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Numero 76
17 Novembre 2015
79 Pagine
Mercedes Classe A
restyling
Mostra i muscoli
Arrivano tante piccole novità e
dettagli sfiziosi che la rendono
ancora più desiderabile
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Nuova Mini Clubman
Station wagon?
No, Shooting Brake
La Clubman si rifà il look, cresce
nelle dimensioni e nelle dotazioni,
senza tradire i valori del Brand
Formula 1
Rubens Barrichello
L’affascinante storia di Rubens
Barrichello, il pilota al posto giusto
sempre nel momento sbagliato
| PROVA SU STRADA |
Nuova Audi A4
da Pag. 2 a Pag. 19
All’Interno
NEWS: Range Rover Evoque Convertible | Lamborghini Huracan | Ferrari 488 GTE e GT3 | Mazda MX-5 Spyder e
Speedster concept | Porsche Macan | Epoca dai miti di ieri ai modelli attuali | RALLY: Dakar 2016 “Xevi” Pons
PROVA SU STRADA
NUOVA AUDI A4
Un passo
nel futuro
In listino a partire da 33.800 euro la nuova berlina di
segmento D della Casa di Ingolstadt pesa meno ed è
più efficiente della vecchia. Ma soprattutto è molto
più tecnologica. Ecco come va
di Emiliano Perucca Orfei
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
0,26. Forme che si muovono nell’aria in accordo con Eolo ma che hanno permesso agli stilisti
Audi di mantenere la solita forte continuità con il
passato, pur senza mantenere una sola linea del
modello precedente: spiccano, davanti, la calandra single frame ed i fari opzionali in tecnologia
full led con indicatori di direzione dinamici sia per
quanto concerne l’anteriore che il posteriore.
Media
Strumentazione?
Audi Virtual Cockpit
C
on il debutto della nuova
Audi A4 la Casa dei quattro
anelli mira a ridare slancio ad
un segmento che, nonostante la forte ascesa delle Sport
Utility, continua a confermarsi interessante per chi cerca auto in grado di
assicurare ottime performance, costi di gestione
relativamente contenuti a fronte di grandi percorrenze ed immagine premium: valori condivisi,
con piccole grandi differenze, da rivali del calibro di Mercedes Classe C, BMW Serie 3, Infiniti
Q50 e, prossimamente, Alfa Romeo Giulia. Per
la nuova generazione di A4, la nona dal 1972 ad
oggi, Audi non si è risparmiata davvero in nulla:
il 90% delle componenti sono completamente
nuove tanto che la nuova pesa fino a 120 kg in
meno della vecchia (1.320 kg la 2.0 TDI) nonostante sia più lunga di 2,5 cm (473), più larga di
1,6 (183) ed alta 143. Notevole anche il valore di
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Dove non ci sono particolari richiami al passato,
invece, è dentro. Audi ha scelto di percorrere
anche con la A4 le strade intraprese con Q7, TT
ed R8 facendo ad una strumentazione digitale
(optional) denominata Audi Virtual Cockpit (600
euro): in pensione contagiri e tachimetro analogici l’AVC si sviluppa su un display HD da leggere
attraverso il volante da 12,3”. Tutte le informazioni disponibili, che vanno dalla navigazione con
mappe google earth alla gestione di telefono, radio e settaggi della vettura, sono “pilotabili” da
volante mentre per quanto concerne il generoso
monitor da 8,3”, al solito posto al centro della
plancia, si utilizzano preferibilmente i comandi
del MMI Touch con tasti e manopola con superficie a sfioramento posizionati al centro del tunnel
centrale appena più avanti della leva del cambio.
Oltre all’architettura della plancia, che integra
bocchette dell’aria ad estensione orizzontale a
“tutta larghezza”, quello che colpisce della nuova A4 è peròla varietà di sistemi tecnologici pensati per rendere più piacevole la guida a bordo: si
va dal sistema hotspot wifi basato sulla connessione LTE della vettura all’Audi Smartphone Interface che permette di interagire al meglio con
telefoni Android ed iOS passando per i sistemi
di ricarica ad induzione (con cellulari abilitati), il
suono del nuovo impianto audio B&O 3D (1.370
euro) o il Rear Seat Entertainment che i figli gradiranno alla stregua del tablet firmato Audi.
Guida anche da sola
Tutto qui? No, anzi, non abbiamo parlato del
passo che ormai sfora ufficialmente in quello che
solo qualche anno fa sarebbe stato considerato
da segmento superiore: sono ben 282 i cm che
separano le ruote a tutto vantaggio dello spazio
per i passeggeri (+2,3 cm per le gambe di chi siede dietro) e del volume del bagagliaio che nella
berlina tocca quota 480 litri (fino a 965 abbattendo progressivamente gli schienali).
Pesa 120 kg in meno
Numeri frutto di una totale riprogettazione di
quanto non si vede - la piattaforma - che ora
sfrutta il potenziale del nuovo pianale modulare
MLB portato al debutto con la nuova generazione
della Q7. Una struttura molto sofisticata, pensata per pesare il meno possibile pur senza lasciare
la sicurezza e la possibilità di cucire addosso un
corpo vettura con caratteristiche aerodinamiche al vertice della categoria: basti pensare che
la berlina vanta un Cx di 0,23 mentre la Avant di
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
offre una lista di accessori e finiture decisamente
superiori rispetto alle due versioni inferiori. Per
tutte sono disponibili i pacchetti Evolution (1.810
euro con clima trizona), il pacchetto S Line Exterior (da 1.755 euro), pacchetto S Line (da 2.445
euro con assetto -20mm) e pacchetto Audi design Selection a 2.445 euro con cerchi da 18”
gommati 245/40.
Da 150 a 272 CV
La gamma motori è molto ampia e ben strutturata, sin dall’inizio della commercializzazioni. In
novembre, infatti, arriveranno in concessionaria
due benzina e due turbodiesel con potenze dai
150 a 272 CV, mentre in futuro sono già previste versioni più potenti (S). Per quanto concerne
la gamma benzina a quota 150 CV si trova il 1.4
TFSI ad iniezione diretta disponibile con cambio
manuale a sei marce o con doppia frizione DSG
mentre il 2.0 TFSI entra in gamma con due livelli
di potenza: il 190 CV ultra con cambio manuale
o DSG ed il più potente 252 CV abbinato di serie al cambio a doppia frizione. In questo caso la
climatizzatore trizona (825 euro) che può prendere il posto di quello più semplice offerto di
serie (monozona) o del cruise control attivo (è
opzionale come quello da 360 euro standard)
che integra svariate funzioni di assistenza alla
guida: disponibile nel pacchetto Assistenza Tour
(da 1.310 euro in base all’allestimento) include
la gestione degli angoli ciechi degli specchietti,
il controllo della distanza di sicurezza, la lettura
dei cartelli stradali, il cambiamento accidentale
di corsia ma soprattutto il sistema di autogestione della marcia nel traffico fino a 65 km/h, a
patto che si tenga posata almeno una mano sul
volante. Questo per questioni di normative più
che di capacità della vettura di muoversi autonomamente nel traffico... Nella dotazione di serie mancano alcuni accessori importanti spesso
dati per scontati: sensori di parcheggio anteriori e posteriori, la telecamera di retromarcia, il
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trazione è anteriore o integrale attraverso la tecnologia meccanica a controllo elettronico quattro. Per quanto concerne i TDI la gamma si apre
con i 150 CV della 2.0 TDI ultra (anche S tronic
doppia frizione 7 marce) e si spinge ai 272 CV del
3.0 TDI quattro Tiptronic (8 marce) passando
per i 218 CV del 3.0 TDI quattro, disponibile anche con cambio S tronic e trazione integrale. Nel
corso del 2016 arriveranno anche S4 (354 CV) e
metano g-tron, ma solo per la Avant. Interessante, per il mercato italiano, la 2.0 TDI da 190 CV:
questa unità viene proposta anteriore o integrale
quattro: in quest’ultimo caso il cambio S tronic è
di serie. Per quest’unità Audi dichiara un consumo medio di 3,7 litri di gasolio ogni 100 km con
una emissione di CO2 pari a 95 g/km.
Dal vivo: com’è fuori
Alla stregua di quanto accaduto per TT ed R8 anche la nuova A4 sulle prime può lasciare perplessi in termini di evoluzione stilistica: guardandola
distrattamente, infatti, l’evoluzione non traspare così forte come quando si ha la possibilità di
controllo del traffico in arrivo nelle fasi d’uscita
dai parcheggi e la gestione degli angoli ciechi degli specchietti devono essere acquistati a parte,
meglio se in pacchetto Assistenza City proposto
a partire anch’esso da 1.300 euro. A pagamento
anche i fari a matrice di led con funzione antiabbagliamento di chi precede o sopraggiunge: costano 2.280 euro.
Gli allestimenti: saranno tre
Tre gli allestimenti disponibili: Design (a partire
da 33.800 euro), Business e Business Sport. La
più interessanti per il mercato italiano saranno
quelle a partire dall’intermedia Business dove
si “incontrano” il pacchetto navigazione, il cruise control, il sensore luci/pioggia ed i sensori
di parcheggio con un plus prezzo di 1.970 euro
rispetto alla versione d’accsso. Business Sport,
invece, costa almeno 3.200 euro in più ma
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Prove
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metterle a fianco e confrontarle. Allora sì che si
scopre come le novità siano tante ma soprattutto molto forti e proiettate nel futuro. A segnare
un passo avanti sono in particolar modo i gruppi ottici, oggi davvero raffinati ed intriganti nella
loro “dinamica luminosa”, ma anche la calandra
single frame che appare più elegante e marcata
pur senza strafare. Molto più pulite e slanciate
anche le linee della fiancata e più sinuose quelle
di coda con un accenno di spoiler molto sportivo
senza essere “arrogante”. Una vettura indubbiamente ben disegnata e costruita con precisione
maniacale, che rimane negli schemi dello stile
di Ingolstadt pur evolvendo e dettando il la per
le berline del futuro firmate Audi: chi si aspetta
grandi rivoluzioni è meglio che si rivolga altrove perché è chiaro che in Audi vogliono che, di
modello in modello, prima di tutto si capisca l’identità del brand e poi il modello. Ed in questo i
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gruppo di lavoro diretto da Marc Lichte sta dimostrando di saperci davvero fare.
Dal vivo: com’è dentro
Chi si aspettava grandi rivoluzioni fuori (e non
le ha trovate) troverà invece qualcosa di completamente diverso dentro. Tanto fuori quanto
all’interno del corpo vettura l’attenzione per il
dettaglio è davvero maniacale e si percepisce
immediatamente come nulla sia lasciato al caso.
