Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Numero 71 08 Settembre 2015 93 Pagine Nuova Volvo XC90 Obiettivo: sicurezza assoluta Crescono sempre di più gli aiuti alla guida, i sensori che vedono meglio dell’automobilista Periodico elettronico di informazione automobilistica Honda HR-V Il ritorno Torna la sigla della crossover di successo di fine anni ‘90. La seconda generazione è bella, di qualità e piacevole da guidare F1 Monza Maroni: «Il GP è salvo al 99,9%» Ecclestone lo gela: «Rinnovo improbabile» | PROVA SU STRADA | Nuova Audi R8 da Pag. 2 a Pag. 19 All’Interno IAA 2015: Peugeot 308 Racing Cup | Nuova BMW Serie 7 | Bugatti Vision Gran Turismo | Nuova Kia Sportage Mercedes Classe S Cabrio | M. Clarke i condotti di aspirazione downdraft | F1: GP Italia 2015 le pagelle di Monza PROVA SU STRADA NUOVA AUDI R8 L’auto totale La seconda generazione della supercar dei Quattro Anelli stupisce per le prestazioni, ma anche per la semplicità con cui si riesce ad andare forte. L’abbiamo provata a Portimao. Prezzi a partire da 169.500 euro di Emiliano Perucca Orfei 2 3 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica Media E’ s tata la prima vera supersportiva firmata dalla Casa dei quattro Anelli ed oggi, a distanza di otto anni dal suo lancio, Audi R8 si ripresenta evoluta sotto ogni punto di vista pur nel pieno rispetto di una tradizione (seppur breve) che le ha permesso di essere molto popolare ed apprezzata in tutto il mondo: i 27.000 esemplari venduti dal lancio ad oggi, del resto, ne sono la migliore testimonianza. Più corta di 14 mm rispetto al modello precedente (4.426) la nuova R8 è sviluppa forme 4 e contenuti tecnici attorno ad un passo di 2.650 mm, una larghezza di 1.940 (+11) ed una altezza inferiore di 12 mm (1.240): numeri che sostanzialmente confermano le proporzioni della R8 di prima generazione ma che non hanno limitato i progettisti nella ricerca di un maggior volume del bagagliaio (da 100 a 112 litri) a cui si aggiungono i 226 disponibili appena dietro ai sedili posteriori. Com’è cambiata Maggior spazio a bordo per le cose significa anche una miglior accoglienza per i passeggeri (2): a bordo c’è più spazio per le gambe, la testa, ma soprattutto si gode di una migliore visibilità, elemento indispensabile per una vettura che tra i vari obiettivi progettuali ha quello di essere fruibile quasi quotidianamente. Lo stile della vettura rimane fortemente influenzato dal progetto originale ma a differenza del passato l’insieme appare più snello, fluido, slanciato: una differenza che trova spiegazione soprattutto nella diversa conformazione dei sideblades (come al solito personalizzabili nel colore) che rispetto al passato ora sono interrotti da una linea di spalla continua: una soluzione che conferisce slancio e tensione a tutta la fiancata. Undici i colori di carrozzeria, 5 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica l’abitacolo della nuova R8 dalla precedente è però l’introduzione dell’Audi Virtual Cockpit che, come già visto sulla terza generazione della TT, manda in pensione la precedente configurazione con display MMI centrale e strumentazione “tradizionale” per fare posto ad un sofisticato LCD da 12,3” in grado di cambiare velocemente il suo aspetto grafico in base alle necessità del guidatore: si va dalla mappa del navigatore ad una strumentazione “racing” in pochi click. Click che vengono generati direttamente dal nuovo volante multifunzione, che oltre ad avere una linea asimmetrica vanta quattro gruppi di comandi tra cui - nella versione Plus - un selettore per la modalità Performance (a sua volta declinabile in wet, snow e dry) ed un’altro specifico per la sonorità dell’impianto di scarico. Il sistema MMI Touch vanta anche la possibilità di essere alcuni dei quali molto sgargianti (come il rosso), sei quelli riservati ai sideblades: per la versione V10 Plus viene proposto di serie l’abbinamento con l’elemento laterale in fibra di carbonio lucidato, ovvero la stessa finitura riservata all’ala posteriore fissa della versione più potente. A variare in modo marcato è anche la zona frontale, che introduce la nuova calandra single frame Audi oltre che gruppi ottici full-led ai quali è possibile abbinare lo spot laser LMX sino ad oggi riservata alla speciale edizione “final edition” della prima generazione commercializzata a fine 2014: grazie a questa singolare tecnologia di illuminazione la R8 è in grado di assicurare fino a 600 metri di visibilità. Piccole novità di stile riguardano anche il posteriore, dove i gruppi ottici sono più allungati ed abbinati sfoghi dell’aria calda decisamente più importanti che in passato. Notevole lo studio aerodinamico che ha contraddistinto numerosi 6 gestito dal passeggero (o dal pilota) direttamente dal tunnel centrale ma soprattutto si presenta in una configurazione molto evoluta in termini di connettività: attraverso una scheda dati è infatti in grado di connettersi alla rete in standard LTE. Meccanica di razza Costruita a Heilbronn nello stabilimento Audi Bollinger Hofe da 500 operai che lavorano su 15 fasi da 30 minuti ciascuna, la nuova R8 vanta una costruzione leggera (Audi Space Frame) di nuova generazione che permesso di dare vita ad una scocca che pesa solamente 200 kg (1.555 la massa complessiva in ordine di marcia) grazie all’uso del 79% di alluminio misto ad un 13% di fibra di carbonio ed il restante 8% di magnesio ed altri materiali leggeri. Una combinazione che non ha portato solo maggior leggerezza ma elementi della vettura: alla massima velocità la R8 fa registrare un incremento della deportanza di ben 140 kg, di cui 40 davanti e ben 100 dietro. Largo alla tecnologia Dove la R8 è cambiata in modo deciso è all’interno: come dicevamo il cockpit è più spazioso del precedente: la plancia è ora molto leggera, caratterizzata da una linea ad arco che mira ad esaltare il rapporto tra la vettura ed il pilota oltre che da elementi di stile che lasciano il segno come nel caso dei comandi del climatizzatore o le bocchette dell’aria di forma circolare. Completamente ridisegnati anche i sedili, che integrano i poggiatesta, così come sono stati ripensati anche i rivestimenti che in base alle scelte del cliente possono essere personalizzati con diverse soluzioni che integrano pelle Nappa ed Alcantara. Ciò che distingue più di ogni altro 7 8 9 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito anche una migliore rigidità torsionale visto che Audi promette un miglioramento del 40% che si accompagna anche ad un migliore isolamento acustico oltre che una maggiore resistenza agli impatti. Le sospensioni a doppi bracci trasversali in alluminio, possono essere impreziosite dal sistema Audi Magnetic Ride oltre che da un sterzo dinamico che, in via opzionale, può aggiungersi alla nuova servoassistenza elettromeccanica. Di serie ruote da 19” mentre a richiesta sono disponibili i 20” gommati 245/30 davanti e 305/30 dietro. Alla voce freni spiccano i dischi carboceramici, proposti di serie solo sulla versione Plus. Addio V8, si impone il V10 Per quanto concerne il motore sparisce definitivamente l’unità V8 per fare posto ad una doppia 10 Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica declinazione del già conosciuto V10 utilizzato anche da Lamborghini: 5.2 litri, 40 valvole, l’unità aspirata firmata dalla Casa tedesca è in grado di girare fino a 8.700 giri assicurando 540 CV di potenza massima alla versione standard e 610 CV a quella più potente ed esclusiva Plus. 540 o 560 Nm di coppia massima a 6.500 giri, il V10 evolve i concetti legati alla doppia iniezione diretta stratificata già introdotti in passato e migliora nei materiali utilizzati innalzando allo stesso tempo il livello di efficienza: i consumi sono diminuiti del 13% rispetto al passato mentre le emissioni di CO2 sono calate del 33%. I meriti di questi risultati sono da ricercare anche nella tecnologia che permette di disattivare alcuni cilindri durante l’uso a basso carico (COD) ma anche nell’accoppiamento motore trasmissione che si possono separare oltre i 55 km/h quando il pilota rilascia il gas, lasciando quindi la vettura procedere in “folle”. Una trasmissione sofisticata, insomma, che mantiene la classica architettura “quattro” oggi in grado di spostare fino al 100% della coppia sull’asse anteriore attraverso il lavoro di una frizione a lamelle controllata elettronicamente. L’impostazione del lavoro della trazione avviene, come di molti altri parametri legati alla dinamica del veicolo, avviene attraverso In termini di cambio R8 utilizza la tecnologia a doppia frizione S tronic proponendo sette rapporti a gestione automatica o manuale con palette al volante. Le prestazioni parlano da sole: nella versione Plus la R8 è in grado di toccare 330 km/h di velocità massima ed accelerare da 0 a 200 km/h in 9,9 secondi (3,2 lo 0-100) mentre nella declinazione standard la velocità massima sfiora i 320 km/h mentre l’accelerazione 0-100 km/h avviene in 3,5 secondi. Per quanto riguarda i consumi medi dichiarati la V10 Plus si ferma a 12,3 l/100 km, mentre la versione da 540 CV scende a 11,4 l/100 km. I prezzi, chiaramente, sono in linea con le prestazioni e lòe emozioni che una vettura simile è in grado di offrire. Si parte dai 169.500 per la versione da 540 cavalli, sino a toccare i 195.800 della Plus. Dal vivo: com’è fuori Come tutte le Audi di ultimissima generazione la nuova R8 stupisce per una qualità costruttiva sublime. Gli accoppiamenti di carrozzeria sono degni del mondo dell’alta orologeria, mentre la verniciatura è impeccabile, anche in zone lontane 11 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione automobilistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb dagli sguardi. È innegabile che la nuova supercar dei Quattro Anelli ricordi, soprattutto nei volumi e nella disposizione delle proporzioni, il modello precedente. In ogni caso, osservandola nel dettaglio, la nuova R8 è completamente diversa dalla vecchia, con cui non condivide più nemmeno un singolo bullone. Qualcuno avrà già storto il naso, ma del resto quella dell’evoluzione nella continuità è un vero e proprio mantra in casa Audi, che regna dalla A1 alla A8. Ogni nuovo modello si stravolge completamente a livello tecnico e meccanico, pur continuando ad assumere un design assimilabile al solco tracciato dal suo antenato. L’unica cosa che non ci ha convinto fino in fondo a livello estetico è l’alettone fisso della versione Plus. E’ vero che siamo davanti alla versione più potente ed estrema, ma forse una soluzione con 12 spoiler attivo a scomparsa (come quello della versione da 540 CV) sarebbe stata più in linea con l’estrema eleganza che comunque esprime in ogni frangente questo modello. Dal vivo: com’è dentro La prima cosa che si nota calandosi nell’abitacolo della nuova R8 è la maggiore abitabilità rispetto al modello precedente. Dentro “si vive” molto meglio, c’è più ariosità e soprattutto si ha una visibilità decisamente migliore. Per il resto gli interni ci sono sembrati veramente spaziali. Materiali e assemblaggi sono sublimi e il livello tecnologico è da pelle d’oca. Peccato solo per i paddles al volante, realizzati in plastica. Su un’auto di questo livello avremmo preferito trovare qualcosa di più raffinato, come alluminio o carbonio. La scelta di aver concentrato tutto all’interno del maxi display dell’Audi Virtual Cockpit (come abbiamo già visto su TT e Q7) ha permesso di avere un abitacolo estremamente pulito e sportivo. Inoltre tutte le funzionalità sono a portata di mano – o di sguardo – e si riesce davvero a sentirsi un tutt’uno con la vettura. Il display è talmente grande che il passeggero non ha troppi problemi a vederlo. Il problema semmai sta nell’interazione visto che chi sta seduto di fianco al guidatore non ha praticamente la possibilità di interagire in maniera diretta con il display principale. E siccome ci piace fantasticare ci sarebbe davvero piaciuto tantissimo trovare un secondo schermo davanti al passeggero, che replicasse le informazioni principali. Una soluzione abbastanza futuristica (qualcosa di simile lo troviamo sulla Ferrari F12 berlinetta) ma che potrebbe arrivare sulle future Audi, come ha sembrato suggerire la fascinosa Audi prologue concept. Sulla versione Plus sono disponibili in via opzionale persino i bellissimi sedili alleggeriti, che fanno risparmiare complessivamente 14 kg di peso. Una vera chicca per i più sfegatati, ma è bene sapere che con questi sedili non si ha la possibilità di avere lo schienale regolabile. Un aspetto che può creare più di qualche fastidio per la vita di tutti i giorni. Sulla R8 stupisce anche la capacità di carico. Il vano anteriore, oltre a quello posteriore, permettono di sistemare comodamente due trolley da cabina e due borse morbide, niente male per una supercar a motore centrale! 