risultato eccezionale e molto incoraggiante considerando l’obiettivo di
commercializzare la tecnologia entro
il 2020. Per dare un’idea, un recente
report di OpenSignal ha dichiarato
che la velocità (media) dell’LTE
negli USA è di 10 Mbps, mentre qui
parliamo di un ordine di grandezza
molto superiore, che ci permetterebbe (in condizioni ideali) di scaricare
ogni genere di contenuto in un batter
d’occhio, anche se si trattasse di un
film in 4K.
TEST
Android 6.0 Marshmallow
segue Da pagina 34 
negativa chiede all’utente con cosa si desidera gestire
un determinato collegamento. All’utente va comunque
l’ultima parola: può modificare il comportamento da un
menu dedicato.
Copia e incolla e gestione audio rivisti
Può sembrare ovvio, ma il copia e incolla è una delle
funzioni più utilizzate su un telefono. Google ha migliorato l’interfaccia: ora quando si seleziona un testo
appaiono chiaramente le indicazioni di quello che si
sta facendo: copia, taglia o incolla. Android ha anche
modificato la gestione dell’audio dalla status bar, separando il volume delle notifiche, quello della sveglia
e quello della musica. Android 6 include anche il supporto per i sensori biometrici e tante altre piccole novità. Alcune di queste, in realtà, sono state eliminate
dalle ultime developer preview: il tema “scuro”, utile
per i possessori di uno schermo OLED, non c’è più e
probabilmente tornerà su Android 6.1.
Grandi novità, ma Google dovrebbe
guardare più al consumatore
e meno allo “smanettone”

Android 6.0 è sicuramente un passo avanti in ambito di sicurezza, affidabilità, autonomia e interfaccia,
ma per molti aspetti non riesce ad essere intuitivo
come iOS per un utente che non è un tecnico o uno
sviluppatore. Google gode a illustrare le nuove API
torna al sommario
e tutte le possibilità offerte dai suoi aggiornamenti e
dalle sue migliorie, ma molte di queste sono davvero
difficili da inquadrare. Per un utente inesperto la scelta migliore è lasciare tutto com’è: molte opzioni sono
nascoste nei sottomenu di altri sottomenu, ad alcune
si accede cliccando su un testo e ad altre con l’icona
in alto a sinistra, un mix che non ha sempre un filo
logico da seguire.
L’altro nodo da risolvere è il rapporto strettissimo con
gli sviluppatori: molte delle nuove funzionalità sono
legate alla volontà dei developer di aggiornare le loro
app, e se i big lo faranno, qualche sviluppatore indipendente potrebbe decidere che non gli interessa la
nuova gestione dei permessi o il backup completo.
Questo, ovviamente, genera un comportamento diverso tra app che apparentemente sono identiche,
con l’utente poco esperto che non capisce perché di
una applicazione le impostazioni vengono salvate e
di un’altra invece no. L’esperienza Android stock dovrebbe comunque essere rivolta ad utenti più esperti:
i produttori che aggiorneranno i loro dispositivi potranno supplire a questa “mancanza di organizzazione” con le loro interfacce custom.
Questo è l’ultimo punto da capire: chi riceverà
Android Marshmallow? Molti produttori rilasceranno
nei prossimi mesi gli update, ma come sempre la nuova release di Android sarà “per molti ma non per tutti”.
Un peccato, perché Marshmallow mette la sicurezza
in primo piano e Android, con i frequenti problemi legati a bug e malware, ha sicuramente bisogno di sicurezza e maggiore controllo.
Oltre alla versione Android ora nel menu delle informazioni viene indicata anche la “Security Patch
Level”, con gli aggiornamenti sicurezza separati
dal sistema
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19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST Prezzo compreso tra 329 e 399 euro: vuol dire che OnePlus 2 costa circa la metà di tutti i suoi diretti concorrenti
OnePlus 2 in prova, il flagship killer è tornato
È uno degli smartphone più desiderati tra i modelli Android, lo abbiamo provato in modo intensivo per qualche giorno
C
di Vittorio Romano BARASSI
i sono dispositivi per cui la gente crea code
giorni prima del lancio ufficiale e altri per cui
è previsto solo l’acquisto tramite invito e la cui
coda virtuale è composta da milioni di utenti sparsi
qua e là per il mondo. L’oggetto di questa recensione
è OnePlus 2, smartphone per cui tutti gli Android-addicted farebbero a cazzotti e che a causa della politica (di successo?) adottata da OnePlus stessa, non è
ancora acquistabile liberamente (ottobre 2015).
Per metterci sopra le mani bisogna avere un invito e
anche dopo averlo riscattato è necessario attendere
fino a tre settimane per riceverlo a casa propria. In
alternativa ci si può mettere in coda e aspettare che
sia OnePlus a mandare a voi un invito, ma la coda secondo gli ultimi dati è cresciuta fino a raggiungere i 5
milioni di utenti. Lunedì 12 ottobre, lo smartphone era
acquistabile liberamente per 60 minuti tra le 12.00 e
le 13.00, ma questo non cambia molto la situazione:
OnePlus 2 è roba per pochi.
Lo smartphone è disponibile, per modo di dire, in due
diverse configurazioni: una (White Basic) con 3 GB di
memoria RAM associata a 16 GB di memoria fisica e
una seconda (Sandstone Black Premium), quella da
noi testata in questa sede, da 4 GB di RAM e 64 GB
di ROM. Si parte da 329 euro e si arriva a 399 euro;
questo significa che stiamo parlando di un dispositivo
che, considerando il prezzo di listino (unico dato oggettivo a cui possiamo far riferimento), costa circa la
metà di tutti i suoi diretti concorrenti. Non sono cifre
da urlo come nel caso di OnePlus One che partiva
da 269 euro, ma si tratta sicuramente di un numero
impressionante.
Realizzato con cura
Ma non è un peso piuma

OnePlus 2 si presenta all’utente con una confezione
di vendita compatta ma ben realizzata, di colore rosso
e che, oltre allo smartphone, contiene al suo interno
solamente il caricatore USB bianco con finiture rosse
e il bel cavo USB Type C rosso con dettagli bianchi,
una bella sorpresa che vi eviterà di nell’inserire il
normale cavo micro-USB nel verso giusto. Il connettore USB Type C si inserisce in entrambi i versi nella
porzione inferiore del device ed è decisamente più
comodo.