In questo il lavoro sui materiali portato avanti da
anni dall’italiana Simona Falcinella si fa notare
come si fa notare la qualità degli accoppiamenti e lo stile dei sedili e della plancia, che vantano forme moderne ed allo stesso tempo molto
pulite. La posizione di guida è estremamente
personalizzabile, ci sono una vasta possibilità di
regolazione di volante e sedile...e più avanti ne
arriveranno anche con funzione massaggiante
e ventilante. L’unico neo è qualche vibrazione in
più in zona piedi ed una posizione forse un po’
troppo rialzata, alla stregua di quanto accade
con le vetture VW con piattaforma MQB: nulla di
grave ma alcuni guidatori potrebbero sentirsi un
po’ troppo “infossati”. Tanto lo spazio a bordo:
quello che stupisce della nuova A4 è lo spazio
riservato ai passeggero posteriori così come
l’ampia cubatura del bagagliaio, ovviamente non
degno della station wagon come facilità di carico
ma comunque interessante quanto a cubatura
e possibilità di utilizzo: questo grazie anche alla
possibilità di abbattere gli schienali posteriori
con logiche di frazionamento parziale.
Dal vivo: 100% tecnologia
Decisamente interessante e bello nella dinamica del movimento delle immagini, l’Audi Virtual
Cockpit è certamente una delle novità di spicco
degli ultimi 18 mesi di presenza sul mercato da
parte di Audi: il display è super leggibile ma soprattutto vanta una definizione davvero cinematografica ed una leggibilità in ogni direzione tale
da rendere quasi superfluo il monitor centrale da
8,3 pollici: un elemento, quest’ultimo destinato
presto all’estinzione visto e considerato che la
futuristica Concept Prologue mostra chiaramente la cancellazione di tale elemento in favore di
un display di dimensione ridotta dedicato esclusivamente al passeggero. Molto bene le funzioni
di integrazione dei telefoni di ultima generazione, interessante l’introduzione (finalmente) di
due porte USB (una con funzione di carica rapida) e sicuramente interessante l’idea di ospitare
a bordo la ricarica induttiva: presto quasi tutti i
telefoni di fascia alta offriranno questa funzione
ed Audi si fa trovare pronta. Interessanti anche le
tecnologie onboard legate alla sicurezza: vero, si
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paga tutto (e anche caro), ma quando si utilizza
l’adaptive cruise control per muoversi nel traffico fino ad una velocità di 65 km/h si viaggia davvero nel futuro. Il legislatore obbliga a tenere una
mano sul volante ma quello che si percepisce è
che la vettura è davvero in grado di guidare autonomamente mantenendo perfettamente velocità e distanze da chi ci precede o ci circonda nel
traffico cittadino. Un assaggio di quella tecnologia “autopilota” che arriverà di serie, nell’arco di
due/tre lustri di serie su tutte le auto.
Su strada: come va
Abbiamo scelto di guidare la nuova Audi A4 in
abbinamento a due motori che riteniamo tra i più
gettonati per il mercato italiano: il 2.0 TDI da 190
CV abbinato al cambio S tronic ed il 3.0 V6 TDI
da 218 CV con cambio S tronic e trazione quattro. Partiamo dal 2.0 TDI scoprendo un motore
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prove
decisamente in forma sotto ogni punto di vista:
molto silenzioso ai bassi e medi regimi il quattro
cilindri tedesco vanta una ottima erogazione sin
dai bassi regimi ed un crescendo di giri molto
vigoroso sino alla zona rossa. E’ un motore che
permette di avere margine in fase di sorpasso
e che, nella marcia autostradale, si dimostra un
grande passista oltre che davvero poco assetato
di carburante. Il 3.0 TDI è un motore decisamente più corposo, in particolar modo ai bassi e medi
regimi dove la differenza di cilindrata si fa sentire
in termini di coppia: il sei cilindri, che risuona più
prepotentemente nell’abitacolo, non fa dunque
sentire enormi differenze prestazionali (in questa declinazione) ma appare più indicata rispetto
alla 2.0 TDI da 190 CV per tutti coloro i quali non
pensano di utilizzare l’auto solamente per lavoro ma anche per il tempo libero, magari in montagna: in queste condizioni, grazie anche alla
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Prove
Periodico elettronico di informazione automobilistica
presenza della trazione integrale che offre sicurezza e solidità alla spinta, la A4 3.0 TDI si
dimostra superiore in termini di qualità di guida
rispetto alla sorella minore. Le qualità dinamiche
del nuovo telaio si dimostrano all’altezza delle
aspettative ed anche con i 190 CV della trazione
anteriore si fatica a mettere in crisi l’avantreno
nelle fasi di accelerazione. Eccezionale lo sterzo,
leggero ma estremamente comunicativo e veloce, così come abbiamo trovato molto sicuro l’appoggio in curva: unico neo un po’ di sottosterzo
in più del previsto in inserimento, ma solamente
quando si va davvero forte. I consumi sono interessanti: abbiamo registrato una media di 6,5
l/100 km con la 2.0 TDI e di 7,4 con il tremila da
218 CV: in entrambi i casi non abbiamo cercato
l’economy run ma abbiamo viaggiato normalmente su strade e autostrade poco trafficate a
velocità codice.
In conclusione
La nuova Audi A4 rappresenta una vettura davvero molto avanzata nel suo segmento di appartenenza: la nuova piattaforma modulare MLB
ha permesso di abbassare il peso ed allo stesso
tempo sono state introdotte tante tecnologie in
grado di far fare davvero un balzo nel futuro alla
A4. Peccato che tutto quello che fa davvero la
differenza con le competitor sia a pagamento (e
anche caro). La versione da prendere in considerazione, al netto dei ragionamenti legati all’utilizzo flotta, è almeno la Business motorizzata con il
2.0 TDI da 190 CV. Meglio ancora se si passa alla
3.0 TDI da 218 CV: con questo motore la A4 può
diventare davvero un’auto perfetta per ogni tipo
di utilizzo.
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Nuova Audi A4
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MERCEDES CLASSE A RESTYLING
Mostra i muscoli
La Mercedes Classe A restyling rimane fedele
all’impostazione originale che l’ha resa un
modello di estremo successo. Arrivano però
tante piccole novità e dettagli sfiziosi che la
rendono ancora più desiderabile. Peccato per
l’insonorizzazione
di Matteo Valenti
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Media
C
on la nuova Classe A Mercedes è riuscita a portare a
termine una vera rivoluzione.
Non solo perché la “piccola”
della Stella si è trasformata
da pacifica monovolume in
una hatchback decisamente più accattivante.
Ma soprattutto perché grazie a questo modello,
affiancato in breve tempo da una vera e propria
nuova famiglia (CLA e GLA, oltre alla Classe B),
Mercedes è riuscita là dove in molti hanno fallito,
aumentando le vendite e conquistando, al tempo
stesso, nuovi clienti, per di più tutti molto giovani. Basterà dire che Mercedes ha già costruito
più di 1 milione di vetture sulla piattaforma MFA
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a trazione anteriore. Solo in Italia ne sono state
vendute 100.000, di cui 50.000 Classe A. Un
successo che è andato oltre ogni aspettativa e
che ha finito per mettere i bastoni tra le ruote a i
mostri sacri del segmento, Audi A3 e BMW Serie
1 in testa. A tre anni dal lancio per la Classe A è
tempo di restyling, ma siccome squadra che vince non si cambia, le novità sono davvero limitate.
Per di più si tratta di affinamenti, pensati per renderla ancora più sfiziosa e tecnologica.
(prima si poteva avere solo come optional o sulla
versione sportiva 250). Davvero bellissimi poi i
nuovi fari “led high performace”, che mandano
definitivamente in pensione i vecchi bi-xeno. Con
il facelift arrivano poi inedite colorazioni per la
carrozzeria, tra cui spicca un curioso verde, e
cerchi in lega dal nuovo design, mentre al posteriore troviamo gruppi ottici a led con geometrie
interne riviste e terminali di scarico integrati nel
paraurti, davvero molto aggressivi.
Dal vivo: com’è cambiata
fuori con il restyling
Dal vivo: com’è cambiata
dentro con il restyling
A cambiare è soprattutto il frontale dove l’affascinante mascherina Matrix diventa di serie
Anche all’interno le novità si limitano a piccoli ritocchi di stile. La novità più evidente è il nuovo
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
aggiornamenti tecnici pensati per regalare qualche cavallo in più, aumentando l’efficienza. Si
parte con la A 160 che diventa il nuovo modello entry level della gamma grazie ad un 1.600
a benzina da 102 CV. Si passa poi alla versione
180, spinta dallo stesso motore ma in una versione da 122 CV, disponibile anche in variante
BlueEfficiency Edition. Più in alto troviamo la
200, sempre con il 1.600 che in questo caso eroga 156 CV. Passando alle versioni sportiveggianti
troviamo la a 220 4Matic a trazione integrale con
motore 2.0 litri da 184 CV, poi la A 250 (anche
4Matic) da 211 CV, affiancata dalla A 250 Sport
(anche 4Matic) da 218 CV. La punta di diamante
poi rimane l’ambita A 45 AGM che anche in questo caso guadagna qualche cavallo. La potenza
del 2.0 litri turbo più potente del mondo infatti
volante a tre razze e la grafica della strumentazione, leggermente rivista. Rimane l’impostazione con il display centrale sospeso, in stile tablet, che ora però diventa più grande (8”, prima
arrivava a 6”). Il sistema multimediale inoltre
diventa più moderno, grazie alla possibilità di
integrare alla perfezione dispositivi Apple tramite Car Play e quelli Android attraverso la nuova
funzione Mirror Link. Non mancano infine alcune
chicche pensate per i più esigenti, come le luci
d’ambiente regolabili fino a 12 tonalità di colore.
Dynamic Select: arrivano
le modalità di guida
Come su tutti i più recenti modelli della Stella poi
anche su Classe A arriva la possibilità di scegliere
diverse modalità di guida attraverso il Dynamic
Select che, a seconda delle versioni, permette
di variare la riposta di motore, cambio (quando
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passa a 381 CV (prima erano 360...) e la coppia
arriva a 475 Nm. L’aumento di potenza, ha permesso di migliorare lo scatto da 0 a 100 km/h di
ben 0,4 secondi, con un valore che ora scende
a 4,2 secondi. Un risultato che ha dell’incredibile – la supercar AMG GT raggiunge la stessa
velocità in 4,0 secondi... - reso possibile anche
all’introduzione del Launch Assist. Le versioni
diesel, che dicono addico alla sigla CDI, sostituita dalla lettera “d”, partono con le versioni best
seller (almeno in Italia) spinte dal quattro cilindri
turbo diesel di origine Renault da 1.5 litri. Due le
versioni disponibili con questo motore: la A 160
d da 90 CV e la A 180 d da 109 CV (anche in versione BlueEfficiency). Poi si passa al classico 2.1
litri nella versione 200 d da 136 CV e 220 d da
177 CV. Oltre al classico cambio manuale, rimane
è automatico), sospensioni (se sono previste
quelle regolabili) e persino il sound del terminale di scarico. Molto completo poi l’elenco dei
dispositivi di assistenza alla guida, raccolti sotto
il cappello delle tecnologie “Intelligent Drive”. Oltre all’immancabile cruise control attivo ora arriva di serie anche il radar anti-collisione, in grado
di effettuare frenate automatiche di emergenza
fino a 40 km/h. Non mancano poi l’Attention
Assist Plus, capace di suggerire quando diventa
opportuno fare una pausa, e i servizi Mercedes
Me, che, oltre alla chiamata di emergenza, permettono di avere informazioni in tempo reale sul
traffico, sullo stato della vettura e su eventuali
incidenti.