13 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prove Periodico elettronico di informazione automobilistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb Le nostre impressioni di guida una valanga di motricità sulle ruote posteriori. In pratica bisogna veramente tirarle il collo per sentire un po’ di coppia all’avantreno e questo si traduce in grande divertimento di guida ma anche sicurezza garantita in condizioni limite. Eccezionale lo sterzo, soprattutto quello dinamico (optional), in grado cioè di cambiare la rapportatura in funzione della velocità. Precisissimo, diretto e coinvolgente in pista, sa essere docile, addirittura pratico e comodo in città. Stratosferici, come ci aspettavamo, i freni carboceramici, capaci di arrestare completamente l’auto da velocità supersoniche in un fazzoletto. A livello di dinamica la nuova R8 è diventata ancora più veloce ed efficace, ma in un certo senso anche più docile. Il modello precedente quando ci si avvicinava al limite poteva diventare scorbutico da gestire e ad un certo livello bisognava saperci fare davvero. Abbiamo provato la nuova Audi R8 nel suo habitat naturale: la pista. Tra i cordoli di Portimao la supercar tedesca in versione Plus ha rivelato un carattere per certi aspetti molto diverso rispetto al passato. Il motore, per esempio, esprime una sua precisa identità grazie ad un sound finalmente spettacolare e coinvolgente, con una timbrica molto particolare, che lo rende subito riconoscibile. Il rinnovato V10 Audi ora ha maggiore potenza – fino a 610 CV sulla Plus - però mantiene il carattere tipico dei dieci cilindri. Non aspettativi quindi i picchi di rabbia e le esplosioni di potenza che troviamo su molti V8 o V12 (magari italiani...) perché il V10 di Ingosltadt ha un’erogazione piena e vigorosa, ma anche molto costante e lineare nella sua brutalità, soprattutto dai 4.000 agli 8.500 giri/min. Da dieci e lode poi l’accoppiata 14 con il cambio a doppia frizione (l’unico disponibile), che sulla nuova R8 ha raggiunto livelli di perfezione ancora più strabilianti rispetto al passato. Questo automatico con paddles al volante non è soltanto velocissimo, ma in Dynamic permette al pilota di fare qualsiasi cosa, senza mai far prevalere logiche di gestione o di protezione. In pratica lo si può trattare – o maltrattare in pista – esattamente come un classico manuale, ma al tempo stesso si ha tutto il comfort e la praticità di un ottimo automatico, capace di trasmettere grande coinvolgimento e sportività allo stato puro. La nuova R8 – non ci sarebbe nemmeno bisogno di dirlo – sfrutta l’immancabile trazione quattro. Non pensate però alla solita integrale con aderenza esplosiva ma poco divertimento. Il quattro messo a punto per la R8 lavora praticamente come una trazione posteriore, mandando 15 16 17 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica In conclusione Con la nuova R8 invece l’impressione è di andare ancora più forte, ma tutto è diventato più semplice, naturale e divertente. Ma soprattutto è diventato davvero difficile, se non impossibile, metterla in crisi. Per questo parliamo di “auto totale”, capace di garantire prestazioni sensazionali con una immediatezza sconosciuta a quasi tutte le supercar. Tutto questo vale per la Plus, il top di gamma da 610 CV. Ma in un certo senso le stesse impressioni valgono per la versione da 540 CV. La R8 “base” è comunque velocissima e le differenze con la Plus si sentono davvero poco, se si esclude il cambio che ha una rapportatura più lunga (una scelta che ha permesso di avere livelli di emissioni molto bassi). Difficile quindi scegliere tra le due. La versione da 540 CV è già una R8 a pieno titolo, che ha tutto quello che serve per esprimere al meglio le doti dinamiche di questa supercar. La Plus invece resta per chi non cerca compromessi e vuole il massimo, anche nei dettagli. 18 BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Audi R8 Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Test Drive » Store Online » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 19 PROVA SU STRADA NUOVA VOLVO XC90 Obiettivo: sicurezza assoluta Crescono sempre di più gli aiuti alla guida, i sensori che vedono meglio dell’automobilista e i cervelli elettronici che decidono più rapidamente del miglior pilota. Il massimo nel Suv svedese di Enrico De Vita 20 21 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica Media N velocità esattamente compresa fra 48 e 50 km/h. Tale velocità era garantita dalle leggi della fisica perché dipendeva (quasi) unicamente dall’altezza della rupe. Oggi le cose sono cambiate: il centro sicurezza di Goteborg è uno dei più attrezzati al mondo, ma l’ossessione per la sicurezza è ancora un pallino degli ingegneri svedesi. C’è però un approccio che è mutato sostanzialmente: quarant’anni fa si ricercava la maggior robustezza possibile (a parità di peso o quasi) nelle scocche, per resistere ai vari impatti; oggi sappiamo che non conviene più investire in carrozzerie a prova di bomba. La Formula 1 dimostra che si possono costruire abitacoli leggeri, capaci di proteggere il pilota a velocità superiori a 100 km/h, purché si tratti di un impatto a veicolo isolato o contro veicoli simili. Quindi, molto meglio ricercare sistemi per evitare gli incidenti, piuttosto che esasperare le misure di protezione passiva. E in questo l’elettronica fornisce aiuti impensabili qualche anno fa, al punto che la sicurezza attiva costa meno e rende di più. Inesorabile prepotenza Al volante della nuova XC 90 avverti subito l’inesorabile prepotenza del microchip: l’elettronica si è impossessata di quasi tutte le funzioni una volta gestite dal pilota. E all’inizio del rapporto ci si sente spodestati. Poi, si scopre che affidarsi a un cervello elettronico è comodo e rilassante, e anche più semplice di quanto ti aspetti. I sensori, le telecamere, i radar e gli infrarossi sono più veloci di te nel vedere, e le centraline, nel decidere. Soprattutto sono più sicuri nel parare gli errori degli altri e nel compiere manovre giuste di fronte all’imprevisto. Già perché XC 90 ha un sistema che vede anche a 90°, cioè lateralmente: e così evita incidenti laterali agli incroci oppure si accorge immediatamente se un bimbo sguscia fra due macchine davanti a te. Nessun pilota, per quanto bravo, saprebbe fare altrettanto. La plancia della XC 90 non ha pulsanti o tasti. E all’inizio questo crea qualche turbamento, il disagio di non sapere come-azionare-cosa. Ci si sente nudi come nelle Cinquecento, quella del egli anni Settanta, quando solo le Case più ricche si erano dotate di un centro sicurezza, gli ingegneri della Volvo escogitarono un ingegnoso sistema, originale e poco costoso, per eseguire le prove di crash a velocità costante. Invece di ricorrere a complicate funicolari annegate nel terreno, con sistemi di sgancio finale e sistemi elettronici di controllo e regolazione della velocità di traino, scelsero una rupe di granito, alta 12 metri, nelle vicinanze di Goteborg, in Svezia. Poi costruirono sulla rupe uno scivolo, con un tratto finale orizzontale: la pista per le prove di crash era pronta. Le vetture erano lasciate in folle sullo scivolo, si muovevano a bassa velocità, raggiungevano l’assetto perfettamente orizzontale e poi cadevano dalla rupe con una traiettoria a parabola. Toccavano terra in posizione perfettamente verticale e con 22 23 24 25 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica riserve che le normative e le compagnie di assicurazione ponevano in relazione alle responsabilità. Volvo ha introdotto il City Safety nel 2008. Allora la frenata automatica, cioè all’insaputa del pilota, poteva entrare in funzione solo a velocità inferiori ai 30 km/h. Nel 2013 la velocità è salita a 50 all’ora. Oggi si va molto oltre: sulla XC 90 la frenata interviene a qualsiasi velocità, conferendo quindi la dote, mai sottolineata abbastanza, di evitare l’incidente più comune, cioè il tamponamento. Stagli alle calcagna Si può anche inserire la funzione “segui chi ti precede” assieme al lane departure warning e viaggiare a 50 all’ora, a distanza prefissata, al centro della corsia, senza più toccare volante, freno e acceleratore: un vero e proprio anticipo di guida automatica: la vettura infatti non solo accelera e frena da sola ma comanda anche lo sterzo. Inutile aggiungere che se mancano o sono invisibili le strisce di corsia – evenienza non rara sulle nostre strade - il sistema va inesorabilmente in crisi. Ma nel sistema di sicurezza c’è ancora una 1957, che non aveva comandi, non c’era il ventilatore per l’abitacolo, né le bocchette per far entrare aria, né un pomolo per regolare la temperatura. Nella XC 90, c’è tutto e di più, ma per alzare la temperatura dell’abitacolo anche di un solo grado non si può ricorrere a un pomello, una levetta, bisogna “entrare nel sistema”. I comandi vanno impartiti attraverso una doppia interfaccia uomo-macchina. La prima opzione è quella di parlare – dopo aver premuto un tasto sul volante - e di farsi capire dal sistema utilizzando la sua lingua (per interrompere una sauna involontaria bisogna pronunciare forte la parola “clima”; dire “temperatura” o “uffa che caldo” non serve). La seconda opzione è costituita dal touch screen, il grande display a metà della plancia (che funziona anche d’inverno, quando si indossano i guanti, grazie a un reticolo di raggi infrarossi). 26 Non si vede niente ma c’è tutto Nel display c’è tutto, basta saperlo cercare. Perfino per modificare le posizione dei sedili occorre far scorrere (in orizzontale e in verticale) le icone e toccare ripetutamente lo schermo. Così come per disinserire il “pedante” lane departure warning, la vibrazione al volante che segnala l’attraversamento involontario della linea di confine della corsia, bisogna fermarsi e scoprire qual è l’icona giusta. Noi italiani abbiamo la cattiva abitudine di non usare sempre l’indicatore di direzione quando usciamo dalla corsia: se lo usassimo, il dispositivo rimarrebbe silente e sarebbe davvero utile in caso di colpo di sonno. Ma è nella guida automatica che la XC 90 mostra i traguardi raggiunti nel sostituirsi all’uomo. Sono trascorsi 10 anni da quando le prime Honda montavano in serie la frenata automatica, con tutti i dubbi e le 27 28 29 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito novità: la capacità di evitare impatti con veicoli che viaggiano in senso opposto. Quindi, impatti laterali, impatti frontali e tamponamenti provocati sono sotto controllo. Rimangono i pericoli costituiti dai tamponamenti passivi, quelli subiti, e quelli imponderabili dovuti agli errori degli altri. I tecnici del centro sicurezza Volvo stanno lavorando al programma “vision 2020”: una serie di interventi che hanno lo scopo di azzerare entro il 2020 il numero delle vittime di incidenti nei quali sono coinvolti i veicoli Volvo e di limitare ogni lesione grave per gli occupanti. Il futuro dirà se il microchip sostituirà il pilota o se soltanto lo proteggerà dagli errori suoi e degli altri, magari senza togliergli il piacere della guida. 30 Prove Periodico elettronico di informazione automobilistica BROCHURE, TEST DRIVE, TUTTO SU: Volvo XC90 Sfoglia i cataloghi in PDF Brochure Configuratore della Casa » Test Drive » Store Online » Finanziamenti » Guarda tutti gli allestimenti » Trovala dai concessionari » 31 PROVA SU STRADA HONDA HR-V Il ritorno Torna la sigla della crossover di successo di fine anni ‘90. La seconda generazione della HR-V è bella, di qualità e piacevole da guidare. Due le motorizzazioni, un benzina e un turbodiesel. Arriverà in ottobre con un prezzo intorno ai 20.000 euro di Maurizio Gissi 32 33 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Media I l nuovo Suv compatto di casa Honda arriva in un periodo molto vivace per la categoria. In Italia il segmento delle crossover è infatti cresciuto del 40% nell’ultimo anno e la seconda generazione della Honda HR-V colma quindi un vuoto nell’offerta Honda. Peraltro dopo che la prima versione aveva ottenuto un importante successo fino alla sua uscita di scena nel 2006. Presentata nel 1998, la HR-V è stata di fatto un’apripista nel mondo crossover e, come ha ricordato Alessandro Skerl - direttore generale Honda Italia per il settore auto – nel corso della presentazione alla stampa organizzata a Lisbona, proprio nel nostro Paese e in Giappone ha ottenuto i suoi migliori risultati di vendita. Per questi due motivi la nuova HR-V era un’auto molto attesa dalla filiale italiana. La HR-V sarà nelle concessionarie dal prossimo ottobre. Due le 34 Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica lunghezza e interasse di 2.610 mm) ma diversa anche nella filosofia di progetto. Supera il concetto Suv, così sottolinea Honda, aggiungendo caratteristiche stilistiche da coupé e praticità da multispazio MPV. Non si tratta di uno slogan, perché è semplice notare come il design giochi con elementi che mixano principi Suv e coupé, tanto all’esterno come all’interno della vettura per offrire un nuovo concetto sportivo, mentre lo spazio interno e le possibilità di carico sono effettivamente pratici e molto versatili. Il tutto rispettando la regola della guida rialzata così tanto apprezzata in questa categoria. Esteticamente colpisce il contrasto fra il frontale importante e l’abitacolo filante, con due slanciate nervature che dai passaruota anteriori imprimono dinamismo alle fiancate per terminare nelle maniglie a scomparsa delle portiere posteriori. La cura aerodinamica è estesa fino al sottoscocca dove speciali pannelli migliorano l’andamento dei flussi e la silenziosità. Un aspetto importante ai fini dei consumi e delle