La prima cosa che si nota una volta estratto lo smartphone dalla confezione è il peso: sono ben 175 i
grammi che OnePlus 2 si porta dietro e nonostante
siano ben distribuiti su tutta la superficie, si fanno
sentire in maniera “importante” in ogni situazione. Il
tutto è giustificato da una costruzione incredibilmente
solida fatta di una scocca in metallo (un mix tra magnesio e alluminio), spessa 9,75 millimetri, e da finiture di ottima qualità; la batteria non è sostituibile ma si
può comunque rimuovere la cover posteriore ruvida,
molto piacevole al tatto e sicuramente anti-scivolo,
torna al sommario
video
OnePlus 2
NON È PER TUTTI, MA A QUESTO PREZZO NON HA RIVALI
399,00 € b
la
OnePlus 2 è un prodotto molto particolare: lo si capisce innanzitutto dalle modalità di vendita e la sensazione diventa ancor più marcata una
volta dinanzi alla confezione di vendita e allo smartphone stesso. È un device molto essenziale nel design e nella filosofia, realizzato con molta
cura sia fuori che dentro. Un display non eccezionale - seppur decisamente buono - non lo fa spiccare nel gruppo dei (ben più costosi) top di
gamma concorrenti ma tutto il resto, NFC a parte, contribuisce a rendere chiaro il concetto: a 399€ non c’è storia. Grazie allo Snapdragon 810
“riveduto e corretto” dagli ingegneri OnePlus, di potenza ce n’è in abbondanza per fare qualsiasi cosa e con 4 GB di RAM per un po’ di tempo
non vi saranno problemi con le app; la fotocamera, nonostante un software decisamente acerbo, è ottima e permette pure di registrare in
4K. Trovare un “pacchetto” così completo, a questa cifra, è praticamente impossibile. I meno smaliziati forse lo “snobberanno”, ma i veri
Androidiani sono destinati a desiderarlo e amarlo alla follia.
8.5
Qualità
8
Longevità
9
Rapporto qualità/prezzo
COSA CI PIACE Potenza in abbondanza
Ottima fotocamera
Design
7
Semplicità
7
COSA NON CI PIACE
per raggiungere lo slot di inserimento delle schede
nano-SIM. Il dispositivo, infatti, è in grado di gestire
- anche molto bene - due diverse SIM, caratteristica
questa molto rara su dispositivi top di gamma e che
potrebbe concorrere ad attrarre moltissimi utenti alla
ricerca di un ottimo device dual SIM.
Sul lato destro sono presenti bilanciere del volume e
tasto di blocco/sblocco mentre sul versante opposto, a sinistra, c’è una pratica slitta che permette di impostare tre
diverse modalità di utilizzo (Tutte le notifiche, Solo interruzioni con priorità e
Nessuna interruzione) da utilizzare nel
corso della giornata a seconda della
situazione. Si tratta di una scelta molto
azzeccata e davvero utile, soprattutto
se siete soliti districarvi tra vari ambienti; la possibilità di essere “disturbati”
solo dai propri contatti preferiti non è
una novità assoluta ma l’opportunità di
poter scegliere con un semplice scatto
sulla slitta è notevole. Il jack audio da
3.5mm è posto nella porzione superiore del dispositivo a fianco di un piccolo
microfono per la rilevazione dei rumori
D-Factor
9
Prezzo
10
NFC mancante
Display non superlativo
Non è per tutti
di fondo mentre in basso, ai lati del già citato ingresso USB-C, vi sono due griglie simmetriche da sei fori
l’una che nascondono un altoparlante mono (a sinistra) e il microfono principale.
Il frontale non presenta tasti fisici ma solo due pulsegue a pagina 37 
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MAGAZINE
TEST
OnePlus 2
segue Da pagina 36 
santi a sfioramento liberamente intercambiabili nella
funzionalità posti ai lati di un terzo comando che, oltre
a fare da tasto home, funge anche da lettore per le impronte digitali. Il sensore biometrico è istantaneo nel
riconoscimento delle impronte (fino a 5) e si è rivelato
molto preciso, perdendo però di efficacia con l’impronta principale dopo un paio di settimane d’uso e
costringendoci alla reimpostazione; magari poi a volte
non basta appoggiare il dito sul sensore e bisogna effettuare una leggera pressione, ma anche questo non
può assolutamente modificare il giudizio su un sistema di qualità. Comodissima la possibilità di bloccare il
dispositivo con un doppio tap sul sensore.
Display nella media
La concorrenza propone di meglio
Per mantenere i costi entro determinati limiti qualche
rinuncia sul fronte hardware andava fatta e forse in
OnePlus hanno deciso di risparmiare qualcosa sul
display. Sia chiaro, siamo di fronte a un pannello di
buona qualità e assolutamente in linea col prezzo del
dispositivo, ma volendo paragonare questo LCD da
5,5 pollici Full HD IPS (401 ppi) con gli analoghi montati sui top di gamma di Samsung, LG, Sony, Apple e anche Huawei (Ndr, veniamo da tre settimane con Mate
S), il display in questione non fa urlare al miracolo.
Non ha una straordinaria risoluzione Quad HD come
alcuni competitor, non propone colori “accesi” come
altri (qui è anche questione di gusti, perché le tonalità
sono naturali) e gli angoli di visione, pur buoni essendo un IPS, non sono eccezionali come in altri casi. Il
contrasto è notevole ma la luminosità massima è tutt’altro che sensazionale, elemento quest’ultimo che
contribuisce a rendere alquanto difficoltosa la lettura
del display in condizioni di forte illuminazione. In linea
generale lo schermo di OnePlus 2 dà il meglio di sé in
ambienti chiusi moderatamente illuminati; quando c’è
bisogno di “sparare” in alto la luminosità, però, soffre
un po’. L’esemplare arrivato in redazione è un modello in serie provvisto di pellicola frontale anti-graffi
pre-applicata con precisione direttamente in fabbrica
(OnePlus, per politica, lo fa su tutti i dispositivi) e forse
anche questo non aiuta il display ad esprimere tutte le sue potenzialità. La protezione è rimovibile ma,
sinceramente, non consigliamo questa operazione
anche perché la pellicola è praticamente invisibile;
gli “allergici” a queste cose possono comunque stare
tranquilli: sotto c’è un Corning Gorilla Glass 4. Presenti ovviamente sensori di prossimità e illuminazione,
come non manca un ottimo LED di notifica multicolore
interamente personalizzabile.
vice ad essere equipaggiato con Snapdragon 810 e,
viste le esperienze degli altri produttori, l’azienda ha
deciso di fare le cose sul serio studiando tutti i modi
possibili per far rendere al massimo il chip di Qualcomm. Nonostante lo scetticismo di molti addetti ai
lavori e di utenti poco fiduciosi, possiamo tranquillamente affermare che OnePlus è riuscita nel suo intento: lo Snapdragon 810 installato all’interno di OnePlus
2 va che è una meraviglia e non arriva mai a scaldare
in maniera importante.
