Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 65 19 Maggio 2015 93 Pagine Renault Twingo 0.9 TCe Citycar ma spaziosa Dà il meglio di sè con il sofisticato motore 0.9 TCe da 90 CV in allestimento Energy Periodico elettronico di informazione automobilistica smart fortwo twinamic L’automatico super veloce È una “schioppettata” ma la performance è vanificata dalla dolcezza del mille aspirato F1 Ricordando Gilles Villeneuve La storia del grande pilota canadese, il ferrarista più amato di tutti i tempi | PROVA SU STRADA | Lamborghini Aventador LP 700-4 Roadster da Pag. 2 a Pag. 17 All’Interno NEWS: Volkswagen Golf GTI Clubsport | Rolls Royce Dawn | Audi TT clubsport turbo concept | Seat Ibiza Aston Martin via libera al SUV | M. Clarke Alla scoperta dei motori turbo: L’intercooler | F1: Le tedesche funzionano PROVA SU STRADA LAMBORGHINI AVENTADOR LP 700-4 ROADSTER The numbers of the Beast Sintesi perfetta di tecnologia e purezza motoristica, la Lamborghini Aventador Roadster è una supercar unica nel suo genere, capace di generare emozioni sconvolgenti e quasi indescrivibili. Un’opera d’arte vivente, che fa sognare ad occhi aperti di Matteo Valenti 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Media C onsiderare la Lamborghini Aventador una semplice automobile sarebbe un’eresia bella e buona. Spesso chi non ama in maniera particolare le auto è portato a considerarle un po’ tutte uguali. Veicoli che, indipendentemente dal marchio riportato sul cofano, portano sempre e in ogni caso da un punto A ad un punto B. Fine. La Aventador però è diversa e lo si capisce non appena ci si immerge nel suo abitacolo, quando, come per magia, le sue forme iniziano a magnetizzare gli sguardi di tutti, nessuno escluso. La supercar bolognese infatti riuscirebbe a sconvolgere le emozioni persino del più accanito 4 denigratore del mondo dell’auto. Anche di chi, per intenderci, ha fatto della bicicletta la sua unica fede, detesta senza se e senza ma chi viaggia in auto e farebbe di tutto per vedere cancellata dalla faccia della Terra qualsiasi entità a quattro ruote. Batman Begins Se poi è in versione Roadster, come quella della nostra prova, allora c’è da rimanere letteralmente senza fiato. Il merito, diciamolo subito, è senza dubbio del suo design. “E’ l’auto di Batman”, esclamano grandi e piccoli non appena la vedono e non è di certo un caso. La Aventador infatti è il modello che più di tutti ha saputo concretizzare, estremizzandola al limite, l’espressione del design poligonale Lamborghini. Uno stile che non scende mai a compromessi, aggressivo ed esasperato fino all’ultimo respiro, ma sempre bilanciato e di fatto ben riuscito. Per capire se i designer hanno fatto centro del resto basta un piccolo dettaglio. Chiunque, guardando anche solo per un istante quest’auto incredibile, saprebbe identificarla immediatamente come una Lamborghini. E non c’è riconoscimento migliore di questo per qualsiasi designer. Il merito, in questo caso va in gran parte a Filippo Perini, Responsabile del Centro Stile della Casa del Toro che ha seguito lo sviluppo di questa supercar. 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Via il tetto, ma il cuore rimane in fibra A poco più di un anno dal lancio della coupé gli uomini di Sant’Agata hanno allargato la gamma con la versione Roadster, ancora più dirompente. Un modello che adotta una sorta di schema “targa”, con tetto rigido rimovibile, rigorosamente a mano (una soluzione adottata per risparmiare peso). Il bello di questo sistema è che quando la macchina è chiusa è praticamente identica alla coupé. Quando si vuole viaggiare en plein air invece basta togliere i due pannelli in fibra di carbonio del tetto (davvero leggerissimi!) e sistemarli nel piccolo cofano anteriore, con un sistema ad incastro veramente ingegnoso (ad ogni numero riportato sul tetto corrisponde un preciso spazio nel vano). L’unico inconveniente a cui si va incontro è un leggero aumento di 6 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica peso, dovuto all’irrigidimento complessivo della struttura. Niente di sconvolgente in ogni caso, visto che si passa da 1.500 a 1.625 kg a secco. L’aggravio di peso è quindi di soli 125 kg e considerati i vantaggi veramente gustosi messi sul piatto dalla roadster (godersi il sound del V12 a cielo aperto non ha prezzo, tanto per dirne uno!) il gioco vale veramente la candela. A proposito di peso, c’è da dire che gli uomini di Sant’Agata Bolognese hanno fatto veramente di tutto per contenerlo il più possibile. Un’operazione di certo non facile quando c’è di mezzo un blocco motore-cambio poderoso e ingombrante come un V12 longitudinale. La Aventador nasce su una raffinata monoscocca in fibra di carbonio realizzata internamente dall’Advanced Composite Research Centre della Lamborghini ma i materiali compositi sono stati utilizzati anche per realizzare una lunga serie di componenti come porzioni della scocca, cofano motore, tetto, spoiler attivi e prese d’aria laterali. Un altro materiale nobile e leggero come l’alluminio poi è stato utilizzato per plasmare il cofano bagagli anteriore, le portiere, il paraurti anteriore e le strutture ancorate alla monoscocca, dove sorgono le sospensioni. Fedele alla Motor Valley: il V12 aspirato e cambio ISR In un mondo in cui i motori aspirati e ancor di più i 12 cilindri sembrano destinati all’estinzione, martoriati dalle sempre più stringenti norme anti-inquinamento, Lamborghini è uno dei pochi costruttori al mondo che continua a rimanere fedele ad un precisa tradizione motoristica. La Aventador infatti continua a montare il leggendario V12 aspirato di Sant’Agata, un motore da 6.5 litri molto longevo, ma perfezionato nel corso degli anni con l’introduzione dell’iniezione diretta (Lamborghini Iniezione Elettronica – LIE) e fasatura variabile delle valvole a controllo elettronico. Sulla Aventador è in grado di sprigionare la potenza esplosiva di 700 CV a 8.2015 giri/min (sull’antenata Murciélago erano 650) e una coppia monstre di 690 Nm a 5.500 giri/min. Un motore “vecchia scuola”, almeno per certi aspetti, così come il cambio automatico ISR (Independent Shifting Rods) a sette rapporti. È un robotizzato molto raffinato - pesa solo 79 kg -, con un sistema di cambiata davvero innovativo che prevede movimenti di innesto delle marce parzialmente sovrapposti. In pratica mentre una delle aste di comando disinnesta la seconda marcia, l’altra asta può già innestare la 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito marcia successiva. Rispetto ad altri robotizzati, per esempio quella della vecchia Gallardo, l’ISR si dimostra molto più rapido, ma comunque non siamo ai livelli di immediatezza dei moderni doppia frizione. L’inimmaginabile forza motrice generata dal dodici cilindri bolognese viene scaricata su tutte e quattro le ruote grazie ad un sistema di trazione integrale con frizione Haldex di IV generazione. Una scelta tecnica che permette di ottimizzare in maniera ottimale la potenza ma anche di rendere più sicura e controllabile la supercar anche in condizioni al limite. L’assetto si affida ad un schema sospensioni sopraffino, derivato direttamente dal mondo delle competizioni. Al posteriore e all’anteriore infatti troviamo ammortizzatori mono-tubo con schema push-rod. 10 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica Le nostre impressioni di guida Ma veniamo al sodo. Con la Aventador, anche un gesto apparentemente banale come aprire uno sportello si trasforma in una autentica emozione. Azionare le portiere ad apertura verticale, vero marchio di fabbrica di ogni Lamborghini che si rispetti, ha una sapore veramente unico. Le emozioni, forti, anzi fortissime, continuano all’interno dell’abitacolo. Un microcosmo incantato, strappato nel cuore della notte alla capsula di pilotaggio di un caccia da combattimento. Per risvegliare la belva che si nasconde alle nostre spalle, apriamo un piccolo scrigno, che protegge il tasto di avviamento, proprio come si farebbe su un jet. Prende vita il sofisticato quadro strumenti interamente digitale (è veramente affolato di informazioni ma dopo poco ci si abitua) e subito dopo si scatena l’inferno. O quasi, visto che siamo in modalità “Strada” e il V12 cerca di non richiamare troppo – per quanto possibile – l’attenzione dei passanti. La Aventadro sfila, lentamente, tra lo stupore generale, lasciandosi guidare quasi come una normalissima sportiva. Soltanto il cambio, seppur migliorato rispetto alle prime versioni, risulta un po’ impacciato quando ci si ritrova immersi nel traffico, ma del resto quest’auto non nasce di certo per stare in coda in tangenziale... La voglia di sentire di che pasta è fatta però si fa presto sentire e passiamo in Sport e poco dopo, ancora più libidinosi, in modalità Corsa, con la taratura più estrema dei controlli elettronici. Lo scarico si apre completamente e il borbottio del dodici cilindri è finalmente libero di librarsi nell’aria. È una vera e proprio sinfonia, davvero irresistibile, tanto che non vediamo l’ora di rilasciare il gas per lasciarlo cantare. Intanto lo sterzo è diventato molto più consistente e diretto, mentre il cambio, che diventa azionabile soltanto attraverso i grandi paddle dietro al volante, raggiunge la massima rapidità di esecuzione. Affondare il piede sul pedale del gas, a questo punto, diventa pura estasi. Il motore ha un attimo di esitazione, come se dovesse fare un respiro a pieni polmoni, e poi scatena un orchestra di potenza e note sinfoniche difficili da eguagliare. In un attimo si è proiettati in una dimesione extra-sensoriale, mentre il mondo fuori diventa incredibilmente lento. Una brutalità old school La Aventador lacianta al massimo è un missile terra-aria (lo 0 a 100, per la cronaca, si fa in 3,0 secondi), con il motore che dopo una fisiologica ma trascurabile “pigrizia” iniziale inzia a 11 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb spingere con un foga inarrestabile e un’erogazione indomabile, fino a oltre 8.000 giri. Il tutto mentre si alza a più non posso l’ernome ala mobile posteriore e un sound furioso penetra all’interno dell’abitacolo (abbiamo viaggiato senza il tetto, naturalmente) in maniera sfacciata, quasi assordante, ma non si riesce più a farne a meno. Il cambio si è scrollato di dosso la goffaggine che aveva mostrato nel traffico, quando la Aventador assomigliava più ad un Toro in gabbia che ad una supercar, per diventare un cannone, pronto a spararti nella schiena le marce una dopo l’altra. Il cambio marcia non è immediato come avverebbe con un moderno doppia frizione, ma ripaga pienamente della sua leggera esitazione con una brutalità a dir poco coinvolgente, anzi esaltante, difficile da ritrovare sulle supercar di oggi. E più si va su con i giri del motore, più diventa rapido, 12 13 14 15 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prova brutale e violento. Sembra quasi che ti inviti ad andare sempre più forte, per dimostrarti di cosa è capace. E questa sensazione è impareggiabile. Il peso c’è e si sente, ma dall’altra parte c’è un motore instancabile e soprattutto dalla potenza inesauribile, che ti spinge a premere sempre di più sul gas. Anche i freni sono fatti della stessa pasta di motore e cambio. Tirano fuori il meglio soltanto spingendo a fondo sul pedale, insomma non bisogna mai essere timidi per sfruttare al massimo questi enormi carbo-ceramici. Conclusioni La Aventador Roadster è senza dubbio una delle supercar più sensazionali della nostra epoca. E dobbiamo godercela fino in fondo perché molto probabilmente, causa normative anti-inquinamento, sarà una delle ultime dodici cilindri così pure e autentiche. Il fascino di questa meraviglia tecnologica sta nella sua capacità di fondere, con estrema efficacia, una