Motorizzazioni: CV in omaggio
Le piccole novità continuano sulla gamma
motorizzazioni, che ha subìto una serie di
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fatti. Non sono solo belli da vedere ma offrono
anche una seduta comoda, con tante possibilità
di regolazione e un buon sostegno. Dietro si sta
comodi in due, mentre il bagagliaio offre 341 litri
(1.157 abbattendo i sedili), un valore nella media
considerato il segmento di apaprtenenza. Promossi sia lo sterzo, mai troppo leggero e piuttosto comunicativo, così come l’assetto che si dimostra comodo nell’utilizzo quotidiano ma non
eccessivamente morbido quando si ha fretta.
Consumi
Nel corso della nostra prova, immersi nel traffico milanese e poi lungo una serie di tratti autostradali, siamo riusciti ad ottenere un consumo
medio pari a 6,1 l/100 km (dato del computer di
bordo). Unn risultato molto positivo per un’auto
automatica con cilindrata piuttosto generosa,
utilizzata senza troppi riguardi per il pedale del
gas.
disponibile il più sofisticato automatico a doppia
frizione 7G-DCT a sette rapporti. Sulle versioni
da due litri poi continua ad essere disponibile
la versione 4Matic a trazione integrale. Questi
modelli in condizioni normali si conmportano
come una normale trazione anteriore, inviando
gradualmente motricità all’asse posteriore solo
in condizioni di scarsa aderenza. I prezzi della rinnovata Classe A partono dai 23.880 euro
della entry-level a 160 a benzina per salire fino
ai 47.636 euro della versione firmata AMG. In generale il listino è stato ritoccato lievemente all’insù, ma bisogna aggiungere che ora la Classe A ha
molti più accessori e optional tecnologici di serie.
Le nostre impressioni di guida
Ci mettiamo al volante di una versione 200 d
con cambio automatico. Il motore è il classico
2.143 cc di Casa Mercedes in versione monoturbo. Ormai un grande classico con i suoi 136 CV
, costanti tra 3.200 e 4.000 giri/min. Il quattro
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cilindri tedesco si conferma una garanzia, spinge bene ed è perfetto per un’auto con ambizioni
sportiveggianti come la Classe A. Il merito è della coppia, davvero abbondante già in basso – a
1.400 giri/min ci sono 300 Nm pronti a scatenarsi – che rende la Classe A 200 d frizzante e, a
tratti, quasi divertente. L’unica cosa che non ci
ha convinto fino in fondo è stata la voce di questo
motore, che a volte tende a filtrare con troppa
foga all’interno dell’abitacolo. Buono il cambio
automatico, che presenta la levadi selezione sul
piantone di sterzo, in stile Mercedes, lasciando
molto libero e pulito il tunnel centrale. La cambiata è piuttosto veloce, anche se non raggiunge
i livelli di immediatezza del DSG Volkswagen (o
S Tronic che dir si voglia), ma presenta comunque logiche di gestione ben fatte. In definitiva, si
rivela un’opzione consigliatissima in abbinamento a questo motore. L’abitabilità in compenso è
molto buona davanti e i sedili sportivi con poggiatesta integrato si presentano veramente ben
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Conclusioni
Con il restyling la Classe A rimane fedele alla sua
impostazione originale, che l’ha resa un modello
di estremo successo. Si migliora però in tanti piccoli dettagli, offrendo molti più accessori di serie.
Bellissimi i nuovi fari led, convice il display più
grande da 8 pollici e si confermano una garanzia i
motori da 2.1 litri con cambio automatico. Si può
migliorare invece l’insonorizzazione dell’abitacolo e qualche plastica dall’aspetto un po’ troppo
“cheap” considerato il livello della vettura.
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NUOVA MINI CLUBMAN
Station wagon?
No, Shooting
Brake
Novità in casa MINI: la Clubman si rifà il look, cresce
nelle dimensioni e nelle dotazioni, senza tradire i
valori del Brand. Abbiamo provato la versione più
interessante: la Cooper S con cambio Steptronic
a otto rapporti
di Cristina Bacchetti
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Media
S
iamo ormai abituati alle evoluzioni e rivoluzioni di Mini,
ma questa è davvero grossa,
nel vero senso della parola!
La Mini è sempre meno Mini:
in questa versione Clubman,
che a breve vedremo nelle concessionarie, le
porte diventano 5 e le dimensioni crescono non
di poco. Sono 27 i cm in più in lunghezza, 9 in
larghezza e il passo cresce di 10 cm. Il volume
del bagagliaio, capacità 360 litri, arriva a 1.250
abbattendo lo schienale della panca posteriore. Numeri da station wagon, quasi, ma in Mini
preferiscono chiamarla Shooting Brake, ovviamente reinterpretando il termine in chiave moderna e personale. Un nuovo concetto per l’ex
piccolina, che diventa ora una vettura poliedrica,
adatta all’uso cittadino così come per i lunghi
viaggi, comoda per fare la spesa, ottima per le
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Prova
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segmento delle vetture compatte. Il passo è di
2.670 millimetri, la carreggiata anteriore misura 1.564 millimetri, quella posteriore 1.565. Una
Mini più matura quindi, con gli interni completamente ridisegnati e una plancia che sembra
un bazar: strumentazione integrata al piantone
di sterzo, display centrale circolare con anello
luminoso a LED, consolle centrale con freno di
stazionamento elettrico, porta-bicchieri, Mini
Controller e bracciolo. Il tutto condito da pannelli porte retroilluminati blu (Mini Yours Interior
Styles) e cromature su tutti i tasti di comando.
Non vi basta? C’è anche il logo Mini proiettato a
terra dallo specchietto lato guidatore, giusto a
sottolineare il carisma del Brand. E se non amate
cotanta esuberanza, poco male, ci sono ovviamente versioni più sobrie ed eleganti. Nuove le
proposte di colore per gli esterni, con la possibilità di scegliere tetto e calotte degli specchietti
retrovisori esterni in vernice a contrasto bianca, nera oppure argento e soprattutto senza alcun sovrapprezzo. Ampia la scelta anche per le
nuove combinazioni proposte per sedili e interni
oltre che per i cerchi, che vanno da 16 a 19 pollici:
questa Mini accontenta proprio tutti.
Le motorizzazioni
Sono 6 le motorizzazioni disponibili per chi vuole mettersi in garage la nuova Clubman, di cui
3 Diesel, tutte Euro 6.Vediamole nel dettaglio.
Mini Cooper S Clubman: motore quattro cilindri
a benzina con tecnologia Mini TwinPower Turbo
(turbocompressione, iniezione diretta di carburante, comando valvole variabile, regolazione
variabile degli alberi a camme), cilindrata: 1.998
cm, potenza: 141 kW/192 CV a 5.000 g/min,
coppia max: 280 Nm a 1.250 g/min (300 Nm con
overboost), accelerazione (0–100 km/h): 7,2
secondi (cambio automatico: 7,1 secondi), velocità massima: 228 km/h, consumo combinato
di carburante: 6,3 – 6,2 litri (5,9 5,8 litri)/100
chilometri. Mini Cooper Clubman: motore tre cilindri a benzina con tecnologia Mini TwinPower
Turbo (turbocompressione, iniezione diretta di
vacanze con la famiglia. Il tutto senza perdere il
DNA Mini fatto di divertimento alla guida, grinta
e linee personalissime. Sì, perché l’anteriore è
quello che ben conosciamo, imponente e inconfondibile; il lungo tetto porta al posteriore con le
due split door apribili manualmente o con due
tocchi del telecomando (uno per porta). Avete
le mani impegnate? Basta avvicinare un piede al
paraurti per aprire prima una e poi l’altra porta.
Ridisegnate anche le luci posteriori, al centro
delle quali spicca la grande scritta Clubman. Una
linea che riporta alla mente le Morris Mini-Traveller e Austin Seven Countryman di 55 anni fa,
che si differenziavano dal modello originale proprio per una maggiore lunghezza esterna, + 25
centimetri e un passo allungato di 10 centimetri.
Qualche numero della new Clubman? Lunghezza
di 4.253 millimetri, larghezza di 1.800 millimetri
e altezza di 1.441 millimetri: misure nuove nel
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Prova
Periodico elettronico di informazione automobilistica
cilindri diesel con tecnologia MiniTwinPower Turbo (turbocompressore con geometria variabile
della turbina, iniezione diretta Common-Rail)
cilindrata: 1.496 cm, potenza: 85 kW/116 CV
a 4.000 g/min, coppia max: 270 Nm a 1.750 –
2.250 g/min, accelerazione (0–100 km/h): 10,4
secondi (cambio automatico: 10,4 secondi), velocità massima: 192 km/h, consumo combinato
di carburante: 3,9 – 3,8 litri (4,1 – 3,9 litri)/100
chilometri. Alternativa al tradizionale cambio
manuale a sei rapporti è il nuovo Steptronic a
otto rapporti, offerto come optional sulla Cooper
S, Cooper SD e Cooper D. Su richiesta è altresì
possibile equipaggiare la vettura con il Mini Driving Modes, per scegliere se guidare in modalità
Sport o Green attraverso un semplice comando
posto alla base della leva del cambio.