Gli ingegneri sono partiti dalle basi e hanno deciso innanzitutto di ridurre la frequenza degli otto processori:
in questa versione i quattro core Cortex-A53 vanno a
1,56 GHz mentre gli altri quattro Cortex-A57 spingono
fino a 1,82 GHz. A che servono poi otto processori per
navigare col web browser, per vedere le fotografie oppure per scorrere a caso tra i menù? Evidentemente
servono a poco e quindi si è deciso che in condizioni
di normale attività due CPU possono rimanere spente
per poi attivarsi quando è richiesta tutta la potenza di
calcolo. Se a tutto questo ci aggiungiamo il già citato
corpo metallico appositamente disegnato per tenere
a freno i bollenti spiriti dello Snapdragon e pure il display LTPS (acronimo di low temperature polysilicon)
che non si surriscalda neppure in sostenute condizioni di massima luminosità, otteniamo un dispositivo
equilibratissimo che offre tutta la potenza che si può
desiderare senza mettere a rischio di ustione le mani
degli utenti.
Non saremmo sinceri se dicessimo che OnePlus 2
non scalda per niente, ma anche dopo lunghe sessioni di gaming 3D (a proposito, la GPU Adreno 430
garantisce il massimo dei dettagli in ogni situazione)
non si ha mai la sensazione di avere tra le mani un dispositivo che scotta; un po’ di calore lo si percepisce,
ma nulla di più rispetto alla media della categoria. A
scaldarsi, poi, è principalmente la porzione superio-
re del device che, ovviamente, è quella più “lontana”
se si considera il fatto che solitamente il palmo della
mano e le dita sono maggiormente a contatto con la
porzione inferiore dello smartphone. Insomma, il calore è sopra mentre lo smartphone lo si impugna sotto
e qualche fastidio lo si può avvertire solo nella presa
in landscape.
Effettuando qualche test benchmark si capisce benissimo come OnePlus 2 tenda a mettersi in una sorta di
modalità “cooling” dopo un utilizzo prolungato: con
AnTuTu, per esempio, i risultati sono stati piuttosto variegati a seconda delle situazioni precedenti al lancio
del test. Siamo passati da oltre 60000 punti praticamente “a freddo” a poco più di 45000 dopo qualche
sessione più impegnativa.
Oxygen OS è minimal e… velocissimo
Chi ha seguito da vicino la breve storia di OnePlus
ricorderà come su One l’azienda aveva deciso di
proporre una ROM basata su CyanogenMod. Con
OnePlus 2 si è scelto di cambiare strada ed ecco che
questo dispositivo monta praticamente Android 5.1.1
in versione stock (in attesa del già annunciato update
ad Android 6.0), con solo un launcher personalizzato
a ricordare che non si tratta di un Nexus. Per differenziarsi e per sottolineare il lavoro di personalizzazione
e, soprattutto, di ottimizzazione, in OnePlus hanno
deciso di denominare la UI come Oxygen OS, già da
tempo disponibile come “variante” globale per OnePlus One (in contrapposizione alla Hydrogen OS cinese), in versione 2.1.
Oxygen OS è un piccolo gioiello e tutti gli amanti di
Android non potranno fare a meno di adorare questa
ROM. La UI è essenziale, minimal ed è incredibilmensegue a pagina 38 
Lo Snapdragon 810 è imbrigliato
Ma non scalda e va alla grande

Se il seppur buon display non ci ha convinto del tutto,
lo stesso non si può dire del SoC Snapdragon 810 di
Qualcomm che è il cuore di questo smartphone. Nei
mesi passati si è parlato tantissimo dei vari problemi
di surriscaldamento e di throttling che affliggevano
il componente in questione e tuttora le discussioni
sono più aperte che mai. OnePlus 2 non è il primo de-
torna al sommario
4 GB di RAM per Android 5.1.1
sono tanta roba. E con 64 GB di
ROM lo slot micro SD non serve
8 processori ma solo 6 attivi nella
routine quotidiana. Gli altri due si
attivano solo all’occorrenza
4753 punti in Geekbench 3 sono
un ottimo risultato. A caldo però
lo score scende sotto quota 4000
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MAGAZINE
TEST
OnePlus 2
segue Da pagina 37 

te veloce. La versione 2.0 presentava qualche difetto
di gioventù ma la release 2.1 è fulminea e solo di rado,
dopo un po’ di multitasking “aggressivo”, si fa fronte
a qualche minuscola indecisione derivante dalla pressione - o, meglio, dal tap - del tasto home. La navigazione tra i menù è sempre fluida, l’apertura delle app
è istantanea e anche il passaggio tra un’applicazione
ed un altra avviene sempre alla massima velocità e
senza impuntamenti. I 4 GB di memoria RAM della
versione da 64 GB sono una manna dal cielo, garantiscono un’ottima longevità al dispositivo e abbiamo
pochi dubbi sul fatto che anche la versione da 3 GB si
comporti in maniera positiva.
Le opzioni di personalizzazione dell’interfaccia non
sono moltissime ma segnaliamo la possibilità di decidere il numero di app da visualizzare nell’app drawer
e quella di scegliere tra un tema light e uno dark, con
quest’ultimo molto più adatto alle caratteristiche tecniche del display. C’è una modesta selezione di gesture
attraverso le quali interagire con il dispositivo, Google
Now si attiva alla pressione sostenuta del pulsante
Home ed è possibile configurare i due tasti sotto lo
schermo anche ad effettuare un’azione secondaria a
seguito di un doppio tap.
Molto interessante è Shelf, una sorta di dashboard
secondaria posizionata a sinistra del primo desktop e
sulla quale sono visualizzate informazioni sul meteo,
applicazioni e contatti frequenti; si può personalizzare
ulteriormente aggiungendo anche tutti gli altri widget
installati nel sistema.
Non aspettatevi poi di trovare bloatware o famose
applicazioni di terze parti preinstallate a bordo: oltre
al pacchetto di Google Apps c’è solo la tastiera SwiftKey, per molti ormai una feature irrinunciabile che
in OnePlus hanno deciso di rendere disponibile agli
utenti in maniera predefinita. Criticabile è la sola scelta di non preinstallate una vera e propria applicazione
Galleria attraverso la quale navigare tra immagini e
fotografie; l’app Google Foto non è in grado di gestire
al meglio questo compito, il File Manager è poco utile
in tal senso e si è dunque subito costretti a ricercare
sul Play Store un’alternativa.
Sotto il profilo della
multimedialità non ci
sono critiche da fare.
Abbiamo già detto
che la GPU Adreno
430 permette il massimo connubio tra
prestazioni/qualità
in ambito gaming; a
questo ci dobbiamo
aggiungere che il dispositivo non fa fatica a riprodurre filmati in 4K e che offre
un audio superiore
alla media della categoria grazie anche
torna al sommario
alla tecnologia MaxxAudio di Waves. Il sonoro è possente con l’altoparlante principale e
molto limpido - anche se non eccezionale se si ascolta con un buon paio di cuffie come
quelle offerte in dotazione.
