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Numero 70
28 Luglio 2015
85 Pagine
BMW Serie 2
Gran Tourer
A misura di famiglia
la nuova Gran Tourer esalta le
caratteristiche di versatilità
della “normale” Active Tourer
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Toyota Auris restyling
Nuovi motori e
design più
elaborato
Due nuovi motori diesel e benzina
Multe a Milano
Giallo all’autovelox
di viale Famagosta
Un lettore chiede aiuto: lo hanno
multato a 57 all’ora , ma è certo di
non aver superato i 50
| PROVA SU STRADA |
Mercedes-Benz AMG GT S
da Pag. 02 a Pag. 15
All’Interno
NEWS: Porsche 911 restyling | Nissan Qashqai 1.6 DIG-T 163 CV | Ford EcoSport restyling | Abarth 124 Spider
Mercedes-AMG CLA e GLA 45 AMG 2015 | I motori da competizione | F1: La Formula 1 dei camionisti
PROVA SU STRADA
MERCEDES-BENZ AMG GT S
La Gran Turismo
secondo
Stoccarda
L’abbiamo provata durante uno degli AMG
Performance Tour della Casa della Stella: è una
sportiva “vera” e coinvolgente in ogni occasione,
soprattutto in questa versione “S”
di Giovanni Bregant
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Media
L
a sua linea è un mix di eleganza e
sportività tra i più riusciti nell’ultimo decennio, con proporzioni
classicheggianti e soluzioni stilistiche modernissime; il tutto
impreziosito da dettagli raffinati
e mai fini a se stessi. E, se possibile, dal vivo è
perfino più bella che in foto. Raccontare della
nuova Mercedes-AMG GT S partendo dall’estetica potrebbe sembrare una scelta un po’ scontata, in fondo ci sono le foto della nostra gallery,
ma il fatto è che la linea della AMG GT S esprime
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meglio di qualsiasi commento la sua vera natura. Che è quella di una vera GT, quindi utilizzabile
tutti i giorni, ma con un’anima da autentica super
sportiva, progetta per divertire anche i piloti più
smaliziati oltre che per fare bella mostra di sé davanti ai locali più alla moda. Le scelte tecniche
di base confermano questo obiettivo: così, rispetto alla monumentale SLS che va a sostituire,
le dimensioni e il peso sono stati ridotti (siamo
rispettivamente a 4,55 m e il peso è stato contenuto in 1.540 kg a vuoto). Insomma, la caccia
alla Porsche 911 è aperta, così come a tutte le
sportive in commercio, perché la nuova nata di
Stoccarda ha davvero tante frecce nel suo arco,
come abbiamo avuto modo di scoprire durante
una breve presa di contatto in occasione di uno
dei Performance Tour organizzati dalla Casa per
i clienti.
Un V8 biturbo di 4.0 litri specifico
Già dal motore si capisce che i tecnici di Affalterbach - dove vengono progettate e costruite tutte
le AMG - con la GT hanno adottato un approccio
diverso rispetto al passato, partendo da un foglio
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
manca inoltre un vero differenziare autobloccante, meccanico sulla versione GT e a controllo
elettronico sulla GT S. Del resto l’elettronica è
vigile ed efficiente, per ottimizzare le prestazioni e allo stesso tempo garantire la sicurezza, ma
può essere progressivamente disinserita (l’ESP
prevede 3 livelli di intervento) fino a essere del
tutto spenta per chi desidera mettere alla prova
le proprie capacità di guida - meglio se in pista
- senza alcuna interferenza. Altre raffinatezze si
trovano nel reparto telaistico, come l’uso dell’alluminio - per ridurre le masse non sospese - per
i bracci oscillanti triangolari, i fusi a snodo e i
supporti ruota. Inoltre, lo schema a doppi bracci
trasversali riduce le variazioni di campanatura
e convergenza che si verificano nella guida ad
alta velocità. Di serie sulla GT S c’è anche il Ride
Control AMG, ovvero un sistema di sospensioni
bianco per realizzare una vera sportiva. L’impegno in questo senso emerge subito osservando
le specifiche del motore, che non è una variante
del “solito” V8 biturbo utilizzato sugli altri modelli top di gamma della Casa, ma un propulsore del
tutto inedito, sebbene sia stata ripresa l’architettura con otto cilindri a V e la soluzione della
doppia sovralimentazione. La cilindrata, però, è
contenuta (si fa per dire) in 4.0 litri e non mancano soluzioni particolari: è il caso ad esempio della collocazione delle turbine all’interno della V,
che riduce le dimensioni del motore e ottimizza
i tempi di risposta. E ancora, la lubrificazione è a
carter secco, per un pescaggio sempre ottimale
dell’olio anche in presenza di elevate accelerazioni laterali - come si conviene ad una GT adatta
anche ai track day - con l’ulteriore vantaggio di
una collocazione più in basso del motore. Il risultato è un’unità capace di 462 CV a 6.000 giri,
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a regolazione elettronica variabile, comandate
attraverso la Drive Unit AMG oppure agendo sul
programma di marcia Dynamic Select AMG, che
propone tre diverse tarature: Confort Sport e
Sport Plus. E ancora, lo sterzo prevede un rapporto di trasmissione variabile, per ottenere una
buona maneggevolezza nelle curve lente senza
ritrovarsi con un comando ipersensibile alle alte
velocità; non solo, ma anche la servoassistenza è
variabile, in funzione della velocità ma anche - ed
è un’altra particolarità - in base all’accelerazione
trasversale e all’opzione scelta per il Dynamic
Select AMG. Inoltre, a richiesta la GT S può essere equipaggiata anche con supporti dinamici
per motore e cambio (il pacchetto è ribattezzato
“Dynamic Plus AMG”, e comprende anche un assetto più rigido e una maggiore campanatura negativa all’avantreno, per esaltare ulteriormente
che diventano 510 CV a 6.200 nella variante S, e
600 Nm tra i 1.600 e i 5.000 giri (650 tra i 1.750
e i 4750 giri per la S), con prestazioni mozzafiato:
la motorizzazione top di gamma da noi provata
consente di accelerare da 0 a 100 km/h in 3,8
secondi, con una velocità massima di 310 km/h.
Il tutto con un consumo combinato di 9,4 litri
per 100 km (ok, come sempre la realtà è leggermente diversa, ma possiamo confermare che il
consumo reale è più che ragionevole per la categoria) ed emissioni già in regola con le normative
più restrittive che entreranno in vigore nel 2016.
Trasmissione e telaio
Il cambio è un 7 marce a doppia frizione, collocato al posteriore così da arretrare il motore (che
infatti è un anteriore-centrale) e ottimizzare la
distribuzione dei pesi, che vede addirittura una
leggera prevalenza del retrotreno: 47:53. Non
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l’inserimento in curva). Infine l’impianto frenante, che prevede quattro dischi autoventilanti e
forati da 360 mm per la GT e da 390 mm sull’asse anteriore per la GT S, ma gli incontentabili - e
i patiti dei track day - possono anche richiedere
l’impianto con dischi carboceramici da 402 mm
all’anteriore e 360 mm al posteriore.
Al volante
Non si pensi, a questo punto, ad un cocktail tecnologicamente perfetto ma un po’ freddo, o ad
una vettura che punta tutto sui numeri del suo
propulsore, perché l’esperienza di guida a bordo
della Mercedes-Benz AMG GT è assai più ricca
e appagante. Per rendersene conto bastano pochi chilometri, come è accaduto nel corso della
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Prova
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nostra presa di contatto, troppo breve per esprimere giudizi definitivi sul comportamento della
vettura ma sufficienti per capire molte cose del
suo temperamento. L’esperienza di guida inizia
dall’abitacolo, realizzato in modo come sempre
impeccabile e rivestito interamente di materiali pregiati (dalla pelle alla fibra di carbonio), ma
con un’inedita sensazione di intimità: il posto
guida avvolge il pilota e la plancia è ricca di soluzioni stilistiche e dettagli davvero scenografici,
dall’imponente tunnel centrale ai tasti metallici
zigrinati alla base della console centrale. Ma è al
momento di mettere in moto che si capisce realmente l’ambizione della nuova sportiva tedesca,
che saluta il guidatore e tutti i presenti nell’arco
di qualche decina di metri con un latrato da vera
supercar. Poi, in marcia, è possibile tenere le valvole dello scarico chiuse - in questo caso si riesce
a viaggiare con una certa discrezione - oppure
spalancarle e annunciare a tutti il proprio arrivo
con un urlo selvaggio, accompagnato da scoppiettii ad ogni scalata e colpi secchi nel passaggio ad un rapporto superiore. Lo sterzo, da parte sua, si dimostra già alle basse andature bello
comunicativo e prontissimo a buttare la vettura
dentro la curva: caratteristiche queste che hanno un ruolo decisivo nella sensazione di avere a
che fare con una vettura per intenditori e appassionati, da “guidare” veramente. Un’impressione alla quale naturalmente non sono estranee le
sospensioni, che celano ben poco delle sconnessioni della strada, anche se ogni movimento degli
ammortizzatori appare perfettamente controllato e non mette mai in crisi la stabilità. Il risultato
è una sportività mai eccessiva - volendo la AMG
GT è assolutamente utilizzabile tutti giorni, per
qualsiasi itinerario - ma sempre perfettamente
connessa con la strada. A proposito di sfruttabilità quotidiana: la visibilità è sorprendentemente buona e anche il lungo cofano davanti a
sé viene metabolizzato dopo pochi chilometri,
complice l’eccellente agilità regalata dallo sterzo
e le dimensioni contenute. Meglio così, perchè
le prestazioni in gioco sono di altissimo livello:
la risposta del motore è brutale e immediata a
qualsiasi regime e con qualsiasi rapporto inserito e su strada la scheda tecnica - che parla di 650
Nm disponibili già a 1.750 giri - trova conferma
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Prova
puntuale ogni volta che si preme l’acceleratore con una pressione appena superiore ad una
carezza, proiettando in pochi attimi la vettura a
velocità da censura su qualsiasi strada pubblica.
In conclusione
A questo punto vorremmo potervi raccontare di
come si comporta la AMG GT nei percorsi tortuosi più impegnativi o in pista, ma purtroppo durante la nostra breve presa di contatto non ne abbiamo avuto occasione. Naturalmente ci auguriamo
di poter avere presto un’altra opportunità, ma i
pochi chilometri percorsi insieme ci sono bastati
per capire che con la sua ultima creatura la casa
di Stoccarda è riuscita realizzare una GT utilizzabile tutti i giorni eppure assolutamente divertente ed emozionante, con prestazioni straordinarie
e un prezzo che risultando di oltre 20 mila euro
inferiore a quello della Porsche 911 Turbo - sua
diretta concorrente come cavalleria - riesce a
sembrare perfino ragionevole. A patto naturalmente di non lasciarsi tentare troppo dall’elenco
degli accessori, perché in quel caso sono dolori:
lo splendido colore AMG Solarbeam dell’esemplare da noi provato, ad esempio, richiede - da
solo - un sovrapprezzo di 8.906 euro...
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BMW SERIE 2 GRAN TOURER
A misura
di famiglia
In listino da 28.550 euro la nuova Gran Tourer esalta
le caratteristiche di spaziosità e versatilità della
“normale” Active Tourer. Non è sportiva come
una BMW ma è comoda
di Emiliano Perucca Orfei
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Media
D
dalla quale deriva, la BMW Serie 2 Active Tourer
varia molto in termini dimensionali: la piattaforma modulare utilizzata dalla Casa di Monaco
anche per Mini e la nuova generazione della SUV
X1 ha permesso di allungare il passo di 110 mm
portandolo sino a quota 2.780 a tutto vantaggio
dello spazio a bordo. Un differenziale importante
che ha richiesto una totale rivisitazione stilistica
che ha inciso in primis sulla lunghezza, ora di
4.556 mm (+214), oltre che sull’altezza (1.608
mm, +53): misure da segmento D tanto che
la BMW Serie 2 Gran Tourer è più corta di una
Serie 3 Touring di soli 70 mm. Gli incrementi dimensionali hanno portato ad un miglioramento
dell’abitabilità a bordo tanto che ora c’è più spazio per le gambe e la testa (+20mm) di chi siede dietro oltre che per due posti supplementari
che portano il conto totale delle sedute a sette.