tecnologia superba (pensiamo alla monoscocca in fibra) ad una purezza motoristica davvero difficile da trovare al giorno d’oggi. Forse non avrà la cambiata più veloce del secolo, un motore così pronto in basso e una reattività istantanea, ma ripaga con sensazioni di guida sublimi, genuine e, per certi aspetti, old school. Non tutti naturalmente potranno mettersela in garage: la Aventador Roadster in Italia costa 365.000 euro. Ma questo fa parte del gioco e della magia di quest’auto... 16 17 PROVA SU STRADA RENAULT TWINGO 0.9 TCE Citycar ma spaziosa In listino a partire da 9.950 euro la nuova Renault Twingo dà il meglio di sè con il sofisticato motore 0.9 TCe da 90 CV in allestimento Energy. Tanto spazio a bordo, elevata sicurezza ma inutile chiederle di essere sportiva. Peccato manchi anche il cambio automatico di Emiliano Perucca Orfei 18 19 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica con Mercedes-Benz che da anni commercializza vetture dotate della medesima architettura: le nuove Smart Forfour e Fortwo, per intenderci, sono parenti strette della nuova Twingo. Media Interni personalizzabili Molto originale, grazie ad curioso disegno della plancia, gli interni della Twingo sono estremamente personalizzabili nei colori ed adottano molti dettagli già noti ai modelli Renault di classe superiore; tra questi anche il sistema multimediale R-Link (base Android), che rappresenta un sistema di multimediale e di navigazione “onboard” molto completo. Per chi fosse disposto a rinunciare alla “chiccheria” del R-Link è disponibile anche un interessante funzione R-Go che sfrutta il potenziale del proprio smartphone ed il sistema audio “standard” della vettura per attivare funzioni multimediali e di navigazione comunque molto complete: un sistema intelligente, utile soprattutto nelle grandi città dove i navigatori on-board godono di grandi attenzioni da parte dei ladri. L a nuova Renault Twingo (in listino da 9.950 euro) è un’auto completamente diversa dalla precedente sotto ogni punto di vista: è più compatta, è dedicata ad un’utenza ancor più cittadina che in passato e, per certi versi, ritorna ad aver voglia di stupire esattamente come la prima generazione, che si presentò sul mercato rompendo gli schemi del segmento.. A dire il vero rispetto alla prima la nuova Twingo sembrerebbe quasi un’auto normale, molto compatta, ma tutto sommato lontana da forme atipiche per un’utilitaria: il solo fatto di essere monovolume, per intenderci, rendeva unica la prima generazione. In realtà questa Twingo è qualcosa di veramente rivoluzionario quando si sale a bordo. 20 Gli allestimenti Quattro i colori - Blu Shopping, Bianco Dream, Giallo Race e Rosso Passion - numerosi i kit di personalizzazione pensati per assicurare maggior personalità e slancio e ampia l’offerta di allestimenti: Wave, l’accesso di gamma a 9.950 euro, Live (11.550 euro) ed Energy a 12.500. Per chi volesse qualcosa in più è disponibile anche una versione con tetto apribile in tela, denominata Energy Openair che viene proposta da Renault a 13.500 euro. Molto scarna nella versione Wave, Twingo è decisamente più interessante per il mercato italiano a partire dall’allestimento intermedio, dove si incontra il climatizzatore manuale a completamento di un allestimento che prevede servosterzo, volante regolabile in altezza, fari diurni a led e con kit R&Go DAB (per una perfetta integrazione con lo smartphone) con comandi al volante e supporto smartphone. Tra gli optional della versione Live i cerchi in lega (300 euro), la possibilità di scegliere colori di interni diversi dallo standard (Black, Blue, Red), la vernice metallizzata (400 euro) o il colore Rosso City car fuori, spaziosa dentro Lunga 359 cm, larga 165 ed alta 155 (943 kg di peso) la segmento A firmata Renault è una vettura in cui si può stare in quattro persone (sono 33 i cm di spazio interno in più) godendo della praticità di 5 porte e di un bagagliaio di 188 litri estendibile facilmente a 219 (attraverso un sistema che alza le sedute posteriori) ed a 980 abbattendo gli schienali in modalità 50/50. Un “miracolo” reso possibile dal passo, di 249 cm, lunghissimo se confrontato alla dimensione della vettura: questo perché il motore non è stato installato anteriormente ma posteriormente a tutto vantaggio della possibilità di recuperare spazio a bordo spostando l’abitacolo in avanti. Un progetto che trova la sua forza in scelte tecniche molto raffinate, rese possibili dalle sinergie 21 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica marce per entrambe le versioni la nuova Twingo dovrebbe ricevere sul finire del 2015 anche un nuovo cambio automatico a doppia frizione che ha già debuttato sulle cugine Smart. Dal vivo: com’è fuori La nuova Twingo è una vettura che in termini di stile è una vettura piacevole ma senza particolari guizzi di fantasia. Questo perchè da un lato si sono cercate dimensioni molto contenute e dall’altro la massimizzazione dello spazio interno: elementi che spesso non vanno d’accordo se si vuole puntare su soluzioni ad effetto. Motore posteriore, abitacolo molto avanzato e sbalzi molto corti, la nuova Twingo è però una vettura che vanta la sua personalità ed è immediatamente riconoscibile nel traffico urbano, soprattutto se dotata delle personalizzazioni estetiche o del colore Rosso Passion proposto in opzione. Passion (500) ed il volante in pelle (100 euro). Più completo l’allestimento Energy, protagonista della nostra prova: cerchi da 15” Exception, fendinebbia, cruise control, Storage Pack, Safety Pack sono di serie: rimangono esclusi i colori speciali (come su Live) e viene introdotta la possibilità di ottenere i sensori di parcheggio (100 euro) ed il navigatore satellitare completo di altri accessori tecnologici (come la retrocamera) ad un prezzo di 1.000 euro. L’allestimento Energy è disponibile anche nella più aggressiva variante Sport (14.750 euro) nel caso in cui si scelga il motore da 90 CV in luogo di quello da 70 CV: due infatti sono le motorizzazioni proposte. La gamma motori Entrambi benzina, entrambi tricilindrici ed entrambi omologate Euro6, i motori messi a punto 22 Dal vivo: com’è dentro Molto spaziosa, in relazione alle dimensioni, la nuova Twingo sfrutta al meglio le possibilità offerte dal posizionamento posteriore del motore per fare posto agli occupanti. Nonostante le misure siano sotto ai 3,6 metri, infatti, nella Twingo c’è sufficiente spazio per quattro ma anche per gli oggetti di generose dimensioni: vero il bagagliaio è piccolino (meno di 190 litri) ma basta per le esigenze cittadine e quando si vuole caricare oggetti lunghi sino a due metri sono numerose le soluzioni che lo permettono. Il sedile del passeggero anteriore, ad esempio, si reclina in avanti ed ulteriore spazio può essere ricavato in altezza ribaltando la seduta dei sedili posteriori. Quattro posti, cinque porte, la Twingo vanta tanta componentistica delle Renault di classe superiore, navigatore compreso, molto completo e di facile utilizzo. Manca, invece, il contagiri. La posizione da Renault sono pensati per le esigenze di Twingo e vantano, soprattutto nel caso del più potente, tecnologie costruttive molto raffinate. L’unità meno potente (71 CV a 6.000 giri e 91 Nm di coppia) è anche quella di maggior cilindrata (999 cc): questo perché al più piccolo 0,9 turbo (898 cc) è stato applicato un turbocompressore in grado di far lavorare in modo più efficace il motore con valori di potenza (90 CV a 5.500 giri) e di coppia massima (135 Nm) nettamente superiori. Le prestazioni del 90 CV parlano di una velocità massima di 165 km/h e di una accelerazione 0-100 km/h in 10,8 secondi mentre per quanto concerne l’aspirato la velocità massima è di 151 km/h e l’accelerazione di 0-100 di 14,5 secondi. I consumi vanno da 4,5 litri/100 km del 70 CV (105 g/km) a 4,3 l/100 km con un valore di emissione di CO2 pari a 99 g/km. Cambio a cinque 23 24 25 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb di guida è molto comoda, ben personalizzabile, e rialzata quel tanto che basta per dare una buona idea di sicurezza e controllo di cosa ci accade attorno. La visibilità è buona in ogni direzione ma è suggeribile, se disponibili, scegliere l’optional del kit di sensori di parcheggio. I materiali utilizzati sono di qualità medio/buona e gli assemblaggi sono ben fatti: a bordo della Twingo non si ha l’idea, soprattutto nelle versioni a top di gamma, di viaggiare a bordo di un’auto povera o rifinita in modo grossolano. Come va Il motore posteriore, pensato per avanzare il più possibile l’abitacolo, è qualcosa che condiziona in modo evidente anche la guida e la Twingo - come del resto la Smart Forfour - offre sensazioni diverse dalle altre vetture di segmento B. E’ un’auto che offre un ridottissimo raggio di 26 sterzo - ci si gira davvero in un fazzoletto! - e che dà l’idea di essere seduti sulle ruote anteriori tanto è la rapidità con cui cambia direzione nel traffico alle basse velocità. E’ una vera citycar, con spazio per quattro, e dotata di un motore brillante se si sceglie la versione da 90 CV: i 71 CV del mille, infatti, sono sufficienti se non si vive in realtà collinari o non si pensa di usare Twingo su percorsi autostradali o per gite fuoriporta mentre per chi userà Twingo per percorsi più “misti” la scelta del 0,9 TCe è praticamente obbligata. Brillante, silenzioso e poco assetato - media 5,9 l/100 km nella nostra prova - il tre cilindri francese si dimostra un propulsore decisamente interessante per prestazione e qualità di erogazione, elemento quest’ultimo che permette di utilizzare con meno frequenza il cambio sfruttando anche i regimi più bassi dell’arco di utilizzo. La sicurezza offerta dalla vettura è elevatissima: quello che 27 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 28 Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito non si può chiedere a Twingo, però, è la prestazione di una sportiva nelle curve. L’architettura tecnica, infatti, per forza di cose rende la vettura leggermente sottosterzante e la cosa si fa molto evidente quanto si va a forza il passo. In conclusione La nuova Renault Twingo è un’auto meno originale, sotto il profilo estetico, della prima generazione ma rispetto a tutti i modelli che l’hanno preceduta è certamente quella più “avanti” sotto il profilo tecnico e di distribuzione degli spazi interni. E’ un’auto compatta ma allo stesso tempo spaziosa. Una vera citycar venduta ad un prezzo interessante e personalizzabile a tal punto da renderla una piccola ammiraglia. 