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Numero 78
15 Dicembre 2015
85 Pagine
Peugeot 308 GTI
by Peugeot Sport
Per papà veloci
Sotto il cofano lo stesso motore
della RCZ-R, che arriva sino a
272 cavalli
Periodico elettronico di informazione automobilistica
McLaren 570S
Don’t call me baby
In listino a 186.500 euro la nuova
entry level della Casa di Woking
rappresenta una valida alternativa
ad Audi R8 e Porsche 911 Turbo
Pneumatici
Gomme invernali
Tutti i luoghi comuni, dai SUV
al rischio multe
| PROVA SU STRADA |
Volvo XC90
T8 Plug In Hybrid
da Pag. 2 a Pag. 13
All’Interno
NEWS: Nuova Mercedes Classe E | Ferrari 458 Italia | Fiat Tipo hatchback | Fiat 124 Spider | Volvo S90
F1: Spy story Ferrari | McLaren MP4-X | RALLY: Dakar 2016 Peterhansel: «La Dakar è ancora una cosa bella!»
PROVA SU STRADA
VOLVO XC90 T8 PLUG IN HYBRID
Altro che V8
Anche Volvo si lancia nel mondo dell’ibrido plug in e
lo fa in grande stile con la XC90 T8 Twin Engine.
Le prestazioni sono da capogiro e i consumi possono
diventare davvero molto contenuti. Peccato solo
per il peso
di Matteo Valenti
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Media
tradizionali benzina o diesel. Oltre all’immancabile badge sul portellone posteriore, dove spicca
il logo “Twin Engine”, ad indicare la presenza dei
due motori, quello elettrico e quello termico, si
può notare uno sportellino aggiuntivo sul passaruota anteriore. È qui che si nasconde il famigerato spinotto per ricaricare le batterie attraverso
l’apposito cavo di corrente. Per il resto la XC90 è
quella di sempre, con grandissima qualità negli
assemblaggi e un abitacolo da sogno, capace di
mettere a proprio agio proprio come se ci si trovasse nel tipico salotto svedese, caldo, morbido
e accogliente. Trattandosi poi di una versione al
top, la T8 viene offerta solo ed eslusivamente
nella versione a sette posti.
Twin Engine: com’è fatto il
plug in hybrid “AWD”
Per realizzare il loro ibrido plug in gli ingegneri
Volvo si sono rivolti ad uno schema “a trazione
integrale”, simile nell’impostazione all’HYbrid 4
del Gruppo PSA. Davanti troviamo un motore 2.0
A
bbiamo già conosciuto in
ogni dettaglio la nuova Volvo
XC90. Ma oggi, a pochi mesi
dal lancio sul mercato italiano, è arrivato il momento di
scoprire da vicino una versione inedita, che arriverà nelle concessionarie
soltanto la prossima primavera. Stiamo parlando della T8, ovvero della variante plug in hybrid.
Quindi di un’ibrida che si può ricaricare anche
attraverso la normale presa domestica e che va
a posizionarsi immediatamente al top di gamma,
con prezzi a partire da 78.950 euro (la versione
“base” D4 a gasolio parte da 52.550).
XC90 T8: issate la bandiera
svedese
La nuova XC90 T8 infatti è il gioiello tecnologico
dell’intera famiglia. È il modello per eccellenza,
4
Drive-E benzina a quattro cilindri sovralimentato, in grado di erogare 320 CV e 400 Nm. Questa
unità è abbinata ad un cambio automatico Aisin
con convertirore di coppia a otto rapporti e genera motricità esclusivamente per le ruote anteriori. Il motore elettrico da 87 CV invece è stato
piazzato al retrotreno e scarica la sua potenza
solo e soltanto sulle ruote posteriori. In questo
modo si ottiene un sistema AWD, visto che la
motricità viene applicata su tutte e quattro le
ruote, anche se di fatto non c’è alcun tipo di collegamento meccanico tra avantreno e retrotreno, come avviene su tutte le vetture a trazione
integrale di tipo “tradizionale”. Anzi, al posto del
classico albero di trasmissione in questo caso
troviamo il pacco batterie, posizionato al centro, longitudinalmente e il più in basso possibile
per migliorare la distribuzione dei pesi. Si tratta
di accumulatori agli ioni di litio realizzati da LG
Chem con una capacità di 9,2 kWh che vanno
ad aggiungere circa 120 kg al peso complessivo della vettura e che dovrebbero garantire una
quello che incarna tutto il know-how e la migliore tecnologia maturata da Volvo in questi ultimi
anni. La bandiera che gli Svedesi innalzano sul
mondo dell’automobile per annunciare ai concorrenti più temuti di sempre – Mercedes, Audi
e BMW in testa – che sono tornati e che adesso,
dopo gli anni controversi sotto il cappello della
Ford, fanno veramente sul serio. La T8 infatti è la
risposta in salsa squisitamente svedese alle SUV
plug in di grossa taglia. Da un lato dovrà vedersela con l’Audi Q7 e-tron 3.0 TDI e Range Rover
Sport Hybrid, le uniche che sfruttano un motore
diesel, dall’altra con BMW X5 xDrive40e, ma anche con Mercedes GLE 550e e Porsche Cayenne
S E-Hybrid.
Dal vivo: come riconoscerla
Solo un occhio particolarmente attento saprà
riconoscere l’ambita versione T8 da quelle più
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
urbano e visto che abbiamo le batterie belle cariche decidiamo di viaggiare in elettrico (“Pure”),
per vedere quanta strada riusciamo a percorrere
senza ricorrere alla benzina. Adottiamo uno stile di guida ultra-rilassato e ci godiamo il silenzio
assoluto, coccolati al massimo da tutti i comfort
della XC90. E fa quasi impressione veder muovere un “bestione” come la XC90 – la lunghezza
sfiora i 5 m – in tutta scioltezza e nella massima
silenziosità. Dopo 22,5 km la carica delle batterie
è esaurita. Non è bastato quindi il “piede piuma”
per eguagliare il dato dichiarato dalla Casa (43
km), anche se per un SUV full size con questo
peso (la T8 va oltre i 2.330 kg) non è un risultato
da sottovalutare. Del resto abbiamo concluso il
nostro giro di 54 km con un media di 5,1 l/100 km
(dato del computer di bordo). Un valore strabiliante per un SUV con valori di potenza da capogiro come la T8, reso possibile proprio dai 22 km
“elettrici” con cui abbiamo ammortizzato il dato
di consumo finale. Purtroppo non abbiamo potuto effettuare un test più approfondito a batterie
scariche, per scoprire di cosa sia capace la XC90
quarantina di km di autonomia in elettrico. Complessivamente questo complesso powertrain è
in grado di produrre 407 CV di potenza e 640
Nm di coppia. Valori che fanno sembrare il V8 a
benzina della precedente generazione (315 CV e
440 Nm, nda) un vero dinosauro.
Integrale, anteriore o posteriore?
Ad essere precisi però la XC90 T8 non è una vettura a trazione integrale permanente. O meglio,
non sempre. La SUV ibrida Volvo infatti permette di selezionare diverse modalità di guida, che
vanno ad incidere notevolmente sulle riposta
della vettura. In “Pure” per esempio la XC90
diventa un’elettrica al 100% e in questo caso si
trasforma in una vettura a trazione posteriore
visto che il motore alimentato a batterie agisce
solo al retrotreno. In “Hybrid” invece vengono sfruttati entrambi i motori, nell’ottica della
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Twin Engine in modalità ibrida. Basta un rapido
calcolo però, escludendo la distanza percorsa in
elettrico, per accorgersi che con il T8 si riescono
a percorrere tranquillamente circa 11 l/100 km.
Un valore lontano anni luce dal migliore che si
poteva ottenere con il vecchio V8 a benzina.
Prestazioni su, consumi giù
Per il resto la XC90 plug in è un vero portento
in termini di prestazioni. La foga inesauribile del
2.0 litri sovralimentato, unità allo spunto ineguagliabile del motore elettrico regala, in qualsiasi
momento, accelerazioni brucianti, che rendono
la XC90 estremamente reattiva. Con uno scatto
da 0 a 100 km/h in 5,6 secondi infatti le prestazioni parlano un linguaggio più vicino a quello
delle sportive che degli Sport Utility. Il tutto è
ben amalgamato dall’automatico a otto marce,
che non avrà l’immediatezza e il feeling di uno
ZF longitudinale, ma si difende egregiamente,
con logiche di gestione ben studiate e grande
velocità di esecuzione. L’unica nota ci sentiamo
di avanzarla nei confronti del peso che, anche se
massima efficienza. Quando si viaggia in elettrico, per esempio nelle ripartenze, si usano soltanto le ruote posteriori, mentre quando interviene il
motore termico si genera motricità anche davanti e in questo caso la XC90 si trasforma temporaneamente in una vettura a trazione anteriore
o integrale. Scegliendo “Power” oppure “AWD”
invece si ottiene una trazione integrale vera e
propria, con tutte e quattro le ruote impegnate a
generare motricità e a dare il massimo in termini
di prestazioni.
Le nostre impressioni di guida
Diamo vita alla XC90 attraverso la fascinosa leva
centrale. Il quadro prende vita ma non sentiamo
alcun rumore provenire dal cofano. La T8 del resto si avvia di default in modalità “Hybrid”, quindi
per muovere i primi passi utilizza esclusivamente il motore elettrico. Ci aspetta un percorso
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ben distribuito, c’è e si fa sentire, specialmente
quando si alza il ritmo di guida. Senza contare
che una volta esaurita la carica della batteria si
finisce per viaggiare a benzina con circa 200 kg a
peso morto sulle spalle (120 kg di batterie a cui si
aggiungono i sistemi elettrici). Un frangente che
si verifica specialmente quando si procede a velocità costante (per esempio in autostrada) dove
non si possono sfruttare i vantaggi del sistema
ibrido. La XC90 T8 quindi, come tutte le ibride
plug in, si conferma, nonostante le dimensioni
importanti, un’auto adatta per spostamenti quotidiani non troppo estesi, perchè solo sfruttando
al massimo le possibilità di ricarica si riescono ad
ottenere valori di consumo strabilianti.
Conclusioni
Anche Volvo si lancia nel mondo dell’ibrido plug
in e lo fa in grande stile con la XC90 T8. Il powertrain rappresenta il miglior traguardo tecnologico raggiunto da Volvo negli ultimi anni e regala
prestazioni che non fanno invidiare nemmeno
per un istante il vecchio V8 aspirato. Con consumi che, soprattutto sfruttando al massimo la
possibilità di ricarica, possono diventare veramente contenuti considerate le dimensioni e i
valori di potenza in gioco.
