n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE Infinity più completo 11 canali RAI in LeggieVendi, se riporti La nuova Rai Via la pubblicità l’edicola grazie a nuove HD su Tivusat: ilti giornale 03 da Yoyo e Gulp 07 funzioni 08 Mediaset sveglia! ridà il 50% La RAI ha annunciato, per ora solo agli installatori e antennisti, che presto incrementerà di molto la propria offerta satellitare in alta definizione. A partire dall’inizio del 2016, infatti, inizierà un percorso che in tre tappe porterà entro fine anno ben 11 canali RAI in HD ad essere trasmessi via satellite, il tutto all’interno dell’offerta Tivusat: i cinque canali generalisti, da RAI 1 a RAI 5, RAI News, RAI Sport 1, RAI Gulp, RAI Yoyo, RAI Premium e RAI Movie. Tutti in alta definizione, almeno come messa in onda e – si spera – con contenuti in larga parte HD nativi. È un grande notizia, che non crediamo sia stata diffusa per “mitigare” il clamore riguardante il canone RAI in bolletta: infatti la comunicazione è stata data in via semi-riservata alla conferenza degli installatori Tivusat tenutasi a Bologna senza alcuna volontà – almeno per ora – che trapelasse fino all’utenza finale. La piattaforma già c’è: è Tivusat, che ha superato i due milioni e mezzo di card attivate, ed è gratuita. I canali RAI HD saranno criptati e visibili solo ai possessori dei decoder Tivusat HD e a coloro che inseriranno l’apposita cam nei TV compatibili. D’altronde criptare i contenuti è necessario, sia per contenere territorialmente la visione dei canali, sia per evitare che SKY, come faceva con i canali Mediaset in chiaro, decida di inserire eventuali canali RAI free to air al bouquet di quelli ricevibili con il proprio ricevitore, traendone un indebito vantaggio. Per fortuna c’è già Tivusat pronta all’uso e gratuita per l’utente. Il succo è che finalmente, dopo fin troppi anni di ripensamenti, sembra essere stata imboccata l’unica strada per portare a casa degli italiani un segnale di qualità. Ovverosia, come DDAY. it diceva da tempo, adottare il satellite per le trasmissioni in HD. Infatti il digitale terrestre ha saturato la propria banda e presto lo spettro dedicato a questa modalità di trasmissione verrà ulteriormente ridotto dal passaggio della banda 700 MHz al traffico dati cellulare. Così le parti si invertono: Tivusat, che era nata come soluzione per coloro che non vedevano il digitale terrestre, smette di essere una soluzione di ripiego e diventa invece la prima scelta per coloro che posseggono un TV a grande schermo: assurdo riempire 55 e 65 pollici con i segnali in standard definition. Invece il digitale terrestre rimane solo una piattaforma “di garanzia” per le persone anziane a cui va bene la qualità di oggi. La mossa di RAI segna anche la fine delle “bugie” che tutti gli operatori si sono detti per un po’ sul futuro di DVB-T2, che non c’è, come anche è a rischio (per motivi molto diversi) quello di HEVC. Ironia della sorte, ci troviamo con un obbligo di legge incombente per i TV DVB-T2 e HEVC, mentre forse sarebbe meglio rendere obbligtorio il tuner sat e la compatibilità con la CAM Tivusat. Ora, per un quadro finalmente al passo con i tempi, manca un solo tassello: che anche Mediaset, che peraltro trasmette in HD (quasi sempre solo scalato) su digitale terrestre, si decida a mettere su Tivusat anche i tre propri canali free principali e magari anche gli altri, così da completare un’offerta che in capo a qualche mese potrebbe finalmente essere al passo con i tempi. Il fatto che Mediaset progetti lo sbarco di Premium sul satellite per l’inizio del 2016, fa ben sperare. A questo punto, cadute le difese a oltranza del digitale terrestre, c’è da chiedersi a Cologno cosa stiano aspettando a portarci nel XXI secolo. Come ha commentato un nostro lettore: “Mediaset sveglia!” Gianfranco GIARDINA Canone Rai in bolletta: è deciso Il pagamento del canone Rai con la luce elettrica Pagheranno le famiglie solo sulla casa di residenza 100 euro a rate bimestrali nel 2016 e 95 euro nel 2017 02 11 iPhone 6s e 6s Plus Le tariffe degli operatori Caccia all’offerta: scopriamo quanto costa portarsi a casa gli smartphone Apple con le tariffe degli operatori iPhone 6s Plus: rivoluzione 3D Touch Il 3D Touch in prova promette molto bene Ma il prezzo dello smartphone è da brivido 28 Chromecast audio: musica facile Bastano 39 euro per aggiungere al vecchio impianto stereo la funzionalità di streaming 40 IN PROVA 33 Android 6.0 sicuro ma più complesso 41 Samsung JS8500 L’LCD quasi perfetto n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Presentata dal Premier la legge di stabilità: il Canone Rai finisce in bolletta Canone Rai a rate e in bolletta, è deciso Si pagherà solo sulla prima casa: l’importo scende a 100 euro nel 2016, 95 euro nel 2017 di Roberto PEZZALI L otta all’evasione: pagare meno, pagare tutti: è questo lo slogan scelto dal Premier Renzi su Twitter per promuovere la riforma del canone Rai, inserita nella legge di stabilità. Il canone, come previsto, sarà meno caro e si pagherà in bolletta: se la cifra è sicura, 100 euro nel 2016 e 95 euro nel 2017 contro i 113,50 euro attuali, non è affatto certa la modalità di riscossione, che dovrebbe comunque pagarsi a rate e solo sull’abitazione di residenza, anche per chi è in affitto. A chiarire il tutto ci penserà un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico, atteso nei prossimi 45 giorni. “Pagheranno tutti”, e la Rai porterà in casa 2,2-2,5 miliardi di euro contro gli 1.7 miliardi raccolti nel 2015, un tesoretto che dovrebbe aiutare a ridurre il canone nei prossimi anni e soprattutto faciliterebbe il piano di eliminazione della pubblicità dalle reti destinate ai bambini, come Rai Yoyo e Rai Gulp, e a quella a valenza culturale come Rai Storia. Il nuovo canone sarà cross platform: non lo si pagherà solo per il possesso di un televisore, ma per il possesso di un qualsiasi mezzo che permette di ricevere la Rai, via etere o in streaming: come ha detto Renzi pagano tutti, e non sarà facile dimostrare nel 2016 di non possedere nemmeno un cellulare. Restano comunque alcuni nodi da sciogliere: Assoelettrica è scettica sulla nuova modalità: “Ribadendo la no- stra contrarietà – sostiene Chicco Testa, presidente di Assoelettrica – ricordiamo che il travaso delle competenze Rai nelle fatture comporta numerose difficoltà di ordine tecnico e giuridico. Auspichiamo un costruttivo confronto con operatori e Autorità dell’Energia”. A chi non pagherà il canone, in ogni caso, non verrà staccata l’utenza ma verrà fatta una segnalazione all’Agenzia delle Entrate: per gli evasori previste multe per 500 euro. MERCATO Surface Book sullo Store è sold out L’online Store di Microsoft è stato preso d’assalto e non accetta più prenotazioni di Surface Book, il tablet-laptop presentato pochi giorni fa. Per Microsoft, che sta vivendo un periodo caratterizzato dal forte interesse per i nuovi dispositivi e per il sistema operativo Windows 10, il segnale è chiaro: la strategia di produrre un notebook a proprio nome è una scelta vincente. Surface Book, almeno sulla carta, è un ottimo notebook, che si può trasformare in tablet grazie alla tastiera sganciabile ma che a seconda delle esigenze può essere anche un convertibile. Per tutti i dettagli si rimanda all’articolo DDay del 6 ottobre. La data di lancio del 26 ottobre si avvicina; agli interessati per ora non resta che cercarlo da altri rivenditori oppure lasciare l’indirizzo email e attendere pazientemente di ricevere una notifica circa la nuova disponibilità del prodotto. MERCATO L’Autority emana delle raccomandazioni per limitare il dilagare di offerte truffaldine da parte dei call center Call center “pazzi”: l’AGCOM dice basta e “detta” le regole Se le raccomandazioni verranno recepite, saranno validi solo i contratti con condizioni inviate per posta (anche elettronica) di Gianfranco GIARDINA top al call center “impazzito”: a dirlo è l’AGCOM che ha deliberato delle nuove regole (o meglio “raccomandazioni”) per contenere il dilagante fenomeno dei call center truffaldini che promettono condizioni contrattuali che non rispecchiano il contratto di cui chiedono la sottoscrizione o che “martellano” con chiamate ripetute, forti dell’impossibilità di essere tracciati realmente. I casi sono moltissimi e riguardano contratti telefonici, mobili e residenziali, e utenze luce e gas. Un malcostume che si sta diffondendo a macchia d’olio: DDay.it da tempo denuncia casi di vero e proprio stalking telefonico, come il caso di oltre 40 chiamate ricevute dal medesimo call center in un pomeriggio (video qui). Anche Striscia la Notizia si è occupata recentemente del tema arrivando alle solite conclusioni: si tratta in larga parte di call center esteri che comunicano attraverso numeri solo apparentemente italiani via linee VOIP (cioè via Internet), spesso neppure direttamente incaricati S torna al sommario dalla utility coinvolta ma oggetto di subappalto da parte di agenzie autorizzate. Le indicazioni emesse dall’AGCOM (che speriamo vivamente che vengano considerate “legge” dalle telco e dalle altre utility) stabiliscono alcuni semplici ma cruciali punti: • L’operatore telefonico deve qualificarsi, dare le proprie generalità o il codice identificativo e chiarire immediatamente lo scopo commerciale della propria telefonata. • Nel caso in cui il consumatore sia intenzionato ad accettare l’offerta, l’operatore del call center, deve inviare tutta la documentazione relativa all’offerta stessa, con condizioni e note, al cliente, per posta ordinaria o, previa autorizzazione, anche posta elettronica; in alternativa può mostrarle su un’area privata e intestata all’utente del sito aziendale, a patto che non sia modificabile in un secondo tempo. • Il contratto si ritiene perfezionato solo dopo che il consumatore comunica l’accettazione dell’offerta e dichiara di aver preso completa visione della documentazione contrattuale inviata al punto precedente. Solo da questo momento decorrono i termini per il diritto di recesso. Questo vuol dire che non dovrebbe più essere possibile sottoscrivere offerte di alcun tipo solo per via “verbale”; o meglio, la conferma del consumatore può anche essere verbale e opportunamente registrata, ma le condizioni contrattuali, che sono spesso costellate da note e condizioni, non possono essere semplicemente “raccontate” ma necessitano di opportuna lettura di dettaglio da parte del consumatore stesso In questo modo si spera di porre fine a vere e proprie truffe mascherate da “telemarketing aggressivo” che purtroppo stanno mietendo vittime soprattutto tra le fasce più deboli della popolazione. In più, cercando di mettere fuori gioco i call center meno seri, si prova finalmente ad arginare il fenomeno delle chiamate ossessive e ripetute, stante l’attuale completo fallimento del registro delle opposizioni che – oramai è evidente a tutti – non è certo uno strumento che permette all’utente di difendersi dallo stalking telefonico commerciale. Gli unici dubbi sono legati al potere dell’AGCOM di “pretendere” l’adesione a queste linee guida da parte delle utility: trattandosi di pure raccomandazioni, sembra difficile che tutti si mettano immediatamente in riga, anche se è lecito almeno sperarlo. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MERCATO L’edicola tenta il rilancio: riportando il giornale entro un limite temporale verrà restituito il 50% del prezzo di copertina LeggieVendi: l’edicola restituisce il 50% se riporti il giornale Il giornale viene reso alla stessa edicola da cui è stato acquistato e potrà essere rivenduto come “usato” a metà prezzo di Roberto PEZZALI S tanchi dell’immobilismo del settore, gli edicolanti vogliono dare una scossa per rivitalizzare la carta stampata, sempre più in sofferenza a causa anche dell’arrivo dell’informazione online. Ecco quindi che gli edicolanti appartenenti ai principali sindacati di categoria hanno deciso di lanciare una iniziativa inedita, LeggieVendi: il lettore potrà restituire il giornale o la rivista acquistata nella stessa edicola in cui l’ha comprata ottenendo il rimborso del 50% del prezzo. L’edicola, a quel punto potrà rivendere il giornale come usato a metà prezzo. Fondamentalmente per un consumatore ci sono grandi vantaggi: chi corre in edicola a caccia di notizie fresche potrà beneficiare di uno sconto se divora le notizie, mentre chi non ha tutta questa fretta può trovare un gior- nale quasi nuovo a metà prezzo. Ovviamente esistono dei limiti temporali a seconda del tipo di giornale: un quotidiano va restituito entro le 13, un settimanale entro due giorni e un mensile entro una settimana. ’unica cosa che resta da chiarire è se l’iniziativa sarà valida per ogni giornale e sarà l’edicolante a scegliere quali riviste o giornali gestire con questa modalità, e se ascoltiamo le dichiarazioni del presidente del Sindacato Nazionale Autonomo Giornalai sembra proprio che sia stata scelta la seconda opzione. “Nel deserto di idee che dilaga dagli editori alla distribuzione, al governo è MERCATO Con l’approvazione dell’emendamento “Booking” contattare l’albergo può convenire Prezzi liberi per gli hotel: l’offline vince sull’online Gli hotel possono finalmente praticare prezzi più bassi di quelli disponibili sui servizi online di Roberto PEZZALI L a Camera ha approvato all’unanimità l’emendamento al DDL sulla concorrenza proposto dal deputato PD Tiziano Arlotti e battezzato da tutti “emendamento booking”. Una decisione importante che riguarda proprio la prenotazione degli alberghi tramite siti come Booking.com e Expedia.com: fino ad oggi un hotel, se contattato direttamente o tramite il suo sito, non poteva applicare un prezzo più vantaggioso di quello esposto sui siti di prenotazione online. Un obbligo questo che ora potrebbe cadere: manca ancora una parte dell’iter legislativo, ma l’approvazione all’unanimità è sicuramente un buon segno. “Ho sempre considerato questi vincoli contrattuali alla stregua di un incontro pugilistico, dove salivano sul ring un peso massimo contro un peso leggero. Ma questi vincoli rappresentano anche un limite alla concorrenza e al prezzo finale che viene applicato al turista. Mediamente la commissione delle grandi piattaforme si aggira attorno al 20%. Quindi un onere che grava sull’albergatore e sul cliente e che la Francia (nostra torna al sommario concorrente) ha bandito con l’approvazione della Legge Macron inserendo un apposito articolo nel Codice del Turismo francese lo scorso agosto” ha scritto Arlotti sul suo sito che esalta il successo della sua proposta. “L’emendamento che ho presentato come primo firmatario al disegno di Legge “Concorrenza” per togliere gli iniqui vincoli imposti dagli OTA (Online Travel Agency) che vietano ai titolari di esercizi ricettivi di fare offerte inferiori a quanto contrattualmente pattuito è stato approvato con ben 434 voti favorevoli e soli 4 contrari alla Camera. Un voto che ha raccolto il consenso di tutti i gruppi parlamentari e che elimina il cosiddetto parity rate, ossia le clausole che vincolano gli alberghi a non offrire, sia on line che off line le proprie strutture a prezzi e condizioni migliori rispetto a quelle inserite sui grandi portali di prenotazione delle agenzie di viaggio on line”. Il prezzo degli hotel potrebbe diventare libero, e le associazioni di categoria già applaudono: si potranno contattare direttamente le strutture per spuntare prezzi più vantaggiosi, magari appoggiandosi anche al preventivo che appare su uno dei famosi comparatori di prezzi. Per una volta l’offline trionfa sull’online, e a guadagnarci qui sono solo i consumatori. un modo concreto per trasformare gli edicolanti in concreti piccoli imprenditori”, afferma Armando Abbiati, presidente dello Snag. “Del resto anche la legge ci consente di praticare degli sconti. Quindi, il rivenditore potrà scegliere quale testata includere di volta in volta nell’operazione LeggieVendi. In questo modo pensiamo di contribuire ad aumentare il lettorato, facendo felici anche gli inserzionisti pubblicitari e gli stessi editori”. Sulla stessa linea Giuseppe Marchica, segretario del Sinagi Cgil, afferma che LeggieVendi “spingerà il pubblico a leggere di più e rientrare in edicola”. “Di certo”, aggiunge, “sarà più efficace di operazioni, tipo cut prize, servite soltanto a deprezzare il prodotto”. L’operazione partirà a fine ottobre, al termine di una serie di assemblee sindacali previste al momento a Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma e Napoli. MERCATO Sony taglia il prezzo USA della PS4 L’Europa sarà la prossima? Dopo il taglio di prezzo in Giappone, Sony ha abbssato il prezzo della PS4 anche negli Stati Uniti (e Canada): costerà 50 dollari tondi in meno, sia nella versione stand alone che per tutti i bundle di prossima uscita. Il nuovo prezzo per gli Stati Uniti è dunque 349,99 dollari, che si fa ancora più aggressivo in vista della stagione dei regali natalizia. Ora che il taglio al listino riguarda sia il Giappone che il Nordamerica, non c’è più ragione per non aspettarci una simile operazione anche sul mercato europeo e un nuovo prezzo che dovrebeb attestarsi intorno ai 350 euro. Al momento tutto tace, ma non dovrebbe mancare molto a un annuncio ufficiale. Intanto la battaglia commerciale tra Sony e Microsoft si fa ancora più incandescente. Basterà Halo 5 a fermare l’ascesa di PS4 in uno scontro che fino ad ora ha visto la console Sony saldamente in testa? n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Media World anticipa i festeggiamenti del 25° anniversario con il lancio del nuovo format di negozio. Si parte da Curno Media World cambia, prodotti toccabili e accesi Prodotti e clienti diventano i perni centrali. Tante le novità, dai cartellini elettronici all’area “service” per il supporto tecnico T di Gianfranco GIARDINA ra qualche mese inizierà un anno molto importante per Media World in Italia: la prima catena di elettronica di consumo in Italia si appresta a compiere 25 anni di presenza nel nostro Paese. Era infatti il 1991 quando a Curno, in provincia di Bergamo, apriva il primo di oltre 100 superstore di elettronica con insegna Media World, a quei tempi ancora caratterizzato dai colori arancione e azzurro. Ad anticipare l’anno di celebrazioni e festeggiamenti (e probabili promozioni), che vedranno Media World impegnata per tutto il 2016, arriva il lancio del nuovo layout di negozio che, forse non a caso, debutta proprio a Curno, là dove tutto era partito 25 anni fa. A presentare le novità in una conferenza stampa di lancio tutto il top management della società, rappresentato dal CEO Joachim Rosges, dal direttore degli acquisti Marco Mazzanti e dal COO Mario Di Pilla. Il nuovo format di Media World, già operativo nel negozio di Curno e fra poco più di una settimana anche in quello di Orio al Serio, sempre in provincia di Bergamo, introduce molte novità concettuali e tecnologiche e, alla base del progetto, c’è la volontà, espressa chiaramente dal management, di mettere il “cliente al centro”. Un proposito, questo, formulato da molti ma che raramente trova reale espressione nei fatti: questa volta ci sembra veramente di cogliere degli aspetti molto positivi, a partire dalla consapevolezza – espressa chiaramente dal management, che è necessario investire in formazione degli addetti vendite per garantire un livello di servizio in grado di soddisfare l’aspettativa della clientela. Un negozio più chiaro Sotto tutti i punti di vista Il negozio cambia, dicevamo, e lo fa sotto tanti aspetti. La prima cosa che salta all’occhio è l’aspetto chiaro e pulito, diremmo anche più elegante rispetto al passato, con una netta predominanza di bianco e con tutte le scritte in rosso. I pavimenti completamente rifatti in un materiale più “hi-tech” di quello classico dei centri commerciali contribuisce a questa immagine; l’illuminazione, totalmente rivista in chiave LED, è decisamente migliore di quanto non accadesse con i classici neon. Ma questi sono aspetti che il cliente generalmente non formalizza e che sono forse più legati torna al sommario alla sensibilità degli operatori. E che ci si trovi di fronte a un negozio nuovo lo si capisce subito, sin da fuori: cambia infatti anche l’ingresso, non più “canalizzato” da tornelli e steccati ma del tutto aperto. Un gigantesco portale che invita all’ingresso del pubblico (durante la conferenza stampa con alcune transenne che non ci sono durante l’operatività corrente) sormontato da una super-insegna display che lancia in maniera animata le promozioni più forti del momento. Quello che più conta per il cliente, però, è che cambia l’esperienza di acquisto: muoversi nel mondo digitale, per un cliente, – parole del CEO Rosges – “può essere affascinante ma anche sconcertante”. Per questo nel nuovo negozio Media World il protagonista assoluto sarà il prodotto: via le pareti pieni di loghi dei produttori, una contrazione delle aree legate ai singoli marchi e allestite nelle maniere più diverse. Gli scaffali diventano più uniformi, senza le variabilità dettate dagli espositori dei diversi marchi, cosa che rende molto più facile per l’utente orientarsi tra l’offerta e fare le dovute comparazioni. L’obiettivo – già chiaramente visibile a Curno - è quello di avere tutti i prodotti esposti, tutti “toccabili” e tutti connessi e accesi. Stop alle vetrinette e alle attese, per esempio per vedere un telefonino: tutti gli smartphone, per fare un esempio, sono disponibili per la libera valutazione dei clienti, sono tutti collegati all’alimentatore e tutti “impugnabi- li”, salvo le necessarie misure antitaccheggio. Questo vale per tantissime cateogie di prodotti, anche quelli che spesso nei classici negozi sono acquistabili solo a “scatola chiusa”, come per esempio i “wearable”, di cui c’è una sfilata infinta. E il cartellino diventa elettronico Nel negozio ideale ci vorrebbero molti più addetti vendite per assistere meglio il cliente, ma questo è ovviamente inconciliabile con le marginalità espresse del mercato dell’elettronica, ai minimi di sempre. Per far sì che gli addetti vendita abbiano più tempo per seguire il cliente, Media World ha cercato di limitare il tempo che oggi viene speso in attività di gestione del negozio, come per esempio la gestione dei cartellini prezzo: questi, tra operazioni di ristampa, ritaglio e inserimento nella corretta posizione a scaffale, assorbono una quantità di risorse umane non banali per un negozio che ha migliaia e migliaia di referenze. Per questo Media World ha introdotto per buona parte dei prodotti un cartellino elettronico: si tratta di un vero e proprio display e-ink, che a molti clienti apparirà addirittura come un cartellino cartaceo. Si tratta invece di uno schermo simile a quello degli ebook che può essere modificato in maniera centralizzata dagli uffici e che non necessita di manutenzione segue a pagina 05 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MERCATO Media World cambia i negozi segue Da pagina 04 puntuale e manuale. Di questi cartellini elettronici, nel nuovo negozio di Curno ce ne sono 5000 e non sono solo un vantaggio per i commessi, che perdono meno tempo, ma offrono anche altre possibilità – ci spiegano. Per esempio, in questo modo, il negozio è in condizione di gestire “instant promo”, con prezzi che possono cambiare all’istante, anche in blocco e per periodi anche brevi. Il negozio fisico si avvicina così a quello a cui siamo abituati negli acquisti online. Inoltre tutti i cartellini riportano anche un QRcode che, se inquadrato con lo smartphone (nei negozi c’è comunque una Wi-Fi aperta per il clienti) permette di visitare la scheda del prodotto sul sito di Media World. E qui si apre un altro grande tema, quello dei prezzi: la tendenza, oggi ancora irrealizzabile compitamente, è quella di andare verso un prezzo unico di catena – spiegano i manager Media World: il concetto di “un’azienda, un prezzo”, a prescindere dai negozi e dai canali di acquisito (fisico e online) sta guidando alcune decisioni e la catena si sta attrezzando perché diventi realtà. È chiaro che, in questo contesto, la disponibilità dei cartellini elettronici è fondamentale per poter adeguare i prezzi su tutta la catena. E una certa unitarietà dei prezzi si fa sempre più indispensabile ora che Media World ha implementato su tutta la rete di negozi la politica “pick&pay” grazie alla quale l’utente può acquistare online e ritirare e, se vuole anche pagare, in negozio. Ovviamente i TV sono già dei display e quindi in questo caso non serve avere un cartellino prezzo elettronico: buona parte dei TV esposti nel nuovo negozio Media World sono collegati a una centralina in grado di visualizzare in sovrapposizione alle immagini dimostrative anche un vero e proprio cartellino prezzo digitale sullo schermo, oltre che ad alcune caratteristiche, come per esempio la tecnologia di visualizzazione e il fatto che si tratti o meno di un prodotto novità. Sempre nell’ottica di migliorare il livello di servizio, ora i commessi sono dotati di un tablet con un’applicazione sviluppata ad hoc: questa permette di guidare meglio il cliente tra le caratteristiche tecniche di tutti i prodotti, tra le quali il commesso può navigare al volo, senza dover andare a un PC; inoltre il commesso, per i clienti fidelizzati, può anche verificare gli ultimi acquisti fatti e consigliare sul giusto acquisto per esempio di un accessorio o di un prodotto da connettere, senza che il clienti si ricordi con precisione marca e modello di quanto posseduto. MAGAZINE Il centro servizi con gestione delle code e una tecno-lounge per le attese Una delle novità più interessanti riguarda il centro servizi, gli sportelli a cui i clienti si rivolgono per una serie di attività come l’attivazione di utenze, la richiesta di informazioni, la gestione di problematiche amministrative e così via. Qui si mette fine alle “file all’italiana” con un sistema di gestione elettronica delle code, con emissione del biglietto correlato al motivo della richiesta di assistenza e gestione intelligente delle priorità. Di fronte agli sportelli, se i tempi di servizio dovessero prolungarsi, ci sono un paio di tavoli equipaggiati con tablet per permettere ai clienti di ingannare l’attesa senza dover stare in piedi; forse non a caso l’area in questione è circondata dall’esposizione Nespresso: nei giorni in cui sono presenti i dimostratori, l’attesa può anche essere un’occasione per assaggiare un caffè… A fianco del centro servizi, come anche in altri punti “strategici” del negozio, trova ora spazio uno chiosco interattivo: si tratta di un sistema che permette al cliente, magari in attesa del proprio turno, di avere una serie di informazioni sulla gamma o sui servizi e di interagire con i servizi di fidelizzazione di Media World: così il cliente, per esempio, può verificare in autonomia quanti punti ha sulla propria carta fedeltà o quant’è il credito residuo su una card regalo a scalare. Cambia anche la logica delle casse: non più la classica barriera casse con file separate (e chissà perché si finisce per scegliere sempre quella più lenta). Ora c’è una fila unica e una serie di casse una a fianco dell’altra con i display che richiamano l’attenzione non appena uno sportello si libera. Nasce Media World Service, supporto e servizi tecnici direttamente in negozio Nel nuovo negozio Media World compare anche un’area service: si tratta di uno sportello a cui rivolgersi per alcune attività di supporto tecnico, oltre che per alcune personalizzazioni. Per esempio, è possibile, torna al sommario a prezzi dichiarati, farsi assistere nella prima installazione dei prodotti, nella configurazione hardware e software di un PC o ancora nella configurazione di una casella di posta elettronica: servizi banali per un appassionato ma spesso una vera e propria barriera a un buon utilizzo da parte di un’utenza meno esperta o più avanti con gli anni. I costi sono accettabili: dai 29,99 euro per una prima configurazione ai 9,99 per le altre configurazioni. Interessante poi la possibilità di trasferire, grazie a un apposito strumento hardware e software, tutte le impostazioni da uno smartphone vecchio a quello nuovo, operazione che è ancora un grosso problema per una buona fetta di utenti. Sempre presso il punto Media World Service è possibile farsi stampare “al volo” una custodia personalizzata con l’immagine che si preferisce: una sofisticata stampante provvede all’operazione sia su materiale lucido che opaco. Allo stesso modo è possibile farsi tagliare a perfetta misura e applicare in maniera impeccabile una pellicola protettiva sul display dello smartphone: un database pressoché infinito di specifiche del display permette di realizzare al volo la pellicola perfetta per ogni modello. I centri Media World Service, che debuttano nel negozio di Curno, verranno introdotti via via negli altri negozi anche in maniera indipendente dall’introduzione del nuovo format, e quindi in tempi più contenuti. È solo l’inizio delle novità Arriva un 2016 scoppiettante Per ora queste innovazioni – e tante altre che per motivi di spazio abbiamo omesso – sono disponibili solo in due negozi della catena (Curno e Orio al Serio): chi abita in zona può quindi avere l’occasione di fare un giro e farsi un’idea concreta di come il nuovo negozio Media World possa migliorare l’esperienza di acquisto. Ovviamente man mano che i programmi di ristrutturazione dei negozi andranno avanti, il nuovo format andrà a caratterizzare tutti i negozi, a partire ovviamente dalle prossime cinque aperture che avverranno nei prossimi mesi, per un percorso di revisione che, prima di coinvolgere interamente tutti gli oltre 100 punti vendita in Italia, durerà probabilmente qualche anno. Ma presto arriveranno novità anche per i clienti dei negozi non ancora rinnovati: con il lancio della nuova app, previsto per il prossimo gennaio, il negozio – ci promettono – diventerà ancora più interattivo, addirittura con offerte speciali per i singoli clienti che compaiono sullo smartphone; e questo anche nei negozi Media World “vecchio stile”. E - come dicevamo - il 2016 sarà l’anno del 25° anniversario: “Preparatevi - ci dicono -: ci saranno novità e promozioni per tutto l’anno”. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MERCATO Nuova tegola per le major, un programma promette di distribuire musica gratis in rete Arriva Aurous: è il “Popcorn Time” per la musica Un nuovo lettore audio con un motore di ricerca dà accesso a un mare di contenuti audio di Paolo CENTOFANTI L’ avvento dei servizi di streaming musicale ha fatto per la prima volta calare i consumi di musica pirata via Internet. Per la maggior parte delle persone, fortunatamente, è diventato più semplice utilizzare le offerte gratuite di Deezer, Spotify o alla peggio YouTube, che prendersi la briga di cercare e scaricare qualcosa per “vie traverse”. C’è chi però pensa sia possibile offrire la stessa esperienza d’uso, senza pubblicità o abbonamenti, utilizzando la musica che gira gratuitamente sulla rete. Ecco allora arrivare Aurous, programma appena rilasciato in versione alpha per Windows, OS X e persino Linux, e che gli sviluppatori puntano a lanciare anche su Android, iOS e Windows Phone. Se nel caso di Popcorn Time nel mirino c’era Netflix, qui l’ispirazione, a giudicare dall’interfaccia, sembrerebbe essere soprattutto Spotify. In un’intervista a Billboard, lo sviluppatore di Aurous ha illustrato più nel dettaglio il funzionamento dell’app, specificando che la musica non arriva da torrent pirata, ma da più di 120 Secondo le stime pubblicate da Samsung si profila un incremento sia nelle vendite che nei profitti nel trimestre luglio-settembre A fine ottobre verranno resi noti i dati ufficiali di Andrea ZUFFI sorgenti legali come YouTube e SoundCloud. Il sistema crea un database di link ai contenuti presenti su queste piattaforme tramite le loro API, permettendo di trovarli con il motore di ricerca di Aurous, contenuti che vengono poi distribuiti ai client via protocollo BitTorrent. In ogni caso rimangono dubbi riguardo ai diritti di licenza per i contenuti. I creatori di Aurous dicono che inseriranno dei link ad Amazon, Google Play e iTunes per dare la possibilità di supportare gli artisti e che offriranno un sistema di identificazione dei contenuti per permettere ai detentori di diritti di “gestire” i brani accessibili tramite l’app. Ma affermano anche che la tecnologia utilizzata renderà impossibile bloccare il funzionamento di Aurous e che l’app è a prova di azioni anti-pirateria. Per l’industria dei contenuti non è sicuramente una buona notizia, così come non lo è per il sempre più affollato mercato dei servizi di streaming che ancora devono dimostrare di riuscire a stare in piedi con le proprie gambe. MERCATO Prima causa legale per l’appena nato lettore che offre musica in streaming gratuita Le major non perdono tempo e fanno causa ad Aurous Non tutte le fonti da cui arriva la musica sono legali, per le major c’è violazione di copyright L di Paolo CENTOFANTI e filiali americane delle principali etichette discografiche non hanno perso neanche un minuto e hanno prontamente fatto causa allo sviluppatore di Aurous, il lettore musicale lappena anciato in alpha e che promette streaming gratuito e senza pubblicità di qualsiasi brano musicale. Aurous sostiene di indicizzare semplicemente la musica disponibile su oltre un centinaio di servizi online, utilizzando le rispettive API di ricerca, e quindi di ridistribuire torna al sommario Samsung inverte la rotta Previste vendite e profitti in salita i brani in bittorrent tramite l’app per una questione di efficienza. Stando all’esposto delle major, però, le cose non starebbero esattamente in questi termini. Secondo l’accusa, gli sviluppatori di Aurous “hanno disegnato il loro servizio in modo tale da ricercare e recuperare le copie dei brani specificatamente da un’accurata selezione di fonti online che rinomatamente ospitano musica pirata”. Le major avrebbero determinato che al momento le oltre 120 sorgenti dell’Aurous Network, consisterebbero in realtà solamente di Pleer, un sito russo che diffonde musica pirata. Inoltre, le altre opzioni di ricerca disponibili nelle impostazioni dell’attuale release del software sarebbero altri siti che rinomatamente ospitano illegalmente copie di brani musicali, vale a dire MP3WithMe e VK.com (uno dei principali social network russi). Le major chiedono il sequestro del dominio web, diffidano chiunque dalla distribuzione del software e fissano a 150.000 dollari per ogni singola infrazione di copyright avvenuta tramite l’app, l’ammontare del risarcimento danni. Da parte sua, il creatore dell’app, Andrew Sampson, sostiene che l’azione legale è priva di fondamento e si dice sicuro di spuntarla e sembrerebbe aver vinto anche il supporto da parte dell’associazione Electronic Frontier Foundation. Sarà interessante vedere come andrà a finire. Come di consueto Samsung ha pubblicato i dati orientativi ai guadagni previsti per il terzo trimestre dell’esercizio 2015. Dalle informazioni rese note, il colosso coreano avrebbe stimato di chiudere con vendite per 51.000 miliardi di Won, al cambio attuale pari a circa 43.8 miliardi di dollari e profitti di oltre 7.000 miliardi di Won cioè 6.2 miliardi di dollari. Se saranno confermati nelle prossime settimane, i “numeri” segneranno per l’azienda un ritorno alla crescita nei profitti anno su anno, dopo ben sette trimestri consecutivi di trend negativo. Dal confronto con lo stesso periodo dell’anno precedente risulterebbe un incremento anno su anno intorno al 78 percento. I dati forniti da Samsung non sono accompagnati da alcun commento, anche se non è difficile ipotizzare che tra i fattori responsabili di un aumento così sostanzioso nei conti ci possa essere la decisione di presentare in agosto, con un mese di anticipo rispetto ai piani, due prodotti importanti e molto appetibili come Galaxy S6 Edge+ e Galaxy Note 5. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT Oltre ai canali per bambini, l’intervento potrebbe riguardare anche Rai 5 e Rai Storia La nuova Rai: via la pubblicità da Yoyo e Gulp Il Direttore Generale vorrebbe eliminare la pubblicità dai canali dal forte contenuto editoriale B di Roberto PEZZALI asta pubblicità su Rai YoYo e Rai Gulp, ed è solo l’inizio. Il nuovo direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, si sta davvero impegnando per rendere la TV pubblica più moderna e soprattutto un prodotto migliore dal punto di vista editoriale. Forte dell’esperienza internazionale nel campo delle TV, e grazie anche alla ripartenza del mercato pubblicitario che assicura le giuste coperture, la Rai, secondo alcune indiscrezioni di stampa, sta per mettere in pista il piano che prevede l’eliminazione di ogni forma di pubblicità dai canale più visti da bambini e ragazzi. Una scelta coraggiosa ma necessaria per una TV pubblica: i giovani non sempre sono in grado di distinguere tra contenuto editoriale e contenuto pubblicitario, motivo per il quale è la TV stessa a dover farsi carico della cosa. Siamo solo all’inizio di un percorso che prevede la crescita di tutti i canali Rai di chiaro interesse culturale: Rai Storia e Rai 5 sono altri due possibili candidati per diventare reti senza alcun messaggio pubblicitario all’interno. Si tratta ovviamente di un sacrificio importante per le casse della Rai, anche se l’intera operazione potrebbe essere legata all’aumento del gettito previsto dal nuovo canone Rai, che associando un prezzo più basso ad un livello di evasione ridotto, porterebbe nelle casse della TV pubblica più soldi di quanti ne arrivano ora. Rai sta cercando di guadagnare immagine e soldi anche dalle produzioni originali: Suburra, la serie TV derivata dall’omonima opera cinematografica in uscita a ottobre nelle sale, è stata infatti ceduta a Netflix, operazione che oltre a dare una immagine più internazionale alla nostra TV sicuramente porterà anche dei benefici economici. Resta infine il nodo Rai 4: come avevamo scritto la Rai, dopo aver ottenuto il canale 104 del telecomando Sky, punta a far nascere un nuovo canale sperimentale, con tanta tecnologia alle spalle e dedicato ad un pubblico giovane. ENTERTAINMENT Disney lancia un cofanetto forziere con tutti i capolavori da acquistare in blocco Forziere dei Classici Disney: che pasticcio L’idea è buona, peccato che oltre a mancare dei classici i film siano ancora tutti su DVD di Roberto PEZZALI ervono 400 euro per portarsi a casa la collezione dei Classici Disney in blocco: 52 DVD racchiusi in un elegante cofanetto con le opere numerate e ordinate. L’idea è buona, l’esecuzione invece ha raccolto solo fischi: gli appassionati dei classici Disney ci hanno messo davvero poco ad accorgersi che Disney ha fatto un bel pasticcio: mancano due titoli ufficiali, “Dinosauri (39°)” e “Winnie The Pooh - Nuove Avventure nel Bosco dei 100 Acri (51°)”, ed è stato inserito al loro posto un intruso, ovvero “Uno Zoo in Fuga”, prodotto questo che non fa parte della tradizione Disney ma che rappresenta una distribuzione di un prodotto realizzato da uno studio esterno. Un errore (“orrore” per alcuni) questo che ha provocato anche lo sfasamento della numerazione sulla costina, numeri che forse a molti dicono poco, ma che per un appassionato dei capolavori Disney S torna al sommario hanno un significato molto particolare. Gli sbagli di Disney non si fermano qui: “Musica Maestro”, il classico numero “8”, è stato infatti inserito nel cofanetto con copertina e audio inglese, quando esiste per questa opera un doppiaggio storico con voci famose, come quella di Alberto Sordi. Musica Maestro è stato trasmesso anche dalla Rai con il doppiaggio italiano, quindi non si capisce per quale motivo Disney abbia preso il DVD inglese e lo abbia inserito nel cofanetto senza realizzare l’edizione italiana. L’assenza di un particolare anniversario e la vicinanza con le feste natalizie lascia pensare che Disney abbia solo voluto realizzare una operazione di marketing spilla-soldi usando prodotti che già ave- va, senza preoccuparsi troppo del contenuto ma solo dell’aspetto. Quello che però più infastidisce è portarsi a casa per 400 euro vecchi DVD a definizione standard, senza neppure la possibilità di avere per alcuni film la doppia edizione DVD/Blu-ray: lasciarlo sugli scaffali a far polvere è forse il modo migliore per far capire che capolavori come i Classici Disney meritano anche un trattamento di un certo livello, e il DVD dovrebbe essere solo il “piano B”. Mediaset Premium oltre le attese Sono 112.000 gli abbonati “Champions” Gli abbonati dopo tre mesi di “nuova Premium” sono a quota 1.815.000, 112.000 in più rispetto al 30 giugno L’obiettivo di 200.000 abbonati in più alla fine del semestre è possibile di Roberto PEZZALI Sono stati comunicati i numeri Mediaset e sono positivi: il bilancio abbonati dopo soli tre mesi di campagna “Champions League” è in crescita, con 112.000 nuovi clienti da giugno, quando la lancetta indicava 1.703.000. Mediaset si era data un obiettivo nel semestre, 200.000 nuovi abbonati, e il dato del trimestre estivo va già ben oltre la metà del target finale. Le sottoscrizione del mese di ottobre, inoltre, sembrano andare piuttosto bene, segno che forse qualcuno si è stancato di cercare alternative illegali e preferisce la comodità, la versatilità di un abbonamento cross platform e la telecronaca in italiano. Secondo Mediaset la crescita dei clienti porta a due conseguenze positive: l’aumento delle acquisizioni di nuovi contenuti per poter essere più competitiva sul mercato e ovviamente l’incremento dei ricavi medi per abbonato, conseguenza di un prezzo più elevato del pacchetto preferito. Si spera, a questo punto, che il successo spinga Mediaset a proporre qualche partita che fino ad oggi era esclusiva anche in chiaro. . n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE ENTERTAINMENT L’arrivo di Netflix inizia a portare i suoi frutti: la concorrenza si “sveglia” Infinity lancia nuove interessanti funzioni Cinque profili personalizzabili e funzione “Watch Next Episode”: ora Infinity è più completo di Paolo CENTOFANTI Iniziate le trasmissioni sul satellite Astra di INSIGHT, un canale gratuito in Ultra HD La programmazione comprende documentari e reality show prodotti in 4K a 50 fotogrammi al secondo e in HEVC M anca poco all’arrivo di Netflix e Infinity si aggiorna, guadagnando una serie di funzionalità che assomigliano molto a quelle già presenti sulla piattaforma di streaming americana. La prima è l’opzione di profilazione: adesso è possibile abbinare ad un’unica sottoscrizione ben cinque profili diversi, uno per ogni membro della famiglia, grazie ai quali il motore di raccomandazione di Infinity riuscirà a essere più preciso nel suggerimento dei contenuti da vedere ogni volta che il singolo utente effettua il login. Con una library decisamente ampia l’efficacia del motore di raccomandazione è fondamentale e Netflix, su questo, al momento è imbattibile. Sempre in scia alla piattaforma del colosso americano arriva anche la funzione Watch Next Episode: finalmente si può passare direttamente da una puntata di una serie alla successiva senza bisogno di alcuna azione da parte dell’utente. Gli utenti iOS potranno inoltre acquistare Infinity direttamente all’interno dell’App Store utilizzando l’account iTunes: il servizio sarà momentaneamente disponibile solo su iOS, ma presto verrà esteso anche agli altri sistemi operativi. Abbiamo sempre detto che l’arrivo di Netflix avrebbe fatto bene alla concorrenza e questi cambiamenti in Infinity lo dimostrano: si spera che ora anche la qualità dei contenuti faccia un salto in avanti, con Netflix che spinge molto su HD e 4K. Su questo aspetto, in realtà, il salto dovrebbe farlo Sky Online, ancora fermo alla standard definitionata. ENTERTAINMENT Alcuni capolavori del catalogo Fox andranno in esclusiva su TIM Vision TIM Vision si prende alcune esclusive Fox Si tratta di film abbastanza recenti, alcuni non potranno passare nemmeno sulla pay TV T di Roberto PEZZALI IM ha delineato alcuni dettagli dell’accordo firmato qualche mese fa con Twentieth Century Fox: alcuni film in esclusiva, mai usciti in TV, saranno visibili solo su TIM Vision. Prosegue così a colpi di esclusive la frammentazione dell’offerta cinema, con i diritti di film e case cinematografiche divisi tra pay TV e servizi di streaming. I film che TIM Vision porta a casa fanno parte di un pacchetto che Fox ha distribuito in Italia nel 2012 e 2013, per alcuni di questi TIM si è aggiudicata l’esclusiva totale: non potranno essere trasmessi né in pay TV né da altri servizi di streaming. “L’intrattenimento digitale sta vivendo un grande fermento e la crescente competizione del mercato ci porta a volere offrire ai nostri abbonati dei servizi SVOD non solo con il meglio del cinema di catalogo ma anche film più recenti - ha dichiarato Daniela Biscarini, Responsabile Multimedia Entertain- torna al sommario Debutta su Astra INSIGHT Canale Ultra HD gratuito ment di Telecom Italia - Grazie all’accordo con Twentieth Century Fox, tra i leader del settore, abbiamo l’opportunità di arricchire TIMvision con titoli in esclusiva che non sono stati ancora visti sulla TV free.” Tra i film ci sono “Lincoln” di Steven Spielberg, “Vita di Pi” di Ang Lee, “I sogni segreti di Walter MItty” con Ben Stiller, “Il Cigno Nero” con Natalie Portman e “Marigold Hotel” con Judy Dench, ma la lista è molto lunga. Ormai si è capito: un appassionato di cinema non può abbonarsi ad un solo servizio streaming se vuole un catalogo soddisfacente. di Paolo CENTOFANTI L’arrivo di un nuovo canale TV in chiaro con intera programmazione in Ultra HD fa sicuramente notizia. Stiamo parlando di INSIGHT, canale che ha avviato le trasmissioni in Ultra HD su satellite Astra (19,2° est), realizzato da TERN (Television Entertainment Reality Network). La rete descrive la propria programmazione come votata al “factual entertainment”, vale a dire reality show e documentari di vario genere, nel caso di INSIGHT principalmente sportivi e a carattere “sensazionale” verrebbe dire, dando uno sguardo al palinsesto. Per ricevere INSIGHT, oltre a un impianto satellitare puntato su Astra o dual feed, occorre un televisore Ultra HD con sintonizzatore compatibile con le trasmissioni HEVC. I parametri per la sintonizzazione sono i seguenti: • Transponder: 1.097 • Frequenza: 12.344 MHz (orizzontale) • Symbol rate: 30.000 • FEC: 2/3 Il canale è disponibile anche in streaming via web sul sito ufficiale, il che rende piuttosto immediato farsi un’idea della programmazione di INSIGHT ed eventualmente valutare se aggiornare il proprio impianto satellitare per riceverlo. Serie S78 / Ultra HD 50” / 58” Immergetevi in una nuova esperienza ! Avvicinatevi al vostro grande schermo UHD e tuffatevi in un’immagine di una ricchezza incredibile di dettagli. Un’immagine che non è mai stata cosi profonda grazie alla precisione dei contorni, anche nei dettagli più lontani. Un’immagine che non è mai stata cosi realistica grazie alla nitidezza dei colori. Ammirate la perfetta fluidita del movimento, resa possibile dalla tecnologia Clear Motion Index 800 Hz. ww.tcl.eu/it n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TV E VIDEO HDMI annuncia un nuovo programma di certificazione e un bollino per i cavi 4K Bollino cavi 4K: HDMI ci vuole “spennare” Una mossa puramente commerciale: un cavo da 3 euro basta e avanza, lo dice HDMI stessa H di Roberto PEZZALI DMI lancia una nuova certificazione: si chiama Premium HDMI Cable Certification Program e vuole premiare con un bollino 4K i cavi che secondo una serie di analisi sono in grado di fornire una “piena esperienza 4K”. Il bollino sarà particolare: un codice QR, leggibile da una applicazione per smartphone, identificherà i prodotti originali differenziandoli da quelli che si fregiano del logo HDMI senza aver però pagato la certificazione. I partecipanti al programma, ovvero i produttori di cavi, dovranno inviare i vari modelli ad una serie di laboratori certificati per l’approvazione, anche se come sempre crediamo che il rilascio del bollino sia legato al pagamento di un corposo obolo alla HDMI Association. I test, secondo il consorzio, servono per verificare che un cavo possa davvero gestire i 18 Gbps di banda richiesti dalle specifiche HDMI 2.0, indispensabili per video in formato 4K/UltraHD, per l’HDR e per i metadati aggiuntivi del Wide Color Gamut. L’operazione messa in piedi da HDMI tuttavia non è molto credibile: per supportare il 4K e tutte le specifiche richieste basta un cavo da 5 euro High Speed. A dirlo non siamo noi, è il sito HDMI stesso nella sezione FAQ: “Does HDMI 2.0 require new cables? No, HDMI 2.0 features will work with existing HDMI cables. Higher bandwidth features, such as 4K@50/60 (2160p) video formats, will require existing High Speed HDMI cables (Category 2 cables).” I cavi HDMI ormai sono tutti uguali: sulle lunghe distanze un cavo con una buona schermatura fa la differenza, ma su di- stanze ridotte, meno di due metri, siamo pronti a scommettere che un qualsiasi cavo, sempre che non sia un prodotto davvero scadente e non schermato, non abbia nessun problema a visualizzare segnali 4K a 60p. Il nuovo bollino non solo confonde le idee, ma crea una nuova categoria di cavi 4K “Premium” costosi e inutili e che non ha proprio senso di esistere: tutti i cavi High Speed sono 4K. Infine, è sempre bene ricordarlo, un cavo HDMI costoso e “Premium” non si vede meglio: chi racconta certe storie è in malafede. TV E VIDEO Loewe annuncia la disponibilità del TV Reference anche in versione extra large Il riferimento 4K di Loewe ora è anche 85 pollici È dotato di pannello Ultra HD, soundbar integrata e naturalmente sfoggia un design “unico” di Paolo CENTOFANTI oewe ha annunciato l’arrivo del nuovo top di gamma Reference 85: un TV con schermo da ben 85 pollici (216 cm) di diagonale, il che ne fa il televisore più grande mai proposto da Loewe. Come la versione da 55 pollici, anche questo nuovo modello si contraddistingue per la qualità dei materiali e la cura delle sue finiture: vetro, alluminio e tessuto tecnico. Reference 85 è disponibile in quattro le varianti di colore (alluminio argento, alluminio nero, bianco Laccato e Dark Gold), mentre il tessuto della griglia degli altoparlanti è personalizzabile. Il TV integra infatti una vera e propria soundbar stereo, contraddistinta dall’utilizzo di 8 altoparlanti in configurazione bass reflex e alimentati da un amplificatore a due canali da 120 Watt complessivi. Il sistema audio integra il decoder multicanale 5.1 che permette, come consuetu- L torna al sommario dine Loewe, di estendere l’audio con ulteriori diffusori per realizzare un vero e proprio impianto home theater intorno al TV. Il pannello LCD è naturalmente Ultra HD (3240x2160 pixel), come tutto il resto della gamma Loewe di quest’anno, e il TV offre i classici cavalli di battaglia del marchio: sintonizzatori digitale terrestre e satellitare multipli, ora con il supporto anche la codifica HEVC, hard disk integrato da 1 TB per le funzioni di PVR e Time Shift, funzionalità Smart tv2move per riprodurre anche i canali live dal sintonizzatore integrato in streaming su smartphone e tablet tramite l’apposita app, lettore multimediale, piattaforma smart TV e, per sfruttare appieno le possibilità offerte dalla soundbar integrata, streaming audio via Bluetooth da sorgenti esterne. Il prezzo? Un dettaglio naturalmente: la versione base argento o nera parte da 18.000 euro. LG EG920V a 2999 euro L’OLED 4K è un sogno possibile LG porta l’OLED 4K sotto la soglia psicologica dei 3000 euro Il modello scelto è il nuovo EG920V compatibile 4K e HDR I televisori arriveranno nei negozi a breve insieme agli altri modelli presentati all’IFA di Roberto PEZZALI LG continua nella sua fase di attacco al mercato dei TV top di gamma portando il suo nuovo OLED 4K sotto la soglia psicologica dei 3000 euro: il modello recentemente presentato all’IFA, siglato EG920V, sarà a breve disposnibile a 2999 euro nei negozi di una nota catena (crediamo Euronics ma al momento in cui scriviamo non ne siamo certi). Insieme a questo modello, che ricordiamo essere oltre che 4K anche compatibile HDR (l’aggiornamento arriverà quando lo standard sarà definito), arriveranno sul mercato anche i nuovi prodotti lanciati all’IFA, il modello Full HD EG910V a 2299 euro e il 65” della serie 960 a 5999 euro, questo disponibile probabilmente sia nella variante curva sia nella versione “flat”. È quindi ai blocchi di partenza la seconda fase della campagna OLED di LG in Italia: la prima operazione, con il sottocosto del modello HD, è andata davvero a gonfie vele: si spera ora di ripetere le stesse performance con il modello 4K. Una cosa comunque è certa: sul fronte dei TV si annuncia una stagione Natalizia molto calda. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Il nuovo iPhone è disponibile dal 9 ottobre scorso: il prezzo parte da 779 euro per il 6s e da 889 euro per il 6s Plus iPhone 6s e 6s Plus con TIM, Tre e Vodafone Le offerte degli operatori. Quanto si spende? iPhone 6s (e 6s Plus): insieme all’acquisto del prodotto singolo, è possibile anche usufuire delle offerte degli operatori C di Emanuele VILLA ome ogni anno, eccoci all’appuntamento con la nuova versione dello smartphone Apple, che dal 9 ottobre è disponibile anche in Italia. In questa sede ci concentriamo sul lato puramente commerciale, che poi è quello che interessa una buona fetta di appassionati. Perché Apple è molto chiara nel pubblicare il costo del telefono, ma una quota considerevole di potenziali clienti non può o non vuole spendere da 779 euro in su in una singola soluzione, preferendo le formule di finanziamento offerte dalla stessa Apple oppure il “classico” acquisto con operatore, che esiste praticamente da sempre. In questo servizio analizziamo le offerte di Tim, Vodafone e Tre, cercando di capire quale - a conti fatti - possa essere considerato il trend di quest’anno: il numero quasi infinito di opzioni e combinazioni varie, unito alla possibilità di sostituzione del telefono dopo una certa rata, rende quasi impossibile confrontare tutte le offerte possibili per trovare “la” più conveniente, ma abbiamo comunque cercato di valutare le singole offerte nel loro complesso, per capire che tipo di impegno economico comportino per il consumatore. A differenza del 2014, oggi in campo scende anche Wind: non abbiamo preso in considerazione le offerte dell’operatore “arancione” solo perché non ancora comunicate. Gli iPhone saranno disponibili a partire dalle prossime settimane e - si dice - sarà possibile sottoscrivere un Wind Magnum a partire da 24 euro al mese e tutta la gamma All Inclusive. Abbiamo contattato l’azienda e attendiamo risposta in merito. net illimitato a casa e una SIM dati da 1 GB, e Relax Completo Family Edition con 2 SIM. In entrambi i casi, passare a relax per chi è già cliente Vodafone costa 29 euro, ma noi supponiamo che si provenga da un altro operatore. Se si opta per Relax e iPhone 6s da 16 GB, che comprende telefonate illimitate, sms illimitati e 3 GB di Internet, bisogna mettere in conto 49,99 euro come contributo iniziale e 34 € (piano tariffario) + 18€ (smartphone) al mese per 30 mesi di vincolo. Non c’è tassa di concessione governativa. In pratica si viene a pagare 1.609,99 euro, che sono comprensive del telefono e profilo tariffario. Nel caso si passi alla versione da 64 GB, il costo complessivo è di 1709,99: in pratica la tariffa mensile resta uguale ma ci sono 100 euro in più di contributo iniziale, e lo stesso vale per la versione da 128 GB, per la quale si pagano 100 euro in più di quella da 64. Situazione simile per iPhone 6s Plus, per il quale cambia il contributo iniziale e la rata dello smartphone: il 16 GB viene a costare (in 30 mesi, comprensivo di piano tariffario) 1719,99 euro, il 64 GB passa a 1819,99 euro. RELAX 30 mesi 16 GB 64 GB 128 GB iPhone 6s 1609,99 euro 1709,99 euro 1809,99 euro iPhone 6s Plus 1719,99 euro 1819,99 euro 1919,99 euro segue a pagina 12 I prezzi ufficiali di Apple per iPhone 6s e 6s Plus Il punto di partenza sono ovviamente i prezzi dei telefoni, perchè se non li si conosce non si riesce ad apprezzare il reale vantaggio delle offerte degli operatori. Di seguito la tabella con i prezzi ufficiali applicati da Apple per iPhone 6s. 16 GB 64 GB 128 GB iPhone 6s 779 euro 889 euro 999 euro iPhone 6s Plus 889 euro 999 euro 1109 euro Vodafone punta sul Relax Partiamo da Vodafone, la situazione è semplice: Vodafone consente di abbinare ad iPhone 6s tre piani tariffari, Relax (offerto senza la tassa di concessione governativa di 5,16 euro), Relax Casa Edition che comprende anche una componente domestica con Inter- torna al sommario Un riassunto delle offerte Vodafone relative ai nuovi iPhone. Il 9 ottobre è comparsa anche la versione da 128 GB, prima assente. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Apple iPhone 6s, le tariffe degli operatori segue Da pagina 11 RELAX Casa Edition - 30 mesi 16 GB 64 GB 128 GB iPhone 6s 2094,79 euro 2194,79 euro 2294,79 euro iPhone 6s Plus 2204,79 euro 2304,79 euro 2404,79 euro Leggermente più complesso Relax Casa Edition, che comprende voce illimitata, sms illimitati, 2 GB di dati 4G, Fibra/ADSL illimitata, telefonate a 19 cent e SIM dati da 1 GB. C’è la tassa da 5,16 euro/mese e si paga 57 euro i primi 12 mesi e 67 euro i successivi 18, con in più lo stesso contributo iniziale dell’ipotesi precedente. In totale: 2094,79 euro per iPhone 6S da 16 GB (con la parte telefonica e di connettività mobile/casa) e 2194,79 euro per la versione da 64 GB. Se si preferisce l’iPhone 6s Plus si paga, nei 30 mesi, 2204,79 per il 16 GB e 2304,79 euro per il 64 GB. Il 9 ottobre è comparsa una terza opzione, Relax Completo Family Edition, che consta sostanzialmente di due SIM, una con minuti ed SMS illimitati anche in Europa, USA e Canada e 5 GB di dati, l’altra con minuti ed SMS illimitati e 1 GB di dati. Va pagata la tassa di concessione governativa di 5,16/mese e il prezzo è in ogni caso di 75 euro al mese con vincolo 30 mesi, cui sommare un anticipo dipendente dal telefono, da 99 a 329 euro. Una soluzione interessante per chi vuole un unico “pacchetto” per più persone. Altra possibilità, per chi è già cliente Vodafone ricaricabile è l’acquisto a rate del telefono: 23 euro x 30 mesi con un contributo iniziale variabile ma leggermente diverso a quello delle altre opzioni. Stesso discorso per la versione Plus, con rata mensile di 25 euro/mese. Con Tre lo puoi cambiare ogni 15 mesi Per la nuova generazione di iPhone, sia 6s che 6s Plus, Tre continua a puntare forte sul proprio profilo Free, che è quello che somma al classico acquisto a rate anche la possibilità di sostituire il telefono ogni 15 mesi andando di fatto a rinnovare il finanziamento. Rinviando alla comunicazione ufficiale e alle note per l’esame delle condizioni specifiche, ci limitiamo qui a segnalare il funzionamento a grandi linee, supponendo però che l’utente abbia intenzione di tenere il proprio iPhone una volta terminati i 30 mesi di vincolo. L’utente può attivare uno di tre piani tariffari, da scegliere a seconda delle proprie esigenze: Free 400, Free Unlimited e Free Unlimited Plus, ognuno con un certo quantitativo di traffico voce, sms e dati. Si va dai 400 minuti, 400 sms e 4 GB di Free 400 fino ai minuti illimitati in italia e all’estero, sms illimitati e 8 GB di dati della versione più “corposa”, la Unlimited Plus. A questo si va ad aggiungere lo smartphone che si preferisce: si paga un anticipo che dipende dal telefono selezionato e si sottoscrive un finanziamento con impegno di 30 mesi, torna al sommario Free 400 Free Unlimited Free Unlimited Plus iPhone 6s - 16 GB 1.244 euro 1.389 euro 1.534 euro iPhone 6s - 64 GB 1.354 euro 1.499 euro 1.544 euro iPhone 6s - 128 GB 1.464 euro 1.609 euro 1.754 euro iPhone 6s Plus - 16 GB 1.354 euro 1.499 euro 1.544 euro iPhone 6s Plus - 64 GB 1.464 euro 1.609 euro 1.754 euro iPhone 6s Plus - 128 GB 1.574 euro 1.719 euro 1.864 euro in particolare (citando la comunicazione ufficiale): “29 rate mensili + una rata finale nel caso in cui decidi di tenere il tuo smartphone”. Tre offre tutti gli iPhone di nuova generazione all’interno dei propri piani Free: noi consideriamo l’ipotesi che l’utente tenga il proprio telefono alla fine dei 30 mesi, cosa che gli dà diritto a continuare col medesimo profilo tariffario ma scontato, ma c’è anche la possibilità - dopo 15 mesi - di restituire l’iPhone 6S e di prendere quello nuovo o un altro modello trattato da Tre. Parliamo allora di cifre e prezzi: l’anticipo varia, a seconda del modello, da 100 euro (iPhone 6s 16GB) a 400 euro (iPhone 6s Plus da 128 GB), la rata mensile è quella dei profili citati (30€ per Free 400, 35€ per Free Unlimited e 40€ per Free Unlimited Plus) e la rata finale varia da 119,30 euro a 149,30 euro, sempre a seconda del telefono che si ha. Da notare che iPhone 6S da 64 GB e iPhone 6s Plus da 16 GB prevedono un anticipo di 200 euro su Free 400 e Free Unlimited ma solo di 100 euro se si sceglie Free Unlimited Plus. Detto così è tutto molto complesso: cerchiamo di riassumere considerando alcune ipotesi ma con la raccomandazione di consultare bene le condizioni e le note riportate nel sito Tre. La tabella qui sopra, di valore puramente indicativo, simula l’investimento sui 30 mesi. Ci sono anche altre possibilità, tra cui gli abbonamenti Full (simili ai Free di cui sopra ma senza possibilità di cambio telefono dopo 15 mesi) e la ricaricabile Scegli 30, l’offerta prepagata da 30 euro al mese con voce ed sms illimitati e 2GB di dati. Anche qui è previsto un vincolo contrattuale di 30 mesi e un anticipo che è di 100 euro per iPhone 6s 16 GB e di 200 euro per iPhone 6s 64GB e 6s Plus 16GB. Secondo la comunicazione ufficiale dell’azienda: “Al termine del vincolo di 30 mesi, l’anticipo corrisposto per iPhone verrà restituito per un pari valore complessivo in traffico aggiuntivo erogato in 12 mensilità”. segue a pagina 13 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Saranno necessari, però, almeno 8 GB di memoria e Windows Phone 8.1 già installato Windows 10 sui “vecchi” Lumia a dicembre Microsoft conferma: l’aggiornamento a Windows 10 per i vecchi Lumia arriverà a dicembre D di Massimiliano ZOCCHI opo decine di preview, beta, leak e anticipazioni varie, Microsoft ha presentato i nuovi Lumia 950, 950XL e 550, tutti con Windows 10 in dote dal day one. I proprietari di vecchi modelli che assaporavano già l’upgrade ai loro Lumia, però, dovranno avere ancora un po’ di pazienza, fino a dicembre per la precisione. È la stessa Microsoft a renderlo noto, tramite l’account ufficiale Facebook, rispondendo alle insistenti domande di molti utenti. Così leggendo tra i vari post si trovano tutte le informazioni. Sarà necessario avere già installato Windows Phone 8.1, ma soprattutto avere un terminale con 8 GB di memoria interna. Questo significa che device come Lumia 530 saranno tagliati fuori, come già ampiamente anticipato. Mentre in alcune risposte troviamo un semplice “più tardi, quest’anno”, in altre viene chiaramente indicato dicembre come mese di rollout. Sul sito Microsoft viene inoltre specificato che non tutte le funzioni di Windows 10 saranno accessibili a tutti i modelli, e che una prima lista di modelli che riceveranno l’upgrade include Lumia 430, Lumia 435, Lumia 532, Lumia 535, Lumia 540, Lumia 635 (1 GB RAM), Lumia 640, Lumia 640 XL, Lumia 735, Lumia 830 e Lumia 930. Samsung lavora a Marshmallow Samsung avrebbe intenzione di aggiornare ad Android 6.0 Marshmallow i suoi ultimi smartphone di fascia alta, non solo S6 e Note 5, ma anche S5, Note 4 e Note Edge. Secondo indiscrezioni di SamMobile (elenco non completo), la lista sarebbe lunga, per lo più ristretta ai Galaxy di fascia alta. Nell’elenco compaiono tutte le varianti di Galaxy S6, S6 Edge e Galaxy S6 Edge+ e Galaxy Note 5. L’aggiornamento riguarderà anche modelli di punta dello scorso anno, Galaxy S5 e Note 4, ma anche S5 Neo e la variante LTE-Advanced dell’S5. Non ci sono notizie sulla tempistica del rilascio degli aggiornamenti. MOBILE Apple iPhone 6s, le tariffe degli operatori segue Da pagina 12 anno). In due parole, TIM Next costa ai clienti TIM ricaricabili 99 euro + (25 euro x 24 mesi) + (5,9 euro x 24 mesi), ovvero 853,8 euro, un prezzo superiore rispetto a quello del telefono “liscio” ma che comprende la possibilità di pagamento a rate e il diritto alla sostituzione dopo 12 mesi. Non è male, ma attenzione a considerare una cosa se lo si confronta con le tariffe degli altri operatori: qui parliamo solo del telefono, mentre i vari Free di Tre o i Relax di Vodafone hanno anche un piano voce/sms/dati incluso. Si punta molto sul cambio annuale del telefono Con TIM Next lo puoi sostituire ogni anno A partire dal 9 ottobre, nel sito di TIM sono comparsi gli iPhone di nuova generazione, che possono essere acquistati nello store dell’operatore. I prezzi dei singoli apparecchi sono di 789,90 euro (16 GB), 899,90 euro (64 GB) e 1009,90 euro (128 GB) per le tre versioni di iPhone 6s e 899,90 euro (16 GB) e 1009,90 euro (64 GB) per iPhone 6s Plus. Da notare che - al momento in cui scriviamo - lo store TIM non comprende la versione da 128 GB di iPhone 6s Plus. Tutta la comunicazione dell’azienda relativa ai nuovi iPhone è incentrata su TIM Next, l’offerta per i clienti TIM (o quelli che attivano contestualmente un’opzione dati) di acquisto del telefono a rate con possibilità di sostituzione dopo 1 anno. TIM Next riguarda solo il telefono e non comporta l’attivazione di un particolare piano tariffario ad hoc: di fatto va a sommarsi al piano già in essere se compatibile o torna al sommario a uno nuovo scelto contestualmente all’acquisto dell’telefono. Inoltre, al momento in cui scriviamo la comunicazione dell’azienda di TIM Next riguarda principalmente iPhone 6s da 16 GB, ma nelle note si scopre che sono previsti anche il modello iPhone 6s da 64GB e l’iPhone 6s Plus da 16GB: aggiorneremo il tutto non appena disponibili le tariffe degli altri modelli. In questo momento, sottoscrivere TIM Next con iPhone 6s da 16 GB significa pagare un contributo iniziale di 99 euro e 25 euro per 24 mesi con opzione di sostituzione al 12° mese, il che comporta (di fatto) l’apertura di un nuovo TIM Next per il nuovo telefono. Da notare che la sottoscrizione di TIM Next comporta il pagamento di 5,9€ al mese per la protezione dello smartphone e 2 GB di LTE in più. Questo vale per tutti i clienti TIM ricaricabili, con l’eccezione di chi ha sottoscritto il pacchetto TIM Special Unlimited (40 euro al mese). In quest’ultimo caso, infatti, l’anticipo è sempre di 99 euro ma per i primi 12 mesi il telefono non si paga (0 euro per un L’esame delle tariffe dei vari operatori non ha riservato particolari sorprese: acquistare lo smartphone stand alone resta un impegno non da poco, specie quest’anno in cui Apple, vincolato alle oscillazioni euro/dollaro, ha dovuto alzare il prezzo rispetto al 2014. Vodafone è abbastanza cara ma offre un importante mix di soluzioni domestiche, mobili e “familiari” (Relax casa edition e Relax completo Family Edition) che - a fronte di un esborso che può sembrare elevato - resta una soluzione completa per tutte le esigenze di connettività. Ma la tendenza del 2015 è l’acquisto rateale con possibilità di sostituzione del prodotto anno per anno (o quasi) con un modello più recente, un sistema che viene considerato ottimale sia per gli utenti, che in questo modo sono sempre aggiornati, sia per gli operatori, che in questo modo possono vincolare i propri clienti con tempistiche più lunghe: TIM punta fortissimo su Next e consente di sostituire il telefono ogni 12 mesi, Tre è molto aggressiva in termini di prezzo e con Free permette la sostituzione ogni 15 mesi: non si finisce più di pagare, potrebbe dire qualcuno, ma chi si ritiene power user sa quanto sia bello cambiare telefono ogni anno. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Mio Phone ha processore quad core e fotocamera da 5 MP: il prezzo è di 149 euro Ecco lo smartphone per bambini di 6 anni Il Gruppo Lisciani presenta uno smartphone Android da 5’’ per bambini dai 6 anni in su Ha più di 70 app preinstallate e alcune evolute funzionalità di Firewall e Parental Control di Emanuele VILLA che età è opportuno possedere uno smartphone? Secondo il gruppo Lisciani si parte dai 6 anni, ma c’è bisogno di uno smartphone pensato per coniugare il lato ludico ed educativo della cosa con la massima sicurezza possibile per far stare sereni i genitori. Si chiama Mio Phone e viene definito uno smartphone “educativo” pensato per bambini dai 6 anni in su, un modello basato su Android totalmente personalizzato dall’azienda nelle applicazioni e nei servizi disponibili. Oltre a un look giovane e dinamico, il telefono può contare su un evoluto sistema di Parental Control e sul software Firewall 3 Plus che controlla tutto, dalle chiamate ai messaggi in entrata e uscita, le app, i dati scambiati, i siti web visitati e tutti i contenuti audiovideo e che può essere personalizzato A Smartwatch Swatch con NFC per i pagamenti Swatch ha presentato il suo smartwatch. Ma a differenza del solito non si tratta di un modello tecnicamente super-evoluto con interfaccia custom, notifiche e via dicendo, bensì un orologio dalle tradizionali fattezze Swatch e pensato per permettere pagamenti sicuri via NFC. Si chiama Bellamy ed è stato presentato in Cina: c’entreranno le dimensioni del mercato dei pagamenti contactless in Cina (cresciuto del 134% lo scorso anno), ma soprattutto il fatto che Swatch è riuscita a prendere accordi con le istituzioni cinesi (in particolare con la UnionPay) in tempi brevi mentre le banche svizzere si muovono “troppo lentamente” sul versante tecnologico. Bellamy uscirà a gennaio in Cina, successivamente arriverà in Europa e negli USA. Prezzo interessante e accessibile, visto che si parla (al momento) dell’equivalente di 90 dollari. torna al sommario dai genitori. Inoltre, previa installazione di un’app nello smartphone dei genitori, questi possono entrare in comunicazione diretta con Mio Phone e verificare la sua posizione accedendo ai dati del GPS. A tal proposito Franco Lisciani, AD del gruppo, ha dichiarato: “Ad oggi impedire ai nostri figli di venire a contatto prematuramente con la tecnologia è quasi impossibile. [...] è normale che a 6 anni chiedano già un cellulare. Per questo motivo, in linea con la nostra filosofia aziendale e mettendo il nostro know how al servizio delle famiglie, abbiamo creato un telefonino in grado di intrattenere i bambini in maniera educativa e garantire tranquillità ai genitori”. Lo smartphone offre oltre 70 app educative già installate al momento dell’acquisto. A livello tecnico, il telefono è basato su Android, ha un display da 5’’, processore quad core con 1 GB di RAM e 8 GB di storage espandibile. A livello fotografico, il modulo principale è da 5 MP e il frontale da 2 MP, il tutto per un prezzo di listino di 149 euro. MOBILE Accessorio pensato per il Lumia 950 e il 950 XL Microsoft Display Dock a 99 $: 110 €? di Emanuele VILLA a novità più interessante dell’ultimo evento Microsoft non sono stati tanto i telefoni, le cui caratteristiche erano ormai note da tempo, quanto piuttosto l’accessorio che – una volta collegato a Lumia 950 e 950 XL – sarà in grado di trasformarli in PC fatti e finiti. Microsoft lo chiama Display Dock, è grande quanto un pacchetto di sigarette e include 3 porte USB (mouse, tastiera, eventuale storage supplementare), un HDMI e un DisplayPort per il collegamento al display esterno. Successivamente, Microsoft ha confermato a Computerworld che il Display Dock non solo sarà reso disponibile contemporaneamente ai telefoni, ma costerà 99 dollari. Considerando lo sfavorevole (rispetto a un anno fa) cambio EUR/USD e il fatto che Lumia 950 costerà in USA 549 dollari e da noi 599 euro, è facile ipotizzare che il prezzo americano si traduca in 109 euro o qualcosa di simile. Ma può darsi che la strategia di Microsoft non sia quella di vendere il Dock singolarmente, ma di puntare su vantaggiosi bundle insieme a Lumia 950 e 950 XL: nonostante dall’azienda di Redmond non filtri nulla di certo in proposito, iniziano ad apparire i primi negozianti online (si parla in particolare di un sito olandese) che regalano il Dock in caso di acquisto di una delle due new entry, riservando il prezzo pieno del dispositivo a chi lo acquisterà per aggiornare il Lumia che già possiede. L Smartphone Android non sicuri: colpa dei produttori Una ricerca evidenzia la vulnerabilità di quasi il 90% dei terminali Android. Colpa degli OEM e della lentezza negli aggiornamenti di Emanuele VILLA Il Security Group dell’Università di Cambridge ha pubblicato una ricerca dalla quale emerge che negli ultimi 4 anni l’87% dei dispositivi Android in circolazione è stata soggetta ad almeno una vulnerabilità critica. La causa? I produttori sono lenti o inefficienti nel fornire patch di sicurezza per tutti i propri modelli. I ricercatori hanno rilevato che gli smartphone Android ricevono in media 1,26 aggiornamenti all’anno. I dati raccolti sono stati forniti da più di 20.000 volontari sparsi per il globo che hanno installato l’app Device Analyzer (gratuita su Google Play Store) per monitorare dati e aggiornamenti. I dati sono stati combinati con le informazioni sulle vulnerabilità critiche che hanno colpito Android nel corso del tempo: questo ha permesso di stilare una classifica di produttori più o meno sicuri, che tiene conto della proporzione dei device esenti da vulnerabilità, dei dispositivi aggiornati all’ultima versione del S.O. e il numero di vulnerabilità che il produttore non ha ancora risolto sui suoi device. La situazione delineata vuole sensibilizzare gli utenti a scaricare solo le app provenienti dal Play Store e spingere i produttori ad aggiornare costantemente i propri device, anche quelli non più recenti. In una scala da 1 a 10, Google vince con 5.2, seguito da LG e Motorola con 4.0 e 3.1, mentre Samsung, Sony, HTC e Asus sono sotto il 3. Incoraggianti le intenzioni di produttori come Samsung e LG con aggiornamenti di sicurezza mensili. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MOBILE 1243 dipendenti, età media bassa e una percentuale di ingegneri e sviluppatori superiore al 50% dell’organico BQ, smartphone, tablet e stampanti fatti in casa E una missione: insegnare la tecnologia a tutti BQ è un’azienda spagnola che progetta smartphone, tablet e kit didattici per insegnare ai più piccoli la tecnologia Nata nel 2010 e con sede a Madrid, è arrivata in Italia, e noi siamo andati a vedere la nuova gamma di dispositivi A di Roberto PEZZALI rriva in Italia una nuova azienda di tecnologia: si chiama BQ, da non confondere con BenQ, e realizza smartphone, tablet, stampanti 3D e kit educativi per insegnare ai ragazzi la programmazione. BQ potrebbe sembrare una azienda come tante, una bella faccia europea per lanciare prodotti “made in china” che non hanno nulla di diverso dai tanti prodotti rimorchiati che si trovano sugli scaffali. Non è affatto così: BQ ha una storia che merita di essere raccontata, e se in Italia probabilmente nessuno, fino ad oggi, ne ha mai sentito parlare in Spagna, Paese di origine, è decisamente conosciuta, tanto che nel giro di pochi anni è diventata il terzo produttore di smartphone per quote di mercato. BQ nasce nel 2010, quando un gruppo di 16 ingegneri decide di lanciarsi nel mondo dell’elettronica per progettare e produrre dispositivi: dopo 5 anni BQ conta 1243 dipendenti, età media incredibilmente bassa e una percentuale di ingegneri e sviluppatori superiore al 50% dell’organico. “Quasi tutti gli ingegneri che si laureano nelle Università di Madrid finiscono da noi“ci svela uno dei fondatori. BQ ha sede proprio nella capitale spagnola, e qui ogni giorno decine di ragazzi studiano e progettano quelli che saranno i prodotti di una line-up che per ovvi motivi non può essere troppo ampia, anche perché “per fare uno smartphone servono almeno 200 persone. Chi non le ha compra in Cina e rimarchia”. BQ disegna i suoi smartphone partendo da zero: dalla scocca alle schede interne ogni componente viene pensato e studiato per creare un prodotto bilanciato, anche se come vedremo non siamo davanti a prodotti “hi-end”, ma a smartphone ben pensati per i quali l’azienda arriva a offrire 5 anni di garanzia, segno che si fida ciecamente del lavoro dei suoi progettisti. BQ ha presentato qualche giorno fa a Madrid la sua nuova gamma di prodotti per il prossimo anno, prodotti che arrivano anche in Italia e che comprendono il primo smartphone con scocca in alluminio, un tablet, due nuove stampanti 3D, un piccolo robot per insegnare ai più giovani la programmazione e una lampada LED programmabile simile nelle funzionalità ad una Philips Hue. quello che gli utenti più desiderano, autonomia e buone prestazioni. Lo schermo da 5” ad esempio è solo HD, e se la risoluzione di 1280 x 720p potrebbe anche sembrare sorpassata, grazie ad uno schermo non troppo risoluto e alla batteria da 2900 mAh ai polimeri di litio si raggiungono i due giorni di autonomia. Nella media anche il processore: Snapdragon 412 quadcore, con 2 GB di RAM e 32 GB (o 16 GB nella versione base) di memoria 27 dei quali disponibili per l’utente. Gli ingegneri che hanno lavorato al progetto hanno trovato qualche soluzione interessante per ridurre gli ingombri e tenere lo spessore a 7.5 mm: lo slot per la sim, ad esempio, riesce ad ospitare due nano Sim contemporaneamente e resta pure lo spazio per uno slot di espansione microSD. La foto camera principale è Sony: 13 Megapixel, doppio flash, obiettivo F2 a cinque elementi e sensore da 1/3”, mentre quella frontale per i selfie è un modulo Samsung da 5 Megapixel con flash LED. Aquaris X5 è LTE, Wi-fi b/g/n e Bluetooth 4.0: oltre alla classica dotazione di sensori da segnalare ci sono anche il doppio microfono per la cancel- lazione acustica, la radio FM e una enclosure per lo speaker con DSP Dolby Atmos. Come sempre ci teniamo a precisare che il Dolby Atmos dello smartphone, nonostante il nome, non è il Dolby Atmos del cinema: la qualità “audio” di uno smartphone non potrà mai essere alta, ma da quanto abbiamo potuto ascoltare in una saletta demo è comunque decorosa. Aquaris X5, con 5 anni di garanzia, costa 229 euro nella versione 16 GB e 2 GB di RAM, 249 euro in quella da 32 GB con 2 GB di RAM e 269 euro per la versione da 32 GB e 3 GB di RAM: a questo prezzo si trovano smartphone che sulla carta hanno caratteristiche sicuramente migliori, ma BQ paga una progettazione interamente europea per un prodotto che in ogni caso qualitativamente è superiore a molti smartphone pensati e progettati in Cina. Più semplice il tablet Aquaris M10: spesso solo 8 mm Aquaris X5 sarà disponibile in tre finiture, e c’è anche il Rose Gold Lo slot per doppia SIM, una buona idea per tenere le dimensioni super compatte segue a pagina 16 Aquaris X5 Il primo con scocca in alluminio Aquaris X5 è il primo smartphone di BQ realizzato in alluminio: i progettisti sono riusciti a trovare il modo di unire senza viti o colla alluminio e policarbonato in un unico corpo che effettivamente sembra robusto e compatto. BQ ha realizzato uno smartphone “onesto”, nessuna specifica tecnica pompata al massimo ma una serie di elementi che miscelati insieme possono offrire torna al sommario n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST BQ, smartphone e tablet fatti in casa segue Da pagina 15 fa segnare i 470 grammi alla bilancia ed è costruito interamente in policarbonato. BQ anche qui ha cercato di privilegiare l’autonomia, utilizzando a seconda delle versioni uno schermo HD o Full HD. Il processore in questo caso è Mediatek (MT8163 quadcore) e manca del tutto la connettività LTE. All’interno, oltre a 2 GB di RAM e 16 GB di memoria flash, due fotocamere da 5 e 2 Megapixel, un modulo audio Dolby Atmos e una grossa batteria da 7280 mAh. Per il tablet, che come lo smartphone ha a bordo Android Lollipop 5.1, servono 259 euro. Zowi, il piccolo robot per insegnare a programmare Smartphone e tablet sono il “business”, l’educazione alla tecnologia la missione finale. BQ utilizza parte dei proventi della vendita di smartphone e tablet per investire nel settore dell’educazione scolastica: in Spagna moltissime scuole hanno aderito a un programma di formazione che prevede l’insegnamento di tecnologia e informatica ai più piccoli utilizzando un percorso didattico che prevede la costruzione di giochi e robot. L’idea è venuta proprio al gruppo di ingegneri che ha fondato BQ: usciti dall’università si sono resi conto che non sapevano come fare a realizzare il loro sogno, che era appunto quello di costruire e progettare uno smartphone per lanciarlo sul mercato. La scuola spagnola, ma la cosa vale anche per la scuola italiana, non è in grado di fornire una preparazione tecnologica adeguata per poter competere a livello internazionale con studenti che si sono invece formati in Cina o negli States. Il responsabile formazione di BQ ci ha infatti confidato che per realizzare il primo smartphone un gruppo di ingegneri laureati con ottimi voti è dovuto andare per due anni in Cina a capire quali sono le problematiche da affrontare in fase di progettazione. Una situazione questa che li ha portati a realizzare una serie di prodotti educativi, giochi che oltre a due kit per costruire robot già in commercio vedono ora arrivare il piccolo Zowi, un robot open source su piattaforma Arduino che può essere usato come base di partenza per imparare sia i fondamenti di elettronica sia la programmazione. BQ ha realizzato un sistema a blocchi: nessuna riga di codice ma mattoncini da impilare nel browser per generare il programma finale, un po’ quello che ha fatto Lego con il sistema Mindstorm. Zowi è basato su una board compatibile Arduino, una una serie di sensori, di led, di pulsanti e di motori che possono essere con- torna al sommario trollati da uno smartphone o da un programma caricato in memoria. Tutti i pezzi sono intercambiabili, e tramite i progetti online è possibile anche stampare nuove teste con una stampante 3D o nuovi elementi da aggiungere al corpo. Un oggetto interessante, che verrà messo in commercio a 99 euro inizialmente solo in Spagna e Portogallo: la localizzazione della piattaforma di sviluppo visuale in italiano richiede qualche mese. BQ sfida Hue con Halu La lampada LED opensource Sulla scia del successo della serie Hue di Philips BQ ha realizzato anche Halu, il suo primo prodotto dedicato alla casa connessa e all’Internet of Things. Halu è una lampada LED costruita interamente in Spagna con componenti che arrivano in gran parte dell’Europa, all’interno della quale l’azienda ha inserito un vero computer programmabile. Halu può essere abbinata e sincronizzata ad altre lampade identiche, collega a servizi web e integrata all’interno di applicazioni, un po’ quello che oggi si può fare anche con le lampade Philips sfruttando l’SDK che Philips stessa mette a disposizione. BQ ha aggiunto però ad Halu una caratteristica interessante: funziona anche come ripetitore wireless, e utilizzando una serie di Halu si può estendere il segnale Wi-Fi su un’area molto ampia. Il prezzo è di 129 euro, ma bisogna come sempre considerare che siamo di fronte a un prodotto costruito in Europa. I prodotti BQ sono disponibili per il momento solo online: i responsabili ci fanno sapere che stanno chiudendo in questi giorni gli accordi distributivi con alcune realtà italiane. Sul sito internet http://opensource. bq.com è possibile trovare tutti i sorgenti, la documentazione e gli schemi di tutti i prodotti pensati e progettati da BQ, siano essi i robot, i software, gli applicativi e gli smartphone, dimostrazione dell’anima “creativa” dell’azienda e del fatto che davvero siamo di fronte ad un prodotto pensato e progettato interamente in Europa. Con i fatti, non con le parole. Giovani programmatori crescono: il percorso prevede attività creative come la costruzione di un robot n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE HI-FI E HOME CINEMA Il classico diffusore Zeppelin di Bowers & Wilkins si trasforma in Wireless B&W Zeppelin diventa Wireless, addio vecchia dock Prestazioni elevate con la musica in streaming via Bluetooth o AirPlay, costa 699 euro di Roberto FAGGIANO Bose completa verso il basso la gamma multiroom con il Sound Touch 10 Un diffusore compatto che riprende le soluzioni dei modelli maggiori Funziona anche con il Bluetooth G randi novità in casa B&W con l’arrivo dello Zeppelin Wireless (699 euro), un diffusore che era già diventato un’icona di stile e prestazioni e si aggiorna ora ai tempi pur mantenendo la classica forma a dirigibile. Dietro alla forma sottile e allungata, con dimensioni di 66 x 18 cm circa, si nasconde un diffusore tutto nuovo che attinge a piene mani dalla tradizione e innovazione tecnologica del marchio britannico. Gli altoparlanti sono tutti inediti ma derivati da quelli utilizzati sui migliori diffusori tradizionali di B&W: troviamo due tweeter a doppia cupola da 25 mm derivati da quelli utilizzati sulla serie CM, due midrange da 9 cm con tecnologia FST (Fixed Suspension Transducer) e un woofer comune tra i due canali da 15 cm con magnete sovradimensionato e lunga escursione. Gli amplificatori utilizzati sono da 25 watt per ogni midrange e tweeter oltre a 50 watt per il woofer. Tra i circuiti un potente DSP di elaborazione per migliorare le prestazioni e un convertitore da 192kHz/24bit. La connettività è tramite Bluetooth, Wi-Fi oppure via cavo ethernet oltre alla presa minijack per qualsiasi sorgente. In tema di applicazioni lo Zeppelin Wireless è già predisposto per Spotify Connect, Apple Music e Soundcloud. di Roberto FAGGIANO Inoltre l’applicazione dedicata di B&W permette di gestire la propria musica da smartphone e tablet. HI-FI E HOME CINEMA Bang & Olufsen festeggia 90 anni con un diffusore da 