30 Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Renault Twingo 0.9 TCe Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Test drive » Sito dedicato » Store online » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 31 32 33 PROVA SU STRADA SMART FORTWO TWINAMIC L’automatico super veloce Il nuovo cambio a doppia frizione entra in listino con una differenza di 1.030 euro rispetto all’unità manuale. È una “schioppettata” ma la performance è vanificata dalla dolcezza del mille aspirato di Emiliano Perucca Orfei 34 35 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica meccanico di un’auto lunga appena due metri e mezzo. Una sfida nella sfida che a distanza di qualche anno ha ancora dell’incredibile per come sia riuscita comunque a farsi “voler bene” da centinaia di migliaia di utenti che, a detta dei vertici della Stella, stanno aspettando l’arrivo del cambio automatico prima di perfezionare l’acquisto della loro prossima smart fortwo. Media Vera Smart L Per molti, ma non per tutti (si stima un 70%), la vera smart biposto non ha dunque la frizione a pedale a differenza della cifra esattamente contraria che sceglierà la “gemella lunga” forfour manuale. Questioni di clientele alle quali si rivolgono le vetture o anche di abitudine, perché viene ormai da sé pensare alla Smart con quel cambio, di fatto il mercato la Fortwo la vuole automatica e per venire incontro alle esigenze di clienti che non le perdonerebbero più le lentezze d’un tempo in Daimler si sono rivolti alla Getrag che nei suoi stabilimenti pugliesi ha messo a punto una piccola opera d’arte: il cambio a doppia frizione più compatto al mondo. Denominato twinamic il cambio della fortwo come avveniva in passato funziona in modo completamente automatico (stavolta la funzione è di serie) o anche in modo semiautomatico, ovvero con l’intervento del guidatore per la selezione delle marce: selezione che può avvenire o tramite la classica leva (avanti si sale, indietro si scende) o attraverso i paddles che sono offerti di serie nell’allestimento Sport edition 1 e Proxy. Per ora l’unica motorizzazione per cui il doppia frizione è disponibile è il tre cilindri 1.0 aspirato da 71 CV ma con l’arrivo dell’estate questo accessorio sarà disponibile anche per il più generoso 90 CV da 0.9 litri di derivazione Renault. Un motore, il mille, che con il cambio twinamic è in grado di assicurare 151 km/h di velocità massima, 15,1 secondi per passare da 0 a 100 km/h ed un consumo medio di 24,4 l/100 km con un valore di emissione medio di 94 g/km. 91 Nm di coppia massima a 2.850 giri, la nuova Smart abbinata al cambio a sei a cosa che più ha sconvolto della nuova generazione di smart fortwo (la 453) non è stata tanto la partnership tecnica con Renault o i tratti più “fumettosi” del nuovo stile: gli smartisti doc, infatti, sin dal primo momento hanno storto per l’assenza del cambio automatico, che nelle precedenti generazioni veniva offerto di serie. Certo, il precedente cambio (prima a sei marce e poi a cinque) aveva un’importante difetto - era molto lento - e questo non lo rendeva particolarmente interessante agli occhi di chi non era disposto a barattare il piacere di guidare con il confort di guida: l’unità, del resto, era un robotizzato a singola frizione concepita quasi agli albori dei di questa tecnologia con obiettivi progettuali molto ambiziosi tra cui la totale affidabilità (dimostrata) e la necessità di occupare il minor spazio possibile per entrare a far parte del pacchetto 36 37 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione motociclistica termini di sportività viene un po’ vanificato dalla prestazione del mille aspirato: rispetto al vecchio mille, che ha spopolato nella versione mhd, quest’unità è più docile ed ha meno grinta. Ergo se si cercano un po’ di brio in più, elemento tipico della smart, conviene attendere l’arrivo dell’automatico sul più generoso (e costoso) turbo da 90 CV. Tra gli elementi che distinguono il nuovo automatico dal precedente, oltre alla velocità, ci sono le modalità d’uso (economy o sport) e una funzione di partenza automatica sia in avanti che indietro quando si rilascia il pedale del freno: la partenza è dolce e la velocità tenuta dalla vettura è minima. Perfetta, insomma, per manovrare con maggior facilità o per assicurare partenze da fermo più confortevoli. marce pesa appena 805 kg e vanta, ovviamente, le stesse misure della versioni manuali: 269 cm di lunghezza, 166 di larghezza (+10 rispetto alla vecchia 451) e 156 di altezza. Numeri che nel traffico si traducono nella capacità di girare su sé stessa in 6,95 metri e che per quanto concerne la vita quotidiana hanno permesso di ricavare un bagagliaio di 190 litri estendibile ad un massimo di 350 litri abbattendo il sedile passeggero. Su strada Confermate tutte le dotazioni e l’estetica dei modelli sin qui commercializzati, con il plus di 1.030 euro rispetto alla vettura di pari allestimento e colore si ottiene una vettura profondamente diversa nel modo di rapportarsi al guidatore. Senza frizione sulla smart fortwo di nuova generazione si ritrova tutto il piacere di un’automobile che fa 38 molto da sola lasciando a chi siede al volante solo l’onere di guidare. Un bel plus che per una vettura da città significa molto, soprattutto quando il cambio è fatto così bene: qualcuno in Mercedes definisce la sua velocità di cambiata “una schioppettata” e l’aggettivo non è certamente inventato visto che i passaggi di marcia non sono solo velocissimi ma anche privi di incertezze nei transitori. Per intenderci a differenza delle vecchie 450 e 451, con cui si rimaneva “piantati” in rotatoria se non ci si presentava in “manuale” e già con la marcia giusta in serita, con questa 453 si può demandare tutto al software di gestione sicuro che ogni richiesta del pedale del gas verrà esaudita trasferendo alle ruote tutta l’energia che serve per uscire da qualsiasi situazione. Un cambio da vera sportiva - non a caso in Getrag fanno anche il doppia frizione della SLS AMG... - il cui sforzo in 39 40 41 42 43 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Prove BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: smart fortwo twinamic In conclusione Il salto generazionale del nuovo cambio a doppia frizione rispetto all’unità utilizzata dal 1998 al 2013 è davvero epocale. Basta sussulti, basta incertezze, solo performance, confort e sicurezza all’interno di un contesto che già nella versione con cambio manuale aveva dimostrato di aver declinato in chiave moderna tutti i pregi delle smart di precedente generazione. 44 Sfoglia i cataloghi in PDF Listino Configuratore della Casa » Test drive » Sito dedicato » Store online » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 45 46 47 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica Golf GTI nella versione più potente “Performance” (quella standard ha 220 CV). Naturalmente le novità di questa versione che verrà prodotta in un numero limitato di esemplari non si fermeranno alla parte tecnica. Specifiche della Volkswagen Golf GTI Clubsport 2016 saranno anche delle appendici aerodinamiche inedite, come lo spoiler biplano sul portellone, lo splitter all’anteriore e le prese d’aria maggiorate sul frontale. Ancora ignote prestazioni e data di lancio, che dovrebbe avvenire comunque nei primi mesi del 2016. VOLKSWAGEN GOLF GTI CLUBSPORT 265 CV PER I 40 ANNI DELLA GOLF Debutta al Wörthersee Tour 2015 il prototipo della futura Volkswagen Golf GTI Clubsport, una Golf GTI più potente e veloce della attuale con telaio ed aerodinamica ancora più spinte. Arriverà all’inizio del 2016 S i è tenuto sul lago Wörthersee, in Austria, il tradizionale raduno degli estimatori della Golf, il Wörthersee Tour 2015. Come da tradizione il gruppo Volkswagen ha preparato una versione speciale della Golf che è esibita sulle rive austriache allo stadio di concept car, ma che il prossimo anno, 48 in occasione del quarantennale del modello più importante della Casa di Wolfsburg, verrà lanciato nella versione di serie. Si tratta della Volkswagen Golf GTI Clubsport, ovvero la Golf GTI più potente mai prodotta. Il motore della Golf GTI Clubsport metterà a disposizione del pilota 265 CV, ovvero ben 35 CV in più rispetto alla attuale 49 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica e proseguita poi con Ghost e Wraith: rinascita che ha portato a numeri incredibili per la factory “della Regina” e che giustifica i continui investimenti da parte del Gruppo BMW nel marchio extra lusso per eccellenza. Come Eleanor Thornton, secondo molti la musa ispiratrice della caratteristica statuetta ‘Spirit of Ecstasy’ (Spirito dell’Estasi), secondo Rolls-Royce la Dawn sarà la musa che risveglierà molti sensi nei proprietari: “Ci sono tutte le premesse perché la nuova RollsRoyce Dawn colpisca e seduca come nessun’altra nessun’altra delle nostre vetture è riuscita a fare fino ad oggi,” ha dichiarato Torsten MuellerOetvoes, amministratore delegato. “La Dawn è una cabrio fantastica, il cui nome evoca le nuove opportunità che ci riserva ogni giorno: il risveglio, la rinascita dei sensi e il raggio di sole che ci abbraccia. Sarà la più ‘social’ tra le auto extra lusso per quelle persone straordinarie che vogliono vogliono essere al centro dell’attenzione nelle località più esclusive del mondo.” L’introduzione sul mercato del Rolls-RoyceR Dawn è prevista nel primo trimestre del 2016. Sconosciute, per il momento, le specifiche tecniche ed il prezzo. ROLLS ROYCE DAWN PRIMA DEL CROSSOVER UNA NUOVA CABRIOLET La Dawn, nei primi anni 50, è stata la vettura che ha aperto una nuova era nel modo di costruire vetture Rolls Royce: è stata la prima con la carrozzeria fatta in casa. Il nuovo modello, afferma l’azienda del BMW Group, sarà anch’esso una pietra miliare nella storia del brand C he ci crediate o no, prima del lancio della crossover, Rolls Royce ha deciso di lanciare sul mercato un nuovo modello che raccoglierà l’eredità di un nome - Dawn - utilizzato per la prima volta nel 1949 e poi “assegnato” a 28 vetture cabrio costruite tra il 1950 ed il 1954. Oggi come allora la 50 realizzazione di quelle vetture fu per Rolls-Royce l’inizio di una nuova era in quanto Silver Dawn fu la prima Rolls-Royce a essere venduta anche con la carrozzeria costruita negli stabilimenti dell’azienda. Rolls-Royce Dawn costituisce un ulteriore passo avanti nella rinascita del marchio britannico iniziata nel 2003 con il lancio di Phantom 51 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica coppia massima, che le consentono di raggiungere i 310 km/h e di scattare da 0 a 100 km/h in 3,6 secondi. È ancora più impressionante però il fatto che riesca a coprire 16 metri di distanza in soli due secondi e mezzo, un risultato migliore di 6 metri rispetto ad un’auto paragonabile sprovvista di “turbo elettrico”. Di che cosa si tratta AUDI TT CLUBSPORT TURBO CONCEPT LA RIVOLUZIONE DEL “TURBO ELETTRICO” Chi stesse già fantasticando l’arrivo di una TT RS di serie con questo powertrain dovrà mettersi l’animo in pace. Per il momento infatti si tratta soltanto di un prototipo pensato per dimostrare le potenzialità di questa nuova tecnologia di sovralimentazione. Una tecnologia che però potrebbe arriavare presto sulle Audi di serie, come ha confermato Ulrich Hackenberg, a capo dello sviluppo del brand tedesco. Quando si parla generalmente di “turbo elettrico” si intende in realtà un compressore ad azionamento elettrico, in grado quindi di raggiungere il massimo regime di rotazione in brevissimi istanti, senza aspettare la massima portata dei gas di scarico. Dal momento che la girante viene azionata da un piccolo motore elettrico si riesce ad ottenere un motore con una risposta immediata, anche a velocità molto basse. Una vera supercar Con un peso che ferma l’ago della bilancia a 1.396 kg, l’Audi TT clubsport turbo concept è abbinata ad un cambio manuale a sei marce, per veri puristi, mentre la trazione è rigorosamente integrale quattro. L’assetto inoltre può contare su cerchi in lega da 20 pollici con pneumatici 275/30 e i freni si affidano a dischi anteriori da 370 mm. Rispetto ad una TT tradizionale la clubsport turbo concept appare più larga di 14 cm e dispone di un alettone posteriore regolabile in materiali compositi derivato direttamente dalla TT cup da competizione. All’interno non manca un roll bar di sicurezza realizzato in tinanio e sedili sportivi a guscio ultraleggeri con cinture a quattro punti. Audi svela la TT clubsport turbo concept, un prototipo che anticipa ancora una volta le potenzialità del compressore ad azionamento elettrico. Con 310 km/h di velocità massima e uno scatto da 0 a 100 in 3,6 secondi le prestazioni sono da capogiro I niziano a scoprirsi le carte per il Wörthersee (13 – 16 maggio), il tradizionale raduno austriaco dedicato a tutti gli amanti dei marchi del Gruppo Volkswagen. Quest’anno Audi ha deciso di lasciare senza fiato il pubblico con l’esuberante Audi TT clubsport turbo concept, un prototipo che incarna il massimo concetto di potenza fino ad ora espresso dalla sportiva dei quattro anelli. 