prestazioni, considerato che la HR-V raggiunge velocità di tutto rispetto: 195 orari per la versione a benzina e 192 km/h per quella a gasolio. Le opzioni cromatiche vertono su tre colorazioni perlate (Morpho Blue, Crystal Black e White Orchid), sulla brillante tinta “Milano Red” e su quattro varianti metallizzate che sono: Brilliant Sporty Blue, Alabaster Silver, Modern Steel e Ruse Black. Dal vivo: com’è dentro Come dicevamo, spazio interno e versatilità sono due punti forti della nuova Honda. La posizione di guida è rialzata di 100 mm rispetto a una classica berlina e questo migliora visibilità e accessibilità nell’abitacolo. La soluzione del serbatoio carburante alloggiato sotto i sedili di guida rende possibile lo sfruttamento del sistema “sedili magici” posteriori, che non solo li divide nel classico rapporto 60-40, ma permette di averli in tre differenti configurazioni. Ripiegandoli in avanti si ottiene un vano di carico perfettamente piatto lungo ben 1.845 mm; sollevandone la seduta in posizione verticale si può avere un’altezza utile di 1.240 mm; abbattendo all’indietro il sedile lato motorizzazioni previste: il diesel 1.6 i-DTEC da 120 cv, già apprezzato sulla CR-V, e un inedito benzina 1.5 i-VTEC da 130 cv costruito per il mercato europeo. La HR-V sarà disponibile solo con la trazione anteriore e non anche nella variante 4x4, un modello già in vendita negli USA e con motore benzina 1.8 da 138 cv. Prezzi base, orientativi, di 20mila euro per il modello a benzina e di 22mila per la motorizzazione diesel. La HR-V a benzina sarà disponibile anche con il variatore continuo CVT. Tre gli allestimenti: Comfort e poi Elegance e infine Executive, con sovrapprezzi di circa duemila euro. La HR-V viene costruita in Messico e adotta la stessa piattaforma B della Jazz. Dal vivo: com’è fuori Rispetto alla nota CR-V, la HR-V non è soltanto più piccola (meno di 4 metri e trenta di 35 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Prova Periodico elettronico di informazione automobilistica con limiti velocità e divieto di accesso) indicandoli nel cruscotto e lavorando di concerto con il sistema Isl (Limitatore intelligente di velocità). Ci sono inoltre il sistema di controllo dei cambi involontari di corsia e la gestione automatica degli abbaglianti. I motori Il motore turbo diesel 1.6 iDTEC, un sedici valvole common rail, è il 1.597 cc realizzato per l’Europa e già montato ad esempio sulla CR-V. Eroga 120 cv a 4.000 giri e la coppia massima di 300 Nm a 2.000 giri. Inedito è invece il nuovo quattro cilindri benzina di 1.498 cc, a iniezione diretta e 16 valvole, a fasatura e altezza variabile. La potenza massima del motore 1.5 i-VTEC è di 130 cv a 6.600 giri, con il picco di coppia pari a 155 Nm a 4.600 giri. Entrambe le motorizzazioni hanno cambio manuale a sei rapporti, la versione a passeggero si può avere infine una lunghezza di carico fino a 2.445 mm. Il portellone ampio (1.180 mm) favorisce il carico del vano posteriore da 453 litri, che diventano oltre mille con i sedili posteriori abbattuti. Il disegno della plancia ha la tipica configurazione Suv. La strumentazione verte su tre quadranti rotondi: tachimetro al centro, contagiri a sinistra e display multifunzione a destra; la cornice del contagiri cambia colore, da bianco a verde, in abbinamento alla funzione Eco Assist. Il sistema di climatizzazione sfrutta uno schermo con comandi touch, mentre un interruttore aziona il freno di stazionamento, elettrico e a disinserimento automatico. L’avviamento è keyless. Offerto come optional nell’allestimento base, e di serie per gli altri due, è il sistema di infotainment Honda Connect (è lo stesso introdotto sull’ultima CR-V) che permette un accesso rapido ai tradizionali servizi internet, 36 benzina si può avere anche con il cambio CVT: la trasmissione con variatore continuo di velocità Honda ha un software di gestione specifico per il mercato europeo e sono state ricavate sette marce fittizie (gestibili dal paddle al volante, stiamo appunto parlando di un variatore) per offrire la sensazione della cambiata automatica tradizionale. Interessanti i dispositivi di frenata EDDB (Early Downshift During Braking) e Fast Off. Il primo interviene scalando le marce quando si frena in prossimità di una curva o si è in discesa assicurando un utile freno motore. Il secondo riconosce la velocità con la quale si rilascia l’acceleratore, accorciando di conseguenza il rapporto. Come si guida Lo spazio promesso da Honda lo si apprezza non appena ci si accomoda al posto guida, il tunnel dalla ricerca ai social media, dal meteo alla musica. Il tutto si comanda tramite uno schermo lcd touch da 7 pollici, che serve anche al sistema di navigazione Garmin e fa da schermo alla videocamere posteriore nelle manovre. Nell’ambito dei tre allestimenti disponibili è possibile scegliere tessuti e finiture in pelle, mentre la versione Executive dispone del tetto panoramico, apribile, lungo 846 mm e munito di parasole scorrevole. Per quanto riguarda i dispositivi di sicurezza, la HR-V si avvale di una tecnologia avanzata. La frenata attiva City Brake Active System aziona autonomamente i freni, al di sotto dei 32 km/h, in caso di pericolo di collisione grazie a un sistema di monitoraggio radar. Gli allestimenti medio e top adottano il pacchetto di sicurezza Adas gestito da videocamere e sensori radar. “Adas” che comprende l’allarme di collisione, il riconoscimento della segnaletica stradale (cartelli rotondi 37 38 39 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb alto non impaccia e sul volante, regolabile in altezza e profondità, ci sono tutti i comandi a distanza di pollice. Visuale alta e ampia, comodo portaoggetti centrale con scomparti modulari, climatizzatore e impianto audio adeguati. Chi siede dietro, specie se ci limita a due passeggeri, trova un’abitabilità elevata per la categoria, una bella distanza dai sedili anteriori e il pavimento perfettamente piatto. Il servosterzo elettrico adattativo è leggero in manovra e a bassa velocità enfatizzando l’impressione di agilità. Nonostante sia un po’ rialzata e in un primo momento dia l’impressione di avere un assetto morbido, la HR-V sfoggia invece una bella tenuta in inserimento di curva e un comportamento decisamente neutro lasciando ottimi margini di sicurezza. Il comfort di marcia è molto buono, con pochi fruscii aerodinamici e sospensioni che assorbono bene i tratti sconnessi. A essere un poco più rigide sono invece le sospensioni posteriori – se 40 Prove Periodico elettronico di informazione automobilistica tirare i rapporti cambiando oltre quota 4-5.000, perché i cavalli ci sono sì ma sono in alto, e la coppia ai medi non è il punto migliore di questo motore. Motore per il quale Honda dichiara una percorrenza media di 17,5 km/litro (che sale a ben 19,2 km/litro con il cambio CVT e le ruote da 16”). Nel ciclo extraurbano sono invece dichiarate percorrenze di oltre 20 km/l. Noi non siamo però andati oltre i 14 km/litro, arrivando a 16 ma con molta delicatezza sull’acceleratore. L’accelerazione da 0 a 100 orari vede la HR-V con motore diesel prevalere di soli due decimi di secondo nei confronti dell’allestimento con motore a benzina: 10” contro 10,2”. Tuttavia, nell’uso normale, la differenza di accelerazione ai bassi e di ripresa a tutti i regimi è nettamente a favore del motore 1.6 a gasolio. Avere a disposizione una coppia pressoché doppia a un regime di soli 2.000 giri, invece che a 4.600, fa com’è prevedibile una grande differenza in salita e nei percorsi molto guidati. Fra l’altro il consumo è ne accorgono soltanto i passeggeri – almeno con la versioni con ruote da 17 pollici che abbiamo provato (quella base e l’intermedia adottano i 16 pollici). E’ davvero efficace l’impianto frenate che conta su dischi forati anteriori ed è dotato di Abs, ripartitore elettronico di frenata, controllo di stabilità e assistenza nelle partenza in salita. L’isolamento acustico è buono ma non eccellente, tanto che il rumore del motore a benzina si fa sentire oltre i 4.000 giri, mentre quello del diesel fa sentire la sua ruvidità agli alti regimi. Parlando di motori vi diciamo che il primo contatto è stato con il benzina da 1,5 litri con cambio manuale. Un cambio a sei marce ben spaziato e con comando molto fluido e veloce. Il motore 1.5 è caratterizzato da una bella estensione di utilizzo, tanto che si può riprendere da meno di duemila giri in sesta marcia e allungare fino quasi a settemila giri con una bella spinta crescente. Se si vuole andare via spediti, o si è in salita, diventa però inevitabile 41 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito 42 Periodico elettronico di informazione automobilistica Prove 43 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione automobilistica Prova mediamente inferiore di 1 o 2 litri ogni 100 km. Dove il 1.600 convince meno è nel brio agli alti, allungando con un po’ di lentezza fin quasi i 5.000 giri. A favore del motore 1.5 c’è la possibilità di avere la grande comodità del cambio automatico CVT, e questa può essere la variabile a suo favore. Fra l’altro con consumi più bassi rispetto al trasmissione con cambio manuale, ma – va detto - anche con doti di accelerazione inferiori. In conclusione La seconda generazione della HR-V si mostra con una linea non più spigolosa, con tanta praticità, versatilità e cura costruttiva. Due motorizzazioni, benzina e turbodiesel e un bel comportamento dinamico che ne fanno una crossover estremamente interessante. 44 45 SALONE DI FRANCOFORTE 2015: TUTTE LE NOVITÀ Tutte le novità presentate in anteprima assoluta al Salone di Francoforte 2015 in una gallery aggiornata giorno per giorno. Il modo migliore per fasi un’idea di cosa sta per arrivare in concessionaria! IAA 2015, tutti gli articoli Media 46 47 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito IAA 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica sviluppata da Peugeot Sport comprende anche un vistoso spoiler posteriore “appeso” al lunotto ispirato dal regolamento tecnico del WTCC, serie nella quale Peugeot potrebbe scegliere di cimentarsi in futuro. La 308 Racing Cup è dotata inoltre di roll bar saldato al telaio, pinze freno racing e cambio sequenziale a 6 rapporti. Il propulsore è il 1.6 turbo THP che in questa versione raggiunge 308 CV grazie all’adozione del turbo prelevato dalla 208 T16 da rally, anche se la potenza massima, sostiene Peugeot Sport, potrà essere ulteriormente accresciuta dal momento nelle successive fasi di sviluppo. PEUGEOT 308 RACING CUP IL LEONE CHE VA DI CORSA Ecco la versione da competizione della Peugeot 308 GTi che dal prossimo anno sostituirà la RCZ Racing Cup e debutterà nelle serie turismo ed endurance, CITE compreso P unta a sostituire la Peugeot RCZ Racing Cup la nuova Peugeot 308 Racing Cup che sarà destinata a partire dal 2016 all’omonimo monomarca, ma anche alle serie turismo e di durata come il VLN tedesco, il CITE italiano, il CER spagnolo, il BGDC belga e competizioni aperte come la 24h del 48 Nurburgring. Sviluppata a partire dalla 308 GTi, dalla quale derivano alcuni componenti come parte delle sospensioni, la 308 Racing Cup è più larga di 10,6 cm rispetto alla 308 GTi stradale, con una larghezza che raggiunge il metro e 91 per via dei passaruota allargati per fare spazio alle nuove ruote racing da 18”. L’aerodinamica 49 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito IAA 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica Adaptive, dove sarà il software della nuova Serie 7 ad ottimizzare le risposte degli ammortizzatori in base al fondo stradale. Le motorizzazioni Altro importante passo in avanti è stato compiuto dai propulsori, tutti disponibili con il famoso cambio Steptronic, automatico, ad otto rapporti. Due le motorizzazioni a benzina: si parte da un sei cilindri da 3.0 litri turbo capace di erogare 326 cavalli e 450 Nm di coppia, fino ad arrivare ad un V8 da 4.4 litri, anch’esso turbo, capace di raggiungere i 450 cavalli e i 650 Nm. Monotematica la scelta per quanto riguarda il diesel: è disponibile, al momento, un solo sei cilindri turbo da 3.0 litri, con potenza di 265 cavalli e 620 Nm. Plug-in: la svolta Arriva anche la versione plug-in della nuova BMW Serie 7, già utilizzata su i8 e X5. Il tradizionale motore termico – un 2.0 litri turbo da 258 cavalli – sarà assistito da un propulsore elettrico agli ioni di litio da 95 cavalli, per una potenza complessiva di 326 cavalli. Interessanti le prestazioni ed i consumi: si parla di uno 0-100 km/h in 5,6 secondi, per una velocità massima di 240 km/h; ridottissimi i consumo, con appena 2,1 litri per 100 km. L’autonomia dichiarata dalla casa, utilizzando solamente la componente elettrica, è di 40 km. Ridotte quasi all’osso le emissioni di CO2, con appena 49 g/km. Buona la scelta di equipaggiare il modello sia con la trazione posteriore che, a scelta, integrale. L’iDrive si userà “senza mani” Passando sotto il profilo dell’infotainment, numerose sono state le migliorie per incrementare i già elevatissimi standard della BMW Serie 7. Uno schermo di dimensioni generose, posizionato al centro della plancia, sarà touch-screen, permettendoci di controllare direttamente le funzionalità dell’iDrive senza necessariamente