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PEUGEOT 308 GTI BY PEUGEOT SPORT
Per papà veloci
Peugeot prova a stupire con questa 308 GTI
by Peugeot Sport. Sotto il cofano abbiamo lo
stesso motore della RCZ-R, che arriva sino a 272
cavalli di potenza. Ben rifiniti gli interni, anche
se il sound...
di Emiliano Perucca Orfei
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Media
C’
è una vettura sopra
ad ogni altra che ha
dimostrato come Peugeot sappia realizzare
delle ottime sportive
stradali oltre che dei
prodotti strettamente racing tra i più veloci e
desiderati nell’universo delle corse. Parliamo
naturalmente della RCZ-R che con il suo millesei da 271 CV ha portato in concessionaria, ad
un prezzo ragionevole, una tecnologia motoristica in linea a quella delle ultime Ferrari turbo:
170 i CV/litro del V8 della 488 GTB e 171 quelli
della coupé transalpina. Numeri da brivido che
la Casa del Leone ha scelto di non limitare più
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solamente alla pensionanda (peccato) RCZ introducendoli prepotentemente nella gamma
della 308 berlina con due livelli di potenza massima: 250 CV, 32.650 euro a misura di mercato
italiano, e 272 CV nella più raffinata versione “full
power” da 35.150 euro. Due livelli di potenza, due
livelli di prezzo (e di bollo), ma anche di dotazione: la “standard”, si fa per dire, offre i cerchi da
18”, i sedili sportivi rivestiti in Alcantara, il clima
bizona ed il sistema multimediale con radio e
navigatore. Quella più “tosta”, invece, amplia il
pacchetto con l’introduzione del differenziale
autobloccante Torsen anteriore, i dischi freno
sportivi da 380 mm (contro 330 mm), le ruote
da 19” (gommate 235/35), i sedili supersportivi
e la possibilità di disattivare completamente l’ESP, comunque già rivisto nella taratura rispetto
allo standard. Come la 208 GTI 30th Anniversary
e la successiva by Peugeot Sport anche la 308
più cattiva offre la tinta bicolore rosso/nero con
un plus di 1.600 euro. L’estetica delle 308 GTI
by Peugeot Sport rimane piuttosto sobria ma gli
elementi sportivi non mancano: i due grandi tubi
di scarico, ad esempio, si fanno notare...come si
fanno notare le minigonne sottoporta, le pinze
freno rosse (solo per la 272 cv), le paratie frontali
e la calandra dedicata. Anche all’interno le novità
ci sono ma rimangono nel segno della sobrietà:
nuovi sono il pomello del cambio e la pedaliera
in alluminio, i già citati sedili (differenti in base al
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Peugeot Sport pesa 1.280 kg in ordine di marcia
ed offre spazio per cinque persone oltre che 420
litri di bagagliaio.
Dal vivo: com’è fuori
A meno di non scegliere la versione bicolore,
la 308 GTI by Peugeot Sport nelle sue tinte più
“normali” rimane una vettura piuttosto sobria: il
concetto, è evidente, è quello di offrire ai familyman una vettura in grado di offrire prestazioni
estremamente elevate ed una guidabilità degna
di Peugeot Sport in un contenitore che permetta
di non farsi troppo notare quando si va al mare
con la famiglia o si percorre quotidianamente il
percorso casa lavoro. Di certo i motivi per esserne soddisfatti anche sotto il profilo estetico
non mancano: la 308 vanta una linea moderna e
livello di potenza), il volante ridotto (351 mm) con
comandi e anello superiore rosso firmato GTI e
la strumentazione, sempre analogica con il contagiri che ruota in senso antiorario ma dotata di
un inedito fondo in simil fibra di carbonio. Le prestazioni sono interessanti per entrambi i livelli di
potenza: la 250 CV passa da 0 a 100 km/h in 6,2
secondi sfrecciando sotto al muro del km dopo
25,6 secondi mentre la 271 CV lima lo 0-100 fino
a 6 secondi netti e copre il km con partenza da
fermo in 25,3. 250 km/h per entrambe le versioni la velocità massima. Tantissime le modifiche
che hanno trasformato le “normali” 308 in 308
GTI by Peugeot Sport: le sospensioni, innazitutto, non solo sono state ribassate (-1,1 cm) ma lavorano in accoppiamento a degli ammortizzatori
più rigidi, ad una campanatura maggiormente
negativa (sia davanti che dietro) e ad una barra antirollio posteriore più rigida. Tra le novità
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piuttosto riuscita ed i dettagli di derivazione RCZ
R, come il doppio scarico posteriore, l’assetto o i
cerchi di generose dimensioni, fanno comunque
capire che quella 308 è tutto tranne che normale...
Dal vivo: com’è dentro
Il concetto di sobrietà espresso fuori si riflette
anche dentro: rispetto alla RCZ R manca la plancia rivestita in pelle ma sostanzialmente la cura
per il dettaglio che i tecnici Peugeot hanno adottato per la loro coupé si riflette anche nell’arredamento della 308: eccezionali i sedili della
272 CV, davvero comodi, belli da vedere ed allo
stesso tempo super contenitivi, e come al solito
piacevole l’impostazione del posto di guida. Il volante di piccolo diametro sagomato e rivestito in
anche la larghezza della carreggiata (157 cm davanti e 155 dietro), la taratura del servosterzo ma
anche del cambio che anche rispetto alla RCZ R
offre alcune differenze tra cui la rapportatura
della seconda e della terza marcia, ora più lunghe. Il motore non ha, invece, particolari differenze da quello della R se non nella linea di scarico:
rispetto ad un normale THP da 200 CV ci sono
nuovi pistoni forgiati, bielle e cuscinetti specifici
e collettore di scarico ridisegnato. Diversa anche
la turbina, maggiorata, e rivista nella geometria.
1.598 cc, il quadricilindrico la cui base nasce da
una partnership con BMW negli anni 2000 eroga
la potenza massima a 6.000 giri a fronte di un
picco di coppia massima di 330 Nm a 1.900 giri.
Nonostante le prestazioni i consumi dichiarati
parlano di 16,7 km/litro mentre il livello di emissione di CO2 è di 139 g/km. Lunga 425 cm, larga
180 ed alta 144 (passo 265) la nuova 308 GTI by
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scarica a terra tutta la sua forza permettendosi
di allungare ben oltre i 6.500 giri, dove è fissata la zona rossa. Una spinta davvero corposa,
quasi stupefancente considerando cos’erano i
motori millesei di cilindrata solo 10 anni fa, che
permette di divertirsi e di guidare in modo davvero sportivo tra le curve, meglio se assistiti dal
differenziale autobloccante della versione più
potente: certo, questo accessorio richiede una
guida più accorta perché si manifesta qualche
reazione in più sullo sterzo e la vettura accelera forte anche laddove la normale pattinerebbe,
ma la determinazione con la quale permette di
mettere a terra tutta la potenza val bene un po’ di
concentrazione in più su quello che si sta facendo. Una meccanica davvero molto efficace, quasi
estrema nella versione più potente, ben assistita
da un reparto sospensioni che stupisce per efficacia: la 308 GTI by Peugeot Sport non è secca
e rigida come altre sue rivali ma dipinge curve e
pelle da Peugeot Sport ha il suo perché come del
resto la strumentazione rialzata, anche se alcuni
automobilisti lamentano una non completa visibilità della strumentazione. Comoda per quattro persone e tutt’altro che poco ospitale con il
quinto la 308 GTI by Peugeot Sport conserva le
caratteristiche peculiari della 308 anche in termini di spazio a bordo - generoso il bagagliaio - e
di multimedialità con lo schermo da 7” al centro
della plancia protagonista della maggior parte
dell’interazione tra l’uomo e la macchina: quasi
tutti i comandi, infatti, sono stati tolti dalla plancia ed integrati nel software del “navigatore” per
rendere lo stile più pulito ed in linea con le esigenze di modernità e semplicità gli stilisti Peugeot volevano assicurare alla loro segmento C.
Come si guida
Una volta entrati a bordo della 308 GTI si percepisce immediatamente che alcune cose sono
cambiate rispetto alle versioni tradizionali: il
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volante vanta un’impugnatura davvero molto
sportiva e piacevole, come sulla 208 GTI, così
come il sedile mette davvero a proprio agio sia in
termini di confort che di contenimento laterale.
La strumentazione appare subito più aggressiva,
grazie al carbonio ed al fondoscala “psicadelico”, così come è molto piacevole l’impugnatura del pomello del cambio in alluminio, che ha
però il difetto di diventare incandescente d’estate... L’avvio del motore è fluido e regolare e,
come su RCZ R, anche su 308 GTI by Peugeot
Sport quello che stupisce sin dai primi metri è
la facilità con il quale il millesei si porta a spasso vettura anche utilizzando marce molto alte:
già dai 50 km/h è possibile mettere la sesta
ed utilizzare la vettura quasi avesse un cambio
automatico. Magie dell’elettronica e dei turbo
di nuova generazione. Come la R la spinta del
propulsore inizia però a farsi interessante e violenta una volta superati i 2.500 giri: oltre questo
confine, fino a 5.500, il quadricilindrico Peugeot
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punta alla corda con una efficacia davvero entusiasmante, il tutto assicurando nella normale
guida cittadina quel pizzico di confort in più che
non fa mai pentire di averla acquistata... Dove la
308 GTI by Peugeot Sport manca, invece, è nel
suono: la bella voce del millesei turbo francese,
infatti, è stata sacrificata sull’altare del confort
di bordo e rispetto alla RCZ R la sensazione di
sportività e prestazione estrema arriva in modo
decisamente più filtrato. Vero c’è il tasto Sport
ma in questa modalità il suono viene generato in
modo artefatto attraverso l’impianto audio e la
cosa, se da un lato è comprensibile per questioni
di confort, dall’altro lascia un po’ d’amaro in bocca. Bassi, in relazione alle prestazioni, i consumi:
senza esagerare troppo sul gas la 308 GTI by
Peugeot Sport conferma sostanzialmente quanto di buono dimostrato dalla RCZ R. Con un po’
di riguardo di possono percorrere anche 13 km/
litro con la versione da 272 CV.
In conclusione
La nuova Peugeot 308 GTI by Peugeot Sport è
una vettura dalle prestazioni molto elevate, dalla qualità costruttiva elevatissima e dal prezzo
interessante relativamente alla performance.
Peccato solamente per la voce, che almeno nella
versione da 270 CV avrebbe potuto essere più
presente.
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PROVA IN PISTA
MCLAREN 570S
Don’t call me baby
In listino a 186.500 euro la nuova entry level della
Casa di Woking rappresenta una valida alternativa ad
Audi R8 e Porsche 911 Turbo. Estremamente piacevole
da guidare vanta un motore eccezionale ed un livello
tecnologico da riferimento
di Emiliano Perucca Orfei
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F
orse nemmeno un manager
lungimirante come Ron Dennis
poteva pensare che quell’estate
del 1980 il suo team di F1, attraverso la genialità del progettista
John Barnard, stava cambiando
il modo di concepire l’automobile. Non parliamo
solamente di monoposto da corsa ma anche di
prodotti di serie più o meno sportivi che, con
l’abbassarsi dei prezzi, stanno facendo posto
alla leggerezza, alla robustezza ed alla modellabilità della fibra di carbonio in luogo delle soluzioni metalliche - acciaio o alluminio - di precedente
generazione. McLaren, dunque, sulla lavorazione delle fibre composite è sempre stata “molto avanti” e già nel 1992 fece vedere al mondo
cosa si poteva fare con questa soluzione anche
in ambito stradale: la F1 stradale motorizzata
V12 BMW, infatti, era sì una supercar di livello
30
Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
dicevamo. Questo è l’elemento chiave di tutte le
McLaren e lo è anche nella nuova 570S perché
prima di tutto contribuisce in modo determinante a rendere prestazionalmente efficiente la
vettura: pur offrendo un valore di rigidità torsionale superiore del 25% rispetto ad una pari soluzione in alluminio, infatti, il peso dell’elemento
portante (75 kg) contribuisce nel raggiungimento di quello che appare come un valore di peso
record per la categoria: 1.313 kg contro i 1.454
della principale rivale, la Audi R8. Un risultato,
quello del contenimento del peso, che in McLaren sono riusciti ad ottenere pur introducendo
alcune semplificazioni nella costruzione della
vettura rispetto alla 650S: numerose parti della
carrozzeria, tra cui cofano anteriore e posteriore e zona inferiore della porta, sono realizzate
in un più “economico” alluminio rispetto al più
sofisticato “fullcarbon” delle versioni superiori.
In McLaren hanno tenuto conto delle esperienze
“stradali” dei clienti che già posseggono una 12C
(o derivata) per non dimenticare nulla di quanto possa essere utile per godere di una supercar
nell’uso quotidiano: il bagagliaio anteriore, ad
esempio, è stato ampliato a 150 litri (c’è un po’
di spazio anche dietro ai sedili), è aumentata la
visibilità anteriore e posteriore, è migliorata l’ergonomia dei comandi e, non ultima, è stato migliorato l’accesso alla vettura per mezzo di una
diversa geometria della vasca in carbonio in termini di larghezza del brancardo ma soprattutto
nella zona del passaggio piedi. Tanto per comprendere la cura con cui a Woking hanno sviluppato l’inedito approccio stradale della loro coupé
i vertici McLaren ci tengono anche a sottolineare
come per la prima volta sia stato sviluppato uno
specifico sistema (è leggerissimo...) audio Bowers & Wilkins con 12 altoparlanti e 1.280 W di
potenza. 188 ore di lavoro attraverso 72 stazioni
di montaggio e 9 postazioni di controllo, la 570S
alla stregua delle altre McLaren conta sul lavoro
di 370 persone che nella sede di Woking lavorano
assoluto ma rappresentava il primo passo di
un progetto molto più ampio e che, proprio facendo leva sul know-how del carbonio e dei
mondiali vinti nella massima serie, nel 2009 ha
portato alla fondazione di McLaren Automotive.