carburante, comando valvole variabile, regolazione variabile degli alberi a camme), cilindrata:
1.499 cm, potenza:100 kW/136 CV a 4.400 g/
min, coppia max: 220 Nm a 1.250 g/min (230
Nm con overboost), accelerazione (0–100
km/h): 9,1 secondi (cambio automatico: 9,1 secondi), velocità massima: 205 km/h, consumo
combinato di carburante: 5,3 – 5,1 litri (5,3 – 5,1
litri)/100 chilometri. Mini One Clubman: motore
tre cilindri a benzina con tecnologia Mini TwinPower Turbo (turbocompressione, iniezione
diretta di carburante, comando valvole variabile, regolazione variabile degli alberi a camme),
cilindrata: 1.499 cm, potenza: 75 kW/102 CV
a 4.100 g/min, coppia max: 180 Nm a 1.200 –
3.800 g/min, accelerazione (0–100 km/h): 11,1
secondi (cambio automatico: 11,7 secondi), velocità massima: 185 km/h, consumo combinato
di carburante: 5,3 – 5,1 litri (5,3 – 5,1 litri)/100
chilometri. Mini Cooper SD Clubman: motore
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Dotazione di bordo
L’equipaggiamento di serie della nuova Clubman
comprende gli specchietti retrovisori esterni a
regolazione elettrica, l’impianto di climatizzazione, il sensore di pioggia con regolazione automatica delle luci anabbaglianti, la radio con connettore AUX-In e interfaccia USB con impianto
vivavoce per il telefono. È possibile poi personalizzare la dotazione dedicata al comfort grazie ai
moltissimi optional proposti: climatizzatore automatico a due zone, sedili riscaldati di guidatore
e passeggero e al pacchetto di ottimizzazione
della vista con riscaldamento del parabrezza,
tetto panoramico in vetro con superficie vetrata
di 120 centimetri. È possibile montare il volante sportivo in pelle (di serie su Cooper S e Cooper SD), il volante sportivo in pelle Mini Yours
e il volante in pelle John Cooper Works. Sono
quattro cilindri diesel con tecnologia Mini TwinPower Turbo (turbocompressore con geometria
variabile della turbina, iniezione diretta Common-Rail) cilindrata: 1.995 cm, potenza: 140
kW/190 CV a 4.000 g/min, coppia max: 400 Nm
a 1.750 – 2.500 g/min, accelerazione (0–100
km/h): 7,4 secondi (cambio automatico: 7,4 secondi), velocità massima: 225 km/h, consumo
combinato di carburante: 4,6 – 4,5 litri (4,4 – 4,3
litri)/100 chilometri. Mini Cooper D Clubman:
motore quattro cilindri diesel con tecnologia
Mini TwinPower Turbo (turbocompressore con
geometria variabile della turbina, iniezione diretta Common-Rail) cilindrata: 1.995 cm, potenza:
110 kW/150 CV a 4.000 g/min, coppia max: 330
Nm a 1.750 g/min, accelerazione (0–100 km/h):
8,6 secondi (cambio automatico: 8,5 secondi),
velocità massima: 212 km/h, consumo combinato di carburante: 4,4 – 4,1 litri (4,4 – 4,1 litri)/100
chilometri. Mini One D Clubman: motore tre
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
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disponibili i mancorrenti sul tetto, il gancio traino con testina sferica separabile, gli specchietti
retrovisori esterni riscaldabili e ripiegabili, specchietti retrovisori esterni ed interno autoanabbaglianti e sistema di altoparlanti HiFi Harman
Kardon. In combinazione con la radio Visual
Boost e il sistema di navigazione viene offerto
come optional il Mini Connected, sistema che
permette l’integrazione di smartphone a bordo e l’utilizzo di servizi Internet. L’optional Mini
Connected XL, disponibile in combinazione con il
sistema di navigazione Mini Professional, include
inoltre la funzione Journey Mate con possibilità
di pianificare il viaggio, assistenza e Traffic Radar
in tempo reale. A confermare il carattere young
di Mini troviamo numerose funzioni di social
network e infotainment integrabili a bordo attraverso apposite App disponibili sia per iPhone
che per Android. Il comando avviene tramite il
sopra. Non appena a bordo è evidente che c’è
addirittura più di quel che serve, ma le possibilità di personalizzazione sono infinite ed è quindi
possibile cucirsi addosso la propria Mini a seconda di gusti ed esigenze personali. I sedili sono
avvolgenti, comodi anche se di dimensioni piuttosto ridotte, l’abitacolo è spazioso e anche la
panchetta posteriore accoglie comodamente tre
passeggeri. Ottima l’abitabilità e la visibilità data
dal parabrezza e dai vetri ampi; facile trovare la
giusta posizione grazie al sedile regolabile elettricamente con funzione di memoria. Unica pecca per il comfort, ma dipende dai punti di vista,
è il rombo del potente propulsore da 192 cavalli,
che nei momenti di guida un po’ più esuberante
non esita a farsi sentire all’interno dell’abitacolo.
Ed è proprio dal motorone da 2 litri della Cooper
S che vogliamo cominciare: un propulsore tutto
sprint, perfetto per il caratterino della MINI e che
40
Controller montato sulla consolle centrale e il
display a colori della strumentazione centrale.
L’equipaggiamento del sistema di navigazione
MINI Professional include il monitor di bordo da
8,8 pollici e il Mini Touch Controller. Per non farsi
mancare proprio nulla, la nuova Mini Clubman è
ordinabile con una carta SIM integrata che mette
a disposizione l’Emergency Call con rilevazione
automatica della posizione e riconoscimento
della gravità dell’infortunio. Tra gli altri optional
troviamo la nuova tecnica d’illuminazione full
LED. (Proiettori a LED con luce diurna LED e
luci posteriori LED; diffusione adattiva del fascio
luminoso e luce di svolta LED; fari fendinebbia
LED).
Come va?
Oggetto della nostra prova è una bella Cooper S
full optional, dotata di tutti gli ammennicoli di cui
dà il meglio di sé abbinato al cambio automatico Steptronic a otto rapporti, impeccabile e impercettibile negli innesti. La cavalleria è sempre
pronta, a tutti i regimi, e più che sufficiente per
divertirsi un bel po’ su qualsiasi tipo di percorso.
L’elettronica e l’assetto completamente riprogettato enfatizzano la sensazione di guida da
go-kart, come amano chiamarla in Mini, favorita dalle sospensioni posteriori particolarmente
rigide e dal baricentro che rimane basso, nonostante il restyling. ABS, assistente di frenata e di
partenza, traction control e bloccaggio elettronico del differenziale fanno il resto: sulle tortuose
stradine nelle foreste della Svezia, teatro della
nostra prova, la nuova Clubman ha dimostrato
carattere e sicurezza, oltre ad averci regalato
una buona dose di divertimento. Non vi basta?
Il driving mode Sport irrigidisce lo sterzo, regala
un pizzico di brio al motore e maggior sportività
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Prove
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Prove
alle cambiate dello Steptronic. Il contorno dell’oblò centrale si colora di rosso. Per la guida più rilassata, invece, il mode Green riduce il consumo
di carburante, inserisce lo Start&Stop e gestisce
in maniera parsimoniosa tutti i sistemi dell’auto.
Il contorno dell’oblò si colora di verde. Infinita la
serie di optional di assistenza al guidatore, quali
HeadUp-Display (comodissimo per tenere sotto
controllo la velocità), Park Assistant, telecamera
di retromarcia e Driving Assistant inclusa la regolazione attiva della velocità su base di telecamera, avvertimento di rischio di tamponamento
e d’investimento pedoni con funzione decelerante, High Beam Assistant e riconoscimento della
segnaletica stradale. Serve altro? Probabilmente
c’è.
In conclusione
Mini conferma, con questa new entry, l’inarrestabile curiosità nell’esplorare nuove strade e
arriva ad un ottimo compromesso tra fedeltà ai
punti fermi del Brand e innovazione, ampliando
intelligentemente il target di clientela e il raggio
di utilizzo con un’auto poliedrica e adatta davvero a tutti e a tutti gli utilizzi, personalizzabile
attraverso infinite declinazioni di colori, interni,
optional. E’ nelle concessionarie, con prezzi che
partono dai 24.800 euro della Cooper fino ai
28.800 della Cooper S.
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
capote, la più ampia attualmente impiegata oggi
nel settore automobilistico, in tessuto che si
apre in 18 secondi e si richiude in 21 premendo
un pulsante sulla consolle centrale e può essere
azionata fino alla velocità di 48 km/h. La capote
è disponibile solo nel colore “Ebony Black”. La
protezione antiribaltamento è rappresentata da
due barre estraibili in alluminio nascoste nelle
pannellature posteriori, che in caso di di ribaltamento si sollevano in 90 millisecondi.
Spazio per quattro
RANGE ROVER
EVOQUE CONVERTIBLE
di Daniele Pizzo | E’ l’unico SUV cabriolet prodotto in serie. Dotato di
una capote in tessuto che si apre in 18 secondi, mantiene inalterate le
capacità off road della Evoque Coupé o 5 porte. Arriverà la prossima
primavera
A
coniugare la versatilità di un SUV al fascino di una cabriolet nessun costruttore ci aveva mai pensato o aveva mai
osato, fatta eccezione per la “meteora”
Murano cabriolet di Nissan, che qualche anno fa
fu realizzata in pochissimi esemplari tutti commercializzati in California. Land Rover invece ci
lavora da un pezzo e dopo averla presentata a
più riprese allo stadio di concept car e aver raccolto numerosi feedback positivi, si appresta
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L’abitacolo può ospitare fino a quattro passeggeri. Tutte le Evoque Cabrio sono equipaggiate al
posteriore con due poltrone posteriori fisse con
braccioli centrali e altoparlanti opportunamente
modificati nei pannelli. Il posizionamento della
capote nel bagagliaio ne riduce la capacità a 251
litri, ma è presente un vano passante per caricare oggetti lunghi come sci e tavole da snowboard.
Le versioni SE Dynamic montano sedili in pelle
traforata nella combinazione bitono Ebony/Ebony che presentano una fascia centrale in pelle
traforata con sezioni centrali a coste, disponibili
in Ebony/Ebony e Lunar/Ivory. La HSE Dynamic
offre anche tre esclusive combinazioni di colori
in piena pelle Oxford: Ebony/Pimento, Ebony/
Vintage Tan e Lunar/Ice. Sulla Evoque cabriolet
debutta inoltre il nuovo touchscreen da 10,2” ad
alta risoluzione, con l’altrettanto nuovo sistema
di infotainment Jaguar Land Rover InControl
Touch Pro che integra le funzioni di audio, clima,
telefono, navigatore satellitare e wi-fi.
I motori
La gamma motori della nuova Range Rover Evoque Convertibile è formata dal nuovo motore Ingenium 2.0 turbodiesel che eroga una potenza di
149 CV o 180 CV e consuma in media 5,1 l/100
km o 5,7 l/100 km a seconda della versione scelta. In alternativa si può scegliere per il benzina
Si4 che arriva fino a 240 CV e vanta una coppia
di 340 Nm.