Fotocamera promossa
nonostante il software
Come ogni top di gamma che si rispetti anche OnePlus 2 propone un comparto fotocamera degno di questo nome. Il modulo
principale è composto da un sensore OmniVision OV13860 da 13 Megapixel (1/2,6 pollici) messo subito alle spalle di un obiettivo a
sei elementi con apertura f/2.0 e stabilizzazione ottica. Il sistema di autofocus è a laser
e non manca un flash LED dual tone.
Le carte in tavola ci sono tutte e il risultato finale non tradisce le aspettative. OnePlus 2 scatta ottime fotografie che offrono un ottimo livello di dettaglio
e non mostrano segni evidenti di compressione. Se
in condizioni ottimali questo può considerarsi quasi
un risultato scontato, è in condizioni di minore illuminazione che il dispositivo stupisce; le foto vengono
bene anche quando c’è poca luce, meglio ancora se
si usa l’opzione Immagini chiare. Questa unisce 10
scatti effettuati in rapida successione al fine di ottenere una fotografia ben dettagliata e correttamente
esposta. Con l’opzione attiva si notano miglioramenti
anche nelle foto scattate di giorno, riscontrando sempre ottime esposizioni e colori molto bilanciati; l’unico
scotto da pagare è (ovviamente) quello di non poter
riprendere soggetti in movimento, operazione che va
effettuata senza alcuna opzione attiva. Buon lavoro
anche da parte della modalità HDR.
La stabilizzazione ottica fa il suo lavoro egregiamente
ma di sera non aiuta più di tanto per via dell’appena citata modalità di scatto, mentre il sistema autofocus laser fa sì che tutto sia a fuoco in appena 0,2
secondi. Nonostante ci sia una modalità manuale ci
sono ben poche opzioni tra le cui scegliere; l’applicazione Fotocamera è essenzialmente quella stock di
Google e quindi c’è da attendersi molto poco sotto
questo aspetto. Detto ciò, non si può che lodare il
modulo in questione: a questo prezzo, sul fronte foto,
è davvero difficile trovare di meglio e OnePlus 2 se
la gioca alla grande con tutti i vari “big” del mercato. Presenti le modalità panorama e timeshift. Clicca
qui per vedere alcune foto scattate con OnePlus 2:
foto 1, foto 2, foto 3. OnePlus 2 se la cava discretamente anche quando è chiamato a registrare video,
i quali possono essere anche in 4K a 30 frame al secondo (3840x2160 pixel ad un bitrate di poco superiore ai 41 Mbps); i risultati migliori si ottengono nelle
riprese in Full HD che avvengono a 60fps e il risultato
è buono anche a 720p, modalità attraverso la quale
è possibile registrare Slow Motion di tutto rispetto. I
video non impressionano per qualità complessiva e
dettaglio, ma c’è anche da dire che pochi smartphone
sono in grado di offrire un pacchetto migliore.
La fotocamera frontale da 5 Megapixel non sfigura affatto e offre sempre immagini grandangolari di buona
qualità (ma forse la concorrenza qui offre di meglio)
e permette la registrazione di video a 1080/30p e
720/60p. I selfie non saranno mai un problema, anche di sera.
Lunga l’autonomia, ma manca l’NFC
Il parco batterie - integrato, non rimovibile - di OnePlus 2 offre una capacità di ben 3300mAh, quantitativo che si è dimostrato essere più che sufficiente
a garantire al dispositivo in questione un’autonomia
più che dignitosa. Il lavoro di ottimizzazione software
è stato importante e nonostante lo Snapdragon 810
si arriva a termine della classica giornata lavorativa
quasi sempre con un buon 30% di carica residua.
Purtroppo non è presente una tecnologia di ricarica
rapida e per arrivare al 100% della batteria ci vogliono
più di due ore. Nulla di eccezionale anche il consumo in stand-by: arrivando a sera con il sopra citato
30% e tenendo il dispositivo acceso sul comodino si
rischia di perdere un buon 15-20% di batterie senza
praticamente aver fatto niente. Sotto questo aspetto
si poteva lavorare meglio.
OnePlus 2, ovviamente, è uno smartphone 4G (buona la ricezione generale come anche la qualità delle
chiamate, ma abbiamo “sentito” di meglio) e non si fa
mancare Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac, Wi-Fi Direct, DLNA,
GPS/GLONASS e Bluetooth 4.1. Come abbiamo anticipato in precedenza siamo dinanzi ad uno smartphone
dual-SIM in cui la gestione delle due SIM è semplice e
completa. Nessun problema sotto questo aspetto.
Quello che manca è l’NFC, specifica che ormai risulta
essere quasi un must per un dispositivo appartenente
alla fascia alta del mercato. Assenti anche la radio e la
possibilità di ricarica Wireless. Con 64 GB di memoria
ROM a disposizione (di cui circa 53 a totale disposizione dell’utente), l’assenza di uno slot micro-SD passa in secondo piano; discorso diverso se si prende
in considerazione la versione da 16 GB: in quel caso
forse uno sforzo si poteva fare (sacrificando però le
prestazioni).
In ultima analisi segnaliamo che la community Android è già molto attiva nei confronti del dispositivo
in questione. Sui forum più famosi è possibile trovare
diverse ROM personalizzate, anche se quasi tutte le
versioni “custom” in circolazione - ad ottobre 2015 non sono ancora in grado di far funzionare a dovere
il sensore biometrico e l’autofocus laser. Tenetelo in
considerazione.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST Servono solo 39 euro per aggiungere a un vecchio impianto stereo le funzionalità di streaming dei sistemi moderni
Chromecast Audio: streaming facile per tutti
In prova Chromecast Audio, la nuova dongle Google che rende lo streaming in casa davvero facile ed economico
C
di Roberto FAGGIANO
hromecast è un prodotto fantastico, permette di
trasformare un TV in uno streaming display con
una spesa minima, 39 euro. Quest’anno la novità
di Google è Chromecast Audio: il principio è lo stesso ma
al posto dell’uscita HDMI c’è un uscita jack che fornisce
un segnale analogico stereo e un’uscita digitale ottica.