In configurazione 5 posti cambia notevolmente
anche il volume del bagagliaio: si passa da un minimo di 645 litri ad un massimo di 1.905 con la
possibilità di ospitare oggetti lunghi fino a 2.600
mm. Interessante la presenza del sistema di
apertura del vano bagagli con un gesto del piede:
essendo una vettura dedicata a persone “dinamiche” la cosa può rappresentare un plus in numerose situazioni. Tra gli elementi chiave dell’abitacolo della Serie 2 Gran Tourer c’è la notevole
personalizzazione ma anche la versatilità: i sedili
della fila centrale, per intenderci, scorrono e gli
schienali possono essere inclinati a piacere per
aumentare lo spazio del bagagliaio o il confort
dei passeggeri. Come ogni MPV che si rispetti
non manca la predisposizione Isofix per i posti
laterali della fila centrale e per quello anteriore
del passeggero. La terza fila di sedili, opzionale,
è a scomparsa e si ripiega andando ad occupare
il minimo spazio possibile ma soprattutto andando a formare con il pavimento del bagagliaio
una superficie perfettamente piatta. Numerose
le idee pensate per rendere piacevole la vita a
bordo: sono numerosi gli spazi per riporre gli oggetti di tutti i giorni ma allo stesso tempo è tanta
la tecnologia che permette di rendere più facile
opo il lancio della prima monovolume a trazione anteriore la famiglia della BMW Serie
2 si allarga ulteriormente con
l’arrivo della Gran Tourer (da
28.550 euro) che nasce con
l’obiettivo di amplificare i contenuti di spaziosità e versatillità che hanno reso “interessanti” i
primi mesi di commercializzazione della Active
Tourer. Nonostante siano completamente al di
fuori degli schemi a cui BMW ha abituato i propri clienti sin dalle origini, le BMW Serie 2 Active
Tourer e Gran Tourer rappresentano vetture importanti per la Casa di Monaco: il 75% delle vendite, infatti, è di conquista da altri brand mentre
i “bmwisti” arrivano da Serie 1 e Serie 3. I principali mercati sino ad oggi sono l’Europa (47%)
e la Cina (12%) mentre mancano all’appello gli
States visto che oltreoceano la MPV di Monaco
non viene commercializzata. Rispetto al modello
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mm, sedili ad alto contenumento laterale rivestiti
in pelle ed un kit estetico evidentemente ispirato alle vere M. La gamma motori prevede unità
diesel e benzina montati trasversalmente, quindi a tre e quattro cilindri. Per quanto concerne i
benzina si parte dai tre cilindri della 216i (102 CV,
11,9 s 0-100 km/h, 5,6 l/100 km) per passare,
sempre con tre cilindri, ai 136 CV della 218 i (9,5
s 0-100 km/h, 5,5 l/100 km). Per trovare un’unità quadricilindrica bisogna passare alla 220i: in
questo caso i CV sono 192, l’accelerazione da 0
a 100 km/h avviene in 7,7 secondi ed il consumo
di carburante si attesta a 6,4 l/100 km. La gamma diesel si apre con i tre cilindri della 214d da
95 CV (13,5 s 0-100 km/h, 4,1 l/100 km) e della 216d da 116 CV (11,1 s 0-100 km/h, 4,2 l/100
km) per salire ai 150 CV della 218d (9,3 s 0-100
km/h, 4,5 l/100 km). Non manca la trazione
integrale, per il momento disponibile solo sulla
220d xDrive: 190 CV la più completa delle BMW
Serie 2 Gran Tourer passa da 0 a 100 km/h in
7,6 secondi consumando 5,1 di gasolio ogni 100
km. Tre e quattro cilindri, trazione integrale sul
motore 20d, la BMW Serie 2 Gran Tourer vanta
ogni viaggio. Il sistema multimediale BMW Connected Drive (970 euro), per intenderci, ha tra le
varie funzioni la possibilità di gestire una coppia
di iPad montati posteriormente (MyKidio), così
da poter gestire una eventuale programmazione audiovisiva di ospiti più o meno adulti. Non
mancano i sistemi di auto parcheggio, i sensori
di parcheggio, l’head up display, la retrocamera
di parcheggio ma anche una curiosa funzione denominata Traffic Jam Assistant che permette, in
determinate condizioni di utilizzo e con il cruise
control attivo, di far gestire la guida nel traffico
direttamente alla vettura: l’unico accorgimento
da tenere è quello di mantenere una mano sulla corona dello sterzo. Sotto il profilo estetico
rimangono tutte le caratteristiche base di una
“normale” BMW con la calandra a doppio rene
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consumi dichiarati mediamente molto bassi anche grazie a numerosi accorgimenti che fanno
parte del pacchetto EfficientDynamics: con il
cambio automatico (2.150 euro), ad esempio, è
previsto che la vettura in rilascio attivi la funzione “coasting” che sostanzialmente disaccoppia
il cambio dal motore limitando gli attriti alle ruote
ed all’aerodinamica. Non manca per tutti i motori
ed i cambi il sistema Start/Stop, ma soprattutto
un valore di Cx molto contenuto per la categoria:
0,28 è considerato un valore best in class. Tra
gli elementi chiave della piattaforma modulare
compatta BMW ci sono gli elevati indici di resistenza torsionale, il basso centro di gravità, ma
anche uno schema di sospensioni molto sofisticato messo a punto in simbiosi con una scatola
guida pensata per non far rimpiangere l’assenza
di vibrazioni o di coppie “anomale” sul volante,
che è tipica delle vetture a trazione posteriore.
Dal vivo: com’è fuori
La nuova BMW Serie 2 Gran Tourer è simile alla
Active Tourer nella zona anteriore, fino al montante A, mentre nella zona centrale e posteriore
ed i gruppi ottici, con illuminazione diurna a led,
sdoppiati e carenati. Anche dietro rimane la firma BMW con i classici fari ad L che vengono accompagnati da una serie di linee orizzontali pensate per aumentare la sensazione di larghezza e
quindi la presenza scenica su strada. BMW Serie
2 Gran Tourer è disponibile in tre allestimenti,
tutti pensati per esaltare diverse caratteristiche
funzionali ed estetiche: la Sport Line, ad esempio strizza l’occhio ad una clientela più sportiva
sia fuori che dentro, mentre la Luxury Line si rivolge ad un’utenza più raffinata e che cerca elementi come i rivestimenti in pelle o le finiture in
materiali di pregio. Per chi proprio non rinuncia
alla vera anima BMW è disponibile anche un allestimento M Sport che offre il classico volante
sportivo a tre razze M, assetto ribassato di 10
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Prove
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Su strada
Essere comoda e poco sportiva non significa comunque che la vettura non sia piacevole da guidare: il telaio della Serie 2 Gran Tourer sembra
addirittura aver guadagnato sotto questo punto
di vista con l’allungamento del passo, tanto che
sia in autostrada che nelle curve a medio raggio
la sensazione di stabilità e di precisione di guida
appare addirittura superiore a quella della MPV
da cui deriva. Ottimo il comportamento della
trazione integrale: la 220d xDrive oltre ad essere molto potente è anche in grado di assicurare
grande trazione in caso di fondi scivolosi. Certo,
non lavora come quella delle “normali” BMW a
trazione posteriore, per cui la trazione rimane
prevalentemente anteriore ma in termini di sicurezza attiva porta in dote valori estremamente
positivi. Oltre alla performance del motore 220d,
è completamente diversa. Se la “piccola” può essere assimilata alla Mercedes Classe B la “grande” è un prodotto completamente differente, decisamente più bilanciato sotto il profilo estetico
pur senza farsi mancare nulla di quelli che sono
gli stilemi tipici della produzione BMW, doppio
rene e gruppi ottici in primis.
Dal vivo: com’è dentro
La Serie 2 Gran Tourer si compra prima di tutto
perché è un’auto molto spaziosa. Lo spazio per
chi siede davanti è sostanzialmente quello della
versione Active Tourer mentre cambiano molte
cose se ci si siede dietro visto che c’è molto spazio in più per le gambe. La sensazione di spazio
è eccezionale ed è evidente come questa vettura
possa fare al caso di famiglie con due/tre figli.
Non eccezionale lo spazio riservato a chi siede
nella terza fila di sedilli: sono da considerarsi
poco più che dei posti di emergenza. Eccellente,
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se si utilizza la vettura in configurazione 5 posti,
lo spazio nel bagagliaio: ci sta di tutto e di più ed
è facile da caricare grazie alla corretta altezza da
terra del piano di carico. Viaggiando in sette lo
spazio diminuisce ma rimane sufficiente spazio
per un paio di trolley.
Molto sofisticata, come sempre, la dotazione
tecnologica: come tutte le BMW anche la Gran
Tourer monta il sistema multimediale Connected
Drive che oltre ad uno schermo molto generoso
offre una gestione “facile” attraverso il comando
a rotella “iDrive”. Ottima la posizione di guida:
ci si siede comodi e rialzati da terra, si ritrovano
tutti i comandi tipici BMW nella stessa posizione
degli altri modelli, e poco importa se la sensazione non è quella di essere a bordo di una sportiva
per via delle gambe poco distese: la Serie 2 Gran
Tourer, del resto, nasce per portare persone da
A a B piuttosto che regalare grandi emozioni al
volante.
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prove
che già conoscevamo ed immaginavamo, siamo
rimasti positivamente colpiti dalla performance
della 216d Gran Tourer: abbinato al cambio automatico a sei marce il tre cilindri di Monaco appare più che sufficiente per un utilizzo quotidiano
cittadino/autostradale, con consumi prossimi ai
20 km/litro, mentre se l’utilizzo è più “montano”
allora è necessario rivolgersi a motorizzazioni
più potenti.
In conclusione
BMW Serie 2 Gran Tourer è una vettura pensata
per fare spazio alla famiglia ed alle necessità degli sportivi con attrezzature molto ingombranti. Il
tutto senza rinunciare alla tecnologia ed ai motori del Gruppo BMW. Certo, per gli appassionati il
solo fatto di sapere che sotto a quella carrozzeria
monovolume si cela una trazione anteriore “suona male”, ma il mercato richiede evidentemente
vetture come questa e BMW ha fatto davvero
bene a creare una proposta completa e sofisticata come questa.
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TOYOTA AURIS RESTYLING
Nuovi motori
e design più
elaborato
Arrivano due nuovi motori diesel e benzina.
Toyota però crede nell’ibrido. Piccoli ritocchi estetici.
Nuovo pacchetto sicurezza e interessante formula
di acquisto
di Maurizio Vettor
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Media
L
a nuova Toyota Auris beneficia
dell’arrivo di un interessante motore 1.6 Diesel, un 1.2 turbo benzina e bla bla bla. Per non sbagliare avremmo dovuto iniziare
così l’articolo. L’uniformarci, lo
stereotiparci, ci avrebbe però portato non solo
a pubblicare un articolo uguale ad altri mille, ma
anche ad allontanarci dalla filosofia della casa
giapponese e in particolare dallo spirito che anima una vettura che non si è mai posta il problema di andare un po’ controcorrente, un po’ come
la sorella Prius.
Elisir di crescita
Un antigo adagio giapponese diceva che “Vincere o perdere dipende dalla sorte del tempo”. Non
che in Toyota credano nel potere della sorte, ma
senza ombra di dubbio quello in cui credono è
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Prova
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invece questo non sia altro che la pura e cruda
verità, bisogna mettersi alla guida di una Toyota
Auris. Non parliamo di confort. Non parliamo di
assenza di vibrazioni, erogazione lineare, piacere di guida e via discorrendo. Auris è capace di
trasmettere a chi è a bordo, un senso di “tranquillità” che è la somma di tutti questi fattori e
forse molti altri. Non a caso una delle pubblicità
che sono più rimaste impresse nell’immaginario
comune è quella dell’automobilista bloccato nel
traffico di una caotica città indiana che nonostante il caos fischietta allegro. Ecco! Questo è il
concetto. Auris è una vettura che sa placare anche gli animi più sportivi, portandoli in una sorta
di terza dimensione. Altro che segmento A-B-C...
Quello generato dalla vettura di casa Toyota è
indiscutibilmente un modo terzo. Provare per
credere, come diceva Guido Angeli in una nota
pubblicità degli anni che furono. Una dimensione
che trova la sua massima espressione nella Auris 1,8 Hybrid con cambio E-Cvt: ottimizzazione
dell’energia, guida rilassata, confort. Del resto
questo tipo di cambio impone all’autista un dolce
affondo del pedale dell’acceleratore. Basta farle
prendere piano piano i giri per poi riuscire a “veleggiare” con un filo di gas. Una guida infatti più
invasiva, con un affondo più corposo sul pedale,
non produrrebbe altro che quel fastidioso effetto “variatore scooteristico” . Insomma, bisogna
abbiate il “piedino leggero” e la Auris diventerà la
vettura migliore per piccoli e grandi spostamenti, leggiadra e delicata come poche altre auto. Se
a tutto questo unite una buona insonorizzazione,
il supporto offerto da sedili con imbottitura dura
ma confortevole, la qualità percepita dei materiali, l’assetto rigido ma in grado di smorzare
bene gli avvallamenti, capirete perchè il 50% dei
clienti Toyota si sono avvicinati per la prima volta
al Marchio.
Nuovi motori e ritocchi al design
Dopo questo lungo cappello introduttivo, doveroso, addentriamoci nelle vere novità del
secondo restyling della seconda generazione
di Auris. Trattasi di novità tecniche, sui propulsori, e ritocchi estetici all’interno e all’esterno
nella forza del tempo che, abbinata alla costanza e alla grande qualità dei molti contenuti, rappresenta a loro dire l’elisir di una crescita certa.