Con questa motorizzazione la nuova Range Rover Evoque Convertible acceledra da 0 a 100
km/h in 7,8 secondi e raggiunge una velocità
massima di 209 km/h. Tutte le motorizzazioni
sono abbinate di serie alla trasmissione automatica ZF a 9 rapporti. Inalterate rispetto alla Evoque Coupé o 5 porte sono le capacità fuoristradistiche, con trazione 4x4 di serie oppure con la
trasmissione Active Driveline che passa automaticamente dalla modalità 4x4 alla 4x2 per ridurre
i consumi.
a lanciare sul mercato la Range Rover Evoque
Convertible, quello che sarà l’unico SUV cabriolet sul mercato al lancio previsto per la primavera del 2016, ma che si può già ordinare presso la
rete vendita di Land Rover Italia.
Giù il tetto in 18 secondi
La Range Rover Evoque Cabrio conserva le proporzioni delle versioni Coupé e cinque porte,
ma al posto di tetto e montanti è presente una
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
Sant’Agata hanno concentrato i primi sforzi: il
V10 da 5.2 litri, ora, vanta un sistema di disattivazione dei cilindri, quando la performance
massima non è richiesta. Basta però un tocco
importante dell’acceleratore per tornare a sprigionare tutta la potenza della supercar. Grazie a
questa features, la Huracan ha ridotto le emissioni di CO2 a 283 g/km. Nella modalità di guida
denominata “strada”, i tecnici assicurano di aver
migliorato la risposta dello sterzo e della vettura
in maniera sostanziale, assicurando una tenuta
di strada ed un comportamento neutri. Guadagna tantissimo la palette colori disponibili per la
Huracan, oltre all’aggiunta di interni in pelle. A
richiesta, il cliente può anche ordinare il sistema
audio Sensonum, un sistema di scarichi sportivi
ed un pacchetto da viaggio, il quale cerca di massimizzare gli spazi di bordo, al fine di ospitare un
numero maggiore di bagagli. Il prezzo di partenza per la Lamborghini Huracan 2016, tuttavia, è
immutato: 169.500 €.
LAMBORGHINI HURACAN
NOVITÀ DI SOSTANZA PER
LA MODEL YEAR 2016
Lamborghini apporta modifiche di sostanza alla Huracan. La Model Year
2016, è stata migliorata nell’efficienza, nella guidabilità e nella comodità
C
ercare di migliorare una supercar
con piccoli e sapienti ritocchi senza
stravolgerne l’essenza intera, non
è mai cosa facile. Ci prova Lamborghini, che per la Model Year 2016 della sua
Huracan tenta di apportare alcune piccole ma
significative migliorie. L’essenziale è invisibile
agli occhi, ed è proprio dal motore che i tecnici di
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
sfide che hanno visto contrapporsi le due case
negli anni ’60. Spinta dal celebre propulsore V8
da 3.9 litri, la Ferrari è capace di una potenza di
550 cavalli. Raggianti i piloti che la porteranno in
pista la prossima stagione: Giancarlo Fisichella,
Andrea Bertolini, Davide Rigon, Olivier Beretta,
Gianmaria Bruni, Toni Vilander e James Calado.
«Non era facile progettare una vettura migliore
della già velocissima 458 che stiamo utilizzando
nei campionati in corso ma anche questa volta
la Ferrari si è superata. Infatti questa macchina, oltre a essere veloce è anche molto facile da
guidare per i nostri clienti sportivi e non sempre
velocità e facilità vanno d’accordo. È migliorata
l’aerodinamica e la potenza col motore turbo.
Siamo sicuri che la 488 sarà protagonista in tutti
i campionati internazionali» commenta Andrea
Bertolini. Il costo dell’auto si aggira sulla cifra di
630.000 euro.
FERRARI 488 GTE E GT3
LA SFIDA ALLA FORD GT È LANCIATA
di Marco Congiu | Nel corso delle Finali Mondiali del Mugello, Ferrari ha
tolto i veli alla 488 GT3 e GTE, vetture che saranno impegnate nel
prossimo Mondiale Endurance ed alla 24 Ore di Le Mans del giugno
2016. Si preannuncia una sfida dal sapore epico con la Ford GT
Q
uando una Ferrari viene svelata, è
innegabile provare una forte emozione. Sia che si tratti di automobile
concepite per l’uso stradale che –
meglio ancora – per correre sui tracciati di tutto il mondo, il Cavallino riesce sempre
a calamitare l’attenzione degli appassionati. Non
fanno eccezione le due nuove “belve” recanti lo
stemma che fu di Francesco Baracca. Stiamo
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parlando della 488 GTE e della 488 GT3. Presentate in occasione delle Finali Mondiali del Mugello, le due auto sono state sviluppate per competere nel WEC, nei principali campionati Gran
Turismo e, ovviamente, nel prestigiosi scenario
della 24 Ore di Le Mans. La corsa, in programma
il prossimo giugno, vedrà in aggiunta il ritorno ufficiale della Ford, con la GT. Si tornerà a respirare,
per certi versi, il profumo epico delle leggendarie
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Periodico elettronico di informazione automobilistica
La MX-5 Spyder si distingue per il soft top minimalista, la tinta esterna Mercury Silver, il kit
esterno in fibra di carbonio e i cerchi in lega
leggera da 17 pollici con pneumatici Yokohama
ADVAN Racing RS II, oltre che per i sedili rivestiti
in pelle pieno fiore Spinneybeck Prima.
Peso piuma, schema essenziale
MAZDA
MX-5 SPYDER E SPEEDSTER CONCEPT
La Speedster invece, ancora più estrema, riporta
la MX-5 all’essenziale. Al posto del parabrezza
troviamo un semplice deflettore per l’aria, proprio come avveniva sulle sportive aperte “old
school”. Non mancano dettagli pensati per alleggerire ulteriormente il prototipo, come le portiere e i sedili in fibra di carbonio, oltre ai cerchi in
lega da 16 pollici ultraleggeri RAYS 57 Extreme
Gram. La Speedster, grazie a questi accorgimenti, riesce ad abbattere il peso fino a 943 kg, ma
si distingue anche per un assetto ribassato di 30
mm rispetto alla MX-5 di serie grazie a sospensioni regolabili dedicate. Entrambi i concept nascondono la motorizzazione prevista per la nuova MX-5. Si tratta di un quattro cilindri aspirato di
ultima generazione a benzina con doppio albero
a camme in testa e alzata variabile delle valvole,
in grado di erogare 160 CV.
La Casa di Hiroshima non lascia anzi raddoppia e torna a stupire al
Sema di Las Vegas con le affascinanti Mazda MX-5 Spyder e MX-5
Speedster concept. Due prototipi che vogliono rappresentare la
massima espressione del piacere di guida en plein air
M
azda continua nel segno della tradizione e torna a stupire al Sema
Show di Las Vegas con due prototipi mozzafiato su base MX-5. Già
nel 2011 infatti aveva lasciato a bocca aperta il
mondo degli appassionati con la MX-5 Spyder
concept, realizzata a partire dal modello di terza
generazione (NC).
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Non lascia, anzi raddoppia
Oggi, a quattro anni di distanza, la Casa di Hiroshima non lascia anzi raddoppia con due prototipi derivati naturalmente dalla nuova MX-5 di
quarta generazione (ND). Presentate alla fiera di
Las Vegas, le Mazda MX-5 Spyder e MX-5 Speedster concept vogliono rappresentare la massima
espressione del piacere di guida en plein air.
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l’utilizzo di mappe in 3D, mentre il modulo Connect Plus aggiunge le informazioni sul traffico in
tempo reale e la possibilità di collegarsi alla rete
wlan offerta dall’hotspot della vettura. Ai gruppi
ottici vengono aggiunti su richiesta i fari principali completamente a LED con Porsche Dynamic
System Plus, ovvero l’integrazione del controllo
automatico degli abbaglianti, la funzione cornering e la modifica del fascio luminoso in base al
tipo di percorso affrontato grazie alle informazioni fornite dal gps. Ricca aggiunta di novità per
la Macan Turbo, la quale riceve pacchetti supplementari per la cura degli interni, dove domina l’Alcantara con pregevoli inserti in carbonio,
oltre a diversi elementi che sottolineano l’anima
sportiva del marchio, come i cerchi da 21” nel design 911 Turbo e specchietti retrovisori di taglio
sportivo. Il model year 2016 della Porsche Macan
sarà disponibile da gennaio.
PORSCHE MACAN
TANTE PICCOLE NOVITÀ PER IL M.Y 2016
In contemporanea con il lancio della Macan GTS, Porsche ha svelato
alcune novità per quanto riguarda il model year 2016 del suo SUV di
medie dimensioni
P
arlare di restyling sarebbe davvero improprio. Tuttavia, le novità che
Porsche ha deciso di introdurre sul
model year 2016 della sua Macan
non sono davvero di poco conto. In occasione
della presentazione della versione GTS del suo
SUV di medie dimensioni al Tokyo Motor Show
2015, la casa di Stoccarda arricchisce di diversi particolari di pregio la propria sport utility.
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Viene introdotto il PCM – Porsche Communication Manager. Il fiore all’occhiello del sistema è
un monitor touchscreen capacitivo – come quello degli smartphone - da 7” ad alta risoluzione.
Il cliente potrà contare su differenti possibilità
di personalizzazione: si comincia con il modulo
Connect, vale a dire un inserto per lo smartphone sul tunnel centrale, dov’è possibile ricaricare
tale dispositivo. Il modulo Navigazione impiega
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
di Automoto.it, soprattutto grazie agli interventi
del nostro editorialista Enrico De Vita, e che ora
trovano piena conferma in questa intervista a
Vittorio Rocco, Direttore dell’Istituto Motori del
CNR di Napoli. Dichiarazioni importanti, visto
che è la prima volta che un ente statale prende
posizione in maniera così netta nei confronti della questione scaturita dallo scandalo VW.
Innanzitutto ci può spiegare brevemente di
che cosa si occupa al CNR di Napoli?
«Insegno “Macchine” alla Facoltà di Roma Tor
Vergata. Nel 2014 poi ho vinto un concorso e
sono diventato Direttore dell’Istituto dei Motori
al CNR di Napoli dove si svolgono soprattutto
ricerche relative all’innovazione tecnologica dei
motori a combustione interna ed allo sviluppo
di propulsori di nuova generazione. In Istituto
Motori lavorano 48 ricercatori strutturati, a cui
si sommano altri 25 collaboratori che svolgono
attività di dottorato o che lavorano con assegni di
ricerca post-laurea e tecnici specializzati addetti
ai laboratori».
E di quali attrezzature vi servite?
«Credo di poter affermare senza problemi che
siamo una delle strutture più avanzate d’Italia.
Abbiamo 20 laboratori che si estendono su una
superficie di quasi 4.000 metri quadrati. In alcuni di questi siamo in grado di riprodurre il ciclo di
omologazione, finito proprio in questi giorni sulle
prime pagine di tutti i giornali. Abbiamo attrezzature di ultima generazione e siamo in grado anche di condurre test su strada, in condizioni reali,
per rilevare dati effettivi in termini di consumi ed
emissioni».