ricorrere NUOVA BMW SERIE 7 ECCO L’AMMIRAGLIA DI MONACO di Marco Congiu | BMW Serie 7 si scopre agli occhi del mondo, rivelandosi sempre auto elegante e raffinata come il suo buon nome richiede, nonostante sia stata rinnovata drasticamente S i rinnova in maniera consistente la nuova BMW Serie 7 migliorando ulteriormente, se possibile, l’elevato comfort dell’ammiraglia della casa bavarese. Tante, tantissime le novità, a cominciare da quella meno visibile: il corpo della vettura, infatti, è composto da una scocca denominata Carbon Core, adottata sulla nuova Serie 7 dopo un felice e proficuo debutto su i3 e i8. Dalla BMW ci fanno sapere di aver risparmiato 130kg 50 di peso rispetto al passato, aumentando perà sensibilmente i vantaggi sotto il profilo della rigidità torsionale e della stabilità. Nuovo anche il sistema sospensivo, denominato Integral Active Steering. Il rollio della vettura non sarà più un problema, grazie alle sospensioni governate elettromeccanicamente, in grado di ridurre lo scivolamento laterale percepito all’interno dell’abitacolo. Oltre alle già note Comfort, Sport ed Eco Pro, ora troviamo anche la modalità di guida 51 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione automobilistica IAA 2015 aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb all’utilizzo del celeberrimo controller. Ricercata la tecnologia di un innovativo sensore 3D, il quale capterà i movimenti della mano ancor prima che essa sfiori lo schermo. Presente nel pacchetto Executive Lounge, troviamo un climatizzatore automatico quadri-zona, sedili posteriori singoli con funzionalità. Per chi volesse un comfort ancora più spiccato, esiste l’Executive Lounge Seating – un sedile dotato di poggiapiedi posto dietro al passeggero anteriore – una consolle centrale ed un tablet da ben 7” in grado di comandare l’infotainment. Si parcheggia con il telecomando La raffinatezza delle nuove soluzioni adottate 52 dalla casa bavarese si percepisce anche nelle piccole cose, come ad esempio la chiave, divenuta ora più che mai parte attiva nella guida della nuova Serie 7. Sarà possibile, infatti, parcheggiare in maniera telecomandata, sfruttando il display presente sulla chiave. I fari, disponibili a LED di serie, saranno sostituiti da proiettori laser su richiesta, dotati di Selective Beam. Rimanendo sul comparto illuminazioni, fa bella mostra di sé il Welcome Light Carpet, un sistema luminoso che garantisce alla vettura un aspetto decisamente più elegante al proprio interno. Gradevole anche l’idea di ricreare, sfruttando il tetto panoramico Sky Lounge, un suggestivo cielo stellato, sfruttando dei piccoli LED. 53 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito IAA 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica essere subito identificabile come una Bugatti ma al tempo stesso ogni elemento estetico avrebbe dovuto avere anche un ruolo funzionale. Sviluppata in collaborazione con Polyphony Digital Inc., il creatore di Gran Turismo, questa particolare Bugatti nasconde uno studio aerodinamico raffinatissimo e tecnologie al di là delle migliori avanguardie. La Bugatti Vision Gran Turismo ha tutte le caratteristiche che la rendono subito riconoscibile come un’auto pensata nell’atelier di Molsheim. La particolare griglia frontale a ferro di cavallo affiancata da gruppi ottici a led, la pinna centrale e il grande alettone posteriore sono tutti elementi tipici di una Bugatti. «Volevamo sviluppare una supercar virtuale per tutti i nostri fan che sapesse incarnare il vero spirito Bugatti. Ci auguriamo davvero che tutti i gamers sappiano divertirsi con quest’auto, così come noi ci siamo appassionati nel disegnarla». In questo modo ha commentato il team di designer. BUGATTI VISION GRAN TURISMO DAI VIDEOGAME ALLA “REALTÀ” Al Salone di Francoforte la Casa di Molsheim si presenta con l’eccezionale Bugatti Vision Gran Turismo, una show car pensata per far sognare ad occhi aperti gli appassionati di tutto il mondo A l Salone di Francoforte la Casa di Molsheim si presenta con l’eccezionale Bugatti Vision Gran Turismo, una show car pensata per far sognare ad occhi aperti gli appassionati di tutto il mondo. Un’auto virtuale trasformata in show car Con questo concept l’atelier alsaziano ha voluto trasforamre un’auto virtuale, nata per apparire all’inteno del videogame Gran Turismo, in una 54 show car reale, da toccare con mano al prossimo Salone di Francoforte. Il design di quest’auto virtuale-reale vuole celebrare la storia vincente di Bugatti nel motorposrt. In particolare il concept è da interpretare come un vero e proprio tributo alle vittorie della Casa alsaziana a Le Mans e alla gloria eterna che Bugatti ha saputo guadagnarsi nelle corse a cavallo tra gli anni ‘20 e ‘30. Un design inconfondibile Due erano gli obiettivi principali del team di designer. La supercar virtuale avrebbe dovutto 55 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito IAA 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica assolutamente vitale nel Vecchio Continente. Nonostante la Sportage sia ancora oggi un modello chiave per Kia i designer non hanno però deciso di mantenere un design conservativo, nel segno della continuità. Anzi, hanno intrapreso la strada più difficile, ripensando da zero ogni singolo dettagli stilistico della crossover. Secondo la Casa la nuova Sportage mette in mostra uno “stile progressivo”, che si ispira alle forme lisce e taglienti tipico dei più moderni jet da combattimento. Alza il tiro La zona più innovativa è senza dubbio il frontale, dove i gruppi ottici non si fondono più con la griglia ma brillano di luce propria, alle estremità della zona anteriore. Al centro poi campeggia l’immancabile griglia “a naso di tigre”, vero e proprio marchio di fabbrica di tutti i più recenti modelli firmati Kia. Al posteriore invece troviamo gruppi ottici ispirati direttamente alla concept Provo del 2013 e tenuti insieme da un’elegante finitura cromata. Gli indicatori di direzione e la luce di retromarcia sono integrati invece nella zona inferiore, all’interno del paraurti. Al momento non si conoscono ancora i dettagli tecnici della nuova Sportage, che saranno diffusi senza dubbio in occasione del debutto ufficiale al prossimo Salone di Francoforte. Stay tuned! NUOVA KIA SPORTAGE È UNA RIVOLUZIONE! PRIME IMMAGINI E DETTAGLI Le prime immagini della nuova Kia Sportage mostrano una crossover completamente diversa da quella che conosciamo oggi. Ecco come e quanto è cambiata D opo aver diffuso i primi teaser Kia si è decisa finalmente a mostrare le prime immagini ufficiali della nuova Sportage, che giunge alla quarta generazione stravolgendosi ancora una volta sia in termini di stile che di tecnologia. 56 Altro che design conservativo! La Sportage è un crossover compatto che ha sempre rappresentato uno dei modelli più venduti dal marchio coreano, soprattutto in Italia. Per questo i coreani non si possono permettere nessun passo falso in questo segmento, 57 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito IAA 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica sofisticatissimo sistema di climatizzazione Thermotronic, pensato per garantire ai passeggeri il massimo comfort termico indipendentemente dal fatto che il tetto sia chiuso o aperto. Non manca poi un vasto assortimento di materiali pregiati per i rivestimenti, che vanno dalla classica pelle fino alla pregiata pelle Nappa e alla ancor più esclusiva pelle Nappa Exclusive “designo”. In via opzionale i clienti più esigenti possono scegliere anche il Warmth Comfort package che include sedili, braccioli e volante riscaldati. Non manca il pacchetto Air-Balance che permette di diffondere nell’abitacolo una lunga serie di diverse fragranze. Per il massimo il comfort durante la guida en plein air sono disponibili inoltre i sistemi Aircap, che protegge dalle turbolenze del vento, e la tecnologia Airscarf in grado di produrre un flusso di aria calda intorno ai passeggeri, così da poter viaggiare a cielo aperto anche in inverno. Motorizzazioni: solo il meglio La gamma motorizzazioni prevede solo il meglio della famiglia Classe S. Si parte con la S 500 Cabrio spinta da un V8 biturbo da 4.7 litri in grado di erogare 455 CV e 700 Nm di coppia. Per chi non dovesse essere ancora abbastanza ci sono poi le S 63 AMG o S 63 AMG 4Matic Cabrio spinte dall’esuberante V8 biturbo da 5.5 litri capace di erogare 585 CV e 900 Nm. Questa motorizzazione permette alla variante a trazione integrale 4Matic di accelerare da 0 a 100 km/h in 3,9 secondi prima di raggiungere una velocità massima autolimitata elettronicamente a 250 km/h. La nuova Mercedes Classe S Cabrio sarà orindabile in Germania a partire da dicembre, mentre le prime consegne sono previste nel corso della primavera 2016. Al momento però non si conoscono ancora i prezzi di listino, anche se non saranno di certo inferiori a quelli della sorella Coupé, che in Italia parte da 129.909 euro... MERCEDES CLASSE S CABRIO ECCO LA NUOVA FRONTIERA DEL LUSSO La Casa di Stoccarda ha diffuso tutti i dettagli in merito alla nuovissima Mercedes Classe S Cabriolet, che dopo 44 anni riporta la Stella nel mondo delle ammiraglie en plein air L a Casa di Stoccarda ha diffuso tutti i dettagli in merito alla nuovissima Mercedes Classe S Cabriolet, che dopo 44 anni riporta la Stella nel mondo delle ammiraglie en plein air. Il modello, che debutterà al prossimo Salone di Francoforte, è sostanzialmente simile alla variante Coupé, eccezion fatta naturalmente per il soft top in tela, disponibile in nero, blu scuro, beige o rosso scuro. La capote è 58 realizzata attraverso tre strati di materiali diversi per garantire la massima insonorizzazione e nonostante le dimensioni è in grado di ripiegarsi o aprirsi in 20 secondi fino ad una velocità di 60 km/h. Massimo comfort... en plein air! Anche gli interni ricalcano fedelmente l’impostazione della Coupé ma guadagnano il 59 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito News Periodico elettronico di informazione automobilistica trasformato in una pedina da muovere per fare un dispetto all’avversario. Giugiaro, legato fedelmente allo “sconfintto” Piech, ne ha pagato le conseguenze con un prezzo altissimo, che ha rischiesto un suo passo indietro di fatto forzato. È così che il 2 luglio Giugiaro cedeva l’ultima quota pari al 9,9% delle azioni che aveva mantenuto al momento dell’ingresso nel gruppo di Wolfsburg nel 2010, abbandonando tutte le cariche, compresa la presidenza onoraria. L’azienda passava così totalmente a Volkswagen tramite l’Audi diventando quindi tedesca a tutti gli effetti. Inizia l’era De Silva Oggi, a due mesi di distanza, inizia il “dopo Giugiaro” all’Italdesign. E inizia con una notizia bomba visto che il nuovo Presidente non sarà niente di meno che Walter De Silva, con Jorg Astalosch nel ruolo di Amministratore Delegato. Le nomine verranno ufficializzate l’11 settembre in occasione di una tavola rotonda presso la sede di Moncalieri. De Silva, che ritorna a Torino dove aveva cominciato al Centro Stile Fiat nel 1972 e poi dal 1986 all’Alfa Romeo, ha disegnato celebri vetture firmando per 5 volte - record assoluto il successo nel titolo di Auto dell’Anno: nel 1998 con l’Alfa Romeo 156, nel 2001 con l’Alfa 147, nel 2010 con la Volkswagen Polo, nel 2013 con la Golf e lo scorso anno con la Passat. Il designer, 64 anni, ha ricevuto nel 2011 il premio Compasso d’Oro alla Carriera. Astalosch è invece un uomo Volkswagen: è stato direttore finanziario della Man, società tedesca di autocarri e autobus, e assistente di Piech. VW, SVOLTA EPOCALE ALL’ITALDESIGN ARRIVA DE SILVA DOPO L’ADDIO DI GIUGIARO A due mesi di distanza, inizia il “dopo Giugiaro” all’Italdesign. Il nuovo Presidente non sarà niente di meno che Walter De Silva, con Jorg Astalosch nel ruolo di Amministratore Delegato A luglio, come un fulmine a ciel sereno, arrivava la notizia dell’addio di Giugiaro alla sua Italdesign. Una notizia non da poco visto che Giorgetto era stato il fondatore di quell’azienda che ora si trova al 100% nella mani di Volkswagen. Per spiegare l’accaduto occorre inserire l’abbandono di 60 Giugiaro nello lotte intestine e nei giochi di potere interni al colosso di Wolfsburg. Giugiaro sacrificato In pratica Giugiaro, totalmente incolpevole, si è ritrovato immerso nella battaglia feroce tra Piech, Winterkorn e il Consiglio di Amministrazione, 61 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Sicurezza Periodico elettronico di informazione automobilistica Cinture posteriori: se non le indossi rischi la vita e la fai rischiare a chi ti siede davanti! In questa puntata parliamo delle cinture di sicurezza. Il loro utilizzo riduce dell’80% il rischio di lesioni gravi o mortali. Mentre davanti le cinture vengono allacciate dalla maggioranza degli utenti, sui sedili posteriori si vedono ancora troppi passeggeri che non le indossano. Ricordiamo che il loro utilizzo è obbligatorio. Soprattutto sottolineiamo che non indossarle dietro espone se stessi, ma anche i passeggeri anteriori, a rischi di lesioni gravissime in caso di incidente (il video lo spiega molto bene). In autostrada oltre il 20% degli incidenti mortali coinvolgono passeggeri che non indossavano le cinture e che sono stati sbalzati