Segreti di raffinatezza, quelli appena citati, che
nelle ultime McLaren si concretizza in decine di
dettagli ma principalmente in una sofisticatissima “vasca” in carbonio portata al debutto dalla
MP4-12C nel 2011 ed evoluta nelle nelle recenti
650S e 675 LT (Super Series) passando per le
incredibili supercar P1 e P1 GTR da 1.000 CV della Ultimate Series. Oggi quella stessa struttura
trova posto nelle nuove entry level Sports Series
540C e 570S, anche se con alcune interessanti
modifiche rispetto a tutte le altre declinazioni
precedenti: questo perché le Sports Series nascono con un approccio leggermente più stradale rispetto a tutte le altre. La vasca in carbonio,
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Valori di consumo ed emissione interessanti vista la cilindrata ed il numero di cilindri, resi possibile da una riprogettazione del motore (30%
delle componenti sono nuove), dalla presenza
del sistema Start-Stop e da un accoppiamento
con un cambio a sette marce con tecnologia Seamless SSG progettato anch’esso a Woking ma
realizzato in Piemonte dalla Graziano. Il cambio,
oltre ad essere molto sofisticato da un punto di
vista meccanico, viene pilotato da un sistema
elettronico progettato anch’esso direttamente
da McLaren che prevede un taglio dei cilindri in
fase di cambiata ed un sistema Inertia Push che
permette di sfruttare al meglio l’energia generata dal propulsore. Non viene utilizzato, come da
tradizione McLaren, il differenziale autobloccante: al suo posto un sistema elettronico che agisce frenando singolarmente. Le prestazioni, con
sodo per offrire ai clienti delle Sports Series due
diversi allestimenti - Sport o Luxury - ma anche
un livello di personalizzazione davvero eccezionale: alla stregua dei modelli superiori il concetto di tailor made viene replicato per numerosi
dettagli, a partire dai colori di interni ed esterni,
anche sulle 540C e 570S. Per l’evoluzione della
propria gamma McLaren non ha badato a spese
e sembra non voler badare nemmeno in futuro:
nel 2015 sono stati stanziati 120 milioni di sterline (+30%) per permettere al team di sviluppo
di battezzare soluzioni e portare avanti test che
hanno preso il meglio del know-how Mercedes
negli anni in cui le due aziende hanno lavorato
assieme per il prodotto stradale (SLR): fino ad
oggi sono stati percorsi dai prototipi di Woking
più di 1.500.000 di km in ambienti con temperature da -30 a +50. Futuro roseo? Così sembra,
anche perché l’obiettivo di raggiungere il target
di 4.000 auto l’anno è vicino e lo sarà ancor di
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numeri del genere, sono ovviamente di altissimo
profilo: 328 km/h il picco di velocità massima
mentre lo 0-100 km/h avviene in 3,2 secondi
e lo 0-200 in 9,5. Rispetto alla superiore 650S
la 570S mantiene lo sterzo con servoassistenza elettroidraulica e rapportatura variabile - la
pompa alimenta anche front-lift system per il
superamento di ostacoli o rampe senza contatti
col muso - e viene mantenuta la fornitura Pirelli
per quanto concerne gli pneumatici 225/35R19
anteriori e 285/35R20 posteriori della gamma
PZero Corsa. L’impianto frenante prevede dischi carboceramici 394mm x 36mm e 380mm
x 34mm morsi da pinze PFC a sei e quattro pistoncini mentre il reparto sospensioni prevede
un’architettura a doppio triangolo in stile F1 con
ammortizzatori regolabili nella taratura (fissa
per ogni modalità a differenza del sistema attivo
più quando si affiancherà un nuovo modello alle
già attese versioni cabrio delle Sports Series: di
sicuro non sarà un SUV e nemmeno una rivale
della Porsche Cayman o dell’Alfa Romeo 4C, assicurano in McLaren, ma attendersi qualcosa di
molto diverso rispetto a quanto visto sino ad oggi
è auspicabile.
3.8 litri biturbo da 562 CV
428 CV per tonnellata, la 570S porta su strada
un’evoluzione del motore da 3.8 litri già utilizzato
sulle altre McLaren: si tratta di un otto cilindri a
V di 90° sovralimentato per mezzo di un doppio
turbocompressore (M838TE) capace di una potenza massima di 562 CV a 7.400 giri e 600 Nm
di coppia costante tra i 5.000 ed i 6.500 giri. Progettato da McLaren (più di 60 persone lavorano
al progetto) e prodotto in Inghilterra da Ricardo
la 570S richiede 10,7 l/100 km nel ciclo combinato ed emette una media di 249 g/km di CO2.
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della 650S e superiori) in funzione della modalità di guida scelta. Le modalità prevedono Normal, Sport e Track per la dinamica del telaio e le
stesse tre opzioni per la risposta del motore e del
controllo della stabilità.
Dal vivo: com’è fuori
La 570S, nonostante condivida con i modelli superiori gran parte degli elementi che ne determinano poi i volumi, appare dal vivo notevolmente più compatta rispetto alla sorella maggiore
650S. Il lavoro svolto dagli stilisti di Woking è
stato dunque davvero eccezionale e, che piaccia o non piaccia, la nuova McLaren si propone
come un’auto personale nel look ed immediatamente riconoscibile. Di grande presenza scenica l’apertura delle porte verso l’alto così come
l’estetica di alcuni elementi tecnici a partire dal
motore in vista sotto la griglia per arrivare ai
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Prove
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dischi carboceramici e le pinze anteriori a sei
pompanti. Rispetto alla 650S è evidente la mancanza di un pacchetto aerodinamico studiato per
rendere più performante la guida alle alte velocità: una soluzione studiata per contenere i costi ma soprattutto un effetto voluto per rendere
meno “evidente” la vettura nell’uso quotidiano.
Dal vivo: com’è dentro
Le differenze dalla 650S oltre ad essere abbastanza evidenti fuori si notano in particolar modo
dentro, già a partire da quando si apre la porta
e si prende posto nell’abitacolo. Nell’adattamento della mitica vasca in carbonio, infatti, i tecnici
di Woking hanno capito che avrebbero dovuto
trovare il modo di rendere più facile l’accesso
a bordo riuscendoci con una diversa geometria
della zona laterale. Ora salire e scendere dalla
vettura non è ancora a livello di quello di un’auto
“normale” come la 911 ma le differenze rispetto
alla 650S sono notevoli e certamente più in linea
con le esigenze di una clientela che cerca una
supercar esclusiva ed in grado di essere guidata
ogni giorno. Gli interni della 570S sono curati nel
dettaglio, anche per quanto concerne l’installazione dell’ottimo sistema audio B&W, ma quello
che stupisce è l’ergonomia: la seduta è letteralmente perfetta grazie ad una triangolazione volante, pedaliera, sedile davvero da riferimento
per la categoria. Ci si sente avvolti nell’abitacolo
e questa sensazione permette di godersi la guida della vettura in qualsiasi frangente, sia che
esso sia un andare a passeggio sia che si tratti
di spingere al limite. Belli i comandi, piacevole
l’impugnatura del volante (che fa il volante e non
il computer di bordo), molto piacevole il suono
del click del leveraggio del cambio, che offre un’idea di grande solidità. Lo spazio a bordo non è
“incredibile”, ma ce n’è a sufficienza per appoggiare un telefono sotto la plancia ed una borsa
dietro ai sedili, mentre per quanto concerne il
trasporto bagagli è evidente come in McLaren
siano riusciti a fare un ottimo lavoro nella zona
anteriore, dove è possibile stivare un trolley più
una borsa. Il tutto senza farsi mancare una presa
12V, fosse mai utile. La multimedialità di bordo
è uno degli aspetti su cui in McLaren hanno lavorato di più: rispetto al sistema “inutilizzabile”
della 12C quello della 570S offre un software
decisamente più a punto ed in grado di far lavorare molto bene lo schermo da 8” disposto
verticalmente. Si tratta di un sistema studiato,
nemmeno a dirlo, completamente da McLaren
e finalmente a punto anche per quanto riguarda la navigazione e le funzionalità di contorno,
come quelle di riproduzione musicale via USB
o in streaming Bluetooth. Interessante anche la
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strumentazione: come sulla P1 McLaren sceglie
di abbandonare lo strumento analogico centrale
per fare posto ad una soluzione digitale completa. Non siamo a livello del sistema MMI proposto
da Audi su R8 e le grafiche dedicate ai diversi driving mode sono solo due. Ma sono ben leggibili
e complete.
Come si guida
Mentre ci si avvicina alla 570S si capisce già di
che pasta è fatta la vettura ed una volta aperta
la porta, con questo movimento che fa molto “ritorno al futuro”, tutte le sensazioni iniziali vengono confermate. La posizione di guida fa capire
immediatamente che la vettura può comportarsi
alla stregua di uno strumento ginnico ma allo
stesso tempo appare comoda ed in grado di non
spezzare la schiena in un lungo viaggio. Come se
non bastasse dall’impianto audio B&W la musica
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esce che è un piacere ma preferiamo spegnerla
fidandoci di quanto raccontato dai tecnici McLaren la sera prima relativamente al sound del V8.
Preferiamo così spegnere l’audio lasciando solamente la voce del navigatore che ci guiderà lungo
il percorso. Una volta premuto lo start il motore V8 da 3.8 litri prende vita e la sua voce si fa
sentire all’interno dell’abitacolo, ma con discreto
garbo: la stessa discrezione con cui qualche leggera vibrazione arriva piacevolmente su sedile
e volante anticipando che la 570S può essere
dolce ma allo stesso tempo incontenibilmente
assetata di curve. Dentro la prima lasciamo l’albergo in modalità completamente automatica,
anche per quanto concerne le modalità di guida
che per il momento affidiamo completamente al
sistema di controllo della gestione dinamica: la
570S si muove con un filo di gas, in modo semplice. Sembra di guidare una qualsiasi utilitaria, con
cambiate morbide e senza sussulti ad ogni richiamo sul gas. Il tutto accompagnato da un
sound piacevole, mai invadente, e ben assistiti
da sistemi come il sollevatore dell’avantreno
che permette in pochi istanti di alzare la vettura
e passare su rallentatori o affrontare forti pendenze (la rampa di un garage ad esempio) senza
lasciare a terra del prezioso carbonio... Andare a
passeggio con la 570S è dunque davvero molto
piacevole: si può dire che il confort di bordo sia
del tutto in linea a quello di una R8 o di una 911
con la differenza, rispetto alle altre due, di avere
alcuni assi nella manica in termini di sportività.
Una volta abilitato il tasto active, infatti, prendiamo possesso della vettura anche sotto il profilo
dinamico ed iniziamo a scoprire un’anima diversa, molto vicina a quella della sorella maggiore
650S. Passando da Normal a Sport nell’impostazione della dinamica del telaio, infatti, si nota già
una diversa impostazione delle sospensioni e dei
controlli di stabilità, a tutto vantaggio del piacere di guidare: la 570S inizia a dimostrare il suo
DNA e le curve scorrono via a velocità davvero
incredibili. Non parliamo solamente di curvoni
veloci, in cui la baby di Woking dimostra grande
sicurezza, ma anche di cambi di direzione in cui
vetture di pari potenza spesso sembrano essere più impacciate: la 570S si dimostra sempre
facile ma allo stesso un punto di riferimento in
termini di agilità. Dove stupisce, però, è in modalità Track: certo la taratura delle sospensioni
è forse un po’ troppo rigida per un uso stradale “normale” ma quando si va forte davvero si
percepisce immediatamente un forte sostegno
da parte della ciclistica e si apprezza al meglio
il potenziale degli strumenti ad essa collegati.