52 Cinque cilindri e “turbo elettrico” Sotto al cofano infatti si nasconde una versione iper-vitaminizzata dell’iconico cinque cilindri Audi da 2.5 litri. Per l’occasione è stato dotato di un sistema di sovralimentazione biturbo, che può contare su una turbo elettrico, come quello che abbiamo già messo alla prova sulla RS5 TDI concept. In questo modo la TT clubsport è in grado di erogare 600 CV di potenza e 650 Nm di 53 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica gruppi ottici e luci diurne a led, cerchi in lega di nuovo design da 16 e 17 pollici e due nuove tinte di carrozzeria: “Moonstone Grey” e “Chilli Red”. Più corpose le novità all’interno, con una nuova interfaccia per i comandi più intuitiva e più al passo coi tempi. Il sistema di infotainment di ultima generazione con navigatore integrato è ora in grado di ricevere il segnale radio digitale DAB e riprodurre la musica via iPod o smartphone grazie alla porta USB e alla connettività Bluetooth. C’è anche il nuovo sistema audio top di gamma SEAT Sound System, con sei altoparlanti, subwoofer da 10 litri ed amplificatore regolabile dal menu sulla plancia. Migliora anche il comfort di marcia, grazie a volante con servosterzo elettrico, ammortizzatori e barre antirollio ritarate. I motori Il model year 2015 della Seat Ibiza sarà disponibile con i nuovi motori benzina e Diesel Euro 6 di ultima generazione. La motorizzazione entry level è rappresentata dal 3 cilindri 1.0 da 75 CV aspirato. Più potenti i turbo 1.0 TSI da 95 o 110 CV e, rispettivamente, una coppia massima di 160 e 200 Nm. Altra novità è il 1.4 TSI ACT, con il sistema di disattivazione dei cilindri, che assicura 150 CV ed una coppia di 250 Nm con un consumo medio dichiarato di 4,8 l/100 km. Tra i nuovi tre cilindri Diesel il più parco è il 1.4 TDI da 75 CV, che consuma mediamente 3,4 l/100 km. Le versioni da 90 o 105 CV non superano comunque i 3,8 l/100 km. SEAT IBIZA A BARCELLONA DEBUTTA IL FACELIFT Piccoli ritocchi estetici, dotazione di bordo più completa e tecnologica e propulsori Euro 6 di ultima generazione per il model year 2015 della Seat Ibiza. In Italia la versione aggiornata della best seller del marchio catalano arriverà dopo l’estate I l Salone di Barcellona è il palcoscenico scelto da Seat per presentare la versione aggiornata della Seat Ibiza, un modello centrale nella gamma del marchio catalano, che con il model year 2015 è stato rinfrescato esteticamente, ma anche aggiornato a livello di motori e dotazioni tecnologiche in tutte e tre le 54 versioni 5 porte, SC Sport Coupé e Ibiza ST Sport Tourer. Cosa cambia I ritocchi estetici alla compatta di Martorell in versione model year 2015 che verrà lanciata alla fine dell’estate si limitano all’adozione di nuovi 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione motociclistica grazie ad un aumento di capitale di 200 milioni di sterline, una iniezione di liquidità che permetterà alla Casa di Gaydon non solo di realizzare il suo primo SUV, ma anche di ampiare ulteriormente la sua gamma. «Questi fondi ci permetteranno di ampliare la nostra presenza nel segmento lusso a partire dalla fine del decennio. Il concept DBX ha generato un interesse che è andato ben al di là delle nostre attese e questo investimento ci consentirà di realizzare il DBX e altri modelli che formeranno il più ampio e vario portfolio della nostra storia», ha dichiarato l’ad Andy Palmer. Intanto Aston Martin ha aumentato del 45% i fondi per la ricerca e sviluppo: i frutti più recenti sono la hypercar destinata alla pista Vulcan, la Vantage GT12 e la berlina Lagonda. ASTON MARTIN VIA LIBERA AL SUV La versione di serie della Aston DBX Concept presentata all’ultimo Salone di Ginevra si farà grazie ad un aumento di capitale di 200 milioni di sterline O rmai nessun marchio di lusso inglese vuole rinunciare ad avere un SUV in gamma. Lo hanno annunciato Bentley, che lancerà il Bentayga nel 2016, ed anche Rolls-Royce che ha fissato per il 2018 la data di nascita del suo primo modello 56 con capacità fuoristradistiche. Adesso nella corsa al SUV di gran lusso c’è anche Aston Martin, che ha dato il via libera al suo progetto SUV anticipato dal concept DBX presentato agli ultimi Saloni di Ginevra e Shanghai. Il lancio della versione di serie della DBX Concept è reso possibile 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito ALLA SCOPERTA DEI MOTORI TURBO L’INTERCOOLER di Massimo Clarke | Raffreddare la carica: perché si impiegano, come sono fatti e come funzionano gli intercooler nei motori turbocompressi I n seguito all’aumento di pressione, ottenuto grazie al compressore, la temperatura dell’aria di alimentazione aumenta. Maggiore il grado di sovralimentazione, più elevato il riscaldamento che essa subisce. Per limitare l’incremento di temperatura occorre che il rendimento del compressore sia il più alto possibile. Questo ha una notevole importanza per tre ragioni fondamentali, ovvero per migliorare le prestazioni, per contenere le sollecitazioni termiche e, nel caso dei motori ad accensio58 Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica ne per scintilla, per ostacolare l’insorgere della detonazione. A un aumento della temperatura corrisponde una diminuzione della densità. Grazie alla sovralimentazione viene inviata ai cilindri una quantità di aria superiore a quella che essi sarebbero in grado di aspirare da sé. Per fare un esempio, in un motore con una cilindrata unitaria di 500 cm3 adottiamo una pressione di sovralimentazione di 0,5 bar. Ciò significa che, almeno in linea teorica, a ogni ciclo viene inviata a ciascun cilindro una massa di aria eguale a quella che a pressione ambiente occuperebbe un volume di 750 cm3. Se è fresca è meglio L’aria che entra nel motore dovrebbe quindi avere una densità pari a 1,5 volte quella che essa ha nell’ambiente esterno. Il riscaldamento però determina una diminuzione della densità e quindi una riduzione (rispetto a quella teorica) della massa di aria che effettivamente viene introdotta cilindri. L’aumento di potenza che si ottiene non è quindi quello che teoricamente sarebbe possibile conseguire adottando quel grado di sovralimentazione. E’ dunque vantaggioso abbassare per quanto possibile la temperatura dell’aria in pressione che viene fornita al motore. In questo modo si “recupera” parte della potenza perduta in seguito alla diminuzione di densità causata dal riscaldamento dell’aria. Con una stessa pressione di sovralimentazione, più si raffredda l’aria che viene immessa nei cilindri, maggiore è la potenza che il motore eroga! Ciò significa pure che, viceversa, è possibile ottenere una stessa potenza con una pressione di sovralimentazione più bassa semplicemente riducendo la temperatura dell’aria che viene inviata ai cilindri. Un altro grande vantaggio che si ottiene raffreddando l’aria di alimentazione è costituito da una diminuzione delle sollecitazioni termiche alle quali sono sottoposti organi come i pistoni e la testa. La temperatura di fine compressione, e così pure quella massima del ciclo, risultano infatti minori. Naturalmente rimane il fatto che a ogni fase di combustione viene liberata una maggiore quantità di energia termica; brucia infatti una maggiore massa di carburante (la cosa è resa possibile dal fatto che a ogni ciclo i cilindri ricevono una superiore quantità di aria). A limitare la massima pressione di sovralimentazione che può essere impiegata sono in genere le sollecitazioni di 59 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione motociclistica punti deboli, il che spiega le preferenze accordate di volta in volta all’uno o all’altro. Gli intercooler aria-aria, che esteriormente hanno un aspetto assai simile ai radiatori, sono dotati di una matrice di scambio tipicamente costituita da una serie di tubi appiattiti (all’interno dei quali passa l’aria in pressione) che viene attraversata da un flusso di aria di raffreddamento, determinato dall’avanzamento del veicolo. Per aumentare la superficie di scambio termico si utilizzano dei lamierini, pieghettati a fisarmonica, che vengono inseriti tra i tubi adiacenti, collegandoli. Pure all’interno dei tubi si impiegano sottili nastri in lamiera pieghettati in questo modo o (se i tubi stessi sono ottenuti per estrusione) risalti e nervature sulle pareti. Le vaschette di raccolta e distribuzione dell’aria in pressione possono essere in lamiera o venire ottenute di fusione (in entrambi i casi il materiale è la lega di alluminio, impiegata anche natura termica, più di quelle meccaniche. Nel caso dei motori a ciclo Otto ridurre la temperatura dell’aria che viene fornita ai cilindri aria comporta anche un altro fondamentale vantaggio. Come noto, se mentre si svolge la combustione, a un certo punto in seno alla miscela aria-carburante non ancora raggiunta dal fronte di fiamma vengono raggiunti certi valori di pressione e/o di temperatura, essa improvvisamente brucia in modo brusco, rapidissimo e incontrollato. Avviene cioè la detonazione che, se intensa, può causare seri danni meccanici (in particolare, può dar luogo allo sfondamento del cielo del pistone!). Per evitare che questo deleterio fenomeno possa aver luogo, nei motori ad accensione per scintilla quando si adotta la sovralimentazione in genere il rapporto di compressione viene diminuito, anche se ciò è svantaggioso ai fini del rendimento 60 per i tubi e le “alette”); spesso però nelle esecuzioni moderne sono in materiale plastico. Per unire le parti metalliche si fa sovente ricorso alla brasatura. Di importanza fondamentale è che il passaggio dell’aria in pressione attraverso l’intercooler avvenga senza dare luogo a una considerevole perdita di carico. Una certa resistenza al flusso è inevitabile, ma deve essere ridotta al minimo. Gli intercooler aria-aria devono essere collocati in posizione tale da poter essere direttamente investiti dalla corrente d’aria determinata dall’avanzamento dell’auto. Si piazzano in genere sotto o a lato del radiatore del sistema di raffreddamento del motore. Talvolta possono essere disposti davanti ad esso; questa soluzione, che rende necessario l’impiego di un radiatore più grande, non viene più impiegata diffusamente come in passato. In ogni modo, è chiaro che le tubazioni di collegamento al compressore e ai termico. In quanto all’entità del riscaldamento che l’aria subisce in seguito alla compressione, può essere interessante sapere che con una pressione di sovralimentazione dell’ordine di 1 bar la temperatura viene portata dalle parti di 105-120 °C. Ciò, rimanendo nel campo dei rendimenti oggi usuali (le variazioni sono dovute al tipo e alle caratteristiche del compressore impiegato), con una temperatura ambiente di 20 °C. L’intercooler: cos’è Per raffreddare l’aria di alimentazione si utilizzano degli scambiatori di calore detti intercooler. Per lungo tempo la scena è stata dominata da quelli aria-aria. Tuttora sono i più impiegati ma di recente stanno incontrando una diffusione via via crescente gli intercooler aria-acqua. Ciascuno dei due tipi ha i suoi punti di forza e i suoi 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb condotti di aspirazione del motore devono avere inevitabilmente una lunghezza considerevole, il che determina perdite di carico di una certa entità. Gli intercooler aria-acqua hanno una maggiore compattezza e possono essere collocati anche a ridosso della testa del motore, cosa che riduce la lunghezza delle tubazioni, e quindi il volume d’aria in esse presente, e dà luogo a minori le perdite di carico. In questi scambiatori i tubi non sono alettati internamente, dato che dentro di essi scorre l’acqua di raffreddamento; l’aria in