VITTORIO ROCCO, CNR
«SCANDALO VW? IL MOTORE DIESEL
NON C’ENTRA NIENTE»
di Matteo Valenti | Vittorio Rocco, Direttore dell’Istituto Motori del CNR
di Napoli, ha le idee chiare. Lo scandalo che ha investito la Volkswagen
non deve finire per sbarrare la strada al diesel. Ecco perché
P
urtroppo, quello che temevamo di
più, si sta avverando. Lo scandalo
Volkswagen ha finito col trasformarsi
in una nuova battaglia contro il motore diesel. Una stortura bella e buona, visto che
le gravi responsabilità della vicenda riguardano
esclusivamente il colosso di Wolfsburg, colpevole di aver truccato le centraline su milioni di auto
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in tutto il mondo, e non hanno nulla da spartire
con il motore diesel nel suo complesso. Un motore che negli ultimi decenni è stato protagonista
di uno sviluppo tecnologico eccezionale. Con il
risultato che i moderni propulsori a gasolio, soprattutto nelle recenti varianti Euro 6, sono divenuti addirittura più puliti di quelli a benzina. Tutte posizioni che da tempo ribadiamo sulle pagine
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Intervista
Periodico elettronico di informazione automobilistica
Alcuni sostengono che Volkswagen andrebbe
condannata per disastro ambientale. È uno
scenario realistico?
«A mio parere l’effetto ambientale dei veicoli
Volkswagen coinvolti nello scandalo centraline (più di 600.000 soltanto in Italia, nda) sono
praticamente nulli o trascurabili. Il nostro parco
auto circolante infatti ha una media di 10 anni
e tra queste vetture ci sono ancora moltissime
Euro 1, Euro 2, Euro 3 ed Euro 4. Le auto comprate negli ultimi due anni quindi non sono di certo la
maggioranza. Quanto pensa che possano pesare
sulle emissioni totali un pugno di Euro 5 Volkswagen? Il problema della qualità dell’aria nelle aree
riguarda il circolante complessivo, oltre a tutta
un’altra serie parametri come i riscaldamenti
delle abitazioni e la produzione industriale. E non
qualche Volkswagen Euro 5 che forse emette
come una Euro 4 o una Euro 3...»
Tanti dichiarano fin troppo sommariamente
che ci vorrebbero test su strada per omologare le auto, ma questo non è possibile, vero?
«Deve essere chiaro. Questi test “in condizioni reali” non possono essere utilizzati in fase di
omologazione. Per omologare un veicolo servono condizioni ripetibili e quindi le prove vanno
effettuate solo ed esclusivamente al banco, in
laboratorio. I test su strada possono essere soltanto complementari».
Lo scandalo Volkswagen tiene banco sui giornali da diverse settimane. Che idea si è fatto a
riguardo?
«Tutto è nato dalla maggiore severità che gli Stati
Uniti hanno imposto alle emissioni di NOx. A questo punto credo che Volkswagen, dal momento
che diventava complicato avere una versione del
TDI che rispettasse le norme americane, abbia
scelto una scorciatoia. In merito però si possono
fare soltanto supposizioni, perché in mano non
abbiamo dati certi».
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Perché in america sono così duri con gli NOx?
«L’atteggiamento degli Stati Uniti è un po’ controverso.
Se da un lato sono severissimi con gli NOx dall’altro si dimostrano decisamente più tolleranti nei
confronti del monossido di carbonio, un inquinante più pericoloso, che negli Usa può raggiungere tranquillamente livelli superiori di 4 – 5 volte
rispetto ai nostri parametri».
Ci sta dicendo che è possibile che il governo
americano abbia intrapreso la strada della severità nei confronti degli Nox per tenere lontani i diesel dal loro mercato?
«Sono due gli aspetti da considerare. Da un lato
c’è la Volkswagen che non può avere scusanti
perché ha portato avanti una truffa bella e buona. Dall’altro però rimane il fatto che gli Stati Uniti, storicamente, non siano mai stati favorevoli
alla penetrazione del motore diesel sulle “passengers cars”, ovvero sulle auto più compatte».
Per tutelare i cittadini però è giusto andare a
fondo sulla vicenda...
«È importante capire a fondo quale sia stata la
macchinazione dietro al taroccamento delle centraline. Ma solo per tutelare i cittadini e i consumatori rispetto ad un bene che hanno acquistato
con determinate caratteristiche. Ma se l’obiettivo deve essere quello di andare a scoprire l’impatto ambientale di queste vetture allora, a mio
parere, diventa inutile».
Purtroppo come spesso accade di fronte ai
grandi scandali si rischia di perdere di vista il
vero nocciolo della questione. E a farne le spese questa volta è il motore diesel che è stato
messo in croce come se fosse l’origine di tutti i
mali. Ma le cose stanno veramente così?
«Non bisogna trasformare lo scandalo della
Volkswagen in una crociata contro il diesel. Il
motori a gasolio Euro 6, se ben fatti e se privi di
“trucchi”, inquinano meno di quelli a benzina. Ma
sono molti gli aspetti a favore di questo tipo di
propulsore. Quando si va a raffinare il petrolio
per esempio avremo delle quote più o meno fisse
che possono trasformarsi in benzina, gasolio oppure olii pesanti. E siccome queste percentuali
non è che si possano variare a proprio piacimento, utilizzare gasolio è un modo per ottimizzare lo
sfruttamento della risorsa petrolifera. Il motore a
gasolio poi ha subito negli ultimi 10 anni uno sviluppo molto più intenso rispetto al benzina. Se
paragoniamo un motore diesel ad un’unità simile
di 15 anni fa troveremo qualcosa di preistorico. E
non possiamo dire la stessa cosa per il benzina».
Il ciclo di omologazione, così com’è strutturato oggi, finisce per favorire a dismisura le auto
ibride, visto che non si tiene conto dell’energia
elettrica stivata preventivamente nelle batterie. Al di là di questa situazione, cosa pensa di
questa tecnologia?
«È vero, le ibride sono favorite molto dall’attuale ciclo di omologazione. Il problema dell’inquinamento però affligge in maniera particolare le
grandi città perché a causa della loro stessa conformazione diventa difficile avere un ricambio
dell’aria.
Credo molto nella tecnologia ibrida ma solo in
ambito strettamente urbano. In autostrada invece, l’ibrido diventa totalmente inutile, perché si
finisce per portarsi sulle spalle il peso delle batterie e di tutte le componenti elettriche».
Quale sarebbe a suo parere la forma di alimentazione ottimale per l’auto del prossimo futuro?
«L’ideale per me sarebbe l’ibrido a metano per
le citycar. Prima di tutto perché con il metano,
grazie alla sua melocola CH4, riusciamo immediatamente ad abbassare la CO2 (di circa il 12%,
nda), rispetto alla benzina. E poi perché gli idrocarburi metanici non sono tossici come quelli
benzenici. Una caratteristica che da poco è stata
riconosciuta anche dall’Unione Europea che ha
iniziato a distinguere questi due tipi di idrocarburi incombusti allo scarico. In questo modo uniremmo i vantaggi dell’ibrido in città a quelli tipici
di questo tipo di combustibile».
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Epoca
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RANGE ROVER
IL FUORISTRADA CHE NON HA
MAI TRADITO IL SUO DNA
Le diverse generazioni di Range Rover sono sempre riuscite a
confermare il DNA originale di questo modello, che ancora oggi unisce
massimo lusso ed efficacia impareggiabile in offroad
L
and Rover ha scelto di andare a toccare
le corde della nostalgia ad Auto e Moto
d’Epoca, esponendo la prima Range
Rover della storia, nata nel lontano
1970. Ma per risalire alle origine di questo modello, divenuto leggendario, bisonga risalire addirittura agli anni ‘60, quando la Casa britannica
decise di cambiare radicalmente il segmento in
crescita delle 4x4 per il tempo libero. L’Originale
Range Rover del 1970 offriva, per la prima volta
al pubblico, maneggevolezza su strada e eccezionali capacità all-terrain; le generazioni successive sono sempre riuscite a confermare il DNA originale di questo modello, che ancora oggi unisce
massimo lusso ed efficacia in offroad.
BMW M3
L’EVOLUZIONE DI UNA LEGGENDA
Ad Auto e Moto d’EPoca di Padova, BMW celebra i 40 anni della Serie 3
con tutte le sue declinazioni in salsa M. C’è solo l’imbarazzo della
scelta...
S
portività, per BMW, ha una sola lettera: M. Unita alla cifra di una delle
sue automobili simbolo, diviene icona leggendaria per tutti gli amanti
di vetture ad alte prestazioni. La M3, infatti, ha
scritto alcune tra le più belle pagine di storia
dell’automobilismo. A Padova, in occasione del
Salone Auto e Moto d’Epoca, la casa di Monaco
ha deciso di celebrare i 40 anni della sua berlina
con i modelli più rappresentativi dell sei generazioni.
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Epoca
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MERCEDES
GRANDI CABRIOLET, IL CHIODO
FISSO DELLA STELLA
Nella storia di Mercedes trova un posto del tutto speciale il capitolo
delle grandi cabriolet di lusso, da sempre un vere e proprio chiodo fisso
della Casa di Stoccarda
Q
JAGUAR
IL FASCINO DI LE MANS DALLA D-TYPE
ALLA F-TYPE PROJECT 7
uella di Mercedes è una storia complessa, dalle mille sfaccettature.
Tra queste trova un posto del tutto speciale il capitolo delle grandi
cabriolet di lusso, da sempre un vere
e proprio chiodo fisso della Casa di Stoccarda.
Per questo motivo la Stella ha scelto di esporre
ad Auto e Moto d’Epoca il fascino della guida “en
plein air” di oggi e di ieri, circondando la nuova
Classe S Cabrio con un’emozionante alternanza
tra passato e futuro e alcune delle cabrio più significative di questa tradizione.
Questa’anno anche la Casa del Giaguaro non ha potuto fare a meno di
partecipare ad Auto e Moto d’Epoca. E lo ha fatto in grande stile
Q
vanta.
uesta’anno anche la Casa del Giaguaro non ha potuto fare a meno
di partecipare ad Auto e Moto d’Epoca. E lo ha fatto in grande stile, ti
rando fuori dal garage pezzi da no-
F-Type Project 7
Partiamo dalla micidiale Jaguar F-Type Project 7,
una supercar preziosissima, ambita da milioni di
collezionisti in tutto il mondo. Creata inizialmente come una pura concept car, la Project 7 originale, è stata realizzata in meno di quattro mesi
e presentata al Goodwood Festival of Speed del
2013. Con i suoi 575 cavalli e una coppia da 680
62
Nm, il motore 5.0 V8 con compressore volumetrico della F-Type Project 7 garantisce la migliore accelerazione mai ottenuta da una Jaguar di
serie.