Lo sterzo, per intenderci, è davvero comunicativo e fa sentire tutto quello che “passa sotto”
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le ruote senza essere fastidiosamente pesante
ma allo stesso tempo anche il reparto frenante
stupisce per potenza ma allo stesso tempo per
modulabilità nella prima fase di corsa del pedale.
Un elemento, quest’ultimo, davvero unico per un
sistema frenante con dischi carboceramici che
appare davvero ben integrato con il sistema ABS
di derivazione Bosch ma personalizzato nel software di intervento da McLaren. Il più interessante dei due manettini sulla plancia, però, è quello
relativo alle posizioni Normal, Sport e Track del
motore: si trova esattamente a fianco di quello
del telaio e ad ogni scatto offre un nuovo modo
di concepire la vettura. In Normal, come dicevamo, il V8 è facile e sornione. Per farlo scatenare
bisogna stuzzicarlo ma tendenzialmente è predisposto per non soffire l’uso cittadino. In Sport le
cose cambiano radicalmente: la risposta ai comandi del gas si fa decisamente più immediata
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ed il sound che entra nell’abitacolo inizia a farsi
decisamente più presente: sarà che ora il cambio
in modalità automatica ha iniziato a spostare le
cambiate decisamente più in alto. Ma la vera anima della vettura, come del resto per l’impostazione elettronica del telaio, viene fuori quando si
sceglie track: la risposta è immediata, l’accelerazione si fa brutale ed il V8 dimostra di gradire
anche i regimi più elevati nonostante la presenza
dei turbocompressori. Gira comodamente ben
oltre gli 8.000 giri ed è veramente un gusto sentirlo cantare alle spalle con le turbine che soffiano accompagnando l’ascesa del contagiri verso
la zona rossa fissata a quota 9.000. Un regime
incredibile, da aspirato, che può fare comodo in
pista per non cambiare marcia tra una curva e
l’altra ma verso il quale non conviene spingersi
se si ha a disposizione ancora qualche rapporto
nel cambio... Il sette rapporti seamless, infatti, è
sì morbido quando si va piano ma diventa una
fucilata quando si spinge offrendo una velocità
di cambiata ed un feeling di guida superiore a
quello del DSG della R8 o il PDK della Porsche:
un cambio (made in Italy) davvero eccezionale,
da corsa per quanto riguarda l’efficacia, al quale è davvero un piacere appellarsi per andare
alla ricerca di coppia a regimi più bassi quando
si spinge o del rapporto perfetto per affrontare
una curva quando si scala. Il tutto ben assistito
da un comando al volante che è davvero un gusto da utilizzare. Dove la vettura ci ha stupito di
più nella fase di guida sportiva, però, è nel modo
con cui controlla la dinamica nel suo movimento:
in McLaren, infatti, sono riusciti a sviluppare un
sistema di assistenza alla guida che non fa sentire evidenti tagli di erogazione nelle fasi di accelerazione più brutali a tutto vantaggio del piacere
di guidare al limite, che è davvero nettamente
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Prove
superiore a quello delle competitor di pari potenza e prezzo.
In conclusione
In listino a 186.500 euro la nuova McLaren 570S
dimostra di avere il DNA del brand ben inciso in
ogni suo aspetto, che esso sia costruttivo o dinamico. Rispetto alla 650S le differenze di prestazione si avvertono in termini di motore, anche se
il V8 anche in questa declinazione ne ha da vendere, mentre per quanto concerne gli aspetti più
stradali la prima delle Sports Series appare più
godibile ed idonea ad un uso più stradale. Una
vettura decisamente interessante per chi ha la
fortuna di essere è indeciso tra Audi R8 e Porsche 911 Turbo, insomma: di sicuro una scelta di
classe e, per il momento, controcorrente in un
mondo piuttosto uniformato.
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News
NUOVA MERCEDES CLASSE E
INTERNI IN SALSA CLASSE S
Mercedes ha diffuso le prime immagini degli interni della nuova
Mercedes Classe E. L’auto, derivata dal pianale della Classe C, attinge
a piene mani dalla Classe S per quanto riguarda la cura ed i materiali
dell’abitacolo
M
ercedes ha diffuso le prime immagini degli interni della nuova Classe E. L’auto, che dovrebbe essere
svelata a breve giro di vite, si presenta con un abitacolo molto ricco e curato. Realizzata su piattaforma MRA – condivisa con la
Classe C – presenta interni ispirati direttamente
dalla Classe S, ma rivisti in chiave più moderna.
È presente il medesimo sistema dual-screen con
strumentazione digitale già visto sull’ammiraglia della Stella, mentre nella console centrale
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sono presenti quattro bocchette d’areazione ed
il controllo del sistema di climatizzazione, oltre
ad un orologio analogico di sicuro impatto visivo
e stilistico. Sul lato sinistro della plancia, invece,
troviamo tasti fisici dai quali è possibile comandare gli aiuti alla guida ed il freno di parcheggio.
In sintonia con il family feeling Mercedes, troviamo sulle portiere i comandi per la regolazione dei
sedili, oltre agli altoparlanti. La nuova Mercedes
Classe E dovrebbe arrivare nei saloni a partire
dalla prossima primavera.
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News
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hanno lavorato all’unisono per produrre un wide
body kit in fibra di carbonio, che conferisce alla
Rossa un look decisamente più aggressivo e particolare. Realizzata su ispirazione diretta della
FXX K, questa speciale 458 è ordinabile in due
versioni: la prima, più sobria, presenta tettuccio, spoiler anteriore, minigonne e prese d’aria
modificate, mentre la seconda – la più estrema
– modifica drasticamente l’aspetto della vettura,
rendendola più simile ad un vero e proprio razzo
a quattro ruote. Estrattore posteriore di generose dimensioni, un alettone installato al retrotreno che è nei fatti la naturale prosecuzione della
carrozzeria e prese d’aria notevolmente maggiorate sono i punti cardine di questa vettura. Il kit è
stato realizzato in un’edizione limitata di appena
20 esemplari. Il prezzo, invece, è totalmente a
richiesta.
FERRARI 458 ITALIA
MAI COSÌ AGGRESSIVA
di Marco Congiu | Misha Designs e CarNinja hanno realizzato un wide
body kit su misura per la Ferrari 458 Italia, conferendole un look
incredibile
N
onostante la 458 Italia sia stata sostituita dalla 488, la supercar V8 di
Maranello rimane comunque tra le
più amate e desiderate dal pubblico. Anche i tuner strizzano l’occhio alla biposto
sportiva, ed in alcuni casi riescono a renderla ancor più unica. È questo il caso della 458 Italia secondo Misha Designs e CarNinja. Le due aziende
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News
FIAT TIPO HATCHBACK
È GIÀ UNA REALTÀ
di Marco Congiu | A poco più di una settimana dalla prova della Fiat
Tipo berlina, abbiamo avvistato in Svezia la versione più appetibile per i
nostri mercati. Stiamo parlando della hatchback, il cui arrivo è previsto
per il 2016
T
ipo is back. La Fiat Tipo è ritornata.
Abbiamo già avuto modo di provarla
nella versione berlina, con cui la casa
di Torino punta ad una commercializzazione globale dell’auto. Per gli esigenti mercati
europei – e soprattutto per quello italiano – gli
uomini del Centro Stile FCA hanno già partorito
la hatchback.
Nelle immagini scattate dai nostri sempre vigili
fotografi, l’auto destinata a competere con Ford
Focus, VW Golf, Peugeot 308, Opel Astra e Seat
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Leon appare più armoniosa e rotonda nelle forme, nonostante i camuffamenti. Attesa negli
showroom per il 2016, il suo prezzo dovrebbe
attestarsi tra i 13.000 ed i 20.000 euro, in linea
con quello della concorrenza. Sotto il cofano, ci
si aspetta di trovare i motori benzina da 1.4 e 1.6
litri, oltre ai diesel da 1.3 e 1.6 litri.
All’interno della vettura, dominerà il sistema
UConnect, oltre alla presenza del navigatore satellitare – divenuto un must – e alla telecamera
posteriore.
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News
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MX-5 di ultima generazione ma il design, opera
del Centro Stile Fiat di Torino, è molto personale. A differenziarla dalla “Miata” è soprattutto il
frontale, con una ampia griglia che riflette lo stile
Fiat più recente, un cofano lungo con due scalfature che lo vivacizzano e luci posteriori che ricordano quelle dell’antenata degli anni ‘60. Anche
il marchio 124 Spider al posteriore utilizza dei
caratteri retrò. Più lunghi gli sbalzi rispetto alla
MX-5, che fanno guadagnare all’italiana circa 11
cm in lunghezza. La spider torinese si differenzia meno all’interno dalla parente giapponese. Le
uniche differenze di rilievo sono la leva del cambio di diversa foggia e il simbolo Fiat sul volante,
che è in pratica uguale a quello della MX-5. Ad
azionamento manuale la capote, rigorosamente
in tela.
Motore Abarth
Il propulsore della versione americana, che dovrebbe essere confermato anche per i mercati
europei, è italiano: si tratta del 4 cilindri 1.4 MultiAir prelevato dalla 500 Abarth in luogo del 2 litri
aspirato della Mazda, che esprime una potenza
massima di 160 CV ed una coppia di 250 Nm. E’
abbinato ad un cambio manuale a 6 rapporti o
ad un automatico sempre a 6 velocità. Il reparto
sospensioni si affida ad uno schema a triangoli
sovrapposti all’anteriore e ad un multilink all’asse posteriore.
FIAT 124 SPIDER
LA VERSIONE USA
di Daniele Pizzo | Debutta al Salone di Los Angeles la riedizione della
124 Spider degli anni ‘60. Ecco tutte le informazioni sulla versione
americana
P
er essere una spider ebbe una vita
piuttosto longeva: debuttò a metà
degli anni ‘60 e fu prodotta fino alla
metà degli ‘80. Fiat 124 Sport Spider,
si chiamava, e piaceva molto agli americani. E
proprio gli americani hanno avuto il piacere di
vedere per la prima volta la nuova Fiat 124 Spider
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che debutta in anteprima mondiale al Salone di
Los Angeles 2015 e arriverà sui mercati di tutto il
mondo a partire dall’estate.
Look Made in Torino
La nuova 124 Spider condivide, com’è ormai
noto, buona parte della meccanica con la Mazda
Fiat 124 Classica, Lusso e Prima
Edizione
Negli Stati Uniti, la Fiat 124 Spider verrà commercializzata in due allestimenti, denominati
Classica e Lusso.
Appositamente per la fase del lancio sarà disponibile anche nell’allestimento full optional Prima
Edizione presentato al Los Angeles Auto Show
2015, che si distinguerà per i badge commemorativi, la carrozzeria in tinta “Azzurro Italia”
e selleria in pelle. Più avanti verranno diffuse le
specifiche per i modelli destinati ai mercati europeo e italiano.
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News
Periodico elettronico di informazione automobilistica
che provvede a correggere automaticamente la
traiettoria dello sterzo per mantenere la vettura
allineata con le linee di demarcazione della corsia a velocità autostradali fino a circa 130 km/h,
senza dover più seguire una vettura che precede. La Volvo S90 introduce inoltre una funzione
inedita del sistema City Safety, ovvero la rilevazione della presenza di animali di grandi dimensioni come ad esempio cervi, cavalli o alci sia di
giorno sia di notte, una tecnologia che contribuisce a evitare le collisioni attraverso un segnale di
avviso per il conducente e l’attivazione automatica dei freni.