70.000 euro la coppia B&O BeoLab 90, super diffusore da 70.000 euro Riunisce le migliori tecnologie del marchio, è attivo e si controlla anche dallo smartphone di Roberto FAGGIANO I l 17 novembre Bang & Olufsen compie 90 anni e per festeggiare degnamente la ricorrenza presenta il suo diffusore più sofisticato. Si chiama Beolab 90 e costa 34.995 euro cadauno, un record anche per il marchio danese, anche se c’è da dire che si tratta di un diffusore decisamente fuori dal comune, sintesi di tutte le più sofisticate e innovative tecnologie in materia. Il BeoLab ha infatti un sistema di calibrazione che imposta la migliore qualità sonora per l’ambiente dove è installato e permette anche di modificare l’ampiezza dell’emissione sonora in base al numero di ascoltatori e alla loro posizione. Ciò grazie alla disposizione degli altoparlanti per medi e acuti su tutte le sei facce del diffusore. Il BeoLab 90 utilizza complessivamente 18 altoparlanti, tutti realizzati dalla danese Scan Speak: in dettaglio troviamo sette tweeter da 3 cm, sette midran- torna al sommario SoundTouch 10 Il multiroom economico secondo Bose ge da 8,6 cm, 3 woofer da 21,6 cm e un woofer da 26 cm. Non da meno la batteria di amplificatori digitali utilizzati per ogni altoparlante: ci sono 14 moduli di potenza Ice Power AM300-X per tweeter e midrange e quattro Heliox AM100-1 per i woofer. Il tutto è controllato da un processore DSP ADSP-21489 da 450 MHz a 192 kHz che è alla base del circuito Beam Width Control per regolare l’ampiezza dell’emissione in base alla disposizione degli ascoltatori. Alle connessioni via cavo si affianca il collegamento Wi-Fi che consente pure di controllare la risposta del diffusore dall’applicazione di B&O. La struttura del mobile è in legno e metallo, con griglie di protezione in tessuto. Le dimensioni sono ancora piuttosto compatte per la categoria con altezza di 125 cm, profondità e larghezza di circa 74 cm; notevole il peso di ben 137 kg. Bose completa la gamma di diffusori multiroom con il SoundTouch 10, modello di dimensioni molto compatte (21 x 14 cm) e dal costo in linea con i concorrenti (da 200 euro). Particolare che manca ai migliori concorrenti è la dotazione di un telecomando per le funzioni principali, per usare il diffusore anche senza smartphone o tablet. Ci sono anche sei tasti di preselezione per ritrovare subito le stazioni radio web o lo streaming preferito, sempre senza usare l’applicazione. Quest’ultima è già predisposta con lo streaming di Spotify e Deezer, oltre alle radio internet e a iTunes. La compatibilità con i file musicali va dagli MP3 agli Apple Lossless, oltre WMA e AAC. Tra i collegamenti disponibili, oltre al Wi-Fi, troviamo il Bluetooth e una presa minijack per qualsiasi sorgente. Dal punto di vista delle caratteristiche tecniche, Bose è sempre molto avara nel fornire informazioni: siamo solo riusciti a sapere che viene impiegato un altoparlante larga banda realizzato specificatamente per questo modello; il funzionamento è in bass reflex con piccolo accordo di uscita sul lato posteriore. A breve un aggiornamento firmware renderà possibile l’utilizzo di due SoundTouch 10 in stereofonia. NESSUN CONFRONTO È POSSIBILE NERO PERFETTO, COLORI PERFETTI LG lancia la nuova tecnologia OLED superando ogni limite qualitativo. OLED TV è l’unico tv in cui i pixel hanno la capacità di illuminarsi e spegnersi uno ad uno regalandoti il contrasto infinito e colori veri come in natura , per immagini che non temono nessun confronto. www.lg.com/it n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE PC Apple ha aggiornato gli iMac da 21,5”introducendo un super-modello con display Retina 4K Nuovi iMac 21,5’’: arriva anche il display 4K Aggiornate le caratteristiche tecniche, ma non c’è il passaggio all’architettura Skylake di Emanuele VILLA L’Envy All-in-One ha display 21:9 da 34” audio Bang & Olufsen processori Intel Core e grafica NVIDIA I l piccolo della famiglia iMac è stato finalmente aggiornato e può guardare il fratello maggiore da 27’’ senza troppi complessi di inferiorità. Apple ha infatti annunciato “silenziosamente” l’arrivo dei nuovi modelli di iMac da 21,5’’, invariati in quando a look e design (che d’altronde resta un riferimento nel settore) ma che offrono finalmente il display “retina”. Ci si concentra ovviamente sul monitor dunque: vista la capacità di ripresa 4K da parte della nuova generazione di iPhone, la conseguenza logica è stata quella di introdurre, all’interno della line-up di PC da casa, un modello da 21,5’’ con display Retina 4K. Ma la notizia non è solo la risoluzione, che comunque è di 4096 x 2304 pixel (contro quella consumer dei TV Ultra HD che è di 3840 x 2160), ma anche la qualità che il pannello è in grado di esprimere: Apple lo chiama Display Retina 4K P3 poichè è in grado di visualizzare l’intero spazio colore DCI P3, a differenza dei modelli inferiori (restano in gamma due iMac Full HD, anche loro aggiornati) che sono vincolati al gamut sRGB. Chi l’ha visto in azione parla di di Roberto PEZZALI colori estremamente vividi e - nel caso di utilizzo di applicazioni professionali - di un passo avanti davvero notevole. Anche le altre caratteristiche hardware sono state aggiornate, non c’è il passaggio all’architettura Skylake: i processori sono infatti Intel Broadwell, 1,6 GHz e 2,8 GHz Core i5 per i modelli Full HD e da 3,1 GHz quad core per il Retina 4K. con scheda grafica integrata Iris Pro 6200 e nessuna opzione per una GPU discreta. Le prestazioni saranno dunque da valutare attentamente per il modello retina. Per il resto si parla di 1 TB di disco rigido con opzioni Fusion Drive o SSD da 256/512 GB, RAM LPDDR3 da 1867MHz da 8 o 16 GB, con ulteriore aggiornamento anche degli accessori, tastiera, trackpad e mouse. A livello di connettività troviamo due porte Thunderbolt 2, quattro porte USB 3, SDXC, Gigabit Ethernet, Wi-Fi 802.11ac e Bluetooth 4.0. Come prezzi italiani, si parte dai 1.279,00 euro della versione Full HD con processore 1,6 GHz e, passando per i 1.529,00 euro della versione intermedia (2,8 GHz, display Full HD), si arriva ai 1.729,00 euro del modello 4K. PC Aggiornati anche gli iMac da 27’’, ora hanno tutti un nuovo display 5K. Prezzi da 2129 euro Apple mette il display 5K sugli iMac da 27” L’hardware offre processori Intel Skylake, RAM fino a 32 GB e svariate opzioni di storage di Emanuele VILLA A pple oltre ai modelli da 21,5’’, ha presentato le nuove versioni iMac da 27’’. Ora tutti i modelli da 27’’, a prescindere dall’hardware interno, hanno il display 5K: a livello pratico portarsi a casa un iMac 5K costa quindi meno, perché prima questa caratteristica era presente solo nella versione più alta in gamma. Peraltro parliamo di un display completamente nuovo: non è lo stesso 5K dello scorso anno poichè quello del 2015, con la risoluzione “mostruosa” di 5.120 x 2.880 pixel, è un Display Retina 5K P3. Questo significa che, al pari del display 4K dell’iMax da 21,5’’, il nuovo monitor è in grado di riprodurre tutto lo spazio colore DCI P3, il che si traduce - secondo le indicazioni di Apple torna al sommario Il PC all-in-one più grande al mondo è targato HP - nella possibilità di riprodurre il 25% di gradazioni cromatiche in più rispetto al modello dello scorso anno (sRGB). Il look non è cambiato, sono cambiate le versioni degli accessori (mouse, tastiera e trackpad), ma soprattutto è cambiata la dotazione hardware interna. A differenza dei modelli da 21,5’’, infatti, qui sono disponibili i processori Intel Skylake con configurazioni che vanno dai 3,2 GHz del modello base con Core i5 fino ai 4.0 GHz del top di gamma con Core i7 (Boost fino a 4,2 GHz). La memoria è aggiornata alla SDRAM DDR3 a 1867 Mhz fino a 32 GB, mentre come archiviazione abbiamo diverse opzioni, dagli HDD tradizionali SATA ai Fusion Drive fino a 2 TB alle unità flash SSD fino a 1 TB. Presenta una porta Thunderbolt 2, mentre la grafica è gestita dai processori Radeon M9 in due diverse configurazioni. I nuovi iMac sono tutti disponibili sull’Apple Store italiano con prezzi che vanno da 2.129 euro per la versione con Core i5 da 3,2GHz e HDD da 1 TB fino a 2.629 euro per la versione da 3,3 GHz Core i5 quad core e fusion drive da 2 TB. È poi possibile personalizzare la configurazione salendo fino a 32 GB di RAM, Core i7 da 4.0 GHz, 1 TB di SSD con prezzi in salita. ll nuovo HP Envy All-in-One è pronto e sarà disponibile negli Stati Uniti dall’8 novembre con prezzi da 1.799 dollari. Il suo segno distintivo è l’enorme display curvo da 34” con risoluzione 3.440 x 1.440, il più grande al mondo per la categoria e certificato Technicolor. Secondo HP, lo spazio disponibile su desktop consente di aprire decine di finestre senza bisogno di desktop virtuali o soluzioni multi monitor. A bordo troveremo Windows 10 spinto da processori Intel Core i5/i7 di sesta generazione, RAM da 8 a 16 GB e soluzioni di storage a partire da SSD da 128 GB, fino a 2 TB ibrido. Opzionale anche la scheda grafica dedicata NVIDIA GeForce GTX 960A. Sul fronte connettività troviamo quattro porte USB 3.0, due USB 2.0, card reader 3 in 1, e presa LAN. HP va incontro anche a chi vuole sfruttare le ottime caratteristiche del display proponendo anche un ingresso HDMI, ma anche una in uscita, per schermi esterni o TV. Infine due particolari di rilievo sono sicuramente le casse Bang & Olufsen, che si trovano in posizione frontale e verticale ai lati del display, che incorporano sei altoparlanti, e la videocamera RealSense, con la quale è possibile registrare video 3D ed eseguire il riconoscimento facciale con Windows Hello. Ancora sconosciuta la disponibilità per il nostro paese. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE PC Dell lancia il guanto di sfida a Microsoft con XPS 12, un convertibile ibrido con schermo 4K XPS 12, la risposta di Dell al Surface Book XPS 12 monta processore Core M5 Skylake a 2,7GHz, 8 GB di RAM e SSD da 128 e 256 GB L’ di Michele LEPORI idea di PC convertibile sta prendendo piede, complice anche la presentazione di Surface Book che sta raccogliendo pareri positivi. Dell con il suo nuovo progetto XPS, 12 come i pollici dello schermo, sembra avere una mano di carte vincenti: schermo 4K (ma non nella configurazione base), un’interessante tastiera con trackpad integrato ed una slitta magnetica per l’aggancio/sgancio dello schermo pronto a diventare tablet all’occorrenza. Dell XPS 12 monta processore Core M5 Skylake a 2,7GHz e già questo basta a fare notizia visto che la nuovissima gamma Intel non vanta ancora una penetrazione di mercato così profonda. Due invece le configurazioni che arriveranno sul mercato: uguali per processori e RAM (8GB), si differenzieranno per la memoria di archiviazione SSD da 128 e 256 GB ma soprattutto per lo schermo, HD e 4K. A livello costrutti- PC Aspire R14 4-in-1 con Windows 10 Acer ha presentato l’ultima incarnazione del notebook “convertibile” Aspire R14. La sua particolarità è la possibilità di assumere diverse forme e modalità a seconda dell’inclinazione del display rispetto alla base che integra la tastiera. A livello hardware parliamo di un dispositivo da 1,9 Kg di peso per 18,5 mm di spessore, un apparecchio dotato di processore Intel Core di ultima generazione, fino a 8 GB di RAM DDR3L e dischi SSD fino a 512 GB, oltre a un doppio microfono con cancellazione del rumore (pensato per aiutare Cortana nella comprensione dell’utente), Wi-Fi ac e un display touch su 10 punti Full HD da 14’’. La disponibilità italiana è prevista a partire dalla fine di dicembre con prezzi a partire da 799 euro. torna al sommario Acer si inventa l’all-in-one portatile con monitor 17” Aspire Z3-700 è un PC all-in-one da 17’’ che, grazie alla batteria integrata, può essere spostato da una stanza all’altra in sicurezza Arriva in Italia a fine anno di Emanuele VILLA vo, XPS 12 punta tutto su USB-C come l’ultimo MacBook, ma ad equipaggiare il neonato di casa Dell ci saranno 2 prese e un adattatore incluso nella confezione; sempre nella scatola ci sarà anche una cover folio con spazio per alloggiare la stylus dedicata che sarà però accessorio separato. L’idea della slitta magnetica sembra molto buona, semplificando parecchio quella che dovrebbe essere un’operazione di routine ma che tende a non essere veramente intuitiva su molti convertibili. Un difetto però ce l’ha, ed è l’angolo di visione fisso che “obbliga” l’utente a cercare la posa migliore per l’uso e non il contrario. L’arrivo previsto delle due versioni è fissato per novembre al prezzo di 999 e 1299 dollari. PC Spectre X2 è un 2-in-1 Windows 10 con tastiera in dotazione HP ha svelato il nuovo Spectre X2 di Roberto PEZZALI H P, ha annunciato il nuovo Spectre X2, un 2- in -1 dal design molto ricercato e attento ai dettagli: si tratta di un tablet spesso 8 mm e con un peso di 840 grammi, con una staffa metallica a ferro di cavallo che permette di orientarne a piacere l’inclinazione quando appoggiato su un piano e agganciato alla tastiera retroilluminata, fornita in dotazione. Lo schermo è un LCD IPS da 12 pollici, con risoluzione di 1920x1280 pixel e tecnologia “in touch” per ridurre lo spessore del display integrando lo strato capacitivo direttamente nel vetro frontale. Lo Spectre X2 sarà disponibile in diverse configurazioni basate sull’ultima generazione di processori Intel della serie Core m, con opzioni di RAM da 4 o 8 GB e disco SSD da 128, 256 o 512 GB di memoria. Tre le fotocamere a bordo del dispositivo: webcam frontale da 5 Megapixel, fotocamera posteriore da 8 Megapixel e RealSense 3D di Intel. Non mancano due porte USB Type C, con adattatore fornito in dotazione, modem LTE integrato e compatibilità con pennino Active Pen, questo sì opzionale. Per finire si segnala l’audio firmato Bang&Olufsen. Per quanto riguarda prezzi e disponibilità, per il momento lo Spectre X2 è stato annunciato per gli Stati Uniti, dove arriverà il prossimo mese a partire da 800 dollari. I confini tra notebook, tablet e PC all-in-one sono sempre più labili, al punto che l’Aspire Z3-700, presentato da Acer a Taipei, non si capisce bene a che categoria appartenga. È più grande di un tablet perchè ha un display Full HD da 17,3’’, ma al tempo stesso è touch su 10 punti, ha una stilo integrata sul modello di Surface e ha una batteria che gli consente di lavorare per 5 ore in assenza di alimentazione da rete elettrica. Secondo le intenzioni dell’azienda, è pensato come PC per la casa o l’ufficio, un all-in-one tipo l’iMac di Apple ma più piccolo, con stand posteriore reclinabile e facilmente spostabile da una stanza all’altra: quando si trova nella sua postazione principale viene usato con mouse e tastiera, quando lo si porta altrove per condividere un lavoro o mostrare un video, si sfrutta il display touchscreen. Possibile, ovviamente anche l’impiego fuori casa, nonostante i 2 Kg di peso lo rendano più adatto a un posizionamento semi fisso. A livello tecnico, si segnala il display da 17,3’’ Full HD, come processori un SoC Pentium N3700 o un Celeron N3150, fino a 8 GB di RAM e SSD fino a 256 GB o HDD fino a 500 GB. Il prodotto arriverà da noi a fine anno con un prezzo di listino a partire da 649 euro. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE DIGITAL IMAGING Sony aggiorna la sua compatta full frame inserendo il sensore da 42 Mpixel La Sony RX1R II è un sogno da 3000 euro Oltre al super sensore, ha mirino OLED a scomparsa e filtro passa basso ottico variabile di Roberto PEZZALI l super sensore da 42 megapixel che Sony ha usato sulla sua mirrorless A7R II trova casa nella nuova RX1R II: Sony aggiorna la sua compatta hi-end alzando in modo smisurato la risoluzione senza però toccare gli elementi che hanno reso la RX1 la compatta più desiderata al mondo, tra cui l’ottimo obiettivo 35 mm Zeiss Sonnar T* F2 e il corpo in magnesio con ghiere e regolazioni “pro”. Il sensore alla base è lo stesso Exmor R usato anche sulla mirrorless full frame, ma in questo caso l’utilizzo di un obiettivo fisso ha permesso di ottimizzare nel migliore dei modi il percorso ottico creando quella che secondo Sony è in assoluto la miglior compatta mai uscita dai suoi laboratori. Il processore fotografico è una versione voluta del Bionz: porta la sensibilità nativa da 100 – 25600 ISO a 40 – 102400 ISO e permette anche di scattare foto con una buona velocità per una full frame compatta, 5 fps. La novità maggiore, tuttavia, è l’adozione di un nuovo filtro passa bas- I so variabile ottico: Sony ha eliminato il doppio modello utilizzando questo filtro che permette di scegliere se avere il filtro, eliminando quindi il moirè a scapito della risoluzione, oppure se disattivarlo per ottenere la massima risoluzione dal sensore. La regolazione dinamica del filtro permette anche una modalità intermedia e il fotografo esigente può addirittura effettuare un bracketing con tre scatti a tre diverse modalità. Sony ha migliorato anche l’autofocus: con 25 zone di ricerca di contrasto e 399 punti di messa a fuoco a ricerca di fase l’AF ibrido della RX1 R II dovrebbe essere del 30% più veloce dell’originale. Inoltre, è stato inserito un mirino OLED Hi-res a scomparsa che affianca lo schermo LCD orientabile, all’interno non mancano poi Wi-Fi e NFC. La RX1 R II è una pura fotocamera: fa video a 1080p anche in formato XAVC S ma Sony non ha inserito la possibilità di ripresa 4K, non è in target. Sony ha anche realizzato una fotogallery consultabile online a questo indirizzo. La RX1R II è sicuramente la nuova compatta dei sogni insieme alla Leica Q, ma come per la Leica i sogni costano: in questo caso 3300 dollari. DIGITAL IMAGING Adobe Lightroom mobile diventa gratis Adobe ha aggiornato la versione per iOS di Lightroom, eliminando il vincolo di abbonamento e anche la necessità di creare un Adobe ID. Ora Lightroom può essere utilizzato in modo completamente gratuito. Lightroom Mobile include possibilità di editing avanzate, come la regolazione delle curve, bilanciamento del bianco, regolazione avanzata del colore, vignettature personalizzate e anche il nuovo filtro di rimozione foschia di Photoshop. Con la nuova versione debutta anche la possibilità di scattare foto direttamente da Lightroom, con regolazione manuale di esposizione e del bilanciamento del bianco. Le novità riguardano al momento la versione per iOS, ma anche Lightroom Mobile per Android dovrebbe diventare totalmente gratuita. DIGITAL IMAGING Canon amplia la gamma di compatte premium con i modelli G5 X e G9 X Con G5 X e G9 X Canon spinge le compatte premium MAGAZINE Estratto dal quotidiano online www.DDAY.it Registrazione Tribunale di Milano n. 416 del 28 settembre 2009 direttore responsabile Gianfranco Giardina editing Claudio Stellari, Maria Chiara Candiago, Alessandra Lojacono, Simona Zucca Editore Scripta Manent Servizi Editoriali srl via Gallarate, 76 - 20151 Milano P.I. 11967100154 Per informazioni [email protected] Per la pubblicità [email protected] torna al sommario Montano lo stesso sensore 1” da 20 megapixel, ma si rivolgono ad un pubblico differente di Roberto PEZZALI anon, che ha recentemente lanciato una nuova compatta super zoom, la Powershot G3 X, si presenta ora con altre due proposte sempre della stessa serie. Il sensore e il processore sono gli stessi, un CMOS da 1” con 20 megapixel di risoluzione e il famoso DIGIC 6, ma G5 X e G9 X sono profondamente diverse e indirizzate anche a due target diversi. La più interessante, anche per l’aspetto “pro”, è la G5 X: Canon ha utilizzato lo stesso obiettivo della G 7X aggiungendo un mirino EVF OLED da 2,36 milioni di punti, elemento questo che mancava al modello presentato in occasione di Photokina. La G5 X ha quindi uno zoom 4,2x equivalente ad un 24-100mm F1.8-2.8, sormontato però da una piccola calotta che integra mirino digitale, slitta per il flash esterno e anche un piccolo flash a scomparsa. Il corpo macchina, con display snodabile da 3”, Wi-fi, NFC e una serie C di ghiere per le regolazioni manuali assomiglia più a quello della G1 X Mark II, con la G5 X che rappresenta quindi una ottima alternativa a quella che resta ancora il top di gamma della serie Powershot. Il prezzo non è tuttavia indifferente: PowerShot G5 X sarà disponibile a partire da novembre ad un prezzo indicativo di €810 IVA inclusa, ma le concorrenti non costano molto meno, con la RX100 IV Sony che di listino fa segnare 1150 euro e la LX-100 Panasonic che costa come la Canon. Più compatta invece la G9 X, con un form factor che ricorda molto la PowerShot S120: qui l’ottica è decisamente più buia e perde anche un po’ di grandangolo, con un obiettivo sempre stabilizzato 3x da 28 - 84mm F2-4,9. La G9 X si controlla quasi esclusivamente con lo schermo touch screen posteriore, segno che ci troviamo davanti ad una macchina destinata ad un pubblico meno esigente che predilige quasi esclusivamente lo scatto con modalità assistite. Restano tutte le altre funzionalità, dal Wi-fi alla ripresa 1080p, per un pacchetto che sarà disponibile da novembre a 520 euro iva inclusa. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE SMARTHOME Panasonic ha mostrato al CEATEC una macchina capace di stirare e piegare i panni In arrivo la macchina che piega il bucato Si chiama Laundroid e arriverà nel 2019, tra gli scogli da superare come piegare i calzini N di Roberto PEZZALI asce dalla collaborazione tra Panasonic, SevenDreamer e Daiwa House la prima macchina in grado di piegare i vestiti depositando su una mensola il bucato in ordine, caldo e profumato, pronto da riporre nell’armadio. Il progetto nasce nel 2008 ed è ormai in fase avanzata, tanto che al CEATEC di Tokyo, una delle maggiori fiere internazionali dell’innovazione, è stata data dimostrazione pratica del prodotto. Laundroid, questo il nome, svolge il suo lavoro in due fasi ben distinte, una analisi computerizzata del capo da piegare e un lavoro meccanico che in base al riconoscimento procede con l’operazione. Il lavoro fatto da Laundroid è difficilissimo: il “droide” che piega i vestiti al posto nostro dev’essere non solo attentissimo a non rovinare alcun capo ma anche estremamente preciso nelle sue operazioni. Panasonic e le altre aziende al momen- Assicura importanti risparmi energetici in base alle abitudini, ai ritmi di vita e a un “budget riscaldamento” preimpostato Lo stile è quello di Nest il prezzo è interessante to non hanno svelato il segreto, ma promettono che nei prossimi mesi si saprà qualcosa di più. L’intera operazione, per un bucato, può durare fino a sette ore e la macchina, al momento con le dimensioni di un frigorifero, è comunque abbastanza silenziosa da poter funzionare la notte in camera. Qualche scoglio da superare resta: piegare i calzini, ad esempio, è molto più difficile che piega- re una camicia o un paio di pantaloni. I preorder di Laundroid partiranno nel 2016, mentre nel 2017 ci sarà una fase di “beta testing” che coinvolgerà alcune famiglie. Nel 2018 è atteso il prodotto industriale, destinato a lavanderie e hotel, mentre nel 2019 dovrebbe arrivare la versione commerciale, più compatta e probabilmente con lavatrice e asciugatrice integrata. Un sogno che si avvera. SMARTHOME Con la videocamera CFH-V20, Kodak offre un’alternativa ai sistemi smart di Nest Kodak CFH-V20, sorveglia la casa ed estende il Wi-Fi Regista video in HD (anche al buio) e li conserva sul cloud; c’è persino la funzione interfono F di Andrea ZUFFI ra i produttori di foto-videocamere che si affacciano sul promettente mondo della videosorveglianza in chiave smart merita attenzione Kodak con il modello CFH-V20 della linea Connected Family Home. Non intimorita dalle rafforzamento del marchio Nest acquisito da Google, Kodak presenta un prodotto in grado di registrare video in qualità HD e trasmetterli in streaming. CFH-V20 è una videocamera che “vede” anche al buio, ha un angolo di visuale orizzontale di 180° e integra la capacità di estendere il raggio di copertura del segnale della rete Wi-Fi domestica, oltre a funzionare come interfono per le comunicazioni audio. Si installa facilmente e dialoga con smartphone e tablet grazie all’app iSecurity+ per iOS e Android, attraverso la quale può essere gestita da remoto e può recapitare notifiche al proprie- torna al sommario Momit Home Termostato smart che fa risparmiare fino al 30% tario di casa. Come la maggior parte dei prodotti nati nell’era dell’Internet of Things Kodak CFH-V20 è compatibile con le applicazioni e i servizi IFTTT. Inoltre, con l’acquisto del dispositivo si accede alla versione base del servizio Kodak 1-day Cloud Event Recording che consiste nel poter memorizzare sul cloud le ultime 24 ore di registra- zione per poterle consultare ovunque ci si trovi. Con una spesa mensile aggiuntiva di 9,99 o 19.99 dollari le 24 ore possono diventare rispettivamente 14 o 30 giorni. La videocamera Kodak CFH-V20, venduta a 150 dollari, rappresenta una interessante e più economica alternativa alla Nest Cam il cui prezzo si aggira sui 200 dollari. di Massimiliano ZOCCHI Momit Home Thermostat propone di farci risparmiare un sacco di soldi gestendo il riscaldamento in modo smart. Il prezzo rispetto alla concorrenza è decisamente abbordabile: solo 129 euro. Momit è una start up spagnola con l’obiettivo di creare diversi prodotti nel settore dell’internet delle cose, e questo termostato intelligente funge da apripista. Dotato di connessione Wi-Fi, può essere controllato da iPhone, Android, Windows Phone o Blackberry agendo da remoto sulla temperatura di casa, oppure affidandosi alla geolocalizzazione per lasciare a Momit il compito di accendere il riscaldamento quando siamo sulla via di casa. Una novità però lo distingue dai suoi simili: il controllo tramite i costi, chiamato “My Budget”. Momit analizza le situazioni, i comportamenti degli occupanti della casa e anche il meteo per ottimizzare i consumi. Oltre a questo può fare una stima dei costi per il mese corrente e, qualora superassero il budget impostato, può intervenire per migliorare la situazione, risparmiando ma senza sacrificare il confort. Momit Home Thermostat può essere installato nel 95% degli impianti domestici, ma nel caso ci fossero dubbi potete affidarvi al test online per la verifica della compatibilità. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE SMARTHOME Presentato ufficialmente il modem router Netgear Nighthawk X4S: offre alte prestazioni per la casa “connessa” Netgear:“La qualità del Wi-Fi è sempre più importante” Netgear ci ha raccontato come la tecnologia MU-MIMO farà la differenza nelle reti Wi-Fi e perché è giunta l’ora di investire C di Paolo CENTOFANTI i possono essere tante ragioni dietro a una rete Wi-Fi di casa che non brilla per velocità o affidabilità, ma spesso ci dimentichiamo che negli ultimi anni si sono anche moltiplicati i dispositivi wireless che si connettono all’interno delle nostra mura domestiche. Se poi si parla di una famiglia numerosa, allora i dispositivi connessi aumentano ulteriormente. Difficilmente poi tutti questi prodotti utilizzano lo stesso standard Wi-Fi: è molto probabile che avremo ancora qualcosa in 802.11b o 802.11g, buona parte dei dispositivi ormai magari è anche in 802.11n e qualcuno già in 802.11ac. Il router anche se 802.11n o 802.11ac deve gestire una moltitudine di situazioni diverse, interferenze da reti esterne e un continuo moltiplicarsi di accessi sempre più contemporanei. Ecco allora che il modem/router Wi-Fi acquista sempre più importanza per il buon funzionamento di un gran numero di dispositivi. Lo sa bene Netgear che ha da poco presentato uno dei primi gateway 802.11ac wave 2, seconda ondata, a indicare che è uno dei primissimi modem/router Wi-Fi a supportare la tecnologia MU-MIMO, soluzione che permetterà di far fare un salto di qualità alle reti Wi-Fi domestiche. “802.11ac è stato lanciato ormai circa tre anni fa, ma con l’arrivo della wave 2 siamo in realtà circa a metà dell’evoluzione di questo standard” ci dice Lionel Paris, Director of Product Marketing di Netgear per la regione EMEA. “Attualmente il prodotto più veloce che abbiamo è un router tri-band che ha una banda wireless complessiva di 5,3 Gbit/s. Ma prima dell’arrivo della prossima tecnologia, 802.11ad, lo standard ac potrà offrire fino a 10 Gbit/s sui prodotti consumer”. Quando si parla di velocità, in questo caso, non bisogna però pensare alla massima banda di trasferimento dati raggiungibile ad esempio da due dispositivi connessi tra di loro tramite una rete Wi-Fi; nessun client Wi-Fi è in grado di sfruttare tutta questa banda disponibile. Piuttosto, si tratta della capacità di trasmissione wireless che l’access point (o il router o il modem/router) può distribuire nella nostra casa, e quindi, tornando al discorso iniziale, in definitiva la possibilità di gestire decine di dispositivi Wi-Fi connessi simultaneamente senza degrado nelle prestazioni. Ciò che promette questa nuova generazione di Wi-Fi, infatti, è non solo una maggiore quantità di banda, ma anche di qualità: “802.11ac Wave 2 vuol dire sostanzialmente due cose. La banda complessiva parte da almeno 2,6 GBit/s, come nel nostro nuovo Nighthawk X4S. Ciò è torna al sommario possibile in primo luogo perché il canale radio passa da 80 MHz a 160 MHz, che è il doppio rispetto alla prima generazione. Ma viene introdotta anche la tecnologia MU-MIMO o Multi User MIMO che offre un notevole salto di qualità. Fino ad oggi, un access point poteva parlare con un solo dispositivo alla volta: si trasmettono i dati a un client, si aspetta la risposta, si passa al successivo, e così via. Ciò pone un limite alla velocità massima, specie quando ci sono diversi client che utilizzano versioni diverse di Wi-Fi. Con il MU-MIMO fino a tre dispositivi 802.11ac possono ora parlare contemporaneamente con l’access point, permettendo di sfruttare in modo molto più efficiente la banda disponibile”. Attualmente i dispositivi compatibili sul mercato sono ancora pochi, ma poiché si tratta di una soluzione al 70% software, l’adozione del MU-MIMO da parte dei produttori hardware sarà molto più rapida rispetto alle transizioni da una generazione di standard 802.11 all’altra. “Lo sforzo richiesto ai produttori per integrare il supporto al MU-MIMO rispetto agli attuali dispositivi 802.11ac è minimo, per cui nel giro di un anno vedremo arrivare un gran numero di prodotti compatibili per questo è importante secondo noi avere un prodotto già pronto per il futuro con MU-MIMO come il nostro nuovo Nighthawk”. Il nuovo Nighthawk X4S è un modem/router pensato innanzitutto non solo per le linee ADSL2+, ma anche per quelle in fibra ottica FTTCab, che utilizzano la tecnologia VDSL2 per collegare l’armadio di strada alla casa dell’utente. Il modem/router di Netgear è uno dei primi a supportare connessioni simmetriche fino a 100 Mbit/s. Proprio perché una grossa componente del MU-MIMO è software, il nuovo Nighthawk è dotato di un potente processore AMR dual core da 1,4 GHz. Questo serve anche a implementare un’altra funzionalità interessante del nuovo modem/router denominata Dynamic QoS (Quality of Service), che permette di regolare dinamicamente la banda assegnata ai servizi Internet a cui si accede: se su una console state scaricando un videogioco da diversi giga e allo stesso tempo volete guardare un film in streaming su Netflix, il Nighthawk è in grado di ridurre automaticamente la velocità di scaricamento del gioco, per garantire che Netflix non solo funzioni regolarmente, ma che la riproduzione avvenga anche in alta definizione. Netgear utilizza un’anagrafica online sempre aggiornata dei vari tipi di traffico possibili e può distinguere tra diversi tipi di streaming video, ad esempio YouTube e Netflix, per ottimizzare sempre il bilanciamento di banda. Il modem/router ha una banda wireless complessiva di 2,53 Gbit/s, di cui 1,7 Gbit/s sulla banda dei 5 GHz, grazie al MIMO 4x4, più 800 Mbit/s sui 2,4 GHz, sempre con MIMO 4x4. Un client Wi-Fi, a seconda delle sue caratteristiche, può utilizzare uno o più stream da 200 o 433 Mbit/s. Il Nighthawk X4S è dotato poi di due porte USB 3.0, con velocità di scrittura dati fino a 600 Mbit/s, porta e-SATA, funzione di server FTP e, con un prossimo aggiornamento, supporto per il servizio ReadyCLOUD, per accedere in mobilità a chiavette o dischi collegati alle porte USB del router. Tutto ciò ha un prezzo però, ovvero un listino di 429,99 euro, contro i 259,99 euro del modello appena inferiore: “Sicuramente a livello di rapporto prestazioni/prezzo il nostro Nighthawk D7000 (modem/router VDSL2 con 1,9 Gbit/s di banda wireless n.d.r.) è probabilmente quello più attraente. Il nuovo X4S è decisamente più costoso, ma offre il massimo della tecnologia, è il primo con MUMIMO e offre un salto prestazionale che tutti possono percepire. La situazione di oggi è che in molti spendono più di 600 euro per uno smartphone, e poi in realtà, se va bene, a casa possono apprezzare metà della velocità a cui può effettivamente andare. Si tende a dare la colpa al dispositivo, ma in realtà il collo di bottiglia è ormai il modem/router, e con l’arrivo della banda ultra larga da una parte e dei servizi di streaming come Netflix dall’altra, lo sarà sempre più, perché i dispositivi che usiamo sono sempre più veloci, ma il gateway no. Cambierà probabilmente anche la mentalità: quando si capirà l’importanza che ha ora un componente di questo tipo, diventerà normale spendere di più per un modem/router, un po’ come oggi non è considerata più una follia spendere 700 euro per un telefono. E a breve, con il diffondersi dello streaming probabilmente diventerà una necessità ben chiara”. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE SMARTHOME A Helsinki si è tenuta la finale del contest per giovani progettisti di tutto il mondo organizzato da Electrolux Helsinki, Electrolux Design Lab Award 2015 Vince un inglese con un “ecosistema” da tavolo Ha vinto un progetto che ha un sapore di “dejà vu”, ma tra i finalisti c’erano delle ottime idee per un futuro migliore di Gianfranco GIARDINA giovani designer hanno un vantaggio: pensano che tutto possa essere possibile, non si pongono i problemi di “fattibilità”. E questo, per chi vuole progettare i prodotti del futuro, è un requisito indispensabile. Lo sa bene Electrolux, che oramai da molti anni organizza un premio destinato ai migliori giovani designer di tutto il mondo e al quale partecipano migliaia di contendenti. Il tema dell’edizione 2015 del Design Lab Award, la cui finale si è tenuta ad Helsinki e alla quale abbiamo partecipato, è quello dei bambini e del loro benessere, un ambito che non solo sta a cuore a tutti i cittadini ma che ha anche grandi possibilità commerciali. Dopo una serie molto lunga di selezioni e una fase finale con 35 progetti e altrettanti concorrenti, si è arrivati all’appuntamento di Helsinki con gli ultimi 6 finalisti. Dopo l’ultima esposizione del progetto di fronte alla giuria e un pubblico di giornalisti e designer, ad aggiudicarsi il primo premio è stato il giovane inglese Jordan Lee Martin con il suo progetto Bloom. I Si tratta di un apparecchio da tavolo da sistemare in cucina e che fa un utilizzo versatile dell’acqua contenuta nel serbatoio centrale: Ogni “petalo” è adibito a una funzione specifica: sterilizzatore per biberon e ciucci; microserra per colture a scopo educativo; cottura a vapore. Il sistema riconosce il tipo di comparto e invia all’interno, secondo la programmazione impostata con un tablet, vapore freddo per le piante, vapore caldo per la cottura e vapore caldissimo per la sterilizzazione. Il tablet di controllo è un punto chiave: l’app di controllo dovrebbe contenere una serie di giochi e tutorial finalizzati a coinvolgere il bambino nel processo di funzionamento, educandolo nei confronti dell’importanza di un’alimentazione sana, rappresentata proprio dalle pianticelle in crescita e dalla cottura a vapore, senza dubbio la più sana. Grazie a questo progetto, il giovane Martin si è aggiudicato un premio in denaro del valore di 10mila euro e soprattutto uno stage retribuito di sei mesi presso in centro design di Electrolux, con buona possibilità di trasformare la propria passione in una professione vera e propria. La giuria ha trovato nel progetto Bloom i contenuti più convincenti: probabilmente ha contato molto anche il fatto che Martin è madrelingua inglese e in questo la sua presentazione è risultata senza dubbio la più convincente; gli altri finalisti (un coreano, un lituano, una messicana, un ungherese e una russa) hanno faticato decisamente di più nell’esposizione in inglese, ma non per questo i progetti presentati erano meno convincenti. Molto interessante, per esempio, il progetto classificatosi al secondo posto, presentato dal lituano Dominykas Budinas: si chiama Air Shield e si tratta di una carrozzina-passeggino in grado, se necessario, di tenere il bambino in un ambiente chiuso e controllato. Una sorta di “capsula” con una grande copertura in policarbonato e una batteria di filtri per abbattere gli inquinanti nell’aria. Il riferimento è chiaramente rivolto agli ambienti cittadini, spesso inquinati dagli scarichi automobilistici che, tra l’altro, sono proprio all’altezza del passeggino. Air Shield, almeno nella concezione del suo creatore, filtra l’aria in ingresso ed è in grado di correggerne anche la temperatura per avvicinarla a quella di comfort del bambino. Ma non solo: è stato previsto anche un sistema microfono/altoparlante per mantenere, se necessario, il bambino in comunicazione acustica con i genitori e con l’esterno. La copertura in policarbonato è anche pensata per schermare i raggi ultravioletti solari ed evitare bruciature e disturbi derivanti dall’eccessiva esposizione al sole, soprattutto per i bambini dalla pelle particolarmente chiara. Restano ovviamente da risolvere molti problemi di ingegnerizzazione, a partire dalle batterie necessarie per un buon funzionamento della carrozzina e le tecnologie necessarie soprattutto per il riscaldamento e raffreddamento dell’aria. Siamo certi - come anche detto dai giurati nei propri commenti - che un prodotto di questo tipo, se mai realizzato, non avrebbe grandi problemi ad affermarsi dal punto di vista commerciale; a noi è parso anche più centrato sul tema della manife- segue a pagina 25 torna al sommario n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE SCIENZA E FUTURO La stampa 3D continua ad attirare l’attenzione, è la volta delle calzature Adidas: scarpa perfetta su misura con la stampa 3D SCIENZA E FUTURO di Massimiliano ZOCCHI HP e SanDisk insieme per le super memorie mmaginate un futuro dove entrando nel negozio di scarpe i commessi analizzeranno la forma del vostro piede, i punti d’appoggio e il modo di correre per realizzare una scarpa da ginnastica su misura. È questo il risultato che vorrebbe ottenere Adidas con la sua scarpa Futurcraft 3D, primo esperimento di calzatura realizzata con tecniche di stampa 3D. Combinando diverse tecnologie e materiali, Adidas è in grado di produrre in stampa 3D l’interno di una scarpa da corsa, quello che in gergo si chiama midsole. Non la tipica stampa in materiale plastico a cui siamo abituati per altri oggetti, ma un tessuto flessibile, adatto HP e SanDisk hanno annunciato una partnership per lo sviluppo di nuove tecnologie per memorie allo stato solido. Al centro della collaborazione c’è lo sviluppo della tecnologia a memristori, componenti elettronici su cui HP lavora da anni e che promettono la creazione di memorie più veloci delle RAM e allo stesso tempo non volatili. Per HP si tratta di una tecnologia in grado di rivoluzionare il mondo del computing. Nell’annuncio si parla dello sviluppo di una nuova tecnologia di Storage Class Memory, 1000 volte più veloce delle attuali memorie utilizzate negli SSD, 1000 volte più affidabili, ma anche più performanti e con maggiore densità di immagazzinamento dati rispetto alle odierne DRAM. Adidas può realizzare una scarpa dalla calzata perfetta, stampata sul modello del piede I ad ammortizzare le sollecitazioni che il piede riceve durante la corsa. Questa scarpa personalizzata non ha solo calzata perfetta, ma anche differenti densità nei vari punti del piede, per seguire i punti d’appoggio più uti- SMARTHOME Electrolux Design Lab Award 2015 segue Da pagina 24 stazione e - tutto considerato - lo riteniamo il migliore del lotto; ma probabilmente il giovanissimo ed entusiasta Lituano non ha convinto tutti i giurati. Al terzo posto un progetto che molto difficilmente riuscirà a diventare un prodotto vero e proprio, forse un po’ troppo visionario: a pensarlo il sudcoreano Jeongbeen Seo. lizzati dalla nostra postura. Al momento si tratta solo di prototipi, ma secondo Adidas non si tratta di un progetto fine a se stesso, bensì parte di una serie di innovazioni che l’azienda vorrebbe porre in essere. E pure in tempi brevi. Nella visione del progettista, il bambino dovrebbe avere piacere a tenere con se il suo gioco, ottenendo anche il servizio, per lui accessorio ma per i genitori molto importante, di vivere in un ambiente meno inquinato. Resta da capire come mai si potrebbe ottenere un purificatore con quella forma e soprattutto quanta aria potrebbe poi ragionevolmente purificare. Problemi che verranno affrontati se mai il curioso progetto dovesse essere ingegnerizzato. Più dell’hula hoop, abbiamo trovato convincente un altro progetto: si tratta di Voris, presentata dalla messicana Fabiola Garcia Bustos. È una specie di robottino (ricorda in qualche modo i robot puliscipavimenti) che ha la funzione primaria di “mangiare” i vestiti utilizzati dai bambini e sanificarli grazie a un’esposizione ai raggi ultravioletti. Si tratta di Q.H. (che sta per Quadruple H), un hula hoop che integra un purificatore d’aria. Non c’è un legame stretto tra le due funzioni, tanto che il sistema purificherebbe l’aria anche a prescindere dal fatto che ci si giochi. Il bambino trova ovviamente il robottino Voris divertente e quindi gioca conferendogli i vestiti usati, proprio quelli che ogni bambino del mondo abbandona in giro per la casa. Contemporaneamente, nelle ore notturne, il robottino fa “compagnia” al bambino, garantendo un’illuminazione notturna e demistificando il ruolo dei “mostri” nell’immaginario dei piccoli: lui è un mostriciattolo buono che terrà i mostri lontano dal sonno del bambino. torna al sommario Una cosa colpisce (e spiace): in tutti questi anni non c’è mai stato un finalista italiano dell’Design Lab Award di Electrolux; la cosa salta agli occhi almeno per tre motivi: la creatività italiana - l’abbiamo dimostrato per decenni - non è seconda a nessuno; l’Italia poi è tutt’ora la culla del design e dello stile internazionale; infine, Electrolux è una società ben presente e radicata in Italia, con realtà produttive nel nostro Paese. La latitanza di buone idee italiane, capaci di arrivare in finale, è una colpevole assenza; un ruolo chiave, da questo punto di vista, dovrebbero averla le scuole di design, sia quelle superiori che quelle universitarie. L’anno prossimo vorremmo davvero poter fare il tifo per un giovane designer nostro connazionale. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Dopo la presentazione al salone di Francoforte, Opel ha mostrato in Italia Monza: la sua concept-car del futuro Opel Monza è un sogno hi-tech all’avanguardia L’abitacolo è incredibile: 18 proiettori LCD lo rendono un video wall che si adatta alle esigenze di conducente e passeggeri di Emanuele VILLA opo averla presentata in occasione del Salone di Francoforte, Opel ha portato in Italia Monza, la sua concept-car stracolma di tecnologia che prosegue la tradizione della prima Monza, coupè che venne presentata nel 1977 e restò in produzione fino al 1986. Monza Concept non è solo una supercar dal design futuristico e motorizzazioni all’avanguardia, ma offre un rivoluzionario sistema di gestione dell’auto e di infotainment. Ed è quasi superfluo aggiungere che, in sede di presentazione, i giochi di luce che fuoriuscivano dall’abitacolo hanno catturato la nostra attenzione. D Un display infinito con 18 proiettori LED Alla base del sistema di bordo c’è un concetto del tutto nuovo che consiste nell’eliminare i confini del classici display. Saliti sull’auto sembra di entrare in un mondo completamente separato dall’esterno, dove luci e colori ci accerchiano e circondano completamente: ci viene spiegato che alla base del progetto Monza c’è la volontà di eliminare gli schermi separati, e a giudicare da quanto vediamo il risultato risponde alle aspettative. Tutto il cruscotto è display, lo è anche il bracciolo interno, tutto viene “invaso” da linee, colori e informazioni varie, tra l’altro con una definizione apprezzabile. Il risultato è stato possibile grazie all’integrazione di 18 proiettori LED “delle dimensioni di un pacchetto di sigarette” all’interno del cruscotto, proiettori che vengono orientati in fabbrica per creare un solo enorme display frontale che occupa tutto il cruscotto. Ovviamente quello che vediamo è una demo, ma ci viene spiegato che il display è totalmente modulare e gli spazi vengono gestiti dinamicamente dal conducente, che può volere solo informazioni sull’auto e sul viaggio dalla sua parte, e magari il navigatore dalla parte del passeggero (così che sia lui a gestirlo), oppure centralmente il sistema musicale (con tanto di copertine degli album a scorrimento) e via dicendo. Il display continua sul bracciolo e anche nella parte posteriore dell’abitacolo, dove sono presenti due tablet integrati nel sedile. Chiediamo come avvenga in concreto il controllo del sistema e la gestione degli spazi e ci viene risposto che sarà un mix di controlli al volante torna al sommario e controllo vocale: il sistema di retroproiezione rende davvero ostico un controllo touch in tutto e per tutto, ma ci assicurano che l’azienda sta lavorando anche in tal senso e che ci sarà spazio anche per questo genere di interazione. Resta il fatto che sembra di essere in un’astronave, ed è un’esperienza piacevole. Tre tipi di connettività: ME, US e ALL Un altro aspetto di tecnologia consumer che abbiamo approfondito è quello della connettività, sulla quale Opel sta lavorando molto non solo in chiave futura ma anche nei modelli già disponibili. Al di là dei classici Wi-Fi, LTE e hotspot vari, Monza vuole creare una “rete” di connessioni da e verso l’auto che coinvolgano i passeggeri dell’auto, i propri contatti e il mondo esterno. Spieghiamo meglio: se il conducente imposta la modalità ME, il sistema di infotainment è chiuso e sul cruscotto “infinito” verranno mostrate solo informazioni utili per la guida, ovvero dati dell’auto, percorso, informazioni sulle condizioni del traffico, navigatore e così via. Il bello però inizia quando nell’abitacolo c’è più di una persona e si imposta la modalità US: in questo momento chi è nell’abitacolo può usare il sistema per connettersi a persone (esterne) selezionate, permettendo loro di interagire col sistema di di bordo. Due persone potrebbero così chattare, altre effettuare una videochiamata, magari giocare a un Alcuni layout del sistema di bordo, totalmente modulare videogame, un parente lontano potrebbe condividere un brano musicale e farlo ascoltare all’interno aggiunge la possibilità di condividere in tempo reale dell’auto e via dicendo. In pratica, con questa modalità la posizione dell’auto su Internet e il tragitto fissato, di modo tale da poter dare un passaggio a chi faccia la si creano rapporti diretti tra passeggeri dell’auto e perstessa strada. È possibile inoltre condividere in tempo sone esterne, con la quali comunicare, giocare, condireale altre informazioni con altri automobilisti, così da videre informazioni e via dicendo. Infine è stata previcalcolare percorsi più veloci, alternativi e molto altro. sta la modalità di connessione “totale”: ALL. Il concetto Inoltre, l’azienda ha integrato in Monza un’anteprima è semplice: con questa modalità chi guida può colledei sistemi Car to Car e Car to X che saranno il basagarsi al mondo esterno senza limitazioni e condividere informazioni importanti con gli altri automobilisti. Sono mento di una futura Opel a guida autonoma. Ma per quindi previste tutte le funzionalità precedenti cui si quello dobbiamo aggiornarci in futuro. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE AUTOMOTIVE Highway Teammate è stata messa alla prova sulla Shuto Expressway di Tokyo L’auto intelligente di Toyota è già su strada Il piano del Costruttore è la messa in vendita in tempo per le Olimpiadi nipponiche del 2020 di Emanuele VILLA Lexus sforna una nuova tecnofollia Una replica della IS Saloon realizzata da 1700 fogli di cartone tagliati a LASER Ha un motore elettrico che consente di guidarla per davvero N on è un segreto che Google, Nissan, GM ed altri grossi nomi del settore automobilistico stiano investendo da anni nel progetto di auto a guida robotica: il sogno fantascientifico di un’auto che ci porta a destinazione mentre noi ci occupiamo di altro sembra avvicinarsi a rapidi passi, ma l’idea di Toyota di guida autonoma sembra essere un po’ diversa, benché già su strada. Highway Teammate (il compagno d’autostrada) è infatti il progetto del Costruttore giapponese che va almeno parzialmente in controtendenza rispetto - per esempio - alla Google Car: Toyota vuole che l’auto non sia uno strumento indipendente ma che possa affiancare l’uomo al volante quando possibile. Il progetto nasce da un pianale collaudato, quello della Lexus GS di produzione, a cui è stata leggermente modificata la carrozzeria per inserire un gran numero di sensori in grado di rilevare prossimità di altri veicoli, leggere le linee di carreggiata, interpretare se la zona permette il sorpasso o meno, leggere eventuali segnali stradali ed infine interfacciarsi con l’infotainment di bordo per arrivare a destinazione senza che l’autista metta mano al volante. I test condotti sulla Shuto Expressway (la tangenziale di Gran Turismo, per capirci) hanno dato risultati eccellenti e la deadline del progetto fissata alle Olimpiadi del 2020 sembra proprio possa essere rispettata: chi potrebbe fare di meglio, forse, sono Elon Musk e la sua Tesla che per la Model X stanno rilasciando un aggiornamento firmware che inizia ad introdurre funzionalità di controllo robotico. Staremo a vedere. Ecco il pilota automatico di Tesla. Ma senza distrarsi La macchina effettua operazioni da sola ma non si possono staccare le mani dal volante T di Emanuele VILLA torna al sommario agli albori e un concetto di guida totalmente autonoma verrà raggiunto solo più avanti nel tempo. Una volta attivato il pilota automatico, se il guidatore toglie le mani dal volante verrà avvisato in ogni modo (indicazione sul display, avviso acustico), ed è anche previsto che la macchina - di fronte all’assenza di rea- di Paolo CENTOFANTI Toyota Highway Teammate AUTOMOTIVE Tesla aggiorna le Model S americane (poi nel mondo) con la modalità Autopilot ramite un aggiornamento OTA, disponibile prima per i modelli USA e successivamente nel resto del mondo, Tesla attiverà in queste ore la tecnologia di guida semi-automatica sulle proprie flagship Model S. Il nome è tutto un programma: Tesla Autopilot, ma in realtà chi già si vede attento alla lettura di un giornare o alla visione di un film mentre la macchina lo porta a destinazione dovrà ricredersi. O quanto meno attendere ancora un po’. Elon Musk l’ha ripetuto fino allo sfinimento: la modalità Autopilot sfrutterà sì tutti gli infiniti sensori della macchina per offrire - tra l’altro - una risposta automatica alle condizioni del traffico e il cambio di corsia automatico, ma il conducente non potrà staccare le mani dal volante nè distrarsi. La tecnologia è Origami Car di Lexus è l’auto elettrica fatta di cartone zione del conducente - rallenti e si fermi autonomamente. Musk ha previsto che a livello tecnologico nell’arco di tre anni le automobili ci potranno portare al lavoro in modo del tutto autonomo, ma a livello legislativo una pratica del genere potrebbe richiedere molto di più per essere regolamentata. Avevamo lasciato Lexus alle prese con il suo skateboard a levitazione magnetica, e ora torna a far parlare di se con un’altra “trovata” del tutto insolita: l’Origami Car. No, non è un’automobile che si costruisce da un solo foglio di carta con l’omonima antica tecnica giapponese, ma è pur sempre una replica a grandezza naturale della Lexus IS Saloon completamente di cartone, o quasi visto che c’è comunque un telaio di allumino. L’auto è stata realizzata partendo da 1700 fogli di cartone riciclabile, accuratamente tagliati a LASER con una macchina apposita dai team creativi di LaserCut Works e Scales and Models. Tutto è stato ricostruito, dai pneumatici agli interni e sotto il cofano di cartone è stato montato un motore elettrico e dei pacchi batterie, che permettono di guidare per davvero l’auto. Peccato solo che con ogni probabilità non è anche impermeabile, altrimenti ci si poteva quasi farci un pensierino! I T S TA R T S W I T H NUOVO TV 4K ULED 65XT910 ASSOLUTA PROFONDITÀ E MASSIMA BRILLANTEZZA PER UNA SORPRENDENTE QUALITÀ DELL’IMMAGINE. Tecnologia ULED con controllo dinamico della retroilluminazione. Neri profondi, ampliata gamma di colori e massima fluidità delle immagini in movimento. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Oltre a 3D Touch e fotocamera da 12 MP, presenti tante altre soluzioni che rendono l’iPhone 6s migliore dell’iPhone 6 iPhone 6s Plus: la rivoluzione si chiama 3D Touch L’iPhone 6s Plus di Apple migliora il modello precedente sotto diversi aspetti, principalmente la fotocamera e il display Il 3D Touch promette davvero molto bene e la fotocamera riprende in 4K con una eccellente qualità. Il prezzo, però... I di Roberto PEZZALI l 9 ottobre è stato il giorno dell’iPhone 6S: i due nuovi modelli di smartphone Apple sono finalmente disponibili nei negozi e negli Apple Store, presi d’assalto già dalle prime ore dell’alba da coloro che non possono arrivare a sera senza avere tra le mani l’ultima meraviglia disegnata a Cupertino. Come suggerisce il nome stesso siamo nell’anno del modello “s”: l’iPhone 6s Plus che abbiamo provato migliora e perfeziona quello che è stato lo smartphone più venduto del 2015, senza però alterarne un design che, se guardiamo ai numeri, è comunque piaciuto. Non bisogna tuttavia pensare all’anno “s” come all’anno delle poche novità, anzi: Apple ha sempre utilizzato prodotti come l’iPhone 4s e l’iPhone 5s per introdurre alcune delle caratteristiche che sono alla base del successo dell’iPhone. Nel caso dell’iPhone 4s la novità è stata Siri, per l’iPhone 5s il TouchID: con il nuovo iPhone 6s Apple vuole rivoluzionare il touchscreen aggiungendo una terza dimensione al tocco, la pressione. 3D Touch e la nuova fotocamera da 12 Megapixel rappresentano le due più grandi novità di questo nuovo modello, ma Apple non si è fermata qui: sotto la scocca ci sono tantissime piccole migliorie che rendono l’iPhone 6S un prodotto decisamente migliore rispetto all’iPhone 6. Il design non cambia, la costruzione sì Apple non è intervenuta a livello di design: l’iPhone 6s e la sua versione Plus sono praticamente identici ai modelli precedenti, fatta eccezione per la disponibilità della nuova finitura Rose Gold. Apple prosegue convinta nelle sue scelte, ma dobbiamo dire che forse il design dell’iPhone 6 non era tra i più convincenti degli ultimi anni: le linee plastiche delle antenne, il trattamento superficiale che rende l’alluminio abbastanza scivoloso e l’obiettivo sporgente erano e restano “nei” che potevano benissimo essere eliminati o limati. Se il design non ha subìto neppure un ritocco, a livello costruttivo l’iPhone è decisamente nuovo: per la scocca unibody è stata usata una lega di alluminio Serie 7000, la stessa che Apple ha già usato anche per la versione Sport dell’Apple Watch. Questo gene- video Apple iPhone 6s Plus la L’iPhone 6s Plus non ha corretto i piccoli difetti estetici dell’iPhone 6, ma resta comunque uno smartphone eccezionale per costruzione, qualità, velocità e prestazioni. Apple ha posto i mattoni per tecnologie che sicuramente verranno adottate da tutti in pochissimo tempo: il 3D Touch, in mano agli sviluppatori e con un po’ di fantasia, può davvero rivoluzionare il modo in cui vengono pensate e studiate le interfacce grafiche. L’iPhone riesce ancora una volta a confermarsi il prodotto da battere in ambito fotografico, e ora al successo contribuisce anche la fotocamera frontale. Tutto questo ha però un prezzo: 999 euro. Non è un errore: il modello da 16 GB, che costa 100 euro in meno, a nostro avviso non ha proprio ragione di esistere per un utilizzo personale. È perfetto per le aziende, per i negozi, per chi ha bisogno di modelli “demo”, ma come smartphone per foto, musica e applicazioni non è assolutamente consigliato e costringe ad una serie di sacrifici enormi, dalla cancellazione delle foto ad un numero limitato di applicazioni. Nonostante le molte novità, chi ha un iPhone 6 può anche tenerselo stretto: 3D Touch, 4K e prestazioni migliorate non sono un buon motivo per cambiare subito quello che è ancora un eccellente smartphone. 