Come dargli torto. E allora che il tempo sia galantuomo anche per Toyota che in un settore così
incerto e tormentato dai demoni della crisi, come
quello automobilistico, guarda al futuro con un
sorriso, non prima però di avere fatto un keirei,
l’inchino di saluto tipico della loro cultura!
Un modo diverso di guidare
La percezione di trovarsi di fronte a un qualcosa
di diverso è forte, fortissima, come la voglia degli
uomini Toyota di comunicare all’automobilista
di oggi e di domani, che esiste un modo nuovo
di vivere, guidare, spostarsi. Detta così sembra
lo slogan mal riuscito di un pubblicitario con carenza di idee o le parole di un giornalista con il
blocco dello scrittore. Per comprendere quanto
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Auris 2015 è stata sottoposta ad affinamenti nel
design, miglioramenti nella qualità dei materiali
e aggiornamenti della sicurezza/tecnologia. Capitolo questo che richiederà un discorso a parte. La nuova Auris si presenta con un frontale
e un posteriore dalle linee rinnovate volute dai
designer per conferirle maggiore autorevolezza
ed eleganza. Autorevolezza che dovrebbe garantire anche un maggiore appeal Oltreoceano.
Gli interni sono impreziositi dalla nuova plancia e da rivestimenti di alta qualità, dal display
touch-screen da 7,1” con comandi capacitivi e
dal nuovo display a colori da 4,2” posizionato al
centro del quadro strumenti. Display disponibile a partire già dall’allestimento Active e di serie
sui modelli ibridi. Ora attorno al contaghilometri
e il contagiri si generano due cilindri che danno
tridimensionalità al quadro. Bene quindi, i miglioramenti ci hanno convinto. Lo spazio all’interno
dell’abitacolo. Senza contare poi che con questa
versione è arrivato anche un nuovo pacchetto
“sicurezza” e una rivoluzionaria formula di acquisto, pensata per un cliente moderno, molto
diverso da quello di qualche anno fa. Arrivano
innanzitutto due nuove motorizzazioni ovvero il
1.6 D-4D da 112 cavalli e il 1,2 turbo benzina da
116 cavalli che vanno ad arricchire una gamma
composta già dal 1.8 benzina ibrido e dal 1.4
diesel, entrambi comunque affinati. Oltre alla
versione ibrida, peraltro già conosciuta, quella che sembra incuriosire di più è la più piccola della famiglia, ovvero il 1,2 turbo da 116 cv a
iniezione diretta, capace di unire performance e
consumi. Questi ultimi, secondo le dichiarazioni
della Casa, mediamente si attestano rispettivamente sui 4,6 l/100 km anche se in autostrada
abbiamo visualizzato i 7,5/100 km. Più bassi i
consumi del 1.6 da 112 cv che nel nostro test ha
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dell’abitacolo è rimasto sempre lo stesso con un
ridotto spazio per le gambe sui sedili posteriori,
così come la distanza sedile-tetto. Ma spostiamo
lo sguardo all’esterno della vettura e per la precisione sul frontale dove i profili cromati si sviluppano a partire dal nuovo logo Toyota, più pronunciato rispetto a quello del modello uscente.
Quello superiore, sottolinea il bordo del cofano,
sviluppandosi per l’intera larghezza del frontale.
Quello inferiore, più sottile, scende verso il basso inserendosi nella parte alta del paraurti. Subito sotto al nuovo paraurti, la griglia inferiore si
estende oggi per l’intera larghezza del frontale,
assicurando alla nuova Auris: la parola d’ordine,
anche in questo caso è “autorevolezza”. Il profilo della nuova Auris è caratterizzato da sbalzi
più lunghi, che creano una linea al contempo
più slanciata ed equilibrata che percorre l’intera
silhouette della vettura. L’eleganza del profilo è
consumato in media (tratti urbani e extraurbani) circa 6 litri per 100 km. Insomma Toyota ha
cercato di seguire il nuovo trend del segmento C
che richiede una certa riduzione dei consumi ed
emissioni ma senza perdersi per strada le prestazioni. Completa la gamma la storica Hybrid,
pensata per chi percorre tanti chilometri in città
o percorsi misti, in grado di erogare con il sistema totale, elettrico+termico, 136 cv. L’ibrida è il
fiore all’occhiello della vettura: lo crede Toyota,
ma lo testimoniano anche i risultati di vendita.
Soprattutto la seconda generazione, quella che
fu presentata al pubblico nel 2012, ha infatti avuto un incredibile successo, con vendite che nel
2014 hanno rappresentato in Europo oltre il 50%
dell’intera gamma e in Italia l’80%. E ora capitolo
“ritocchi di design”. Adattandosi ai cambiamenti di un mercato estremamente competitivo e
metabolizzando i feedback dei clienti, la gamma
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Prove
Periodico elettronico di informazione automobilistica
aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa
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Trattasi di un pacchetto costituito da 4 dispositivi volti a aumentare la sicurezza della vettura
grazie a una telecamenra e sensori laser montati
sul parabrezza. Compongono il sistema: PreCollision System (PCS)1, il Lane Departure Alert
(LDA) ed i sistemi Automatic High Beam (AHB) e
Road Sign Assist (RSA).
PRE-COLLISION
Il sistema Pre-Crash, in un raggio di intervento
compreso fra 10 e 80 km/h, rileva la presenza di
veicoli di fronte alla vettura , riducendo così il rischio di tamponamento. Per prevenire e limitare
i danni da collisione, il sistema attiva un allarme
acustico e visivo che comunica al guidatore la
necessità di frenata.
Quando il guidatore viene avvisato del possibile pericolo e frena, il sistema automaticamente applica maggiore forza frenante, ed
aziona, sempre in maniera autonoma, i freni
qualora il guidatore non dovesse premere il
impreziosita dalla forma particolare dell’antenna
(a pinna e non tradizionale come sulla vecchia
versione) e dai nuovi cerchi in lega da 16” e da
17”. Per quanto riguarda il posteriore, il design
del paraurti della nuova Auris è stato completamente ridisegnato, per enfatizzare le linee decise
della vettura. L’auto è di poco più lunga della precedente, per via del paraurti più importante, non
per un aumento del passo. Anche i gruppi ottici
posteriori dispongono oggi di nuovi fari a LED,
assicurando alla nuova Auris uno stile riconoscibile al primo sguardo. La nuova gamma Auris dispone inoltre di alcuni affinamenti relativi alle sospensioni e allo sterzo. Badate bene, affinamenti,
perché sono quasi impercettibili. La sospensione
anteriore MacPherson, comune a tutte le motorizzazioni, beneficia però di nuovi componenti
come la molla a spirale, gli ammortizzatori e il
finecorsa. Le molle aiutano a incrementare il
comfort di guida, mentre l’ottimizzazione degli
36
pedale, riducendo la velocità della vettura di
circa 30 km/h2 oppure arrestando completamente il veicolo al fine di prevenire o ridurre i
danni dovuti all’urto.
LANE DEPARTURE ALERT
Il Lane Departure Alert utilizza una telecamera
per rilevare la segnaletica stradale orizzontale:
quando il veicolo comincia a deviare la sua traiettoria rispetto alla corsia di marcia, l’LDA avverte
il guidatore tramite un allarme acustico e visivo.
AUTOMATIC HIGH BEAM
L’Automatic High Beam garantisce una migliore
visibilità durante la guida notturna. Il sistema impiega una telecamera per rilevare sia i fari dei veicoli provenienti nella direzione opposta sia le luci
posteriori dei veicoli che la precedono: seleziona
automaticamente la modalità più corretta tra abbaglianti e anabbaglianti, al fine di non disturbare
gli altri automobilisti.
ammortizzatori contribuisce a migliorare la maneggevolezza e la stabilità della vettura. Sull’asse posteriore invece due sono le strade seguite:
assale torcente per le motorizzazioni diesel, 1.6
e 1.4 e doppio braccio oscillante per la 1.2 turbo e per la 1.8 Hybrid. Una cosa le accomuna: i
nuovi ammortizzatori. Diversi accorgimenti infine hanno permesso di ridurre anche il livello
di rumorosità e vibrazioni percepito all’interno
dell’abitacolo. Ma in questo caso ci riserviamo
di effettuare un test più lungo e approfondito per
darvene prova. Per concludere, sappiate che la
nuova gamma offre gli allestimenti Cool (base),
Active e Lounge sia per le versioni Hybrid che per
quelle convenzionali diesel o benzina.
Dotazione più ricca
Toyota lancia il ‘Toyota Safety Sense’, una nuova gamma di tecnologie studiate per prevenire e
ridurre le collisioni a diverse velocità di marcia.
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Prove
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Prova
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ROAD SIGN ASSIST
Il Road Sign Assist, tramite una telecamera posizionata sulla parte anteriore del veicolo, rileva
i limiti di velocità ed i segnali stradali che vietano il sorpasso mostrandoli sul display. Nel caso
dei limiti di velocità, il sistema avverte il guidatore tramite un allarme acustico e visivo qualora
venga superato il limite consentito. Insomma,
un bell’aiuto all’autista, nella direzione di una riduzione degli incidenti, ma che si tradurrà anche
in un minor esborso economico durante tutta
la vita della vettura: con la riduzione del rischio
di incidenti garantita dal sistema Toyota Safety
Sense, i clienti che acquisteranno la nuova Auris
potranno beneficiare infatti di costi assicurativi
più bassi. Il Toyota Safety Sense sarà disponibile
inizialmente sulla gamma Auris, AYGO e su Yaris.
Su Auris il costo è di 600 euro ma con la formula
di promozione-lancio, basteranno soli 300 euro
per poterlo montare.
Nuove soluzioni d’acquisto: Pay
per Drive
Toyota propone una nuova formula di acquisto
della vettura che punta molto sulla trasparenza e
semplicità. Potremmo così riassumerla: anticipo
iniziale, rata mensile di 200 euro, riscatto finale
e 4 anni di tagliandi e garanzia. Fin qui, niente di
sorprendente, verrebbe da dire. Ma non è finita.
Infatti pensando all’incertezza economica e lavorativa nella quale viviamo, Toyota lascia la libertà
di restituire la vettura in qualsiasi istante, con un
valore futuro garantito. Infine, chiudiamo con i
prezzi: la gamma Hybrid nella verione Hatchback
parte da 23.900 euro, 150 euro in meno a listino
della versione precedente. La 1.2 turbo benzina
da 22.000 euro, 1.4 D-4D da 22.050 euro e infine
la 1.6 D-4D da 24.250 euro. Per avere le rispettive versioni station wagon servono altri 1.000
euro.
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Toyota Auris restyling
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ottici anteriori e posteriori, così come i paraurti
che ora sembrano assumere forme ancora più
sinuose. Cambia radicalmente invece il sistema
di scarico, che mostra due terminali circolari ravvicinati al centro, così come le prese d’aria del
motore, che diventano verticali.
ancora divulgato alcuna notizia in merito ai propulsori, ma sappiamo per certo che ci saranno
importanti novità. Per rispettare la nuova normativa Euro 6 infatti tutte le unità della gamma saranno rinnovate radicalmente, con l’arrivo della
sovralimentazione.
Arriva il selettore in stile 918
Addio aspirati
Queste prime immagini però ci permettono
di scorgere anche qualche importante novità
all’interno. La sorpresa più grande è l’arrivo del
selettore delle diverse modalità di guida sul lato
destro del volante, in puro stile 918 Spyder. Completamente rinnovato però anche il sistema di
infotainment, che sfoggia un display molto più
ampio. Al momento il costruttore tedesco non ha
La Carrera quindi potrebbe essere spinta da un
nuovo sei cilindri boxer 2.7 turbo da circa 400 CV,
mentre la più spinta Carrera S potrebbe sfruttare
un più generoso 3.4, sempre sovralimentato.
Per conoscere tutti i dettagli della rinnovata Porsche 911 restyling non ci resta che aspettare il
Salone di Francoforte, in programma a metà settembre.
PORSCHE 911 RESTYLING
I MOTORI SARANNO TUTTI TURBO
La Casa tedesca ha divulgato una serie di immagini spia ufficiali,
che ritraggono i muletti della futura Porsche 911 facelift
L
a Casa di Zuffenhausen inizia a far salire la suspense in merito al debutto della rinnovata Porsche 911 restyling, che
si farà ammirare al prossimo salone di
Francoforte. I tedeschi hanno divulgato infatti
una serie di immagini spia ufficiali, che ritraggono i muletti della futura 911 facelift impegnati
nelle ultime fasi di test in Sud Africa.