pressione passa nello spazio esistente tra un tubo e l’altro, dove si trovano i consueti lamierini piegati a zig-zag. L’acqua viene fatta circolare da una pompa elettrica all’interno di un proprio circuito, dotato di un radiatore per la cessione del 62 calore all’aria ambiente. Ciò significa una maggiore complessità e può anche tradursi in costi più elevati. Un efficiente intercooler consente di ottenere una vigorosa refrigerazione dell’aria di alimentazione. Nelle auto di Formula Uno degli anni Ottanta (la famosa “epoca turbo”) la differenza tra la temperatura di entrata e quella di uscita poteva anche essere di oltre 150 gradi! In tale periodo hanno trovato impiego, prima che venissero vietati, anche intercooler “misti”, con uno stadio aria-acqua e un altro aria-aria, raggruppati in un unico scambiatore di grandi dimensioni. Nel campo dei veicoli industriali si utilizzano intercooler in grado di determinare abbassamenti di temperatura che spesso superano i 100 °C. 63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica Media TRIBUTE MERCEDES TO MILLE MIGLIA 2015: 1.600 KM DI EMOZIONI E UNA GRANDE VITTORIA di Gianmarco Trezzi | Abbiamo partecipato al Tributo Mercedes to Mille Miglia 2015 a bordo di una SL 500 e dopo 1.600 km di emozioni e “fatiche” siamo anche riusciti a vincere la corsa di regolarità che si affianca alla vera Mille Miglia 64 L a Mille Miglia. La gara più bella del mondo, così la definì Enzo Ferrari, e non aveva di certo torto. E noi ci sentiamo di aggiungere anche la più faticosa e emozionante al mondo dopo averla vissuta km dopo km lungo i 1.600 km che ci hanno portato da Desenzano a Monza passando per Roma a bordo di una Mercedes SL 500 del Tributo Mercedes. Quella di quest’anno è un’edizione speciale. Con il 2015 scoccano infatti i 60 anni di anniversario dalla straordinaria vittoria di John Fitch che vinse la 1000 Miglia GT (categoria riservata alle automobili di produzione) a bordo di una Mercedes 300 SL. Quello stesso anno Mercedes vinse anche la Mille Miglia “vera” con Stirling Moss, il quale fece anche un record ancora imbattuto di 10 ore e 8 minuti a bordo della celebre Mercedes 300 SLR con il numero 722. Una bella sfida Detto ciò...quale occasione migliore per partecipare al Mercedes Tribute to Mille Miglia? Nessuna. E quindi cronometro in mano ed un trolley leggero saliamo a bordo della nostra roadster e ci lanciamo nella folle corsa - oggi di regolarità partendo da Desenzano del Garda il giovedì. C’è un vero e proprio “mare” di gente e nonostante la modernità in molti si soffermano a guardare le nostre Stelle che sfilano a fianco di altre Mercedes da collezione ed una sessantina di Ferrari che, come noi, anticipano di un paio d’ore il passaggio della Mille Miglia. L’aria che si respira è festosa, quelle prima delle grandi occasioni, e la tanta gente per le strade è felice ed emozionata almeno quanto noi. 65 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica tappa è la più lunga oltre che la più difficile della Mille Miglia. Sono le 5:30, si parte per 610 km di strada. Dobbiamo arrivare a Parma alle 20:00. La partenza è in orario, direzione Lucca per la sosta pranzo. Appena usciti da Roma ci spostiamo verso la Toscana, la parte più bella della gara a nostro parere. Arrivati in Toscana si inizia con i tornanti di Radicofani. La nostra SL 500 si comporta benissimo, sia in curva che in staccata e le sensazioni sono magnifiche, con il verde delle colline toscane a farci da cornice. Arrivati a Lucca, sommersi da un magnifico pubblico, finite le prove e il controllo orario, ci spostiamo verso Parma per la chiusura della terza e penultima tappa. Da pelle d’oca: tanta gente e grandi auto Ovunque ti giri vedi Stelle e Cavallini Rampanti e solo il rombo dei motori scandisce un tempo che sembra essersi fermato per quanto è bella, unica ed irripetibile questa situazione. Ma come tutte le cose incredibili prima o poi finisce e ce ne facciamo una ragione. Nel corso dei prossimi quattro giorni di situazioni così ce ne saranno altre. La prima tappa dura circa 6 ore e l’arrivo della prima auto è previsto a San Marino per le 21:15, tappa di 340 km. Per fortuna tutto scorre bene e passata l’emozione della partenza si inizia a correre veramente. Fortunatamente siamo puntuali sulla tabella di marcia e l’arrivo a San Marino non tarda ad arrivare. Quello che ci spaventa ora non è tanto lo spostamento - breve - a Riccione, che raggiungiamo alle 23:30, ma il fatto di non riuscire a recuperare a sufficienza per la partenza del giorno successivo: alle 4:30, infatti, dobbiamo essere già attivi. L’inizio della seconda tappa di 500 km, come previsto, non tarda ad 66 Giorno 4: siamo primi nella corsa di regolarità Giorno di gara numero 4, partenza da Parma e arrivo a Brescia dove terminerà la Mercedes Tribute to Mille Miglia, 270 km. Tra una cosa e l’altra, grazie anche all’affiatamento con il collega Mirco Magni, ci accorgiamo che siamo saldamente primi in classifica nel contesto della nostra corsa nella corsa e le emozioni sono tante. Come nei film più belli la domenica mattina sfoggia una luce splendida ed una temperatura quasi estiva. C’è tanto pubblico ancora sulle strade ma non possiamo distrarci perché il finale a Brescia è previsto per le 12:00. Intorno alle 10.30 ci troviamo a metà tappa nel magnifico circuito di arrivare...ed ancora un po’ frastornati risaliamo a bordo delle nostre Mercedes SL 417 Mille Miglia, direzione Ascoli Piceno. Raggiunta Ascoli Piceno dove si effettuano le ultime prove della mattinata e il pranzo, si parte subito per Roma, dove arriviamo in serata. L’appuntamento è allo Stadio Olimpico, dove si effettua anche il controllo orario. Ma il bello della tappa nella capitale non è lo stadio dei mitici derbi Roma-Lazio: per arrivare al nostro albergo in centro città passiamo da Castel Sant’Angelo e San Pietro, chiuso al traffico in via del tutto eccezionale per il passaggio delle Mille Miglia. Anche a Roma le sensazioni sono fantastiche, la gente è felice e festosa come nelle grandi occasioni e la città eterna è incredibile a qualsiasi ora. E’ una corsa massacrante Una volta in camera cala l’emozione, inizia la stanchezza e la preoccupazione per le poche ore di sonno che anche stavolta ci dividono dal risalire sulla SL. Come se non bastasse la terza 67 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica Epoca aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Monza ad effettuare le prove a cronometro sullo storico Anello di Alta Velocità. Anche qui le prove vanno benissimo e, grazie anche all’esperienza di Mirco, usciamo dall’autodromo brianzolo ancora in testa alla corsa. Non ci rimane che arrivare a Brescia sperando di non fare errori. L’arrivo a Brescia è straordinario L’arrivo a Brescia è magnifico, il pubblico è incredibile e le emozioni non tardano ad arrivare. Siamo primi, abbiamo vinto il Mercedes Tribute 68 to Mille Miglia ed il piacere di ritirare una coppa eccezionale mitiga una sensazione di stanchezza che qualche ora più tardi ci aiuterà a chiudere gli occhi ancor prima di appoggiare la testa al cuscini.. La 1000 Miglia 2015 è stata incredibile, quattro giorni di grandi emozioni con un pubblico pazzesco che ci ha accompagnato mezzo Stivale, incitandoci e portando la passione per le auto, i motori ancora una volta sulle strade che hanno reso celebri piloti e auto ma soprattutto la Mille Miglia. 69 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica che amano l’auto perché espressione dell’estro creativo dell’uomo, ma anche perché simbolo di una civiltà e dei suoi valori, indipendentemente dall’epoca storica. Per chiarirsi le idee sul conflitto (insanabile) tra automobilismo d’epoca e moderno può essere un’ottima idea farsi un giro a Verona Legend Cars. Questa nuova fiera infatti, alla sua prima edizione, è una perfetta sintesi tra l’auto di ieri e di oggi, che permette di capire alla perfezione come i modelli di oggi siano inevitabilmente figli di quelli di ieri. Verona Legend Cars, in programma dall’8 al 10 maggio nella città scaligera, dedica tre giorni alla passione per i motori, alla bellezza dell’Heritage e alla sua sinergia con il contemporaneo. Tre giorni di anteprime nazionali, raduni storici, gare di regolarità, passerelle in centro storico, modelli che hanno fatto la storia dei motori e ultime novità dal settore VERONA LEGEND CARS MEGLIO LE AUTO DI OGGI O QUELLE DEL PASSATO? dell’Automotive. Cinque le Case partecipanti in fiera: Aston Martin, Infiniti, Porsche, Volvo affiancano auto d’epoca, ultimi modelli e possibilità di provarli in test drive. Tesla schiera la sua avveniristica berlina elettrica Model S. Due le anteprime nazionali con la Porsche Cayman GT4 e la XC90 di Volvo. Oltre 2000 le auto d’epoca in vendita con tanti commercianti e ricambisti d’Europa. 47 i club e le scuderie coinvolte e una raccolta di modelli eccezionali quali la Bugatti Type 252 e Type 45 della collezione Schlumpf-Museo Nazionale di Mulhouse, la Bugatti Type 49 del Museo Nicolis di Villafranca e la prima Jaguar a portare il nome della casa inglese: la SS 100 2,5 1936. Venerdì 8 l’inaugurazione del Salone nel quale si potranno ammirare 5 modelli e novant’anni di storia Aston Martin - dalla MK II Ulster 1935 all’ultima Vanquish Volante – , il crossover QX70 e la Media di Matteo Valenti | Sono più interessanti le auto d’epoca o quelle moderne? Un dilemma forse insanabile, che da sempre divide gli appassionati. Per chiarirci le idee siamo andati a Verona Legend Cars, la fiera dedicata all’automobilismo d’epoca ed alle sue sinergie con il contemporaneo E’ il grande dilemma che appassiona da sempre gli amanti delle automobili. Sono più interessanti i modelli d’epoca, con il loro inesauribile bagaglio di fascino e storia, oppure quelli moderni, superprestazionali e ricchi di tecnologia? Con ogni probabilità è una di quelle domande a cui 70 non si può dare una vera risposta. I fanatici dei motori rimarranno sempre divisi tra chi venera l’automobilismo d’epoca, snobbando la modernità, e tra chi invece viene rapito solamente dai modelli più attuali e futuristici. Nel mezzo rimangono tutti coloro - e sono tanti - che adorano l’automobile a prescindere. Sono tutti quelli 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito berlina Q50 di Infiniti, la storica Porsche Carrera 904 GTS; le Volvo PV544 sport e P1800 Jensen, i due prototipi di Pinin Farina e Bertone realizzati in vista della produzione in serie della Giulietta Spider appartenenti alla Collezione Lopresto, la Fiat 600 Jolly Ghia, Abarth 750 Zagato e 600 Cherìe Gran Luce Vignale del Registro italiano Fiat, dieci modelli della Scuderia Storica Jaguar e decine di auto da collezione ospitate nei tremila metri quadrati dello stand Asi dai 32 club federati che partecipano a Verona Legend Cars. Al lato i raduni e festeggiamenti per gli 80 anni di Jaguar, i 60 di Giulietta Spider e Fiat 600 e i 30 di Porsche Italia; oltre 2mila auto in vendita esposte dai 72 Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica migliori commercianti italiani ed europei e un focus sulle alle Istant Classic come Ferrari e Lamborghini. Per appassionati e collezionisti un intero padiglione dedicato ai pezzi di ricambio, volanti e libretti d’istruzione originali. Collezioni Vintage con Berkel, Juke Boxe anni ’30, capi e accessori artigianali legati al tema del viaggio. Sempre nel pomeriggio di Venerdì riunione dei partecipanti ad Aspettando la Mille Miglia – organizzata da Aci Verona – si daranno appuntamento nel parcheggio del Museo Nicolis di Villafranca per dirigersi alla passerella serale delle auto iscritte alla Mille Miglia 1927-57 in piazza Bra e al concerto Note d’AUTOre all’Arena di Verona. Nel pomeriggio di Sabato 9 si terranno a Verona