D-Type: l’essenza della 24 Ore
Una vettura che a Padova si poteva ammirare
da vicino, proprio accanto alla Project 7. Per gli
amanti delle vetture da competizione, la D-Type
è uno dei modelli più famosi della tradizione Jaguar.
Prodotta dal 1954 al 1957, deriva da una rivisitazione del telaio e del motore della C-Type, mentre la carrozzeria poteva contare su una linea
ancora più aerodinamica.
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ALFA ROMEO
LA GIULIA QUADRIFOGLIO
E LE SUE NOBILI ORIGINI
di Matteo Valenti | Ad Auto e Moto d’Epoca 2015 Alfa Romeo mette in
mostra le antenate dal sangue blu della nuova Giulia Quadrifoglio. Dalla
TI Super alla TZ2 fino alla Giulia SS
L
PORSCHE 911 TARGA
STESSO FASCINO, OGGI COME ALLORA
a Casa di Arese non ha di certo scelto
causalmente il nome della sua nuova
sportiva di razza. “Giulia” infatti sta
ad Alfa Romeo così come sportività
è sinonimo di alte prestazioni. Ad Auto e Moto
d’Epoca il marchio italiano ha messo in scena
questo binomio ad alto tasso di adrenalina, che
da sempre arrichisce la storia del Biscione, con
modelli che sono rimasti scolpiti nella memoria
degli appassionati. La nuova Giulia Quadrifoglio, sintesi del nuovo paradigma Alfa Romeo e
massima espressione della “meccanica delle
emozioni” viene messa in realazione ad alcune
preziose progenitrici provenienti dalla collezione
del Museo Storico Alfa Romeo di Arese, da poco
riaperto al pubblico.
di Matteo Valenti | La Casa di Zuffenhausen ha fatto della tradizione la
sua vera essenza. E lo ha dimostrato ancora una volta con la 911 Targa
realizzata per i 30 anni di Porsche Italia, ispirata al modello originale
degli anni ‘70
C
hi meglio di Porsche può parlare di
heritage? La Casa di Zuffenhausen
del resto ha fatto della tradizione
la sua vera essenza. Soprattutto da
quando la 911 è divenuta il suo modello più leggendario. Ogni nuova versione, attraverso sette
generazioni, ha saputo intepretare il mito della
911, evolvendosi a livello tecnologico, ma sempre
nel rispetto delle origini.
E lo dimostra meglio di ogni altro modello la nuova Targa (991) che riprende fendelmente l’impostazione del modello originale del 1973, con il
tipico roll bar centrale.
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Epoca
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VOLVO
DOVE NASCE L’OSSESSIONE
PER LA SICUREZZA
Dalla PV544 del 1958 alla nuovissima XC90. Ecco perché Volvo ha da
sempre fatto della Sicurezza - con la S maiuscola - la propria bandiera
universale
Q
uando si parla di Volvo, il primo aggettivo che viene in mente è senza
dubbio la parola “sicurezza”. A voler ben vedere, forse niente meglio
di tale termire riesce a rendere l’idea
costruttiva delle vetture di Goteborg.
Nel corso dell’ultimo Salone Auto e Moto d’Epoca di Padova, la casa svedese ha portato la
nuovissima XC90 e la PV544.
Entrambe possono essere considerate pietre
miliari nella storia dell’auto: la prima, perché è
pnsiderata la vettura di serie più sicura del mondoattualmente in commercio, emtnre la seconda
perché - già negli anni ‘50 - montava di serie le
cinture di sicurezza a tre punte, quelle che utilizziamo ancora oggi.
DS
IL NUOVO MARCHIO DI LUSSO
CHE SI ISPIRA ALLA DEA
di Matteo Valenti | Può un’automobile essere così straordinaria da
ispirare addirittura un nuovo marchio, per di più nel mondo del lusso?
La risposta è affermativa e lo dimostra DS
P
uò un’automobile essere così straordinaria da ispirare addirittura un nuovo marchio, per di più nel mondo del
lusso? La risposta è affermativa e lo
dimostra DS.
È il nuovo brand premium del Gruppo PSA che,
ispirandosi alla leggendaria Dea nata dal genio
dell’ingegnere francese André Lefebvre e da
quello dello stilista italiano Flaminio Bertoni, si
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prerara a dare battaglia ai mostri sacri tedeschi
come Audi, Mercedes e BMW.
Un legame, quello tra il marchio DS di oggi e il
modello del passato, messo in mostra in maniera
tangibile ad Auto e Moto d’Epoca, dove, oltre ad
una moderna DS 5 restyling in versione “1955”
era possibile ammirare in tutto il loro fascino una
DS19 Décapotable del 1961 e una DS23 Pallas del
1974.
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Formula 1
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del debutto in F.1 nel GP del Sudafrica del 1993 al
volante della Jordan Hart Barrichello aveva esperienza e anni di apprendistato alle spalle. Era un
giovane vecchio, con lo sguardo di un ragazzo e
l’espressione di un anziano navigato delle cose
del mondo. Da quel momento in poi, la carriera di
Rubens è stata tutta un saliscendi. Il momento
più basso a Imola, nelle prove del GP del 1994,
quello che costò la vita a Senna e Ratzenberger,
con la brutta uscita di pista alla Variante Bassa.
Da quel momento in poi per Barrichello è cambiata la percezione delle corse, l’approccio col
rischio e con la competizione. Anche se poi, la
prima pole, arriva proprio quell’anno, in Belgio,
su una pista fra le più difficili del mondiale F.1.
Quando Barrichello lasciò la Jordan, a fine ‘96,
ebbe la fortuna di passare alla Stewart. Jackie, il
fondatore dell’omonimo team, contribuì a ricostruire la mente di Rubens. Nel periodo della
Jordan il giovane brasiliano dovette superare i
momenti più difficili della propria carriera. Approdato nel ‘93 in F.1 con una macchina non molto competitiva, nel ‘94 Barrichello ebbe la svolta.
Dopo il terribile schianto alla variante bassa, finì
in ospedale e si temette per la sua salute. Ayrton
Senna, grande amico e idolo di Barrichello, andò
a trovarlo in ospedale. Due giorni dopo, nello
stesso ospedale, portarono il cadavere di Ayrton
morto nell’incidente alla curva del Tamburello e il
giorno prima, sabato pomeriggio, ci fu l’altro cadavere, quello di Roland Ratzenberger: nella
mente di Rubens qualcosa cominciò a girare a
mille. E non è difficile capirlo. Per Barrichello fu
un colpo durissimo, amplificato dal fatto che i
brasiliani volevano a tutti i costi un erede di Senna. La pressione su Barrichello aumentò, Rubens
magari sbagliò qualcosa nella gestione dei rapporti con la stampa, ma lo fece sempre
RUBENS BARRICHELLO
AL POSTO GIUSTO NEL
MOMENTO SBAGLIATO
di Paolo Ciccarone | L’affascinante storia di Rubens Barrichello,
il pilota al posto giusto sempre nel momento sbagliato
I
brasiliani la chiamano Saudade, una specie
di nostalgia e malinconia messe insieme che
a un certo punto ti fa venire un groppo in gola
e ti rapisce lontano nello spazio e nel tempo.
Per Rubens Barrichello la Saudade era qualcosa
da combattere seduto al tavolo di un autogrill
dell’autostrada fra Viareggio e La Spezia, o sulla
Firenze Mare. Erano i tempi della Draco Racing,
la scuderia di Adriano Morini con la quale nel
1989 il giovane Rubens correva nel campionato
europeo di F.Opel Lotus. Per sfondare nel mondo
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dei motori bisognava lasciare il Brasile e, complici le origini venete e la conoscenza quasi perfetta
dell’italiano, Barrichello non ha avuto altra scelta
che muovere i primi passi dalle nostre parti. Ma
la gioventù, la lontananza da casa, la solitudine e
un carattere sensibile e a volte introverso non
sono la miglior compagnia per chi deve stare tanti mesi lontani dagli affetti. La passione per i motori, però, è stata forte e dopo quell’esperienza in
Italia, ci fu la F.3 in Inghilterra e la F.3000. Insomma, anche se giovane, appena 21 anni, il giorno
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seguendo l’istinto e l’onestà che ha sempre avuto. Alla Stewart Barrichello ritrovò sé stesso, cominciò a fare ordine nella propria vita e a indirizzarsi in maniera concreta verso le vette del
professionismo. Quando conobbe Silvana Giaffone e decise di sposarla, arrivò la svolta definitiva: il ragazzo era diventato uomo e la serenità
interiore aveva preso il sopravvento. Il nuovo
equilibrio giovò al brasiliano e quando a fine ‘99
arrivò l’annuncio della Ferrari, furono tutti contenti. A Maranello Barrichello dovette sostituire
Eddie Irvine, un pilota che era stato suo compagno di squadra alla Jordan e che aveva un approccio col mondo completamente diverso da
quello di Rubens. A Maranello Rubens scopre
qualcosa di nuovo. Una squadra competitiva, un
compagno difficile come Michael Schumacher.
Non è stato facile vivere all’ombra del tedesco. Il
confronto era di quelli da far male. Eppure Rubens Barrichello è riuscito negli anni a reggere la
pressione e a dimostrare di essere bravo. In
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Formula 1
Periodico elettronico di informazione automobilistica
quanto a velocità il brasiliano è una certezza. In
certe condizioni, specie sul bagnato, dimostra di
avere quell’istinto e quel senso del limite che
nemmeno lo stesso Schumacher ha mai mostrato. Rubens Barrichello è un talento, su questo
non ci sono dubbi. E allora, perché non ha ancora
vinto un mondiale? Perché si è trovato al posto
giusto ma nel momento sbagliato. Il posto giusto
era la Ferrari. Il momento era sbagliato perché
c’era Schumacher, un cannibale che lascia poco
spazio agli altri, per cui al compagno di squadra
rimane ben poco. Ironia del destino, nel 2009 altro posto giusto e compagno sbagliato, Jenson
Button, che vince il mondiale con la Brawn. Dopo
di che la chiusura con la F.1 e le telecronache su
Rede Globo. Con Schumacher ebbe pochi spazi,
solo quelli per inserirsi al vertice quando le condizioni lo permettono o lo richiedono. La vittoria a
Suzuka, ultima gara del 2003, è stata forse la più
bella di Barrichello sulla Ferrari. Ha vinto dominando, mostrando la capacità di mettere a punto
la macchina senza avere grossi patemi. Schumacher, invece, partito dalla 14.posizione, ha infarcito la corsa con errori e sviste degne di un pivello. Segno che anche il campionissimo sentiva la
pressione davanti alla storia. Quella del sesto titolo iridato, per intenderci. Barrichello come pilota veloce. Quando Barrichello è sereno, è difficile stargli dietro. Anzi, a guardarlo guidare a
volte pecca di leziosità tanto è perfetto nelle traiettorie e nel portare al limite la vettura. Si potrebbe scrivere un manuale di guida sportiva
prendendolo ad esempio. Il problema è che la
mente di Rubens non è sempre sgombra. Anche
se lui lo negherà sempre, anche di fronte all’evidenza, il maggior limite di Barrichello è se stesso.