Il cavo jack è incluso all’alimentatore nei 39 euro, sono
da acquistare a parte un eventuale cavo da jack stereo
a RCA e un cavo da jack ottico a Toslink. Chromecast
Audio ha la stessa forma del modello “video”, anche
se Google ha voluto ricordare la vocazione musicale
serigrafando la parte superiore in ricordo del vinile. La
sezione di configurazione è identica a quella della versione video: basta seguire le istruzioni dell’applicazione
per iOS o Android e in pochi istanti Chromecast è pronta per funzionare. Se la versione video è priva di configurazioni, quella audio ha un’opzione selezionabile nel
menù di configurazione, High Dynamic Range: questa
opzione funziona solo sul collegamento analogico e
restringe la dinamica per evitare distorsioni eccessive
su diffusori di pessima qualità. Di default Google lascia
la dinamica compressa e sta all’utente selezionare l’opzione “dinamica piena”; nel caso di connessione digitale l’uscita è sempre a piena dinamica.
Come funziona Chromecast Audio

Chromecast Audio funziona sullo stesso principio di
Chromecast Video: lo smartphone è un telecomando che indica alla chiavetta cosa si vuole ascoltare.
Chromecast Audio funziona praticamente come Spotify
Connect: la musica dalla rete va direttamente al diffusore senza passare dallo smartphone, che può anche essere spento. Spotify Connect è limitato al servizio di musica in streaming, Chromecast invece è una piattaforma
aperta adottata ora anche da Spotify: Chromecast non è
affatto dipendente dallo smartphone o dal tablet: volendo si può lanciare una playlist e uscire di casa, i diffusori
continueranno a suonare. Ecco perché non si può considerare Chromecast un’alternativa agli speaker Bluetooth: questi funzionano con una connessione diretta
tra smartphone e diffusore e soprattutto non richiedono
torna al sommario
una infrastruttura di rete pre-esistente. Chromecast è
un prodotto domestico, e la versione audio è perfetta
per aggiungere servizi di streaming a sintoamplificatori
e diffusori attivi che ne sono privi.
Costruzione identica al video
con un DAC in più
Chromecast Audio costa come Chromecast Video, 39
euro, per un motivo molto semplice: Google ha mantenuto la stessa identica struttura interna. Il processore
Marvell usato è lo stesso che troviamo nella versione
video, e Google ha volutamente rimosso l’uscita HDMI
aggiungendo qui l’indispensabile jack audio. Una differenza c’è: la versione audio ha meno memoria “buffer”
e può contare su un DAC dedicato, un convertitore
AKM 4430ET a 24 bit e 192 kHz. Google ha usato un
prodotto di buona qualità per chi usa l’uscita analogica (quella digitale va diretta) e i risultati poi si sentono.
Sotto il profilo delle app compatibili si possono usare ovviamente tutte le applicazioni che supportano
Chromecast alle quali si aggiunge ora anche Spotify:
molte di queste richiedono tuttavia la sottoscrizione
al servizio Premium. Acquistando Chromecast Audio
Google regala due mesi di Google Play Musica, servizio
che si rivela utile anche per caricare le proprie tracce
sul cloud da utilizzare come sorgente per lo streaming.
Senza un servizio cloud di appoggio, come quello fornito da Play Musica, infatti, per poter ascoltare la musica
di proprietà è necessario usare o una applicazione tipo
“AllCast” per Android, ma in questo caso è lo smartphone stesso a fare da sorgente e non può quindi essere
spento, oppure appoggiarsi ad un NAS sulla rete locale.
Chromecast Audio su Android supporta anche il mirroring: si può estendere l’audio di una applicazione sui
diffusori esterni. Tra i formati supportati da Chromecast
troviamo AAC, MP3, Ogg Vorbis, PCM (wav) e FLAC.
Un ascolto di qualità a un prezzo perfetto
Per la prova usiamo il Chromecast audio collegato al
nostro impianto di riferimento con un cavetto adattatore
da minijack a rca stereo, per l’applicazione compatibile usiamo Allcast e Google Play Music. Dopo qualche
brano MP3 “digerito” con ottime prestazioni sonore,
veniamo a qualche FLAC più impegnativo, spingendoci
fino ai 96 kHz di frequenza limite dichiarati da Google.
Per il prezzo richiesto potremmo anche solo dire che
il Chromecast Audio va benissimo e vale ampiamente il denaro richiesto. Con il succedersi dei brani però
dobbiamo proseguire e ammettere che la “scatoletta”
di Google va oltre le previsioni e la sua resa sonora si
avvicina molto a quella di un player dedicato che può
costare anche (per non dire almeno) dieci volte di più:
si riesce anche ad apprezzare la differenza tra un brano Flac a 44 kHz e uno a 96 kHz. Per trovare difetti
rimuoviamo mentalmente il prezzo dell’oggetto e lo
giudichiamo come un qualsiasi componente hi-fi: solo
a questo punto si può notare una gamma bassa lievemente attenuata, una dinamica non proprio travolgente
o la mancanza di quel dettaglio tridimensionale che i
migliori brani contengono. Chromecast Audio è sicuramente un prodotto suggerito per tutti coloro che hanno
un vecchio stereo con ingressi analogici e vogliono trasformarlo in un impianto per poter ascoltare anche brani in rete. A 39 euro è impossibile trovare di meglio, e
con l’arrivo a breve della funzionalità “multiroom audio”
Chromecast diventerà ancora più interessante.
P5 Wireless.
Abbiamo eliminato
il cavo ma il suono
è rimasto lo stesso.
P5 Bluethooth, musica in mobilità
senza compromessi con 17 ore di
autonomia e ricarica veloce per
performance allo stato dell'arte. La
solita qualità e cura nei materiali di
Bowers & Wilkins adesso senza fili
grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth.
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19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST Sul modello entry level della gamma SUHD di Samsung non manca la piattaforma smart basata su sistema operativo Tizen
Samsung UE55JS8500 in prova: l’LCD buono
Un TV Ultra HD curvo con local dimming, pannello a 10 bit con quantum dots e supporto per i futuri contenuti HDR
di Paolo CENTOFANTI
amsung ha sfornato con il SUHD JS9500 secondo noi uno dei migliori TV top di gamma del
2015. La gamma SUHD comprende però anche
la serie JS8500, che offre comunque caratteristiche di
alto livello seppure con qualche rinuncia per contenere
maggiormente i costi. Per il top di gamma, Samsung
ha praticamente utilizzato lo stato dell’arte della tecnologia LCD, ma questo non vuol dire che non ci sia
qualche ricaduta anche sulla serie inferiore. Il JS8500,
ad esempio, mantiene il pannello “nano crystal colour”,
il nome commerciale scelto da Samsung per descrivere l’utilizzo dei quantum dots. La retroilluminazione
non è più Full LED, ma ritroviamo la tecnologia Micro
Dimming, che poi è come Samsung chiama il local dimming applicato ai LED Edge, seppure meno sofisticata
rispetto alla versione Pro della serie SUHD intermedia
JS9000 (sempre LED Edge). Il pannello è sempre a
10 bit e pronto per l’HDR non appena i contenuti (e le
specifiche finali della UHD Alliance) saranno disponibili. C’è poi la nuova piattaforma Smart TV basata su
Tizen, il supporto per i canali Ultra HD in HEVC e una
completa serie di funzionalità multimediali. Insomma,
anche solo fino allo scorso anno questo avrebbe potuto benissimo essere un TV top di gamma. Vediamo
come si comporta.