I propulsori
La S90 verrà proposta nella nuova motorizzazio-
ne benzina T6 da 2 litri che abbina turbo e compressore volumetrico e con le unità turbodiesel
2.0 litri D4 e D5. Sulla D5 debutta il sistema PowerPulse, ovvero un compressore che preleva
l’aria stivata in un serbatoio da 2 litri e la immette
nel condotto della turbina al fine di attivare immediatamente la girante, riducendo così il turbolag.
A queste unità, disponibili con cambio manuale
a 6 rapporti o automatico a 8 velocità, si aggiungerà la variante T8 AWD, la motorizzazione plugin hybrid con due motori elettrici da 34 e 65 kW
alloggiati rispettivamente sugli assi anteriore e
posteriore e alimentati da una batteria al litio da
6,7 kWh già offerta nella versione T8 Twin Engine
di XC 90.
VOLVO S90
ECCO LA NUOVA AMMIRAGLIA
DI GOTEBORG
di Daniele Pizzo | Volvo svela la sua nuova ammiraglia che punterà
tutto su tecnologia e sicurezza. Debutterà al NAIAS 2016
V
olvo fa ingresso nel segmento delle
ammiraglie di gran lusso con la nuova Volvo S90 che è stata svelata a
poche settimane dal debutto ufficiale
che avverrà il prossimo gennaio in occasione del
NAIAS 2016 di Detroit. In occasione dell’anteprima nordamericana, con gli USA che rappresenteranno uno dei mercati più importanti per la
nuova berlina della Casa di Goteborg, verranno
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svelate tutte le caratteristiche del nuovo modello
che a livello di design si inserisce nel filone avviato con l’ultima generazione del SUV XC90 a cui
assomiglia molto soprattutto nel frontale e nel
taglio dei gruppo ottici.
C’è il pilota automatico
La nuova S90 verrà proposta con un avanzato
sistema di guida semi-autonoma, il Pilot Assist,
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
smartphone e tablet al sogno incantato dell’automobile.
L’auto è ancora la chiave
Per fortuna, oggi, questi scenari sembrano già
un lontano ricordo. Non solo per la gioia di noi
appassionati, ma soprattutto per la salute della
nostra economia. Il settore dell’auto infatti non è
soltanto uno dei pochi ad essere ripartito nel nostro Paese. Ma è anche quello che sta traianando
– faticosamente – l’Italia fuori dalla lunga crisi. A
rimettere le cose in chiaro ci ha pensato la conferenza annuale del Centro Studi Promotor, che
oltre ad illustrare la situazione attuale ha tracciato anche un possibile scenario per il nostro
mercato. Uno scenario che, se si realizzasse per
davvero, metterebbe a tacere una volta per tutte
i “gufi” di questi ultimi anni. Secondo Gian Primo
AUTO, LA DAVANO PER MORTA
ORA È IL MOTORE
DELL’ECONOMIA ITALIANA
di Matteo Valenti | C’era chi era già pronto a dare l’auto per morta e
sepolta. Gli ultimi dati di mercato invece fanno segnare una vera e
propria inversione di tendenza, oltre ogni aspettativa
C’
era chi era già pronto a dare
l’auto per morta e sepolta. Del
resto negli utlimi anni, segnati
in maniera indelebile dalla crisi,
il mercato dell’automobile in Italia ha vissuto un
tracollo senza precedenti, che ha portato ad un
vero e proprio dimezzamento delle immatricolazioni. Un bagno di sangue per un intero settore
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economico, una festa per tutti quelli a cui l’auto
non è mai andata troppo a genio. Alcuni erano già
pronti a parlare di “fine della fase motorizzazione”, di inversioni di tendenza, di una rivoluzione
nella mobilità. Altri poi dicevano addiruttura che
la passione per le quattro ruote era destinata a
scomparire dalla faccia della Terra nel giro di pochi anni. Tanto che i giovani, ormai, preferivano
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Quagliano infatti, Presidente del Centro Studi, la
ripresa a due cifre che ha caratterizzato il mercato dell’auto nel 2015 è destinata a continuare
anche nel prossimo triennio. Secondo il Centro
Studi Promotor, nel 2015 le immatricolazioni in
Italia toccheranno quota 1.560.000 unità, cioè
un livello ancora molto lontano rispetto a quello
ante-crisi (-37,4%), ma comunque superiore del
15% rispetto a quello del 2014. Nel 2016 si salirà
a 1.747.000 unità per toccare quota 1.939.000
nel 2017 e quota 2.152.000 nel 2018. Un livello,
quest’ultimo, che può ritenersi quello fisiologico
per un grande Paese come lʼItalia. Ma vediamo
come si è potuti arrivare ad una previsione così
rosea. Lʼinversione di tendenza della domanda
di autovetture è avvenuta a cavallo tra il 2013
e il 2014 ed è legata essenzialmente a due elementi. Da un lato la convinzione diffusasi a partire dagli ultimi mesi del 2013 (e testimoniata
dallʼandamento degli indicatori di fiducia) che la
ripresa dellʼeconomia fosse imminente. Dallʼaltro
la pressione sempre più forte della domanda di
sostituzione insoddisfatta accumulatasi durante
la crisi.
La macchina si è rimessa in moto
Gli italiani a partire dal 2008 hanno infatti acquistato meno auto che in passato, ma non hanno
rinunciato allʼauto per la semplice ragione che
nel nostro Paese non esistono alternative di
massa allʼultilizzazione di autovetture. La conseguenza è che la consistenza del parco circolante è rimasta sostanzialmente invariata, ma è
fortemente aumentata lʼetà media delle autovetture che è passata dai 7 anni e 6 mesi del 2007
ai 9 anni e 11 mesi del 2014, con valori superiori a 12 anni e 2 mesi nelle regioni del sud e con
una punta di 12 anni e 9 mesi in Campania. Nel
2015, con il concreto manifestarsi della ripresa
dellʼeconomia, la pressione della domanda di
sostituzione insoddisfatta ha fortemente stimolato il recupero delineatosi nel 2014 e, secondo il
Centro Studi Promotor, il miglioramento atteso
dellʼeconomia e la quota ancora molto elevata di
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Intervista
vetture circolanti già da tempo in età da rottamazione sosterrà, come si è detto in apertura, il recupero del mercato dellʼauto anche nei prossimi
anni e riporterà le immatricolazioni alla normalità
nel 2018. Il bilancio del 2015 si chiude, come si
è detto, in maniera molto positiva per la ripresa
della domanda di auto, ma lʼannata fa registrare
anche un fenomeno che nessuno aveva previsto
e cioè che il settore dell’auto diventasse un fattore trainante della ripresa dell’economia grazie
a una produzione di autoveicoli in crescita del
47%, a una produzione di autovetture in crescita del 69% e a immatricolazioni di autovetture
pure in crescita del 15%. In altri termini, nel 2015
il settore dellʼauto è diventato uno dei motori
principali della ripresa dellʼeconomia e il suo ruolo propulsivo potrebbe rafforzarsi se il Governo
decidesse di puntare proprio sullʼauto anche per
sostenere lʼeconomia. Per la cronaca il merito in
questo caso è da attribuire in gran parte al Gruppo FCA che dopo anni di stallo è tornata a credere nell’Italia. Prima destinando la produzione della Panda allo stabilimento di Pomigliano e quella
delle Maserati Ghibli e Quattroporte a Grugliasco, poi decidendo di realizzare Jeep Renegade
e Fiat 500X a Melfi. Una tendenza che peraltro
è destinata a concretizzarsi visto che presto
inizierà la produzione dell’Alfa Romeo Giulia a
Cassino e del Maserati Levante SUV a Mirafiori,
senza contare i nuovi motori benzina realizzati a
Termoli e i furgoni prodotti ad Atessa. Alla luce
di questo fenomeno straordinario, un provvedimento molto opportuno sarebbe quello che da
tempo propone lʼUnrae e cioè una parziale deducibilità dei costi delle auto. Secondo il Centro
Studi Promotor sarebbe molto opportuno anche
un provvedimento di incentivazione della rottamazione limitato alle regioni del sud, che avrebbe conseguenze fortemente positive sulla qualità dell’aria e la sicurezza della circolazione anche
nell’area economicamente più debole del Paese.
Lʼimpatto di questi due provvedimenti sarebbe
sicuramente di rilievo anche per lʼintero sistema
economico italiano.
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GOMME INVERNALI
TUTTI I LUOGHI COMUNI, DAI SUV
AL RISCHIO MULTE
di Matteo Valenti | Ogni anno, puntualmente, rispuntano falsi miti e
leggende metropolitane sul tema “gomme invernali”. Risultato? Una
gran confusione, che finisce per far circolare informazioni sommarie
se non del tutto sbagliate. Cerchiamo di fare chiarezza
O
gni anno arriva il momento di munirsi di gomme invernali o catene
da neve. E ogni anno, puntualmente, rispuntano falsi miti e leggende
metropolitane sul tema. Risultato? Una gran
confusione, che finisce per far circolare informazioni sommarie se non del tutto sbagliate. E
a rimetterci, quando non è il portafoglio, è la sicurezza di tutti. Per chiarire una volta per tutte
come stanno le cose siamo andati da uno dei più
noti costruttori di pneumatici. Qui abbiamo trovato Paolo Marconati, Responsabile Tecnico di
Yokohama Italia, che ci ha svelato tutti i segreti
legati al mondo delle gomme, dalle omologazioni
all’interpretazione del libretto di circolazione.
Partiamo dall’inizio. In questo periodo su molte strade e autostrade fioccano cartelli che obbligano a munirsi di “dotazioni invernali”. Che
cosa si intende di preciso?
«La Circolare Ministeriale del gennaio 2014 ordina l’equipaggiamento dal 15 novembre al 15
aprile su vaste zone del Paese delle “dotazioni invernali”. In questo periodo quindi è obbligatorio
viaggiare con gomme invernali montate o catene
da neve a bordo».
Quando si possono iniziare a montare le invernali?
«Le invernali si possono montare 30 giorni prima
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
del 15 novembre. Per smontarle invece si ha tempo fino al 15 maggio dell’anno successivo. Diciamo che generalmente chi fa il cambio stagionale
finisce per viaggiare il 70% dell’anno con gomme
invernali e il 30% con quelle estive».
a tre punte infatti hanno una mescola speciale,
pensata per garantire grandi prestazioni nelle
condizioni tipiche dell’inverno».
C’è molta confusione sulle gomme “M+S”... Alcuni pensano di poterli usare su neve...
«C’è molta confusione, è vero. Tutti gli pneumatici da fuoristrada per esempio riportano la dicitura “M+S” ma questo non significa nella maniera
più assoluta che siano performanti sulla neve».
Un altro luogo comune circola nel mondo delle vetture a trazione integrale. Spesso chi ha
un SUV o un fuoristrada infatti pensa di poter viaggiare su ghiaccio e neve con le estive
(o semplici M+S) perché “tanto ha la trazione
integrale”. Le cose stanno davvero così?
«Assolutamente no. Anche i veicoli a trazione
integrale, compresi SUV e fuoristrada, devono
montare gomme invernali se vogliono avere sicurezza e motricità in presenza di neve o ghiaccio. La trazione integrale infatti aiuta ad avere
qualcosina in più in termini di motricità, ma senza gomme invernali sarà praticamente impossibile andare a frenare, specialmente in discesa».
E per quanto riguarda catene e veicoli a trazione integrale?
«Il codice dice che in questi casi andrebbero montate le catene nell’asse trattivo e nel
caso di un veicolo 4x4 su tutte e quattro le
ruote. Montarle soltanto su un asse può avere
Fino ad una decina di anni fa si viaggiava con
tranquillamente con le estive per tutto l’anno.
Al massimo si montavano le catene quando
nevicava. Oggi invece è esploso il fenomeno
delle gomme invernali, cosa è cambiato?