fuori dall’abitacolo. Tutto quello che c’è da sapere sulle cinture POLIZIA STRADALE IN AZIONE IL CORRETTO USO DELLE CINTURE DI SICUREZZA, ANCHE POSTERIORI di Andrea Perfetti | Gli agenti della Polizia Stradale ci spiegano l’importanza dell’uso delle cinture delle sicurezza. Sono obbligatorie anche sui posti posteriori e il loro mancato uso ha conseguenze pesantissime, come mostra il video G razie al fondamentale aiuto della Polizia di Stato e della Sezione della Polizia Stradale di Cremona, diretta dal Vice Questore Aggiunto Federica Deledda, cerchiamo di fare chiarezza su diversi comportamenti che hanno un risvolto diretto e immediato sulla sicurezza dei nostri viaggi in 62 auto e in moto. Siamo infatti saliti a bordo delle auto della Polizia per rispondere in modo semplice e immediato a tanti dubbi e per chiarire diversi aspetti legati alla circolazione stradale. A questo indirizzo trovate gli argomenti trattati dalle redazioni di Moto.it e Automoto.it con la Polizia Stradale. L’obbligo dell’installazione delle cinture di sicurezza ricorre, sia per i posti anteriori che per quelli posteriori, per tutti i veicoli della categoria M1 che, immatricolati dal 15 giugno 1976, siano predisposti sin dall’origine con specifici punti di attacco. L’obbligo di utilizzo delle cinture di sicurezza riguarda il conducente e i passeggeri (anteriori e posteriori) delle seguenti categorie di veicoli: autovetture, autoveicoli destinati al trasporto di cose, autobus. Dal 30 luglio 2010 tale obbligo ricorre anche per il conducente ed il passeggero di quadricicli leggeri dotati di carrozzeria chiusa dotati sin dall’ origine di cinture di sicurezza. Ne deriva che devono usarle anche il conducente e i passeggeri delle diffuse minicar. Le cinture vanno indossate anche a bordo di taxi e di vetture adibite a noleggio con conducente. cente risponde anche del mancato utilizzo della cintura o del sistema di ritenuta da parte del passeggero minore di età, se a bordo non è presente chi è tenuto alla sorveglianza del minore stesso. Dall’illecito discende la decurtazione di 5 punti dalla patente o dal certificato di idoneità alla guida (il cosiddetto patentino per ciclomotori). Se l’infrazione è ripetuta per almeno 2 volte in 2 anni, alla seconda infrazione consegue anche la sospensione della patente da 15 giorni a 2 mesi. Il comma 11 dell’art.172 punisce chi altera oppure ostacola il normale funzionamento della cintura di sicurezza (da euro 40 a euro 163 e la decurtazione di 5 punti). Attenzione: Il conducente che permette ai passeggeri di viaggiare senza cintura di sicurezza o sistemi di ritenuta, può essere considerato responsabile di parte dei danni fisici subiti dagli stessi. In caso di incidente mortale, il conducente che non ha imposto l’uso delle cinture risponderà dell’accusa di omicidio colposo. Donne in gravidanza Le donne incinte devono usare le cinture di sicurezza, perché non solo non danneggiano il bambino ma riducono i rischi in caso di incidente. Cinture di sicurezza e airbag devono agire insieme per far scendere del 70% la soglia di pericolo per la futura mamma e il bambino. La cintura non va mai lasciata troppo lenta, perché in caso di incidente la cintura potrebbe consentire alla donna di scivolare bruscamente verso il basso, provocando ferite alla mamma e al bambino. Sanzioni Il conducente che non fa uso della cintura di sicurezza incorre nella sanzione pecuniaria da euro 81 a euro 326 (art.172 comma 10 cds). Il condu63 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione automobilistica Concessioni Autostradali Lombarde (la società costituita da Regione Lombardia, attraverso Infrastrutture Lombarde, e dal Ministero delle Infrastrutture con ANAS) che avrebbe dovuto risarcire BreBeMi con 2,44 miliardi di euro. Il flop della A35 BREBEMI L’AUTOSTRADA DESERTA CHE DIVORA SOLDI PUBBLICI I gestori avevano previsto di recuperare l’investimento con i pedaggi, ma finora la BreBeMi è stato un flop enorme: per stare nei conti la A35BreBemi doveva totalizzare 40.000 transiti nei primi sei mesi dall’apertura e 60.000 da gennaio di quest’anno, invece la società lo scorso luglio in una nota piuttosto ottimistica informava che «i volumi di traffico sono aumentati di circa il 107%, passando dagli iniziali 13.000 transiti giornalieri alle attuali punte di 38.000». Da qui l’esigenza di ripianare i conti con l’iniezione di soldi pubblici da 320 milioni varata dal Cipe, che ha peraltro deciso che la durata della concessione passerà dai 19,5 previsti inizialmente a 25,5 anni. Alla scadenza della concessione, poi, la BreBeMI passerà allo Stato in cambio di 1 miliardo e 205 milioni di euro. Non proprio privata Costruita attraverso il project financing con soci pubblici diretti e indiretti come Regione, Province e Comuni interessati insieme a privati come banche e imprese costruttrici, la A35 quando partì il progetto, più di diciotto anni fa, doveva costare 920 milioni di euro, ma il conto finale si è triplicato fino a raggiungere 2,439 miliardi di euro, compresi gli interessi. Che per 62 chilometri di lunghezza fanno un totale di 38 milioni di euro a chilometro. Ma cosa tiene lontani gli automobilisti dalla BreBemi? Innanzitutto il pedaggio salato: i 56 km a pagamento da Brescia a Milano costano ben 10,70 euro, ovvero 19 centesimi a km. Per fare lo stesso tratto sulla A4 se ne spendono 6,80. Per questo motivo BreBeMi S.p.A. ha lanciato in estate una campagna di sconti fino al 45%, che però non hanno migliorato molto la situazione. Basta percorrerla per accorgersi che la A35 è una autostrada deserta. E poi mancano le aree di servizio. Negli spazi in cui dovrebbero sorgere per il momento la concessionaria ha tamponato la situazione installando bagni chimici e distributori automatici di merendine, bevande e caffé. Quest’ultimo, però, da qualche mese è gratis. Basterà a convincere gli automobilisti a scegliere l’”autostrada dei privati”? La A35 che collega Brescia a Milano è l’autostrada più giovane, ma anche la più costosa e meno frequentata d’Italia. E per tamponare il flop lo Stato accorda un finanziamento da 320 milioni di euro D oveva essere l’autostrada più moderna, veloce e sicura d’Italia e oltretutto a costo zero per le casse pubbliche. Invece la BreBeMi, l’autostrada “dei privati”, continua a costare un bel po’ al contribuente. Quanto? Gli ultimi soldi pubblici ricevuti dalla A35 e accordati dal Cipe lo scorso 6 agosto sono un finanziamento da 260 milioni di euro erogati dallo Stato in rate da 20 milioni 64 all’anno dal 2017 al 2031 e 60 milioni in tre rate annuali, dal 2015 al 2017, erogati invece dalla Regione Lombardia. In totale fanno 320 milioni di euro per riequilibrare i conti, una evenienza peraltro prevista dalla convenzione in caso le cose non fossero andate come previsto come in effetti è successo. E se lo Stato non avesse pagato? Gli accordi stabiliscono che la società autostradale avrebbe potuto restituire la concessione a 65 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Attualità Periodico elettronico di informazione automobilistica N ella giornata di sabato c’è stato l’ennesimo incontro di rito tra il Presidente della Regione Lombardia Maroni e Bernie Ecclestone, numero uno della F1. Subito dopo l’Autodromo ha diffuso un comunicato per cercare di rassicurare gli animi dei tifosi: “La trattativa va avanti, incontro significativo”. Maroni andava addirittura oltre dicendo: «Al 99,9 % Monza è salva!» Ecclestone: parole durissime F1 MONZA MARONI: «IL GP È SALVO AL 99,9%». ECCLESTONE LO GELA: «RINNOVO IMPROBABILE» di Matteo Valenti | Nuovo incontro a Monza ieri tra Bernie Ecclestone e il Presidente della Regione Lombardia, Roberto Maroni. Maroni si è mostrato molto fiducioso, ma la trattativa sembra destinata a durare a lungo. Può la Formula 1 privarsi davvero di Monza? Le dichiarazioni rilasciate da Ecclestone soltanto poche ore dopo ai microfoni di Rai Sport F1 però tracciano uno scenario molto meno scintillante. Bernie infatti ha sentenziato:«Noi siamo stati ottimisti, abbiamo cercato di trovare una soluzione. Però non possiamo trovare un accordo diverso rispetto a quello degli altri Paesi. Anche in Germania sono andati in scena Gran Premi per diversi anni eppure oggi non siamo riusciti a trovare un accordo» E a chi gli chiedeva quale potrebbe essere la soluzione, lui risponde: «Lo soluzione credo che debba essere la stessa di quando io voglio comprare qualcosa. Se non posso permettermela non la posso avere». Mister E. non ha risparmiato poi la consueta frecciata a Maroni. Il Presidente della Regione è da giorni che ripete “Monza non si tocca” ed Ecclestone risponde cristallino come sempre: «Nessuno vuole toccare Monza, io credo di venire su questo tracciato da molto tempo prima di lui [Maroni, ndr]». Il rinnovo quindi è improbabile? «Al momento direi di sì - ha spiegato Bernie ad Autosport - sulla base del fatto che non vogliono pagare. Il prezzo che chiediamo è lo stesso che pagano gli altri organizzatori europei, non dovrebbe essere un dramma ma non sono in grado di chiudere, probabilmente per molte ragioni». Può esistere una F1 senza Monza? Insomma il cammino per il rinnovo del contratto è sempre più in salita, sopratutto perché Ecclestone sembra davvero irremovibile. Ha una cifra in testa - si parla di circa 25 milioni di euro - e non 66 è disposto a fare sconti in nessuna maniera (Gli organizzatori vorrebbero chiudere a 10 milioni in meno circa). E’ anche vero però che risulta difficile immaginare, soprattutto per noi Italiani, un futuro in F1 senza la classica monzese. Oltre ad evidenti ragioni affettive però c’è un aspetto da considerare che può essere una leva più forte di tutte, soprattutto per una Formula 1 sempre più in crisi di identità come quella attuale. Per dirla con le parole del Team Principal Ferrari Maurizio Arrivabene: «Monza insieme a Spa, Silverstone e Monaco rappresenta l’essenza della Formula1. Se perdi le radici perdi te stesso». Monza, atmosfera magica Ed è questo il vero tema che ruota attorno alla vicenda dell’Autodromo Nazionale. Ecclestone ha uno spettacolo da mandare avanti, divenuto molto costoso. I contratti con gli autodromi - oltre ai diritti TV - garantiscono la sopravvivenza del Circus stesso e delle squadre, quindi Bernie fa un semplice discorso di mercato, tra domanda e offerta. Per questo dice che non ammette sconti. Ma se Francia e Germania hanno già perso il GP di casa, viene da chiedersi quale sia il senso di una F1 senza nemmeno più Monza, con il suo bagaglio ineguagliabile di storia e passione. Con un calendario organizzato soltanto sui nuovi circuiti disegnati dalla discutibile mano di Tilke, in Paesi ai confini del mondo e privi di un reale patrimonio culturale legato al motorsport il Circus rischierebbe di perdere un’altra fetta importante del suo fascino già in parte compromesso dalle rivoluzioni tecniche degli ultimi anni. In questi giorni a Monza noi, insieme a tutti i tifosi, abbiamo respirato un’atmosfera veramente unica, resa ancora più magica dalle qualifiche brillanti delle Ferrari che hanno mandato in delirio le tribune tinte di Rosso. E ci auguriamo, con tutte le nostre forze, di continuare a respirarla a pieni polmoni per molto, molto tempo. 67 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione automobilistica che passano nella zona centrale, tra i due alberi a camme, con andamento più o meno parallelo all’asse dei cilindri. In altre parole, se la bancata di questi ultimi è verticale, sono verticali anche i condotti di aspirazione, mentre quelli di scarico mantengono la disposizione usuale e quindi fuoriescono dalla testa lateralmente. In questi casi fino a pochi anni fa si parlava di “downdraft” ports, ma oggi questa definizione inizia ad essere impiegata per indicare semplicemente i condotti con forte inclinazione verso l’alto, anche se disposti in maniera convenzionale. In campo automobilistico i condotti di aspirazione di questo tipo pare che abbiano fatto la loro comparsa negli USA, su alcuni motori da competizione costruiti dal mitico Miller negli anni Venti e su una Sampson che ha gareggiato a Indianapolis nel 1930 e nel 1933. Poco tempo dopo la soluzione è stata impiegata dalla BMW per la sua ottima 328 a sei cilindri. In questo caso la distribuzione era ad aste e bilancieri e i condotti di aspirazione, verticali, passavano nella zona centrale della testa, tra le due file di valvole (debitamente inclinate tra loro). Nel dopoguerra questo motore è stato a lungo costruito in Inghilterra dalla Bristol. In Germania vanno segnalati i sei cilindri delle vetture Sport Veritas, “imparentati” in larga misura con il 328 ma dotati di una nuova testa, in alcuni casi con distribuzione monoalbero. Le applicazioni in Formula 1 A portare decisamente alla attenzione di tecnici e appassionati i condotti downdraft è stata la Mercedes-Benz con i suoi straordinari motori da competizione desmodromici a iniezione diretta che hanno spopolato nei campionati di Formula Uno del 1954 e 1955. La soluzione è stata impiegata anche sul motore di tre litri delle vetture Sport della casa di Stoccarda che hanno vinto il mondiale nel 1955 (trionfando tra l’altro nella TECNICA I CONDOTTI DI ASPIRAZIONE DOWNDRAFT di Massimo Clarke | I condotti di aspirazione downdraft sono una soluzione inconsueta che ha avuto poche ma interessanti applicazioni. Scopriamole insieme L o schema classico per i motori di alte prestazioni prevede che la testa abbia un lato di aspirazione e uno di scarico. I gas combusti escono da una parte e l’aria entra dall’altra dall’altra. Semplice e razionale, no? Questa è la soluzione che domina la scena, abbinata a una distribuzione mono o bialbero. Fino ad alcuni anni fa avevano ancora una discreta diffusione le teste “uniflow”, con i condotti di aspirazione e di scarico dallo stesso lato, ma non erano certo destinate a motori di alta potenza specifica. 