Legend Cars le prime prove di regolarità ospitate in un contesto fieristico con la per la conclusione de Aspettando la Mille Miglia e la consegna del trofeo Luciano Nicolis. Grazie ad un nuova formula che vede nell’epoca l’ambasciatrice della modernità e al coinvolgimento di grandi Case, Club, Registri storici, Musei, collezionisti e appassionati da tutto il mondo, Verona Legend Cars vuole essere una vetrina per il meglio dell’Heritage internazionale: un evento dedicato alle emozioni che le auto sanno regalare capace di unire passato e futuro dell’auto in un Salone che esce dai confini della fiera e abbraccia un’intera città. “Speciale Verona Legend Cars” - Trofeo Nicolis: emozionarsi con le auto della Mille Miglia - Verona Legend Cars: le auto più spettacolari in mostra - Verona Legend Cars: i capolavori del Museo Nicolis - Auto storiche: “Pattuglia Asi” in azione. «Governo pronto a rivedere la posizione sul bollo” - Volvo, l’ossessione per la sicurezza: dalla 544 alla XC90 73 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica Serge Gevin e le serie speciali dedicate alla 2CV Per una volta però Citroen ha voluto riscrivere il finale di questo tipo di storie, inserendo un lieto fine. La divisione italiana del Double Chevron infatti ha pensato bene di far rinascere da zero una serie speciale della 2CV mai nata, proprio perché all’epoca non ricevette mai l’approvazioni dai vertici del Casa francese. Due i protagonisti della storia: Serge Gevin, artista, designer, grafico francese, e la 2CV. A partire dagli anni Cinquanta la piccola Citroën era entrata nel cuore dei francesi e ciascuno la personalizzava secondo il proprio gusto. E qui entra in gioco il fantasioso Serge Gevin, titolare dell’agenzia Pink che si occupava dello studio dell’allestimento degli stand Citroën nelle manifestazioni più importanti. Per certi versi ricordava Flaminio Bertoni: un artista geniale “imprestato” al mondo produttivo. Proprio da un’idea artistica di Serge Gevin nacque, quasi per gioco, la prima serie speciale della 2CV, denominata Spot, la cui carrozzeria bianca – arancio riprendeva i motivi tipici delle sedie sdraio da spiaggia. Da questa versione derivò negli anni Ottanta la celeberrima – anche in Italia - 2CV Charleston, declinata nelle scale cromatiche nero/giallo, nero/rosso, doppia tonalità di grigio. Al vulcanico Serge Gevin si devono serie speciali Citroën di grande successo come la Dyane Caban, la Visa Sextant, la 2 CV Dolly … ed altre ancora. 2CV “Soleil”: il sogno rimasto nel cassetto È rimasta invece per sempre nel cassetto dei sogni dell’artista la 2CV “Soleil”, una serie speciale davvero particolare, che l’artista ricorda con queste parole: “Deve essere bianca e gialla. La scocca bianca, i parafanghi gialli, così come il cofano posteriore e la capote. I paraurti devono essere bianchi, come le scocche dei fari (rotondi, mi raccomando), bianchi anche i cerchi delle ruote. Sul bagagliaio c’è il disegno di un salvagente e sulle portiere un cappello da mari- CITROEN 2CV SOLEIL IL SOGNO MAI NATO (NEL 1982) OGGI DIVENTA REALTÀ di Matteo Valenti | Citroen Italia ha riportato alla luce la spettacolare 2CV Soleil, edizione speciale disegnata dall’artista francese Serge Gevin nel 1982 che non ha mai visto la luce a causa di un inspiegabile stop arrivato dai piani alti della casa francese C i sono automobili destinate a rimanere per sempre sulla carta. Progetti in certi casi strepitosi, che farebbero fare salti di gioia agli appassionati. Purtroppo però, a volte ci si mettono di mezzo le gelide logiche aziendali e quando non arriva il semaforo verde dai piani alti per un 74 progetto è l’inizio della fine. Non importa quanto possa essere innovativo, rivoluzionario o semplicemente affascinante. Per quel modello non ci sarà più nulla da fare e i suoi disegni finiranno dimenticati in polverosi archivi, per poi, nei casi più fortunati, essere esposti decenni dopo in qualche museo. 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb naio ed una pipa. Guardandola, si deve pensare al cielo, al mare, al sole, alla gioia di vivere”. Il motivo dello stop alla produzione fu piuttosto banale ed è lo stesso Gevin a ricordarlo: “Al responsabile Citroen di allora non andava proprio giù il giallo!» Citroën Italia ha deciso di riportare alla luce la Soleil sotto alla supervisione diretta di Gevin, partendo dalle “ceneri” di una 2CV Club del 1982. Per prima cosa si sono tracciate su carta le linee di una 2CV Club dei primi anni ‘80, il modello che Gevin aveva scelto per la sua serie speciale e dell’anno giusto. Poi si sono aggiunti i colori e si immaginano i disegni. Poi è arrivato persino un plico a casa di Marcello Sandi del Club Bicilindriche Italia di Lodi, amico di Gevin: l’artista in persona aveva realizzato non solo i figurini, ma anche i disegni per le fiancate e il bagagliaio. Il secondo passaggio ha riguardato invece la con pezzi nuovi, possibilmente d’origine Citroën. Negli anni ‘50 e ‘60 non esistevano le moderne protezioni anticorrosione ed il nemico numero uno della 2CV (come per tutte le auto del suo tempo) è... la ruggine! Nella 2CV la corrosione si annida spesso dentro agli scatolati del telaio, oltre che sulle lamiere del fondo della scocca. La 2CV è un’auto leggera che (come diceva Jacques Wolgensinger) è nata per schivare gli ostacoli, non per sbatterci contro. Quindi bisogna partire dall’esame del telaio e dei fondi e l’unico sistema per farlo bene è staccare la scocca dal telaio, smontando così anche tutto ciò che al telaio è fissato, compresi motore e sospensioni. A questo punto è possibile lavorare comodamente sullo chassis, aprendolo per verificarne lo stato interno, sostituendo le lamiere corrose. Oppure cambiandolo del tutto: ancor oggi gli chassis 76 scelta dell’esemplare su cui lavorare, con il delicato processo di restauro che veniva affidato all’Atelier 2CV di Bareggio, vicino a Milano. Il restauro e la (ri)nascita Il titolare, Guido Wilhelm, viaggia in 2CV da quando era un ragazzo e conosce il modello nei minimi dettagli. D’accordo con Guido, viene presa la decisione di non modificare una 2CV già in ordine, ma di salvare una vettura che altrimenti sarebbe stata rottamata. Sulla meccanica di una 2CV Club del 1982, era stata montata la scocca di una 2CV Charleston più recente, ma la corrosione e l’incuria avevano ridotto l’auto ad un ammasso di lamiere arrugginite ed anche il telaio presentava seri problemi di corrosione. Per la meccanica la scelta è facile: smontare tutto, salvare ciò che non ha tracce d’usura e rimpiazzare tutto il resto della 2CV e delle sue derivate sono prodotti usando i macchinari di Citroën. L’esame successivo è quello che riguarda la scocca da cui andranno segate via le lamiere eccessivamente intaccate per sostituirle con piani nuovi (vedi foto 2) (anch’essi regolarmente prodotti). Le saldature verranno fatte come all’epoca: per puntatura (vedi foto 3), come veniva fatto nella fabbrica di Levallois, dove questa 2CV è nata più di trent’anni fa. Il bicilindrico: ora è come nuovo Il motore della 2CV si apre a metà, proprio come una mela. Vengono sostituite tutte le parti anche minimamente usurate. Si tratta di un motore semplice ma allo stesso tempo la sua architettura è tra le più sofisticate: un boxer bicilindrico progettato negli anni ‘40 dall’italiano Walter Becchia e costantemente aggiornato da Citroën con 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Epoca Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb l’uso di materiali e tecnologie sempre più evoluti. Quello della nostra 2CV è l’ultimo tipo, lo stesso che equipaggerà le ultime auto prodotte sino al luglio del 1990, sviluppa circa 35 cavalli di potenza che permettono alla Deuche di sfiorare i 120 km/h. Il motore della 2CV6 è piuttosto affidabile ma ha (nella migliore delle ipotesi) almeno 25 anni di età e quindi non può che richiedere qualche cura. Si tratta di un motore raffreddato ad aria che se da un lato non presenta le corrosioni tipiche prodotte dal liquido di raffreddamento, dall’altro è soggetto a naturali escursioni termiche che accentuano lo stress del metallo. L’albero motore della 2CV non è revisionabile e nel caso va sostituito, cilindri e pistoni nuovi completeranno la revisione della parte centrale del motore. Le testate possono essere revisionate, con l’eventuale riporto di nuove sedi delle valvole. Queste ultime e le relative guide andranno sostituite. Un controllo all’albero a camme, la 78 sostituzione dei bicchierini della distribuzione ed un accurato rimontaggio precederanno le regolazioni di base da fare prima dell’accensione del motore che sarà pronto così a percorrere altre centinaia di migliaia di chilometri. Con il motore pronto, il telaio e la scocca risanati e le protezioni anticorrosione rinnovate, non resta che verniciare le varie parti nelle tinte scelte: la scocca, i parafanghi, le portiere e i cofani. Poi i paraurti, i cerchi ruota e il telaio stesso. 18.000 euro per tornare a splendere Il cambio di velocità è dotato di quattro marce avanti, la quinta sarebbe inutile. Non c’è radiatore dell’acqua, non c’è guarnizione della testata ma c’è un radiatore per controllare la temperatura dell’olio. Anche qui il restauro è totale: ingranaggi, sincronizzatori, tutto è verificato con il micrometro per ottenere un cambio di velocità assolutamente perfetto. Dopo aver assemblato motore e cambio, è il momento di unire la meccanica al telaio: quattro gomme Michelin 125 X 15 su quattro cerchioni nuovi (tutt’oggi forniti da Citroën) e dipinti in Blanc Meije vengono montate ai quattro bracci del telaio. I freni sono già al loro posto, nuovi anch’essi, ovviamente, come gli ammortizzatori, anch’essi originali Citroën. Infine parafanghi, portiere, cofani e paraurti. La 2CV ha ripreso la sua forma. Ora i finestrini, la capote, le maniglie con le serrature, l’impianto elettrico, il cruscotto, i rivestimenti interni ed i sedili possono trovare la loro collocazione. Infine i fari e le decorazioni. Le regolazioni al motore ed alla geometria delle ruote completeranno l’operazione. La 2CV, (ri)costruita artigianalmente oggi come allora, è pronta a tornare sulle strade d’Europa. Il costo per una simile operazione di restauro, degna di un’opera d’arte? 18.000 euro fatta e finita, come nuova. Parola di Guido Wilhelm. 