«Tutto è cambiato grazie ad un’evoluzione tecnologia pazzesca. Un tempo c’erano le “gomme
da neve”, ideali per essere utilizzate esclusivamente su fondi innevati, ma disastrose su asfalto. Oggi invece abbiamo le gomme invernali,
prodotti completamente diversi pensati per funzionare in ogni condizione, a patto che le temperature siano al di sotto dei 7° C. Oltre alla neve,
queste gomme risultano più sicure su bagnato e
asciutto quando il termometro si abbassa notevolmente».
È vero che basta la sigla M+S per essere in regola in inverno con il CdS?
«È vero, oggi per essere in regola con il codice
della strada è sufficiente avere gomme marchiate “M+S”. questa dicitura non ci dice nulla sul
tipo di mescola utilizzata. Solo gli pneumatici
con il simbolo del fiocco di neve e delle montagna
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
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conseguenze deleterie, soprattutto sui moderni
sistemi a trazione integrale. Per questo motivo,
su auto integrali, conviene montare direttamente le invernali».
Gli scorsi anni si è scatenato un putiferio riguardo ai codici di velocità. È vero che si possono montare invernali con codice di velocità
inferiore rispetto a quello indicato dal libretto?
«Il consiglio più utile è sempre quello di fare riferimento al libretto di circolazione della propria
auto. Qui si trovano sempre tutte le informazioni che si cercano. La circolare ministeriale
335-M361 ci dice che con le invernali possiamo
scendere con il codice di velocità fino a Q, che
corrisponde ad un limite di velocità massima pari
a 160 km/h. Con un codice di velocità inferiore rispetto a quello riportato dalla carta di circolazione però posso circolare con le invernali soltanto
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dal 15 novembre al 15 aprile, poi dovrò necessariamente smontarle».
ndr). In poche parole è sempre preferibile fare il
cambio stagionale invernali-estive».
Alcuni hanno cercato di far credere agli automobilisti che circolare con le invernali d’estate sia punibile con sanzioni amministrative. È
vero? Si rischia la multa?
«Nel caso in cui si montino pneumatici invernali
con codice di velocità pari o superiore a quello
indicato dalla carta di circolazione posso circolare con gli invernali per tutto l’anno, senza alcun
obbligo di smontaggio, nemmeno in estate, e
senza rischiare alcun tipo di sanzione. Va detto
però, a onor del vero, che le invernali utilizzate
ad alte temperature si consumano più in fretta e
rischiano di rovinarsi a causa della mescola decisamente più morbida (Anche se negli ultimi anni
le invernali “pure” hanno fatto passi da gigante
anche nelle performance ad alte temperature,
Alcuni dicono che bastino due gomme invernali, di solito montate sull’asse di trazione, per
essere in regola con il Codice. È vero? Cosa si
rischia?
«Per il Codice, chi monta due soli pneumatici
invernali è in regola. Il problema è che si rischia
tantissimo a viaggiare con due gomme invernali
e due estive, perché si rischia di subire l’effetto
saponetta. Per esempio l’anteriore con le invernali in condizioni di scarsa aderenza manterrà
la traiettoria, ma perderemo completamente il
retrotreno dove abbiamo lasciato le estive. Lo
stesso discorso vale, al contrario, per le auto a
trazione posteriore. Per questo, per avere sempre sicurezza, bisogna montare quattro pneumatici invernali».
Perché il cambio gomme invernale non è un’operazione da prendere sottogamba?
«Con alcuni tipi di veicoli bisogna stare attenti
nel momento del cambio gomme. Ci sono auto,
per esempio alcune Mercedes o Bmw, che hanno
gomme di dimensioni diverse davanti e dietro. Il
primo suggerimento in questi casi è sempre
consultare la carta di circolazione. Qui vengono
riportate tutte le possibilità di equipaggiamento.
Alcuni costruttori per esempio consentono, nel
caso degli invernali, di montare quattro pneumatici di uguali dimensioni sia davanti che dietro.
L’importante è sempre controllare le tolleranze
dei cerchi, in modo da poter montare il pneumatico un po’ più stretto sul cerchio più largo».
Quindi qual è il consiglio?
«Il consiglio è sempre lo stesso. Evitare di trovare soluzioni di fortuna, fai da te o che tendono
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Attualità
Periodico elettronico di informazione automobilistica
«Prima di tutto bisogna toglierli da questi sacchetti di plastica in cui solitamente vengono imballati. Le gomme infatti hanno bisogno di aria
per mantenersi in buone condizioni. Consiglio
sempre poi di mettere un piccolo spessore per
terra, come due pezzetti di legno, per non appoggiare il treno di gomme direttamente al pavimento. In questo modo l’aria ha modo di circolare bene. Vanno tenute al riparo da fonti di calore
e luce, lontani da quadri elettrici, compressori
d’aria e caldaie».
al massimo risparmio a tutti i costi. Rivolgersi a
dei professionisti e consultare sempre la carta di
circolazione. Prestare grande attenzione agli acquisti su Internet, soprattutto nel caso di pneumatici differenziati».
Un nuovo decreto consente (finalmente) di
montare cerchi in lega più grandi o più piccoli
rispetto alle dimensioni indicate sul libretto di
circolazione. Come funziona?
«Il produttore dei cerchi ha delle “fiches” di omologazione e in base al modello di auto sa indicare
quali dimensioni e quali cerchi possono essere
montati».
Perché è meglio avere un doppio set di cerchi
invernali-estive? Montare e smontare, almeno
all’inizio, sembra più conveniente...
«E’ sempre meglio avere il doppio set di cerchi,
anche se naturalmente i costi diventano considerevoli. Smontare e rimontare ogni volta le
estive e le invernali sugli stessi cerchi è un’operazione che rischia di rovinare gli pneumatici. Il
tallone della gomma infatti è la zona più delicata,
che riceve il maggiore stress durante montaggio
e smontaggio. Io consiglio sempre di badare al
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sodo. Magari per il secondo set di invernali si
usano semplici cerchi neri d’acciaio e non i più
sensazionali cerchi in lega diamantati... Sempre
meglio che togliere e mettere continuamente».
Sulle nuove auto sono diventati obbligatori i
sensori di pressione penumatici. Come si fa
nel caso del cambio gomme?
«O si tiene lo stesso cerchio e ogni volta si montano e smontano le gomme. Oppure nel caso di
un doppio set di cerchi ci sono due possibilità. O
smontare il sensore da un cerchio con l’estivo e
rimontarlo nell’altro cerchio che monta il pneumatico invernale. Oppure vendono dei sensori
“clone” aftermarket da montare sul nuovo set di
cerchi».
E se non si fa questa operazione? Cosa si rischia?
«Montare dei cerchi senza i sensori, qualora siano previsti, è un’operazione da evitare assolutamente. In caso di incidente infatti il veicolo non
sarà più conforme alla sua omologazione».
Stoccare le gomme in maniera scorretta può
essere deleterio...
Qual è il modo giusto di conservarle?
«Le gomme vanno impilate in orizzontale una
sopra l’altra, in modo da formare una colonna.
Spesso i gommisti offrono un servizio di stoccaggio. In questi casi è sempre bene informarsi
sulle caratteristiche del luogo di conservazione.
Spesso infatti le gomme termiche finiscono in
magazzini-containers che d’estate diventano
vere e proprie fornaci. Un ambiente deleterio per
tutte le gomme».
Chi fa pochi chilometri si ritrova a utilizzare
treni di gommi per anni e anni... Cosa si rischia?
«Lo pneumatico non è uno yogurt, quindi non ha
una scadenza. Il consiglio è quello di controllare le gomme magari al quarto o quinto anno di
utilizzo. Se si rinvengono piccole crepe sul battistrada o anomalie all’interno della gomma è
bene optare per una sostituzione».
La data indicata sul fianco può essere indicativa?
«Non bisogna farsi ingannare dalla data presente
sullo pneumatico.
Quella serve soltanto al costruttore in caso di un
eventuale richiamo. Se la gomma, dopo essere
stata costruita, viene stoccata per un anno in un
magazzino a temperatura controllata è da considerarsi comunque nuova. Per la garanzia del
prodotto fa fede lo scontrino fiscale o la fattura
di acquisto».
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
AURELIO NERVO
«IL GOVERNO HA A CUORE L’INDUSTRIA
AUTOMOTIVE ITALIANA»
di Alfonso Rago | Intervista al nuovo Presidente Anfia: l’importanza della
sinergia con il Governo, le strategie future, le scelte da compiere perché
l’intero settore legato all’auto ritorni protagonista sugli scenari
internazionali
N
on ha avuto quasi neppure il tempo
per brindare alla nuova carica: appena eletto per il prossimo triennio
Presidente dell’Anfia, Aurelio Nervo
si è subito calato nella parte, facendo gli onori
di casa all’assemblea pubblica dell’Associazione, che ha ragionato sulla mobilità sostenibile e
la manifattura intelligente, cui ha partecipato in
rappresentanza dell’annunciato ministro Federica Guidi, il suo vice Carlo Calenda.
Ed è proprio il ritrovato feeling con il Governo
che Aurelio Nervo sottolinea come tratto distintivo delle attività dell’Associazione che ora
presiede
«Rispetto a quanto purtroppo non accaduto
nel recente passato, il Governo attuale mostra
un’attenzione inedita e convinta alle esigenze
dell’industria automotive. Un’efficace politica
programmatica e di sostegno è premessa indispensabile allo sviluppo dell’intera filiera produttiva e, come hanno dimostrato episodi recenti
come il positivo risultato del progetto di sviluppo
dell’impianto Lamborghini, quando c’è il concorso congiunto di aziende ed istituzioni, il valore
del Made in Italy torna ad affermarsi in tutta la
sua positività».
E’ sul punto di debuttare nel lavoro di Presidente: quali crede possano essere i primi passi
da leader dell’Anfia?
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«La strada è quella segnata dalla gestione di Roberto Vavassori, che sostituisco nell’incarico ma
al quale senz’altro mi ispiro: il suo impegno e gli
ottimi risultati conseguiti dall’Anfia sotto la sua
Presidenza restano la stella polare. La mia attenzione sarà soprattutto rivolta ad allargare la
partecipazione alla vita dell’Associazione, coinvolgendo le aziende, come le tante dei cosiddetti
“fornitori di secondo livello”, che ancor oggi non
ne fanno parte, puntando anche a migliorare il
livello dei servizi che l’associazione offre ai suoi
soci».
Può descriverci la situazione del comparto automotive in Italia, oggi?
«Veniamo da un decennio di crisi, con la produzione dimezzata rispetto a quello che l’ha preceduto. A partire dal 2014, l’andamento si è invertito in senso positivo, come confermano anche i
dati dei primi dieci mesi del 2015: siamo a quasi
il 70% in più della produzione di autovetture e
del 18% per i veicoli commerciali, leggeri e pesanti, con benefici effetti a cascata anche nella
produzione di componenti. E’ lecito attendersi
per la fine dell’anno in corso il raggiungimento
del milione di unità prodotte; ricordo anche che
il 68% del Made in Italy è destinato all’export.
Giusto per dare qualche altro numero, stimiamo
siano circa 3.200 le imprese riconducibili alla filiera automotive, con oltre 1.200.000 addetti tra
diretti ed indiretti; il tutto genera un fatturato di
80,5 miliardi di euro, con quota export superiore
ai 32 miliardi».
C’è un problema di credibilità delle aziende
automotive da parte dell’utenza? E come si ricrea il rapporto di fiducia incrinato dai recenti
scandali?
«Semplicemente tornando ad essere limpidi e
trasparenti. Sembra un’ovvietà, ma impone scelte diverse da quelle che alcuni hanno finora fatto.
Se la regolamentazione ambientale impone limiti
severi per il settore, non è facendo i furbi che si
risolve il problema: piuttosto, è corretto chiedere
tempi giusti per permettere all’industria di pianificare tutti gli interventi necessari a soddisfare i
requisiti richiesti».
Torniamo per un attimo al rapporto con il Mise,
il Ministero dello Sviluppo Economico: quali
sono i contesti internazionali sui quali agirete
nel prossimo futuro?