68 Condotti di aspirazione... in verticale! C’è però un’ulteriore possibilità di disporre i condotti; è stata sfruttata piuttosto di rado ma in motori che in genere hanno lasciato il segno. Uno di loro ha vinto due mondiali di Formula Uno consecutivi negli anni Cinquanta mentre un altro ha trionfato più volte a Indianapolis nel decennio successivo. E con l’entrata in scena della iniezione diretta questa soluzione è stata ripresa anche da qualche recente motore di serie. Stiamo parlando delle teste con condotti di aspirazione 69 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Mille Miglia). Si trattava di un otto cilindri in linea strettamente imparentato con quello dei motori di F1, ma dotato di blocchi testa/cilindri in lega di alluminio (con canne cromate) e di un angolo tra le valvole leggermente diverso. Nel 1957 ha fatto la sua comparsa il V12 Maserati di 2500 cm3 destinato alle monoposto da Gran Premio, per il quale si parlava di una potenza superiore ai 300 cavalli a un regime dell’ordine di 10.000 giri/min. Da questo motore in seguito è derivato quello di tre litri che è stato impiegato dalla Cooper nelle sue vetture di Formula Uno nel 1966 e (con nuove teste a tre valvole per cilindro) nel 1967. Tra le soluzioni impiegate spiccavano le canne dei cilindri umide nella parte superiore e secche in quella inferiore e i robusti cappelli da banco, fissati con quattro grosse viti ciascuno. Le punterie erano del tipo a piattello e le molle delle valvole (inclinate tra loro di 78°) erano a spillo. 70 Tecnica Periodico elettronico di informazione automobilistica Il V12 Lamborghini Tra il 1961 e il 1965 il regolamento limitava a 1500 cm3 la cilindrata dei motori di Formula Uno. L’ing. Giulio Alfieri, direttore tecnico della Maserati, ha pensato di spingere al massimo il frazionamento, al fine di ottenere la più elevata potenza possibile. È così nato uno splendido V12, disposto trasversalmente rispetto al telaio, dotato di condotti di aspirazione downdraft. Purtroppo questa straordinaria realizzazione è rimasta allo stadio di prototipo. Nel 1963 la Lamborghini ha fatto il suo ingresso nel settore automobilistico con la 350 GT, azionata da un V12 di 3500 cm3 collocato anteriormente e dotato di condotti downdraft. La vettura non ha avuto un particolare successo, ma ha aperto la strada che ha portato alla realizzazione della fantastica Miura (apparsa tre anni dopo) azionata da una versione sviluppata e con cilindrata portata a 4,2 litri dello stesso motore, che è stato disposto trasversalmente subito dietro l’abitacolo. Nel 1964 la Ford ha schierato a Indianapolis il suo nuovo V8 con distribuzione bialbero e quattro valvole per cilindro per il quale dopo una serie di test al flussometro e al banco prova è stata scelta la soluzione downdraft. La cilindrata di questo motore, che ha vinto la 500 miglia per tre anni consecutivi (dal 1965) era di 4,2 litri e l’angolo tra le valvole di 70°. Il 1966 ha visto l’adozione della soluzione downdraft da parte di svariati costruttori impegnati in campo agonistico. In quello stesso anno è entrato in vigore il nuovo regolamento di Formula Uno che prevedeva per gli aspirati una cilindrata massima di 3000 cm3 e ciò ha reso necessaria la realizzazione di nuovi motori. La Ferrari ha schierato il suo 312 con teste bialbero, anche nella versione a tre valvole per cilindro, che impiegava condotti di questo tipo. La BRM ha fatto ricorso alla soluzione downdraft, già utilizzata l’anno precedente sull’ultima versione del V8 di 1500 cm3, nel suo famoso 16 cilindri ad H e poco tempo dopo anche nel V12 tipo 101. Pure la Honda ha utilizzato questo schema nel suo motore RA 273 E. Contemporaneamente la Jaguar ha sviluppato un motore bialbero con condotti downdraft di 5.0 litri, con l’intenzione di schierarlo alla 24 ore di Le Mans. Purtroppo il progetto è stato cancellato e questo V12, provato a lungo con risultati molto interessanti, non è uscito dallo stadio di prototipo. Un caso a sé stante è quello della BMW, che ha realizzato un motore di 2 litri, con il basamento della vettura di serie, con l’intenzione di utilizzarlo sulle monoposto di Formula Due. La testa, progettata dal famoso tecnico austriaco Ludwig Apfelbeck, aveva quattro valvole per cilindro disposte diametralmente. Vi erano otto condotti di aspirazione, verticali, e 71 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Tecnica Periodico elettronico di informazione automobilistica testa devono passare i condotti di aspirazione. Ciò impedisce la realizzazione di camere di combustione molto compatte. In genere quando si è fatto ricorso a questo schema è stato o per poter collocare gli scarichi al centro della V formata dalle due bancate di cilindri oppure perché non si poteva fare altrimenti. Quest’ultimo è stato ad esempio il caso del motore Mercedes, nel quale per portare il baricentro quanto più possibile vicino al suolo era stata adottata una architettura con cilindri orizzontali e gli scarichi uscivano dalla parte superiore delle teste. Non era possibile piazzare inferiormente i condotti di aspirazione, che perciò sono stati disposti orizzontalmente, facendoli passare in ogni testa tra i due alberi a camme. Dopo l’uscita di scena del C 291 sembrava che dei condotti downdraft non si sarebbe più parlato; e invece, grazie all’affermazione della iniezione diretta di benzina sui motori di serie, dal 1997 in poi se ne sono visti almeno un paio. otto di scarico, orizzontali e disposti quattro da un lato della testa e quattro dall’altro. Le camere di combustione erano emisferiche; in ciascuna di esse le due valvole di aspirazione non erano adiacenti ma disposte una di fronte all’altra, e lo stesso avveniva per quelle di scarico. Il 1968 ha visto la comparsa del V12 di Formula Uno Matra. Denominato MS9, questo motore aveva teste con condotti di aspirazione downdraft. L’angolo tra le valvole era di 56° e la potenza era dell’ordine di 400 cavalli a un regime di circa 10500 giri/min. In seguito però la casa francese è passata a teste di tipo convenzionale, con camere più compatte e angolo tra le valvole molto ridotto. Lancia e lo schema Triflux Per diversi anni è sembrato che la soluzione downdraft avesse completamente perso l’interesse dei progettisti. Arrivati alla metà degli anni Ottanta però la Lancia per sostituire la sua Delta S4 con doppia sovralimentazione ha realizzato un motore con doppio turbocompressore, testa con condotti di aspirazione verticali e scarichi laterali, secondo uno schema detto Triflux. Le 72 quattro valvole di ogni cilindro, collocate come di consueto su due piani inclinati tra loro (la camera di combustione aveva quindi l’usuale forma a tetto), si alternavano: da ciascun lato ce ne erano una di aspirazione e una di scarico, con disposizione “diametrale”. “Il Mercedes C 291 a 12 cilindri aveva una cilindrata di 3,5 litri e al termine dalla stagione è arrivato ad erogare una potenza non lontana da 700 cavalli a un regime superiore a 13000 giri/min” Il disegno consente di osservare la disposizione e la conformazione degli organi meccanici del Matra V12 di Formula Uno MS9, apparso nel 1968. I condotti di aspirazione sono downdraft Media La Mercedes C 291 Condotti downdraft sono stati impiegati nel 1991 anche dalla Mercedes-Benz per il suo C 291 a dodici cilindri contrapposti, destinato al mondiale di endurance. Questo interessantissimo motore, dotato di gruppi teste/cilindri realizzati di fusione in blocco unico, aveva una cilindrata di 3,5 litri e al termine dalla stagione è arrivato ad erogare una potenza non lontana da 700 cavalli a un regime superiore a 13000 giri/min. L’angolo tra le valvole era di 40°. Quando si adotta la soluzione downdraft l’angolo tra le valvole non può essere molto ridotto perché nella zona centrale della 73 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb F1, GP ITALIA 2015 LE PAGELLE DI MONZA di Giovanni Bregant | Diamo i voti al Gran Premio d’Italia, dominato da Lewis Hamilton con pole, vittoria e giro veloce, e con Vettel e Massa sul podio C on Rosberg di fatto fuori causa fin dal sabato, azzoppato da un motore vecchio e oltre il limite di installato all’ultimo momento, quella di Hamilton al Gran Premio d’Italia doveva essere una passerella trionfale e così è stato. Pole, vittoria, giro più veloce, probabilmente senza mai guardare gli specchietti fatta eccezione per la prima 74 frenata dopo il via. Ci tocca ripeterci, ricordando che non è colpa dell’inglese se nessuno riesce ad avvicinarsi, e così di nuovo voto 10, ma senza lode perché quella capigliatura bionda proprio non si può vedere... Ma il colore dei capelli è l’unica cosa che l’inglese ha sbagliato in tutto il fine settimana, e questo la dice lunga. Rullo compressore. Voto 8 a Vettel, veloce in qualifica (ma stavolta Raikkonen fa meglio di lui al sabato) ed efficace come sempre in gara, anche se il distacco ridotto delle qualifiche aveva fatto pensare ad una gara d’attacco, mentre alla fine il distacco al traguardo è pesante. E allora niente da fare: la Mercedes è ancora imprendibile, e forse Rosberg avrebbe conquistato anche il 2° posto se il suo motore non fosse esploso in una nuvola di fumo. Vettel comunque, ancora una volta, ha tratto il massimo dalla macchina a disposizione: una certezza. Chi invece continua ad alternare cose grandiose a errori inspiegabili è Raikkonen: splendido in qualifica e nella rimonta in gara, orrendo al via dove fa stallare l’auto partendo di fatto in fondo al gruppo, e meno male che nessuno l’ha tamponato. Spettacolare e feroce il suo recupero, ma il week end perfetto per il finlandese è ancora un miraggio. Voto 6,5, genio e sregolatezza. Voto 6 - sulla fiducia - a Rosberg, penalizzato come già detto dalla sostituzione del motore e poi dalla rottura di quest’ultimo. Eppure quanti credono davvero che senza questi problemi tecnici avrebbe potuto impensierire Hamilton? Il suo mondiale di fatto è già finito, ma forse quest’anno non è nemmeno iniziato. Delusione. Sorprendere ancora invece in positivo Massa, a podio grazie anche ai problemi altrui ma comunque meritatamente: il brasiliano sta ancora una volta davanti all’(ex) astro nascente Bottas e si toglie non poche soddisfazioni. Voto 9, complimenti veri. A proposito, voto 7,5 a Bottas, veloce ed efficace, ma non quanto Massa, e non c’è altro da aggiungere. Arriva dietro, ma in proporzione fa meglio, Perez, che conquista un gran bel 6° posto stando pure davanti a Hulkenberg: il messicano è sempre più una certezza, e lo sarebbe anche senza i soldi dei suoi munifici sponsor. Voto 8, maturato. Bravo, ma 75 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito stavolta non bravissimo il già citato Hulkenberg, meno efficace del compagno di squadra anche al sabato, ma in grado comunque di portare a casa dei punti preziosi. Voto 7, una garanzia. Un altro bravo a cogliere sempre e comunque il massimo è Ricciardo, partito dal fondo e autore di una pregevole rimonta anche se poco appariscente: con il motore Renault risalire tre quarti di griglia di schieramento a Monza non è roba proprio da tutti, e infatti l’australiano ha chiarito da tempo di non essere uno qualsiasi. Voto 9, impresa! Un bel voto però stavolta lo merita anche Ericsson, che in queste pagelline abbiamo un po’ bistrattato - ce ne rendiamo conto - ma di nuovo lo svedese va a punti e sta ben davanti al compagno Nars, e allora per una volta voto 8 e complimenti anche a lui. Voto 7,5 a Kvyat, che chiude la zona punti con una bella rimonta, ma non così incisiva come quella del compagno di squadra Ricciardo: il russo comunque continua a cogliere ogni occasione per fare bene, anche quando la sfortuna fa 76 Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica di tutto per metterlo in difficoltà. Fuori dalla zona punti, ma in bella e meritata evidenza Verstappen, autore di due bellissimi sorpassi con frenata all’esterno alla prima chicane, il primo su Button (e vederli duellare ruota a ruota faceva impressione vista la differenza di età) e il secondo su Nasr. Avrebbe meritato ben altro piazzamento e sicuramente l’avrebbe ottenuto, se non fosse stato per il solito protagonismo dei commissari (e un regolamento assurdo) che fa finire la sua gara prima ancora che abbia inizio, a causa di un drive-through per un errore commesso.. dai meccanici... al sabato. Perché penalizzare il pilota, uccidendone la gara e togliendo interesse al pubblico, per un cofano fissato male nelle qualifiche? Non era il caso di penalizzare - con una multa salata o punti di campionato - solo il team? Stavolta il baby olandese torna a casa a mani