S
Design curvo con minime rinunce
rispetto al top
Samsung ha introdotto negli ultimi anni un design
sempre più minimale sui suoi televisori, con il risultato
che a colpo d’occhio è sempre più difficile cogliere le
differenze all’interno della gamma del produttore. E
così a prima vista la serie JS8500 potrebbe poi non
sembrare così diversa: del resto lo schermo è sempre
curvo e la cornice intorno al pannello sottilissima. A
guardare bene poi si nota in realtà che il bordo dello
schermo è un po’ più largo e con finiture più semplici
e che il retro è un pannello in plastica più leggera rispetto al top di gamma, ma il look
& feel complessivo non ne vengono intaccati. Anche
questa serie
video
2.999,00 a
€b
Samsung UE55JS8500T
l
UN BUON TV A CUI MANCA UN PO’ DI GRINTA
Se non ci fossero stati l’eccellente JS9500, e l’appena superiore JS9000, probabilmente questo televisore non avrebbe sfigurato in cima alla gamma di Samsung. Rispetto al top di gamma di quest’anno però, pur offrendo prestazioni di buon livello, il JS8500 non riesce a raggiungere lo stesso
effetto wow. Ovviamente stiamo parlando di un TV che costa praticamente la metà se non di meno, e in quest’ottica non è affatto male. Diciamo
che è un TV buono ma che non eccelle: sul 55” l’Ultra HD rende, ma non stupisce, il local dimming funziona bene, ma lascia la sensazione che si può
fare di meglio, i colori convincono ma l’immagine non “scalda” come forse ci piacerebbe. È “solo” un buon TV e non è detto che sia un difetto.
8.4
Qualità
8
Longevità
10
Funzionalità complete
COSA CI PIACE Buona qualità di immagine
Pronto per l’HDR
Design
8
Semplicità
8
D-Factor
9
Prezzo
8
Local dimming non sempre efficace
COSA
L’interfaccia rende macchinose le operazioni di base
NON CI PIACE Telecomandi poco pratici e mal dimensionati
ha parte delle connessioni audio/video “trasferite” su
un box esterno, One Connect Mini, collegato al TV
tramite un cavo proprietario. In questo caso si tratta di
un’unità molto più piccola e compatta. Qui troviamo in
particolare i quattro ingressi HDMI, due porte USB e
l’uscita audio digitale ottica per il collegamento a un
amplificatore esterno. Sul televisore troviamo invece i
terminali d’antenna, la porta LAN, l’uscita
per le cuffie, gli ingressi video analogici
(via adattatori forniti in dotazione), slot per
moduli Common Interface per i programmi
a pagamento e un’ulteriore porta USB 3.0
da utilizzare anche per il collegamento della
webcam opzionale. Il TV integra il doppio
sintonizzatore DVB-T2 e DVB-S2, con supporto per canali Ultra HD in HEVC.
In dotazione troviamo due telecomandi. Il
primo è quello tradizionale, in plastica e un
po’ sottodimensionato rispetto alla quantità
di tasti che ci troviamo sopra. Praticamente
tutta la superficie è ricoperta da pulsanti che
sono davvero molto ravvicinati tra loro. Il secondo è lo stesso smart remote che avevamo trovato sul JS9500, con giroscopio e il
nuovo layout dei comandi. Come avevamo
già sottolineato in quella prova, i tasti sono
anche qui molto ravvicinati e spesso si finisce per premere quelli sbagliati rendendo
un po’ faticosa la navigazione dei menù.
Avanti con Tizen
Tutti i modelli di smart TV di Samsung del 2015 sono
equipaggiati con la nuova piattaforma basata su sistema operativo di Tizen, che il produttore coreano ha
introdotto da qualche tempo sui suoi dispositivi wearable, e che ora sta sperimentando anche sugli smartphone in alcuni paesi. Da questo punto di vista non ci
sono grosse differenze tra la serie JS9500 e questo
JS8500 e possiamo nuovamente apprezzare la sua
immediatezza di utilizzo e notevole semplificazione
rispetto alla soluzione “multi-hub” dello scorso anno.
Qui c’è un solo “smart hub” con tutte le app e i servizi
disponibili per i TV Samsung, tra cui ora anche Netflix,
in una schermata semplice da esplorare, mentre le app
più utilizzate compaiono nella nuova barra principale
in stile webOS. Siamo ancora alla prima versione di Tizen per smart TV, ma la sensazione è che Samsung sia
sulla strada giusta per quanto riguarda la gestione di
app e servizi web. Sul fronte della “manutenzione” del
TV i controlli continuano a risultare un po’ macchinosi,
come vedremo meglio nella prova d’uso. Aggiungendo la webcam opzionale si abilitano tutte le funzioni di
smart interaction, che permettono di controllare il TV
anche con i gesti e con i controlli vocali. Ci sono poi
tutte le solite funzioni come il lettore multimediale da
periferiche USB, DLNA, screen mirroring da smartphone e tablet, PVR e TimeShift su dischi e chiavette USB.
Un TV completo sotto tutti i punti di vista.

segue a pagina 42 
torna al sommario
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST
Samsung UE55JS8500T
segue Da pagina 41 
video
lab
Smart TV Samsung
Scopriamo Tizen
nelle impostazioni avanzate del menù immagine. Come
si può vedere dal grafico in basso a sinistra, il blu è
addirittura un filo più profondo, il rosso è molto vicino,
mentre al verde manca ancora qualcosa per arrivare a
una copertura completa. Lo spazio colore nativo presenta un gamut molto simile a quello del top di gamma,
segnale che entrambi i modelli impiegano lo stesso tipo
di quantum dots (che Samsung chiama Nano Crystal
Color). Nel complesso però questo JS8500 ci è parso
un po’ più facile da domare in fase di calibrazione. Il rapporto di contrasto, misurato su una scacchiera e dopo
la calibrazione, è di circa 3200:1, con un livello del nero
di 0,04 cd/mq. Curiosamente questo valore è superiore
a quello della serie JS9500, anche se poi in realtà la
resa in termini di contrasto è molto diversa tra i due TV.