«Il viceministro Calenda è impegnato a sondare
ed analizzare le potenzialità dei mercati esteri, in
ambito extraeuropeo. D’altro canto, il quadro è
chiaro: ormai in Europa siamo a meno del 20%
di produzione di veicoli, che solo nel 2007 era
del 27%, mentre la quota di produzione asiatica
è ormai al 50% del totale, di cui il 27% in Cina.
Per una filiera automotive di qualità come quella
italiana, dunque, ci sono interessanti opportunità di lavoro in nazioni oggi in pieno ed impetuoso
sviluppo, ad ogni latitudine. Dall’Iran al Messico,
solo per citarne un paio, senza dimenticare il
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mercato cinese. Abbiamo poi del lavoro da svolgere per eliminare i punti deboli del nostro settore: costi energetici e di logistica frenano ancora
la competitività dell’industria automotive, e molto c’è ancora da fare sul versante della semplificazione burocratica e dell’eccessiva fiscalità che
grava sul settore».
filiere virtuose interconnesse, per rendere sempre minore il gap dimensionale tra le imprese,
creare nuove figure professionali e sostenere
così anche l’occupazione. Punteremo sempre di
più su due pilastri come appunto la connettività
e la digitalizzazione per rendere più moderno e
competitivo l’intero sistema produttivo italiano».
Oggi discutete di mobilità sostenibile e manifattura intelligente: come dovranno cambiare
le aziende per cavalcare le trasformazioni e
non farsi travolgere da esse?
«Un segmento come l’automotive italiano con
alta propensione all’innovazione e massima
qualità dei processi lavorati e dei prodotti finiti,
ha nell’opportunità di sviluppare soluzioni inedite ed innovative a basso impatto ambientale
una grande occasione per riaffermare la sua
posizione di riferimento internazionale. La digitalizzazione dell’industria permetterà di creare
Anfia: la carta d’identità
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Costituita a Torino nel 1912, l’Anfia (Associazione Nazionale Filiera Industria Automobilistica)
svolge la funzione di portavoce delle aziende che
operano nei settori della costruzione, trasformazione ed equipaggiamento degli autoveicoli per
il trasporto individuale e collettivo di persone e
di merci. Con circa 270 aderenti, Anfia è tra le
maggiori Associazioni di categoria che aderiscono a Confindustria e rappresenta il punto di
riferimento relazionale e strategico tra la filiera
automotive e il contesto politico-istituzionale.
L’Associazione è strutturata in tre Gruppi merceologici, ciascuno coordinato da un Presidente.
Componenti: produttori di parti e componenti di
autoveicoli;
Carrozzieri e Progettisti: aziende operanti nella
progettazione, ingegnerizzazione, stile e design
di autoveicoli e/o parti e componenti destinati al
settore autoveicolistico;
Costruttori: produttori di autoveicoli - inclusi camion, rimorchi, camper, mezzi speciali e/o dedicati a specifici utilizzi - ed allestimenti ed attrezzature specifiche montati su autoveicoli.
L’attività dell’Associazione è organizzata nelle
seguenti strutture operative:
Area Tecnica e Affari Regolamentari, Affari
economici e Progetti europei, Studi e Statistiche, Saloni ed Eventi, Consulenza e formazione, Relazioni istituzionali e Public funding,
Comunicazione e Ufficio stampa, che definiscono e realizzano la missione e l’offerta associativa
di Anfia:
• Tutelare gli interessi delle Aziende associate
nelle sedi istituzionali pubbliche e private, nazionali ed internazionali.
• Provvedere allo studio e alla risoluzione dei
problemi di natura economica, giuridica, tecnica,
fiscale e legislativa del comparto automotive.
• Promuovere il miglioramento continuo della
qualità.
• Analizzare l’andamento del mercato autoveicolistico, sviluppando elaborazioni statistiche ad
hoc per ognuno dei Gruppi Anfia.
• Organizzare partecipazioni alle manifestazioni
espositive d’interesse delle Associate, nonché
ottenere condizioni preferenziali di partecipazione ai Saloni.
• Informare i media e l’opinione pubblica sulle tematiche associative.
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Tecnica
Periodico elettronico di informazione automobilistica
indizi portano alla Bose – per rivoluzionare l’idea
stessa di sospensione sui propri veicoli. Sarebbe
l’elettromagnetismo il nome della tecnologia che
circola da tempo sulla bocca dei tecnici parigini.
Non si tratta di una novità in senso assoluto, in
quanto in circolazione da almeno 15 anni, ma il
suo impiego su larga scala in maniera convincente potrebbe rappresentare una vera e propria
svolta. Il sistema sospensivo tradizionale formato dal binomio molla-ammortizzatore verrebbe
sostituito in blocco da un motore elettromagnetico installato su ciascuna ruota dell’auto. Tali
motori si estendono e si comprimono a seconda
della necessità grazie all’energia elettrica fornita
dagli amplificatori di potenza. Le sollecitazioni
vengono assorbite in maniera più precisa e rapida grazie ai calcoli svolti da un software apposito
che riceve sensori dall’auto.
CITROËN
ARRIVANO LE SOSPENSIONI
ELETTROMAGNETICHE BOSE?
Citroën, tempo fa, aveva annunciato l’abbandono delle sospensioni
idropneumatiche. Ora, la casa francese, potrebbe passare a quelle
elettromagnetiche
L
a storia del marchio Citroën è legata
indissolubilmente ad una soluzione
tecnica adottata nel 1955 sulla DS.
Stiamo parlando delle sospensioni
idropneumatiche, valore aggiunto della casa
transalpina sui propri modelli sino alla scorsa
70
estate, quando è stato annunciato l’abbandono
di tale sistema. Ora potremmo essere arrivati
ad una svolta davvero importante per il double
chevron: Linda Jackson, numero uno Citroën, ha
annunciato di essere al lavoro con un’azienda –
non ancora dichiarata dalla casa francese, ma gli
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
di Nigel alla Ferrari è fatta di avanti e indietro, arrivò con Barnard alla fine degli anni ‘80, poi se ne
andò con Barnard a metà degli anni ‘90 quando
la stella del progettista inglese, che a Guildfor
aveva preteso e ottenuto una antenna tecnologica in Inghilterra, fu smantellata da Jean Todt
quando il manager francese decise, era il 1994,
di portare tutto a Maranello, sia per semplificare le cose sia per tenere tutto sotto controllo.
Stepney fece il suo ritorno alla Ferrari alla fine
degli anni ‘90, le sue competenze ed esperienze non erano in discussione. Ma in quella fine del
2006 era scattato qualcosa nella mente di Nigel
che non si accontentava più di un ruolo che riteneva inadatto. E qui nasce tutto il caso che fece
scandalo in F.1. Appena Domenicali si insediò,
con Todt che faceva da padre tutore in questa
fase, Stepney chiese ma non ottenne. E, deluso, cominciò a confidarsi con un suo amico ed
ex collega della Tyrrell, Mike Coughlan, che tra
l’altro era stato insieme a Nigel ai tempi della gestione Barnard. Ora Mike lavorava alla McLaren
come progettista. Nigel e Mike si sentirono spesso in quell’inverno del 2006 e quando cominciò
la stagione, GP d’Australia a Melbourne, si capì
che qualcosa non andava per il verso giusto. Al
volante della Rossa c’è Kimi Raikkonen che affianca Felipe Massa, Schumacher si è ritirato
(forse prematuramente a dire il vero).
Il debutto fu perfetto: pole position. Ma attorno
alla Ferrari in pole accadde qualcosa di strano, per l’epoca e per la F.1 in genere. Charlie
Withing, il direttore di gara, era insieme a Jo
Bauer, il delegato tecnico della FIA, a monitorare tutte le attività dei meccanici della Ferrari. A
quel tempo chi scrive, insieme ad altri giornalisti, potevano stare in griglia fino a 5 minuti dalla partenza, oggi si viene cacciati via 15 minuti
FORMULA 1, SPY STORY FERRARI
VI RACCONTO IO LA VERITÀ
di Paolo Ciccarone | Spy story: se ne parla tanto - anche
impropriamente - ma in pochi sanno raccontarvi per filo e per segno
cosa successe tra Ferrari e McLaren. Cerchiamo di fare chiarezza
S
py Story e Singapore. Ogni tanto
un telecronista usa questi termini
come intercalare per dare del falso
e bugiardo a un pilota che, si vede,
non gli sta troppo simpatico. Ma cosa è stata la
spy story della F.1 visto che si tratta di un episodio di quasi nove anni fa? Tutto cominciò nell’inverno del 2006, quando alla Ferrari la presenza
di Jean Todt a capo della GES sportiva era ormai alla fine. Come suo successore fu indicato
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Stefano Domenicali, che all’epoca ricopriva il
ruolo di direttore sportivo. All’interno del team
c’era un’altra figura di riferimento, Nigel Stepney,
che come coordinatore della squadra meccanici
e punto di incontro con gli ingegneri, si occupava
di diverse mansioni, dal funzionamento della fabbrica alla produzione dei pezzi. In cuor suo Nigel
sperava e contava in un avanzamento di carriera,
di una carica che gli desse quel prestigio (e anche lo stipendio) cui ambiva da tempo. La storia
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prima pena il sequestro del pass. Il movimento
e i controlli dei due erano troppo strani e palesi
per non destare sospetti. Pronti via, Raikkonen
vince la gara e a fine corsa partono le verifiche.
I tecnici trovano qualcosa che non quadra ma
la macchina non viene squalificata, c’è qualcosa nella Ferrari che va oltre le regole ma non le
infrange in quanto non esiste una regola su quel
progetto. Martin Withmarsh convoca la stampa
e comincia a parlare di Ferrari, chiedendo che la
FIA faccia chiarezza che non è legittimo quanto
fatto dalla Rossa. Di che si tratta? Mistero, non
ne parla nessuno. Si sa che qualcosa non va ma
cosa sia non si sa. Solo che la McLaren chiede
chiarimenti.
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Formula 1
E i chiarimenti arriveranno dopo un po’. La FIA,
infatti, ritiene di regolamentare le zavorre a bordo delle vetture, che devono essere fissate in
posti ben precisi e verificabili dai commissari
tecnici.
Oibò, cosa vuol dire? Vuol dire che la Ferrari ha
corso (almeno in quel GP d’Australia, prima non
si sa) con un sistema di zavorra mobile posta
sotto al fondo piatto che quando l’auto accelera
si spostava in avanti compensando il beccheggio e in frenata si spostava indietro mantenendo
l’assetto costante da terra con notevoli vantaggi.
Come ha fatto la McLaren a sapere dell’esistenza
di un particolare simile che era invisibile a tutti?
Lo scopriremo molto presto.
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Formula 1
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Jonathan Neal (ora alla Mercedes campione del
mondo…) sottopone loro i grafici, i diagrammi e
tutto il materiale che Stepney ha fatto arrivare
dalla Ferrari: «Incredibile, ecco come fanno in
prova e perché in gara reagiscono così» dissero.
E tanto per non sbagliare, passarono le informazioni ai piloti. Fernando Alonso vide le mail,
le commentò col suo amico Pedro De La Rosa,
che era anche collaudatore della McLaren e insieme a Lewis Hamilton (che si confidava con la
parte inglese del team) capirono come la Ferrari
lavorava, quali segreti avesse la monoposto avversaria e con che procedure lavorassero in pista, in modo da valutare subito le prestazioni. Un
conto è vedere Raikkonen fare un tempo in prova, senza sapere in che condizioni lo ha fatto, un
altro è averlo ben chiaro analizzandolo a fondo. E
Maranello, marzo 2007. La batosta della FIA
dopo il GP d’Australia è pesante. Se la Renault
l’anno prima aveva vinto il mondiale usando il
mass damper, che era un sistema di sospensioni
che compensava l’assetto e che fu vietato, la zavorra mobile sotto al fondo doveva essere l’arma
vincente della stagione, ma col divieto federale
tutto veniva rimesso in discussione, bisognava
trovare un nuovo sistema per rendere stabile la
monoposto di Raikkonen e Massa. Faccia a faccia Jean Todt e Stefano Domenicali cominciano
a porsi delle domande: ovvero, come faceva la
McLaren, che poi aveva informato la FIA, a sapere del sistema montato a bordo? Era nascosto,
invisibile alle verifiche tecniche che si occupavano solo di misurare il fondo piatto e la sua eventuale flessibilità. La verità si fece largo: qualcuno
ha parlato. Qualcuno della squadra, pensarono e
infatti cominciarono subito i controlli incrociati.