79 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione motociclistica F1, GP DI SPAGNA 2015 LE TEDESCHE FUNZIONANO, LE ITALIANE COSÌ COSÌ le italiane così e così. E allora ti viene il dubbio: ci hanno fatto capire che Alonso non era sto granché in fatto di pilota, visto che le sue indicazioni erano sbagliate. Lo sosteneva pure l’ingegner Mauro Forghieri, che vantava fonti interne a Maranello. Poi arriva Vettel, l’uomo squadra, quello che dà le dritte giuste guarda cosa ha fatto alla Red Bull. Mettono in pista le novità e, sorpresa: non vanno. Proprio come accadeva con Alonso. Allora, il dubbio è: piloti che non sanno che fare o tecnici che aggiungono colore a un quadro già bilanciato rischiando di pasticciare una visione già buona? Anche questa è discussione per il bar sport, di sicuro in F.1 non c’è nulla di facile, tanto che Alain Prost, 4 volte campione del mondo, la vede così: “La Mercedes le indovina perché hanno una buona base di partenza, hanno capito cosa fa andare forte la macchina e se la toccano lo fanno nei punti carenti. Gli altri non hanno una macchina così competitiva e provano a toccare qua e là. Non potendo provare in pista, come si faceva una volta, devi sperare che la teoria sia valida anche nella pratica. Ma non è così e i risultati si vedono”. Analisi logica, roba da prima media per intenderci, che certi cronisti non hanno capito o non vogliono capire perché fa più gioco dare addosso a tizio, che sta antipatico, o a caio perché in fondo me lo hanno ordinato… Alla fine nella gestione Ferrari di Maurizio Arrivabene, arriva una ventata di serietà e semplicità: “Non sono contento per il distacco che abbiamo preso, il podio mi piace ma vorrei essere più vicino alla Mercedes. Non tutte le novità hanno funzionato bene, credo che dobbiamo ancora capire come sistemarle al meglio. Quindi il podio va bene, ma non è stata una buona corsa per noi, non si può definirla tale”. E con questo ha messo a tacere anche coloro che vedono rosso sempre e comunque e sono più realisti del re. La nuova gestione Ferrari piace anche per questo, poche ciance, molta onestà senza nascondersi dietro a un dito. Adesso, nei prossimi giorni, si spera che i collaudatori Gutierrez e Marciello capiscano cosa fare o che indicazioni trarre. Certo, forse sarebbe stato meglio avere un pilota ufficiale, ma i tempi in cui Schumacher e Barrichello si facevano 50 mila km all’anno di test, con il collaudatore Badoer che ne macinava altri 20 mila sono finiti. Oggi vige il computer e la simulazione. Costosa, precisa e, come si è visto, poco reale quando poi contro le due Mercedes c’è gran poco da fare… di Paolo Ciccarone | Che fine ha fatto la rimonta della Ferrari vista finora? Le novità portate dalla Mercedes funzionano, quelle della Rossa un po’ meno. La reazione onesta della nuova gestione Ferrari, Arrivabene in testa, però, piace F orse sarà soltanto un caso. Prendi la MotoGP, Jorge Lorenzo nicchia con la Yamaha e non vince nulla. Poi firma e vince il GP. Prendi la Mercedes F.1, Lewis Hamilton nicchia a firmare il contratto e Rosberg dopo la pole vince anche la gara battendo sonoramente il compagno di squadra. 80 Coincidenze, sufficienti per far parlare, lasciare il dubbio e animare le discussioni al bar sport. Poi vedi Vettel, terzo in Spagna, annaspare a oltre 45 secondi dalla Mercedes e ti chiedi che fine ha fatto la rimonta mostrata fino all’ultima gara. La Ferrari ha portato delle novità, al pari di Mercedes, e poi si scopre che le tedesche funzionano, 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Storie di F1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Sulla Mustang, su due ruote Al pian terreno, subito dopo l’ingresso, basta prendere la porta a sinistra e trovarsi in una stanza enorme dove al centro c’è un tavolo da biliardo, sulle pareti foto di corse, caccia e pesca invernale sul San Lorenzo ghiacciato. Una tromba alle pareti, usata di tanto in tanto da padre e figlio. E’ lì che abita Seville Villeneuve, padre di due ragazzi: Gilles e Jacques. I sabato sera e le lunghe giornate di inverno non passano mai. Bisogna inventarsi qualcosa per trascorrere il tempo e Gilles lo ha trovato. Poco prima di arrivare all’allevamento di polli, la strada sale leggermente e fa una curva ampia in salita che chiude proprio quando arriva all’apice, quando la strada torna in piano. Gli amici di Gilles si ritrovano tutti lì il sabato sera. Perché Gilles è uno che dà spettacolo e sulle sue imprese fioccano le scommesse. Al volante di una vecchia Mustang, Gilles stupisce facendo la curva su due ruote. Applau- si, birra che scorre a fiumi e risate. Il sabato sera finisce così. Con una partita a biliardo a casa di Gilles che ogni tanto suona la tromba, in malo modo a dire il vero, ma almeno ci prova. Come fa con tutte le cose della sua vita. La “scuola” della motoslitta In inverno, invece, quella strada è impraticabile. Si può percorrere solo con le motoslitte. E Gilles dà spettacolo anche con quelle. Anzi, diventa un vero e proprio campione della specialità: ha un controllo del mezzo in sbandata che altri non hanno. Sa come guidare senza vedere niente, in mezzo alla neve sparata negli occhi dagli altri concorrenti. Andare al limite, sempre più forte. Con una filosofia di vita: una volta trovato il limite, bisogna superarlo. Non arrendersi alle avversità della natura o a quelle del mezzo meccanico. Il ragazzino ha talento, ma non ha un soldo. Si inventa di tutto, ma Berthierville non è un gros- RICORDANDO GILLES VILLENEUVE di Paolo Ciccarone | GP di Montecarlo 1981: Da un balcone di fronte al box della Ferrari un appassionato prende un megafono e urla a squarciagola: «Suonate, suonate le sirene perché oggi è nato Dio!». La storia del grande pilota canadese, il ferrarista più amato di tutti i tempi, nell’anniversario della sua scomparsa O tto maggio 1982, 33 anni fa, era un sabato, non un venerdì come sarà quest’anno. Ma poco importa, sempre week end di gara è. Per Gilles Villeneuve, però, quello sarà l’ultimo week end della sua vita. E come sempre capita, quando un campione come lui scompare, finisce la storia, comincia la leggenda. Una leggenda cominciata alcuni anni prima in un paesino del Ca82 nada. Berthierville è un piccolo centro a una quarantina di chilometri a nord est di Montreal e per arrivarci basta prendere l’autostrada che porta a Quebec City. Appena usciti c’è solo una strada che porta verso il centro, costeggiato dal fiume San Lorenzo. Sparse qua e là ci sono delle abitazioni povere, dei casolari e delle cascine. E un allevamento di polli. Nascosta dietro al cascinale dei polli, c’è una piccola casa senza recinzione. 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Storie di F1 Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb so centro e bisogna gravitare attorno a Montreal e ai comuni limitrofi. Gilles incontra Johanne, si fidanza, la sposa e lei lo segue in quella pazza avventura che sono le corse americane. Fino a quando, con quattro soldi in tasca, investiti in un camper col quale Gilles trasporta tutta la famiglia sui circuiti, arriva l’occasione per mettersi in mostra. Un debutto vittorioso, contro Hunt Succede a fine 1976 sulla pista di Trois Rivier. C’è l’ultima gara di F.Atlantic, una specie di F.2 nordamericana e sono stati invitati i campioni della F.1, come James Hunt e Vittorio Brambilla. Gilles vince a mani basse, stupisce per il controllo di macchina e per la guida. Hunt ne parla con i suoi alla McLaren e quando scatta il programma Marlboro per i giovani piloti nel 1977, a Gilles viene offerta la possibilità di correre il GP d’Inghilterra sulla terza McLaren. Gilles debutta 84 a Silverstone il 16 luglio, non brilla particolarmente, ma ha lasciato il segno e torna in Canada. Ne parla, però, anche Franco Lini, giornalista ed ex ds della Ferrari, mentre tempo dopo saranno Chris Amon, ex pilota della F.1, Walter Wolf magnate austro-canadese del petrolio e un italiano residente in Canada a fare il nome di Villeneuve al Drake a Maranello, segnalando la bravura di Gilles. Ma il 1977 è l’anno del grande divorzio fra Niki Lauda e la Ferrari. Dal suo eremo di Maranello il Grande Vecchio cerca un pilota per sostituire l’austriaco. Qualcuno gli ricorda il nome di quel ragazzino canadese che con le F.Atlantic andava davvero forte. Prendere uno sconosciuto, farlo girare fino alla nausea a Fiorano, renderlo un vincente. E’ la grande scommessa di Enzo Ferrari per dimostrare che è la squadra, la Ferrari, che crea i campioni e non è il pilota, in questo caso Niki Lauda, a fare grande la squadra. L’incontro con il “Drake” Gilles viene contatto per un appuntamento, Gianfranco Gozzi, segretario e qualcosa di più di Enzo Ferrari, va a prenderlo all’aeroporto della Malpensa al volante di una Fiat 132 di servizio. Gilles arriva in camicia e jeans, ha una sacca che butta nel bagagliaio della macchina, si siede e si addormenta. Gozzi farà tutto il viaggio con Gilles a fianco addormentato. L’ingresso nell’ufficio di Enzo Ferrari non provoca particolari emozioni in Gilles Villeneuve. Il Grande Vecchio lo guarda, lo analizza e gli chiede: «Quanto vuole per essere felice?». Gilles non capisce, Gozzi fa da interprete al che Villeneuve risponde con una cifra in dollari canadesi. Attimo di smarrimento, poi arriva la soluzione. Gozzi si alza, va in un altro ufficio, prende il giornale e guarda il cambio ufficiale della giornata. L’accordo è presto fatto. Gilles Villeneuve sostituisce Niki Lauda e disputerà le ultime due corse della stagione in Canada e Giappone. Comincia l’era Villeneuve e quel 9 ottobre 1977, sul circuito di Mosport, segnerà lo spartiacque fra l’epoca pre Villeneuve, con tutto quello che c’era prima, e il dopo Villeneuve, che comincerà l’8 maggio 1982, quando Gilles morirà in Belgio durante le prove ufficiali. In F.1 niente sarà più uguale, specialmente per quei tifosi troppo vecchi per innamorarsi ancora. 1977, inizia l’era Villeneuve Gli inizi alla Ferrari sono però difficili: in Canada Gilles va fuori e sfascia la Ferrari. In Giappone, durante un duello con Ronnie Peterson, va ancora peggio. Al sesto giro, in fondo alla staccata del rettilineo, la Ferrari decolla sulla Tyrrell, finisce nel prato e atterrando uccide due spettatori. L’inchiesta dirà che quella gente non doveva trovarsi in quel punto, ma le polemiche, intanto, sono feroci. Qualcuno comincia col ribattezzare Gilles “l’aviatore”, perché passa più tempo per 85 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Storie di F1 Periodico elettronico di informazione motociclistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb aria che in pista. Enzo Ferrari, però, capisce il suo pilota ed è sempre più convinto nel proseguire la sfida lanciata a suo tempo. Gilles prova a lungo a Fiorano, chilometri e chilometri macinando cambi, motori, frizioni e semiassi. La sua guida è sempre al limite, non si arrende e cerca di apprendere dal più esperto Carlos Reutemann i segreti della messa a punto della F.1, suo punto carente. Lui, infatti, è capace di portare al limite ogni mezzo, ma non ha quella finezza tecnica nella messa a punto che fa la differenza fra un pilota come Lauda e uno grezzo, ma efficace, come Villeneuve. In Argentina, gara di apertura del 1978, Gilles porta la macchina al traguardo per la prima volta, anche se finirà soltanto ottavo. In Brasile e in Sudafrica ci sono ancora due ritiri, ma a Long Beach l’esperienza di circuiti cittadini porta Gilles in testa alla gara. Fino a quando non incontra Clay Regazzoni. Lo svizzero è doppiato, sa che la Ferrari è in testa ma pensa che corsa impeccabile. Le due Lotus 79 di Andretti e Peterson viaggiano su un altro pianeta. L’effetto suolo, introdotto sulla vecchia 78, è stato amplificato e perfezionato in questa wing car ultima generazione. Gli altri devono solo accodarsi. Gilles porta in fondo la sua Ferrari in scia alla gemella di Reutemann. In Spagna non va bene come in Svezia e Francia. Gilles è fuori dai punti ma porta la macchina al traguardo. Dopo i disastri iniziali è un deciso cambio di marcia. 