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Piccoli ritocchi
Gli esemplari sono ancora camuffati, quindi è ancora difficile scovare le novità estetiche. In ogni
caso non è difficile immaginare che i cambiamenti saranno davvero minimi. Piccoli ritocchi
estetici che non cambieranno, come vuole la tradizione, il volto di una delle sportive più famose
di sempre. Si evolveranno sicuramente i gruppi
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17”, e su 138 g/km per quelli dotati di cerchi da
18” e 19”. Il nuovo motore DIG-T 163 è abbinato
alla trazione anteriore e ad un cambio manuale
a 6 rapporti. L’altra novità di Nissan è l’adeguamento delle motorizzazioni diesel di Qashqai alla
normativa Euro 6, i cui consumi relativi al ciclo
urbano partono da 4,2 l/100 km per il motore 1.5
dCi e da 5,1 l/100 km per il 1.6 dCi. Il prezzo di listino del nuovo Nissan Qashqai 1.6 DIG-T 163 CV
parte da 22.740 euro.
NISSAN QASHQAI 1.6 DIG-T 163 CV
IL QASHQAI PIÙ VELOCE
Debutta la motorizzazione benzina top di gamma per il crossover best
seller della Casa nipponica. Accelera da 0 a 100 km/h in 8,9 secondi e
consuma in media 5,9 l/100 km. Costa 22.740 euro
N
issan aggiunge una nuova motorizzazione alla gamma Qashqai con l’arrivo del nuovo motore a benzina 1.6
DIG-T 163 CV, rispondente alla normativa Euro 6 a cui sono state adeguate anche
tutte le motorizzazioni Diesel. La nuova unità
quattro cilindri turbocompressa da 1,6 litri, messa a punto appositamente per il crossover best
seller della Casa giapponese offre una potenza
massima di 163 CV a 5.600 giri/min e 240 Nm
di coppia tra i 2.000 e 4.000 giri/min. Come per
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tutte le motorizzazioni della rinnovata gamma
Qashqai, il nuovo DIG-T 163 prevede il sistema
di accensione Start/Stop. L’accelerazione 0-100
km/h richiede appena 8,9 secondi, il che fa di
questo motore il più prestazionale della gamma
Qashqai, mentre la velocità massima è di 200
km/h. I dati relativi all’efficienza dei consumi e
alle emissioni descrivono una motorizzazione in
grado di consumare appena 5,8 l/100 km nel ciclo medio, mentre le emissioni di CO2 si attestano su 134 g/km per i modelli con cerchi da 16” e
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rumorosità garantita dai materiali fonoassorbenti di maggiore spessore ed è inoltre possibile
dotare la EcoSport di vetri posteriori oscurati. Ford ha aggiunto alla dotazione tecnologica
parabrezza e retrovisori riscaldabili, disponibili
all’interno del nuovo Winter Pack. I modelli dotati
del sistema di connettività SYNC si avvarranno,
inoltre, di uno schermo a colori da 4”.
Motori Euro 6
Tutta la gamma motori della Ford EcoSport è
ora aggiornata alla normativa Euro 6. E’ ora disponibile, inoltre, il cambio automatico Powershift. Il TDCi 1.5, guadagna 5 cavalli di potenza,
passando da 90 a 95, riducendo contemporaneamente emissioni e consumi, rispettivamente a
115 g/km di CO2 e 4,4 l/100 km. L’EcoBoost 1.0
a 3 cilindri emette 125 g/km di CO2 e consuma
mediamente 5,4 l/100 km, mentre il Ti-VCT 1.5 a
benzina, accoppiabile anche al cambio automatico Powershift, emette 149 g/km di CO2 per un
consumo medio di 6,3 l/100 km. Inoltre è stato
rivisto l’accoppiamento motore-cambio per garantire più coppia ai bassi regimi e una migliore
guidabilità e aggiornata la taratura di sospensioni, servosterzo e del controllo elettronico di stabilità. Il prezzo di partenza della Ford EcoSport
restyling è di 18.000 euro chiavi in mano.
FORD ECOSPORT RESTYLING
NUOVO LOOK PER IL SUV COMPATTO
Il SUV compatto dell’Ovale Blu perde la ruota posteriore, aggiorna
l’abitacolo e migliora in comfort. In listino da 18.000 euro
T
empo di aggiornamenti per il Ford
EcoSport, il SUV compatto della Casa
dell’Ovale Blu nato per il mercato sudamericano e approdato in Europa lo
scorso anno. Come visto allo scorso Salone di
Ginevra, la EcoSport versione restyling è stata
ridisegnata soprattutto al posteriore, dove per
contenere gli ingombri sparisce la ruota di scorta appesa al portellone che faceva tanto offroad
e che adesso è un optional. Le EcoSport senza
ruota di scorta sono dotate di un kit di riparazione. Anche le cerniere del portellone sono state
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modificate per facilitare l’apertura parziale e
agevolare l’accessibilità negli spazi più stretti.
Cambia dentro
Aggiornamenti anche per l’abitacolo: all’interno i
sedili sono ora riscaldabili e disponibili anche con
rifiniture in pelle, il volante è stato aggiornato nel
design e sono state aggiunte diverse cromature.
E’ stata riposizionata la leva del freno a mano e
aggiornato il design del pannello strumenti, della
console centrale e dei rivestimenti delle porte. Il
comfort è stato incrementato grazie alla minore
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ABARTH 124 SPIDER
SI FARÀ
Lo ha confermato Alfredo Altavilla. La spider dello Scorpione
potrebbe montare il 1.750 Alfa già impiegato sulla 4C
«
Per chi ama le prestazioni ci sarà una
versione Abarth». Parola di Alfredo Altavilla, responsabile per di FCA per l’area Emea riportate dalla rivista inglese
Auto Express che confermano la voglia di Fiat
di ridare nuova linfa al marchio dello Scorpione
a partire dalla Fiat 124 Spider che sarà realizzata in collaborazione con Mazda sulla medesima
piattaforma della nuova MX-5. La Fiat 124 in
versione Abarth avrà naturalmente una livrea
dedicata con elementi aerodinamici realizzati ad
hoc, sospensioni e telaio più rigidi e, pare, sotto
il cofano una specifica versione del 4 cilindri turbo 1750 prelevato dall’Alfa Romeo 4C, in cui è
collocato in posizione centrale. Rispetto alla Alfa
48
4C, la Abarth 124 Spider dovrebbe disporre di
una potenza che scenderà da 237 a 200 CV, un
valore che, visto il peso contenuto in circa 1.000
kg della vettura, dovrebbe garantire prestazioni
molto elevate.
La Fiat 124 Spider verrà realizzata utilizzando il
telaio in alluminio della MX-5 di ultima generazione e verrà assemblata nello stabilimento di Hiroshima, in Giappone.
I motori però anche in questo caso saranno di
origine FCA, che probabilmente nel modello
base della 124 Spider sarà una versione aggiornata del 1.4 turbo montanto longitudinalmente,
dal momento che la trazione sarà posteriore
come sulla spider giapponese.
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che comprende il programma di marcia ‘Race’
e le sospensioni attive regolabili su due livelli. La
Mercedes-Benz AMG CLA 45 4MATIC accelera
ora da 0 a 100 km/h in 4,2 secondi, ovvero 0,4
secondi in meno rispetto al modello precedente. Scendono anche i tempi della CLA Shooting
Brake (4,3 secondi) e GLA (4,4). I modelli sono
prenotabili da subito ed arriveranno nelle concessionarie della Casa di Stoccarda a settembre.
La CLA 45 4MATIC ha un prezzo di 58.000 euro,
CLA 45 4MATIC Shooting Brake di 58.610 euro e
GLA 45 4MATIC di 59.870 euro.
MERCEDES-AMG CLA E GLA 45 AMG
INIEZIONE DI POTENZA
+21 CV per le piccole Mercedes-AMG, che adottano adesso anche una
spaziatura più corta del cambio doppia frizione. Arriveranno asettembre
P
iù cavalli e di conseguenza prestazioni
più elevate per la serie delle “piccole”
Mercedes-AMG, ovvero la berlina CLA
45 AMG, la wagon CLA 45 AMG Shooting Brake e la crossover GLA 45 AMG model
year 2015 con l’adozione, come già avvenuto
per la Classe A 45 AMG, degli aggiornamenti
per il propulsore 2 litri turbo che passa da 360
a 381 CV, mentre la coppia massima è stata incrementata di 25 Nm attestandosi adesso a 475
50
Nm. Le nuove CLA e GLA 450 AMG adottano
anche una spaziatura più corta dei rapporti del
cambio a doppia frizione a 7 marce ed i nuovi
programmi di marcia Dynamic Select già presenti sulla Mercedes-AMG GT. Novità assoluta
è anche il pacchetto opzionale AMG DYNAMIC
PLUS che comprende il il bloccaggio meccanico
del differenziale di nuovo sviluppo all’avantreno
che rende le piccole AMG ancora più efficaci in
curva e l’assetto sportivo AMG RIDE CONTROL
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
diventata un punto di riferimento irrinunciabile
nel mondo delle hypercar. Ha 85 dipendenti e
sforna un’auto da 2 milioni di euro ogni mese.
E la lista d’attesa per avere una Agera arriva a
tre anni. Abbiamo incontrato Christian von Koenigsegg in Inghilterra, in occasione dell’annuncio
che lega la sua azienda a Castrol, per la fornitura di olio lubrificante ad altissime prestazioni.
La sua storia racconta un sogno trasformato in
realtà. Tutti gli appassionati sognano, almeno
una volta nella vita, di fondare un’azienda con il
proprio nome, capace di sfornare automobili da
sogno. Ma si sa, i sogni vanno poco d’accordo
con la realtà. Lei come ha fatto ad incominciare
questa avventura?«Partire è sempre molto difficile, ovviamente. Ma è ancora più difficile andare
avanti e stare sul mercato. Tutti possono incominciare un progetto, il problema è trasformarlo in una realtà solida. Ed è ancora più difficile
fare un’auto che sia omologata per tutti i Paesi
del mondo, ma anche bella da vedere e unica da
guidare. Questa è la vera sfida. Io ci ho messo
otto anni per passare dall’idea alla prima auto
consegnata ad un cliente, dal 1994 al 2002. Ricordo bene quegli anni. Lavoravo giorno e notte
pensando solo alla mia macchina, avevamo budget molto limitati ed eravamo in pochi. Ma eravamo tutti animati dalla passione di realizzare
qualcosa di veramente unico».
Per certi aspetti la sua storia ci ricorda molto
da vicino quella di un altro genio dell’automobile come Horacio Pagani. E’ così? Vi conoscete personalmente immagino…
«Sì, certamente, le nostre storie hanno delle somiglianze. Produciamo auto uniche, molto costose e vendute in tutto il mondo. Ho incontrato
Horacio in diverse occasioni, specialmente ai saloni dell’auto».
Pagani e Koenigsegg producono automobili
per certi aspetti simili ma anche molto diverse
KOENIGSEGG
«UN’AUTO DA 1.500 CV PUÒ ESSERE
BELLA DA GUIDARE COME UNA LOTUS»
di Matteo Valenti | Abbiamo intervistato Christian Erland Harald von
Koenigsegg, fondatore dell’omonima azienda che produce incredibili
hypercar da 2 milioni di euro. Una storia incredibile uno sguardo
proiettato al futuro delle alte prestazioni
L
a storia di Christian Erland Harald
von Koenigsegg è quella di un sogno
divenuto realtà. Come altre migliaia
di appassionati nel mondo il piccolo
Christian, all’età di sei anni, sognava di realizzare
l’auto più potente del mondo, in grado di battere
Ferrari, Porsche e McLaren. Nel 1994, a soli 22
52
anni, si lancia in un’impresa che sembrava folle.
Con pochi soldi e qualche compagno d’avventura spinto dalla sua stessa passione viscerale,
dava vita all’azienda che porta il suo nome. Soltanto otto anni dopo la Koenigsegg consegnava
la prima CC8S mai realizzata al primo cliente.
Oggi questa eccezionale azienda artigianale è
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tra loro. Se fossi un cliente perché dovrei scegliere una Agera al posto di una Huayra?
«In effetti abbiamo molti aspetti in comune
ma siamo anche molto diversi. Credo che alla
Koenigsegg siamo ancora più concentrati nel
raggiungimento delle prestazioni definitive,
per superare ogni volta i confini della sportività
estrema. A mio avviso invece Pagani punta molto
di più anche sul concetti del lusso. Intendiamoci,
una Huayra è una supersportiva ovviamente, ma
esprime di più un concept di “sportività lussuosa”, mentre noi siamo concentrati quasi esclusivamente sulle performance».