9.2 Qualità 10 Longevità 10 Design 9 Semplicità 10 Costruzione e materiali COSA CI PIACE Foto e video di eccezionale qualità COSA NON CI PIACE Esperienza d’uso gratificante grazie a ottimo S.O. re di leghe di alluminio, rispetto alle leghe del gruppo 6000 usate sull’iPhone 6 e realizzate con alluminio, silicio e magnesio, sono pensate per applicazioni aerospaziali e sfruttano legami di alluminio e zinco. Il risultato è un alluminio decisamente più robusto, anche se leggermente più pesante: tenendo tra le mani iPhone 6 Plus e iPhone 6s Plus una leggera differenza si sente, anche se l’aumento di peso non è tutto Apple ha ridotto anche ogni fessura, aumentando la precisione di lavorazione torna al sommario 889,00 € b LO SMARTPHONE È FANTASTICO, MA CHE PREZZO D-Factor 9 Prezzo 7 Modello da 16 GB senza senso 3D Touch con poche applicazioni pratiche Prezzo elevatissimo imputabile al materiale. L’alluminio resta comunque scivoloso, motivo per il quale suggeriamo una delle nuove custodie in silicone, morbide e con ottimo grip. Restando in tema di resistenza Apple ha adottato anche un nuovo vetro rinforzato: lo zaffiro è ancora troppo costoso, ma con un nuovo trattamento di rinforzo Apple assicura di aver realizzato il vetro più resistente mai usato su uno smartphone. Questo “Ion-strenghtened Glass” di seconda generazione viene realizzato immergendo il vetro in un bagno di sali di potassio a 300°: gli ioni di sodio presenti nel vetro si staccano e il loro posto viene occupato da ioni di potassio, che essendo più grandi comprimono il vetro rendendolo più resistente. Come sempre saranno le prove pratiche a dire se Apple è riuscita a risolvere il problema della rottura in caduta: tutti i vetri rinforzati, da quelli Apple ai Gorilla Glass, si sono sempre dimostrati ottimi nelle prove di resistenza alle scalfiture e ai graffi, ma nessuno di questi è mai riuscito a resistere a certe cadute, facendo la felicità di Apple Store e riparatori cinesi vari. segue a pagina 29 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Apple iPhone 6s Plus segue Da pagina 28 Una nuova dimensione per lo schermo Apple con l’iPhone ha rivoluzionato l’interfaccia utente degli smartphone: pinch to zoom, gesture e multi touch sono diventati ormai elementi indispensabili attorno ai quali costruire una applicazione. A 8 anni dal lancio del primo iPhone, l’azienda di Cupertino prova ancora una volta a tracciare la strada verso interfacce utenti più intelligenti e naturali: il “tocco” sullo schermo è limitato, con l’iPhone 6 e il 3D Touch si può dare forza al tocco, toccando piano oppure premendo forte. L’idea del touch “fisico” non è nuova, ma Apple riesce a renderla mainstream creando il perfetto livello di interazione tra hardware e software: l’ha già usata sul nuovo MacBook, l’ha inserita su Apple Watch con il nome di Force Touch e ora arriva anche sugli iPhone come 3D Touch. Apple ha cambiato nome perché la tecnologia non è affatto identica: sul Watch Force Touch prevede il riconoscimento di una pressione più forte, mentre sull’iPhone si possono riconoscere circa 256 livelli di pressione differenti, come abbiamo potuto verificare sviluppando un’app custom (sì, si può usare lo schermo per pesare la frutta). Lavorando con gli strumenti che Apple mette loro a disposizione, gli sviluppatori potranno gestire il 3D Touch in tre diversi modi: uno libero, dove l’intensità della forza è un valore variabile, Peak and Pop e Quick Actions. Se la prima modalità è destinata a giochi e ad torna al sommario app particolari come quelle di disegno (Note di Apple è già abilitata a riconoscere i livelli di pressione), Peak and Pop è quella più interessante per aggiungere interazione alle applicazioni: offre due livelli di pressione predefiniti che corrispondono a due stati differenti, dove il primo risponde a una pressione leggera per avere una sorta di “anteprima”, mentre il secondo reagisce a una pressione più forte con il sapore di conferma. “Quick Actions”, infine, prevede una pressione che genera sulle icone delle app un menù con una serie di azioni veloci. Per rendere il tocco più realistico, Apple ha aggiunto anche un feedback tattile: non è convincente come quello del MacBook, ma la sensazione di pressione restituita è comunque buona. Il 3D Touch ha enormi potenzialità, ma devono essere bravi gli sviluppatori a sfruttarlo trovando soluzioni geniali per renderlo indispensabile: è infatti molto facile dimenticarsi della sua esistenza. Quello che offre ora, infatti, sono solo soluzioni rapide per eseguire in modo più semplice azioni che richiederebbero qualche passaggio in più, ma niente di cui non si può fare a meno: ricorda un po’ il tasto destro con OSX, averlo e non averlo cambia poco. Certi gesti dopo un po’ diventano naturali, ma serve tempo. Inoltre, non tutto reagisce alla pressione: alcune icone lo fanno, altre no, quindi ad oggi l’uso del 3D Touch è legato un po’ all’esplorazione e alla sperimentazione all’interno di una interfaccia che non offre alcun segno di riferimento. iOS ha sempre avuto nella coerenza dell’interfaccia uno dei punti di forza: chi si trova davanti ad una tabella, qualsiasi sia l’applicazione, ha imparato ormai che trascinando verso sinistra una cella si elimina il contenuto, sia questo una nota, un appuntamento del calendario o una mail. Con il 3D Touch invece si fatica a intuire quali sono gli elementi dell’interfaccia che offrono altre funzioni se toccati con fermezza, e soprattutto capita che lo stesso bottone in una applicazione aggiornata offra opzioni secondarie, in una app invece non compatibile si comporta come si è sempre comportato. Se Apple ha aggiornato quasi tutte le sue app, gli altri si stanno adeguando piano piano: Instagram ha aggiunto un paio di funzionalità, ma per il resto ci sono milioni di app per le quali iPhone 6 e iPhone 6S sono identici. Peak and Pop è in ogni caso la funzionalità più interessante: permette di “sbirciare” una mail, un link o una foto senza effettivamente selezionarla. 3D Touch ha enormi potenzialità, ed è in grado di trasformare ogni pixel dello schermo in una sorta di tasto virtuale: Apple ha dato gli ingredienti, ora gli sviluppatori dovranno creare il dolce perfetto. Il menù per regolare la sensibilità del 3D Touch ed eventualmente disattivarlo è stato inserito da Apple nel sottomenù Accessibilità. Rivoluzionate le fotocamere Tanti pixel in più e video a 4K Inutile negarlo: uno dei motivi per i quali molte persone scelgono l’iPhone è la fotocamera. Sul mercato esistono ottimi smartphone capaci di ottime fotografie, ma il modo in cui l’iPhone, con la sola pressione di un tasto e senza regolazione, riesce a restituire una immagine che nella maggior parte dei casi è davvero perfetta ancora non è stato eguagliato dalla concorrenza. Quest’anno Apple ha fatto il grande passo: upgrade di pixel su tutta la linea, davanti e dietro. A beneficiare della risoluzione maggiore è soprattutto la camera frontale iSight: il fenomeno selfie è troppo importante per essere trascurato, quindi al posto del modulo da 1.2 Megapixel ora gli scatti della camera frontali vengono realizzati con una buonissima fotocamera da 5 Megapixel. Il risultato è qualitativamente ottimo: gli scatti della camera frontale, oltre ad avere una risoluzione più segue a pagina 30 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Apple iPhone 6s Plus segue Da pagina 29 che adeguata, sono anche perfettamente bilanciati, ben esposti anche in controluce e con una notevole gamma dinamica. Apple ha pensato anche di sfruttare il display retina per fare da flash: inutile inserire un LED come hanno fatto altri produttori, confermando che l’uso una luce puntiforme su una foto ravvicinata produce solo disastri, meglio usare lo schermo come pannello bianco uniforme gestendo anche il punto di bianco per regolare la temperatura colore. Apple, avendo pieno controllo sull’hardware, spinge la luminosità del display a un livello tre volte superiore a quello standard per fornire la luce necessaria ad illuminare un viso a una distanza di circa 70 cm. Cresce anche la risoluzione della camera posteriore, quella principale: da 8 Megapixel si passa a 12 Megapixel, e per il modello iPhone 6s Plus ora la stabilizzazione ottica è attiva anche sui video e in ogni condizione. La crescita di risoluzione ha portato a una diminuzione delle dimensioni dei pixel, da 1.5µm a 1.22µm, ma nel complesso la qualità dell’immagine riesce ad essere migliore. Non c’è una differenza drammatica come sulla camera frontale, ma nel confronto di qualche scatto fatto con l’iPhone 6 Plus e l’iPhone 6s Plus si riesce ad apprezzare la migliore risoluzione e il dettaglio del nuovo sensore. Nonostante l’obiettivo non sia cambiato, ed è lo stesso gruppo da 5 elementi con lente frontale in zaffiro, ci sembra inoltre che la camera dell’iPhone 6S abbia un effetto bokeh migliore e soprattutto riesce a gestire meglio la messa a fuoco a distanza ravvicinata (macro). Difficile dire se l’iPhone 6s abbia una delle migliori fotocamere mai viste su uno smartphone: altri competitor, dal Galaxy S6 all’LG G4, in qualche situazione potrebbero offrire scatti migliori, soprattutto se si sfrutta la modalità di scatto evoluta. Ma la facilità di scatto e la percentuale di riuscita delle foto scattate con un iPhone è difficile da raggiungere. Ecco alcune foto che abbiamo scattato: clicca per Foto 1, Foto 2, Foto 3, Foto 4. Al cambio delle fotocamere Apple ha accompagnato anche due novità software: la camera ora può registrare a 4K e soprattutto si possono scattare fotografie animate, le “Live Photos”. Queste ultime non sono una novità assoluta: l’iPhone tiene in memoria 45 fotogrammi prima dello scatto e 45 fotogrammi dopo lo scatto, ma al posto di usarli per scegliere la posa migliore li sfrutta per animare leggermente una foto. Scorrendo le foto all’interno del rullino la preview è accompagnata da una breve animazione, ma tramite 3D touch è possibile riprodurre tutta la microscena registrata, audio incluso. L’attivazione della Live Photo avviene premendo un tasto nella parte alta dell’app fotocamera, e bisogna avere l’accortezza di tenere lo smartphone in posizione qualche secondo anche al termine dello scatto: senza saperlo, molte delle foto “live” che abbiamo scattato terminavano con lo smartphone in tasca e nessuna possibilità di “tagliare” i fotogrammi di troppo. Le foto animate tengono il doppio dello spazio rispetto a una foto normale: Apple non usa un formato particolare, ma semplicemente crea, oltre alla foto da 12 Megapixel in formato jpeg, un piccolo filmato MP4 della durata di 3 secondi con lo stesso nome: ci pensa il software a combinare i due. Queste foto possono ovviamente essere condivise, ma solo chi ha iOS 9, ESX El Capitan e Watch OS 2 potrà vederle a pieno: per tutti gli altri sarà visibile solo il fotogramma principale, fermo. Apple dovrebbe rilasciare anche una api pubblica per permettere la gestione delle foto sul web e in app di terze parti, ma al momento non ci sono notizie. L’ultima novità è la ripresa 4K: un minuto di filmato tiene circa 300 MB e giustamente Apple non l’ha attivata di default, la modalità standard resta il 1080p a 60 fps. In 4K l’iPhone registra video di qualità eccezionale se si pensa al piccolo sensore, tuttavia è vincolato alla luminosità della scena: il video di 30 secondi che ab- Le foto panoramiche hanno una risoluzione ancora maggiore. torna al sommario biamo girato con buona luce (clicca qui per il video), visto su un TV 4K, mostra la qualità del sensore in tutto il suo dettaglio e anche un eccesso di lens flare in qualche situazione. Purtroppo non si può modificare la risoluzione all’interno dell’app, si deve tutte le volte passare dal menù impostazioni: un vero peccato, anche perché l’indicatore di risoluzione in basso a destra era perfetto per una interazione. I filmati in 4K non possono ovviamente essere visti su TV tramite adattatore HDMI (si ferma a 1080p) e nemmeno tramite AirPlay: possono essere editati con iMovie sull’iPhone (e sul 6s è velocissimo) oppure su un Mac, per poi essere esportati in 4K come file in formato MOV. Ecco il file da scaricare. Tecnologia PCI per lo storage Ma 16 GB non bastano più Apple ha rifatto all’iPhone 6s anche il “motore”: un nuovo processore, più memoria RAM e soprattutto un nuovo controller fatto in casa per le memorie flash che aumenta in modo considerevole la velocità. L’unico elemento con un segno “-“ davanti è la batteria: la nuova unità ai polimeri di litio che alimenta l’iPhone 6s Plus è da 2750 mAh, leggermente più piccola di quella da 2915 mAh dell’iPhone 6 Plus. Apple, per mantenere identiche le dimensioni, ha dovuto ritagliare un po’ di spazio per il nuovo Haptic Engine (che Apple chiama Taptic), l’elemento che restituisce le sensazioni di pressione, e a farne le spese è stata proprio la batteria. Partiamo però dal processore e dalla memoria: Apple non entra mai nei dettagli produttivi, si limita a dare qualche dato: il nuovo A9 è più veloce secondo Apple del 70% segue a pagina 31 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Apple iPhone 6s Plus segue Da pagina 30 rispetto al modello precedente e ha una GPU veloce quasi il doppio rispetto a quella integrata nel processore A8. I dati in ogni caso li diamo noi: se il processore A8 era un dual core a 64 bit e 1.4 Ghz di clock, il nuovo A9 resta sempre a 64 bit ma si spinge fino a 1.85 Ghz; la GPU invece dovrebbe essere il modello più avanzato disponibile nel catalogo di Imagination Technology, la PowerVR GT7600, ma mancano conferme. Migliora anche l’efficienza dei chip: grazie al nuovo processo produttivo FinFet Apple ha fatto realizzare due processori che consumano decisamente meno: questo non vuol dire che il nuovo iPhone ha una autonomia maggiore, ma semplicemente che Apple aggiungendo feature come il 3D Touch e Siri Always On è riuscita a ottenere più o meno la stessa autonomia del modello dello scorso anno. Con l’iPhone 6s Plus, senza abusare troppo della rete e con Apple Watch collegato, siamo riusciti ad arrivare a sera senza alcun problema e con il 30% di carica residua. Riguardo al processore A9 c’è un piccolo “giallo”: Apple, per soddisfare velocemente molti mercati e aumentare i volumi di vendita, ha fatto produrre i due chip a due produttori differenti, Samsung e TMSC, che utilizzano due processi produttivi per i chip differenti, il primo a 14 nm e il secondo a 16 nm. Nonostante numerosi voci parlino di versione TMSC (quella che abbiamo noi) con una autonomia maggiore e una maggiore velocità, abbiamo scelto di non esprimerci sulla questione. Se Apple ha preso la decisione di tenere due fornitori per i suoi processori, avrà anche verificato che i due prodotti siano in grado di offrire più o meno le stesse prestazioni. I benchmark, per quanto siano ben studiati, non possono mai riflettere condizioni di utilizzo reali. Nei giorni scorsi in ogni caso Apple ha rilasciato la seguente dichiarazione: “Con i processori A9 inseriti in iPhone 6s e iPhone 6s Plus, progettati interamente da Apple, vi trovate davanti ai processori per smartphone più avanzati al mondo. Ogni processore che usiamo viene approvato secondo i più alti standard qualitativi Apple per assicurare la migliore performance e la migliore autonomia a prescindere dal modello di iPhone 6s, della capacità o del colore. Alcuni ‘test’ che paragonano l’autonomia spingendo il processore al massimo carico di lavoro torna al sommario fino a quando la batteria non raggiunge la sua capacità minima non sono in alcun modo rappresentativi di un utilizzo reale, in quanto sfruttano il processore in un livello che mai riflette una condizione che poi si verificherà. È un modo fuorviante e sbagliato di fare la misura. I nostri test e i dati dei clienti dimostrano che l’autonomia degli iPhone 6s e degli iPhone 6s Plus, tenendo anche conto delle variabili dovute ai diversi componenti, varia al massimo del 2 - 3% ”. Abbiamo apprezzato molto il raddoppio della RAM da 1 GB a 2 GB: se l’aumento di velocità dell’interfaccia e delle applicazioni è impercettibile, l’utente si accorgerà di avere più memoria quando l’iPhone tiene aperti in Safari molti più tab senza la necessità ogni volta di ricaricare il contenuto della pagina. Il vero boost prestazionale arriva, però, dal nuovo controller per la memoria: Apple aveva iniziato con il MacBook a costruirsi in casa il controller SSD, e a quanto pare la tecnologia viene ora utilizzata anche all’interno degli iPhone 6s. Utilizzando una piccola app (Performance Test Mobile) abbiamo confrontato le velocità in lettura e scrittura dei nuovi iPhone rispetto al modello dello scorso anno, e il risultato fa impallidire: l’iPhone 6s va quasi al doppio dell’iPhone 6 in lettura e il doppio in scrittura. Inutile dire quali siano le implicazioni reali: il caricamento di applicazioni e giochi è molto più veloce, e si può apprezzare la cosa soprattutto con giochi di grandi dimensioni. Apple fa bene a non inserire il supporto a una memoria esterna, perché nessuna memoria potrebbe eguagliare questo disco in termini di prestazioni, ma i 16 GB del modello base sono davvero troppo pochi per poter essere presi in seria considerazione. Apple continua a offrire il taglio piccolo perché esistono clienti, soprattutto nel mondo business, che non hanno bisogno di molto spazio, ma un utente che usa l’iPhone come telefono personale dovrebbe pensare solo al modello da 64 GB. Il nuovo TouchID è una scheggia Il processo di revisione dell’iPhone ha coinvolto anche alcuni elementi secondari: il sensore biometrico TouchID ora è molto più veloce. Non si deve più attendere nemmeno un secondo, basta premere il tasto Home per trovarsi lo smartphone sbloccato: il TouchID c’è, ma la sua presenza non si sente. Sembra migliorata leggermente anche la precisione quando il dito non è in posizione perfetta, ma fa ancora fatica se invece il dito è umido o leggermente bagnato. Un’altra novità riguarda il processore computazionale che gestisce i sensori: Apple ha integrato nell’A9 un nuovo processore, denominato M9, che si occupa ora anche dell’analisi vocale. L’iPhone resta così sempre in ascolto, e questo permette di richiamare Siri con “Hey Siri” in qualsiasi momento senza necessità di premere tasti o di tenere lo smartphone collegato alla corrente. L’impatto sui consumi, da quello che abbiamo potuto vedere, è praticamente nullo. Nuovi anche i moduli di rete: il Wi-Fi, che già dallo scorso anno gestiva le reti Wireless 802.11ac, ora grazie ad antenne multiple può sfruttare la tecnologia MIMO e arrivare a 866 Mbps, mentre il Bluetooth è stato portato alla versione 4.2. Una miglioria questa da non sottovalutare: la versione 4.2 di bluetooth oltre ad essere molto più veloce integra anche la possibilità di comunicazione IP tramite bluetooth, un requisito indispensabile per gli oggetti connessi del futuro. Sulla questione Wi-Fi va fatta in realtà un po’ di chiarezza: per poter ottenere la massima velocità serve non basta un access point 802.11ac, ma ne serve uno “wave 2”. Tutti i prodotti con tecnologia Wireless 802.11ac disponibili sul mercato e lanciati negli ultimi due anni sono in realtà “wave 1”, e solo negli ultimi mesi qualche produttore sta proponendo access point che rispettano già le specifiche avanzate “wave 2”. Apple ha giustamente guardato avanti, ma ad oggi le reti Wi-Fi in grado di soddisfare la massima velocità del nuovo iPhone sono davvero poche: nella stragrande maggioranza dei casi l’iPhone 6s andrà alla stessa velocità di un iPhone 6. Nuovo anche il modem LTE Advanced: è più veloce e supporta un numero maggiore di bande. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Abbiamo provato la versione 6.0 di Android, nome in codice Marshmallow: tantissime le novità aggiunte da Google Android 6.0: più sicuro, ma anche più complesso Molte novità sono dedicate agli utenti evoluti, importanti miglioramenti sotto il profilo della sicurezza e dell’autonomia di Roberto PEZZALI oogle ha reso disponibile sui suoi repository l’update per la versione finale di Marshmallow, ovvero Android 6.0 (qui i link per tutti i Nexus). Nei prossimi mesi i produttori cercheranno di portare Android 6.0 sul maggior numero di dispositivi possibili, ma come sempre i primi ad averlo saranno prodotti di casa Google: non ci siamo lasciati sfuggire l’occasione di caricare l’ultima release su un Nexus 5, dopo diversi mesi di prova della Developer Preview. Abbiamo scelto di proposito uno dei modelli meno recenti di Nexus: Android 6.0 promette tanti miglioramenti anche sotto il profilo della velocità e dell’autonomia e a beneficiarne dovrebbero essere proprio i prodotti più datati. Google ha come sempre fatto un ottimo lavoro, anche se non perde il vizio di guardare con gli stessi occhi sviluppatori e consumatori: Android M aggiunge infatti tantissime novità che gli utenti chiedevano da tempo, ma non tutto è user friendly come invece accade su sistemi operativi concorrenti. Abbiamo raggruppato quelle che a nostro avviso sono le novità più importanti di Android 6.0, anche se non tutte saranno disponibili per il mercato italiano. Google Now On Tap, ad esempio, funziona al momento solo con l’inglese ed è tra tutte le novità più interessante rivolta al consumatore finale. G Le applicazioni sono organizzate meglio Google ha cambiato il modo di visualizzare le applicazioni installate: basta pagine ma una lunghissima lista con le applicazioni in ordine alfabetico, accompagnata da una barra di ricerca che rende facile e immediato trovare anche l’ago nel pagliaio. Le applicazioni più utilizzate, inoltre, vengono tenute in evidenza nella prima riga. Cambia leggermente anche la modalità di gestione delle app stesse: ogni applicazione può essere spostata su una delle home disponibili e raggruppata in cartelle, ma questa volta dalle singole home, selezionando un’applicazione e tenendo premuto, si può sia rimuoverla che disinstallarla (se permesso dal sistema). Google Now On Tap Utile ma in Italia non va Una delle novità più pubblicizzate da Google è Now On Tap: tenendo premuto il tasto home lo smartphone cattura una schermata e la invia a quella che viene definita Assistant App: l’app di destinazione, in questo video caso quella predefinita è Google Now, analizza la schermata e propone una serie di schede con alcuni contenuti correlati. Per provare Google Now On Tap è necessario cambiare la lingua da italiano a inglese: solo così appare il menu di configurazione che oltre ad attivare il servizio premette anche di scegliere cosa inviare e cosa utilizzare come Assistant App. Qui Google riesce a esprimere al meglio la sua volontà di fare un sistema più aperto possibile: le API di Now On Tap sono disponibili anche per gli sviluppatori terzi e l’utente può scegliere di usare come Assistant App, ovvero come applicazione che riceve le schermate inviate, una di terze parti. Potrebbe essere Cortana se Microsoft lo volesse, oppure Siri: Google imposta di default Google Now ma poi è l’utente a scegliere cosa usare. La questione in realtà è abbastanza delicata: tenendo inavvertitamente premuto il tasto Home lo smartphone cattura tutto ciò che è sullo schermo e lo invia a un server esterno. Questo vale per una mail, una pagina con codici bancari, una schermata con delle password: gli sviluppatori di ogni singola app possono in realtà bloccare l’invio delle schermate, ma come sempre si tratta di mettere la privacy e la sicurezza nelle mani di una persona che nessuno conosce e che si spera sia in grado di fare bene il suo lavoro proteggendo i dati per l’utente. L’utente può comunque bloccare l’invio di foto e testi da un menu impostazioni un po’ nascosto: Google ha scelto saggiamente di lasciare l’ultima parola a chi ha acquistato uno smartphone. Abbiamo provato Now On Tap e funziona bene: basta una foto di Steven Seagal per richiamare i video su YouTube e la sua filmografia. Una funzione utile per lab chi deve riconoscere cose o volti noti, anche se come ogni algoritmo dev’essere ben affinato. Google ha una gerarchia di ricerca in immagini e testi, ma se quando scriviamo qualcosa nel campo di ricerca stiamo comunicando a Google cosa vogliamo cercare, nel caso di pagine o di foto è “lui” che deve capire qual è l’elemento che più ci interessa. Una foto di gruppo o un testo lungo e senza titoli possono infatti disorientarlo portando a nessuna risposta oppure a risposte errate. L’idea è buona, ma va perfezionata: nel frattempo preferiamo tenere la lingua italiana, dove Now On Tap non funziona. Tenendo premuto il tasto Home nel nostro caso si finisce all’interfaccia di Google Now. È giunta l’ora di un backup completo Google ha finalmente aggiunto ad Android un backup vero: finora, infatti, il backup si limitava al salvataggio della lista delle app e delle impostazioni del telefono, ma con Android 6.0 anche tutte le impostazioni delle applicazioni vengono memorizzate. L’utente si ritroverà quindi nelle identiche condizioni in cui ha lasciato lo smartphone, e anche migrando da un telefono all’altro le app saranno già configurate per l’uso con gli stessi permessi, le password memorizzate e le impostazioni scelte. Il backup viene ovviamente criptato e inviato a Google Drive senza consumare lo spazio a disposizione: Google ha comunque messo il limite di 25 MB alla dimensione dei file di impostazioni delle singole app. Il backup viene fatto circa una volta al giorno quando lo smartphone è sotto carica e collegato in Wi-Fi, in modo tale da non segue a pagina 34 torna al sommario n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Android 6.0 Marshmallow segue Da pagina 33 impattare sull’autonomia. Purtroppo anche la gestione del backup è nelle mani degli sviluppatori: per poter essere gestite, le applicazioni vanno aggiornate all’ultimo set di API altrimenti i dati non verranno salvati su Google Drive. Una cosa un po’ complessa da spiegare all’utente finale, che potrebbe trovarsi alcune applicazioni con le impostazioni memorizzate e altre invece ripristinate come se fosse la prima volta che vengono installate sul telefono. La SD Card viene vista come memoria interna Una SD Card esterna in Android 6.0 può essere vista anche come spazio di sistema se l’utente lo desidera: fino ad oggi la SD Card era gestita come una sorta di spazio esterno con scarsa integrazione rispetto alla memoria principale ora, invece, formattando la card come Internal la memoria della card si somma a quella del dispositivo. Una vera espansione di memoria, una cosa che serviva da anni e che forse è arrivata tardi: la maggior parte dei dispositivi Android top di gamma sono ormai privi di slot SD Card. Purtroppo ne è privo anche il nostro Nexus 5, e non abbiamo potuto provare questa funzionalità. Per scrupolo abbiamo voluto fare un tentativo anche con un cavetto USB OTG e una memoria USB esterna e Android ci ha dato la possibilità di formattazione solo come memoria portatile. In realtà, secondo la documentazione di Google, Android dovrebbe permettere anche una formattazione come “Internal”, dove lo smartphone prima cancella i contenuti e poi, dopo aver abilitato la codifica a 128 bit dei dati, verifica le prestazioni della card per vedere se è abbastanza veloce da funzionare come storage per app e dati. Al termine della procedura è lo stesso Android a suggerire di copiare su questa nuova porzione di memoria alcuni dati, soprattutto file multimediali e dati accessori. Una gestione interessante, anche se è bene premettere che così facendo la SD diventa parte stessa del telefono e non un qualcosa che può essere rimosso a piacimento dall’utente: chi ha uno smartphone con slot SD aggiornato a Android 6 potrà comunque comprare una card veloce da 64 GB e ritrovarsi tra le mani un telefono con 80 GB di spazio da sfruttare in tutta la sua completezza. Per chi invece preferisce la soluzione Portable, ovvero una memoria esterna da gestire come meglio si crede, Google ha preparato un piccolo file manager integrato: non è potente come alcune app presenti sullo store di Google ma permette di cancellare e condividere elementi al volo. Finalmente arriva la gestione dei permessi Con l’arrivo di Android 6 viene risolto anche uno dei problemi più grandi di Android, ovvero la gestione dei permessi. Finora quando si installava un’applicazione dal Google Play Store veniva richiesta in gruppo l’accettazione di tutti i permessi, questione che ha portato in passato a problemi di sicurezza notevoli, con app Torcia che chiedevano il permesso di accedere alla rubrica e al telefono. Ora Google non chiede più i permessi né in fase di installazione né in fase di aggiorna- mento, ma lo fa solo quando un utente lancia una nuova applicazione. In realtà la gestione è molto granulare: l’app chiede i permessi fondamentali per l’utilizzo delle funzioni per cui è pensata, e successivamente chiede i permessi accessori che riguardano solo alcune delle sue funzioni. Facebook, ad