Con un po’ di calibrazione
diventa quasi perfetto
Meno sofisticato
Ma sempre un buon LCD
Samsung come al solito mette a disposizione un ridotto numero di profili di immagine pre-impostati, tra cui
quello denominato film che è quello che più dovrebbe
avvicinarsi a una corretta calibrazione video. In realtà la
temperatura colore della scala di grigi di fabbrica rimane un po’ troppo fredda, mentre primari e secondari,
specie a livelli di saturazione intermedi, non sono del
tutto precisi. Samsung mette a disposizione una regolazione fine del bilanciamento del bianco che permette
di avvicinarsi senza troppa difficoltà al riferimento. Ottenere un risultato preciso è reso un po’ difficoltoso dal
fatto che il menù a schermo sembra interferire in minima parte con la misura, il che può rendere il processo di
calibrazione più tedioso del solito. I grafici post-calibrazione sono stati ottenuti dopo la sola regolazione del
bilanciamento del bianco e, come si può vedere cliccando qui, mostrano come primari e secondari vanno
essenzialmente a posto da soli senza bisogno di dover
mettere mano al sistema di gestione del colore, di cui è
Il JS8500 non offre lo stesso sfoggio di tecnologie dell’eccellente SUHD serie JS9500, ma qui la differenza
chiave è soprattutto nella retroilluminazione LED Edge,
con un sistema di local dimming meno sofisticato rispetto a quello del top di gamma. Se quel modello non
sembrava nemmeno quasi un LCD, qui le caratteristiche tipiche di questa tecnologia sono ancora in parte
visibili. Cominciamo con il dire che il TV Samsung si
fa apprezzare per immagini luminose e colori brillanti
con una resa piuttosto naturale e piacevole, e un buon
rapporto di contrasto percepito. Nelle scene luminose
possiamo analizzare il comportamento della retroilluminazione dinamica, che mostra un buon livello del nero
generale ma anche qualche limite nel mantenere una
buona uniformità su tutto lo schermo. In particolare,
nonostante la funzione Cinema Black, che ha l’obiettivo di mantenere le bande nere sopra e sotto il quadro
con i contenuti con rapporto d’aspetto 2.35:1, in alcune
circostanze si nota l’intervento della regolazione dinamica proprio in quei punti. Ciò avviene tipicamente
quando c’è un elemento molto luminoso che si muove
per lo schermo su sfondo più scuro. D’altra parte i LED
sono posti proprio nei pressi delle cornici superiore e
inferiore. L’effetto diventa meno visibile se si imposta
il parametro Smart LED su “massimo”, regolazione che
offre del resto il livello del nero più profondo e nel complesso le prestazioni più convincenti. Il più delle volte le
bande nere appaiono davvero tali anche nella visione
con ambiente oscurato e, nonostante possa rimanere
come un leggero “velo luminoso” sullo schermo nelle
scene più buie, cosa che non accadeva con il modello superiore, la qualità di riproduzione è comunque
davvero degna di nota per un pannello LED Edge. Ci
sono chiaramente delle situazioni limite in cui questo
tipo di local dimming funziona meno bene, come una
luna molto luminosa su sfondo scuro o loghi “sparati”
agli angoli dello schermo, che rivelano qualche alone
di troppo proveniente dal bordo superiore o inferiore
dello schermo. Da notare che l’uniformità e la profondità del nero variano molto in funzione della posizione
dello spettatore rispetto allo schermo: basta essere un
poco fuori asse (sia orizzontalmente che verticalmente) rispetto al centro e il nero comincia a tendere più
verso il bluastro. Rispetto al modello superiore, che offriva un look quasi da display a emissione diretta (tipo
OLED per intenderci), qui ci troviamo di fronte sempre a

comunque dotato il TV Samsung. È solo il rosso a rimanere lievemente meno saturo di quello che dovrebbe
essere tra il 50% e il 75% di saturazione, ma il livello
medio di errore è complessivamente molto basso, il che
rende le deviazioni dal riferimento praticamente al limite del percepibile. Come già il top di gamma della serie
JS9500, anche questo modello può potenzialmente
arrivare molto vicino allo spazio colore allargato DCIP3, che potrebbe venire impiegato nei prossimi formati
per l’Ultra HD (UHD Alliance e Ultra HD Blu-ray). Il wide
gamut si attiva impostando lo spazio colore su “nativo”
torna al sommario
un’immagine contraddistinta da colori brillanti e naturali,
ma che per certi versi colpisce di meno lo spettatore,
quasi più fredda e digitale. La definizione espressa dal
TV è molto buona già nella visione di dischi Blu-ray, e
a dire il vero passando a contenuti nativi Ultra HD non
abbiamo notato questo salto qualitativo così notevole.
Certo si possono apprezzare alcuni dettagli talmente
fini in alcuni filmati che sicuramente in Full HD non si distinguerebbero, ma su questa dimensione di schermo il
passaggio al 4K non suscita mai un vero e proprio effetto wow. Sarà che l’upscaler integrato già produce ottimi
risultati con il Full HD? Questo non vuol dire che non
ci siano vantaggi nell’avere un pannello Ultra HD naturalmente. Lo abbiamo già detto più volte: già con una
diagonale da 55” la matrice di pixel in Full HD comincia
a vedersi, mentre qui è invisibile anche avvicinandoci
allo schermo, e le immagini appaiono compatte e quasi
stampate sullo schermo. Buona la risoluzione in movimento, specie se si attiva il sistema Motion Plus. Qui c’è
una modalità personalizzabile, che consente di attivare
il solo backlight scanning con il grande pregio di eliminare l’effetto telenovela, a fronte di una leggera perdita
di luminosità. Il flickering rispetto al passato è estremamente ridotto ed è l’impostazione consigliata. A parte
i secondi appena successivi all’accensione del TV, in
cui l’interfaccia rimane un po’ ingessata, la piattaforma
smart TV basata su Tizen si conferma snella e veloce.
Purtroppo, come avevamo già sottolineato nella prova
del top di gamma di quest’anno di Samsung, sono le
funzioni di uso più comune a essere molto macchinose:
la gestione dei canali in particolare (specie quelli satellitari), ma anche il formato di schermo, il cambio canale,
la regolazione dei parametri audio e video, richiedono
sempre dei click di troppo del telecomando, smart o no
che sia, con un appesantimento dell’esperienza d’uso
del TV. Peccato.