Molti costruttori sostengono che sia inutile
produrre auto oltre i 1.000 CV e che sia un limite fisiologico per una supercar, fissato idealmente attorno ai 500-600 CV. Oltre questo
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
limite si incontrano troppe problematiche e si
perde piacere di guida. Lei che realizza auto da
1.500 CV cosa ne pensa?
«Un’auto può essere davvero divertente anche
con poca potenza. Una Lotus Elise per esempio è
davvero fantastica da guidare. Ma non sono per
niente d’accordo con chi sostiene che 500-600
CV sia il limite massimo per avere una supercar
efficace. O meglio, non in tutti i casi. Chi ha guidato la Koenigsegg One:One spesso afferma che
per certi aspetti quest’auto ricorda proprio la Lotus Elise. La nostra auto infatti è super potente,
ma anche leggera, agilissima e reattiva. Spesso
non serve nemmeno sfruttare tutta la sua potenza ed è super controllabile. Certo, esistono
auto fantastiche con 400 o 500 CV. Ma questo
non significa che non possano esistere hypercar altrettanto coinvolgenti. L’importante è la
super potenza, oltre i 1.000 CV per intenderci,
non vada a discapito della maneggevolezza, della leggerezza e della reattività della vettura. Ma
questo non è di certo il caso della Koenigsegg.
Credo che l’idea di un limite ideale per la potenza
delle supercar sia un pregiudizio».
Allo scorso Salone di Ginevra avete stupito il
mondo con la vostra prima ibrida, la Regera.
Un mezzo incredibile e assolutamente innovativo. Come ha fatto un’azienda piccola e
artigianale la Koenigsegg a sviluppare un’auto
simile? Avete fatto tutto da soli?
«Ormai è da anni che sviluppiamo da soli tutti i
sistemi elettronici delle nostre auto. Dalla gestione del motore a quella del cambio, fino ai sistemi
di bordo e alle centraline del motore, abbiamo
sempre sviluppato tutto “in house”. Abbiamo
maturato quindi grandi competenze nell’elettronica e il passaggio al mondo dell’ibrido è soltanto
un nuovo passo in avanti in questa direzione».
E perché proprio un’ibrida?
«Ho guidato per due anni e mezzo una Tesla Model S e sono rimasto affascinato da quanto potesse essere incredibilmente immediata la potenza
del motore elettrico. Non ci sono esitazioni, passaggi di marcia, ritardi. Quando devi sorpassare
un’altra auto, basta premere sull’acceleratore e
in un battito di ciglia la macchina scatta come un
fulmine. Questa estrema reattività manca a tutte
le supercar del mondo, anche a quelle più potenti
e veloci nelle risposte. Allora ho iniziato a chiedermi come avrei potuto integrare questo tipo
di sensazioni all’interno delle nostre auto, senza
tradire quello che è la Koenigsegg».
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Intervista
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dati alla mano. In che senso?
«Abbiamo testato il Castrol Edge Titanium FST
al Ring su una delle mie One:One, mettendolo a
confronto con un olio ad alte prestazioni di un
marchio concorrente. I risultati sono stati sbalorditivi, perché con quest’olio la Koenigsegg riusciva ad esprimere al massimo la sua potenza. I dati
emersi dal test mettevano nero su bianco come
Castrol Edge Titanium FST riuscisse ad abbattere gli attivi metal to metal in maniera incredibile.
A questo punto non avevo scelta, sapevo che il
Castrol Edge Titanium FST sarebbe dovuto diventare l’olio perfetto per le mie auto».
Perché il vostro ibrido è diverso?
«La maggior parte delle ibride sono molto complesse e pesanti perché hanno sistemi incredibilmente complessi. Io non volevo niente di simile,
per questo con la Regera ho pensato di rimuovere completamente il cambio e di abbinare al motore termico tre motori elettrici alimentati a batterie. In questo modo siamo riusciti ad ottenere
un sistema molto compatto e leggero (solo 80
kg kg in più, esluse batterie, ndr) e soprattutto
abbiamo il motore in presa diretta sulle ruote posteriore grazie ad una frizione. Abbiamo 700 CV
“elettrici” grazie a tre motori e 1.110 CV dal propulsore termico. Il sistema permette di servirsi
solo dei motori elettrici, oppure solo del motore
termico, mentre quando si vuole tutta la potenza
tutti i propulsori lavorano insieme, perché per la
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Quante auto producete oggi?
«Realizziamo un’auto al mese, quindi circa 12
macchine l’anno. Ma stiamo cercando in tutti i
modi di incrementare un po’ la produzione perché abbiamo una lista origini lunghissima con
tempi di attesa molto lunghi per i nostri clienti».
E quali sono i mercati più importanti?
«Vendiamo le auto un po’ dappertutto, non abbiamo un mercato di riferimento. Vendiamo negli
Stati Uniti, in Giappone, anche in Europa ora che
le recessione si è allontanata, e poi ancora Singapore, Malesia, Cina, Medio Oriente».
prima volta nella storia dell’automobile abbiamo eliminato il cambio. Questo ci ha permesso
anche di abbattere del 3.5% le dispersioni di potenza della trasmissione rispetto ad una catena
cinematica tradizionale».
Incredibile. E avete fatto tutto questo senza
rivolgervi a grandi aziende come ZF o Bosch?
«Sì, completamente da soli. Certo, ci siamo
serviti di qualche collaborazione. Per esempio
i motori elettrici vengono forniti da un’azienda
esterna, mentre le batterie sono state realizzate
da Rimac su nostre specifiche richieste. In ogni
caso tutto il progetto è frutto della Koenigsegg».
Quella con Castrol non è una semplice collaborazione, ma una scelta ben precisa, presa con
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Attualità
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MULTE A MILANO
GIALLO ALL’AUTOVELOX
DI VIALE FAMAGOSTA
di Enrico De Vita | Un lettore chiede aiuto: lo hanno multato a 57 all’ora,
ma è certo che ci sia un errore e che non superava i 50. Esaminiamo
le foto e scopriamo che ha pienamente ragione. Ma non è un semplice
errore, c’è dell’altro...
V
iale Famagosta a Milano è una di
quelle strade di grande scorrimento
ove a marzo 2014 sono stati installati 7 autovelox fissi. Che nei primi 19
mesi di funzionamento hanno prodotto 791.000
verbali. Poiché l’importo medio delle sanzioni
è stato di 176 euro a verbale (dati ufficiali per il
58
2014), il “fatturato” si aggira sui 140 milioni di
euro. Un vero business per le casse comunali.
Un’ipocrita tassa occulta per i milanesi, anche
perché, in spregio alla denominazione di strada di grande scorrimento, il limite di velocità di
alcune delle strade, compreso viale Famagosta
(a due carreggiate separate, ciascuna di due
corsie, più quella per taxi e bus) è stato fissato a
un avvilente 50 all’ora. Ai primi di aprile ci scrive
Fulvio M. (evitiamo di indicarne il cognome per
non interferire con l’iter del procedimento in corso): “Ho appena ricevuto una multa per eccesso
di velocità, mentre viaggiavo fra altre vetture in
viale Famagosta a Milano. Io sono troppo attento
a non infrangere il limite, in quel viale non supero
mai i 45 km/h, anche perché sono già incappato
nei rigori dell’autovelox. Come posso fare a sostenere che l’infrazione è da imputare all’auto
che mi ha superato come si vede dalle foto, e non
alla mia Scenic?”
Volando si può
Esaminiamo le due foto ufficiali, che Fulvio ha
ricavato dal portate del comando di polizia municipale, e che mostriamo in questa pagina. In
effetti si vede la sua vettura tutta sulla destra,
preceduta e seguita da due vetture, e affiancata
da una terza in fase di sorpasso. Gli rispondiamo
che è suo diritto chiedere al comando se sono
state multate anche le altre. Infatti, poiché la
sua si trova in mezzo, la velocità non può essere
superiore, ma analoga (quasi identica) a quella
delle altre vetture. A meno che sia giunta in quella posizione volando. Se anch’esse sono state
raggiunte da un verbale, bisogna vedere cosa ne
è stato della vettura in fase di sorpasso, che di regola è la più veloce e probabilmente è quella che
ha fatto scattare l’autovelox. Se fosse più lenta,
allora le tre vetture sulla destra (inclusa quella di
Fulvio) dovevano essere multate anche per sorpasso sulla destra.
Tre ore regalate alla privacy
Fulvio si reca prontamente al comando dei vigili di via Friuli a Milano per i chiarimenti. Dopo
un’attesa durata tre ore, viene ricevuto: l’impiegata spiega che l’apparecchio è in grado di
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distinguere le infrazioni su ciascuna corsia, che
è assolutamente affidabile e controllato e che
per quanto riguarda eventuali multe alle altre
auto e alla loro velocità, non è possibile nessuna risposta perché occorre prima conoscere le
targhe. Ma come? Non c’è una circolare del ministro dell’Interno, Maroni, nell’agosto 2010, che
prescrive di non sanzionare se la foto mostra più
vetture nella stessa immagine? E poi come si fa
a fornire le targhe delle altre auto se nella foto
sono coperte? Solo al comando sono in grado
di saperlo, sia esaminando le altre foto sia prendendo nota dell’orario dell’infrazione, per poi
ricercare nel database i verbali immediatamente precedenti o successivi, con le relative foto.
Invitiamo allora il signor Fulvio a recarsi nuovamente al comando e a insistere con la richiesta.
Mercoledì, 22 aprile il signor Fulvio torna in Via
Friuli e rifà le stesse domande all’agente Grossi
(matricola 2080), la quale risponde: “Non sono
autorizzata a dare alcuna informazione relativa
a verbali elevati ad altre vetture per questioni di
privacy”.
Risposte alquanto disinvolte
Paradossale! Primo, perché è una risposta diversa da quella precedente, che esigeva l’indicazione delle targhe. Secondo, perché la privacy non
può essere più invocata quando il documento
richiesto è importante per far cadere un’imputazione. Basta chiederlo a qualche buon esperto di
diritto per apprenderlo. La disinvoltura di tali risposte è pari a quella con la quale i vigili di Milano
hanno interpretato a loro uso e consumo la legge
che impone ai comandi di inviare i verbali entro
90 giorni da quando l’infrazione è accertata. Per
Milano i 90 giorni sono solo un optional. Guardate cosa c’è scritto nella prima parte del verbale
inviato al signor Fulvio (vedi immagine qui sotto):
“II verbalizzante CALIN CRISTINA matr. 302, in
servizio presso l’Ufficio Varchi della Polizia Locale di Milano, in data 25/02/2015, dalla quale
decorrono i termini di notifica del presente verbale, ha accertato che il conducente del veicolo
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
targato EV721NE, in data 20/01/2015 alle ore
11:20 in Milano, VLE VIALE FAMAGOSTA numero
civico 34,: ha commesso le seguenti violazioni”...
Quindi l’agente verbalizzante ha preso in carico
solo il 25 febbraio l’infrazione commessa il giorno 20 gennaio. Prevaricazione bella e buona! I
90 giorni decorrono dal giorno dopo l’infrazione:
invece, in barba alla legge, il comando si è preso
35 giorni di tempo in più, che non gli spettavano.
Proviamo un certo disagio nell’apprendere tali
risposte. E cerchiamo una soluzione al rebus.
Esaminiamo attentamente le due foto, scattate
a distanza di 1 secondo, come riportato espressamente in ciascun fotogramma e facciamo una
scoperta decisamente molto interessante: le
foto consentono di risalire alla velocità effettiva.
Infatti, le immagini sono scattate dalla stessa telecamera, quindi da un punto fisso, anche se poi
le foto vengono ingrandite e tagliate da un lato.
Conoscendo l’intervallo di 1 secondo fra le due
foto, e misurando sul terreno lo spazio percorso
si può risalire alla velocità. Ma occorre un riferimento a terra che appaia nelle due foto.
E lo troviamo nelle strisce gialle (quelle che delimitano la corsia dei taxi) disegnate sull’asfalto.
Per prudenza, prendiamo in considerazione tutte le strisce visibili nelle due foto e focalizziamo
la posizione della ruota posteriore della Scenic.
Ebbene, in 1 secondo il signor Fulvio ha percorso – come massimo - lo spazio di due strisce e
mezzo, più due vuoti. Andiamo in viale Famagosta, armati di una bindella e di macchina fotografica per documentare il tutto (vedi foto sotto)
e misuriamo la lunghezza di una striscia (3,04
metri, analoga a quella dei vuoti) e la distanza
totale percorsa: che risulta di 13,45 metri. Moltiplicando per 3,6 si ottiene la velocità oraria in
km, che quindi è di 48,5 km/h. Quindi, 8,5 km
meno dei 57 rilevati dall’autovelox (ridotti poi a
52 km/h nel verbale, per tener conto degli errori
di misurazione). Se anche lo spazio fosse risultato di 15 metri, la velocità reale sarebbe stata di 54
km/h, che, detratti i 5 km/h previsti dalla legge,
sarebbe ancora non sanzionabile. Morale, errore
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macroscopico.