esempio chiede i permessi di rete quando si avvia l’app e solo quando si prova a caricare una foto chiede accesso alla galleria o alla fotocamera. Se l’utente acconsente il permesso vale per sempre, se invece rifiuta questo viene considerato temporaneo: solo ad un secondo rifiuto la scelta viene memorizzata nei permessi dell’applicazione. Niente sfugge al nuovo sceriffo: anche le app di sistema e quelle pre installate sui dispositivi sono soggette alla richiesta, mentre restano esclusi alcuni servizi di sistema. In realtà è possibile togliere i permessi anche a elementi vitali di Android: c’è un menu dedicato alla sicurezza dove volendo si può togliere il permesso di usare il Telefono all’app Telefono: Google avvisa che la cosa potrebbe portare a malfunzionamenti, ma la possibilità c’è. Non troviamo inoltre tra le autorizzazioni i permessi per l’uso della rete o del bluetooth, quelli più delicati: probabilmente ci sono, ma Google ha spezzettato tutte le autorizzazioni in diverse parti del menu di configurazione, una scelta questa che non rende facile la vita a chi vuole configurare tutto in modo semplice e immediato. Inoltre, è bene ricordarlo, la gestione dei permessi funziona solo per le app che sono state aggiornate alle ultime API: per le app vecchie il sistema continua a richiedere l’autorizzazione in fase di installazione. Doze e App Stand By per migliorare l’autonomia L’autonomia è uno dei principali problemi degli smartphone, e Google con Android M promette un notevole aumento della vita media di uno smartphone utilizzando due tecnologie combinate, Doze e App Stand-by. La prima è una sorta di modalità “aereo” che si attiva automaticamente quando appoggiamo lo smartphone su un tavolo o sul comodino e non lo tocchiamo per un po’: Android, sfruttando i sensori di movimento integrati, capisce quando il telefono non serve all’utilizzatore e inserisce questa particolare modalità che taglia parte delle funzioni vitali. L’utente può continuare a ricevere telefonate, tuttavia l’accesso alla rete è disabilitato e anche le notifiche: funzionano solo la sveglia e alcuni messaggi inviati con un livello di priorità elevata. Persino i processi interni di Android vengono bloccati: le “code” sono sospese fino a quando non si riprende lo smartphone in mano riattivando automaticamente tutte le funzionalità. Per capire quanto è efficace Doze basta dire che siamo riusciti e tenere il Nexus 5 acceso per due settimane sulla scrivania in questo stato di ibernazione: nessuna paura però non si perde nulla, perché non appena si impugna nuovamente lo smartphone o lo si muove di qualche centimetro arrivano tutte le notifiche a pioggia. Android 6 non si limita però a questo: dopo qualche minuto se una applicazione non ha scatenato notifiche e non è quella attiva sullo schermo viene messa automaticamente in uno stato di stand-by. Una applicazione in stand-by guadagna accesso alla rete solo una volta al giorno per aggiornare lo stato e tutti i suoi processi vengono fermati: Google risolve così i problemi di applicazioni che continuano a macinare dati in background consumando batteria e traffico. L’utente può comunque scegliere quali applicazioni ottimizzare e quali invece lasciare sempre attiva anche in background. Purtroppo anche qui, come nel caso della gestione dei permessi, Google rende le cose poco semplici per un utente “consumer” che poco sa cosa è un processo, una coda o un framework: perché tutti i servizi di sistema sono elencati in mezzo alle app? App Link, esperienza unica tra app e web Chi utilizza Google, e si trova spesso a metà tra esperienza web e esperienza app, sa bene quanto siano fastidiosi i popup che ogni volta che si apre un link chiedono con quale app si desidera aprire il link selezionato. Google ha risolto brillantemente questa situazione con App Link: i gestori di un sito web potranno indicare, caricando un file sul loro sito, quali sono le app predisposte a gestire un determinato link. Se ad esempio si seleziona un link di Twitter da una mail, il link aprirà automaticamente l’applicazione Twitter se questa è installata andando direttamente al contenuto desiderato. Lo sviluppatore può ovviamente indicare più app preposte all’apertura di un link, inserendo oltre all’app ufficiale anche app di terze parti: lo smartphone cerca se sono disponibili, e solo in caso di risposta segue a pagina 35 torna al sommario n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE MOBILE Mossa di marketing per Pepsi: a breve annuncerà il lancio di uno smartphone Android Ufficiale, arriverà uno smartphone Pepsi All’inizio sarà disponibile solo in Cina; il partner hi-tech scelto è (probabilmente) Huawei L’ di Emanuele VILLA idea bizzarra che circola da qualche settimana è stata confermata dalla stessa azienda a Reuters: Pepsi, noto produttore di bevande, sta per entrare sul mercato degli smartphone Android con un modello che verrà inizialmente commercializzato in Cina ma per il quale non si esclude una successiva estensione planetaria. Perchè un marchio leader di un settore così diverso decide di entrare nel mercato degli smartphone? Probabilmente proprio per intensificare la presenza e la portata del brand in aree del globo dove l’eterna contesa con Coca Cola non è a proprio favore (come da noi in Italia, peraltro). In pratica è un’astuta mossa di marketing volta a far crescere il brand Pepsi sfruttando canali innovativi e ancora inesplorati dai propri competitor. Fatto sta che lo smartphone Android dovrebbe essere presentato il 20 ottobre, si chia- merà P1, sarà commercializzato all’inizio in Cina e ovviamente non sarà realizzato da Pepsi: nonostante non ci siano notizie ufficiali in merito, pare che il partner hitech dell’azienda americana sia Huawei. Discreta la quantità di informazioni tecniche disponibili, che però puntano tutte verso un terminale di fascia medio/alta, eventualmente impreziosito da qualche personalizzazione di Android Lollipop 5.1 e app dedicate: certo è lo schermo da 5,5 pollici con risoluzione Full HD, i 2 GB di RAM, lo storage a partire da 16 GB e la fotocamera principale da 13 mpixel, cui si somma quella frontale da 5 mpixel per i selfie. Completano il tutto un processore MediaTek octa core da 1.7 GHz e una buona batteria da 3.000 mAh. MOBILE Primi test 5G Si scarica a 3,6 Gbps Huawei e NTT DoCoMo hanno condotto in Cina i primi test congiunti della tecnologia 5G in campo aperto ottenendo risultati a dir poco fantascientifici: 24 apparecchi connessi con una velocità media di download di 1,36 Gbps e un picco di 3,6 Gbps. A tal proposito, il direttore del progetto 5G della giapponese NTT DoCoMo, Takehiro Nakamura, ha dichiarato che i risultati raggiunti sono un risultato eccezionale e molto incoraggiante considerando l’obiettivo di commercializzare la tecnologia entro il 2020. Per dare un’idea, un recente report di OpenSignal ha dichiarato che la velocità (media) dell’LTE negli USA è di 10 Mbps, mentre qui parliamo di un ordine di grandezza molto superiore, che ci permetterebbe (in condizioni ideali) di scaricare ogni genere di contenuto in un batter d’occhio, anche se si trattasse di un film in 4K. TEST Android 6.0 Marshmallow segue Da pagina 34 negativa chiede all’utente con cosa si desidera gestire un determinato collegamento. All’utente va comunque l’ultima parola: può modificare il comportamento da un menu dedicato. Copia e incolla e gestione audio rivisti Può sembrare ovvio, ma il copia e incolla è una delle funzioni più utilizzate su un telefono. Google ha migliorato l’interfaccia: ora quando si seleziona un testo appaiono chiaramente le indicazioni di quello che si sta facendo: copia, taglia o incolla. Android ha anche modificato la gestione dell’audio dalla status bar, separando il volume delle notifiche, quello della sveglia e quello della musica. Android 6 include anche il supporto per i sensori biometrici e tante altre piccole novità. Alcune di queste, in realtà, sono state eliminate dalle ultime developer preview: il tema “scuro”, utile per i possessori di uno schermo OLED, non c’è più e probabilmente tornerà su Android 6.1. Grandi novità, ma Google dovrebbe guardare più al consumatore e meno allo “smanettone” Android 6.0 è sicuramente un passo avanti in ambito di sicurezza, affidabilità, autonomia e interfaccia, ma per molti aspetti non riesce ad essere intuitivo come iOS per un utente che non è un tecnico o uno sviluppatore. Google gode a illustrare le nuove API torna al sommario e tutte le possibilità offerte dai suoi aggiornamenti e dalle sue migliorie, ma molte di queste sono davvero difficili da inquadrare. Per un utente inesperto la scelta migliore è lasciare tutto com’è: molte opzioni sono nascoste nei sottomenu di altri sottomenu, ad alcune si accede cliccando su un testo e ad altre con l’icona in alto a sinistra, un mix che non ha sempre un filo logico da seguire. L’altro nodo da risolvere è il rapporto strettissimo con gli sviluppatori: molte delle nuove funzionalità sono legate alla volontà dei developer di aggiornare le loro app, e se i big lo faranno, qualche sviluppatore indipendente potrebbe decidere che non gli interessa la nuova gestione dei permessi o il backup completo. Questo, ovviamente, genera un comportamento diverso tra app che apparentemente sono identiche, con l’utente poco esperto che non capisce perché di una applicazione le impostazioni vengono salvate e di un’altra invece no. L’esperienza Android stock dovrebbe comunque essere rivolta ad utenti più esperti: i produttori che aggiorneranno i loro dispositivi potranno supplire a questa “mancanza di organizzazione” con le loro interfacce custom. Questo è l’ultimo punto da capire: chi riceverà Android Marshmallow? Molti produttori rilasceranno nei prossimi mesi gli update, ma come sempre la nuova release di Android sarà “per molti ma non per tutti”. Un peccato, perché Marshmallow mette la sicurezza in primo piano e Android, con i frequenti problemi legati a bug e malware, ha sicuramente bisogno di sicurezza e maggiore controllo. Oltre alla versione Android ora nel menu delle informazioni viene indicata anche la “Security Patch Level”, con gli aggiornamenti sicurezza separati dal sistema n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Prezzo compreso tra 329 e 399 euro: vuol dire che OnePlus 2 costa circa la metà di tutti i suoi diretti concorrenti OnePlus 2 in prova, il flagship killer è tornato È uno degli smartphone più desiderati tra i modelli Android, lo abbiamo provato in modo intensivo per qualche giorno C di Vittorio Romano BARASSI i sono dispositivi per cui la gente crea code giorni prima del lancio ufficiale e altri per cui è previsto solo l’acquisto tramite invito e la cui coda virtuale è composta da milioni di utenti sparsi qua e là per il mondo. L’oggetto di questa recensione è OnePlus 2, smartphone per cui tutti gli Android-addicted farebbero a cazzotti e che a causa della politica (di successo?) adottata da OnePlus stessa, non è ancora acquistabile liberamente (ottobre 2015). Per metterci sopra le mani bisogna avere un invito e anche dopo averlo riscattato è necessario attendere fino a tre settimane per riceverlo a casa propria. In alternativa ci si può mettere in coda e aspettare che sia OnePlus a mandare a voi un invito, ma la coda secondo gli ultimi dati è cresciuta fino a raggiungere i 5 milioni di utenti. Lunedì 12 ottobre, lo smartphone era acquistabile liberamente per 60 minuti tra le 12.00 e le 13.00, ma questo non cambia molto la situazione: OnePlus 2 è roba per pochi. Lo smartphone è disponibile, per modo di dire, in due diverse configurazioni: una (White Basic) con 3 GB di memoria RAM associata a 16 GB di memoria fisica e una seconda (Sandstone Black Premium), quella da noi testata in questa sede, da 4 GB di RAM e 64 GB di ROM. Si parte da 329 euro e si arriva a 399 euro; questo significa che stiamo parlando di un dispositivo che, considerando il prezzo di listino (unico dato oggettivo a cui possiamo far riferimento), costa circa la metà di tutti i suoi diretti concorrenti. Non sono cifre da urlo come nel caso di OnePlus One che partiva da 269 euro, ma si tratta sicuramente di un numero impressionante. Realizzato con cura Ma non è un peso piuma OnePlus 2 si presenta all’utente con una confezione di vendita compatta ma ben realizzata, di colore rosso e che, oltre allo smartphone, contiene al suo interno solamente il caricatore USB bianco con finiture rosse e il bel cavo USB Type C rosso con dettagli bianchi, una bella sorpresa che vi eviterà di nell’inserire il normale cavo micro-USB nel verso giusto. Il connettore USB Type C si inserisce in entrambi i versi nella porzione inferiore del device ed è decisamente più comodo. La prima cosa che si nota una volta estratto lo smartphone dalla confezione è il peso: sono ben 175 i grammi che OnePlus 2 si porta dietro e nonostante siano ben distribuiti su tutta la superficie, si fanno sentire in maniera “importante” in ogni situazione. Il tutto è giustificato da una costruzione incredibilmente solida fatta di una scocca in metallo (un mix tra magnesio e alluminio), spessa 9,75 millimetri, e da finiture di ottima qualità; la batteria non è sostituibile ma si può comunque rimuovere la cover posteriore ruvida, molto piacevole al tatto e sicuramente anti-scivolo, torna al sommario video OnePlus 2 NON È PER TUTTI, MA A QUESTO PREZZO NON HA RIVALI 399,00 € b la OnePlus 2 è un prodotto molto particolare: lo si capisce innanzitutto dalle modalità di vendita e la sensazione diventa ancor più marcata una volta dinanzi alla confezione di vendita e allo smartphone stesso. È un device molto essenziale nel design e nella filosofia, realizzato con molta cura sia fuori che dentro. Un display non eccezionale - seppur decisamente buono - non lo fa spiccare nel gruppo dei (ben più costosi) top di gamma concorrenti ma tutto il resto, NFC a parte, contribuisce a rendere chiaro il concetto: a 399€ non c’è storia. Grazie allo Snapdragon 810 “riveduto e corretto” dagli ingegneri OnePlus, di potenza ce n’è in abbondanza per fare qualsiasi cosa e con 4 GB di RAM per un po’ di tempo non vi saranno problemi con le app; la fotocamera, nonostante un software decisamente acerbo, è ottima e permette pure di registrare in 4K. Trovare un “pacchetto” così completo, a questa cifra, è praticamente impossibile. I meno smaliziati forse lo “snobberanno”, ma i veri Androidiani sono destinati a desiderarlo e amarlo alla follia. 8.5 Qualità 8 Longevità 9 Rapporto qualità/prezzo COSA CI PIACE Potenza in abbondanza Ottima fotocamera Design 7 Semplicità 7 COSA NON CI PIACE per raggiungere lo slot di inserimento delle schede nano-SIM. Il dispositivo, infatti, è in grado di gestire - anche molto bene - due diverse SIM, caratteristica questa molto rara su dispositivi top di gamma e che potrebbe concorrere ad attrarre moltissimi utenti alla ricerca di un ottimo device dual SIM. Sul lato destro sono presenti bilanciere del volume e tasto di blocco/sblocco mentre sul versante opposto, a sinistra, c’è una pratica slitta che permette di impostare tre diverse modalità di utilizzo (Tutte le notifiche, Solo interruzioni con priorità e Nessuna interruzione) da utilizzare nel corso della giornata a seconda della situazione. Si tratta di una scelta molto azzeccata e davvero utile, soprattutto se siete soliti districarvi tra vari ambienti; la possibilità di essere “disturbati” solo dai propri contatti preferiti non è una novità assoluta ma l’opportunità di poter scegliere con un semplice scatto sulla slitta è notevole. Il jack audio da 3.5mm è posto nella porzione superiore del dispositivo a fianco di un piccolo microfono per la rilevazione dei rumori D-Factor 9 Prezzo 10 NFC mancante Display non superlativo Non è per tutti di fondo mentre in basso, ai lati del già citato ingresso USB-C, vi sono due griglie simmetriche da sei fori l’una che nascondono un altoparlante mono (a sinistra) e il microfono principale. Il frontale non presenta tasti fisici ma solo due pulsegue a pagina 37 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST OnePlus 2 segue Da pagina 36 santi a sfioramento liberamente intercambiabili nella funzionalità posti ai lati di un terzo comando che, oltre a fare da tasto home, funge anche da lettore per le impronte digitali. Il sensore biometrico è istantaneo nel riconoscimento delle impronte (fino a 5) e si è rivelato molto preciso, perdendo però di efficacia con l’impronta principale dopo un paio di settimane d’uso e costringendoci alla reimpostazione; magari poi a volte non basta appoggiare il dito sul sensore e bisogna effettuare una leggera pressione, ma anche questo non può assolutamente modificare il giudizio su un sistema di qualità. Comodissima la possibilità di bloccare il dispositivo con un doppio tap sul sensore. Display nella media La concorrenza propone di meglio Per mantenere i costi entro determinati limiti qualche rinuncia sul fronte hardware andava fatta e forse in OnePlus hanno deciso di risparmiare qualcosa sul display. Sia chiaro, siamo di fronte a un pannello di buona qualità e assolutamente in linea col prezzo del dispositivo, ma volendo paragonare questo LCD da 5,5 pollici Full HD IPS (401 ppi) con gli analoghi montati sui top di gamma di Samsung, LG, Sony, Apple e anche Huawei (Ndr, veniamo da tre settimane con Mate S), il display in questione non fa urlare al miracolo. Non ha una straordinaria risoluzione Quad HD come alcuni competitor, non propone colori “accesi” come altri (qui è anche questione di gusti, perché le tonalità sono naturali) e gli angoli di visione, pur buoni essendo un IPS, non sono eccezionali come in altri casi. Il contrasto è notevole ma la luminosità massima è tutt’altro che sensazionale, elemento quest’ultimo che contribuisce a rendere alquanto difficoltosa la lettura del display in condizioni di forte illuminazione. In linea generale lo schermo di OnePlus 2 dà il meglio di sé in ambienti chiusi moderatamente illuminati; quando c’è bisogno di “sparare” in alto la luminosità, però, soffre un po’. L’esemplare arrivato in redazione è un modello in serie provvisto di pellicola frontale anti-graffi pre-applicata con precisione direttamente in fabbrica (OnePlus, per politica, lo fa su tutti i dispositivi) e forse anche questo non aiuta il display ad esprimere tutte le sue potenzialità. La protezione è rimovibile ma, sinceramente, non consigliamo questa operazione anche perché la pellicola è praticamente invisibile; gli “allergici” a queste cose possono comunque stare tranquilli: sotto c’è un Corning Gorilla Glass 4. Presenti ovviamente sensori di prossimità e illuminazione, come non manca un ottimo LED di notifica multicolore interamente personalizzabile. vice ad essere equipaggiato con Snapdragon 810 e, viste le esperienze degli altri produttori, l’azienda ha deciso di fare le cose sul serio studiando tutti i modi possibili per far rendere al massimo il chip di Qualcomm. Nonostante lo scetticismo di molti addetti ai lavori e di utenti poco fiduciosi, possiamo tranquillamente affermare che OnePlus è riuscita nel suo intento: lo Snapdragon 810 installato all’interno di OnePlus 2 va che è una meraviglia e non arriva mai a scaldare in maniera importante. Gli ingegneri sono partiti dalle basi e hanno deciso innanzitutto di ridurre la frequenza degli otto processori: in questa versione i quattro core Cortex-A53 vanno a 1,56 GHz mentre gli altri quattro Cortex-A57 spingono fino a 1,82 GHz. A che servono poi otto processori per navigare col web browser, per vedere le fotografie oppure per scorrere a caso tra i menù? Evidentemente servono a poco e quindi si è deciso che in condizioni di normale attività due CPU possono rimanere spente per poi attivarsi quando è richiesta tutta la potenza di calcolo. Se a tutto questo ci aggiungiamo il già citato corpo metallico appositamente disegnato per tenere a freno i bollenti spiriti dello Snapdragon e pure il display LTPS (acronimo di low temperature polysilicon) che non si surriscalda neppure in sostenute condizioni di massima luminosità, otteniamo un dispositivo equilibratissimo che offre tutta la potenza che si può desiderare senza mettere a rischio di ustione le mani degli utenti. Non saremmo sinceri se dicessimo che OnePlus 2 non scalda per niente, ma anche dopo lunghe sessioni di gaming 3D (a proposito, la GPU Adreno 430 garantisce il massimo dei dettagli in ogni situazione) non si ha mai la sensazione di avere tra le mani un dispositivo che scotta; un po’ di calore lo si percepisce, ma nulla di più rispetto alla media della categoria. A scaldarsi, poi, è principalmente la porzione superio- re del device che, ovviamente, è quella più “lontana” se si considera il fatto che solitamente il palmo della mano e le dita sono maggiormente a contatto con la porzione inferiore dello smartphone. Insomma, il calore è sopra mentre lo smartphone lo si impugna sotto e qualche fastidio lo si può avvertire solo nella presa in landscape. Effettuando qualche test benchmark si capisce benissimo come OnePlus 2 tenda a mettersi in una sorta di modalità “cooling” dopo un utilizzo prolungato: con AnTuTu, per esempio, i risultati sono stati piuttosto variegati a seconda delle situazioni precedenti al lancio del test. Siamo passati da oltre 60000 punti praticamente “a freddo” a poco più di 45000 dopo qualche sessione più impegnativa. Oxygen OS è minimal e… velocissimo Chi ha seguito da vicino la breve storia di OnePlus ricorderà come su One l’azienda aveva deciso di proporre una ROM basata su CyanogenMod. Con OnePlus 2 si è scelto di cambiare strada ed ecco che questo dispositivo monta praticamente Android 5.1.1 in versione stock (in attesa del già annunciato update ad Android 6.0), con solo un launcher personalizzato a ricordare che non si tratta di un Nexus. Per differenziarsi e per sottolineare il lavoro di personalizzazione e, soprattutto, di ottimizzazione, in OnePlus hanno deciso di denominare la UI come Oxygen OS, già da tempo disponibile come “variante” globale per OnePlus One (in contrapposizione alla Hydrogen OS cinese), in versione 2.1. Oxygen OS è un piccolo gioiello e tutti gli amanti di Android non potranno fare a meno di adorare questa ROM. La UI è essenziale, minimal ed è incredibilmensegue a pagina 38 Lo Snapdragon 810 è imbrigliato Ma non scalda e va alla grande Se il seppur buon display non ci ha convinto del tutto, lo stesso non si può dire del SoC Snapdragon 810 di Qualcomm che è il cuore di questo smartphone. Nei mesi passati si è parlato tantissimo dei vari problemi di surriscaldamento e di throttling che affliggevano il componente in questione e tuttora le discussioni sono più aperte che mai. OnePlus 2 non è il primo de- torna al sommario 4 GB di RAM per Android 5.1.1 sono tanta roba. E con 64 GB di ROM lo slot micro SD non serve 8 processori ma solo 6 attivi nella routine quotidiana. Gli altri due si attivano solo all’occorrenza 4753 punti in Geekbench 3 sono un ottimo risultato. A caldo però lo score scende sotto quota 4000 n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST OnePlus 2 segue Da pagina 37 te veloce. La versione 2.0 presentava qualche difetto di gioventù ma la release 2.1 è fulminea e solo di rado, dopo un po’ di multitasking “aggressivo”, si fa fronte a qualche minuscola indecisione derivante dalla pressione - o, meglio, dal tap - del tasto home. La navigazione tra i menù è sempre fluida, l’apertura delle app è istantanea e anche il passaggio tra un’applicazione ed un altra avviene sempre alla massima velocità e senza impuntamenti. I 4 GB di memoria RAM della versione da 64 GB sono una manna dal cielo, garantiscono un’ottima longevità al dispositivo e abbiamo pochi dubbi sul fatto che anche la versione da 3 GB si comporti in maniera positiva. Le opzioni di personalizzazione dell’interfaccia non sono moltissime ma segnaliamo la possibilità di decidere il numero di app da visualizzare nell’app drawer e quella di scegliere tra un tema light e uno dark, con quest’ultimo molto più adatto alle caratteristiche tecniche del display. C’è una modesta selezione di gesture attraverso le quali interagire con il dispositivo, Google Now si attiva alla pressione sostenuta del pulsante Home ed è possibile configurare i due tasti sotto lo schermo anche ad effettuare un’azione secondaria a seguito di un doppio tap. Molto interessante è Shelf, una sorta di dashboard secondaria posizionata a sinistra del primo desktop e sulla quale sono visualizzate informazioni sul meteo, applicazioni e contatti frequenti; si può personalizzare ulteriormente aggiungendo anche tutti gli altri widget installati nel sistema. Non aspettatevi poi di trovare bloatware o famose applicazioni di terze parti preinstallate a bordo: oltre al pacchetto di Google Apps c’è solo la tastiera SwiftKey, per molti ormai una feature irrinunciabile che in OnePlus hanno deciso di rendere disponibile agli utenti in maniera predefinita. Criticabile è la sola scelta di non preinstallate una vera e propria applicazione Galleria attraverso la quale navigare tra immagini e fotografie; l’app Google Foto non è in grado di gestire al meglio questo compito, il File Manager è poco utile in tal senso e si è dunque subito costretti a ricercare sul Play Store un’alternativa. Sotto il profilo della multimedialità non ci sono critiche da fare. Abbiamo già detto che la GPU Adreno 430 permette il massimo connubio tra prestazioni/qualità in ambito gaming; a questo ci dobbiamo aggiungere che il dispositivo non fa fatica a riprodurre filmati in 4K e che offre un audio superiore alla media della categoria grazie anche torna al sommario alla tecnologia MaxxAudio di Waves. Il sonoro è possente con l’altoparlante principale e molto limpido - anche se non eccezionale se si ascolta con un buon paio di cuffie come quelle offerte in dotazione. Fotocamera promossa nonostante il software Come ogni top di gamma che si rispetti anche OnePlus 2 propone un comparto fotocamera degno di questo nome. Il modulo principale è composto da un sensore OmniVision OV13860 da 13 Megapixel (1/2,6 pollici) messo subito alle spalle di un obiettivo a sei elementi con apertura f/2.0 e stabilizzazione ottica. Il sistema di autofocus è a laser e non manca un flash LED dual tone. Le carte in tavola ci sono tutte e il risultato finale non tradisce le aspettative. OnePlus 2 scatta ottime fotografie che offrono un ottimo livello di dettaglio e non mostrano segni evidenti di compressione. Se in condizioni ottimali questo può considerarsi quasi un risultato scontato, è in condizioni di minore illuminazione che il dispositivo stupisce; le foto vengono bene anche quando c’è poca luce, meglio ancora se si usa l’opzione Immagini chiare. Questa unisce 10 scatti effettuati in rapida successione al fine di ottenere una fotografia ben dettagliata e correttamente esposta. Con l’opzione attiva si notano miglioramenti anche nelle foto scattate di giorno, riscontrando sempre ottime esposizioni e colori molto bilanciati; l’unico scotto da pagare è (ovviamente) quello di non poter riprendere soggetti in movimento, operazione che va effettuata senza alcuna opzione attiva. Buon lavoro anche da parte della modalità HDR. La stabilizzazione ottica fa il suo lavoro egregiamente ma di sera non aiuta più di tanto per via dell’appena citata modalità di scatto, mentre il sistema autofocus laser fa sì che tutto sia a fuoco in appena 0,2 secondi. Nonostante ci sia una modalità manuale ci sono ben poche opzioni tra le cui scegliere; l’applicazione Fotocamera è essenzialmente quella stock di Google e quindi c’è da attendersi molto poco sotto questo aspetto. Detto ciò, non si può che lodare il modulo in questione: a questo prezzo, sul fronte foto, è davvero difficile trovare di meglio e OnePlus 2 se la gioca alla grande con tutti i vari “big” del mercato. Presenti le modalità panorama e timeshift. Clicca qui per vedere alcune foto scattate con OnePlus 2: foto 1, foto 2, foto 3. OnePlus 2 se la cava discretamente anche quando è chiamato a registrare video, i quali possono essere anche in 4K a 30 frame al secondo (3840x2160 pixel ad un bitrate di poco superiore ai 41 Mbps); i risultati migliori si ottengono nelle riprese in Full HD che avvengono a 60fps e il risultato è buono anche a 720p, modalità attraverso la quale è possibile registrare Slow Motion di tutto rispetto. I video non impressionano per qualità complessiva e dettaglio, ma c’è anche da dire che pochi smartphone sono in grado di offrire un pacchetto migliore. La fotocamera frontale da 5 Megapixel non sfigura affatto e offre sempre immagini grandangolari di buona qualità (ma forse la concorrenza qui offre di meglio) e permette la registrazione di video a 1080/30p e 720/60p. I selfie non saranno mai un problema, anche di sera. Lunga l’autonomia, ma manca l’NFC Il parco batterie - integrato, non rimovibile - di OnePlus 2 offre una capacità di ben 3300mAh, quantitativo che si è dimostrato essere più che sufficiente a garantire al dispositivo in questione un’autonomia più che dignitosa. Il lavoro di ottimizzazione software è stato importante e nonostante lo Snapdragon 810 si arriva a termine della classica giornata lavorativa quasi sempre con un buon 30% di carica residua. Purtroppo non è presente una tecnologia di ricarica rapida e per arrivare al 100% della batteria ci vogliono più di due ore. Nulla di eccezionale anche il consumo in stand-by: arrivando a sera con il sopra citato 30% e tenendo il dispositivo acceso sul comodino si rischia di perdere un buon 15-20% di batterie senza praticamente aver fatto niente. Sotto questo aspetto si poteva lavorare meglio. OnePlus 2, ovviamente, è uno smartphone 4G (buona la ricezione generale come anche la qualità delle chiamate, ma abbiamo “sentito” di meglio) e non si fa mancare Wi-Fi 802.11 a/b/g/n/ac, Wi-Fi Direct, DLNA, GPS/GLONASS e Bluetooth 4.1. Come abbiamo anticipato in precedenza siamo dinanzi ad uno smartphone dual-SIM in cui la gestione delle due SIM è semplice e completa. Nessun problema sotto questo aspetto. Quello che manca è l’NFC, specifica che ormai risulta essere quasi un must per un dispositivo appartenente alla fascia alta del mercato. Assenti anche la radio e la possibilità di ricarica Wireless. Con 64 GB di memoria ROM a disposizione (di cui circa 53 a totale disposizione dell’utente), l’assenza di uno slot micro-SD passa in secondo piano; discorso diverso se si prende in considerazione la versione da 16 GB: in quel caso forse uno sforzo si poteva fare (sacrificando però le prestazioni). In ultima analisi segnaliamo che la community Android è già molto attiva nei confronti del dispositivo in questione. Sui forum più famosi è possibile trovare diverse ROM personalizzate, anche se quasi tutte le versioni “custom” in circolazione - ad ottobre 2015 non sono ancora in grado di far funzionare a dovere il sensore biometrico e l’autofocus laser. Tenetelo in considerazione. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Servono solo 39 euro per aggiungere a un vecchio impianto stereo le funzionalità di streaming dei sistemi moderni Chromecast Audio: streaming facile per tutti In prova Chromecast Audio, la nuova dongle Google che rende lo streaming in casa davvero facile ed economico C di Roberto FAGGIANO hromecast è un prodotto fantastico, permette di trasformare un TV in uno streaming display con una spesa minima, 39 euro. Quest’anno la novità di Google è Chromecast Audio: il principio è lo stesso ma al posto dell’uscita HDMI c’è un uscita jack che fornisce un segnale analogico stereo e un’uscita digitale ottica. Il cavo jack è incluso all’alimentatore nei 39 euro, sono da acquistare a parte un eventuale cavo da jack stereo a RCA e un cavo da jack ottico a Toslink. Chromecast Audio ha la stessa forma del modello “video”, anche se Google ha voluto ricordare la vocazione musicale serigrafando la parte superiore in ricordo del vinile. La sezione di configurazione è identica a quella della versione video: basta seguire le istruzioni dell’applicazione per iOS o Android e in pochi istanti Chromecast è pronta per funzionare. Se la versione video è priva di configurazioni, quella audio ha un’opzione selezionabile nel menù di configurazione, High Dynamic Range: questa opzione funziona solo sul collegamento analogico e restringe la dinamica per evitare distorsioni eccessive su diffusori di pessima qualità. Di default Google lascia la dinamica compressa e sta all’utente selezionare l’opzione “dinamica piena”; nel caso di connessione digitale l’uscita è sempre a piena dinamica. Come funziona Chromecast Audio Chromecast Audio funziona sullo stesso principio di Chromecast Video: lo smartphone è un telecomando che indica alla chiavetta cosa si vuole ascoltare. Chromecast Audio funziona praticamente come Spotify Connect: la musica dalla rete va direttamente al diffusore senza passare dallo smartphone, che può anche essere spento. Spotify Connect è limitato al servizio di musica in streaming, Chromecast invece è una piattaforma aperta adottata ora anche da Spotify: Chromecast non è affatto dipendente dallo smartphone o dal tablet: volendo si può lanciare una playlist e uscire di casa, i diffusori continueranno a suonare. Ecco perché non si può considerare Chromecast un’alternativa agli speaker Bluetooth: questi funzionano con una connessione diretta tra smartphone e diffusore e soprattutto non richiedono torna al sommario una infrastruttura di rete pre-esistente. Chromecast è un prodotto domestico, e la versione audio è perfetta per aggiungere servizi di streaming a sintoamplificatori e diffusori attivi che ne sono privi. Costruzione identica al video con un DAC in più Chromecast Audio costa come Chromecast Video, 39 euro, per un motivo molto semplice: Google ha mantenuto la stessa identica struttura interna. Il processore Marvell usato è lo stesso che troviamo nella versione video, e Google ha volutamente rimosso l’uscita HDMI aggiungendo qui l’indispensabile jack audio. Una differenza c’è: la versione audio ha meno memoria “buffer” e può contare su un DAC dedicato, un convertitore AKM 4430ET a 24 bit e 192 kHz. Google ha usato un prodotto di buona qualità per chi usa l’uscita analogica (quella digitale va diretta) e i risultati poi si sentono. Sotto il profilo delle app compatibili si possono usare ovviamente tutte le applicazioni che supportano Chromecast alle quali si aggiunge ora anche Spotify: molte di queste richiedono tuttavia la sottoscrizione al servizio Premium. Acquistando Chromecast Audio Google regala due mesi di Google Play Musica, servizio che si rivela utile anche per caricare le proprie tracce sul cloud da utilizzare come sorgente per lo streaming. Senza un servizio cloud di appoggio, come quello fornito da Play Musica, infatti, per poter ascoltare la musica di proprietà è necessario usare o una applicazione tipo “AllCast” per Android, ma in questo caso è lo smartphone stesso a fare da sorgente e non può quindi essere spento, oppure appoggiarsi ad un NAS sulla rete locale. Chromecast Audio su Android supporta anche il mirroring: si può estendere l’audio di una applicazione sui diffusori esterni. Tra i formati supportati da Chromecast troviamo AAC, MP3, Ogg Vorbis, PCM (wav) e FLAC. Un ascolto di qualità a un prezzo perfetto Per la prova usiamo il Chromecast audio collegato al nostro impianto di riferimento con un cavetto adattatore da minijack a rca stereo, per l’applicazione compatibile usiamo Allcast e Google Play Music. Dopo qualche brano MP3 “digerito” con ottime prestazioni sonore, veniamo a qualche FLAC più impegnativo, spingendoci fino ai 96 kHz di frequenza limite dichiarati da Google. Per il prezzo richiesto potremmo anche solo dire che il Chromecast Audio va benissimo e vale ampiamente il denaro richiesto. Con il succedersi dei brani però dobbiamo proseguire e ammettere che la “scatoletta” di Google va oltre le previsioni e la sua resa sonora si avvicina molto a quella di un player dedicato che può costare anche (per non dire almeno) dieci volte di più: si riesce anche ad apprezzare la differenza tra un brano Flac a 44 kHz e uno a 96 kHz. Per trovare difetti rimuoviamo mentalmente il prezzo dell’oggetto e lo giudichiamo come un qualsiasi componente hi-fi: solo a questo punto si può notare una gamma bassa lievemente attenuata, una dinamica non proprio travolgente o la mancanza di quel dettaglio tridimensionale che i migliori brani contengono. Chromecast Audio è sicuramente un prodotto suggerito per tutti coloro che hanno un vecchio stereo con ingressi analogici e vogliono trasformarlo in un impianto per poter ascoltare anche brani in rete. A 39 euro è impossibile trovare di meglio, e con l’arrivo a breve della funzionalità “multiroom audio” Chromecast diventerà ancora più interessante. P5 Wireless. Abbiamo eliminato il cavo ma il suono è rimasto lo stesso. P5 Bluethooth, musica in mobilità senza compromessi con 17 ore di autonomia e ricarica veloce per performance allo stato dell'arte. La solita qualità e cura nei materiali di Bowers & Wilkins adesso senza fili grazie alla nuova P5 S2 Bluetooth. www.audiogamma.it n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Sul modello entry level della gamma SUHD di Samsung non manca la piattaforma smart basata su sistema operativo Tizen Samsung UE55JS8500 in prova: l’LCD buono Un TV Ultra HD curvo con local dimming, pannello a 10 bit con quantum dots e supporto per i futuri contenuti HDR di Paolo CENTOFANTI amsung ha sfornato con il SUHD JS9500 secondo noi uno dei migliori TV top di gamma del 2015. La gamma SUHD comprende però anche la serie JS8500, che offre comunque caratteristiche di alto livello seppure con qualche rinuncia per contenere maggiormente i costi. Per il top di gamma, Samsung ha praticamente utilizzato lo stato dell’arte della tecnologia LCD, ma questo non vuol dire che non ci sia qualche ricaduta anche sulla serie inferiore. Il JS8500, ad esempio, mantiene il pannello “nano crystal colour”, il nome commerciale scelto da Samsung per descrivere l’utilizzo dei quantum dots. La retroilluminazione non è più Full LED, ma ritroviamo la tecnologia Micro Dimming, che poi è come Samsung chiama il local dimming applicato ai LED Edge, seppure meno sofisticata rispetto alla versione Pro della serie SUHD intermedia JS9000 (sempre LED Edge). Il pannello è sempre a 10 bit e pronto per l’HDR non appena i contenuti (e le specifiche finali della UHD Alliance) saranno disponibili. C’è poi la nuova piattaforma Smart TV basata su Tizen, il supporto per i canali Ultra HD in HEVC e una completa serie di funzionalità multimediali. Insomma, anche solo fino allo scorso anno questo avrebbe potuto benissimo essere un TV top di gamma. Vediamo come si comporta. S Design curvo con minime rinunce rispetto al top Samsung ha introdotto negli ultimi anni un design sempre più minimale sui suoi televisori, con il risultato che a colpo d’occhio è sempre più difficile cogliere le differenze all’interno della gamma del produttore. E così a prima vista la serie JS8500 potrebbe poi non sembrare così diversa: del resto lo schermo è sempre curvo e la cornice intorno al pannello sottilissima. A guardare bene poi si nota in realtà che il bordo dello schermo è un po’ più largo e con finiture più semplici e che il retro è un pannello in plastica più leggera rispetto al top di gamma, ma il look & feel complessivo non ne vengono intaccati. Anche questa serie video 2.999,00 a €b Samsung UE55JS8500T l UN BUON TV A CUI MANCA UN PO’ DI GRINTA Se non ci fossero stati l’eccellente JS9500, e l’appena superiore JS9000, probabilmente questo televisore non avrebbe sfigurato in cima alla gamma di Samsung. Rispetto al top di gamma di quest’anno però, pur offrendo prestazioni di buon livello, il JS8500 non riesce a raggiungere lo stesso effetto wow. Ovviamente stiamo parlando di un TV che costa praticamente la metà se non di meno, e in quest’ottica non è affatto male. Diciamo che è un TV buono ma che non eccelle: sul 55” l’Ultra HD rende, ma non stupisce, il local dimming funziona bene, ma lascia la sensazione che si può fare di meglio, i colori convincono ma l’immagine non “scalda” come forse ci piacerebbe. È “solo” un buon TV e non è detto che sia un difetto. 8.4 Qualità 8 Longevità 10 Funzionalità complete COSA CI PIACE Buona qualità di immagine Pronto per l’HDR Design 8 Semplicità 8 D-Factor 9 Prezzo 8 Local dimming non sempre efficace COSA L’interfaccia rende macchinose le operazioni di base NON CI PIACE Telecomandi poco pratici e mal dimensionati ha parte delle connessioni audio/video “trasferite” su un box esterno, One Connect Mini, collegato al TV tramite un cavo proprietario. In questo caso si tratta di un’unità molto più piccola e compatta. Qui troviamo in particolare i quattro ingressi HDMI, due porte USB e l’uscita audio digitale ottica per il collegamento a un amplificatore esterno. Sul televisore troviamo invece i terminali d’antenna, la porta LAN, l’uscita per le cuffie, gli ingressi video analogici (via adattatori forniti in dotazione), slot per moduli Common Interface per i programmi a pagamento e un’ulteriore porta USB 3.0 da utilizzare anche per il collegamento della webcam opzionale. Il TV integra il doppio sintonizzatore DVB-T2 e DVB-S2, con supporto per canali Ultra HD in HEVC. In dotazione troviamo due telecomandi. Il primo è quello tradizionale, in plastica e un po’ sottodimensionato rispetto alla quantità di tasti che ci troviamo sopra. Praticamente tutta la superficie è ricoperta da pulsanti che sono davvero molto ravvicinati tra loro. Il secondo è lo stesso smart remote che avevamo trovato sul JS9500, con giroscopio e il nuovo layout dei comandi. Come avevamo già sottolineato in quella prova, i tasti sono anche qui molto ravvicinati e spesso si finisce per premere quelli sbagliati rendendo un po’ faticosa la navigazione dei menù. Avanti con Tizen Tutti i modelli di smart TV di Samsung del 2015 sono equipaggiati con la nuova piattaforma basata su sistema operativo di Tizen, che il produttore coreano ha introdotto da qualche tempo sui suoi dispositivi wearable, e che ora sta sperimentando anche sugli smartphone in alcuni paesi. Da questo punto di vista non ci sono grosse differenze tra la serie JS9500 e questo JS8500 e possiamo nuovamente apprezzare la sua immediatezza di utilizzo e notevole semplificazione rispetto alla soluzione “multi-hub” dello scorso anno. Qui c’è un solo “smart hub” con tutte le app e i servizi disponibili per i TV Samsung, tra cui ora anche Netflix, in una schermata semplice da esplorare, mentre le app più utilizzate compaiono nella nuova barra principale in stile webOS. Siamo ancora alla prima versione di Tizen per smart TV, ma la sensazione è che Samsung sia sulla strada giusta per quanto riguarda la gestione di app e servizi web. Sul fronte della “manutenzione” del TV i controlli continuano a risultare un po’ macchinosi, come vedremo meglio nella prova d’uso. Aggiungendo la webcam opzionale si abilitano tutte le funzioni di smart interaction, che permettono di controllare il TV anche con i gesti e con i controlli vocali. Ci sono poi tutte le solite funzioni come il lettore multimediale da periferiche USB, DLNA, screen mirroring da smartphone e tablet, PVR e TimeShift su dischi e chiavette USB. Un TV completo sotto tutti i punti di vista. segue a pagina 42 torna al sommario n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Samsung UE55JS8500T segue Da pagina 41 video lab Smart TV Samsung Scopriamo Tizen nelle impostazioni avanzate del menù immagine. Come si può vedere dal grafico in basso a sinistra, il blu è addirittura un filo più profondo, il rosso è molto vicino, mentre al verde manca ancora qualcosa per arrivare a una copertura completa. Lo spazio colore nativo presenta un gamut molto simile a quello del top di gamma, segnale che entrambi i modelli impiegano lo stesso tipo di quantum dots (che Samsung chiama Nano Crystal Color). Nel complesso però questo JS8500 ci è parso un po’ più facile da domare in fase di calibrazione. Il rapporto di contrasto, misurato su una scacchiera e dopo la calibrazione, è di circa 3200:1, con un livello del nero di 0,04 cd/mq. Curiosamente questo valore è superiore a quello della serie JS9500, anche se poi in realtà la resa in termini di contrasto è molto diversa tra i due TV. Con un po’ di calibrazione diventa quasi perfetto Meno sofisticato Ma sempre un buon LCD Samsung come al solito mette a disposizione un ridotto numero di profili di immagine pre-impostati, tra cui quello denominato film che è quello che più dovrebbe avvicinarsi a una corretta calibrazione video. In realtà la temperatura colore della scala di grigi di fabbrica rimane un po’ troppo fredda, mentre primari e secondari, specie a livelli di saturazione intermedi, non sono del tutto precisi. Samsung mette a disposizione una regolazione fine del bilanciamento del bianco che permette di avvicinarsi senza troppa difficoltà al riferimento. Ottenere un risultato preciso è reso un po’ difficoltoso dal fatto che il menù a schermo sembra interferire in minima parte con la misura, il che può rendere il processo di calibrazione più tedioso del solito. I grafici post-calibrazione sono stati ottenuti dopo la sola regolazione del bilanciamento del bianco e, come si può vedere cliccando qui, mostrano come primari e secondari vanno essenzialmente a posto da soli senza bisogno di dover mettere mano al sistema di gestione del colore, di cui è Il JS8500 non offre lo stesso sfoggio di tecnologie dell’eccellente SUHD serie JS9500, ma qui la differenza chiave è soprattutto nella retroilluminazione LED Edge, con un sistema di local dimming meno sofisticato rispetto a quello del top di gamma. Se quel modello non sembrava nemmeno quasi un LCD, qui le caratteristiche tipiche di questa tecnologia sono ancora in parte visibili. Cominciamo con il dire che il TV Samsung si fa apprezzare per immagini luminose e colori brillanti con una resa piuttosto naturale e piacevole, e un buon rapporto di contrasto percepito. Nelle scene luminose possiamo analizzare il comportamento della retroilluminazione dinamica, che mostra un buon livello del nero generale ma anche qualche limite nel mantenere una buona uniformità su tutto lo schermo. In particolare, nonostante la funzione Cinema Black, che ha l’obiettivo di mantenere le bande nere sopra e sotto il quadro con i contenuti con rapporto d’aspetto 2.35:1, in alcune circostanze si nota l’intervento della regolazione dinamica proprio in quei punti. Ciò avviene tipicamente quando c’è un elemento molto luminoso che si muove per lo schermo su sfondo più scuro. D’altra parte i LED sono posti proprio nei pressi delle cornici superiore e inferiore. L’effetto diventa meno visibile se si imposta il parametro Smart LED su “massimo”, regolazione che offre del resto il livello del nero più profondo e nel complesso le prestazioni più convincenti. Il più delle volte le bande nere appaiono davvero tali anche nella visione con ambiente oscurato e, nonostante possa rimanere come un leggero “velo luminoso” sullo schermo nelle scene più buie, cosa che non accadeva con il modello superiore, la qualità di riproduzione è comunque davvero degna di nota per un pannello LED Edge. Ci sono chiaramente delle situazioni limite in cui questo tipo di local dimming funziona meno bene, come una luna molto luminosa su sfondo scuro o loghi “sparati” agli angoli dello schermo, che rivelano qualche alone di troppo proveniente dal bordo superiore o inferiore dello schermo. Da notare che l’uniformità e la profondità del nero variano molto in funzione della posizione dello spettatore rispetto allo schermo: basta essere un poco fuori asse (sia orizzontalmente che verticalmente) rispetto al centro e il nero comincia a tendere più verso il bluastro. Rispetto al modello superiore, che offriva un look quasi da display a emissione diretta (tipo OLED per intenderci), qui ci troviamo di fronte sempre a comunque dotato il TV Samsung. È solo il rosso a rimanere lievemente meno saturo di quello che dovrebbe essere tra il 50% e il 75% di saturazione, ma il livello medio di errore è complessivamente molto basso, il che rende le deviazioni dal riferimento praticamente al limite del percepibile. Come già il top di gamma della serie JS9500, anche questo modello può potenzialmente arrivare molto vicino allo spazio colore allargato DCIP3, che potrebbe venire impiegato nei prossimi formati per l’Ultra HD (UHD Alliance e Ultra HD Blu-ray). Il wide gamut si attiva impostando lo spazio colore su “nativo” torna al sommario un’immagine contraddistinta da colori brillanti e naturali, ma che per certi versi colpisce di meno lo spettatore, quasi più fredda e digitale. La definizione espressa dal TV è molto buona già nella visione di dischi Blu-ray, e a dire il vero passando a contenuti nativi Ultra HD non abbiamo notato questo salto qualitativo così notevole. Certo si possono apprezzare alcuni dettagli talmente fini in alcuni filmati che sicuramente in Full HD non si distinguerebbero, ma su questa dimensione di schermo il passaggio al 4K non suscita mai un vero e proprio effetto wow. Sarà che l’upscaler integrato già produce ottimi risultati con il Full HD? Questo non vuol dire che non ci siano vantaggi nell’avere un pannello Ultra HD naturalmente. Lo abbiamo già detto più volte: già con una diagonale da 55” la matrice di pixel in Full HD comincia a vedersi, mentre qui è invisibile anche avvicinandoci allo schermo, e le immagini appaiono compatte e quasi stampate sullo schermo. Buona la risoluzione in movimento, specie se si attiva il sistema Motion Plus. Qui c’è una modalità personalizzabile, che consente di attivare il solo backlight scanning con il grande pregio di eliminare l’effetto telenovela, a fronte di una leggera perdita di luminosità. Il flickering rispetto al passato è estremamente ridotto ed è l’impostazione consigliata. A parte i secondi appena successivi all’accensione del TV, in cui l’interfaccia rimane un po’ ingessata, la piattaforma smart TV basata su Tizen si conferma snella e veloce. Purtroppo, come avevamo già sottolineato nella prova del top di gamma di quest’anno di Samsung, sono le funzioni di uso più comune a essere molto macchinose: la gestione dei canali in particolare (specie quelli satellitari), ma anche il formato di schermo, il cambio canale, la regolazione dei parametri audio e video, richiedono sempre dei click di troppo del telecomando, smart o no che sia, con un appesantimento dell’esperienza d’uso del TV. Peccato. Per concludere, se per quanto riguarda la visione di contenuti in definizione standard abbiamo davvero poco da dire, se non che l’upscaler lavora bene ma è un po’ impietoso nei confronti della compressione spinta del digitale terrestre, vale la pena segnalare la buona resa audio degli altoparlanti integrati. Uno dei trend positivi che sta emergendo per il 2015 è il miglioramento generale della resa sonora dei TV, nonostante permangano gli stessi vincoli dimensionali di sempre. Il TV Samsung è capace di offrire una significativa presenza del registro medio/basso e tutto sommato anche una buona dinamica. Certo i dialoghi sono sempre un po’ inscatolati e le alte frequenze non così pulite e brillanti, ma siamo lontani anni luce dall’audio “citofonico” che fino a poco tempo fa eravamo costretti a subire. n.120 / 15 19 OTTOBRE 2015 MAGAZINE TEST Abbiamo provato la stampante Epson EcoTank, i serbatoi di inchiostro abbassano i costi se si stampa tanto e spesso Epson EcoTank: con i serbatoi separati si risparmia Risultati buoni, ma il prezzo (349 euro di listino) è elevato in rapporto alla qualità di stampa e al livello della costruzione A di Roberto PEZZALI l giorno d’oggi si stampa sempre meno, anche perché tutto viaggia in digitale: la stampante tuttavia non è assolutamente morta, anzi, molti piccoli uffici e molte famiglie hanno ancora bisogno di una stampante a casa. L’inkjet viene spesso vista come una fregatura: la stampante costa poco, i serbatoi inclusi sono mezzi vuoti e dopo qualche mese, quando va comprata una ricarica completa, sono dolori. Epson con la tecnologia EcoTank ribalta il problema: si fa pagare tanto la stampante, mentre l’inchiostro viene dato in una bottiglietta che, dopo aver ricaricato i serbatoi, assicura una enorme longevità di stampa, oltre le 4000 copie in bianco e nero e circa 6500 copie a colori. Per la ricarica si dovranno poi spendere 10 euro a boccetta, quindi 40 euro per una ricarica completa (il prezzo è stato abbassato alcuni mesi fa). Una soluzione interessante per chi stampa tanto, anche perché come vedremo questa stampante non è troppo conveniente per una famiglia che stampa saltuariamente: l’adozione della tecnologia EcoTank infatti porta come conseguenza un abbassamento della qualità di stampa rispetto ad una stampante Inkjet magari pensata per la fotografia, con una testina che non viene cambiata ogni volta che si sostituisce la cartuccia stessa. Abbiamo provato uno di questi modelli, per vedere se davvero una soluzione di questo tipo può far risparmiare soldi a chi ancora ha bisogno di stampare tanto e non vuole una laser. Una premessa va comunque fatta: la tecnologia EcoTank è già vincente sul piano “green” rispetto a quella tradizionale, con i serbatoi vuoti che vanno nella plastica al contrario delle cartucce tradizionali che sono considerate rifiuto elettronico. video Flebo laterale e velocità elevata Gli inchiostri, nero, ciano, magenta e giallo sono posizionati in un piccolo contenitore a lato. I contenitori arrivano vuoti e vanno riempiti strizzando (e centrando il buco) flaconi di inchiostro da 70 ml. Il processo di carica forse è un po’ scomodo, ma poco importa: va fatto una volta e poi per almeno un anno non ci si pensa più. Epson ha usato inchiostri diversi da quelli delle solite inkjet: al posto dei Claria ha adottato una soluzione a Tra i modelli disponibili della serie EcoTank la L555 è base d’acqua per aumentare la longevità del prodotto. quella più cara: il listino fa segnare 349 euro, ma sul Per provare la velocità di stampa, visto il target del promercato si trova a circa 50 euro in meno. Dovrebbe essere il modello dedicato alle piccole aziende, un dotto, abbiamo stampato un documento misto grafica multifunzione dotato di fax, fotocopiatrice, scanner testo al 5%, documento campione (ISO IEC 24712 ) che (1200 dpi) e stampante (5760x1440dpi). La connettività simula alcune situazioni tipiche di un utilizzo business. avviene tramite wi-fi o cavo USB, e sembra strano non La prova è stata fatta nelle tre qualità di stampa, alta, vedere su un modello di questo livello una connessione standard e bozza, i risultati sono riportati nella tabella qui a fianco. La velocità riscontrata con documenti in bianco e nero è vicina a quella dichiarata, da 9 pagine Epson EcoTank: prova della velocità di stampa al minuto a circa 8 pagine, mentre per i colori si arriva a circa 4 pagine. Uscita primo foglio Stampa dei 5 foglio del test Il tutto con un rumore tutto sommato contenuto. Per quanto riguarda la qualità siamo in linea con quella di Bozza 14 secondi 1 minuto e 9 secondi una stampante di fascia medio bassa: la risoluzione non è eccelsa e Standard 15 secondi 1 minuto e 40 secondi solo in qualità alta il riempimento dei caratteri è buono. La qualità “standard” comunque si presta bene per Alta 29 secondi 4 minuti e 36 secondi stampare presentazioni e dispense. Niente ethernet e cassetto piccolo per il modello più “business” torna al sommario lab ethernet, ma va detto che alcuni nuovi modelli appena presentati ne sono provvisti. L’altro limite, a nostro avviso, è il cassetto di caricamento dei fogli che tiene “solo” 100 fogli: per una stampante nata per grossi volumi forse era meglio pensare ad un contenitore ben più ampio. In ogni caso, per chi non ha bisogno del fax, esiste il modello L355 che costa decisamente meno pur rimanendo in una fascia di prezzo premium per una inkjet, superiore ai 200 euro. Conviene davvero il serbatoio rispetto alla cartuccia? La Epson L555 non è un prodotto nuovo, anzi, è uscito da parecchio tempo e da parecchio tempo abbiamo la stampante in redazione. L’abbiamo tenuta a lungo per un motivo molto semplice: volevamo vedere se dopo 5 mesi di inutilizzo le testine e gli inchiostri si fossero seccati. La stampante EcoTank è destinata a coloro che stampano ogni giorno, e solo chi la usa parecchio ammortizza i costi, ma potrebbe prenderla in considerazione anche qualcuno che stampa raramente, giusto per non avere i problemi di dover periodicamente acquistare nuove cartucce. Comunque la risposta è negativa: avevamo stampato un migliaio di pagine prima delle vacanze, ne abbiamo stampate altrettante in questi giorni e non abbiamo avuto nessun problema né alle testine né agli inchiostri. Per una questione economica comunque questa stampante conviene solo a chi pensa di stampare almeno 7000 pagine miste tra nero e colore: il costo pagina è bassissimo ma se si acquista una inkjet da 60 euro restano 300 euro di budget da spendere in inchiostri. Soddisfacente invece la qualità di stampa per un uso business: non è pari a quella di una laser ma in bianco e nero si avvicina molto, e a colori si riescono a stampare slide e presentazioni con una discreta fedeltà. Non è, e non pretende di esserlo, una stampante fotografica, per quello si deve guardare altrove (anche in casa Epson).