vuote, ma ha dato comunque l’ennesima dimostrazione del suo immenso talento. Voto 8, e un grazie da parte di tutti i tifosi. Voto 5 invece alla Ferrari vista a Monza: Arrivabene a fine gara ha dichiarato di vedere il bicchiere mezzo pieno, ma c’è poco da festeggiare quando si conclude a 25 secondi dall’avversario diretto. Il nuovo motore sarà sicuramente migliore del precedente, ma le Mercedes restano sempre imprendibili. E voto 5 anche a certi tifosi di rosso vestiti che hanno esultato in tribuna mentre il motore e il mondiale di Rosberg andavano in fumo sotto i loro occhi. Certe manifestazioni poco sportive sono sempre esistite in F1 (per conferma chiedere a Patrese di una vittoria andata in fumo ad Imola tanti anni fa), però non era proprio il caso di infierire così, suvvia. Voto 0 invece a quegli altri tifosi - anche se per fortuna erano molti di meno - che hanno rovinato la festa del podio con gesti e cori razzisti. Hamilton li perdoni e stia tranquillo, perché se un giorno andrà in Ferrari saranno i primi ad esaltarlo. Non è che non amano il nero, è che vedono rosso, rosso e basta. Limitati. Molto limitati. Voto 0 infine alla Fia che dopo quanto avvenuto con le gomme a Spa prima del via becca le Mercedes al di sotto della pressione minima consigliata, ma anziché imporre semplicemente di alzarla questa benedetta pressione, lascia Hamilton e Rosberg correre tranquillamente - si fa per dire mentre i commissari deliberavano di... non dover decidere niente in proposito. In effetti la pressione è solo consigliata dalla Pirelli, non è imposta. E allora però un consiglio lo vogliamo dare noi alla Pirelli: che fugga da questa F1 isterica, pronta ad addebitarle la colpa di qualsiasi cosa senza mai ascoltare le indicazioni dei suoi tecnici. Pirelli è in F1 per ragioni di immagine - anche perché finché c’è questo regolamento le ricadute sul prodotto di serie sarebbero maggiori correndo con delle gomme da masticare - ma il rischio di immagine c’è, grosso, ad ogni gara, per colpa dell’ipocrisia di squadre e piloti e della totale mancanza di buon senso della Federazione. 77 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica La F1 vittima di un regolamento incomprensibile F1, GP ITALIA 2015 MERCEDES E RAIKKONEN, QUESTIONE DI PRESSIONE Nell’era della tecnologia ci voleva molto col commissario in fianco a dire alla Mercedes o alla Pirelli “guarda che è sgonfia rimettila a posto?”. No, tutto codificato e via di questo passo. E il grave è che per una baggianata di questo tipo (non erano 5 bar di differenza, per intenderci) si è fatto passare la Mercedes per furba e per chi voleva tentare il colpo gobbo come se ne avessero bisogno. E che dire dei motori? Rosberg ha dovuto usare un propulsore con 7 gare alle spalle, che sia esploso così era logico e scontato, anche se è il segnale di addio al mondiale visto che Hamilton ormai ha 53 punti di vantaggio sul tedesco. Che senso ha penalizzare il pilota mentre potevano inventare una norma che toglie punti al costruttore? Il pilota se la gioca alla pari, chi rompe perde punti in percentuale. No, tutto complicato e incomprensibile, vedi penalizzazioni a raffica. La distrazione costa cara a Raikkonen Chiuso il capitolo gomme si apre quello Raikkonen:”Ha pasticciato al via” hanno detto alla Ferrari. Lo hanno visto tutti, se non entra la marcia chiaro che non parti. E’ andata bene, anzi benissimo, che non lo abbia investito nessuno e si deve ringraziare la pista di Monza che ha un rettilineo molto largo. Da altre parti sarebbe stata una strage. E poi che Kimi fosse distratto lo si è capito dal pit stop. E’ entrato molto lento nella corsia di decelerazione al punto che Merhi, con la Manor, ha bloccato le gomme per non tamponarlo. E la Manor è l’ultima monoposto del gruppo, quella che va più piano, ma Raikkonen andava più piano ancora. “Ha guidato da Dio” ha detto Marchionne. Chiaro, dopo averlo confermato col rinnovo del contratto mica possono dire chi ce lo ha fatto fare. Ce l’hanno in casa e ora se lo tengono e se lo pagano. Di sicuro quando Kimi deve fare la differenza la fa. In negativo. di Paolo Ciccarone | La Mercedes per la pressione delle gomme ha rischiato grosso, mentre la pressione - o forse la distrazione - hanno giocato un brutto tiro a Raikkonen, autore di un grossolano errore in partenza A lla fine qualcuno alla Ferrari non ha perso il gusto per la battuta e a proposito della gomma sgonfia di Hamilton (di appena 0,02 bar) ha ricordato che “In fondo dovevamo metterli sotto… pressione e ci siam riusciti”. Il caso della gomma sgonfia si è gonfiato nel corso delle ore in attesa della decisione dei commissari e qualcuno ha ironizzato con un tweet di Renzi a Lewis Hamilton “stai sereno”. Meglio metterla in ridere visto che questa F.1 sta diventato ridicola sotto vari 78 aspetti. Hanno talmente codificato tutto, dai motori, alle gomme, alla pressione e angoli di camber, gli orari in cui parlare, provare, mangiare e fare pipì che alla fine, quando ci si trova di fronte a un caso nuovo, si resta bloccati perché non si sa più che fare. Le indicazioni della Pirelli ci sono, ma manca una norma che preveda quali sanzioni applicare. Il problema è stato riscontrato 5 minuti prima del via, ma lo hanno comunicato dopo le 15, ovvero oltre un’ora dopo la partenza. 79 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica fratello di Giovannino, il pilota scomparso in Brasile al volante di una F.2 nel 1971, Michele sognava le gare, sognava di fare il pilota e sognava di approdare alla Ferrari. Il martedì mattina, molto spesso il mercoledì, in ufficio, era tutto un inseguire l’unica copia del settimanale specializzato che riportava le cronache delle gare di F.1, ma anche le cronache di gare notturne in quel di Monza, vissute con lo stesso agonismo di un GP e con gli stessi clan anche se poi le monoposto erano tenute insieme dal fil di ferro e il motore era il classico Fiat sogliola di 500 cc. Ma bastava per sognare e vedere il proprio nome in classifica, sullo stesso giornale in cui si parlava della Ferrari, era uno stimolo eccezionale per chi aveva le corse nel sangue. Michele prese carta e penna e con l’entusiasmo della passione, indirizzò a Enzo Ferrari una lettera in cui il Drake riuscì a leggere nelle pieghe dell’anima di Michele. All’interno della Scuderia Salvati qualcuno cominciò a cercare dei soldi per aiutare il ragazzo, qualcun altro mise a disposizione la propria F.Italia per un test. Con gomme vecchie, motore spompato e assetti aleatori, Alboreto era stato più veloce del titolare (Mario Simone Vullo, attualmente avvocato di grido) che decise di aiutare il giovane in qualche modo. Il giovanotto fu tenuto d’occhio e passo dopo passo, gara dopo gara, il nome di Michele Alboreto cominciò a circolare nell’ambiente delle corse, fino a quando con la F.3, il ragazzino dimostrò di avere i numeri per fare il professionista. Un aiuto qua, uno là, fino a quando il destino mise sulla strada il Conte Zanon. L’appassionato patrocinatore di giovani talenti fu conquistato dalla bravura e dalla passione di Michele e così, un giorno di aprile del 1981, saltò fuori un posto sulla Tyrrell per il GP di San Marino a Imola. Fu un giorno di festa, non solo per il pilota milanese, ma anche per tutti i ragazzi della Scuderia Salvati che rividero in F.1 ALBORETO I SOGNI DI UN APPASSIONATO TRA MONZA E FERRARI di Paolo Ciccarone | Michele Alboreto è stato lì’ultimo italiano capace di lottare per il titolo in Formula 1. Lo ricordiamo così, nella settimana del GP d’Italia nella sua Monza È la settimana del GP di Monza e come primo omaggio non può mancare quello al pilota che proprio su questa pista cominciò a calcare le scene fino a salire sul podio. Un autodromo che non ha dedicato nulla a Michele Alboreto, una curva, una sala, una targa ricordo, niente. Eppure la storia di Michele e quella dell’autodromo sono andate di pari passo per moltissimi anni. Vale la pena, quindi, ricordare come iniziò la storia. Cominciò 80 tutto con una lettera. Michele Alboreto era uno dei tanti ragazzi che a Milano frequentava la Scuderia Salvati e il giovedì sera si divertiva a guardare i suoi coetanei che si sfidavano nelle corse di F.Monza sul tracciato junior dell’autodromo lombardo. A quell’epoca la Scuderia Salvati era una vera e propria fucina di campioncini, di aspiranti piloti ed ex frequentatori degli autodromi nazionali. Nella sede di Viale Umbria, dove c’era la rivendita di pneumatici di Adriano Salvati, 81 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito un casco giallo e blu, i colori dedicati allo scomparso Ronnie Peterson, il pilota preferito da Michele. Ma soprattutto perché quel giorno di aprile il sogno di uno di loro era diventato realtà e questo bastava per tutti quanti, dando un senso a quella combriccola di appassionati che alla Scuderia Salvati cercavano una occasione. Dal quel GP di San Marino alla Ferrari, passarono tre stagioni. Enzo Ferrari, col quale Alboreto era rimasto in contatto, decise di ingaggiarlo, ma a volte intoppi con gli sponsor, situazioni contrattuali con altri piloti, le vicende tragiche di Villeneuve prima e Pironi dopo, impedirono ad Alboreto l’accesso a Maranello fino alla stagione 1984. Nel frattempo, con la Tyrrell, Michele aveva vinto nel 1982 il GP di Las Vegas e nell’83 quello di Detroit. Insomma, alla Ferrari non arrivava un signor nessuno, ma un campione affermato già vincente in F.1. Quando Michele salì per la prima volta sulla Ferrari, fu il compimento di un 82 Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica sogno. Mai, nella storia della rossa, un pilota si è sentito così legato alla sua squadra. Una volta realizzato un sogno, bisogna poi viverlo davvero. E Michele si rese conto che le cose non erano proprio come aveva sperato. Un conto era sognare una monoposto rossa, l’altro era confrontarsi con i rivali, con macchine più veloci, con gli ingegneri e le situazioni quotidiane che ti fanno diventare amico di qualcuno, nemico di altri. Giorno dopo giorno Michele cercava di adattarsi alla nuova situazione e viceversa, la Ferrari scopriva la personalità del suo pilota. Sopra tutti, però, c’era Enzo Ferrari, col quale Michele aveva sempre un filo diretto. La prima corsa della stagione ‘84, in Brasile, comincia con una partenza in prima fila, ma anche con un ritiro. In Sudafrica peggio ancora: dodicesimo all’arrivo. Si arriva a Zolder, la pista dove due anni prima Gilles Villeneuve si è ucciso decollando sulla March di Jochen Mass. È un appuntamento speciale che nella mente di Michele viene rivissuto in modo particolare. Due anni prima, quasi esordiente in F.1, appena vista la tragica fine di Gilles, Michele prese il telefono e chiamò l’autodromo di Monza. Quel sabato c’era in programma una gara di F. Monza alla quale partecipava il fratello Ermanno al volante di una monoposto della Scuderia Salvati. L’altoparlante dell’autodromo chiama in direzione corsa Ermanno Alboreto. Piove a dirotto e tutti, sentendo l’altoparlante, pensano a qualcosa di grave a Michele. Ermanno corre e dal box opposto attraversa tutto il paddock prima di entrare nella direzione corsa dove Romolo Tavoni, ex DS della Ferrari negli anni 60, gli passa la cornetta. È Michele che comunica al fratello della tragica fine di Gilles Villeneuve e di quanto sia stato colpito dall’avvenimento. Perché Michele Alboreto è un pilota di F.1 per tutti, invece lui si sente ancora un appassionato in mezzo ai grandi della categoria. Ermanno avvisa gli amici della Scuderia Salvati, qualcuno cerca una TV per seguire le prove del GP del Belgio o avere informazioni. L’ambiente è scosso, ma è la telefonata di Michele che entra nell’animo dei tanti ragazzi che vedono in lui il testimone privilegiato di un evento storico. In quella Zolder del 1984 a Michele in testa circolano le immagine e i ricordi di due anni prima. Stavolta al volante della Ferrari numero 27 c’è lui e non Gilles. Qualcosa si accende nella mente di Alboreto, fatto sta che in prova segna la pole position, la prima della carriera e proprio con la Ferrari. Domenica, in gara, vince il primo GP con la rossa, il terzo della carriera. Michele capisce di poter essere un pilota della Ferrari, che ha le qualità per farcela e raggiungere quel sogno chiamato titolo mondiale. Dopo 18 anni dall’ultima vittoria di Ludovico Scarfiotti a Monza, torna a vincere un pilota italiano su una Ferrari. La gioia è tanta, ma Enzo Ferrari è esigente e a Zolder arriva una telefonata: «Allora, 83 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Commendatore, che mi dice?» chiede Michele contento. «Dico che hai commesso un errore e che potevi buttare la gara e inoltre hai calato il ritmo di corsa senza motivo». Alboreto resta interdetto ma capisce la lezione di Enzo Ferrari: mai distrarsi, mai dare nulla per scontato. La vittoria è frutto del duro lavoro. Il prosieguo di stagione va fra alti e bassi, fino a quando si arriva a Monza. Siamo nella tana del lupo, qui Michele conosce ogni curva, ogni commissario di pista, compreso quell’Adriano Salvati che dalla prima chicane sventola con solerzia la bandiera blu ai doppiati quando arriva Michele lanciatissimo. Ma contro Alain Prost non c’è molto da fare, il francese vince la corsa davanti