Manca il movente del delitto
A questo punto il giallo è risolto, trovato il colpevole, ma manca il movente. I casi sono due:
- o l’orologio elettronico dello strumento è sballato, e allora sono fasulle tutte le misurazioni - e le
multe - elevate in quel giorno, mese, anno di funzionamento, giacché è lo stesso orologio digitale
che viene impiegato per ricavare il valore della
velocità (ma è più facile che un orologio moderno
si fermi piuttosto che indichi un secondo vistosamente errato). Se al comando contestassero la
precisione dell’intervallo di 1 secondo, riportato
sulle foto, si darebbero la zappa sui piedi perché
cadrebbe tutta la sacralità che viene attribuita
alla velocità; - o si tratta di un errore di attribuzione, che ha portato ad addebitare alla Scenic
la velocità di un’altra vettura. E allora il comando
deve giustificare la superficialità, la mancanza
di trasparenza e le risposte paradossali con le
quali ha creduto di trattare il caso, nonostante le
visite, le attese, le domande di un cittadino. E c’è
anche una terza ipotesi che rigettiamo con sdegno, ma potrebbe anche essere vera. Che al comando, per non sbagliare in difetto e incassare
qualche euro in più, abbiano optato per multare
tutti. Tanto chi controlla?
Trasparenza e opacità
Così, con qualche nostro suggerimento, parte il
ricorso al Prefetto di Milano. Si allegano le foto
ufficiali, quelle delle misurazioni fatte in viale Famagosta, e si chiede di chiarire quali delle tre ipotesi formulate sopra sia vera. In verità, abbiamo
poche speranze di apprenderlo, perché - per una
di quelle prevaricazioni ancora radicate nell’amministrazione - non è dato al cittadino conoscere
le motivazioni della sentenza: il ricorso è accolto
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
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o rigettato. Punto e basta. C’è però una via d’uscita: il cittadino ha diritto di conoscere i documenti ufficiali che lo riguardano, nel bene e nel
male. Così il signor Fulvio ha chiesto alla prefettura di conoscere le argomentazioni che i vigili
forniranno di fronte alle prove addotte, richiesta
che la prefettura è obbligata a evadere, perché
prevista dalla legge sulla trasparenza degli atti
amministrativi. E quando le conosceremo vi terremo informati. Il 4 luglio scorso, abbiamo narrato la vicenda dai microfoni di Radio Montecarlo,
nella rubrica RMC Motori di Paolo Ciccarone. E
potete riascoltare la puntata cliccando qui.
L’ultima chicca
Ma non è ancora finita. Quando ci siamo accinti a impaginare questo articolo per automoto.it,
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Veronica, la scrupolosa Digital Ad Trafficker della
redazione ha voluto ricostruire al computer con
estrema precisione la sequenza fotografica delle immagini prelevate sul portale del Comune. E
ha utilizzato tre punti fissi: le due auto, lontane
e ferme, sull’angolo alto a sinistra (invece l’auto
più vicina fuori della sede stradale risulta in movimento); il tratto bianco e luminoso visibile in
alto sul marciapiedi di sinistra; e ovviamente la
retta delle strisce gialle, sempre dando per unica
la posizione della telecamera. E qui si manifesta
un’altra scoperta. Lasciamo a voi il piacere di
constatarla (e di adoperala nel caso vi occorra dimostrare la vostra innocenza). Basta guardare l’
immagine sotto per vedere, in automatico, come
alla moviola, il movimento della Scenic nell’intervallo di 1 secondo: le strisce percorse sono una in
meno di quelle ipotizzate in partenza e considerate nel ricorso al Prefetto. L’animazione dimostra che in 1 secondo la Scenic ha percorso solo
2 strisce gialle e un vuotopari a meno di 10 metri.
Quindi la velocità reale era inferiore ai 40 km/h.
Inconfutabile. Incontrovertibile. Temiamo ora
che il comando dei vigili sosterrà che si è trattato
di un semplice errore di attribuzione, che l’infrazione è stata commessa dall’auto in sorpasso. E
no, signori, troppo comodo! L’agente di via Friuli
aveva liquidato il signor Fulvio dicendo che la telecamera riconosce la corsia ove viene superato
il limite. La legge prescrive che quando sono visibili più vetture ci si deve astenere dal sanzionare:
ora come la mettiamo? La logica vuole che anche
un ingenuo, visionando le foto, avrebbe escluso
che la Scenic fosse la più veloce del branco. E
questo è stato fatto notare ripetutamente in via
Friuli. Ora come la mettiamo? Qualcuno dovrà
pur rispondere. E provvedere. Altrimenti la fiducia del cittadino nelle istituzioni crolla ai minimi
termini. Un’ultima chicca, anzi l’ultima delle risposte choc che il personale del comando vigili di
via Friuli a Milano fornisce al signor Fulvio, quando ha consegnato il voluminoso plico del ricorso,
per la consegna al Prefetto: “Se non riceverà alcuna comunicazione entro 11 mesi, vuol dire che
il ricorso è stato accolto”. Tanto per chiarire, gli
11 mesi se l’è inventati Milano, perché la norma
impone alle prefetture di evadere i ricorsi entro
120 giorni da quando il comando fornisce le sue
controdeduzioni. Forse che in terra lombarda le
controdeduzioni vengono scritte in slow motion
come succede per i verbali?
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Uno schema raro ma vantaggioso
La risposta è affermativa, anche se sono stati
assai rari i motori che hanno impiegato l’unica
soluzione alternativa, cioè una presa di moto
disposta centralmente. A questo punto viene
spontaneo chiedersi cosa possa avere spinto i
progettisti, nei casi in questione, a fare tale scelta. Se si escludono alcune rarissime realizzazioni
di schema motociclistico, ovvero con l’albero a
gomiti disposto trasversalmente, rispetto al senso di marcia della vettura, l’unica ragione logica
è da ricercare nella architettura e nel frazionamento del motore. E infatti la presa di moto centrale è stata adottata solo in alcuni rari esempi
di 12 o 16 cilindri con struttura a V o con bancate
orizzontali contrapposte e negli straordinari otto
cilindri in linea delle Mercedes-Benz da competizione di metà anni Cinquanta. Si tratta di motori
con albero a gomiti di notevole lunghezza, nei
quali le vibrazioni torsionali possono non di rado
costituire un problema; effettivamente con una
disposizione centrale della presa di moto è come
se l’albero stesso venisse diviso in due parti. Un
albero molto lungo con la presa di moto a una
estremità può tendere ad “avvitarsi” quando a
essere nella fase attiva sono i cilindri più lontani
(ossia prossimi alla estremità opposta). Come
ovvio, la situazione tende ad essere più critica nei
motori molto spinti. Nelle automobili di schema
convenzionale, indipendentemente dal fatto che
il motore sia collocato anteriormente o posteriormente, l’asse di rotazione dell’albero a gomiti
è longitudinale e quindi impiegando una presa di
moto centrale si rende indispensabile l’uso di un
albero ausiliario per trasmettere il moto alla frizione e quindi al cambio.
BRM la portò in Formula 1
Sul finire degli anni Quaranta, gli inglesi aspettavano con ansia una grande riscossa, dopo le
I MOTORI DA COMPETIZIONE
CON PRESA DI MOTO CENTRALE
di Massimo Clarke | Una soluzione tecnica inconsueta che ha trovato
applicazione soprattutto in passato nella Formula 1 sulle unità
plurifrazionate
P
er i motori automobilistici la soluzione classica prevede che la frizione
sia fissata al volano, che a sua volta
è montato alla estremità dell’albero a
gomiti. In campo motociclistico la situazione è
differente e lo schema usuale prevede che l’albero sia collegato alla frizione da una trasmissione
primaria (generalmente a ingranaggi e meno frequentemente a catena). In questo caso la ruota
dentata conduttrice è montata su di una estremità dell’albero nei motori con uno o due cilindri
64
mentre è collocata più internamente (talvolta
proprio in posizione centrale) in quelli con tre o
quattro cilindri, nei quali viene spesso ricavata
direttamente di lavorazione meccanica in uno dei
volantini dell’albero. Dunque, la presa di moto,
che nei motori dei veicoli a due ruote spesso è
centrale o quasi, in quelli delle auto è disposta a
una estremità dell’albero. Si tratta chiaramente
della soluzione più logica e lineare. Ma è sempre
così? Ovvero, ci sono dei casi nei quali uno schema diverso può rivelarsi conveniente?
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione automobilistica
La soluzione vittoriosa
di Mercedes-Benz
sonore paghe prese prima della guerra dai
costruttori italiani e (soprattutto) tedeschi.
Raymond Mays è riuscito a creare un vero e proprio consorzio di aziende in grado di fornire un
adeguato supporto economico e tecnico con l’obiettivo di realizzare una monoposto in grado di
imporsi ai massimi livelli.
È nata così la BRM, la cui prima vettura è stata
dotata di un motore di 1500 cm3 a sedici cilindri a V di 135°, sovralimentato per mezzo di due
compressori centrifughi a doppio stadio (scelta
quanto mai infelice). Complesso e macchinoso,
questo motore, che ha fatto il suo esordio nel
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1950 ed è stato uno dei fiaschi più clamorosi
nella storia della Formula Uno, aveva la presa di
moto centrale.
L’albero a gomiti era realizzato in due parti, che
si univano in corrispondenza del doppio ingranaggio che provvedeva a comandare la distribuzione e a muovere l’albero ausiliario, collocato
inferiormente, che inviava il moto alla frizione.
Nel 1951 il V16 della BRM erogava 430 cavalli a
10500 giri/min; oltre ad essere pressoché inguidabile a causa della erogazione di potenza troppo brusca e scorbutica, era afflitto anche da seri
problemi di affidabilità.
Ben diversi sono stati i risultati ottenuti dai formidabili otto cilindri in linea delle Mercedes
Benz del 1954-55. Nelle uniche due stagioni in
cui hanno gareggiato hanno vinto due mondiali
di Formula Uno! Questi motori avevano una architettura fin troppo classica e addirittura adottavano alcune soluzioni che oramai in campo
automobilistico erano uscite di scena. Gli otto
cilindri erano in linea, quando praticamente per
tale frazionamento tutti i costruttori erano passati alla architettura a V, l’angolo tra le valvole
era di 88° e le teste erano in acciaio, realizzate
di pezzo con i cilindri (in modo da formare due
“blocchi” di quattro ciascuno), come nei motori
d’aviazione di molti anni prima e come nei motori delle vetture da GP della casa di Stoccarda
costruite negli anni Trenta. Al tempo stesso però
si trattava di autentici concentrati di tecnologia, dalla incredibile raffinatezza costruttiva, nei
quali spiccavano l’iniezione diretta e la prima
distribuzione desmodromica davvero efficace
(e non adottata solo a livello sperimentale) della storia. L’albero a gomiti era un capolavoro di
meccanica: lavorava interamente su cuscinetti a
rotolamento ed era di tipo composito, con i vari
elementi collegati con il sistema Hirth. In posizione centrale, proprio tra i due blocchi di quattro
cilindri, si trovavano la presa di moto e la cascata
di ingranaggi che comandava la distribuzione. Di
questo motore di 2500 cm3 è stata realizzata
anche una versione con cilindrata aumentata a
3,0 litri, destinata alla 300 SLR che ha dominato il campionato mondiale per vetture sport del
1955, imponendosi tra l’altro nella mitica Mille
Miglia. In questo caso i blocchi cilindro-testa
erano in lega di alluminio, con canne cromate,
e l’angolo tra le valvole era stato portato a 96°.
Due anni prima della comparsa degli otto cilindri Mercedes, l’Alfa Romeo aveva realizzato un
motore a dodici cilindri orizzontali contrapposti
di 2,5 litri, destinato alla rivoluzionaria monoposto da Gran Premio tipo 160 (rimasta purtroppo
sulla carta), nel quale si impiegava una presa di
moto centrale. Pure lo sfortunato motore trasversale della Bugatti 2500 di Formula Uno del
1956 adottava questa soluzione.
I V12 di Maserati e Honda
Per trovare altri motori automobilistici da competizione con presa di moto collocata centralmente bisogna passare ai primi anni Sessanta,
quando è entrato in vigore il regolamento che
limitava a 1500 cm3 la cilindrata per le vetture
da GP.
Due case hanno adottato la stessa architettura
costruttiva e lo stesso frazionamento, all’insaputa una dell’altra. Si tratta della Maserati e della
Honda che hanno optato entrambe per un V12
con asse dell’albero a gomiti trasversale rispetto al telaio e con cambio in blocco, secondo uno
schema tipicamente motociclistico.
Il motore della casa modenese è stato realizzato
ma non è uscito dallo stadio di prototipo, mentre quello del costruttore giapponese è stato costruito in due versioni e ha corso nel 1964 e nel
1965. I tecnici della Coventry-Climax, che all’epoca forniva i suoi V8 di Formula Uno alla Lotus,
plurivittoriosa soprattutto per merito del grande
Jim Clark, con l’obiettivo di ottenere potenze più
elevate hanno pensato di aumentare il frazionamento arrivando addirittura a realizzare nel 1965
un motore a sedici cilindri contrapposti. L’albero
a gomiti, particolarmente lungo, era in due parti
(ognuna delle quali “serviva” otto cilindri) che venivano collegate tra loro per mezzo di un grosso
ingranaggio centrale che provvedeva ad azionare la distribuzione e ad inviare il moto alla frizione
per mezzo di un albero ausiliario.