86 Gilles tenti il sorpasso in un punto idoneo, invece Villeneuve si infila in una stretta curva a sinistra e decolla sulla Shadow di Ragazzoni. La corsa la vince Reutemann con l’altra Ferrari e le polemiche su Villeneuve si riaprono dolorosamente, tanto che qualche giornale comincia col titolare, giocando sul nome e sulle tendenze spettacolari in fatto di incidenti, “Voladinueve”. A Montecarlo questa fama viene rafforzata da un altro terribile incidente all’uscita del tunnel. Nel punto più veloce del circuito Gilles stampa la sua Ferrari contro le barriere. Le polemiche si sprecano a questo punto: da più parti si chiede a Enzo Ferrari di lasciare a piedi il canadese e di ammettere l’errore. Sono giorni difficili per Gilles, che sa di non avere tutte le colpe. Ferrari insiste e parlando col suo pilota si convince di avere per le mani un campione che deve solo trovare la propria strada, consapevole dei propri mezzi e dei propri limiti. In Belgio, sul circuito di Zolder, Gilles compie una Dal camper... al podio Per ritrovare Gilles in zona punti bisognerà aspettare Zeltweg con il primo podio. Dietro al vincitore Andretti e a Depailler, Gilles sale sul terzo gradino con l’emozione e la gioia di chi vede i primi risultati. Sua moglie Johanne festeggia con il piccolo Jacques e la sorellina Melanie che vivono nel camper col quale Gilles si trasferisce ai GP, proprio come faceva ai tempi della F.Atlantic agli inizi di carriera. In Olanda Gilles va ancora a punti, ma a Monza il canadese si scatena. Parte in prima fila a fianco di Mario Andretti. La tensione è enorme perché nella gara precedente si sono agganciati diversi piloti, fra cui Patrese e Pironi. La stagione è stata tutta una serie di vendette in pista in cui i piloti, in duelli rusticani, se le sono date di santa ragione. Al mattino, nel warm up, Peterson è uscito di pista alla seconda variante e deve prendere il muletto perché la sua Lotus 79 non è riparabile. Quando parte la gara, Patrese viene stretto da Hunt che tocca Peterson, partito molto lento. Il contatto è violento, la Lotus finisce contro il rail e si incendia. Al centro del gruppo ci sono numerose toccate di cui ne fanno le spese anche Reutemann, Pironi e Vittorio Brambilla, che viene colpito in testa da una ruota vagante. Dopo aver spento l’incendio e portato Peterson in ospedale, si teme per la vita di Brambilla, in coma ma durante la notte una embolia stron87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb ca la vita di Peterson mentre il pilota monzese si salverà dopo una lunga degenza. Al secondo via gli animi sono bollenti. Andretti e Villeneuve sono molto nervosi in prima fila, ognuno guarda negli occhi l’altro e il motivo è presto detto. La prima curva, dopo quello che è successo poche ore prima, diventa una trappola micidiale. I due scattano all’unisono prima che il direttore di gara dia effettivamente il via. A fine gara saranno primo e secondo, ma verranno penalizzati per il via anticipato. La corsa la vince a tavolino Niki Lauda davanti a Watson e Reutemann. Andretti viene classificato sesto ed è campione del mondo, Villeneuve è settimo e fuori dalla zona punti, ma per come ha lottato e combattuto contro una macchina superiore, conquista i tifosi monzesi che vedono in lui il prototipo del pilota che non si arrende mai. 88 Storie di F1 Periodico elettronico di informazione motociclistica Digione: quel duello leggendario La “febbre Villeneuve” In Canada, intanto, un gruppo di amici di Berthiercon Arnoux A Montecarlo rompe un semiasse e lascia la vittoria a Scheckter. In Francia Gilles firma il capolavoro delle corse di tutti i tempi: in lotta con Arnoux per il secondo posto, si inventa sorpassi e ruotate come mai si erano viste nella storia della F.1. Alla fine di una lotta serrata, entrata negli annali, ha ragione della Renault e porta la Ferrari al secondo posto! Come al solito la critica si divide: chi dice che ha esagerato, e chi lo esalta. Enzo Ferrari apprezza quel suo pilota che dà emozioni, che è imprevedibile e che regala entusiasmo attorno al marchio. Il Grande Vecchio sa che la sua scommessa è stata vinta, perché due anni dopo nessuno parla più di Niki Lauda ma tutti esaltano l’intuito e la decisone di Ferrari. ville, paese di origine di Gilles, si fa contagiare dal morbo Villeneuve e con adesivi “J’ai la fievre Villeneuve” invadono il Quebec. La Febbre Villeneuve esplode anche in Italia quando a Zandvoort, GP d’Olanda, Gilles fora una gomma e torna ai box a una velocità tale che per strada perde pezzi e quando entra nei garage, c’è solo un moncherino attaccato alla sospensione posteriore. Il giro di pista su tre ruote, anzi due perché spesso quella anteriore è sollevata da terra, fa impazzire i tifosi. E’ il momento cruciale del campionato perché, con la vittoria di Scheckter, Gilles capisce che il mondiale è compromesso, come infatti succederà a Monza, quando la Ferrari gli chiede se è d’accordo nell’aiutare il sudafricano. Gilles La prima vittoria in F.1 In Canada, sul nuovo circuito cittadino di Montreal, Gilles Villeneuve vince il suo primo GP in una giornata dove vento, pioggia e freddo la fanno da padrona. Un anno prima, a Mosport, aveva debuttato con la Ferrari distruggendo la prima rossa contro le barriere. In 12 mesi si è compiuta la trasformazione: da aviatore a campione. Gilles è un altro uomo, ha preso consapevolezza di sé e quando la Ferrari gli mette a disposizione la nuova 312 T4 e Jody Scheckter al suo fianco, Gilles è pronto a lottare per il mondiale. Le prime due gare del 79 sono interlocutorie, contro le Ligier c’è poco da fare, ma in Sudafrica e a Long Beach arrivano altre due vittorie. A Kyalami precede il compagno di squadra Scheckter, che avrebbe voluto vincere la gara di casa, negli USA riscatta la delusione dell’anno prima e dell’aggancio con Regazzoni. 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb accetta e in gara protegge il compagno di squadra. Quando sale sul podio e prende la coppa del secondo posto, l’ovazione dei tifosi è tutta per lui che viene festeggiato più che Scheckter, che pure ha vinto il mondiale. Il finale di stagione è di altissimo livello: ancora secondo in Canada e primo negli USA. Il mondiale 1979 ha consacrato un nuovo idolo delle folle, il 1980 sarà l’anno di Gilles. Almeno è quello che pensano tutti senza fare i conti con i problemi tecnici della Ferrari. La 312 T5 è la brutta copia della macchina che ha vinto il mondiale 79, le wing car spopolano, la Ferrari deve fare i conti con un motore boxer più largo e con una aerodinamica poco riuscita. Sarà un anno disastroso in cui Gilles non va oltre il quinto posto a Montecarlo e a Montreal, raccoglie un sesto posto in Belgio e in Germania. Eppure, nonostante tutto, in Canada compie un mezzo miracolo visto che si era qualificato in penultima fila e per finire al quinto posto ha fatto tanti di quei sorpassi che a fine corsa Gilles è distrutto. A Imola, in prova, la Ferrari fa debuttare il motore 90 Storie di F1 Periodico elettronico di informazione motociclistica turbo, in gara Gilles usa ancora la vecchia 312 T5 ma alla staccata prima della Tosa esce di pista violentemente. Macchina distrutta e pilota scosso. Il punto in cui è uscito, oggi si chiama curva Villeneuve. La stagione viene archiviata con la speranza che la nuova monoposto col motore turbo e aerodinamica da wing car, sia sufficiente per puntare al successo. Ma le prime tre corse sono piene di problemi, ritiri a ripetizione e solo un settimo posto a Imola. Uno sprazzo di luce, però, si vede al via del GP di Long Beach, quando Gilles è in testa al gruppo in fondo al rettilineo solo che arriverà talmente veloce da andare lungo e perdere le posizioni, ma almeno si è rivisto il Villeneuve combattente del 1979. Per scrivere la prima pagina del capolavoro della stagione 1981, Gilles sceglie il GP di Montecarlo. E’ la pista più stretta del mondiale, i motori turbo hanno un ritardo alla risposta all’acceleratore che Villeneuve sopperisce usando il piede sinistro sul freno e il destro sul pedale del gas, introducendo una nuova tecnica di guida. In testa alla corsa c’è Alan Jo- nes che sul finire comincia ad accusare problemi di alimentazione. Gilles non molla e a pochi giri dalla fine sorprende l’australiano infilandosi fra il guard rail alla sua destra e la Williams a sinistra in pieno rettilineo! «E’ nato Dio!» Alla fine è il trionfo e a Montecarlo le barche ormeggiate nel porto cominciano a suonare le sirene, aprendo una tradizione che fino a quel momento le aveva viste silenziose spettatrici. Da un balcone di fronte al box della Ferrari un appassionato prende un megafono e urla a squarciagola: «Suonate, suonate le sirene perché oggi è nato Dio!», segnale evidente dell’esaltazione generale di fronte a quel successo insperato. In Spagna due settimane dopo ci sarà un altro capolavoro: dopo una partenza al fulmicotone che da metà gruppo lo porta in testa alla prima curva, passando fra guard rail e linea bianca ben oltre la pista, Gilles resiste in testa alla corsa per 66 giri chiudendo tutti i varchi agli inseguitori. Vince tagliando la bandiera a scacchi senza rendersi conto di aver vinto perché in fondo al rettilineo si spegne il motore privo di benzina. Gilles è furente perché crede di aver perso la gara, invece è entrato nella storia perché Laffite, Watson, Reutemann e De Angelis non sono riusciti a scavalcarlo e hanno concluso in volata. La stagione 81 prosegue con alti e bassi. A Silverstone Gilles finisce in testacoda coinvolgendo anche De Cesaris che lo inseguiva. A Monza Villeneuve si ritira ma a Montreal mette in scena un altro capolavoro. Durante un tentativo di sorpasso tocca una vettura davanti a sé, l’ala anteriore si alza e gli impedisce la visuale, Gilles non molla e fra acrobazie di ogni genere, che ricordano quelle fatte in motoslitta, riesce a salire sul podio con la macchina priva di muso e piena di fango, raccolto in giro lungo la pista. L’anno finisce col ricordo dei due successi e la speranza che la Ferrari del 1982 sia migliore. E così è, solo che l’inizio di stagione viene caratterizzato dalle lotte politiche fra i costruttori, la FOCA e la federazione. Le squalifiche per Wil- liams e Brabham, le ripicche regolamentari che porteranno la Ferrari, a Long Beach, a schierarsi col doppio alettone e conseguente squalifica di Gilles che aveva finito al terzo posto. Fino a quando si giunge a Imola. La storia è nota: dapprima i piloti dovevano fare spettacolo per non deludere il pubblico. Infatti, al via c’erano solo 14 monoposto perché le squadre inglesi, per protesta, rifiutarono di venire a patti. Col ritiro delle due Renault in testa Villeneuve e Pironi si alternano al comando fino a quando dal box viene esposto il cartello “slow” che vuol dire rallentare, o come intende Gilles: tenere le posizioni. Pironi non ci sta e sorprende il compagno di squadra che, sul podio, si sente tradito dal compagno ma anche dalla squadra che non lo ha difeso. «E ora cercatevi un altro pilota» dirà furente ai box. Otto maggio 1982 Sarà una tragica profezia perché due settimane dopo, a Zolder, durante le qualifiche Gilles vuole vendicare il torto subito e non vuole perdere tempo. Decolla sulla March di Jochen Mass, chiude la sua storia con un volo drammatico, come lo aveva iniziato in Giappone. Stavolta per Gilles l’aviatore non ci sarà niente da fare. Alle 13,52 dell’otto maggio 1982 (ma il certificato di morte segna le 22,15) si chiude la storia di Gilles Villeneuve e comincia la sua leggenda. La leggenda del pilota che non si arrende mai, di chi una volta scoperto il limite lo deve superare. La leggenda di Gilles Villeneuve. «Un pilota che ha dato, aggiunto, tanta notorietà alla Ferrari. Io gli volevo bene», dirà Enzo Ferrari per ricordare il suo pilota. Amato dalle folle, odiato dai colleghi. Idolo dell’impossibile per i tifosi, un pazzo scatenato imprevedibile per chi ci correva insieme. La verità non la diranno mai, perché la leggenda e il credo popolare su Gilles Villeneuve è tale che ogni parola detta da chi ci ha corso insieme sarebbe inutile. E allora meglio il silenzio. Quel silenzio e quel rispetto che meritano gli eroi, quelli che contro tutto e tutti hanno imposto la loro ragione, a costo della loro vita. 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione motociclistica EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 REDAZIONE Ippolito Fassati Emiliano Perucca Orfei Matteo Valenti Maurizio Vettor Andrea Perfetti GRAFICA Thomas Bressani COLLABORATORI Massimo Clarke (Tecnica) Enrico De Vita Claudio Pavanello (Epoca) Alfonso Rago Antonio Gola COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto su Automoto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. Ne è vietata quindi ogni riproduzione, anche parziale, senza l’autorizzazione scritta di CRM S.r.l. 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