Per concludere, se per quanto riguarda la visione di
contenuti in definizione standard abbiamo davvero
poco da dire, se non che l’upscaler lavora bene ma è
un po’ impietoso nei confronti della compressione spinta del digitale terrestre, vale la pena segnalare la buona
resa audio degli altoparlanti integrati. Uno dei trend positivi che sta emergendo per il 2015 è il miglioramento
generale della resa sonora dei TV, nonostante permangano gli stessi vincoli dimensionali di sempre. Il TV
Samsung è capace di offrire una significativa presenza
del registro medio/basso e tutto sommato anche una
buona dinamica. Certo i dialoghi sono sempre un po’
inscatolati e le alte frequenze non così pulite e brillanti,
ma siamo lontani anni luce dall’audio “citofonico” che
fino a poco tempo fa eravamo costretti a subire.
n.120 / 15
19 OTTOBRE 2015
MAGAZINE
TEST Abbiamo provato la stampante Epson EcoTank, i serbatoi di inchiostro abbassano i costi se si stampa tanto e spesso
Epson EcoTank: con i serbatoi separati si risparmia
Risultati buoni, ma il prezzo (349 euro di listino) è elevato in rapporto alla qualità di stampa e al livello della costruzione
A
di Roberto PEZZALI
l giorno d’oggi si stampa sempre meno, anche
perché tutto viaggia in digitale: la stampante
tuttavia non è assolutamente morta, anzi, molti
piccoli uffici e molte famiglie hanno ancora bisogno di
una stampante a casa. L’inkjet viene spesso vista come
una fregatura: la stampante costa poco, i serbatoi inclusi sono mezzi vuoti e dopo qualche mese, quando
va comprata una ricarica completa, sono dolori. Epson con la tecnologia EcoTank ribalta il problema: si fa
pagare tanto la stampante, mentre l’inchiostro viene
dato in una bottiglietta che, dopo aver ricaricato i serbatoi, assicura una enorme longevità di stampa, oltre
le 4000 copie in bianco e nero e circa 6500 copie a
colori. Per la ricarica si dovranno poi spendere 10 euro
a boccetta, quindi 40 euro per una ricarica completa (il
prezzo è stato abbassato alcuni mesi fa). Una soluzione
interessante per chi stampa tanto, anche perché come
vedremo questa stampante non è troppo conveniente
per una famiglia che stampa saltuariamente: l’adozione
della tecnologia EcoTank infatti porta come conseguenza un abbassamento della qualità di stampa rispetto ad
una stampante Inkjet magari pensata per la fotografia,
con una testina che non viene cambiata ogni volta che
si sostituisce la cartuccia stessa. Abbiamo provato uno
di questi modelli, per vedere se davvero una soluzione
di questo tipo può far risparmiare soldi a chi ancora ha
bisogno di stampare tanto e non vuole una laser. Una
premessa va comunque fatta: la tecnologia EcoTank è
già vincente sul piano “green” rispetto a quella tradizionale, con i serbatoi vuoti che vanno nella plastica al
contrario delle cartucce tradizionali che sono considerate rifiuto elettronico.
video
Flebo laterale e velocità elevata
Gli inchiostri, nero, ciano, magenta e giallo sono posizionati in un piccolo contenitore a lato. I contenitori
arrivano vuoti e vanno riempiti strizzando (e centrando
il buco) flaconi di inchiostro da 70 ml. Il processo di carica forse è un po’ scomodo, ma poco importa: va fatto
una volta e poi per almeno un anno non ci si pensa più.
Epson ha usato inchiostri diversi da quelli delle solite
inkjet: al posto dei Claria ha adottato una soluzione a
Tra i modelli disponibili della serie EcoTank la L555 è
base d’acqua per aumentare la longevità del prodotto.
quella più cara: il listino fa segnare 349 euro, ma sul
Per provare la velocità di stampa, visto il target del promercato si trova a circa 50 euro in meno. Dovrebbe
essere il modello dedicato alle piccole aziende, un
dotto, abbiamo stampato un documento misto grafica
multifunzione dotato di fax, fotocopiatrice, scanner
testo al 5%, documento campione (ISO IEC 24712 ) che
(1200 dpi) e stampante (5760x1440dpi). La connettività
simula alcune situazioni tipiche di un utilizzo business.
avviene tramite wi-fi o cavo USB, e sembra strano non
La prova è stata fatta nelle tre qualità di stampa, alta,
vedere su un modello di questo livello una connessione
standard e bozza, i risultati sono riportati nella tabella
qui a fianco. La velocità riscontrata
con documenti in bianco e nero è vicina a quella dichiarata, da 9 pagine
Epson EcoTank: prova della velocità di stampa
al minuto a circa 8 pagine, mentre
per i colori si arriva a circa 4 pagine.
Uscita primo foglio
Stampa dei 5 foglio del test
Il tutto con un rumore tutto sommato
contenuto. Per quanto riguarda la
qualità siamo in linea con quella di
Bozza
14 secondi
1 minuto e 9 secondi
una stampante di fascia medio bassa: la risoluzione non è eccelsa e
Standard
15 secondi
1 minuto e 40 secondi
solo in qualità alta il riempimento dei
caratteri è buono. La qualità “standard” comunque si presta bene per
Alta
29 secondi
4 minuti e 36 secondi
stampare presentazioni e dispense.

Niente ethernet e cassetto piccolo
per il modello più “business”
torna al sommario
lab
ethernet, ma va detto che alcuni nuovi modelli appena presentati ne sono provvisti. L’altro limite, a nostro
avviso, è il cassetto di caricamento dei fogli che tiene
“solo” 100 fogli: per una stampante nata per grossi volumi forse era meglio pensare ad un contenitore ben
più ampio. In ogni caso, per chi non ha bisogno del fax,
esiste il modello L355 che costa decisamente meno
pur rimanendo in una fascia di prezzo premium per una
inkjet, superiore ai 200 euro.
Conviene davvero il serbatoio
rispetto alla cartuccia?
La Epson L555 non è un prodotto nuovo, anzi, è uscito
da parecchio tempo e da parecchio tempo abbiamo la
stampante in redazione. L’abbiamo tenuta a lungo per
un motivo molto semplice: volevamo vedere se dopo
5 mesi di inutilizzo le testine e gli inchiostri si fossero
seccati. La stampante EcoTank è destinata a coloro che
stampano ogni giorno, e solo chi la usa parecchio ammortizza i costi, ma potrebbe prenderla in considerazione anche qualcuno che stampa raramente, giusto per
non avere i problemi di dover periodicamente acquistare nuove cartucce. Comunque la risposta è negativa:
avevamo stampato un migliaio di pagine prima delle vacanze, ne abbiamo stampate altrettante in questi giorni
e non abbiamo avuto nessun problema né alle testine
né agli inchiostri. Per una questione economica comunque questa stampante conviene solo a chi pensa di
stampare almeno 7000 pagine miste tra nero e colore:
il costo pagina è bassissimo ma se si acquista una inkjet
da 60 euro restano 300 euro di budget da spendere in
inchiostri. Soddisfacente invece la qualità di stampa per
un uso business: non è pari a quella di una laser ma in
bianco e nero si avvicina molto, e a colori si riescono a
stampare slide e presentazioni con una discreta fedeltà. Non è, e non pretende di esserlo, una stampante
fotografica, per quello si deve guardare altrove (anche
in casa Epson).
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