Questo motore appariva molto promettente,
per quanto riguarda le prestazioni, ma è arrivato
troppo tardi.
L’entrata in vigore nel 1966 del nuovo regolamento che prevedeva per le F1 motori aspirati di
3000 cm3 ha portato alla cancellazione del programma e al ritiro della Coventry-Climax dalla
scena agonistica.
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Formula 1
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rossa per guidare. Non le monoposto di F.1 che
sfrecciano sulle piste di tutto il mondo, ma i camion che trasportano materiali e motori in giro
per i circuiti del mondiale. La differenza è che
mentre Vettel e Raikkonen, una volta smesso di
pilotare, si sa cosa fanno, ovvero riunioni su riunioni, dei camionisti attuali si perdono le tracce.
Niente riunioni per loro, ma altri incarichi all’interno del box della Ferrari. Chi cucina, chi smonta, chi fa la guardia e chi si occupa del resto. E
pensare che la storia, mitica, di questi professionisti oscuri del volante cominciò a prendere forma con Gastone Giarolo, il mitico e onnipresente
autista della Fiamm, affiancato dal fido Ermanno
(detto Cicciolino) della Minardi. Furono loro a
creare la figura del camionista da corsa, di quel
particolare tipo di “pilota”, ingaggiato e pagato
dalle scuderie di F.1 per pilotare un proprio mezzo ma senza avere tutta l’attenzione e il ritorno
pubblicitario che hanno i vari Alonso e Vettel.
Adesso Gastone ed Ermanno sono in pensione,
si godono un meritato riposo senza F.1 e trasferte mozzafiato da un circuito all’altro. Mancano le
sfide mitiche, le mattate che poi diventavano leggende nelle notti del paddock, quando meccanici, giornalisti e piloti lasciano il circuito e i camionisti restano i signori incontrastati del tracciato.
Sono loro gli unici che possono raccontare storie
e aneddoti particolari sulle strade di tutto il mondo. Prendete ad esempio Gastone Giarolo. Di
professione sembrava facesse il presenzialista
perché lo si trovava sempre al fianco dei personaggi che contano. Addirittura fu ripreso anche a
fianco del Papa, di Gianni Agnelli, di Kissinger.
Anzi, proprio con l’avvocato Agnelli, Gastone
aveva un ottimo rapporto. Appena l’avvocato arrivava in un autodromo per visitare la sua Ferrari,
andava da Gastone a salutarlo. I due parlavano
sempre della Juventus, dei giocatori da prendere, della partita appena giocata. Un anno, al GP
LA FORMULA 1
DEI CAMIONISTI
di Paolo Ciccarone | Sempre pronti a spostarsi a qualsiasi roa del giorno
e della notte in ogni parte del mondo, i camionisti della Formula 1 hanno
spesso scritto pagine “memorabili” di questo sport
S
ebastian Vettel e Kimi Raikkonen, i
piloti ufficiali, ma in passato ce ne
sono stati altri, magari meno famosi,
ma molto più incisivi e determinanti.
I loro nomi erano Vaccari e Trebbi, Ballerini e Caselli e altri ancora, si rischia di perdersi nei meandri della memoria. Una volta, per portare le macchine in pista, bastavano un paio di truck ben
equipaggiati. Ora, nell’ultimo GP di Silverstone,
la sola Ferrari ne aveva 18, di cui 7 con targa
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inglese... E non è che Mercedes e gli altri ne avessero di meno, anzi! È la F1 di oggi, dove tutto ruota attorno al grande e costoso circo che si sposta
di circuito in circuito, con allestimenti vari e una
squadra deve averne almeno 4 di box completi,
per cui ecco spiegato tutti questi camion. Una
volta conoscevi i piloti ma anche chi guidava i
truck, erano personaggi anche loro a modo loro.
Al pari dei primi, anche questi hanno un contratto con la Ferrari e anche essi sono pagati dalla
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d’Ungheria, appena sceso dall’elicottero l’avvocato vide Gastone e gli si avvicinò. Una guardia
cercò di allontanarlo, ma l’avvocato chiamò in
disparte Gastone, restando a parlare per parecchio tempo. Fotografi e giornalisti erano a debita
distanza, ma quando il colloquio finì, tutti andarono da Gastone per sapere cosa aveva detto
l’avvocato Gianni Agnelli: «Niente, gli ho consigliato di prendere un giocatore, un certo Zidane,
uno che a me sembra forte». A Monza l’avvocato
andò ancora da Gastone e gli disse: «Cavo Gastone, non ci è costato un tozzo di pane quel giocatove, ma ne valeva la pena. E pensave che cvedevo potesse favci vendeve al massimo qualche
macchina in più in Algevia.» I due erano fatti così:
uno rappresentava la summa del capitalismo
mondiale e uno stile unico, l’altro era l’insieme
dei pregi e difetti della classe operaia, eppure
quando parlavano di calcio si capivano. Il massimo, Gastone, lo ha ottenuto da una storia a luci
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Formula 1
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rosse che vale la pena raccontare. Un vanto di
Gastone sono le… misure extra che lui chiama “il
mio bambino”. Alla Fiamm, dove Gastone lavorava come autista, lo sapevano e per festeggiare i
50 anni, organizzarono una festa. Madrina della
cerimonia, Elisabetta Gardini. Gli amici e colleghi
di Gastone avevano fatto fare una scultura in
marmo in scala uno a uno del “bambino”, lo misero nella scatola nera con velluto e lo fecero
consegnare dalla Gardini a Gastone sul palco. La
presentatrice voleva aprire la scatola per mostrare il trofeo alla platea, ma Gastone rifiutò
perché sapeva cosa conteneva. Siccome si vergognava di portare a casa un trofeo del genere,
perché altrimenti la moglie avrebbe subodorato
qualcosa di strano, Gastone tolse il trofeo di marmo dalla scatola e lo sistemò sotto al sedile del
suo motor home con il quale andava ai Gran Premi come autista della Fondmetal. Qui restò per
lungo tempo fino a quando, a un Gran Premio di
Montecarlo, una ragazza appena sposata si sentì
male e Gastone corse in aiuto. Visto il gran caldo
fece accomodare la neo signora sul sedile del
guidatore e accese l’aria condizionata. La signora si mosse e per cercare una sistemazione migliore mise involontariamente la mano sotto al
sedile, toccando la scultura di marmo. Un po’ imbarazzata chiese di cosa si trattasse e Gastone,
anche lui imbarazzato, disse alla signora che era
una copia in scala uno a uno... Il marito della signora, in attesa sul pontile, era preoccupato per
la salute della moglie. Questa aprì la porta del
motor home, che confinava con la cancellata del
paddock, e disse al marito di non perdere tempo,
di recarsi pure alla tribuna del casinò per seguire
le prove che lei sarebbe rimasta lì sul motor
home ad aspettarlo. Gastone, risalito poco dopo
sul motor home, con le prove in pieno svolgimento, fu chiamato dalla signora che nel frattempo si
era spostata nella zona retrostante e si era sdra-
iata. Quando Gastone entrò, vide la ragazza
completamente nuda che gli chiedeva di mostrargli e fargli provare l’originale della scultura.
Gastone, perplesso, prese la ragazza per i fianchi, sottili e dalla vita strettissima, la guardò e le
disse: «Non posso, mi spiace, con questa vita
così sottile lei mi rimane sotto ai ferri, mi spiace»
e se ne andò lasciando di sasso la signora che nel
frattempo aveva ritrovato la salute e lo spirito
giusto. Quanto sia leggenda e quanto verità, non
lo sapremo mai, di sicuro era una delle tante storie raccontante nel paddock la notte davanti a un
bicchiere di vino e a pane e salame. Altre figure
mitiche, ormai scomparse dal paddock, erano i
due autisti dell’Agip, Mario Cester e Gerardo
Giabbani. Questi hanno girato il mondo trasportando migliaia di litri di benzina, e pur non parlando una parola di inglese, riuscivano a farsi capire
da tutte le dogane del mondo senza perdere
nemmeno troppo tempo. Una volta l’Agip li
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mandò al GP del Canada e li fece viaggiare in Business Class. Non era la prima volta ma ai due
faceva sempre piacere. Al ritorno da Montreal,
presentatisi alla saletta VIP che accoglie i viaggiatori della Business Class, la hostess chiese:
«Show your ticket», mostrate i biglietti. I due,
non avendo capito, cominciarono a cantare:
«Daie de ticket daie de tacket quanto è bona la
sora Assunta», muovendo le gambe a destra e a
sinistra all’unisono tenendosi sotto e braccio sollevandole a tempo di musica. La hostess rimase
sorpresa, i meccanici di Ferrari, Minardi, Benetton e Arrows si sbellicarono dalle risate e quando
qualcuno tradusse la richiesta della hostess, i
due risposero a tono: «Ma che se crede questa
qua, noi ci avemo la busines, che stamo cor carro
bestiame!» Furono invitati dagli altri camionisti
inglesi al bar a bere una birra tutti insieme. Ecco,
il segreto della gente del paddock è questo: pur
parlando lingue diverse, tutti insieme attorno a
un tavolo, i camionisti della F.1 si capiscono al
volo, si aiutano l’un l’altro in caso di necessità,
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ma sono pronti a suonarsele di santa ragione durante le prove e le gare, perché non c’è niente di
definitivo in F.1. Unica eccezione in questo pianeta a metà strada fra il ruspante e il tecnologico,
sono i camionisti della McLaren. Squadra che
varia dai 60 ai 135 uomini, a seconda se si corre
in Europa o oltreoceano. Gli ordini di Ron Dennis,
in merito, sono chiari e perentori: il personale addetto alla guida dei veicoli per i vari GP deve tornare in sede in Inghilterra per un periodo di riposo. Per cui accade quello che le altre squadre
nemmeno si sognano. Il programma di viaggio
per una trasferta europea è identico per tutte le
squadre di F.1. Normalmente i mezzi viaggianti
partono la domenica pomeriggio o al più tardi il
lunedì prima della gara. L’arrivo in pista deve avvenire tassativamente il martedì mattina. Una
volta giunti sul posto gli autisti devono lavare i
mezzi con cura e, mentre tutto il personale delle
altre squadre aiuta a montare i mezzi, a sistemare macchine e attrezzi nel box, gli autisti della
McLaren tornano in aereo in Inghilterra per due
giorni di riposo. Saranno di nuovo in pista il sabato pomeriggio, giunti naturalmente con un altro
volo. Qui riprenderanno gli stessi ritmi dei colleghi. Ovvero, un’ora prima della partenza della
corsa cominceranno a smontare le strutture e a
preparare i mezzi, che devono lasciare il circuito
(dopo l’ennesimo lavaggio quotidiano) al più tardi il lunedì mattina. L’attraversamento dei confini
di stato – soprattutto prima dell’Europa Unita –
era generalmente il momento piu’ colorito del
viaggio, dove spesso era essenziale avere a bordo un discreto numero di cappellini e magliette
del team, per velocizzare altrimenti lunghissime
operazioni di sdoganamento. Un episodio curioso è capitato agli uomini della Williams durante
una tratta in traghetto, quando una passeggera
era decisissima a farsi fotografare … senza veli
vicino alla macchina. Sembra che ci sia voluta
molta buona volontà per dissuaderla! Guidare un
camion è un lavoro duro: un equipaggio è formato da almeno due autisti, tre per la legge inglese.
Sono molte migliaia i chilometri da percorrere in
una stagione. Alla McLaren, tanto per non smentire la fama di precisini, hanno calcolato in 25.401
i chilometri percorsi da ogni loro mezzo solo per
la stagione agonistica qualche anno fa, poi hanno
smesso di fare conti. Chi però fa più strada in un
anno è senza dubbio Cristian Staurenghi, responsabile del catering per Pirelli in F.1 e GP3.
Fra gare e test il suo staff (sono quasi tutti di Brescia) si sorbiscono oltre 100 mila km e il tutto in
un periodo compreso fra gennaio e novembre.