Si spiegano così certe prestazioni altalenanti,
certe mancanze di mordente annegate in un carattere abbastanza permaloso. Non si può criticare Rubens senza correre il rischio che te lo
rinfacci e se lo porti dietro come una sorta di rancore per diverso tempo. Alla Ferrari ricordano
ancora i primi tempi, quando Rubens tornava ai
box e diceva che la macchina non andava perché
“ha il volante storto”. Dopo ripetuti controlli, si
scopriva che era tutto in ordine. Anche alla Stewart i suoi ex meccanici ridevano di questa mania: “ho il volante storto” diceva Rubens per giustificare una prestazione scarsa. In Germania,
anno di grazia 2000, Barrichello è attardato in
prova, in gara piove, ma lui si scatena. Quando
un disoccupato della Mercedes invade la pista
per protesta e la safety car compatta il gruppo,
Barrichello si scatena e alla fine vince il suo primo GP battendo le McLaren Mercedes sulla pista
di casa. Sul podio piange, sventola la bandiera
brasiliana, ringrazia Dio e fa commuovere tutto il
paddock e chi lo vede in TV. È l’aspetto umano
del campione che fa tenerezza rispetto al freddo
Schumacher. Nel frattempo cambia anche l’atteggiamento di Rubens con la stampa. Sempre
sensibile a quello che viene scritto, si chiude a
riccio. Ripensando agli inizi di Barrichello in F.1, il
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comportamento era totalmente diverso. Appena
arrivato alla Jordan, Rubens aveva portato l’allegria e la voglia di vincere. Quando si arrivava a
San Paolo, per la gara di casa, era una festa. A
casa della nonna, vicino all’autodromo di Interlagos, per anni Barrichello ha ospitato giornalisti a
mangiare pasta e fagioli nella tradizione casalinga della nonna. In queste occasioni è stato possibile conoscere il nonno, Rubens, il padre, Rubens
e lo stesso Rubens, inteso come il pilota di F.1.
Tre generazioni a confronto, mamma, sorella,
papà e il clima di una famiglia sana, per bene,
gente che non era ricca ma viveva dignitosamente facendo anche i debiti necessari per far correre Rubens nelle formule minori. Appena arrivato
alla Ferrari Rubens scoprì l’emozione e il fascino
di stare nella squadra più importante del mondo.
Commise un errore di comunicazione: «A Maranello avrò lo stesso trattamento del numero uno,
sarò il numero uno bis». I primi a cominciare a
ridere furono i brasiliani, che quell’uno bis non lo
perdonarono affatto e a ogni occasione tiravano
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News
Periodico elettronico di informazione automobilistica
fuori la storia della parità di trattamento. Il resto
è storia recente, come recenti furono le polemiche sul famoso sorpasso sul traguardo di Schumacher a Barrichello nel GP d’Austria. Per non
dire delle sportellate in Ungheria sempre con
Schumacher ma con macchine diverse e rischio
altissimo di andare a muro per Rubens! Ma tornando in Austria, quell’episodio fu controverso
per diversi aspetti. Se Rubens aveva l’ordine di
far passare Michael, perché non si comportò
come aveva fatto altre volte Irvine, rallentando,
inventandosi problemi ai freni, alla gamba o al
motore? Barrichello si fece da parte platealmente a cento metri dall’arrivo, lasciando tutti di
stucco. Anche se la squadra prese le difese del
pilota, accollandosi tutta la responsabilità della
decisione, all’interno del team non furono giorni
tranquilli. Barrichello volle dimostrare qualcosa e
colse l’occasione per farlo in maniera plateale.
Come a dire: sono veloce ma devo farmi da parte. Se non vinco non è per mia scelta. A Indianapolis avvenne il contrario: con Schumacher che
rallenta in vista del traguardo e Rubens che passa a palla, vincendo senza saperlo e lasciando
Michael di stucco. Incomprensioni, nervosismi e
la certezza di essere al posto giusto ma di aver di
fronte il più grande di tutti i tempi che ti toglie
ogni spazio. È un match mentale duro, che Rubens a volte vince, altre subisce. Mentre Schumacher è adorato da tutta la squadra di meccanici, Barrichello non gode dello stesso favore.
Secondo alcuni ragazzi del team, il carattere di
Rubens è difficile da gestire. Quando pensi che
possa difenderti, invece ti molla, si lamenta con i
responsabili. La litigata in TV con un meccanico
che non aveva regolato bene i freni, durante le
prove del GP d’Italia a Monza, è ancora nella
mente di tutti. Schumacher, a Silverstone, per lo
stesso problema si ruppe una gamba non accusò
nessuno: «Fra Schumacher e Barrichello il più
fragile è il tedesco» ha detto Jean Todt. La gente
avrebbe pensato il contrario. Rubens ha l’aspetto del ragazzo tranquillo, ma dentro è più determinato di Schumacher, meno fragile sotto certi
aspetti, anche se uno sembra antipatico e l’altro
simpatico. L’unico “nemico” di Barrichello è stato sé stesso. Con la Ferrari ha vinto 9 GP, ha segnato 11 pole position, è salito sul podio 46 volte,
ha ottenuto 15 giri veloci in corsa: è un curriculum di tutto rispetto, di un pilota che ha dato il
massimo e che con la Ferrari ha vinto i mondiali
costruttori dal 2000 al 2004, dimostrando sensibilità nella messa a punto e velocità in pista. Ma
per qualche strana ragione, si ha l’impressione
che la sua storia con la rossa non abbia dato tutto quello che avrebbe potuto. Rubens è un uomo
sensibile all’ambiente esterno. Non deve stupire
se quando l’amico Gilles De Ferran è diventato
responsabile della Honda, abbia preferito lasciare la Ferrari, con la quale aveva ancora un anno di
contratto, per seguire un ambiente nuovo dove i
rapporti umani lo mettevano al centro delle attenzioni. Rubens Barrichello, la storia di un giovane vecchio o di un vecchio con l’aspetto di un
giovane. Ovvero di un talento enorme al posto
giusto ma col compagno sbagliato.
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DAKAR 2016 AVANTI UN ALTRO!
DAL WRC ECCO ANCHE “XEVI” PONS
di Piero Batini | From WRC to Dakar, chapter #6. 35 anni, catalano,
Xavier Pons guiderà una Ford Ranger e sarà affiancato dall’argentino
Ricardo Torlashi. L’ex star spagnola del Rally ritroverà alla Dakar gli
avversari motociclisti di un tempo
D
opo Nasser Al-Attiyah, Carlos Sainz,
Sébastien Loeb, Mikko Hirvonen e
Martin Prokop, ecco anche Xavier
“Xevi” Pons. E fanno sei. Sei specialisti o ex specialisti del WRC che migrano verso la
Dakar. Viene da farsi una domanda: sono attratti dal nuovo percorso last minute, senza dune e
in grandissima parte sugli spietati e velocissimi
sterrati della pampa argentina, o si tratta di una
74
Rally
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tendenza ben più radicata? Senz’altro entrambe
le componenti influiscono in maniera decisiva,
ma direi che si tratta di una tendenza piuttosto
chiara. La Dakar non arresta il suo progresso in
termini di impegno tecnico, e questo vuol dire,
oggi, piste e terreni più guidati. Al-Attiyah ne è
il Campione in Carica, ma il Principe del Qatar è
anche Campione del Mondo Cross-Country Rally
e WRC2. Questo significa che è l’”incarnazione”
della versatilità, il Pilota perfetto, e che il “fuoristrada” automobilistico dimostra di aver bisogno di simili talenti applicati. E la Dakar ancor di
più. Ha iniziato Volkswagen “rilanciando” Sainz,
e Peugeot ha raccolto il testimone assoldando i
“killer” del suo Dream Team, oltre a Peterhansel
e Despres, appunto Sainz e, dal Marocco, Loeb.
Ex WRC alla Dakar: i precedenti
Stiamo parlando del presente, ma la storia della Dakar ha già sviluppato questo genere di
tesi, una per tutte quella di Peugeot che, con le
205/405 Grand Raid, aveva portato dal famigerato Gruppo B alla Dakar astronavi del deserto
e Piloti marziani come Ari Vatanen, tanto per
fare un esempio sufficientemente eloquente.
Auto, Piloti e Dakar leggendarie, che ispirano
l’attualità della Maratona di ASO proponendone
una chiave di lettura più moderna ma non meno
interessante e agguerrita. Peugeot ha lanciato
la sfida di Sainz, e l’ha rinforzata con l’arrivo di
Loeb. Mini ha raccolto il guanto e ha “reclutato”
Hirvonen, Toyota ha ribadito il concetto parlando a lungo con Petter Solberg e decidendo
infine per Prokop. E adesso è la volta di Ford e
di “Xevi” Pons. Il trentacinquenne Pilota di Vic,
Barcellona, ha iniziato con le moto, è diventato
uno dei grandi dell’Enduro spagnolo, ha vinto anche il trofeo Junior alla Sei Giorni, ha corso con
contro avversari che portano il nome di Coma,
Roma, Farres, Viladoms, tutti oggi “coinvolti”
nella Dakar. Quindi è passato alle auto da Rally.
Carriera piuttosto precoce, non eccelsa ma con
alcuni acuti significativi. Pons ha vinto in Spagna,
un Titolo gruppo N Terra, e nello Junior e Produzione WRC, due Rally nella stagione 2004, ha
disputato la sua prima stagione WRC completa
nel 2005 ed ha corso con Citroen, Mitsubishi,
Subaru. Pons sarà affiancato dal navigatore argentino Ricardo Torlashi, già alla Dakar nel 2015,
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Rally
e porterà in gara una Ford Ranger implementata dalla joint venture tra DMAS South Racing di
Scott Abraham, base in Germania e workshop
in Portogallo e Cile, e Esponsorama di Raul Romero, più nota negli ambienti della MotoGP. La
macchina e il Team hanno già corso la Dakar nel
2015. Gli obiettivi, per il Team e per il Pilota, che
debutta nella difficile specialità proprio con l’ormai imminente Dakar, restano quelli di portare
su un livello più alto lo sviluppo della Ford Ranger, creando nel contempo nel più breve tempo
possibile un binomio competitivo.
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