Da quell’anno Nigel Stepney non andava più in
pista, era stato spostato a un ruolo di coordinamento all’interno della fabbrica, ruolo che Nigel
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scoprendo le debolezze dell’avversario. Nel frattempo Coughlan cercava di sponsorizzare l’arrivo di Stepney alla McLaren, ma Ron Dennis non
ne voleva sapere: faceva parte del clan di John
Barnard, era quindi uno che aveva tradito la
squadra a suo tempo e non voleva riprenderlo.
E poi era un uomo simbolo della Ferrari vincente degli ultimi anni. Non se ne parlava. Coughlan
insistette, Paddy Lowe anche e a Dennis venne
qualche dubbio, specie quando scoprì le procedure della Ferrari. Dennis restò di stucco, non
apprezzò e ci rimase male per il suo orgoglio personale. Ma era uomo squadra, doveva difenderla
a tutti i costi nel caso fosse venuta fuori la storia.
Intanto spinse la FIA a pronunciarsi sul sistema
della Ferrari, affidandosi ai federali, ma il caso
doveva ancora scoppiare del tutto…
non apprezzava. Voleva altro, un ruolo importante in pista, là dove c’è l’azione, non dietro le
quinte. Quell’inquietudine gli fece commettere il
passo falso decisivo: parlarne con l’amico Mike
Coughlan della McLaren chiedendo di essere assunto a Woking come vendetta contro la Ferrari.
Todt e Domenicali misero a punto un sistema di
controllo della posta interna, delle telefonate. Ci
furono filtri dappertutto, tanto che chiamando
un tecnico per salutarlo, invece dell’ingegnere
in questione rispondeva l’ufficio comunicazione
che chiedeva spiegazioni. Il personale di Maranello fu messo sotto la lente, ma si cominciò a
capire chi fu l’artefice della soffiata quando, qualche gara dopo, in mano alla McLaren arrivarono
le mail con indicati gli standard operativi delle
prove. Ovvero con quanta benzina si provava, le
procedure interne, i sistemi in uso, tutto quello
che una squadra mette a punto nel corso degli
anni e che rimane patrimonio unico, esclusivo di
una formazione. Mike Coughlan non resiste alla
tentazione e chiama nel suo ufficio Paddy Lowe e
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
motorsport e quindi pensiamo che per il futuro
aspetti come l’alta tecnologia, le performance
estreme saranno ancora più presenti e sapranno emozionare sempre di più i fan». La MP4-X è
concepita per ospitare diversi tipi di powertrain.
Il telaio poi può cambiare configurazione per
adattarsi a diversi tipi di necessità aerodinamiche e la macchina è in grado di comunicare direttamente ai box eventuali guasti o problemi
durante la guida. Al momento questo progetto rimane esclusivamente una concept car sulla carta. Ma non è da escludere che alcune soluzioni,
a partire dall’abitacolo chiuso, vengano adottate
nel futuro della F1.
MCLAREN MP4-X
LA F1 OLTRE I LIMITI
DELL’IMMAGINAZIONE
La Casa di Woking ha presentato la futuristica McLaren MP4-X, uno
studio di design che immagina una ipotetica Formula 1 del futuro.
Ancora più performante, ma soprattutto molto più sicura rispetto
ad oggi
L
a Casa di Woking ha presentato la
futuristica McLaren MP4-X, uno studio di desigin che immagina una ipotetica Formula 1 del futuro. Ancora
più performante, ma soprattutto molto più sicura rispetto ad oggi. «Con la McLaren MP4X concept vogliamo fare un balzo nel futuro e
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immagine l’arte del “possibile”. «In questo progetto abbiamo combinato tutta una serie di ingredienti chiave della F1 - velocità, performance,
emozione - con i temi sempre più attuali del motorsport, come l’abitacolo chiuso per aumentare
la protezione del driver e la tecnologia ibrida».
«La Formula 1 è la massima espressione del
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Rally
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DAKAR 2016, PETERHANSEL
«LA DAKAR È ANCORA UNA
COSA BELLA!»
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di Piero Batini |“Monsieur Dakar” ci parla della sua Squadra e dell’arrivo
di Sébastien Loeb, della Dakar che è cambiata, della 2008 DKR16 che
è “quasi” pronta, del Programma di Peugeot nella logica difficile della
Dakar, dove non esistono i miracoli
P
eugeot riunisce un piccolo “briefing”
al termine della presentazione della
Dakar 2016 Argentina Bolivia. Il movente, naturalmente, è la definitiva
configurazione dell’accordo tra il fuoriclasse e
Peugeot, con un programma che copre tutta la
stagione 2016 del campionato del Mondo Rally
Raid e la Dakar 2017. È un accordo molto importante, e abbiamo già detto perché. Ma l’ondata
di notizie magnifiche e per certi versi clamorose
con cui Peugeot ha travolto la scena della Dakar
lascia in disparte non solo la 2008 DKR16, che intanto conclude la stagione dei test e si appresta
vestire i panni definitivi per la Maratona motoristica per definizione che inizia il 2 gennaio prossimo, ma porta nell’ombra anche il Pilota che è
non solo la storia della Dakar ma il suo irraggiungibile recordman. Cominciamo noi a fare giustizia! Qui è pieno di Campioni del Mondo, si parla
della Dakar, delle nuove macchine, dei Campioni
che arrivano da altri mondi. Dal WRC, per esempio. Qualcuno sembra dimenticare che c’è ancora “Monsieur Dakar”, qua in giro.
Che pensi di tutto ciò?
«Beh, penso piuttosto bene. Che è un bene per la
disciplina che ci sia un rinnovamento di Piloti. E
quando si pensa a Sébastien che ci raggiunge, lui
che è una superstar del motorsport nel mondo
intero, è un bene per la disciplina e per la Dakar,
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per i media interessati. Dunque un bene per tutti.
Poi, come sai, per quanto mi concerne, non faccio le corse per essere riconosciuto, per passare
alla televisione, quindi se Loeb catalizza la parte
media, la cosa non mi disturba affatto. Quello
che è importante è che in generale si parli di più
della Dakar, e che arrivino dei Piloti dai Rally tradizionali. È molto importante per la disciplina.»
Nella tua vita agonistica sei stato tranquillo almeno nel 90% dei casi. Oggi questa è l’attitudine si nota anche in un altro Campione come
Nasser Al Attiya, che si dice niente affatto preoccupato e pronto a difendere il suo primato.
E tu, sei ancora altrettanto tranquillo? Come
va, insomma?
«Intanto va meglio dello scorso anno. Abbiamo
fatto dei progressi. Non siamo ancora perfetti,
siamo caduti nella piccola trappola degli organizzatori che ci hanno preparato un percorso,
alla fine non troppo adatto a noi, ma bene, è
così. Certi anni va bene a un certo tipo di veicolo,
certi altri anni è buona per altri mezzi. Ma certo
quest’anno sarà un po’ particolare. Non troppo
deserto, poche dune, e soffriremo, ma in ogni
caso quest’anno avremo una Macchina che è
molto più piacevole da guidare, più performante,
e dunque sarà per prima cosa un piacere. Certamente sarà complicato battersi con le Mini, ma
bisogna procedere step by step. Se non dovesse
andare bene già quest’anno abbiamo ancora una
chance per l’anno successivo. No, direi che non
sono preoccupato, e ancor meno dopo i test della settimana scorsa, che sono andati bene.»
Non pensi che avreste dovuto avere più tempo
per definire la macchina. Voglio dire, la nuova
2008 DKR16 arriva praticamente a un mese
dalla Dakar…
«Questo è sicuro. Sin dall’inizio del programma
Peugeot, ci è sempre mancato del tempo. Si corre dietro al tempo, si finisce al limite. Ma sarebbe
stato difficile fare meglio. Dopo la Dakar 2015
abbiamo deciso cosa andava bene e cosa no, e si
è ripartiti nella nuova direzione. Disegna la macchina, costruisci i pezzi, assembla il prototipo,
ed eccoti al mese di agosto per la prima uscita,
giusto una settimana dopo il mio compleanno.
Restano tre mesi, meno di quattro per metterla
a punto. È correre, correre, correre dietro al tempo.
Ed eccoci, arriviamo al limite. Non è stato come
costruire una macchina ripartendo da zero, ma
quasi. Penso che, finalmente, il terzo anno sarà
quello più “relax”, perché avremo questa 2008
DKR16, che svilupperemo ancora un poco, certamente, e saremo davvero pronti per la Dakar
del 2017.»
Quindi il programma assume una dimensione
reale, e rientra nella logica della Dakar?
«Sì, diciamo che la logica è rispettata. Non ci fanno i miracoli alla Dakar! Quello che ho sempre
detto. Nel Motorsport non ci sono miracoli. Non
sono miracoli, è lavoro. Il lavoro paga, e allora
vengono i risutati. Non puoi dire “si fa così”, e vincere. No, devi lavorare, perché non avvengono di
questi miracoli.»
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Rally
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birre sopra. Non è come in Africa, ma nonostante questo restano delle cose in comune. I paesaggi, per esempio, magnifici, la difficoltà, che
è sempre presente e, ecco, c’è l’adrenalina della
competizione, della velocità, che è sempre alta.
E poi, diciamocelo, noi abbiamo una bella fortuna! Abbiamo dei veicoli fantastici, siamo Piloti. Ci
danno dei “giocattoli”, che non sono dei giocattoli perché ci lavorano sodo per realizzarli, che
sono fantascientifici. La fortuna che abbiamo noi
di poter guidare dei veicoli così nel deserto, sulle
piste, è favolosa! È molto, molto piacere, e continua a dare la voglia di farlo.»
È ancora una bella cosa, insomma?
«Sì, io trovo di sì.»
E tra voi, in questo “casting” di campioni del
Mondo, funziona bene?
«Sinceramente, sì. È un Team veramente saldato, tutti lavorano per migliorare la macchina, per
realizzare la macchina migliore. Con Sébastien
c’è una bella atmosfera. Ha una grande volontà, e
credo che abbia anche lo spirito giusto per i Rally
Raid. Non ha paura di infilarsi nelle difficoltà, nella sofferenza. Non ha paura di passare la notte
nel deserto. Direi che non ha veramente lo spirito
da circuito, da superstar, da umbrella girls. Direi
che ha più uno spirito da avventuriero, e che sa
adattarsi molto bene. Carlos lo conosciamo, è
un po’ un re, ma la relazione è molto buona. Ci
parliamo molto, si lavora sulla macchina, e l’atmosfera è molto buona. E con Cyril, infine, non
possono esistere problemi. Sì, direi proprio che
l’atmosfera all’interno del nostro Team è molto
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bella! Inoltre abbiamo ben altro da fare che “battagliare” tra di noi, prima di tutto il problema comune di fare bene.»
Avventura, avventura, avventura. Ma in verità,
cosa resta dell’avventura della Dakar oggi?
«Quando vedi le immagini della presentazione,
vedi delle bellissime immagini che danno l’idea
dello spirito dell’avventura, delle difficoltà. Ma
resta in effetti la grande difficoltà, la Dakar non
è mai facile, è sempre complicata. Forse un po’
meno oggi rispetto alla Dakar in Africa, ma resta
in ogni caso una corsa che se vuoi portarla alla
fine devi dare molto di te, dare della tua persona,
affaticarti, prendere dei rischi. Resta comunque
una corsa dura, questo è sicuro. Poi, l’avventura. Io dico che oggi, quando arrivi in cima a
una duna, trovi un tavolo da camping con delle
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