Come dire che non si è mai a casa. Staurenghi è
il più anziano fra gli autisti del paddock:«È un lavoro duro e dopo un paio di stagioni molti lasciano» confida Cristian. Lui ha cominciato giusto 21
anni fa con Luigi Montanini, in arte Pasticcino. Da
allora non ha più mollato il volante. Poi, domenica sera, su le maniche delle camicie e si ricomincia a smontare tutto. Una vitaccia che Gilles Marechal, 52 anni di Carcassone, ha scoperto anni
fa: «E meno male che durante le gare mi occupo
della sicurezza del box della Renault» ha detto
«così mi riposo un po’…». Ha cominciato nel
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Formula 1
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2002, è ancora lì che vaga per il paddock… Leo
“Burns” Bompas era invece il cuoco della Minardi ai tempi di Paul Stoddart, era amante della cucina orientale in un team di romagnoli, pensate
un po’ come erano felici a tavola…. Il “Burns”
glielo hanno appioppato i meccanici italiani della
Minardi: le bistecche infatti erano sempre bruciate... Se volete saperne di più, basta frequentare un paddock la sera, quando i signori del volante sono solo i camionisti della F.1. Anche fra loro
la rivalità è accesa. Non c’è quindi solo la sfida in
pista fra i colossi dell’auto. Ma cosa contengono
i truck della F.1? Ogni squadra come McLaren o
Ferrari trasporta ai Gran Premi materiale per circa 45 tonnellate, due macchine complete (e una
scocca di riserva), tre cambi (di cui due completi
di retrotreno) e i pezzi di ricambio, 4 motori. In
una stagione vengono consumati da un team di
punta circa 20 mila litri di carburante per i mezzi
a disposizione ma visti i costi, siamo sicuri che
qualcuno non la racconta giusta…
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L’EVOLUZIONE
DELLA SICUREZZA NEL MOTORSPORT
di Marco Congiu | La drammatica fine di Jules Bianchi ci offre
l’occasione per parlare degli standard di sicurezza raggiunti nel tempo
da vari aspetti considerati marginali nel mondo delle competizioni:
dalle tute ai caschi, tutto serve a preservare il pilota
M
otorsport is Dangerous. Il motorsport è pericoloso. Lo sappiamo tutti fin troppo bene, solo che
troppo spesso ce ne dimentichiamo, ed allora – puntuale – la sorte ce lo ricorda. Il week-end scorso è stato sciagurato, sotto
questo punto di vista. Sabato mattina ci siamo
svegliati con la terribile notizia della scomparsa
di Jules Bianchi a seguito delle conseguenze del
terribile incidente del 5 ottobre 2014 a Suzuka,
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mentre domenica sera altri due centauri hanno pagato a caro prezzo la loro passione per le
competizioni sul tracciato californiano di Laguna
Seca. Motorsport is Dangerous. Il motorsport
è pericoloso. Questa scritta compare nei pass
federali della FIA, per ricordarci sempre che
stiamo assistendo si ad uno sport, ma ad alto
tasso di rischio, dove ci si può davvero fare del
male. Chi ha fatto della sicurezza dei piloti una
vera e propria crociata è Sparco, azienda leader
nel settore, tra le più utilizzate dai piloti di ogni
dove. Sono sostanzialmente cinque i capi d’abbigliamento tecnico imprescindibile per un pilota iscritto a competizioni patrocinate dalla FIA.
Il casco, in primis. Nato originariamente come
una sorta di cuffia in pelle alla quale spesso si
accompagnavano vistosi occhialoni che poco
avevano da invidiare agli assi della Prima Guerra Mondiale, nel corso degli anni è diventato il
primo capo irrinunciabile di ogni pilota degno di
questo nome, oltre che vero oggetto distintivo
del guidatore. Si pensi, per un attimo, ai caschi
di Ayrton Senna, Gilles Villeneuve, Graham Hill,
Michael Schumacher, Jacky Stewart: riconoscibili e solidi. Questo perché le normative impongono standard rigidi, con test di impatto ardui:
basti pensare che i caschi, per essere omologati,
vengono lanciati tramite slitte dinamiche ad una
velocità di 9.5 m/s da 5 metri d’altezza. Felipe
Massa, nel 2009, sopravvisse ad un impatto
terribile contro una molla di 1kg, che lo colpì ad
una velocità di 270 km/h. Ancor più difficili i test
delle visiere, contro le quali viene letteralmente
sparato un proiettile di piombo da 1 grammo alla
velocità di 500 km/h. Motorsport si Dangerous.
È con questa convinzione che molteplici aziende
lavorano di continuo per rendere le discipline a
motore più sicure per chi rischia in prima persona, ovvero ai piloti. Pensiamo l’enorme evoluzione raggiunta negli anni per quanto riguarda
l’abbigliamento tecnico. Se, negli anni ‘30, Tazio
Nuvolari è divenuto famoso per il suo celeberrimo maglione giallo indossato durante le corse, al
pari della polo azzurra degli ultimi istanti di vita di
Alberto Ascari in quel di Monza, Niki Lauda deve
molto alle protezioni ignifughe indossate durante il Gran Premio di Germania del 1976, del quale
porta ancora oggi i segni sulla propria pelle. Altro
particolare di massima importanza sono le tute
ignifughe. Del peso oscillante tra i 700 grammi
ed 1.3 kg, è la prima barriera protettiva del pilota
contro le fiamme. Per la FIA, ogni tuta deve resistere almeno ad 11 secondi ad un calore di 800°.
Come se ciò non bastasse, per quel lasso di
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tempo la temperatura interna alla tuta non deve
superare i 24° di differenza rispetto all’esterno.
Il medesimo standard viene applicato anche alle
scarpe, le quali devono coprire il piede sino ad
una determinata altezza: ad esempio, una calzatura taglia 42 dovrà coprire il piede sino a 12
cm d’altezza. Anche i guanti devono resistere al
calore per i famosi 11 secondi.
Negli anni, giustamente, sono stati oggetto di
studi approfonditi, anche per via di alcuni incidenti simbolo, come quello occorso a Gerhard
Berger ad Imola nel 1989, dove il pilota uscì incolume, ma con le mani bruciate in corrispondenza
delle cuciture del guanti. Per ovviare a ciò, ora le
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cuciture sono esterne, mentre nel palmo della
mano vengono applicate determinate resine per
favorire il grip dell’arto. Anche il sotto-tuta è un
particolare da non sottovalutare. Per saggiarne
la bontà, viene esposto ad una fiamma per dieci
secondi, dopodiché – all’allontanarsi dell’augello
ossidrico – le fiamme dovranno estinguersi autonomamente in meno di due secondi, mentre il
sotto-tuta non dovrà presentare usura o fori superiori ai 5mm. Molto è stato fatto, molto altro
è ancora da fare. Chi corre lo fa con la consapevolezza di essere sottoposto ad un rischio, ed è
dovere di chiunque si impegni nella prevenzione
di tali rischi di ridurli il meno possibile.
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ANDREUCCI: «VACANZE MERITATE!»
di Piero Batini | Il modo migliore per andare in vacanza è quello di non
lasciare niente in sospeso. Grande Mondiale in Sardegna, vittoria al San
Marino, la quinta, leadership del Campionato Italiano Rally, e Peugeot in
testa al Costruttori
Q
uello che conta è essere puntuali
agli appuntamenti. Anche e soprattutto se dipendevano dai propositi.
Il Campionato Italiano parte con la
seconda metà della stagione e… va in
vacanza, e così fanno i suoi Campioni. Archiviato
il San Marino con la quinta vittoria, e sospeso il
Campionato Italiano con una leadership concretamente nelle sue mani, Paolo Andreucci può
concedersi di tagliare l’erba del prato di casa sottolineando un momento particolarmente felice
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della stagione. In Sardegna, con Anna Andreussi
e la Peugeot 208 T16, ha ottenuto un risultato
strepitoso, e subito dopo ha ribadito il concetto
con un’affermazione netta anche al San Marino.
La terza vittoria in Campionato, che segue quelle ottenute al Sanremo e al Targa Florio, unita ai
passi falsi degli avversari, consente all’Equipaggio di andare in vacanza, il Campionato tornerà a fine agosto in Friuli, con la certezza di aver
fatto un buon lavoro e con il conforto di altri dati
estremamente positivi. Paolo Andreucci: «Sì,
il Mondiale in Sardegna e il successivo Rally di
San Marino ci hanno fatto capire definitivamente
che abbiamo una macchina affidabile. C’è voluto
un po’ di tempo, e come sempre ci vogliono dei
dati oggettivi per “capire” a fondo. Chiaramente
la macchina era giovane, lo scorso anno l’abbiamo avviata all’attività agonistica prendendola in
mano completamente nuova e con la consapevolezza che ci era assegnato il compito di completarne lo sviluppo. Abbiamo anche sofferto un
po’, ma ora è sicuramente molto veloce e affidabile. A San Marino abbiamo ottenuto sempre dei
riscontri cronometrici eccellenti. Sia nel primo
passaggio, quando dovevamo “pulire” le strade,
sia nei successivi quando erano più pulite e poi
addirittura molto “segnate” dal passaggio delle
macchine in corsa. Abbiamo completato il lavoro
di setup delle sospensioni, con le gomme Pirelli
che, non c’è niente da fare, sono davvero competitive in ogni situazione di terreno e di temperatura, abbiamo raggiunto un livello di performance
davvero invidiabile, e sono spariti, grazie al lavoro
dei Racing Lions, tutti quei piccoli dettagli che,
è logico, ancora non ci facevano stare tranquilli.
Adesso siamo pienamente coscienti di avere tra
le mani un “pacchetto” vincente».
A San Marino eravate venuti più per vincere o
più per ottenere dei punti Campionato?
«Abbiamo fatto molte considerazioni, è vero.
Sulla situazione di Campionato, sull’arrivo di
una concorrenza più agguerrita, sulla necessità
di correre al riparo dai rischi. Ma poi, è successo
come al solito: con un Team così si finisce sempre
per partire con l’obiettivo di vincere!».
Vogliamo tracciare un grafico del San Marino
nei suoi punti salienti, riferendoci più al dettaglio del primo giro, con tre vincitori e tre leader
in tre prove speciali?
«Sappiamo che la prima tappa e il primo giro,
hanno quasi sempre queste caratteristiche. Le
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benissimo o… sulla fortuna di scoprire la perdita d’olio all’assistenza?
«Chiudere il primo giro con un distacco minimo,
un secondo, da Campedelli, ci ha fatto capire che
potevamo far bene in quelli successivi. Scandola è stato sfortunato, troppo presto e, dunque, il
confronto è senza voto, e per quanto riguarda la
perdita d’olio, forse avremmo anche potuto continuare, ma i Racing Lions sono stati bravissimi a
trovare la piccola magagna e a decidere istantaneamente di cambiare… il cambio».
Ultima domanda, un giudizio su una Speciale,
la Sestino.
«La Sestino, ultima prova speciale del Rally, è
davvero molto bella. Direi che è rappresentativa
non solo di questa gara, ma più in generale dei
Rally su terra. È molto panoramica, completa
strade sono sporche, e chi parte dietro può essere avvantaggiato. Sicuramente è il momento
in cui la classifica è più fluida e meno veritiera.
Con il succedersi delle prove speciali abbiamo
capito che le “avevamo prese” talmente poco al
primo passaggio, pur essendo i primi a partire,
che ce la potevamo giocare bene. E così è andata, al secondo e terzo passaggio abbiamo potuto
aumentare il nostro ritmo, e sulla terra pulita ci
siamo resi conto che riuscivamo a sfruttare tutto il potenziale della macchina, delle gomme e
dell’assetto. Quando è tutto così perfetto la soddisfazione è grandissima!».
E diventa anche divertente? Ci si scorda per un
attimo delle esigenze della gara?
«Quando si è in corsa per un Campionato, dimenticarsene sarebbe davvero un peccato capitale. Ma sì, quando tutto è così perfetto, in certi
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sotto il punto di vista della tecnica di guida, molto
piacevole. In più resta sempre un poco “sporca”,
e il piacere della guida in una situazione così delicata si amplifica. Sì, è una prova rappresentativa,
e anche quella con il fondo più bello».
Adesso potete andare in vacanza con la coscienza a posto?
«Noi cerchiamo di essere sempre con la coscienza perfettamente a posto, e lo siamo. Diciamo
che i risultati sono molto “convincenti”, nettamente più di quanto lo fossero un anno fa alla vigilia della pausa estiva. Non faremo delle vacanze
lunghissime, c’è sempre da lavorare, ma è certo
che avere un po’ di tempo a disposizione per rilassarsi e caricare le batterie, e avere solo cose
belle sulle quali riflettere, è senz’altro il modo ideale per andare in vacanza».
passaggi guidare diventa davvero piacevole. Sentire la macchina che ti asseconda, che risponde
istantaneamente e con precisione ai “comandi”,
che gira da sola, che non pattina sulle staccate e
sulle accelerazioni va via come un fulmine, diventa un autentico piacere».
Diciamo che ben presto non avete più avuto la
“pressione” del “nuovo” Scandola… ma Campedelli ha fatto davvero una bella gara.
«Sì, Campedelli ha fatto davvero una bellissima
gara. Era un po’ che era fermo, ma è partito subito molto bene. Conosce le strade del San Marino,
ma questo non vuol dire non essere un bravissimo Pilota, perché è stato lì, in lotta finche era
possibile, ha “tenuto”. È stato davvero bravo».
Ma la gara dove si è decisa. Più sul ritiro di Scandola, sulla macchina che andava
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Reg. trib. Mi Num. 680 del 26/11/2003
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