ad Alboreto, ma sul podio la festa è tutta per Michele che nella sua Monza è salito sul podio. Ci sono gli amici di sempre, chi gli ha prestato la prima macchina, chi gli diede le gomme in F.Monza. Non ha vinto, ma è come se lo fosse. La stagione ‘84 si chiude con una grande promessa, quella di un italiano, su Ferrari, in lotta per il titolo mondiale. E 84 Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica puntualmente il 1985 comincia nel modo migliore: pole position nella gara di apertura in Brasile, anche se un problema ai freni impedisce a Michele di concretizzare la pole. La riunione a Maranello, con un rappresentante della ditta fornitrice, sarà di quelle da ricordare. Enzo Ferrari è furibondo: perdere una gara così per un guasto banale, lo manda fuori dai gangheri. Il fornitore è alto oltre due metri e 4 centimetri, biondo, massiccio, ma nel confronto con Enzo Ferrari ne esce annichilito, specialmente quando il Drake si toglie gli occhiali scuri e guarda dritto negli occhi l’interlocutore chiedendo che il problema non si ripresenti mai più. «Quando si è tolto gli occhiali, mi ha guardato dritto in faccia e con la voce sottile mi ha detto che non avrebbe più accettato un problema del genere mi son sentito morire, mai provato una cosa simile in vita mia» dirà il tecnico bergamasco dopo quell’esperienza. Verrà accontentato. Eppure Michele ha finito al secondo posto, mica si è ritirato, ma ha perso la vittoria a scapito di Alain Prost. In Portogallo, seconda gara della stagione, Michele finisce ancora secondo, Prost si ritira e Senna vince la prima gara della carriera. Alboreto è in testa alla classifica del mondiale piloti. A Imola ci sarà il ritiro, a Montecarlo ancora un secondo posto ma in Canada, sulla pista dedicata a Gilles Villeneuve, arriva la prima vittoria dell’anno. E pensare che la vigilia era stata segnata da uno scontro con un giornalista italiano, finito a spintoni e sberle sul muretto dei box. Tutto per un articolo, “gli evasori del rischio” relativo alla corsa monegasca. La vecchia abitudine di leggere sempre i settimanali specializzati, presa da ragazzino, non aveva abbandonato Alboreto che se aveva qualcosa da dire, non delegava ad altri l’incombenza. E per questo una parte della stampa italiana cominciò a guardarlo con occhio diverso e a mettergli i bastoni fra le ruote. E Alboreto, per tutta risposta, insieme ad Enzo Ferrari, cominciò a fare la cernita di tutti, chi lavora per chi e per come e quanto prende: «Meglio essere informati – diceva – a volte certi articoli sono il frutto di una reazione secondaria, per cui prevenire meglio che curare…». Ma Michele in pista è scatenato: altro podio in USA Est, un ritiro in Francia, ma al Nurburgring c’è la corsa capolavoro dell’anno: pole position, vittoria con infilata a Keke Rosberg da manuale alla curva che immette sul traguardo. È l’ultima vittoria di Alboreto in F.1, la quinta della carriera, ma all’epoca la corsa verso il mondiale sembra inarrestabile. Invece arriva il tracollo. Una serie di turbine difettose e quello che sembrava un titolo a portata di mano svanisce coi piazzamenti di Prost mentre per Alboreto ci sarà una serie di ritiri consecutivi. Gli ultimi due mesi della stagione 85 hanno stravolto le aspettative. Michele finisce al secondo posto, ma non si perde d’animo. Invece l’anno seguente sarà peggio. «Dobbiamo ad Alboreto un mondiale – dice ancora oggi l’ingegner Forghieri – glielo dovevamo perché la colpa era nostra». La macchina nell’86 non è competitiva contro le Williams e le McLaren, Johansson non dà quell’aiuto che serve al team e la stagione finisce senza grossi spunti. Anzi, a Monza si 85 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito aaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbbb bbbbbbbbbbbbbbb rischia la polemica quando Michele si presenta con una spalla malandata. Ufficialmente per una caduta sotto la doccia, secondo altri per una caduta col motocross. Michele sfugge alla polemica, ma tanto ormai non cambia molto. Nell’87 arriva Berger e il rapporto fra i due è molto buono. L’austriaco ha in Michele il maestro, gli copia gli assetti, il modo di lavorare, cerca di batterlo in pista e ci riesce. Ma la Ferrari sta cambiando volto, il Drake comincia ad accusare il peso degli anni, la gestione della squadra passa di mano, la stella di Michele comincia ad offuscarsi all’interno del team. Quando poi Berger vince le ultime due corse della stagione ‘87 Alboreto ha capito che il 1988 sarà il suo ultimo anno al volante della Ferrari. Nel 1988 la Formula 1 assiste al trittico McLaren Honda – Ayrton Senna – Alain Prost, capace di vincere a mani basse 15 delle 16 corse in programma. Solo una nota dolente, a Monza: lì 86 Formula 1 Periodico elettronico di informazione automobilistica delusioni, specialmente con la Footwork Porsche dopo l’avventura con la Lola Larrousse nell’89. Anche qui podio, rimonta, poi contrasti con sponsor del tabacco e ancora a piedi… Nel 1993 ci fu ancora l’incontro con la Ferrari, ma stavolta con la Lola della Scuderia Italia che usava i motori della squadra italiana. Un anno difficile, un vero disastro, per concludere l’avventura in F.1 al volante della Minardi, la squadra che lo aveva lanciato in F.2 e con la quale aveva vinto una gara a Misano. In F.1 la squadra faentina non è il massimo, ma Alboreto mostra ancora la sua classe arrivando sesto nel GP di Montecarlo del 1994, ultimo punto conquistato nel mondiale ma che nell’ottica dei mezzi a disposizione e della pista, per Michele Alboreto e i ragazzi della Scuderia Salvati era l’equivalente di una vittoria. A fine anno Michele passa ai prototipi, vince anche a Le Mans, partecipa alle gare Indy, trova una nuova giovinezza al volante della Audi nella ALMS, la serie americana per i prototipi. Il 23 aprile del 2001 è a Monza a disputare una gara con le Lamborghini, due giorni dopo deve andare al Lausitzring, in Germania, per una sessione di test privati con la Audi R8. Saluta gli amici, prende appuntamenti: ha idee meravigliose per riportare un italiano su una Ferrari di F.1. «Ciao, ragazzi, ci vediamo venerdì». Sale in macchina, parte e saluta tutti. Due giorni dopo morirà in un incidente assurdo. Il suo progetto per un italiano in F.1 sulla Ferrari non lo vedrà mai realizzato. Così come tutti gli altri, a partire dalla CSAI al pool di sponsor. Michele Alboreto, un pilota troppo intelligente per definirlo soltanto pilota da corsa. Michele era Michele. E Monza casa sua. Che qualcuno lo ricordi ai signori dell’autodromo. ci sarebbe la grande occasione, ma davanti c’è Berger, che vince la corsa di casa di Michele, il quale sale ancora sul podio e conclude così davanti al suo pubblico la carriera da pilota della Ferrari. Il Commendatore non c’è più dal 15 agosto. Fosse stato per lui avrebbe dato un ordine di scuderia: lasciar passare Michele per farlo vincere davanti al suo pubblico. Se lo sarebbe meritato per tutti gli anni trascorsi al volante del mito, rifiutando offerte allettanti che lo avrebbero reso campione del mondo. Invece no: dai box arriva l’ordine perentorio di rallentare per problemi di consumi, Michele ubbidisce poi a fine gara si scopre che Berger aveva sì e no un litro di benzina, Alboreto ne aveva 11 e poteva vincere a mani basse. Qualcuno non volle. Michele capisce, rifiuta offerte di team stranieri che lo avrebbero fatto diventare campione del mondo. Ma non con una Ferrari. Dopo la rossa per Alboreto ci furono solo 87 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito CIR 2015: ANDREUCCI-ANDREUSSI-PEUGEOT, FRIULI E IL 9° CIELO! di Piero Batini | Una valanga inarrestabile, una sequenza micidiale. La Peugeot 208 T16 di Andreucci e Andreussi ha mandato al tappeto avversari inesistenti, il Rally del Friuli Venezia Giulia vale il 9° titolo italiano D iscorso chiuso, con due prove di anticipo sulla fine del Campionato, sull’Italiano Rally. Paolo Andreucci e Anna Andreucci ne sono i Campioni anche per il 2015. E con l’equipaggio, o al di sopra, insomma tutti insieme, l’intelligenza d’acciaio nella sua forma 208 T16 che coglie, per 88 Cir 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica la Peugeot e per la squadra che ne ha affilato le lame, anche il secondo Titolo stagionale. Dopo lo Junior di Michele Tassone e Daniele Michi, ecco, è la volta di Andreucci, che in compagnia di Anna Andreussi aggiunge il 9° Titolo al libro d’oro della sua leggenda. Non so se è più travolgente il crescendo del KO friulano, quello del Campionato o della serie da fantascienza del Pilota. In ogni caso i numeri sono impressionanti, e rappresentano oggi una forma di dominio d’altri tempi e d’altri… pianeti. Se è del 51° Rally Friuli Venezia Giulia, quarto successo personale, che parliamo, allora… parlano le cinque speciali vinte fino al momento in cui è apparso chiaro che non valeva più la pena di insistere e di infierire, esattamente alla fine del primo giro della giornata conclusiva del Rally, il fatto di essere stati in testa dalla prima all’ultima prova, di essersi fermato il pilota a raccogliere un fiore per Anna durante l’invasione di campo della decima annullata, e di aver vinto con un margine da calendario. Se è del campionato “in corso”, invece, allora stiamo parlando di una vittoria ogni Rally e mezzo, incrementale travolgente scandito dai successi di Sanremo, Targa Florio, San Marino e, oggi, Friuli. Se è della serie, infine, diremo che dal 1961, cinquantacinque stagioni, Paolo Andreucci ha vinto un Campionato ogni sei virgola 1 periodico, per un totale di 9 Titoli, che è lo stesso numero, ma rovesciato, raggiunto dal suo inseguitore meno lontano, Dario Cerrato, che ne ha vinti 6. La squadra ha un grande merito in tutto questo carosello di dominio assoluto. Lo dice il pilota, lo ribadisce la navigatrice neo-Campionessa Italiana, e devono “ammetterlo” Peugeot Sport Italia, nelle eminenze di Eugenio Franzetti e Carlo Leoni, e i Racing Lions di padre Fabrizio e figlio Michele Fabbri. I “Cosmos” dei Lions hanno imbambolato avversari e campionato, avvilendo i primi ed esaltando il secondo, gratis. Se andiamo indietro nel tempo della stagione, l’irraggiungibilità del Team è stata ottenuta anche con alcuni rush dell’intero organico, e non parliamo ancora delle scelte di base, vincenti e felici in un dato statistico ancora più conturbante. Poi qualcuno parlerà di ciambella che è venuta con il buco, dimostrando di dimenticare che non è riuscito a digerire neanche il… 89 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito vuoto che Andreucci/Andreussi/Peugeot hanno fatto alle loro spalle, per concludere e chiudere il Campionato quando nessuno voleva pensarci ancora, tanto sembrava improbabile che gli astri si allineassero secondo una logica difficile, appunto, da digerire. Per stare con i piedi per terra e non svolazzare troppo trasportati dalle bollicine, allora potremmo aggiungere che la festa poteva essere ancora più “completa” se solo Tassone e Michi non avessero rovinato il quarto posto del venerdì con l’uscita di strada del sabato mattina presto e l’anteriore della 208 T16 ricevuta in premio per questa occasione rovinato. Ma dovremmo riconoscere anche che alla Squadra questa 90 Cir 2015 Periodico elettronico di informazione automobilistica volta hanno dato una mano tutti. Dal tifo dei friulani innamorati della loro navigatrice e, di conseguenza, del toscano adottato, alla sfortunata debolezza di chi, invece, si era proposto di rovinare, o almeno rimandare, questa festa. A cominciare da Umberto Scandola, uscito di scena durante la seconda PS del Rally per una sfortunata digressione oltre asfalto, e per finire con Giandomenico Basso, che in due riprese, un piccolo problema venerdì e una foratura sabato, ha perso il contatto pur riuscendo a chiudere al terzo posto. Sono loro, gli avversari, che hanno consentito all’equipaggio Peugeot Sport Italia di… accelerare la matematica. Si salvano, direi con grande dignità e insieme a Koessler, vincitore della Mitropa Cup, Alessandro Perico e Luca Rossetti, secondo assoluto e ancora una volta mago dell’asfalto il primo, e quinto e solitario vincitore di Produzione e Trofeo Clio R3T il secondo. Beh, a questo punto non resta che “andare dal Papa”. A Roma il terzo week end di settembre. Metafora che ci sta, per celebrare anche il Titolo costruttori, e per correre il Rally di Roma Capitale di “Papa” Max Rendina, il pilota Campione in carica, e leader anche quest’anno, del Mondiale WRC che è riuscito a portare in Caput Mundi la sua bellissima corsa, ora penultimo appuntamento del CIR fatto grande dai Grandi. 91 Ricevi Automoto.it Magazine » Spedizione su abbonamento gratuito Periodico elettronico di informazione automobilistica EDITORE: CRM S.r.l., Via Melzo 9 - 20129 Milano P. Iva 11921100159 REDAZIONE Ippolito Fassati Emiliano Perucca Orfei REDAZIONE Aimone Dal Pozzo Francesco Paolillo Andrea Perfetti Matteo Valenti Maurizio Vettor COLLABORANO Massimo Clarke (Tecnica) Enrico De Vita Claudio Pavanello (Epoca) Alfonso Rago Antonio Gola GRAFICA Thomas Bressani COPYRIGHT Tutto il materiale contenuto in Moto.it Magazine è oggetto di diritti esclusivi di CRM S.r.l. con sede in Milano, Via Melzo 9. 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